halloween da brivido!

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halloween da brivido!
HALLOWEEN DA BRIVIDO!
Sono un poliziotto di Torino di 36 anni, e continuo a lavorare allo stesso caso di omicidio. Da 6
anni la notte di Halloween muoiono delle persone che hanno in comune la distanza da una casa
all'altra, sempre 4 case . Il primo omicidio è avvenuto il 31 ottobre del 1996. Era una notte
tranquilla e i bambini giravano per le strade chiedendo dolcetti a tutte le porte. Quando arrivarono
in quella via, Via Grandi al numero 1, per la precisione, nessuno rispose, ma la porta era aperta e i
bambini decisero di entrare. Quando arrivarono nella camera da letto videro una donna morta sul
pavimento e si misero ad urlare. In pochi secondi tutta la gente si radunò intorno alla casa e,
vedendo tutto quel trambusto mi avvicinai e feci allontanare la folla,chiamando rinforzi. Il giorno
dopo andai all'ospedale per ricevere il referto circa l'autopsia del cadavere.
Si seppe che la donna si chiamava Giulia Gavino, e che lavorava presso una banca. Era stata colpita
da un coltello da cucina.
Un'ora dopo, io e il mio collega Franco, ci avviammo verso la casa della donna defunta e la
ispezionammo.
Tornammo in caserma e feci delle telefonate ai suoi parenti, ma non mi diedero nessuna
informazione su chi potesse essere l'assassino, o su di un movente. Interrogai i vicini ma nessuno di
loro aveva né visto né sentito niente, allora vagliai i racconti dei bimbi testimoni, e della gente che,
quella notte, erano entrati in quella casa, nonché le persone che si trovavano in quella via ma non
scoprii niente di interessante e utile.
Passò un anno e durante l'Halloween del 1997 morirono due fratelli. Abitavano in via Ibischi 5 e si
chiamavano Pietro e Luigi. Quella sera i miei colleghi erano di guardia alla casa dell'ultima vittima,
la signora Giulia, per evitare che qualcuno vi entrasse. Si sentì un urlo, stavolta non di un bambino,
ma di una donna. I miei uomini andarono a vedere cosa fosse successo, e trovarono i cadaveri di
due uomini sulla quarantina. Ritirando l'autopsia scoprì che erano stati uccisi come la prima vittima,
e, per giunta, era stato utilizzato lo stesso coltello. Nei 4 Halloween successivi accadde la stessa
cosa e morirono 5 persone. La terza vittima si chiamava Ilaria e viveva in via Orti 9, la quarta Sara e
viveva in via Volpi 13, la quinta Paolo e viveva in via Alfieri 17. Nell'ultimo omicidio morirono
due ragazzi, Alice e Carlo, residenti in via Nitti 21.
La notte del 1 novembre 2002 andai in ufficio ad esaminare l'ultimo caso, quando mi venne in
mente di mettere in sequenza gli 8 tragici omicidi. Li misi in ordine cronologico e iniziai a rileggere
tutte le documentazioni sui vecchi casi. Qualcosa mi diceva che erano collegati, ma non riuscivo a
capire cosa fosse il trait d'union che li collocava segretamente nello stesso puzzle da risolvere. Verso
mezzanotte tornai a casa e mi misi nel letto, ma non riuscii ad addormentarmi, ripensando per tutta
la notte a quei casi. Alle 8 del mattino tornai in caserma e, finalmente, riguardando i documenti dei
casi, trovai quello che cercavo; le iniziali delle vie in cui abitavano le vittime formavano un nome
GIOVANNI. Dopo la scoperta cominciai a farmi qualche domanda: Chi era questo Giovanni?
Perché aveva commesso quegli orrendi omicidi?
A quel punto accesi il computer e cercai tutte le informazioni sulla vita privata delle 8 vittime e
dopo ore e ore trovai qualcosa di interessante. 10 anni prima le vittime erano state coinvolte nel
caso di una giovane ragazza morta di trauma cranico dopo un incidente in macchina. Andando
avanti a leggere scoprii che il fidanzato della ragazza era convinto che la sua morte non fosse stato
un incidente, ma che i freni della sua auto fossero stati manomessi proprio da queste otto persone
dopo una brutta litigata.
Era circa l'una quando chiusi l'ultimo fascicolo; Presi il telefono e chiamai il fidanzato di Paola, la
ragazza morta nell'incidente automobilistico. L'uomo si chiamava proprio Giovanni Mascarino, e si
era trasferito a Firenze dopo la morte della sua ragazza. Giovanni non mi rispose per tre o quattro
volte, ma il giorno dopo richiamò. Gli chiesi di raggiungermi alla stazione di polizia per
interrogarlo sulla morte delle 8 persone.
Il giorno dopo Giovanni si presentò in caserma circa alle 9 del mattino; lo guidai nel mio ufficio
e, dopo aver preso un caffè insieme, cominciai a fargli qualche domanda. Mi raccontò che il giorno
della morte di Paola lui era fuori città per lavoro, e che era stato avvisato che la sua ragazza si
trovava in ospedale da una voce sconosciuta solo verso sera. Arrivato all'ospedale di Torino trovò la
donna deceduta ormai da un'ora e, parlando con i medici, seppe che era morta per un trauma cranico
in seguito ad un incidente d'auto causato dal malfunzionamento dei freni. Dopo aver scritto la sua
deposizione lo ringraziai e lo mandai a casa, dicendogli che non poteva allontanarsi dalla città.
Quando l'uomo uscì dal mio ufficio chiamai il mio superiore, e gli chiesi di avere accesso ai tabulati
telefonici di Giovanni, risalenti indietrio nel tempo il più possibile. Dopo due giorni i tabulati
arrivarono; le ultime chiamate effettuate dall'uomo erano all'hotel tre giorni prima della morte di
Paola, al suo ufficio e alla ragazza il giorno prima della morte. Chiamai l'Hotel in cui alloggiava, ma
l'albergatore guardando sul computer mi disse che non c'era nessun Giovanni Mascarino segnato
sulle prenotazioni. Allora mi insospettii e, come ultima conferma, chiamai l'ufficio in cui lavorava
Giovanni 10 anni fa, ma la segretaria mi disse che non risultava nessun Giovanni Mascarino partito
per lavoro su ordine dell'azienda.
Ormai sicuro della sua colpevolezza lo richiamai, e gli chiesi di tornare per degli accertamenti;
Dopo 20 minuti si presentò nel mio ufficio e lo feci sedere. Gli raccontai di quello che avevo
scoperto ma lui negò tutto e continuò a sostenere che lui in viaggio c'era stato veramente. Anche
senza la sua confessione, avendo tutte le prove lo arrestai, paventando una sua futura condanna a
vita.
Dopo un mese andai in carcere a trovare Giovanni per vedere se aveva deciso di confessare; Arrivati
nella sala degli interrogatori gli chiesi la sua confessione ma lui negò tutto per la seconda volta.
Però mi disse che durante il mese di detenzione aveva pensato alla voce che 10 anni prima gli aveva
comunicato la morte della sua fidanzata, e gli venne in mente che la voce era femminile, e lui era
convinto di averla già sentita. Uscito dal carcere tornai nel mio ufficio e mi misi a guardare di
nuovo i suoi tabulati telefonici. Dopo circa 10 minuti mi cadde l'occhio su un numero sconosciuto
che aveva chiamato Giovanni quella sera, per cui accesi il computer e digitai quel numero
nell'elenco telefonico della polizia. Il numero apparteneva ad un telefono che era stato disabilitato
proprio 5 minuti dopo la chiamata. Facendo una accurata ricerca sul luogo di acquisto del telefono
riuscii a trovare il negozio. La mattina dopo ci andai e venni a conoscenza del nome del proprietario,
Laura Orsini. A quel punto andai a fare visita a Giovanni, e gli chiesi se il nome gli suonava
famigliare. Lui mi rispose che questa Laura era la sua ex fidanzata e che lui l'aveva lasciata perché
era pazza e possessiva. Tornai in ufficio e mi misi a cercare questa donna, inoltrando a tutte le
caserme d'Italia la sua foto e i suoi dati personali. Dopo una settimana mi arrivò un fax dalla
caserma di Foggia, che mi informava dell'arresto di Laura. Il giorno dopo mi recai a Foggia per
parlare con la donna; quando arrivai portai Laura nella sala degli interrogatori e cominciai a farle
molte domande alla quale lei non rispose. Verso le 17 uscii dalla caserma e andai a prenotare un
hotel per passare la notte ma, mentre entravo vidi su un cartello all'entrata un numero di telefono
familiare. Ci pensai tutta la notte e mi venne in mente il mattino dopo, mentre facevo colazione. Era
il numero che avevo chiamato per sapere se Giovanni aveva alloggiato lì la sera della morte di
Paola; andai alla reception e chiesi all'albergatore di ricontrollare se un certo Giovanni Mascarino
era stato lì 10 anni prima. L'albergatore, senza guardare sul computer, si ricordò di averlo visto e gli
era rimasto in mente perché il giorno prima di andarsene, mentre parlava al telefono con una donna,
stava urlando a squarciagola che ormai si erano lasciati, e che lei non doveva più disturbarlo. Lo
ringraziai e presi il primo treno per Torino; dovevo parlare il prima possibile con Giovanni.
Arrivato in caserma corsi da lui liberandolo. Lo mandai a casa sua dicendogli di preparare una
valigia perché quel pomeriggio saremmo partiti per Foggia. Lo lasciai a casa sua e le dissi che sarei
tornato a prenderlo per le 15. Quando salimmo in macchina lui mi disse che il suo viaggio per
lavoro era proprio a Foggia, ed io gli risposi che già ne ero a conoscenza, e che lo avrei portato in
caserma dove avrebbe trovato una persona che avrebbe risolto tutti i suoi dubbi. Dopo 10 ore
arrivammo a Foggia e ci dirigemmo alla caserma dove, con sorpresa, Giovanni incontrò Laura.
Li lasciai da soli nella sala interrogatori e mi andai a prendere un caffè in attesa della confessione di
Laura.
Dopo un' ora Giovanni corse fuori dalla sala con le lacrime agli occhi; venne da me urlando che
Laura aveva ucciso Paola e le otto vittime di Halloween, e che aveva falsificato le informazioni sui
computer dell'hotel e dell'ufficio. Lo feci sedere e gli offrii un bicchiere d'acqua e un fazzoletto, poi
andai da Laura, notificandole il suo stato di fermo.
Tornai da Giovanni, lo riaccompagnai a Torino e andai nel mio ufficio, dove finalmente chiusi il
caso delle morti di Halloween.
Mariachiara, Gaia e Martina.