Fiat, Keller e Formazione piovono uova a Palazzo d`Orleans

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Fiat, Keller e Formazione piovono uova a Palazzo d`Orleans
SABATO 6 APRILE 2013
LA SICILIA
i FATTI
EMERGENZA LAVORO. La disperazione dei metalmeccanici esplode in rabbia
IL PRESIDENTE DE DOMINICIS SUL FUTURO DEI PROGETTI
Dopo tanti anni di
progettazioni e fondi
investiti a Catania e
Termini Imerese per creare
piattaforme logistiche nel
cuore del Mediterraneo,
tocca al governatore
Crocetta fare la scelta
sul futuro delle opere
Fiat, Keller e Formazione
piovono uova a Palazzo d’Orleans
Corsi professionali, inviate 1.586 lettere di licenziamento
MICHELE GUCCIONE
PALERMO. La lotta per il lavoro che non c’è
più ha visto ieri protagonisti a Palermo i
2.200 operai della Fiat e dell’indotto di
Termini Imerese, le 300 tute blu della
fabbrica ferroviaria Keller di Carini e i
1.586 operatori finora licenziati da 12
enti di formazione professionale.
La disperazione dei lavoratori del distretto automotive termitano è tale da
essere sfuggita al controllo dei sindacati e già nelle prossime ore, dopo il muro
di gomma contro cui si è scontrata la
protesta di ieri a Palermo, potrebbe
esplodere con iniziative clamorose.
Gruppi di lavoratori starebbero meditando di bloccare i punti strategici del
settore dei trasporti, come il porto e l’aeroporto del Capoluogo del’Isola. E’ ufficiale, comunque, che da lunedì le organizzazioni dei metalmeccanici e i sindaci del comprensorio termitano alzeranno i toni della protesta. «Prestiti, affitto, bollette, medicine, spesa: non si può
pagare tutto con 800 euro mensili di
cassa integrazione - ha detto uno degli
operai - e ancora del lavoro promesso sin
da dicembre 2011 dalle istituzioni non si
vede l’ombra». Ma nessuno alla Regione
li ha ricevuti. Il ritardo nella formazione
del nuovo governo nazionale e nello
sblocco dei fondi che Palazzo Chigi ha
promesso per consentire al governo Crocetta di varare il bilancio impedisce di
dare risposte concrete ad antiche vertenze industriali portate alle estreme conseguenze. Ieri, però, come dice il sindaco di
Termini, Totò Burrafato, «è stato superato il limite di guardia, nessuno potrà dire “non lo sapevo”. Oltre la trattativa in
stallo, c’è e resta solo la disperazione degli operai. Sono veramente preoccupato,
il silenzio delle istituzioni può far scattare la scintilla dello scontro sociale».
Burrafato ha lanciato l’«ultimo appel-
Le tute blu
chiedevano di essere
ricevute dal
governatore
Crocetta, ma la porta
è rimasta chiusa. Un
futuro incerto
lo alle istituzioni», dopo la profonda delusione e ira che ha suscitato la decisione del governatore Rosario Crocetta di
non ricevere sindacati e operai, che avevano sfilato sei ore per le vie del centro
attendendo la convocazione da palazzo
d’Orleans, più volte rinviata telefonicamente. I segretari di Fiom-Cgil e UilmUil, Roberto Mastrosimone e Enzo Comella, hanno targato l’episodio come
«insensibilità istituzionale verso i problemi di aziende destinate a chiudere».
Quando i metalmeccanici hanno scoperto che non sarebbero stati ricevuti
2.200
GLI OPERAI DELLA FIAT DI TERMINI E DELL’INDOTTO
300
LE TUTE BLU DELLA FABBRICA FERROVIARIA KELLER
1.586
GLI OPERATORI DELLA FORMAZIONE PROFESSIONALE
IL SEQUESTRO DELL’IMAM
Napolitano grazia
il colonnello Usa
coinvolto nel caso
di Abu Omar
ROMA. Graziato dal capo dello Stato il colonnello Joseph L. Romano III, l’ufficiale americano condannato in via definitiva a sette anni di reclusione (di cui tre
condonati) per il rapimento di Abu Omar avvenuto a
Milano il 17 febbraio 2003: era il responsabile statunitense della sicurezza della base di Aviano dove
l’ex imam venne trasportato da uomini della Cia,
messo su un aereo e poi trasferito in Germania, e
quindi in Egitto. Secondo gli atti dell’inchiesta avrebbe «atteso i sequestratori ed il sequestrato nella base, garantendo ai primi l’ingresso sicuro e la possibilità di imbarcare il rapito su un aereo che lo conduceva fuori Italia».
da Crocetta (che pure si trovava a palazzo d’Orleans) si sono sfogati lanciando
uova contro l’ingresso della Presidenza
della Regione; poi sono risaliti sui pullman alla volta di Termini, determinati
più che mai a non rinunciare all’ultima
lotta per la salvezza.
A fine anno scadrà la cassa integrazione, ma ancora Crocetta non rivela chi
siano gli imprenditori con cui sta trattando per subentrare al Lingotto e dare continuità occupazionale al territorio. Alle
agenzie il governatore ha spiegato: «Abbiamo avviato un percorso che non può
che concretizzarsi al momento dell’insediamento del nuovo governo. Ci sono
imprenditori disponibili a fare investimenti. Ma oggi non c’è più un governo:
con chi trattiamo, con chi tra quindici
giorni non ci sarà più? ».
Con gli operai della Fiat hanno protestato i 300 cassintegrati della Keller di
Carini, ai quali il governatore aveva promesso commesse di produzione nell’ambito del Contratto di servizio appena
firmato con Rfi per gli investimenti ferroviari nell’Isola: nessuna nuova notizia e il
18 aprile il tribunale fallimentare deciderà sulla fabbrica ferma da due anni.
Infine, ieri la Cisl ha comunicato la decisione di 12 enti di formazione professionale (Anapia, Aram, Eap Fedarcom,
Centro studi e ricerche, Eureka, Anfe regionale, Cufti, Iraps, Informhouse, Ipf,
Ancol e Cefop) di licenziare in totale
1.586 dipendenti, di cui 635 addetti ai
corsi dal prossimo 7 giugno e gli altri, addetti di sportello, dal prossimo 30 settembre. Questi sono i tagli comunicati finora, precisa la Cisl, dopo che Crocetta ha
detto che non sarà finanziata la seconda
annualità dei corsi dell’«Avviso 20» «senza però fornire soluzioni alternative e
garanzie per il personale», ha osservato
la Cisl. L’assessore Nelli Scilabra ha convocato i sindacati per martedì prossimo.
Fino al 7 luglio 2003 è rimasto in servizio ad Aviano; poi, è stato trasferito al Pentagono. Con la grazia
- concessa all’unico militare coinvolto nella vicenda,
essendo gli altri tutti agenti della Cia - il presidente
della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha voluto dare «soluzione a una vicenda considerata dagli Stati
Uniti senza precedenti» e ovviare «a una situazione
di evidente delicatezza sotto il profilo delle relazioni bilaterali con un Paese amico», sottolinea il Quirinale, mentre l’ambasciata Usa a Roma fa sapere di
aver accolto «con estremo favore» la decisione e di
«apprezzare il contesto di amicizia italo-americana
nel quale è maturata».
DIFFIDA DEL GAL KALAT ALLA REGIONE
Sviluppo rurale calatino
fermi 13 milioni di euro
CALTAGIRONE. Bloccati da 13 mesi 13 milioni di euro destinati ai Gal, i Gruppi di
azione locale che lavorano nei diversi
territori della Sicilia, per promuovere
lo sviluppo rurale (con attenzione particolare alle sue ricadute turistiche) che,
per esempio, in un comprensorio come
il Calatino, hanno mobilizzato risorse
per 3,5 milioni di euro e favorito la nascita o lo sviluppo di nuove imprese anche nel comparto artigianale. Tredici
milioni nel cassetto da un lasso di tempo ritenuto eccessivo, per di più in contrasto con le esigenze di accelerazione
della spesa dei fondi, specie se europei,
finalizzati agli investimenti. La denuncia
parte da Alessandra Foti, presidente del
Gal Kalat, con sede a Caltagirone e competenza su buona parte del comprensorio, oltre che capofila del progetto di
cooperazione «Ruralità mediterranea in
Sicilia». Foti, anche per conto di altri sei
Gal isolani, ha presentato una diffida al
presidente della regione Rosario Crocetta, al dirigente generale del dipartimento del settore agricolo (autorità di
gestione del Programma di sviluppo rurale Sicilia) Rosaria Barresi, a Fabrizio
Viola, del dipartimento Interventi infrastrutturali per l’agricoltura, all’assessore regionale delle risorse agricole e
alimentari Dario Cartabellotta e al comitato di sorveglianza. Nel documento la
presidente del Gal Kalat mette in guardia l’amministrazione regionale «dal
procedere a qualsiasi forma di revoca
della procedura di selezione già in itinere, visto che questo atto sarebbe illegittimo e viziato da eccesso di potere, nonché da bandire una nuova gara». Il rischio ventilato è quello che la burocrazia regionale voglia giungere, attraverso
una revoca del bando, a una drastica riduzione delle risorse previste e forse
intenda bandire una nuova gara, «sul
presupposto che la commissione avrebbe valutato non positiva, ente i sei progetti presentati. Ove ciò corrispondesse
al vero, sarebbe evidente la grave violazione delle regole in materia di trasparenza, buon andamento, efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa,
nonché risulterebbe falsato il procedimento di selezione dei progetti presentati». Nella diffida si evidenzia che, «dalla presentazione dei sei progetti sono
trascorsi tredici mesi e tale arco temporale risulta eccessivamente lungo in
rapporto alla tempistica dettata dal Psr
Sicilia 2007-2013 e non compatibile con
il termine di 150 giorni previsto per la
definizione dei procedimenti amministrativi di competenza del dipartimento regionale degli interventi strutturale
per l’agricoltura».
MARIANO MESSINEO
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DE DOMINICIS presidente della Sis
«Interporti Sicilia
la Regione ci dica
cosa vuol farne»
«La burocrazia ci ha frenati
ma l’opera è indispensabile»
ANDREA LODATO
CATANIA. Approvato il progetto di bilancio del 2012 della Societa degli Interporti Siciliani, con una perdita di
776.362 euro. «Andamento della gestione - spiega la società - che si presenta aderente alle previsioni contenute nel budget 2012 e con un costo
degli organi sociali (cda, collegio sindacale, revisore unico e relativi oneri)
contenuto da 347.000 a 250.000 euro
con l’abbattimento dei compensi del
30% (ad esempio il compenso del presidente del Cda è attualmente di circa
35.000 euro netti annuali) e non provvedendo alla sostituzione di un consigliere dimissionario».
«La perdita esposta è da considerare strutturale - spiega ancora Sis - è
cioè legata alla struttura di una società che, dovendo realizzare due opere pubbliche di interesse strategico, ha
dei costi che non possono essere, per
criteri di prudenza e per le regole di
buona gestione, considerati tutti capitalizzabili, e contemporaneamente
non ha ricavi, dato che ciò è a priori
impedito dall’essere una società di
scopo ai sensi dell’Accordo di Programma Quadro stipulato nel 2008
con la Regione e con il Governo Nazionale».
Ma quel che si vuole capire a questo
punto e che va chiarito è che cosa la
Regione e il governatore Crocetta intendano fare della società e dei progetti dei due Interporti, anche alla luce degli investimenti che sono stati
fatti.
«E’ bene che tutti sappiano - dice
Rodolfo De Dominicis, presidente pro
tempore di Sis - che liquidare la società non è tecnicamente agevole, né
meno oneroso che ricapitalizzarla ed
inoltre Sis non è un carrozzone voluto dalla politica, ma una società di
scopo con tredici dipendenti, tutti giovani, che sta realizzando due opere
indispensabili allo sviluppo della Sicilia. Questa terra non può vivere di solo turismo e beni culturali, ma nel declino della grande impresa di Stato,
deve puntare sull’industria leggera e
la logistica se vuole svolgere un ruolo
nel Mediterraneo, di cui tanto si parla,
ma a cui non molti evidentemente
tengono o credono».
Ma è possibile fare costare ancora
meno la struttura, considerata la crisi in corso?
«Io sono convinto che si possano abbattere ulteriormente i costi, ad esempio riducendo il numero dei consiglieri al minimo (tre o addirittura
uno). Ho cominciato già io rinunciando al compenso a me spettante per il
2013. Il collegio sindacale può essere
costituito per almeno due terzi di appartenenti alla pubblica amministrazione e quindi costare effettivamente
poco ed esercitare un controllo pubblico maggiore nell’interesse di tutti,
ma soprattutto della verità dei fatti.
Sento dire in continuazione che Sis è
un accumulatore di perdite e che non
ha realizzato niente. Bisogna smetterla di fare il tiro al piccione senza sapere di cosa si parla».
Allora presidente a che punto è lo
stato dell’opera?
«Abbiamo almeno tre anni di ritardo
sulla tabella di marcia, ma molto di
questo ritardo dipende dalla difficoltà
di realizzare opere pubbliche nel Mezzogiorno. Qui, a tutte le difficoltà del
Paese, si sommano altre difficoltà che
impediscono il normale fluire degli
eventi e non parlo solo del tempo necessariamente impiegato per esercitare il controllo di legalità che è indispensabile, ma di tutto quello che si
perde in contenzioso becero e in atti
burocratici contorti e soprattutto nella carenza di linee strategiche chiare e
di buona politica. Qualche esempio:
sono stati necessari quattro anni per
arrivare all’approvazione del progetto
preliminare dell’Interporto di Termini
Imerese, sono tre anni che aspettiamo
la firma dell’Intesa Generale Quadro
Stato/Regione, sono 14 mesi che combattiamo per risolvere il problema degli “Aiuti di Stato”, impastoiati fra le
direzioni Ue, il Mise e la Regione Sicilia. La gara per la realizzazione e la gestione ventennale è stata espletata,
ma non può essere assegnata finchè il
finanziamento non sarà certo. Per l’Interporto di Catania sono stati necessari due anni per approvare il progetto
esecutivo, sei evidenze pubbliche per
assegnare la gestione del primo lotto,
la cui costruzione è durata meno di 18
mesi; un anno per espletare la gara del
secondo lotto, il polo logistico, sei mesi per rimuovere due ordigni bellici.
Ora l’impresa aggiudicatrice è andata
in crisi ed è cominciato un contenzioso presso il Tar Catania che ha bloccato il cantiere per quaranta giorni,
sentenziando che non c’è danno per la
collettività. Il terzo lotto e la gestione
ventennale sono quasi appaltati, ma
tutto ora si fermerà, perché bisogna
notificare alla Ue per aiuti di stato anche Catania, dopo Termini Imerese.
Quanto tempo ci vorra? Almeno sei
mesi. Non c’è dubbio che avremmo
potuto fare di più e meglio, ma, nonostante tutto, cominciamo a vedere il
traguardo: terminate le opere e affidata la gestione delle stesse, fra tre anni
si saranno create le condizioni per la
nascita di 500 posti nuovi di lavoro, fra
diretti e indiretti.
Io comprendo i soci pubblici che non
se la sentono di ricapitalizzare o non
possono, ma lasciare la società per altro tempo nello stallo attuale è miope
e distruttivo. E nessuno si faccia illusioni, non ci sono astuzie procedimentali o alchimie politiche utili a ridurre i costi e quindi le perdite oltre
un certo limite, né annegare i costi
stessi nel mare magnum dei costi di
un Dipartimento regionale li cancellerebbe. Chi pensa che si possono realizzare due opere pubbliche per un investimento di 200 milioni di euro, azzerando i costi generali, non sa di cosa
parla. Ed infine, in ogni caso occorrerà,
anche nell’ipotesi liquidazione, un
manager esperto, capace, che sia aduso al controllo di legalità e non si lasci
intimorire dall’ambiente esterno, con
pieni poteri e dotato della necessaria
capacità di spesa. Ma nessuno pensi
che lavorerà per la gloria».
Il progetto di Bilancio aspetta ora il parere del Collegio sindacale e del Revisore unico, l’Assemlea poi dovrà decidere se porre in liquidazione o meno
la società.