Neve Mi strucco con l`acqua gelata, asciugo bene, entro nel letto

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Neve Mi strucco con l`acqua gelata, asciugo bene, entro nel letto
Neve
Mi strucco con l’acqua gelata, asciugo bene, entro nel letto vestita e solo sotto le coperte mi
tolgo i pantaloni. Li faccio scivolare piano sul pavimento, con la punta delle dita, rigida, ogni
movimento mi provoca dolore. Tiro su le coperte fino al naso ma non bastano, in questa casa
non bastano mai. Fa freddo, i muri sono freddi, ho freddo in tutte le ossa, anche se ho addosso
il maglione e le calze il mio corpo magro si contorce. Comunque mi addormento. A un certo
punto della notte apro gli occhi, sono ancora sola, c’è una luce blu. Mi volto verso la finestra, è
spalancata e fuori ha iniziato a nevicare forte come fa dalle nostre parti in certi periodi
dell’anno. Guardo i fiocchi che cadono piano e rendono azzurra la notte, silenzio. Arriverà e il
suo corpo nel letto produrrà calore, mi attaccherò a lui, anche se è stanco e se ha bevuto e
fumato tanto e cade lì senza vedermi.
Striscio lì vicino come il suo gatto, che per entrare spinge con la testa la finestra della cucina e
fa corrente, che spalanca tutto. Sento già più caldo, mi riaddormento, penso alla neve che
domani avrà coperto tutte le strade e le macchine non passeranno e scenderemo a piedi per la
discesa ripida che porta al paese perché in casa non c’è niente da mangiare e noi dobbiamo
mangiare, e forse in paese è tutto chiuso ma magari un bar per un cappuccino c’è, o magari
tiriamo su le serrande del suo locale, così facciamo colazione da soli io e lui come piace a me.
Anche se mi si appiccica addosso la puzza dolciastra di fumo e alcool della sera prima, quando
alla chiusura rimangono dentro in pochi a fumare. Di sicuro adesso è ancora lì, con gli amici o
con qualche ragazza. Ma tanto torna da me, sa che lo aspetto, si mette nel letto, mi incollo al
suo corpo caldo e dormo. Al suo gatto sto simpatica, viene sempre lì e si strofina, a volte cerca
di mettersi nel letto con me. Ma a me non piacciono gli animali sotto le coperte, i peli neri che
lascia me li trovo dappertutto. Così lo mando via e lui mi guarda storto e se ne va. Dopo poco
torna, mi gira un po’ intorno e poi cerca di nuovo di mettersi nel letto. Stanotte non è venuto,
non è in casa, sono sola. Sotto la porta è aperta, ma tanto chi vuoi che entri. Non c’è niente da
rubare qui. Una casa quasi in rovina. Un’eredità di due vecchi morti da chissà quanto, davanti
un po’ di prato e un’altra casa che non ha più niente dentro, nemmeno l’intonaco sul muro,
niente, neanche i pavimenti e le finestre.
Mi ha detto: “L’ho comprata, così qui è tutto mio, e quando ho i soldi metto tutto a posto”.
Invece dove abita lui qualcosa c’è, nella camera da letto un mobile con i cassetti che si aprono
solo sforzando dove tiene i vestiti, un letto di ferro battuto color ruggine, alto come si usava
una volta, e una poltrona, sommersa di vestiti lenzuola borse e polvere.
I mobili erano di quei due vecchi, non credo li abbia puliti. Si è sistemato lì e basta, con un
sacco di coperte. In cucina un tavolo di compensato, un lavandino bianco da esterno e un gas,
il forno rotto. Quattro pentole e quattro piatti in una bacinella. C’è una stufa con un po’ di
legna accatastata vicino ma lui non l’accende, tanto quando si sveglia è già ora di andare al
locale. Io sono qui perché ci sono dei momenti in cui al bar non ci posso più stare, gli do
fastidio, i suoi amici mi guardano male. D’altronde è anche il suo lavoro.