L`arcobaleno sotto la quercia - Festival del Verde e del Paesaggio

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L`arcobaleno sotto la quercia - Festival del Verde e del Paesaggio
di Claudia Arcolin
I bambini della IIB avevano il naso incollato alle finestre e si davano delle gomitate a vicenda per
indicare i particolari di quella magia sopra i tetti. Il temporale era passato da poco e in cielo splendeva
un arcobaleno luminoso che avvolgeva la città in un abbraccio colorato. Erano tutti felici, tranne uno.
Matteo era seduto al suo banco, con le spalle ricurve e la testa sprofondata tra le braccia piegate,
come volesse fondersi con il banco stesso. Era nato con una malformazione agli occhi che aveva
tinteggiato il suo mondo con ombre monotone.
La maestra Elisa si accorse del suo disagio. Gli andò vicino e gli accarezzò la schiena con gesti regolari,
disegnando un infinito sulle sue scapole. Si era spesso sorpresa di come quel bambino riuscisse a
trovare un’alternativa per partecipare ai giochi e alle discussioni, ma in quel momento sembrava aver
perso la voglia di provarci.
Guardando le cime della farnia in giardino danzare al vento, Elisa ricordò una frase che ripeteva spesso
suo nonno, un giardiniere.
«La natura ci parla in mille modi e ci svela i suoi segreti. Ma per coglierli dobbiamo abbandonarci alle
emozioni senza pregiudizi e senza schemi mentali, facendo battere il nostro cuore al ritmo
dell’universo».
Le venne un’idea.
Andò alla cattedra e batté le mani per richiamare la classe all’ordine.
Poi chiese con tono deciso: «Quali sono i colori dell’arcobaleno?»
I bambini si girarono verso di lei e risposero in coro come se stessero elencando una tabellina: «Rosso,
arancione, giallo, verde, blu, indaco e violetto».
«E che gusto ha?» Chiese sorridendo, mentre una ventina di occhi la guardavano come se le fossero
spuntate delle antenne tra i capelli.
«Lo sapete che nel giardino della scuola è racchiusa l’essenza dell’arcobaleno?»
Fece radunare i suoi bambini in fila indiana e tutti insieme si diressero verso il piccolo giardino
adiacente la scuola, in cui campeggiava la farnia che aveva intravisto dalle finestre dell’aula.
L’aria era calda e il sole di maggio aveva già asciugato gran parte delle pozzanghere. Chiese ai
bambini di togliersi le scarpe e i calzini e di sdraiarsi con gli occhi chiusi sotto la grande quercia. Quella
richiesta fu accolta con urla festose e un senso di libertà che preannunciava le vacanze estive.
«I colori sono solo una parte dell’arcobaleno - iniziò a spiegare quasi in un sussurro - in realtà c’è
molto di più. Per esempio i colori sono sapori. Il rosso è una succosa mela, l’arancione è una dolce
albicocca, il giallo è l’energico limone, il verde è una pera dissetante, il blu è la morbidezza dei mirtilli e
il viola è l’incertezza dolce acidula delle more!»
«E l’indaco che frutto è?» chiese Alice con fare da sapientina, soffocando una risata che svelava il suo
divertimento per quel gioco inaspettato.
La maestra ci pensò un po’, poi rispose:
«L’indaco è come la cannella che metti sopra la frutta, si fonde con gli altri sapori e li esalta!» e rise.
Poi riprese a parlare con un tono soffice come velluto.
«Ma l’arcobaleno è anche emozione. Che cosa sentite?»
Dopo qualche minuto di silenzio fu Matteo il primo a parlare.
I fili d’erba e le margherite gli solleticavano le orecchie; le dita dei piedi sprofondavano leggermente
nei granelli di terra umida; poteva percepire il movimento delle foglie sopra la sua testa in base al
calore dei raggi del sole sulla pelle.
«Mi sembra di essere disteso sull’arcobaleno!» esclamò con entusiasmo.
Un leggere movimento di ali gli accarezzò il naso e Matteo trattenne il respiro. Emozionato, strinse
forte la mano del compagno disteso vicino a lui, e come per un innesto, quella stretta passò da
bambino a bambino, arricchendosi delle sensazioni che tutti stavano provando in quel momento.
Elisa ammirò le sue gemme. Distese su un cielo di verde, con le magliette colorate e i volti sorridenti,
erano il più bell’arcobaleno che avesse mai visto.