la realizzazione concreta della carità[2]

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la realizzazione concreta della carità[2]
2014
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IL “CANTICO DELL’AMORE”: 1 Cor 13, 1-7
Cooperatori Guanelliani Nord Italia / Svizzera
LA REALIZZAZIONE CONCRETA DELLA CARITÀ [2]
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Si cominci sempre la Lectio con un’invocazione allo Spirito Santo
Si suggerisce di leggere sempre ogni “passo” della lectio divina lenta-mente,
con mente lenta, e con molti silenzi di riflessione e poi condivisione.
Sintesi della scheda 02
L’amore presenta anzitutto due caratteristiche positive: “La carità è magnanima, benevola è la carità e … non si
adira” (vv. 4 e 5). La magnanimità fa sì che uno sappia sopportare le ingiustizie senza lasciarsi prendere dall’ira e dallo
scoraggiamento; la benignità indica la bontà e la delicatezza di animo e di tratto. L’amore si distingue principalmente per il
rifiuto della violenza, anche verbale. Segue poi una lista di atteggiamenti negativi che l’amore porta spontaneamente ad
evitare. La prima che analizziamo è “non è invidiosa”.
LECTIO DIVINA
DALLA PRIMA LETTERA DI SAN PAOLO APOSTOLO AI CORINZI (13,1-4)
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Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo
che rimbomba o un cembalo che strepita.
E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la scienza, se possedessi
tanta fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla.
E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la
carità, a nulla mi servirebbe.
La carità è magnanima, benevola è la carità; NON È INVIDIOSA, non si vanta, non si
gonfia d’orgoglio...
A - LETTURA
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La parola “invidia” che è usata in questo passaggio è il verbo greco “zeloo”; il
corrispondente sostantivo è “zelos”. “Zeloo” e “zelos” sono utilizzati in un senso buono
(il desiderio delle cose spirituali: 1 Cor 14,1), ma comunemente sono usati nel senso
negativo (invidia, gelosia).
L’invidia è anticarità perché è godere del male altrui e rattristarsi del bene altrui, questo
per emergere sugli altri. L’invidia toglie la pace a chi la coltiva; e, poiché l’uomo ha
bisogno di pace, la cerca nell’abbassare gli altri, nel denigrarli, ma in tal modo la pace si
allontana ancor più da lui.
Giacomo mette in chiaro questa fonte di gelosia: “Ma se avete nel vostro cuore amara
gelosia [zelos] e spirito di contesa, non vi vantate e non mentite contro la verità. Questa non
è la saggezza che scende dall’alto; ma è terrena, naturale e diabolica. Infatti, dove c’è invidia
[zelos] e contesa, c’è disordine e ogni cattiva azione.” (Gc 3, 14-16).
Quando c’è gelosia, tu sei contento quando io soffro e soffri quando io sono felice; tutto
il contrario di quello che la Parola di Dio suggerisce: se ami, tu sei contento quando io
sono contento e soffri quando io soffro.
Basta che ci siano due persone perché sorga l’invidia come frutto naturale delle passioni
umane: noi ci facciamo guerra vicendevolmente, ed è l’invidia ad armarci gli uni contro
gli altri. L’invidia è un vizio capitale. Sant’Agostino vedeva nell’invidia “il peccato diabolico
per eccellenza” .
scheda di formazione per l’anno pastorale 2013-2014
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IL “CANTICO DELL’AMORE”: 1 Cor 13, 1-7
Cooperatori Guanelliani Nord Italia / Svizzera
B - LA MEDITAZIONE
Maite Melendo è una psicoterapeuta spagnola di lunga esperienza che si occupa di
famiglia e relative problematiche e anche di comunità religiose e connesse dinamiche. In
questo brano dà chiare indicazioni per uno stile di vita comunitario, che può essere incarnato
nella famiglia, nella comunità religiosa, nei più vari gruppi, per riconoscere l’originalità e la
diversità dell’altro, valorizzarle ed evitare così derive relazionali, tra le quali l’invidia.
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Rispetta le persone (…) senza mai cercare di manipolarle per
raggiungere dei fini né personali né istituzionali. Il rispetto sincero
e profondo nei confronti degli altri membri della comunità è
un atteggiamento fondamentale per il processo di crescita e di
maturazione di questa.
Accetta i membri della comunità così come sono, senza cercare di renderli
come vorresti che fossero. Tutti hanno lo stesso diritto che hai tu di essere se
stessi, di essere diversi l’uno dall’altro. E, d’altro canto, hanno, come le puoi
avere tu, delle tare di cui non è facile liberarsi. Non dimenticare che spesso
tendiamo a voler rendere gli amici a ‘nostra somiglianza’ o come vorrebbe il
nostro ideale di persona.
Esalta con naturalezza le qualità dei tuoi compagni di comunità e le loro scelte
giuste, sia davanti a loro che in loro assenza. Rendi oggetto di adorazione
davanti a Dio, Padre di tutti i membri del gruppo, questa esaltazione e questa
celebrazione. Questo atteggiamento positivo rende molto più coesa e forte
la comunità. Il contrario di questo atteggiamento è competere, invidiare,
dominare, farsi notare.”
Maite Melendo
C - LA PREGHIERA
Salmo 64 (63)
L’orante del salmo è da identificare con un uomo oggetto di diffamazioni, di trappole, di
ostilità verbali, di minacce, che supplica Dio di essere salvato. Noi chiediamo di non essere
del gruppo degli empi che colpiscono il fratello con la lingua velenosa e il cuore invidioso.
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Ascolta, Dio, la voce, del mio lamento,
Meditano iniquità, attuano le loro trame:
dal terrore del nemico preserva la mia vita. un baratro è l’uomo e il suo cuore un abisso.
Proteggimi dalla congiura degli empi
dal tumulto dei malvagi.
Ma Dio li colpisce con le sue frecce:
all’improvviso essi sono feriti,
Affilano la loro lingua come spada,
la loro stessa lingua li farà cadere;
scagliano come frecce parole amare
chiunque, al vederli, scuoterà il capo.
per colpire di nascosto l’innocente;
Allora tutti saranno presi da timore,
annunzieranno le opere di Dio
lo colpiscono di sorpresa
e capiranno ciò che egli ha fatto.
e non hanno timore.
Si ostinano nel fare il male,
Il giusto gioirà nel Signore
si accordano per nascondere tranelli;
e riporrà in lui la sua speranza,
dicono: «Chi li potrà vedere?».
i retti di cuore ne trarranno gloria.
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IL “CANTICO DELL’AMORE”: 1 Cor 13, 1-7
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D. LA CONTEMPLAZIONE
Don Guanella ha una pagina molto forte in cui paragona l’invidia ad “una serpe divoratrice” che,
con il suo morso, avvelena l’uomo rendendolo incapace di compiere il bene. Alla luce della Parola
offre una disamina puntuale, lucida forse anche cruda, delle conseguenze a cui va incontro l’invidioso.
Esorta quindi a fare un serio esame di coscienza e nel caso ci si scopra di essere in qualche modo
vittima di questo vizio, ad imboccare con decisione la via della conversione.
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Il divin Salvatore in un eccesso di amore si rivolse ai suoi discepoli, e per mezzo di essi a tutti noi e
disse: “Quando avete bisogno di qualche favore da Me, pregate e dite: Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il Tuo nome”, con quello che segue. Noi ne approfittiamo spesso e genuflessi dinanzi a
Lui diciamo: “Vogliamo essere tuoi, o Signore, desideriamo lavorare a gara per Te ... dacci il tuo aiuto
e da vivere ogni giorno sia per l’anima come per il corpo”. Discorso giustissimo! Ma intanto, come
spesso smentiamo con l’opera e con l’affetto quello che diciamo con le parole! Perché se un fratello fa fortuna più
di noi per il corpo, subito ce ne doliamo. Se un fratello ha intelligenza di mente e forza di volontà più di noi, subito
ce ne rattristiamo. Sono dunque così infermi gli uomini? Sì, lo sono. Già ai suoi tempi, il divin Salvatore diceva che
il regno dei cieli è simile ad uomo che esce di buon mattino, poi all’ora terza, alla sesta ed alla nona. Infine, esce
anche all’undecima ora e tutti gli operai che trova li manda a lavorare nella sua vigna e calata la sera dona a tutti
la mercede che ebbe pattuita con i primi. Questi se dispiacciono. Ma Gesù: “A voi -- disse -- non diedi ciò che fu
l’accordo? Dunque, io non sono padrone di dare ad altri quello che mi aggrada?”. Pazza invidia, che ancora non
sei morta dopo che il Salvatore ti ha condannata da oltre mille anni!
Osservateli gli invidiosi. Camminano con un atteggiamento simile a quello dei cani che non abbaiano perché sono
rabbiosi e aspettano di mordere senza che l’uomo se ne accorga. I fratelli di Giuseppe come con rabbia invidiavano
quel loro fratello! Ma dissimulavano finché, venuta l’occasione, lo gettarono in una cisterna e poi per pietà di
Ruben, lo vendettero ai mercanti d’Egitto.
Oppure gli invidiosi si mostrano come quei cenciosi bugiardi che si coprono con il manto dell’ indigenza e della
bontà, per ricavare un’elemosina pingue per sé. Quando Gesù era nella casa del fariseo, la Maddalena implorava
il perdono delle proprie colpe e gli versava sui piedi un unguento assai prezioso. Giuda che era presente, si sentiva
spezzare il cuore. Dopo un momento, rompe il silenzio ed esce a dire: “Pazzia, pazzia! Un unguento così prezioso!
Si poteva vendere e ricavarne trecento denari per dare ai poverelli”. Pietosissimo Giuda! Per trenta denari all’
indomani vendette il suo divin Salvatore e in questo momento si mostra premuroso per gli indigenti meschini.
Voleva, l’ingordo, tutto quel valore per sé. Così gli invidiosi sanno fingere con lodare qualcuno con un discorso al
fine di denigrarlo molto di più con altri. Così si sa che fece quel lupaccio, che si finse amorevole con la pecorina,
ma per ingoiarsela in due bocconi.
Esaminiamo il nostro cuore, o fratelli, e se troviamo che dentro vi si annidi il capo di una serpe strappiamola con
violenza per non morire. Tristissima invidia, che mentre oscura l’intelletto indurisce il cuore e lo rende atto ad
ogni opera cattiva. La più triste invidia che si manifestò nel mondo fu quella di Satana. Lucifero nello scorgere
che Adamo ed Eva erano destinati a prendere in cielo il suo posto, si rodeva di rabbia e si adoperò tanto finché
trascinò i nostri primogenitori nel peccato. Per l’ invidia di vedere un fratello migliore di sé, Caino uccide il fratello
innocente.
Se durante un crudo inverno voi trovate una serpe, intirizzita dal freddo e per compassione la riscaldate nel vostro
seno, essa vi morde e vi fa morire. Se noi scorgiamo di avere nelle viscere questo veleno, scacciamolo. E’ difficile
curare questa malattia, ma è ancora possibile con l’aiuto di un medico valido e con l’essere disposti a molti
sacrifici. I mezzi sono molteplici. Anzitutto giova considerare l’orrore del male. Poi curiamola con il raccomandarci
a Dio e con usare le altre cure che meglio si addicono: pensare bene e di cuore delle persone verso le quali ci
sentiamo tentati di invidia; parlarne in bene ogni volta che si presenta l’occasione; infine mostrare loro tutti quei
buoni tratti di affetto e di buon servizio. Facciamo tesoro di questo che abbiamo ascoltato e avremo reso a noi
l’importante cura d’aver liberato il cuore da una serpe ingegnosissima nel dare la morte a noi, sottilissima nel
causarla a molti altri.
(L. Guanella, Il pane dell’anima, Secondo Corso (1884), Opera Omnia Vol. I; Centro Studi Guanelliani, Nuove Frontiere Editrice, Roma 1992; pp. 452-456)
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E. L’AZIONE
La gelosia porta ad uccidere. L’invidia porta ad uccidere. E’ stata
proprio questa porta, la porta dell’invidia, per la quale il diavolo è
entrato nel mondo. La gelosia e l’invidia aprono le porte a tutte le cose
cattive e divide una comunità. E’ un veleno forte.
La persona invidiosa, la persona gelosa è una persona amara: non
sa cantare, non sa lodare, non sa cosa sia la gioia, sempre guarda ‘che cosa
ha quello ed io non ho’. E questo lo porta all’amarezza, un’amarezza che si
diffonde su tutta la comunità.
E poi ci sono le chiacchiere. Cerca sempre e vedrai che dietro una chiacchiera
c’è la gelosia e c’è l’invidia. E le chiacchiere dividono la comunità, distruggono
la comunità. Sono le armi del diavolo”.
(Papa Francesco, 23 gennaio 2014)
Impegno
Eviterò chiacchiere di gelosia e di invidia,
esprimerò invece parole di apprezzamento.
S
ignore, aiutaci a
lavorare svolgendo
ciascuno il proprio
compito in armonia con carità,
prudenza e vigilanza.
Nel medesimo tempo fa’
che, liberi da ogni gelosia
o vanagloria, siamo tutti
cointeressati per il buon
andamento disciplinare e
morale dell’intera comunità e
della missione a noi affidata
dalla tua Provvidenza.
BIBLIOGRAFIA PER APPROFONDIMENTI
Tutto per la Tua gloria, o
Signore, per la salvezza
delle anime e per la nostra
santificazione. Amen!
Preghiera ispirata a un testo trovato tra gli oggetti
di don Ugo e risalente agli anni 1960/1970
quando era a Riva S. Vitale, Svizzera
MAITE MELENDO
LA COMUNICAZIONE
MAITE MELENDO, La comunicazione, base di relazioni comunitarie profonde, Edizioni Dehoniane, 2006, pagg. 112
Se nelle comunità viene meno la comunicazione, queste non saranno altro che gruppi di uomini o donne
residenti sotto lo stesso tetto e che forse condividono il lavoro e le spese, mentre la loro prospettiva deve
essere quella di divenire un’unità fisica, spirituale e psicologica, con specifiche caratteristiche di fratellanza,
amicizia e accoglienza, acquisite attraverso la continua cura della comunicazione tra i propri membri. Al
fine di tradurre in esperienza il percorso proposto dal volume, ogni capitolo è corredato di un’esercitazione,
da svolgere dapprima individualmente e poi in gruppo.
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Infondi in noi il coraggio di
sostenerci fraternamente e
vicendevolmente, come se la
buona riuscita della nostra
opera, dipendesse unicamente
dal lavoro assiduo, sagace e
prudente di ciascuno.
base di relazioni
comunitarie profonde
Editore: EDB, 2006
ISBN: 8810551036
ISBN-13: 9788810551035
Pagine: 112
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