Neanche ai tempi della
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Neanche ai tempi della
Le parole sbagliate di Anne Sexton State attenti alle parole, anche a quelle miracolose. Per le miracolose diamo il meglio, brulicano alle volte come insetti lasciando non un pizzico ma un bacio. Possono essere buone come le dita. Possono essere affidabili come le rocce su cui mettiamo il sedere. Ma possono essere sia margherite che ferite. Eppure io le amo. Sono colombe cadute dal soffitto. Sono sei arance sacre appoggiate in grembo. Sono gli alberi, le gambe dell’estate, e il sole, con il suo volto appassionato. Eppure spesso mi deludono. Ho così tanto da dire, così tante storie, immagini, proverbi, ecc. Ma le parole non ce la fanno, mi baciano quelle sbagliate. A volte volo come un’aquila ma con le ali dello scricciolo. Provo comunque a prendermene cura e ad essere gentile. Uova e parole vanno maneggiate con cura. Una volta rotte non si possono riparare. Le parole. Anne Sexton. Poetessa americana, 1928-1974. All’asilo, desiderio una mostra chiamata Fino al 3 novembre dalle ore 18.30, l’associazione culturale OPUS propone all’asilo occupato in viale Duca degli Abruzzi, Una mostra chiamata desiderio, curata da Piotr Hanzelewicz con gli artisti Elio Castellana, Riccardo Chiodi, Anthony Gingilli, Pelin, Cindy Salvati e ShowMe dove a parlare è l’immagine. Desiderata, ignorata, pornografica, centellinata e politicizzata, ci si muove in un percorso da decifrare, libero o guidato da Piotr nelle pieghe dei propri desideri e morbosità. Alcuni passaggi da rivedere due volte, altri da tradurre col sostegno sicuro di Piotr, tra gli altri, s’impone potente il lavoro di Chiodi. Due stanze, come in un Peep show, a studiare l’artista (nella foto) in un video, in un continuo déjà vu di oscurità per cui alla fine ti alzi senza aver pagato la performance, quasi convinto di essere stato studiato. In quel percorso c’è l’anima di una persona percepibile a pelle, oltre la quale non c’è spazio per provare altro, bisogna cedergli il suo, se l’è preso, si sente, si è messo in mostra. Nella seconda stanza devi prostrarti per guardare cosa c’è in quei tre buchi, al buio, c’è la sua vita da bambino, e poi da ragazzo mentre scopre l’altro sesso, quindi da adulto, nel Progetto case a riprendere la vita che scorre al suono di Anja Franziska Plaschg e che si lascia vivere distante, in quel tendone della Protezione civile, dove anziani ballano, irraggiungibili. Quando esci ci vorresti tornare, resti turbato da quell’esistenza assente, fin dal filmino in super otto da bambino, ad osservare gli altri da sé ed è quel sé, ad uscire potente. Videoarte ma non solo, la sua, già in mostra con i Cantieri dell’Immaginario, tra le vetrine dismesse della città terremotata qualche anno fa, da cui voleva ripartire, perché quell’opera doveva essere compiuta. C’è riuscito. C’è riuscito Piotr, gran cerimoniere di un’impostazione artistica da non perdere, da perfezionare, su cui insistere. La sequela di visioni della mostra non semina desideri quanto il confronto obbligato con un contemporaneo quotidiano, che invade tutti con immagini morbose dalle quali non si può uscire indenni, i loro effetti sono negli sguardi di chiunque, ovunque. Vale la pena farci un salto. Dylan e Fo, i due eretici Difficile dire qualcosa di buono sul Nobel a Dylan o su Fo che non c’è più. Tutti a correre sui social per commentare la notizia, per accodarsi e dire chi lo ha conosciuto e quando, chi s’affila per chiamarlo menestrello l’uno e giullare l’altro, altri a dire che un Nobel è un Nobel e non andava certo dato a Dylan o a Fo. Stamattina Giorgio Zanchini li ha definiti due eretici, spero solo di non vedere Dylan fatto a pezzi con suonerie per cellulare, raccolte vendute a chiunque, arriva pure Natale, poesie bellissime che diventano tormentoni nei centri commerciali. Questo, proprio no. Sentivo De Gregori che si vantava di averlo tradotto, io al posto suo non avrei detto una parola tanto lo ha maltrattato, un po’ come quando Vasco Rossi, che stimo, ci ha provato malamente con i Radiohead una cosa penosa che non fa onore alla sua carriera. E tutti ad accostarli, Fo e Dylan, per un Nobel che va, un Nobel che viene e guarda caso nello stesso giorno. Brutti tempi, tempi da social, tutti sanno tutto e commentano, commentano e commentano, Umberto Eco aveva visto bene, i social avrebbero dato la parola a chi non l’avrebbe mai avuta neanche al bar. Ed è talmente lontana questa realtà massificata, da quella di Fo e di Dylan, abbrutita e amalgamata nel pensiero unico dei social, tanto che se la pensi diversamente il veleno che corre contro ti mangia l’epidermide, che dovrebbe andare da sé, il comprendere le ragioni dei Nobel. Perché loro due, gli eretici, hanno provato a cambiare le cose, nel conservatorismo italiano l’uno, a difendere i ribelli e a sostenerli economicamente nelle loro cause, con la beat generation l’altro, quando quel linguaggio lirico e musicale, rivoluzionò gli States. Sì, entrambi hanno rivoluzionato la loro epoca. Piaccia non piaccia hanno fatto la storia. Tornando a noi, al nostro tempo, sarà difficile trovarne di simili, visto che la ribellione non esplode più nemmeno dentro le famiglie, dove padri e madri cinquanta o sessantenni sono più creature di quei figli che non vedono nulla da abbattere, e quei nuovi linguaggi che emergono, rompono gli argini per una stagione. Ne abbiamo a miliardi, durano troppo poco, e figurarsi un Baricco, lo scrittore, che può pensare di fare o rivendicare. Libri, alle baby squillo dei Parioli Condannato ad un risarcimento morale, uno degli imputati del giro delle baby squillo ai Parioli. La quindicenne avrà 30 libri di autrici, per riflettere sull’identità femminile. Emily Dickinson, Virginia Woolf, Oriana Fallaci, sarà questo il valore da risarcire allo sfruttamento di quelle ragazzine. Tutto sta però a capire, quanto interesse avranno le giovani donne a scoprire la storia e il pensiero di chi parlava di libertà e indipendenza, anche al costo di non avere un cent in tasca, e non so, quanto il tramutare i 20mila euro chiesti per i danni morali, in libri, possa essere gradito alle vittime. Vittime di 14 e 15 anni che poi, non hanno mai parlato di costrizione subite, la mamma di una delle due sapeva tutto ed è stata condannata come pure chi aveva organizzato il giro, 9 anni e 4 mesi, per sesso a pagamento con uomini adulti. Non so cosa pensino oggi le ragazzine coinvolte, una delle due, davanti ai magistrati disse non sa niente nessuno e ritorno alla vita normale, senza soldi. Non so nemmeno se ce la faccio a non rifarlo…cioè è difficile per me pensare che devo andare con i mezzi pubblici, io giro con il taxi. Una vita senza problemi, era lo scopo fondamentale mi sdoppiavo quando andavo là, sembra una cosa tanto grave, ma alla fine non lo è secondo me non lo è, lui non ci ha mai obbligato. Io le cose che ci facevo, detto proprio con tutta sincerità, era taxi, vestiti, shopping, tutto quello che volevo… vestiti, tanti vestiti, sigarette, la sera uscire, borse di marca. Cioè comprarmi quello che io vedevo nelle vetrine dei negozi, mi piaceva e me l’andavo a comprare, cioè senza nessun problema. Era questo il mio scopo. In due giorni c’avevamo 800 euro in tasca…e via discorrendo. Non è un tema facile, ma il giudice, che crede di aver dato una lezione morale all’adulto brutto e cattivo che a sua volta dovrà regalare libri alla ragazzina che probabilmente neanche aprirà, mi sembra non abbia colto il cuore del problema. La società deve recuperare ad una vita moralmente rispettabile, due ragazzine con tutt’altro senso della moralità, alle quali è piaciuta una vita di scorciatoie che alla fine era diventata anche facile e accettabile e che continuano a vedere ogni giorno in tv o su web. Quella fatta di libri è invece tosta e tutta in salita e chi sa se la sceglieranno mai. Capitale della cultura, 21 candidate Alghero, Aliano, Altamura, Aquileia, Caserta, Comacchio, Cosenza, Ercolano, Iglesias, Montebelluna, La Spezia, Ostuni, Palermo, Piazza Armerina, Recanati, Settimo Torinese, Spoleto, Trento, Unione dei Comuni Elimo Ericini, Vittorio Veneto, Candidatura congiunta (Viterbo, Orvieto e Chiusi). Sono le 21 città in corsa per diventare Capitale Italiana della Cultura 2018. La procedura di valutazione, informa il Mibact, si concluderà entro il 31 gennaio 2017. Sarà sempre di un milione di euro, il contributo del Governo per realizzare il progetto proposto. Entro metà novembre la short list delle dieci finaliste. Le esperienze finora realizzate, da quella in corso a Mantova fino alla prossima di Pistoia, dimostrano come il titolo di Capitale Italiana della Cultura sia in grado di mettere in moto un meccanismo di progettazione virtuosa e di promozione delle città, coinvolgendo tutte le realtà economiche e sociali dei territori e rafforzando il concetto di Italia museo diffuso, ha dichiarato il ministro Dario Franceschini. La leva culturale per la coesione sociale, l’integrazione senza conflitti, la creatività, l’innovazione, la crescita e infine lo sviluppo economico e il benessere individuale e collettivo. Il conferimento del titolo, in linea con l’azione Ue Capitale Europea della Cultura 2007-2019, si propone il miglioramento dell’offerta culturale; il rafforzamento della coesione e dell’inclusione sociale, nonché dello sviluppo della partecipazione pubblica; l’incremento dell’attrattività turistica; l’utilizzo delle nuove tecnologie; la promozione dell’innovazione e dell’imprenditorialità nei settori culturali e creativi ed il conseguimento di risultati sostenibili nell’ambito dell’innovazione culturale. Non abbiamo risposto al bando e non abbiamo presentato progetti. Il jazz per L’Aquila avrebbe potuto essere la chiave di lettura di un ruolo diverso del capoluogo, che dal 2019 dovrà dimostrare di farcela da sé. Abbiamo tutte le carte in regola per provare a volare più in alto investendo in talenti veri, mi chiedo perché non ci proviamo mai. Terremoto all’italiana, fa male ma è così Non entrerò nella catena di Sant’Antonio della vignetta di Charlie Hebdo sul terremoto all’italiana. Qualcosa di molto forte per dire che su prevenzione e sicurezza di strada da fare c’è n’è ancora troppa, dalle nostre parti. Lo viviamo ancora oggi sulla nostra pelle, all’Aquila, dove non conta la sicurezza del centro storico, quanto il fatto che qualcuno dica che è sicuro. La gente vorrebbe certezze, ignoriamo norme, parliamo ancora del Fascicolo del Fabbricato, ma ne parliamo soltanto, perché la periferia è già stata ultimata. Verità vere non ce ne sono mai, è sempre vero tutto e il contrario di tutto. Per cui se qualche mese fa la notizia era che la ricostruzione pubblica non decollava, Cialente ribadiva, andate allora a vedere l’andamento di quella privata, perché è lì, che si nasconde il vero malaffare, fatto di accordi leciti tra privati e procacciatori di lavori e mazzette diffuse per gli affidamenti mai dimostrabili. Basti però dire oggi che sulla ricostruzione in Centro Italia non si sceglierà l’indennizzo, per portare il nostro Sindaco a dire, starete decenni fermi, ad aspettare gli appalti, altro che, la ricostruzione pubblica è al palo e ai Quattro Cantoni è cresciuto pure un albero. Parola di Cialente ieri in Aula. Il guaio è che credere a tutto e al contrario di tutto destabilizza, persi in questo minestrone di fazioni, che lui aizza a seconda del momento, dove c’è il pro Cialente e il contro Cialente dimenticando che dovrebbe essere il punto granitico di riferimento al quale guardare con fiducia, su prevenzione e sicurezza antisismica. Al contrario basti leggere la norma sulle costruzioni del 2008, per capire che sulle opere provvisionali bisogna fare verifiche antisismiche obbligatorie dopo due anni, se non sono state fatte con calcoli matematici precisi per farle durare di più. Da noi, sono state fatte per due anni. Si gioca con la sicurezza, l’emergenza, i commissari e gli affidamenti dei lavori, che oggi è bella ciccia, per il comparto edile così in crisi. Di prevenzione e sicurezza se ne parlerà dalla prossima catastrofe, inutile quindi indignarsi per la satira nera di Charlie, se poi su sicurezza e prevenzione, gireremo presto la testa dall’altra parte. Tempo qualche mese. Beatrice Lorenzin da Jimmy Lo Zozzo Non ci si crede al #fertilityday della Lorenzin. Qualcosa di profondamente osceno, bigotto, razzista e sessista. Un abominio autentico, immorale e oscurantista, scrive Andrea Scanzi, al quale rubo uno stralcio della sua analisi indignata, quando dice invece di lanciare campagne “promozionali” così bieche e dolorosamente insultanti, peraltro orrende da un mero punto di vista tecnico (le foto fanno schifo, gli slogan sembrano scritti da Jimmy Lo Zozzo e il sito è bloccato) la Lorenzin potrebbe per esempio battersi per dare alle donne più lavoro, più garanzie, più aiuti, più asili nido, più mense scolastiche, più servizi. Più salari e più certezze. Jimmy Lo Zozzo. Scanzi è un genio e calza a pennello su una donna, la Lorenzin, che continua ad essere gretta anche nelle esternazioni di stamattina, al giornale radio, quando ha detto che la fertilità è questione di salute e del Paese, mi chiedo chi l’ha votata, nessuno, come fa a trovarsi lì, lo sappiamo, ed anzi proprio per questo, costringe le pasionarie di una sinistra che non esiste più, oggi in riga a sostenere il Governo Renzi con la Lorenzin, a tacere. Avesse fatto il lancio un’ex showgirl come la Carfagna nel Governo Berlusconi l’avrebbero fatta secca, impallinata, trinciata ridotta politicamente e umanamente in poltiglia. La Lorenzin no, resta al suo posto, con un semplice e veloce, correggeremo la campagna. Ma quale campagna? Forse quella romana, dove non starebbe affatto male, la Lorenzin, tra una zappa ed una vanga a riflettere, lavorando a testa bassa, sul senso stesso del suo fare politica. Gli ospedali chiudono, tagli netti e lineari ovunque, la sanità pubblica è al collasso, l’assistenza sarà a breve per pochi e la Lorenzin, Beatrice Lorenzin sperpera le tasse degli italiani in un modo così trucido. La cosa peggiore in assoluto e che non si rende conto di quello che ha fatto, di quello che farà, della Sanità, della serietà e competenza che il ruolo esigerebbe, ed anche per questo il Governo Renzi è un fallimento genetico, ministri talmente inadeguati da dover regredire al nulla, autoannullarsi e cancellarsi dalle pagine della storia, quella italiana, che sprofonda ogni giorno di più. Jazz per L’Aquila, annullato l’evento Siamo tutti sconvolti e addolorati per questa nuova tragedia, è davvero difficile scrivere qualsiasi cosa…Tutta Musicisti Italiani di Jazz con la quale abbiamo organizzato lo scorso anno la grande maratona del Jazz italiano per L’Aquila assieme all’ I-Jazz e alla Casa Del Jazz, vuole unirsi alle persone colpite dal terremoto. Stiamo ora pensando a come portare avanti e direzionare il nostro supporto. Non ci sono le condizioni perché si mantenga l’evento Il jazz italiano per L’Aquila | 2-4 settembre 2016 di Settembre. Stiamo riflettendo su come usare quello straordinario strumento poetico e creativo per la solidarietà, in modo da abbracciare non solo gli aquilani, ma tutte le persone coinvolte da questo nuovo drammatico avvenimento. Con queste parole, il trombettista Paolo Fresu, direttore artistico della maratona di solidarietà per il capoluogo d’Abruzzo terremotato, annulla dal suo profilo fb la tre giorni di musica prevista a settembre, per il gravissimo lutto che ha colpito il Paese e che vede le popolazioni reatine e picene, distrutte ed addolorate, in queste ore tremende, dopo la terribile scossa magnitudo 6.0 che ha sbriciolato intere frazioni e dove continuano a cercare dispersi, morti e sopravvissuti. L’Aquila conosce bene il dolore di queste persone e lo partecipa profondamente, consapevole del difficile percorso che inizieranno queste comunità nei prossimi mesi. Sarà un’altra vita e sarà difficilissimo accettarne le ragioni, ma non potranno fare altrimenti. Impossibile non apprezzare la scelta di Fresu, è giusto così. Igor’ Bobyrev, un qualcosa di nuovo Non raccontatemi di quei grandi poeti di quei malati disperati dei folli e degli ubriachi misteriosi dei drogati bucati reietti e dimenticati inutili e staccati da questo mondo come se fossimo incagliati nella sabbia qui non è valaam ma il nostro deserto e qui ci attendono qui e ora ci occorre qualcosa di nuovo e grande. Nella pupilla dell’albero, Igor’ Bobyrev. Poeta ucraino, classe 1985 ricorda che puoi svegliarti e sederti su una sedia guardare alla finestra studiare la filosofia o scrivere versi ricorda che puoi sedere su una sedia guardare alla finestra studiare la filosofia o scrivere versi il tempo basta per tutto puoi guardare alla finestra studiare la filosofia o scrivere versi il tempo basta per tutto come la libertà. Igor’ Bobyrev Neanche ai tempi della Woolf, anzi… La candidatura della Clinton alla presidenza degli Stati Uniti, non la riesco proprio a vedere come un segno della storia. Quei ragionamenti logori, per cui anche le donne possono finalmente avere la loro chance di comando e potere. Non mi piace proprio la logica del comando e del potere, dunque se a esercitarla fosse una donna oppure un uomo, che differenza farebbe. E non mi piace Laura Boldrini, che alla Camera ha messo degli specchi al posto delle foto mancanti delle donne che hanno attraversato negli anni il Parlamento, per dire alle giovani che visiteranno Montecitorio, puoi specchiarti in quello che potresti essere anche tu, in futuro. Neanche ai tempi della Woolf anzi, rabbrividirebbe, la Woolf, che nei primi novecento professava l’indipendenza economica della donna, per avere fosse anche un buco, purché proprio, dove scrivere in pace. La Clinton rappresenta interessi e lobby che non cambieranno di una virgola il corso delle cose, né negli States né nel resto del mondo. Ci fosse un approfondimento uno, a concentrarsi sulle nuove generazioni progressiste che continuano ad osteggiare la candidatura, perché avrebbero voluto un segnale di cambiamento magari con Bernie Sanders, che si dice socialista, e concorrente alle primarie della Clinton. Di quelle proteste se ne parla troppo poco. Un cronista italiano corrispondente dagli Usa, preferirebbe vincesse Trump, perché da un punto di vista esclusivamente giornalistico significherebbe raccontare con più stimoli qualcosa di nuovo, e in tutto questo il fatto che la Clinton sia una donna non cambia nulla. Intanto in Italia è morta Marta Marzotto, non so se sia stata una persona libera come amava professarsi, ma le cose che ha voluto fare le ha fatte, è stata una regina di salotti e di mode, sposa del Conte Umberto Marzotto, da mondina a sarta, stilista, amante e musa di Renato Guttuso, ha di certo fatto della sua vita ciò che ha voluto, fosse anche in un mondo patinato e di privilegi s’è presa la sua fetta di libertà e l’ha tenuta stretta per una vita intera. Un’esistenza affascinante dove arte e cultura, nelle sue feste, hanno fatto nel bene o nel male un pezzo di storia mondana di questo Paese. Sperando che nessuno dica più, anche tu un giorno potrai.