Un lavoro su commissione, la paura di ricominciare e l appello alla

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Un lavoro su commissione, la paura di ricominciare e l appello alla
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CRONACA/PROVINCIA
Mercoledì 27 giugno 2012
CORRIERE DEL GIORNO
LATERZA La rabbia e lo sconforto di Suglia e Moscogiuri, in arte SuMo, dopo il furto di una cinquantina di maioliche: «I pezzi più pregiati»
«Hanno rubato i nostri sogni»
Un lavoro su commissione, la paura di ricominciare e lappello alla comunità: «Chi ha visto parli»
di MASSIMO D'ONOFRIO
[email protected]
LATERZA – «Ci hanno lasciati in ginocchio, forse anche più in
basso». Mario Suglia e Leonardo
Moscogiuri, in arte SuMo, non
hanno altre parole per descrivere lo sfregio subito tra martedì e
mercoledì notte: il furto di una
cinquantina di pezzi di maiolica
laertina, tra albarelli,
piatti istoriati, un calamaio in stile antico
ed altri prodotti di finissimo artigianato.
Per far comprendere
il valore, non solo
materiale, del furto,
mostrano un volume
con la storia della
maiolica di Laterza
trovato nel museo del
Louvre: «Laterza –
dice Moscogiuri, originario di Avetrana –
era famosa in tutto il
mondo».
VOGLIA DI FUGGIRE
Ora, però, dopo questo colpo allo stomaco gli verrebbe voglia
di scappare via. Parecchie migliaia di
euro di valore per un
furto così studiato sono una botta terribile: «Ma ciò che ci offende di più – dice il laertino Suglia
– è il tentativo di rubarci un sogno, un percorso di studi e lavoro
, alla fine del quale abbiamo fatto una
scommessa: tornare nel nostro
territorio per tentarne il riscatto. Abbiamo avuto una bella risposta, molti ci hanno accolto
perché rappresentiamo la riscoperta della maiolica tipica laertina. Siamo stati pionieri perché
per primi abbiamo garantito tutto il processo produttivo
gilla al prodotto finito. Una vera
bottega riaperta a distanza di secoli da quelle storiche, scomparse nel tempo».
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IL SOGNO RUBATO
Un sogno che – spiega ancora
Suglia con grande sincerità –
«sentiamo sfuggirci di mano».
«Non abbiamo tante alternative,
stiamo pensando di chiudere». Il
telefono squilla in continuazione, amici, conoscenti, soprattutto clienti chiamano per sapere;
la risposta è sempre la stessa:
«Non ci sono grandi no
solo ciò che resta dopo uno
schiaffo così ben assestato ad
una scommessa culturale e artistica, ad un sogno modellato con
le mani e ideato con la raffinatezza di studi e ricerche. E tanti
dubbi, su cui arrovellarsi nel laboratorio che assomiglia a un
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ranea: «Non sappiamo nemmeno che cosa possano farsene, i ladri, di questa merce assolutamente scomoda, perché si tratta
di pezzi firmati, unici e irripetibili: è come aver rubato dei dipinti». «Ci hanno detto – sottolinea Suglia - che nella ceramica
moderna, al contrario di quella
antica, non è mai capitato un
furto del genere, su commissioforte il rammarico in questi due maestri
passano lunghe ore a dipingere
su smalti delicatissimi: «Stavamo creando bellezza, qualcuno
ci ha detto che dovevamo sentirci lusingati perché hanno scelto
noi: avremmo preferito un altro
tipo di riconoscimento».
LAVORO DA PROFESSIONISTI
Ciò che fa riflettere in questa
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golarità del furto: «Hanno sele-
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LA BOTTEGA Le maioliche salvate dalla razzia. A lato: parte della refurtiva, rimasta ormai solo in foto
zionato attentamente tutti i pezzi di maggior pregio artistico».
Come se avessero avuto tra le
mani una lista della spesa, vergata da un intenditore. Un lavoro fatto da professionisti, tre o
quattro persone che di notte
hanno rotto la catena di un cancello, sono entrati in un piccolo
atrio sul retro del laboratorio e
hanno sistemato una piattaforma di tufi servita per arrivare alla finestra e segare le sbarre. Almeno un paio di ore di “lavoro”
per scegliere e impacchettare
accuratamente il frutto di sei anni di impegno quotidiano.
FURTO SU COMMISSIONE
Ma chi può aver commissionato
un furto così puntigliosamente
studiato? Un collezionista, un
destinatario finale appassionato
maniacalmente di un prodotto
assolutamente unico. «In questo
ente “malata” –
dice Suglia – che farebbe qualsiasi cosa per entrare in possesso
di pezzi del genere. Per questo
abbiamo avvisato tutti i colleziota». Un avviso sul loro sito internet, www.maiolichesumo.it, fa
altrettanto col resto del mondo.
Qualcuno, raccontano i due artigiani, gli ha ripetuto: «Ciò che
qui riuscite faticosamente a
piazzare a mille euro, altrove ha
un grande valore commerciale e
occhi che vi si posano sopra desiderosi». Occhi e mani, purtroppo per i SuMo. Che non riescono proprio a capacitarsi di ciò
che gli è accaduto: «Ci ammonivano che eravamo pazzi a tornare al Sud, dopo esserci formati a
Montelupo Fiorentino. Anche in
famiglia ci dicevano: ma che roba è questa maiolica? Invece, noi
vedevamo un terreno fertile, da
coltivare e su cui in
imparata in tanti anni».
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vestito su se stessi e sul proprio
genio. «Sarebbe stato bello - dicono amareggiati - se il sindaco
fosse venuto a farci visita o avessimo ricevuto altri gesti simbolici ma ufficiali». A stretto giro,
Gianfranco Lopane, si fa sentire:
«SuMo è una delle punte avanzate della nostra arte della maiolica. A loro dico che non devono
mollare, sarebbe come darla vinta a chi ha rubato quei pezzi artistici. Come ente locale siamo
solidali con Suglia e Moscogiuri
e, in concreto, gli indichiamo la
via
con progetti da realizzare per attingere a fondi europei, per riuscire a ripartire». Una via stretta,
però. «Se i ladri vengono a chiederci soldi per avere i pezzi indietro – dice Suglia - di sicuro diremo no: piuttosto chiudiamo».
Un peccato arrendersi, dopo
aver esposto pezzi a Parigi e lavorato per conquistare le vetrine
dei migliori musei della ceramica. Un lavoro sbeffeggiato e cancellato in una notte. Moscogiuri
quasi sussurra il timore del “dola paura che ora ci frena.
Prima rubano,
il locale se non paghi il pizzo. Ricominciare con questa prospettiva è davvero dura. Se non ci
sentiremo tutelati andremo via,
non ci resta altro».
Gli restano, ed è già tanto, le
mani e la rabbia. Ma sarà davvero difficile ripartire da zero. E coi
sogni della “bottega delle meraviglie” finiti chissà dove.
IL PREZZO DELLA SCOMMESSA
Suglia, prima di diventare maio-
licaro, faceva il cuoco
in Germania: con le
mani ci ha sempre saputo fare. Il prezzo
della “s co mm es sa ”,
però, è altissimo:
«Tante gratificazioni
umane, economiche
molto meno». Si
“c a m pa ” coi piccoli
pezzi da 30 euro, sperando di piazzare quelli più pregiati, da centinaia di euro. È impresa ardua, infatti, entrare in
un mercato ristretto per un prodotto di nicchia che fatica a trovare committenti, anche per i
costi elevati. «Per fare un piatto
istoriato – racconta Suglia - serve un mese di lavoro. Oggetti peraltro mai venduti, perché di
enorme valore, come i seimila
euro del piatto istoriato e sagomato con putto che cavalca un
sso,
mostro marino finito
nelle mani dei ladri».
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LA PAURA DI PERDERE TUTTO
Suglia e Moscogiuri sono molto
sconfortati: «Vorremmo andare
via - ripetono – perché vivere
nella paura di perdere tutto è
una cosa tremenda. Ci hanno
de
vi serve, se
vogliono rubare lo fanno lo stesso». E si sentono indifesi: «Abbiamo chiesto ai carabinieri di
cercare dappertutto. Ora davanti a noi si è aperto uno scenario
assurdo. Hanno tagliato le gambe a chi vuole creare soltanto il
bello, uno sfregio a noi e alla comunità perché timidamente stavamo ripristinando il vanto di
questa terra: e tutto ciò senza
guadagnarci granchè».
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“CHIUSO PER FURTO”
Sconforto misto a rabbia, che i
SuMo trattengono a stento:
«Dovrebbero proteggere gli artigiani perché trasmettono valori
alle generazioni future, invece si
sciacquano la bocca col made in
Italy e basta». Moscogiuri ha parole dure: «Ci sentiamo abbandonati, come siamo nati così
stiamo morendo: ci saremmo
aspettati che qualcuno della comunità ci venisse a confortare,
invece nulla o quasi». «La gente
– aggiunge Suglia - è rimasta turbata dal fatto che giovedì scorso
abbiamo messo fuori dal laboratorio il cartello “chiuso per furto”». Quasi dovessero “verg o-
gnarsi” loro e non chi li ha ripuliti. I due artigiani parlano di
omertà: «Possibile che nessuno
abbia visto? E in così tante
ore?».
CRIMINALITÀ SOMMERSA
Denunciano e chiedono risposte. La videosorveglianza, ad
esempio, «per vedere chi entra e
chi esce dal paese». Perché ciò
che colpisce questi due artigiani-emigranti di ritorno è questa
«criminalità sommersa, che
opera nel silenzio della notte e
delle persone». «Fino a ieri – riflettono - pensavano a un furto
di chissà quale committenza. Invece abbiamo scoperto che c
chi convive con questa malapianta che adesso, con il nostro
caso, spunta in maniera eclatante ma, tristemente, è accettata
come se fosse folklore del paese».
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IL SINDACO: «NON MOLLATE»
Eppure ci sono artigiani come
loro, qui a Laterza, che coltivano
il sogno di creare bellezza, di dar
forma al proprio talento: ed è
proprio questo il danno più
grande fatto ai SuMo e a tutti
quelli che, come loro, hanno in-
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