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Dal mondo
Stop al fumo:
prima dei 40
è meglio
Non è mai troppo tardi per smettere di
fumare, ma se si decide di farlo prima dei 40 anni
i benefici sulla salute sono decisamente
superiori. Lo sostiene uno studio pubblicato sulla
rivista The Lancet e condotto su più di un milione
di donne nel Regno Unito. Kirstin Pirie e colleghi,
epidemiologi dell’Università di Oxford, hanno
infatti sottolineato ancora una volta che il fumo
porta molte conseguenze negative con un vero e
Meglio
in fotografia
Un nuovo bersaglio
per il colon-retto
Arriva da Napoli la scoperta di una nuova molecola,
chiamata CD66c, che potrebbe rappresentare il bersaglio
ideale per nuovi farmaci intelligenti contro il tumore del
colon-retto. Secondo Marica Gemei e i suoi colleghi
dell’Università degli studi di Napoli “Federico II”, che
hanno pubblicato la propria ricerca sulla rivista Cancer,
CD66c possiede tutte le caratteristiche per diventare un
“tallone d’Achille” del tumore. Per dimostrarlo hanno
valutato la sua presenza in alcune cellule tumorali
(incluse alcune staminali tumorali) e in campioni di
tessuto sano. Dalle analisi è emerso che CD66c in effetti
è molto più abbondante nei tessuti malati e che la sua
quantità è legata anche allo stadio della malattia. Non
solo. Bloccando la molecola, i ricercatori napoletani sono
riusciti a ostacolare la proliferazione delle cellule
tumorali e la loro capacità di dare origine alla malattia.
20 | FONDAMENTALE | GENNAIO 2013
I messaggi intimidatori sui pacchetti di
sigarette non funzionano più e il loro effetto
deterrente sta calando. Le fotografie, invece,
sembrano sortire un risultato migliore, specialmente
sulle persone con una più bassa scolarità. Lo
afferma uno studio pubblicato sull’American Journal
of Preventive Medicine da un gruppo di epidemiologi
dell’Università della Carolina del Sud.
In molti Paesi, infatti, sui pacchetti si possono
vedere immagini piuttosto forti di polmoni pieni di
catrame, fumatori con lesioni della pelle e altri danni
legati alla sigaretta. Secondo alcuni si tratta di scelte
esagerate, inutili in una società dell’immagine che ci
ha abituati a ben altro.
I test psicologici somministrati ai partecipanti a
questa indagine dicono, invece, che l’“esagerazione”
è necessaria per indurre anche i più recalcitranti a
prendere in mano la propria salute.
proprio “eccesso di mortalità” (in pratica un
numero superiore di decessi nei fumatori rispetto
ai non fumatori) e toglie più di 10 anni di vita. I
ricercatori hanno anche stabilito che il rischio di
morire per malattie legate al fumo, come per
esempio il tumore del polmone, si moltiplica con
l’aumento degli anni dedicati alla sigaretta.
I numeri non lasciano spazio a dubbi: chi dice
addio al fumo prima dei 40 anni elimina il 90 per
cento del temuto aumento di rischio e chi
smette prima dei 30 ne toglie addirittura il 97
per cento. “Fumare fino ai 40 anni e poi
smettere comporta comunque dei rischi per la
salute” spiega l’autrice. “Ma per chi persevera
con la cattiva abitudine, i rischi sono 10 volte
superiori”.
Una chemio
intensa nel sarcoma
di Ewing
Il lettino solare
non ama la pelle
Ancora uno studio che conferma la pericolosità
dei lettini solari: la ricerca, pubblicata sul British
Medical Journal, dimostra l’aumento del rischio non
solo di melanoma ma anche di altri tumori della pelle,
soprattutto se le sedute abbronzanti cominciano
prima dei 25 anni. Lo studio è stato condotto da
Mackenzie R. Wehner della Stanford University School
of Medicine in California. I ricercatori hanno valutato
12 lavori che hanno coinvolto poco più di 9.300 pazienti
con tumori della pelle diversi da melanoma
(carcinoma a cellule basali e a cellule squamose) e
sono giunti alla conclusione che per chi ha ceduto alla
tentazione di questa abbronzatura artificiale il rischio
di carcinoma a cellule squamose aumenta del 67 per
cento e quello di carcinoma a cellule basali del 29 per
cento. E il rischio è ancora più alto se chi usa il lettino
ha meno di 25 anni: raddoppia per il carcinoma a
cellule squamose e aumenta del 40 per cento per
quello a cellule basali.
Secondo uno studio recentemente pubblicato sulla
rivista Journal of Clinical Oncology, nelle persone con
sarcoma di Ewing ridurre l’intervallo tra due sedute di
chemio (ogni due settimane invece che ogni tre) potrebbe
permettere di tenere lontana più a lungo la malattia. Richard
B. Womer e i suoi colleghi del Children’s Hospital di
Philadelphia hanno coinvolto nel loro studio 568 pazienti con
meno di 50 anni affetti da sarcoma di Ewing, li hanno divisi
in due gruppi e li hanno poi sottoposti a 14 cicli di
chemioterapia con gli stessi farmaci, ma con frequenza
diversa: un gruppo affrontava la chemio ogni 14 giorni,
l’altro ogni 21. Dopo un periodo di circa cinque anni, il 65 per
cento dei pazienti trattati ogni tre settimane era ancora
libero dalla malattia, mentre in quelli sottoposti a
trattamento intensivo (ogni due settimane) la percentuale ha
raggiunto il 73 per cento, senza differenze negli effetti
collaterali.
GENNAIO 2013 | FONDAMENTALE | 21