Approfondimento Regione Liguria: i tirocini, una guida per l`uso
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Approfondimento Regione Liguria: i tirocini, una guida per l`uso
copForum_109_V8 2 10/03/14 17:03 Pagina 1 Pubblicazione bimestrale a cura dell’Agenzia Liguria Lavoro Ente Strumentale della Regione Liguria Editoriale Le novità dalla Regione Liguria Notizie Nel terzo trimestre 2013, in Liguria l’occupazione diminuisce del 3%, Direzione, Redazione, Amministrazione via Fieschi, 11 G – 16121 Genova tel. 00 39 010 2537 1 fax 00 39 010 2537 230 [email protected] bimestrale della regione liguria per il lavoro, l’orientamento e il sistema educativo la disoccupazione cresce dell’11,5% Direttore responsabile Stefania Spallanzani A cura di U.O. Osservatorio del mercato del lavoro – Agenzia Liguria Lavoro 109 Garanzia Giovani in chiave italiana è al vaglio di Bruxelles La A cura di Paola Castellazzo Redazione Laura Barbasio Paola Castellazzo Silvia Dorigati Federica Gallamini Paola Mainini Stefania Spallanzani Dall’intervista ad Anna Grimaldi uno scenario finalmente positivo A cura di Paola Castellazzo scuola lavoro, esperienze positive, ma più raccordo con le aziende Alternanza A cura di Federica Gallamini il progetto ‘1.000 tirocini’ della Regione Liguria Parte A cura della Redazione d’impresa e start up innovative, le esperienze sul territorio Incubatori A cura di Silvia Dorigati e Paola Mainini – Agenzia Liguria Lavoro nuove tecnologie, porta di accesso al mondo del lavoro per i giovani Le A cura di Silvia Dorigati e Paola Mainini – Agenzia Liguria Lavoro è davvero l’anno di inizio della riduzione del cuneo fiscale? 2014 A cura di Centro Studi – Sezione lavoro In Libreria L’Associazione Grafologica Italiana presenta professione, metodologia e ambiti di lavoro Provincia di Genova Istruzione e formazione Alternanza scuola lavoro, esperienze positive da una ricerca nazionale Approfondimento Regione Liguria: i tirocini, una guida per l’uso A cura di Maria Teresa Morasso, Carolina Mantegazza, Antonietta Selis Venturino, consulenti grafologhe A.G.I. Liguria ed eterogenea nelle realtà liguri A cura di Laura Barbasio riflessione sul senso del lavoro, ne parlano Chiesa, imprese e sindacati Una A cura di Fabio Tringali cooperazione sociale tiene, nonostante la crisi La A cura di Federica Gallamini Liceo statale della Danza è dal 2010 a Genova IlA cura di Milena Romagnoli therapy: una pratica di supporto e di inserimento sociale Pet A cura di Laura Barbasio e di Silvia Dorigati – Agenzia Liguria Lavoro – FORUM CINE A cura di Mariangela Grilli – giornalista, esperta di cinematografia Una giovane ricercatrice racconta la passione A cura di Paola Castellazzo che non tiene lAlavoro cura di Giacomo D’Alessandro Dalle contravvenzioni ai contrabbassi, la seconda vita professionale di un agente di polizia A cura di Fabio Canessa dei ragazzi”, uno spettacolo racconta il dramma dei giovani rifugiati “Odissea A cura di Paola Castellazzo Approfondimento: Regione Liguria: i tirocini, una guida per l’uso Provincia di Savona Provincia di Imperia Provincia di La Spezia studio grafico di Andrea Musso testimonianza sul senso dell’orientamento Una A cura di Barbara Grillo, responsabile dello Sportello Orientamento Cisl di Genova Poste Italiane S.p.a. – Spedizione in abbonamento postale – 70% AUT: 032/CBPA-SUD/CZ Centri Territoriali Permanenti: utenza sempre più ampia e l’impegno nella divulgazione scientifica Può essere riprodotto su supporto cartaceo previa autorizzazione, citazione della fonte e delle clausole d’uso. Non può in alcun modo essere utilizzato per scopi di lucro, pubblicato su riviste commerciali o inserito in CD-Rom senza la previa autorizzazione dell’Agenzia Liguria Lavoro. Ogni violazione è perseguibile a termini di legge. L’intervista Anna Grimaldi: ”Uno scenario finalmente positivo per l’Orientamento” lavoro F O R U M Lavoro, in Liguria i giovani sanno sognare. coi piedi ben piantati per terra Ma A cura di Federica Gallamini E inoltre Equipe di lavoro della guida tirocini U.O. Osservatorio del Mercato del Lavoro – Agenzia Liguria Lavoro Centro Studi – Sezione lavoro – Ordine Consulenti del lavoro Genova e provincia ‘Io Lavoro Forum’ non costituisce fonte ufficiale. Pertanto eventuali errori materiali non possono essere addotti in cause di giudizio o di rivalsa nei confronti dell’Agenzia Liguria Lavoro. Clausole d’uso: il testo di ‘Io Lavoro Forum’, anche quello su supporto magnetico, è di proprietà esclusiva dell’Agenzia Liguria Lavoro, Ente Strumentale della Regione Liguria. Programma europeo La Garanzia Giovani in chiave italiana è al vaglio di Bruxelles gennaio | febbraio 2014 per l’Orientamento Hanno collaborato Laura Barbasio Fabio Canessa Paola Castellazzo Giacomo D’Alessandro Silvia Dorigati Federica Gallamini Mariangela Grilli Barbara Grillo Paola Mainini Carolina Mantegazza Maria Teresa Morasso Milena Romagnoli Antonietta Selis Venturino Fabio Tringali Un ringraziamento particolare a Anna Grimaldi Alessandra Marini Claudia Nosenghi Maria Grazia Scala Piombo Ilaria Zanardi lavoro FORUM SOMMARIO Unione Europea Fondo sociale europeo Regione Liguria Fondo Sociale Europeo 109 gennaio febbraio 2014 Anno XIII 109 Numero gennaio febbraio 2014 Anno XIII Editoriale Le novità dalla Regione Liguria Notizie Nel terzo trimestre 2013, in Liguria l’occupazione diminuisce del 3%, la disoccupazione cresce dell’11,5% 2 3 6 9 A cura di U.O. Osservatorio del mercato del lavoro – Agenzia Liguria Lavoro La Garanzia Giovani in chiave italiana è al vaglio di Bruxelles 13 A cura di Paola Castellazzo Dall’intervista ad Anna Grimaldi uno scenario finalmente positivo per l’Orientamento 17 A cura di Paola Castellazzo Alternanza scuola lavoro, esperienze positive, ma più raccordo con le aziende 20 A cura di Federica Gallamini Parte il progetto ‘1.000 tirocini’ della Regione Liguria 25 A cura della Redazione Incubatori d’impresa e start up innovative, le esperienze sul territorio 26 A cura di Silvia Dorigati e Paola Mainini – Agenzia Liguria Lavoro Lavoro, in Liguria i giovani sanno sognare. Ma coi piedi ben piantati per terra 29 A cura di Federica Gallamini Le nuove tecnologie, porta di accesso al mondo del lavoro per i giovani 32 A cura di Silvia Dorigati e Paola Mainini – Agenzia Liguria Lavoro Agenzia Liguria Lavoro via Fieschi, 11 G – 16121 Genova La rivista è disponibile su Internet all’indirizzo www.iolavoroliguria.it Redazione dott.sse Paola Mainini, tel. 010 2537 213 Silvia Dorigati, tel. 010 2537 236 fax 010 2537 230 [email protected] [email protected] Autorizzazione del Tribunale di Genova: n. 17/2002 2014 è davvero l’anno di inizio della riduzione del cuneo fiscale? In Libreria L’Associazione Grafologica Italiana presenta professione, metodologia e ambiti di lavoro Videoimpaginazione Daria Pasolini All’interno fotografie di AGI, Paolo De Ferrari, Milena Romagnoli, Fondazione Ansaldo, Redazione Orientamenti News 38 41 A cura di Maria Teresa Morasso, Carolina Mantegazza, Antonietta Selis Venturino, consulenti grafologhe A.G.I. Liguria Centri Territoriali Permanenti: utenza sempre più ampia ed eterogenea nelle realtà liguri 47 A cura di Laura Barbasio Una riflessione sul senso del lavoro, ne parlano Chiesa, imprese e sindacati 51 A cura di Fabio Tringali La cooperazione sociale tiene, nonostante la crisi 54 A cura di Federica Gallamini Il Liceo statale della Danza è dal 2010 a Genova Progetto grafico e illustrazioni studio grafico di Andrea Musso 36 A cura del Centro Studi – Sezione lavoro - Ordine Consulenti Lavoro Genova e provincia 57 A cura di Milena Romagnoli Pet therapy: una pratica di supporto e di inserimento sociale 61 A cura di Laura Barbasio e di Silvia Dorigati – Agenzia Liguria Lavoro CINE – FORUM 64 A cura di Mariangela Grilli – giornalista, esperta di cinematografia Una giovane ricercatrice racconta la passione e l’impegno nella divulgazione scientifica 66 A cura di Paola Castellazzo Una testimonianza sul senso dell’orientamento 69 A cura di Barbara Grillo, responsabile dello Sportello Orientamento Cisl di Genova l lavoro che non tiene In copertina fotografia di Redazione Orientamenti News A cura di Giacomo D’Alessandro Stampa e distribuzione Rubbettino print “Odissea dei ragazzi”, uno spettacolo racconta il dramma dei giovani rifugiati La rivista è stata chiusa in redazione il 15 febbraio 2014 APPROFONDIMENTO: Regione Liguria: i tirocini, una guida per l’uso Dalle contravvenzioni ai contrabbassi, la seconda vita professionale di un agente di polizia 71 73 A cura di Fabio Canessa 76 A cura di Paola Castellazzo 79 EDITORIALE Cari Lettori, dal prossimo numero ‘Forum’ sarà esclusivamente on line, scaricabile dal sito www.iolavoroliguria.it. Pur essendo convinti che il supporto cartaceo rappresenti uno strumento di fruibilità immediata e di potenziamento della modalità digitale, tuttavia, siamo consapevoli della necessità di ridurre i costi della stampa e della distribuzione. Questo per dare un contributo al contenimento della spesa pubblica, in linea con quanto ha stabilito l’Amministrazione regionale. Siamo certi che anche voi lettori comprenderete questa scelta. Quello che invece non cambierà sarà il nostro impegno nel fornire un prodotto utile e affidabile che ha per obiettivo la qualità, per continuare a dare evidenza alle iniziative della Regione Liguria sui nostri 2 temi. Ritieniamo che Forum sia uno strumento vivo e dinamico, che ha svolto e possa svolgere, anche in futuro, un ruolo di diffusione di progetti e di attività del territorio. Per offrire un servizio ulteriore, la Redazione avrà cura di inviare la rivista via posta elettronica a chi ne fa richiesta comunicando la propria mail e la struttura/servizio/associazione/ente di riferimento a [email protected]. Ci auguriamo che i nostri lettori continuino a inviarci i loro contributi, suggerimenti, proposte, per proseguire nel dialogo con la rete, il vero valore aggiunto a cui abbiamo sempre teso. Il Direttore Generale di Agenzia Liguria Lavoro Massimo Giacomo Terrile Operativo dal 1 febbraio il Registro delle aziende responsabili È operativo dal 1 febbraio il registro regionale delle aziende socialmente responsabili. Lo ha deciso la Giunta regionale su proposta dell’assessore al lavoro Enrico Vesco con l’obiettivo di diffondere il più possibile la cultura della sicurezza, migliorare le condizioni di lavoro e favorire il rispetto ambientale per una crescita sostenibile del sistema economico regionale. L’iniziativa è stata portata avanti dalla Regione Liguria, in collaborazione con l’Agenzia Liguria lavoro e con il coinvolgimento diretto di rappresentanti delle pubbliche amministrazioni, delle parti datoriali e delle organizzazioni sindacali. Dopo la conclusione della fase sperimentale adesso le aziende liguri potranno decidere di iscriversi usufruendo di una serie di benefici e premialità, anche per la partecipazione ai bandi pubblici. Saranno cinque le aree di valutazione per le imprese private che vorranno aderire: governo dell’organizzazione, ambiente di lavoro, mercato, ambiente e comunità locale. Per quanto riguarda le pubbliche amministrazioni la valutazione verrà effettuata su: rendicontazione e trasparenza, valorizzazione del capitale umano, tutela ambientale e gestione sostenibile, relazione con i fornitori. Il Registro dei datori di lavoro responsabili, una novità a livello italiano, è previsto dalla legge regionale 30 del 2007 sulla sicurezza e la qualità del lavoro per portare alla luce e premiare i comportamenti socialmente responsabili dei datori di lavoro privati e pubblici. Attraverso il sito www.responsabilitasocialeinliguria.it, R U B R I C A LE NOVITÀ DALLA REGIONE LIGURIA si potrà accedere ad un software gratuito per effettuare la propria candidatura e iscrizione al registro, inserire tutti i documenti che provano le azioni di responsabilità sociale effettuate, trovare informazioni e finanziamenti sui bandi e scambiarsi buone pratiche. Una volta conclusa la compilazione della scheda di posizionamento, se il richiedente sarà in possesso dei requisiti minimi richiesti, sarà iscritto. Le aziende che hanno già aderito, in via sperimentale al registro, potranno confermare la loro iscrizione senza ulteriori adempimenti. Al via, dal prossimo anno scolastico, quattro licei sportivi E’ stato approvato, in Consiglio, il piano di dimensionamento scolastico che presuppone il miglioramento dell’offerta formativa per i ragazzi e le famiglie, in un’ottica non di concorrenza, ma di differenziazione. Soddisfazione è stata espressa dall’assessore regionale Pippo Rossetti. Il Piano prevede, tra l’altro, l’attivazione, dal prossimo anno scolastico, di quattro licei sportivi, in Liguria, che avranno sede nel Liceo scientifico King di Genova, nel Liceo Pacinotti della Spezia, nel Liceo Bruno di Albenga e al Colombo di Arma di Taggia. Dall’anno scolastico 2014-2015 è prevista una prima classe per ogni liceo sportivo, che non deve essere considerato solamente l’Istituto per chi svolge attività sportiva, ma il liceo che forma i ragazzi che vorranno operare nel mondo dello sport. Nel nuovo piano di dimensionamento è prevista inoltre l’attivazione, presso il Liceo scientifico 3 Lanfranconi di Genova-Voltri, dell’indirizzo delle Scienze Umane, al Vittorio Emanuele II - Ruffini dell’indirizzo tecnico-tecnologico e al Marconi di Imperia di quello di meccanica, meccatronica ed energia. Al Vittorio Emanuele si completerà l’indirizzo di studio nelle relazioni internazionali di marketing. Approvato il calendario scolastico 2014-2015 Calendario scolastico senza particolari sorprese quello che è stato approvato dalla Giunta regionale. Le lezioni ricominceranno lunedì 15 settembre 2014 e termineranno mercoledì 10 giugno 2015, in tutte le scuole di ogni ordine e grado della Liguria. Le scuole dell’infanzia, invece, chiuderanno martedì 30 giugno 2015. Complessivamente, sono previsti 209 giorni di lezione. I giorni di vacanza dalle attività didattiche e educative, oltre a quelli stabiliti a livello nazionale, saranno: il 23, 24, 27, 29, 30 e 31 dicembre 2014, il 2, 3 ,5 gennaio 2015, il 2 ,3 ,4 aprile 2015. Concluso il progetto pilota, in Italia, di servizio civile regionale Mario ha 22 anni e per 6 mesi ha prestato servizio civile in esecuzione penale esterna alla Caritas Diocesana di Genova, Giovanni ne ha 25 e negli ultimi sei mesi ha lavorato al Consorzio sociale Agorà. Entrambi, di loro stessi dicono: “Non avremmo mai pensato di portare a termine una cosa; in genere tendiamo a mollare; da una cosa brutta ne nasce sempre una bella, non vogliamo più tornare a fare le cose che facevamo prima”. Sono due delle testimonianze raccolte da Daniele Lago, curatore della ricerca, nell’ambito di “Inclusitu”, sul progetto di servizio civile regionale nell’area penale, unico in Italia, che l’assessorato al welfare della Regione Liguria ha messo a punto, e portato avanti, per alcuni giovani seguiti dal Ministero della Giustizia. Ragazzi e ragazze che hanno conosciuto l’esperienza del carcere, ma anche quella di una 4 possibilità di riabilitazione, attraverso un percorso di riscatto. Un progetto, partito nel 2010, che ha permesso a 44 ragazzi, dai 18 ai 28 anni, di svolgere molteplici esperienze, della durata di sei mesi, in altrettante associazioni, cooperative del terzo settore e pubbliche assistenze, distribuiti su tutto il territorio ligure. Un’iniziativa che ha alternato interventi di formazione sulle attività da compiere e sui temi inerenti il servizio civile, con una particolare attenzione alla gestione del conflitto e della non violenza. L’assessore al welfare, Lorena Rambaudi spiega che operare in questa tipologia di strutture introduce elementi nuovi per la persona, in grado di innescare la trasformazione del proprio modo di percepirsi e percepire le proprie capacità, aumentando di conseguenza le possibilità di cambiamento. Non ci sono dati, al momento, sui risultati circa eventuali recidive dei giovani coinvolti nel progetto, ma i volontari che li hanno affiancati hanno posto l’accento sulla loro voglia di riscatto e di ritorno alla normalità. Istituito nel 2006, il servizio civile regionale si rivolge a giovani da 16 a 29 anni, anche soggetti a restrizione della libertà personale e sottoposti a misure alternative e ad interventi socio-educativi di messa alla prova. La ricerca è stata realizzata nel 2013, all’interno del progetto regionale “Inclusi-tu” che si è concluso a fine 2012. L’obiettivo del progetto era quello di realizzare percorsi strutturati, per permettere ai giovani di sperimentare l’assunzione di responsabilità, mettendo le proprie capacità al servizio degli altri. Perfezionata l’intesa per polo universitario marittimo della Spezia La Giunta ha confermato, su proposta degli assessori al bilancio e formazione, Pippo Rossetti e allo sviluppo economico, Renzo Guccinelli, l’intesa tra Ministero della Difesa, Ministero dell’Istruzione e della Ricerca, Regione Liguria, Comune della Spezia, Università degli studi di Genova, Distretto ligure delle tecnologie marine e fondazione Promostudi La Spezia, per la costituzione del polo universitario marittimo della Spezia. Alla base dell’accordo, il finanziamento, attraverso fondi FSC di sviluppo e coesione (ex FAS) di 9,5 milioni di euro della programmazione 2007-2013. Di questi, 4,5 sono destinati alla realizzazione del polo universitario decentrato nell’ex ospedale militare marittimo Bruno Falcomatà e gli altri 5 milioni per la realizzazione della sede dei laboratori e della foresteria del distretto delle tecnologie marine, sempre nell’ex ospedale militare. I corsi previsti del polo universitario e marittimo saranno: design navale e nautico e ingegneria nautica e meccanica. Un patto per il welfare sostenuto da nuove risorse Un patto per il welfare che gli assessori regionali alle politiche sociali presenteranno al Governo in sede di Conferenza Stato Regioni, condiviso anche con ANCI, organizzazioni sindacali e terzo settore, per dare vita ad una riforma del settore e individuare le risorse per la non autosufficienza e il contrasto alla povertà. “Servono – ha detto Rambaudi – 7,5 miliardi per le politiche sociali e, soprattutto, una riforma del welfare da parte del Governo che ponga al centro la non autosufficienza e il contrasto alla povertà come macrobiettivi, per delineare i livelli essenziali minimi di assistenza, integrando risorse nazionali e europee, per coadiuvare gli sforzi che si fanno sui territori”. L’assessore ligure ha proposto di “riconvertire le risorse e renderle appropriate, non in una logica di contrapposizione, tra povertà e lavoro o sociale e sanitario, ma di integrazione”. Rambaudi ha inoltre posto l’accento sul momento difficile che stanno vivendo le famiglie liguri e ha sottolineato, tra i dati presentati, quello relativo al 45% di nuclei formati da un unico componente che associa alla difficoltà economica la mancanza di una rete familiare. La Liguria Regione virtuosa per utilizzo fondi PorFesr La nostra Regione si conferma tra quelle virtuose in quanto a utilizzo dei fondi del programma operativo FESR 2007-2013, oltrepassando il target di spesa previsto dal Ministero dello sviluppo economico per fine dicembre 2013. Lo ha reso noto l’assessore regionale allo sviluppo economico, Renzo Guccinelli. Al 20 dicembre di quest’anno, la Liguria ha infatti utilizzato 318.474.965 euro del programma operativo regionale, superando, di quasi 5 milioni, il target di spesa, previsto per fine anno dal Ministero dello sviluppo economico e pari a 313.590.899. “La Liguria – spiega Guccinelli – continua ad attenersi ai tempi e agli obiettivi di spesa fissati dal Ministero e dall’Unione Europea, rispettando le scadenze, sia a livello comunitario che nazionale”. Un risultato, secondo Guccinelli, non scontato “in quanto altre regioni non sempre hanno raggiunto gli obiettivi di spesa, tenendo conto anche del breve tempo intercorso dall’ultima verifica di ottobre che ha fatto registrare un risultato positivo e un avanzamento complessivo della spesa di 22,7 milioni di euro. 5 R U B R I C A NOTIZIE Provincia di Genova: report sul mercato del lavoro e sugli iscritti ai Centri per l’Impiego 20.000 voucher a più di 8.000 persone per un valore complessivo di oltre 7 milioni di euro. NewsletterA Lavoro&Aziende n. 77 È stato pubblicato sul sito della Provincia il report statistico OML 2012 con alcuni dati 2013 sul mercato del lavoro dipendente e gli iscritti ai CPI. Rispetto al 2011, calano forze di lavoro e occupati mentre aumentano i disoccupati. La maggior parte dei posti di lavoro persi sono prevalentemente lavori autonomi e concentrati nel settore delle costruzioni. Il tasso di disoccupazione convenzionale (15-64 anni) sale al 7,78%, mentre quello giovanile (under 25) si attesta sotto il 30% e sotto la media nazionale del 35,26%. Continua a calare il tasso di occupazione femminile (–1,99 tra 2012 e 2011). Riguardo alle Comunicazioni obbligatorie, il maggior numero di assunzioni si registra nel settore Alloggio e Ristorazione (22% di tutte le assunzioni), segue il settore Trasporti e Comunicazioni (14%). Aumentano il proprio peso i contratti a tempo determinato a scapito del lavoro a progetto. Aumentano lievemente anche le assunzioni a tempo indeterminato, la maggior parte delle quali si concentra nei Servizi alle famiglie. Continuano a crescere gli stranieri iscritti ai Centri per l’Impiego. Il primato va alla comunità ecuadoriana, a cui seguono Romeni, Albanesi e Marocchini. Riguardo ai servizi offerti dai CPI, nel 2012 si è raggiunto il massimo dell’utilizzo della formazione individualizzata, in coincidenza col massimo impatto dei percettori di ammortizzatori in deroga sul sistema. Sono stati infatti erogati poco meno di 6 Al via Erasmus+ con 15 giornate informative sul territorio nazionale Dal primo gennaio 2014 è ufficialmente partito il programma Erasmus+ della Commissione europea per l’istruzione, la formazione, i giovani e lo sport. Il supporto tecnico per la diffusione dell’informazione sul programma e la gestione delle azioni centralizzate è affidato all’EACEA, l’Agenzia esecutiva per l’istruzione, gli audiovisivi e la cultura, con sede a Bruxelles. In Italia, il coordinamento è affidato al Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca - DG Affari internazionali e DG per l’Università; Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali - DG per le Politiche attive e passive del lavoro; Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale. L’implementazione operativa è assicurata dalle tre Agenzie nazionali, che continueranno ad occuparsi dei settori di pertinenza curati nel passato: > INDIRE per i settori scuola, istruzione superiore ed educazione degli adulti > ISFOL, per l’istruzione e la formazione professionale > Agenzia nazionale per i Giovani, per il capitolo Youth Le Agenzie nazionali sono incaricate, come nel passato, della gestione coordinata del programma a li- vello nazionale e forniscono, tra l’altro: informazione, consulenza, orientamento nella ricerca di partner, assistenza, monitoraggio e controllo. Inoltre, sono stati programmati 15 infoday, da realizzarsi entro il primo quadrimestre 2014, sul nuovo programma dalla Rete Nazionale Italiana Eurodesk (Rete di informazione del programma Erasmus+) e dall’Agenzia Nazionale per i Giovani (Agenzia responsabile dell’asse Gioventù del programma Erasmus+) Le città coinvolte sono al momento: Ancona, Cagliari, Campobasso, Capo d’Orlando, Cosenza, Cuneo, Faenza, Milano, Padova, Parma, Reggio Calabria, Arezzo, Sassari, Verbania. Gli infoday sono rivolti ai potenziali beneficiari del programma e saranno trattati, in via prioritaria, gli ambiti relativi ai progetti di mobilità giovanile transnazionale (Servizio Volontario Europeo, Scambi Giovanili, iniziative di supporto ecc.). Gli infoday riserveranno la parte pomeridiana dei lavori ad un workshop sull’orientamento alla progettazione. Portale italiano dei giovani È in linea il portale italiano dei giovani: www.portaledeigiovani.it , con una nuova veste grafica e un panorama di notizie e opportunità rivolte soprattutto all’ambito della mobilità giovanile per l’apprendimento. Le organizzazioni che promuovono progetti e iniziative a carattere transnazionale possono registrarsi gratuitamente ed inviare le proprie segnalazioni/eventi e progetti. Così anche le strutture locali per l’informazione e l’orientamento giovanile possono segnalare il proprio servizio e renderlo visibile ai propri potenziali utenti. Eurodesk Newsletter - Febbraio 2014 2014 anno europeo della conciliazione tra vita lavorativa e familiare Pubblicato dalla Rete Eurydice, il rapporto presenta un’analisi comparativa delle risposte nazionali alle priorità dell’Europa 2020 nel settore dell’istruzione e della formazione. Si concentra in particolare sulle recenti riforme nazionali e quelle future, in diverse aree tematiche di interesse diretto con la strategia Europa 2020: abbandono scolastico, istruzione superiore, occupazione giovanile e formazione professionale, apprendimento permanente. Il rapporto copre tutti e 28 gli Stati membri. Su proposta del Parlamento europeo e in concomitanza con il 20° anniversario dell’anno della famiglia dichiarato dalle Nazioni unite, il 2014 è dedicato alla conciliazione tra vita lavorativa e familiare, con l’obiettivo di: aumentare la consapevolezza negli Stati membri dell’UE sulle politiche di conciliazione; impegnare i decisori sulle politiche della famiglia; promuovere buone pratiche di riconciliazione lavoro/famiglia; favorire le pari opportunità e l’accesso delle donne al mercato del lavoro. Sfide europee, che potranno essere vinte con il contributo delle famiglie, sono: l’alto tasso di disoccupazione (in particolare, giovanile), la decrescita (asimmetrica) delle economie nell’Unione e la diminuzione della natalità. Un’adeguata combinazione di Politiche familiari, sociali, economiche, d’innovazione e per le pari opportunità sono essenziali per affrontare tali sfide e per trovare soluzioni valide e sostenibili, sia a livello dell’UE sia degli Stati Membri. Eurodesk Newsletter - Febbraio 2014 La newsletter dell’Agenzia Nazionale Erasmus+ Indire La newsletter dell’Agenzia Nazionale Erasmus+ Indire http://www.eurodesk.it/infoday Rapporto Istruzione e Formazione nell’Europa 2020 7 Uno sportello di Legacoop e Università alla Scuola di Scienze Decolla lo Sportello UNIdea di Scouting & Cooperazione presso la Scuola di Scienze, Matematiche, Fisiche e Naturali. Grazie alla collaborazione tra Legacoop Liguria e Università di Genova, gli studenti avranno un riferimento costante per trasformare le loro idee in impresa. 8 Scrivendo a [email protected] chi ha un’idea si può fare avanti. Da quel momento Scienza e Impresa potranno cominciare un percorso comune. Questo Sportello è l’ultima tappa di un percorso che Legacoop Liguria e Università di Genova hanno realizzato con uno specifico protocollo d’intesa. http://www.legaliguria.coop R U B R I C A OSSERVATORIO MERCATO DEL LAVORO A cura di U.O. Osservatorio mercato del lavoro – Agenzia Liguria Lavoro Nel terzo trimestre 2013, in Liguria l’occupazione diminuisce del 3%, la disoccupazione cresce dell’11,5% Spicca la performance negativa della Liguria, dove gli occupati diminuiscono di 20mila unità (–3,1%), passando dai 639mila del III trimestre 2012 ai 619mila del III trimestre 2013, con la contrazione più forte che riguarda l’occupazione maschile in caduta di circa 24mila unità (–6,6%). Quella femminile, invece, cresce di circa 3mila unità (+1,1%). Interessante, inoltre, sottolineare come, tra il III trimestre 2013 e il corrispondente trimestre 2012, ad un aumento del peso dell’occupazione femminile di 1,9 punti percentuali, corrisponda un’analoga diminuzione dell’incidenza di quella maschile. Andamento dell’occupazione. confronto ripartizionale 3° trimestre 2012 - 3° trimestre 2013 (valori assoluti in migliaia - variazioni percentuali) 3° trimestre 3° trimestre Variazioni 2012 2013 3°trim-12/3°trim-13 v.a. v.% Liguria 639 619 –20 –3,1% Nord Ovest .810 6.805 –5 –0,1% Nord Est 5.115 5.021 –94 –1,8% Italia 22.951 22.430 –522 –2,3% Fonte: Agenzia Liguria Lavoro - O.M.L. Elaborazioni su dati ISTAT Rilevazione sulle Forze di Lavoro (3° Trimestre 2012/3° Trimestre 2013) *Per effetto degli arrotondamenti sulle migliaia i totali possono risultare discordanti di un range di 1/3 punti Andamento dell’occupazione per genere in Liguria 3° trimestre 2012 - 3° trimestre 2013 (valori assoluti in migliaia - valori percentuali) 3° trimestre 2012 3° trimestre 2013 Variazioni 3°trim-12/3°trim-13 v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.% Maschi 363 56,8% 339 54,9% –24 –6,6% Femmine 276 43,2% 279 45,1% 3 1,1% Totale 639 100% 619 100% –20 –3,1% Italia 22.951 22.430 –522 –2,3% Fonte: Agenzia Liguria Lavoro - O.M.L. Elaborazioni su dati ISTAT Rilevazione sulle Forze di Lavoro (3° Trimestre 2012/3° Trimestre 2013) *Per effetto degli arrotondamenti sulle migliaia i totali possono risultare discordanti di un range di 1/3 punti A soffrire è il tasso di occupazione maschile La Liguria mostra la situazione più critica, con il tasso di occupazione complessivo che dal 62,5% del III trimestre 2012 passa al 61,4% del III trimestre 2013 (–1,4 punti percentuali), dovuto ad un crollo del tasso maschile che dal 71,4% scende al 68%, mentre l’indicatore femminile cresce di 1,2 punti percentuali, portandosi al 54,9% rispetto al 53,7% del III trimestre 2012. L’occupazione per settori si differenzia rispetto al dato nazionale La Liguria si differenzia rispetto a quanto avviene a livello nazionale. In agricoltura, l’occupazione cala di mille unità ma, in termini percentuali, questo si tramuta in una flessione del 7,1%. Il terziario va peg- 9 gio rispetto alla media nazionale, con un crollo di 23mila unità (–4,5%), l’industria fa registrare un attivo di 2mila unità (+1,7%), dovuto alla buona performance del manifatturiero (+4mila unità pari al +5,3%). Anche per la Liguria, le “costruzioni” si confermano come comparto in crisi con una perdita di 2mila posti di lavoro (–4,5%). La disoccupazione cresce dell’11,5% I disoccupati passano dalle 52mila alle 58mila unità (+11,5%), per effetto dell’aumento della disoccupazione maschile che sale, dalle 19mila alle 31mila unità (+63,2%) e che, solo in parte, viene compensata dalla diminuzione della disoccupazione femminile che, dalle 33mila, scende a 27mila unità (–18,2%). Questo fenomeno porta ad una maggiore omogeneità nella composizione di genere di chi è alla ricerca di un impiego: se, nel III trimestre 2012, “solo” il 36,5% dei disoccupati era di sesso maschile, a fronte del 63,5% di donne, un anno dopo la forbice si restringe a tal punto che gli uomini arrivano ad incidere per il 53,4%, contro il 46,6% delle donne. Diminuiscono gli “scoraggiati”, grazie alla componente femminile È interessante segnalare come, in Liguria, nel III trimestre 2013, diminuisca il numero di coloro che, pur dichiarandosi disponibili a lavorare, non hanno effettuato azioni di ricerca attiva e/o mostrato disponibilità al lavoro, secondo i criteri adottati dal’ISTAT1. Essi passano dalle 61mila alle 57mila unità del III trimestre 2013 (–6,6%), per effetto della diminuzione della componente femminile (–7mila unità pari al –18,4%); gli uomini scoraggiati, invece, crescono di 3mila unità (+13%). Andamento degli “scoraggiati” per genere in Liguria* 3° Trimestre 2012 - 3° Trimestre 2013 (valori assoluti in migliaia - valori percentuali) 3° trimestre 2012 3° trimestre 2013 Variazioni 3°trim-12/3°trim-13 v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.% Maschi 363 56,8% 339 54,9% –24 –6,6% Femmine 276 43,2% 279 45,1% 3 1,1% Totale 639 100% 619 100% –20 –3,1% Fonte: Agenzia Liguria Lavoro - O.M.L. Elaborazioni su dati ISTAT Rilevazione sulle Forze di Lavoro (3° Trimestre 2012/3° Trimestre 2013) *Per effetto degli arrotondamenti sulle migliaia i totali possono risultare discordanti di un range di 1/3 punti Il tasso di disoccupazione supera di 0,5 punti percentuali quello del nord ovest In Liguria, il tasso di disoccupazione passa dal 7,5% all’8,6%, superando di 0,5 punti percentuali quello del Nord Ovest. Escludendo la media nazionale, il tasso di disoccupazione maschile, non solo è il più alto tra le aree considerate, ma si caratterizza anche per l’incremento più consistente (+3,4 punti percentuali) che lo porta dal 5% all’8,4%. Va decisamente meglio, invece, per il tasso di disoccupazione femminile che si avvicina a quello del Nord Ovest, attestandosi sull’8,8%, dopo un biennio – 2012/2013 – in cui è sceso solo una volta (II trimestre 2012) al di sotto del 10%. Chi ha perso il lavoro rappresenta il 75% di chi cerca un’occupazione Rispetto alle caratteristiche dei disoccupati, continuano a prevalere coloro che sono alla ricerca di lavoro, dopo aver perduto una precedente occupazione (75,8%): si tratta di 44mila persone, omogeneamente distribuite tra uomini e donne, 1. Tale dato è stato ricavato andando a sommare alcune delle voci che compongono le non forze lavoro:“cercano lavoro ma non attivamente”,“non cercano ma disponibili a lavorare”,“cercano lavoro ma non disponibili a lavorare”. Riguardo a quest’ultima categoria, si sottolinea come la non disponibilità sia da intendersi nell’accezione specificata dall’ISTAT (nelle due settimane successive alla rilevazione). 10 anche se è in aumento solo la componente maschile (+6mila unità), a fronte di una corrispondente contrazione delle donne, in analoga situazione. Aumentano anche gli uomini alla ricerca di prima Una sintesi dei dati Dall’analisi dei dati del III trimestre 2013, diffusi dal’ISTAT, la situazione del mercato del lavoro continua ad essere critica, anche se, rispetto ai trimestri precedenti, cominciano a delinearsi alcune peculiarità territoriali nelle aree del Nord. In Italia, l’occupazione diminuisce di 522mila unità (–2,3%), attestandosi su 22.430.000, con una riduzione più marcata che riguarda gli uomini. Al contempo, crescono di 362mila unità (+14,6%) le persone alla ricerca di lavoro che raggiungono i 2.844.000: anche in questo caso, è la componente maschile a mostrare l’incremento più consistente. L’aumento del tasso di disoccupazione occupazione, che passano dalle 3mila alle 9mila unità. Invece, le donne che si affacciano per la prima volta sul mondo del lavoro rimangono ferme sulle 5mila unità: lo stesso valore del III trimestre 2012. che riguarda sia gli uomini sia le donne diventa particolarmente preoccupante, nel caso dei giovani, dove, nella classe 15-24 anni, l’indicatore raggiunge addirittura il 37,3%, con una crescita di ben 5,2 punti percentuali rispetto al III trimestre 2012. Per quanto riguarda il Nord, è interessante vedere le diverse velocità di risposta alla crisi. Nel Nord Ovest, tra il III trimestre 2012 e il III trimestre 2013, l’occupazione rimane sostanzialmente invariata (–0,1%) ma, al contempo, cresce in maniera sostanziosa la disoccupazione che sale del 12,3%. Nel Nord Est, invece, a fronte di una contrazione dell’occupazione del’1,8%, la disoccupazione aumenta, ma in misura minore (+8,6%). Questo fe- 11 nomeno – apparentemente contradditorio, per cui la disoccupazione sale, a fronte di una stabilità dell’occupazione – è da imputarsi all’effetto psicologico, secondo cui, la percezione di segnali di ripresa, seppur timidi, spingerebbe molti soggetti inattivi a intraprendere azioni di ricerca di lavoro, andando così ad ingrossare le fila dei disoccupati. La situazione della Liguria, è invece particolarmente preoccupante, l’occupazione non è solo in flessione, rispetto al Nord Ovest, ma anche rispetto alla media italiana, con gli occupati che passano dalle 639mila unità del III trimestre 2012, alle 619mila del III trimestre 2013 (–6,6%). Il fenomeno riguarda, esclusivamente, gli uomini mentre le occupate crescono di 3mila unità. Sul fronte della disoccupazione, l’incremento è di 6mila unità, che porta le fila di coloro che stano cercando un lavoro a 58mila, con aumento che è dovuto solo alla crescita degli uomini in cerca di occupazione (+12mila unità); la disoccupazione femminile, invece, è in diminuzione (–6mila unità). Particolarmente preoccupante è il fatto che, la crisi, in Liguria, stia continuando ad erodere uno dei settori chiave dell’economia locale: quello dei servizi che perdono 23mila occupati (–4,5%). L’industria, invece, regge, grazie al manifatturiero che annulla parzialmente gli effetti della crisi – di portata nazionale – che investe le costruzioni. 12 Uno scenario, quindi che desta preoccupazione, in quanto, se la congiuntura economica non è particolarmente favorevole per tutto il Nord Ovest, nel caso della Liguria, la situazione di difficoltà è ancora più evidente. Come noto, l’occupazione riparte in tempi immediatamente successivi ai primi segnali di miglioramento della congiuntura economica; nel caso della Liguria, l’occupazione, invece, continua a peggiorare, unitamente ad un forte incremento della disoccupazione e dunque la fase di ripresa appare, evidentemente, ancora lontana. Il fatto che gli indicatori, che riguardano l’occupazione e la disoccupazione femminile, siano migliori, rispetto ai corrispondenti maschili, indice a formulare alcune considerazioni: > il significativo ingresso nel mercato del lavoro delle donne coincide con la fuoriuscita maschile, tradizionalmente “forte” sotto il profilo contrattuale e potrebbe, quindi, trattarsi di un ingresso in occupazioni più flessibili e meno tutelate, dal punto di vista economico/lavorativo; > come già emerso in passato, in momenti di crisi economica le donne, in Liguria, continuano a mostrare un forte dinamismo e una grande capacità di adattamento che consente loro di proporsi sul mercato del lavoro, anche in condizioni oggettivamente difficili. PROGRAMMA EUROPEO La Garanzia Giovani in chiave italiana è al vaglio di Bruxelles L’obiettivo è dare risposta ad almeno 400mila giovani in due anni A cura di Paola Castellazzo “Garanzia per i giovani” - Youth Guarantee La risposta europea alla crisi dell’occupazione giovanile si chiama European Youth Guarantee. Il programma, che prende forma nella Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 22 aprile 2013, mira ad offrire garanzie ai giovani in cerca di lavoro. La Y.G. prevede che ogni Stato Membro assicuri alle persone, al di sotto dei 25 anni, un’offerta qualitativamente valida di lavoro, proseguimento degli studi, apprendistato o tirocinio entro un periodo di quattro mesi dall’inizio della disoccupazione o dall’uscita dal sistema d’istruzione formale. Il programma concorre al raggiungimento di tre degli obiettivi della strategia Europa 2020: garantire l’occupazione del 75% delle persone di età compresa tra 20 e 64 anni, evitare che gli abbandoni scolastici superino il 10% e sottrarre almeno 20 milioni di persone alla povertà e all’esclusione sociale. Lo Youth Guarantee programme riceverà un finanziamento di sei miliardi di euro, a partire dal 2014, per sei anni, destinati a tutti i Paesi dell’UE. Tre miliardi provengono dal Fondo Sociale Europeo e i restanti da uno stanziamento di bilancio. I Paesi con disoccupazione giovanile superiore al 25% avranno accesso prioritario ai finanziamenti. Come si è mossa l’Italia Per attuare in modo efficace il programma, è stata istituita, presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, una Struttura di Missione che opera in via sperimentale, in attesa della nuova definizione del ruolo che spetterà ai Servizi per l’impiego. Il 30 ottobre 2013 la Struttura di Missione, cui partecipano il Ministero e le sue agenzie tecniche, il MIUR, il MISE, l’INPS, il Dipartimento della Gioventù, le Regioni e Province Autonome, le Province, le Camere di Commercio, ha approvato il Piano per la Garanzia Giovani per l’Italia, con i principi e i criteri che ne regoleranno l’attuazione. Il 29 novembre il Piano di attuazione italiano della “Garanzia per i giovani” è stato presentato a Bruxelles. I principi e i criteri Il Piano per la “Garanzia Giovani” (approvato con DL76/2013) definisce i principi e i criteri che regoleranno l’attuazione del programma. Attraverso il Piano, l’Italia attuerà misure volte ad assicurare che i giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni ricevano una formazione adeguata alle loro attitudini e vengano opportunamente sostenuti ed indirizzati verso il mondo del lavoro. Particolare attenzione sarà rivolta ai giovani Neet (oggi in Italia sono oltre 1 milione e 300 mila). Concretamente si parla di “Misure di supporto per l’integrazione nel mercato del lavoro”. In particolare, una volta effettuata la presa in carico dell’utente, si procederà – sulla base della stipula di un Patto di 13 servizio – alla definizione di un percorso personalizzato, finalizzato all’inserimento lavorativo e/o al rientro nel circuito formativo/scolastico. Ove necessario, sarà offerta anche un’azione specialistica e qualificata di orientamento di secondo livello. Il Piano prevede un elenco di servizi/azioni di politica attiva sulla base del quale si potrà modulare l’intervento regionale, nell’ambito di percorsi personalizzati. Tali percorsi potranno essere disegnati, sfruttando le seguenti possibili azioni: 1. un’offerta di lavoro eventualmente accompagnata da un bonus occupazionale, proposta dalle strutture coinvolte nella rete pubblica e privata già operante, nonché attraverso il portale “Cliclavoro” e i suoi nodi regionali. 2. un’offerta di contratto di apprendistato, anche da svolgersi all’estero con il supporto della rete Eures, con riferimento ai soggetti più giovani (1518 anni). 3. un’offerta di tirocinio che può rappresentare una prima modalità di ingresso nel mondo del lavoro, in particolare se abbinata a momenti di formazione specialistica. 4. un’esperienza con il servizio civile, per giovani tra i 18 e i 28 anni, attivati con bandi nazionali e regionali, completi di formazione generale e specifica. 5. l’inserimento o il reinserimento in un percorso di formazione o istruzione per completare gli studi o specializzarsi professionalmente; 6. l’accompagnamento in un percorso di avvio d’impresa agli utenti per i quali, nel corso delle azioni preliminari di orientamento di I e di II livello, fosse accertata reale attitudine all’imprenditorialità e una concreta possibilità di successo; 7. interventi finalizzati ad incentivare la mobilità transnazionale. La Banca dati delle politiche attive e passive pubbliche e private, Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e altri soggetti pubblici e privati, sulla base della stipula di apposite convenzioni. La piattaforma, a questo fine, avrà le seguenti funzioni: > informazione sul mondo del lavoro, sulle prospettive e gli sbocchi occupazionali; > orientamento e di supporto alla ricerca attiva di percorsi di formazione e lavoro; > collegamento con le varie realtà attive nel mondo dell’istruzione e della formazione; > registrazione diretta al sistema e di immissione delle prime informazioni di base; > prenotazione dei servizi di consulenza personalizzati. Per ottimizzare gli interventi di politica attiva di tutti gli organismi centrali e territoriali coinvolti, è prevista presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali anche l’istituzione della “Banca dati delle politiche attive e passive”, con il compito di raccogliere le informazioni relative a soggetti da collocare nel mercato del lavoro, servizi erogati e opportunità di impiego. I dati e le informazioni che confluiranno nella Banca dati, attraverso il portale istituzionale Cliclavoro, saranno fornite da Regioni, Province e Province autonome, Inps, Isfol, Italia Lavoro, Ministero dell’istruzione, università e ricerca, Ministero dell’Interno, Ministero dello Sviluppo economico, Università 14 Il quadro normativo attuale Già il decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181 prevedeva, nei confronti dei giovani (fino a venticinque anni compiuti o, se in possesso di un diploma universitario di laurea, fino a ventinove anni compiuti) una garanzia di offerta, entro quattro mesi dall’inizio dello stato di disoccupazione, di “una proposta di adesione ad iniziative di inseri- mento lavorativo o di formazione o di riqualificazione professionale od altra misura che favorisca l’integrazione professionale”. La “Garanzia per i giovani”, quanto meno con riferimento a coloro che si registrino presso i servizi per l’impiego, è quindi già parte della legislazione nazionale sin dal 2002 (anno di introduzione di tale disposizione). Non è invece legiferata la componente di garanzia destinata ai giovani in uscita dal sistema d’istruzione formale che non si iscrivano ai servizi per l’impiego. Sul fronte del coinvolgimento dei giovani in uscita dal sistema d’istruzione formale va poi valorizzato il contributo del sistema scolastico come “punto di partenza” informativo e di primo orientamento. Il Piano di attuazione italiano della “Garanzia per i giovani” Il Governo ritiene necessario che la gestione della Garanzia venga realizzata mediante la definizione di un unico Programma ‘operativo’ nazionale presso il Ministero del Lavoro. Dal punto di vista delle ripartizione dei compiti, si prevede che le Regioni abbiano la responsabilità di attuare le azioni di politica attiva rivolte ai beneficiari del programma. All’amministrazione centrale spetta la realizzazione della piattaforma tecnologica, la realizzazione del sistema di monitoraggio e valutazione e la definizione delle attività di comunicazione e informazione di natura nazionale. I primi interventi Già da tempo le Regioni hanno cercato di contenere gli effetti negativi della crisi sull’occupazione giovanile. In molti casi si è fatto ricorso a Piani straordinari. In questo contesto, il Governo ha già avviato alcuni interventi nell’ambito del decreto legge 28 giugno 2013, n. 76 (convertito con modificazioni in Legge 9 agosto 2013, n. 99) quale l’incentivo per l’assunzione dei giovani (età 18-29) con contratto di lavoro a tempo indeterminato. Il medesimo decreto legge ha previsto inoltre misure di semplificazione per l’apprendistato, nonché il finanziamento di un piano per l’incentivazione di tirocini e di misure per l’autoimpiego e autoimprenditorialità nel Mezzogiorno. Queste misure si vanno ad aggiungere ad un quadro di generale favore per il contratto di apprendistato: tali contratti, infatti, beneficiano di un’aliquota contributiva di vantaggio, cui si aggiunge la nuova aliquota dell’1,61%, destinata a finanziare la nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego (AspI). Nello stesso tempo, con il DL n. 104 del 12 settembre 2013, sono stati introdotti strumenti per il rafforzamento delle attività di orientamento nelle scuole; è stata rafforzata l’alternanza scuola lavoro. Macro-obiettivi del Piano 1. Individuazione del target minimo di giovani cui offrire la Garanzia. 2. Accesso e sensibilizzazione dei giovani interessati. Gli obiettivi specifici > offrire a giovani l’opportunità di un colloquio specializzato, > rendere sistematiche le attività di orientamento al mondo del lavoro nel sistema educativo (istituti scolastici, istruzione e formazione professionale ed università), > incoraggiare interventi sistematici nei confronti dei NEET, sia direttamente attraverso i servizi per l’impiego sia prevedendo appositi partenariati con le imprese, le istituzioni pubbliche, gli enti non-profit; > promuovere percorsi verso l’occupazione, anche incentivati, attraverso servizi e strumenti che favoriscano l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, nonché l’autoimpiego e l’autoimprenditorialità. I punti programmatici Per la sua realizzazione, sono individuati come fondamentali i seguenti punti programmatici del Piano: 15 1. definizione di livelli essenziali delle prestazioni validi su tutto il territorio nazionale, 2. effettiva disponibilità, in tempi certi, di una diffusa rete di punti di accesso fisici e virtuali (piattaforma nazionale integrata), 3. servizi e interventi sussidiari messi in campo dal Governo e dalle Regioni, 4. un sistema nazionale di monitoraggio degli standard e delle prestazioni dei servizi e del raggiungimento degli obiettivi, basato sulla condivisione ed analisi di dati individuali, 5. disponibilità di un sistema informativo del lavoro che faccia riferimento a standard minimi di servizio condivisi, 6. un portale nazionale con servizi e informazioni su opportunità di lavoro in ambito nazionale e comunitario, 7. reale cooperazione fra i domini informativi dell’Istruzione e della Formazione Professionale, della Previdenza, della Tutela e della Sicurezza nel lavoro e il sistema informativo del lavoro, al fine di realizzare efficacemente politiche di prevenzione delle condizioni di esclusione, di contrasto alla disoccupazione, di attivazione, di integrazione fra politiche attive e passive, di alternanza istruzione/formazione-lavoro. I destinatari Si ritiene strategico concentrare l’intervento sui flussi di giovani di età tra i 15 e i 24 anni da inter- 16 cettare entro 4 mesi dall’inizio della disoccupazione o dall’uscita da scuola. Si rinvia ad un secondo momento la decisione di allargare il programma ai giovani fino ai 29 anni. I giovani di età 15-24 sono circa 6 milioni, di questi 1.274.000 non lavorano e non studiano. Per poter usufruire degli strumenti messi a disposizione dal Programma, sarà obbligatorio iscriversi, attraverso la registrazione presso un servizio competente ai sensi D.Lgs. 181/2000 o presso il portale “Cliclavoro” ovvero presso i portali regionali che dialogano con Cliclavoro, attraverso il canale della cooperazione applicativa. Fondi L’Italia riceverà risorse pari a circa 567 milioni di euro. A questi, deve aggiungersi un pari importo di 567 milioni di euro a carico del FSE, oltre al co-finanziamento nazionale, per il momento stimato al 40%. La disponibilità complessiva del programma sarebbe pertanto pari a circa 1.513 milioni di euro. Il ruolo delle Regioni Accanto ad un Piano che individui le azioni comuni su tutto il territorio nazionale, si ritiene essenziale che ciascuna Regione definisca un proprio piano attuativo (che potrà prevedere ulteriori interventi), le cui caratteristiche saranno oggetto di confronto con il Ministero. Dal punto di vista delle ripartizione dei compiti, si prevede che le Regioni abbiano la responsabilità di attuare le azioni di politica attiva rivolte ai beneficiari del programma (con la sola esclusione delle attività di orientamento da effettuare nell’ambito del sistema di istruzione e formazione statale, nonché delle azioni di orientamento in sussidiarietà ulteriori rispetto alle azioni di orientamento dei servizi competenti ed alle misure di inserimento lavorativo). Per assicurare, presso il punto di primo contatto, un’efficace opera di informazione sulle possibilità offerte ai giovani, si prevede la creazione di un servizio “Garanzia Giovani”. L’INTERVISTA Dall’intervista ad Anna Grimaldi, uno scenario finalmente positivo per l’orientamento Approvate le linee guida, presto gli standard dei servizi e delle competenze A cura di Paola Castellazzo ‘Forum’ ha intervistato Anna Grimaldi Responsabile Struttura di supporto e coordinamento tecnico-scientifico Dipartimento Mercato del Lavoro e Politiche Sociali ISFOL Roma Dopo anni di frammentazione e diversificazione, di mancanza di un coordinamento centrale istituzionale adesso lo scenario sta cambiando. Oggi l’Italia è arrivata, finalmente, ad un punto di svolta. Sollecitati delle evidenze empiriche, dai risultati scientifici, dalle analisi, non ultima quella del I rapporto nazionale sull’orientamento fatta dall’Isfol, e dalle raccomandazioni europee, come la stessa Garanzia per i giovani, l’Italia ha dovuto e voluto cambiare il proprio atteggiamento nei confronti dell’orientamento, mettendosi finalmente nella condizione di considerarlo, a tutti gli effetti, necessario e strategico, non azione o strumento ma vera e propria politica attiva. A partire dal I Rapporto nazionale sull’Orientamento, che ha creato una banca dati unitaria delle strutture e degli operatori, ad oggi, con l’approvazione delle Linee guida nazionali, quali delle azioni intraprese sono state, secondo lei, più importanti? L’Italia ha approvato, nel dicembre del 2012, in Conferenza Unificata, un accordo, firmato dalle istituzioni che, a diverso titolo, si occupano di orientamento; questo segna una svolta delle politiche in materia e traccia la strada da fare. É una pa- gina importante per l’orientamento italiano che ha una doppia valenza: scientifica, perché sancisce una definizione di orientamento ancorata ad assiomi e paradigmi importanti, in linea con la moderna letteratura internazionale; politica, perché tutte le istituzioni hanno agito in accordo, creando un gruppo interistituzionale con la mission di dare le linee guida e gli standard relativi ai servizi di orientamento e alle competenze degli operatori. Il gruppo ha lavorato alacremente fino al 20 dicembre scorso quando, ad un anno esatto dall’inizio dei lavori, ha approvato le Linee Guida sull’orientamento. Un documento importantissimo, in linea con le raccomandazioni europee e con la letteratura più avanzata in materia di orientamento. Adesso, si sta lavorando per produrre uno standard di servizi e di competenze. Ci siamo dati la scadenza del 30 marzo, anche se rispettarla, vista la situazione così frammentata e diversificata da cui si parte, sarà arduo. Ma lo scenario italiano è, adesso, certamente, positivo. Quali sono le priorità per l’orientamento e qual è il lavoro che occorre fare nei prossimi anni? Per la prima volta ci troviamo davanti ad un sistema orientamento che vuole parlare una lingua comune 17 e che ha un coordinamento centrale. La sfida è il prossimo futuro. Il fatto di aver delineato uno scenario e le linee guida italiane, nonché uno standard lascia aperta la sfida del vedere come, in che modo e quando, i diversi sistemi (penso alla scuola, alla formazione e al lavoro), ma anche i diversi territori (province, comuni e Università) agiranno nel concreto. Occorrerà, secondo me, fare un serio e costante monitoraggio, un’azione di controllo centralizzata, o a carico dello stesso gruppo di lavoro, o a carico di un centro risorse con un mandato specifico, per verificare come si regolino i singoli e come portino avanti le premesse condivise. Parliamo invece della figura dell’orientatore. La definizione dei percorsi di certificazione degli operatori è oggi una vera necessità. Cosa ci possiamo aspettare? La necessità di attivare un sistema di monitoraggio costante risponde anche alle necessità di formazione e riconoscimento delle competenze degli operatori. Il tema degli operatori è quanto mai complesso perché parliamo di migliaia di persone (almeno 20.000 secondo le ultime stime, di cui almeno il 30% con contratti a progetto) che si occupano di orientamento a diverso titolo, con competenze diverse. Occorre delineare le competenze di questi operatori e capire quali sono le strade per certificarle. Al momento la priorità, secondo me, è quella di dare visibilità e riconoscimento a chi già opera nel settore, facendo una valutazione e riconoscendo le competenze acquisite sul campo. Magari, laddove sia necessario, attivando corsi o percorsi per l’implementazione dei saperi. Un discorso diverso è da fare invece per i futuri orientatori. Un ragionamento che va fatto però in termini qualitativi e non quantitativi perché, visto il numero di persone che già oggi lavorano in quest’ambito, non mi sento di dire che ci sarà, a breve, bisogno di nuovi orientatori. 18 Certo però, ci si dovrà muovere per creare un percorso di formazione ad hoc con specifiche competenze. Finora, in Italia, infatti, si è considerato l’orientamento come una sottocategoria di altre discipline. C’è quindi chi ritiene che debba fare l’orientatore lo psicologo, chi invece un formatore. Io credo invece che sia necessario uscire da questa logica e iniziare a parlare di una scienza dell’orientamento con competenze specifiche e trasversali. I docenti orientatori delle scuole superiori, cosa si dovranno aspettare? Verrà riconosciuto il loro lavoro o, privi di un riconoscimento certificato, perderanno e faranno perdere alle scuola il know-how acquisito sul campo? La scuola ha, in questo campo, un compito fondamentale e non c’è scuola ormai sul territorio nazionale che non abbia attivato progetti o che, comunque, non consideri l’orientamento come una sua priorità. La scuola ha un compito importante, propedeutico, di didattica orientativa, che però deve fare riferimento ad azioni più specifiche, messe in campo solo dai servizi del territorio. Ognuno deve avere le sue competenze, perché la funzione dell’orientatore non può essere svolta da un insegnante. Ma la scuola e l’orientamento sono realtà indivisibili e quindi vanno valorizzate le competenze e le prassi consolidate. In questo senso, si sta muovendo anche il Ministero dell’istruzione. Nel nuovo decreto Scuola, non ancora pubblico, si parla di due ore di orientamento settimanali. Sono curiosa di vedere cosa si intende esattamente. Si tratta comunque di un passo fondamentale. È forse opportuno lavorare di più sull’educazione all’orientamento, partendo dalle scuole stesse. Per portare avanti un concetto, un progetto e azioni così importanti non si può prescindere dall’educazione e dalla diffusione della conoscenza di tali politiche. Il primo lavoro da fare è certamente quindi sugli insegnanti e sui genitori. Sap- piamo dalle indagini condotte, in questi anni, a livello locale e nazionale, che i giovani continuano a scegliere la scuola in base ad input della famiglia, degli amici e del docente con cui entrano in sintonia, Quindi, non dal sistema scuola, ma dal singolo. Per questo, spesso, un bravo insegnante di filosofia può, facendo amare la materia, invogliare molti studenti a scegliere quella facoltà, così come invece, indipendentemente dalle reali attitudini personali, l’idea, purtroppo ancora radicata in Italia, della difficoltà e inaccessibilità delle facoltà scientifiche, porta molti studenti a scartarle a priori. “Orientare” diventa azione cruciale del sistema e si lega ad un intervento non episodico ma continuo e legato ad ogni fase della vita. Secondo lei, è possibile davvero creare un sistema di orientamento che segua l’individuo nell’arco della sua crescita personale, formativa e lavorativa? Chiunque, nell’arco della vita, dovesse fare domanda di servizi di orientamento, avrebbe diritto ad avere delle risposte. Generalmente parliamo di orientamento per i ragazzi tra i 15 e i 30 anni, con una grande attenzione al pericolosissimo fenomeno dei Neet, ma, nella realtà, anche un cinquantenne, costretto a cambiare lavoro o una donna che vuole ricominciare a lavorare dopo una maternità dovranno trovare un “sistema orientamento” a loro disposizione. E a questo proposito, sarà interessante vedere, attraverso un monitoraggio ad hoc, come e in che modo si svolgeranno questi servizi. Io però, in tutta onestà, credo che questa sia una sfida importante, la cui realizzazione è ancora lontana. Certamente è una sfida che l’Italia ha colto e che vuole vincere. Impossibile non pensare, in tema di orientamento, anche al Piano, appena approvato, della “Garanzia per i Giovani”. Lei cosa ne pensa? La Garanzia Giovani è un’importante sfida culturale per l’Italia perché introduce chiaramente, per la prima volta, nel nostro Paese il concetto di politica attiva dell’orientamento. La Garanzia non è uno strumento per creare lavoro ma per attivare i giovani e dare loro sostegno, attraverso le diverse azioni esplicitate nel Piano. La Garanzia per i Giovani è un grande passo avanti per l’Italia. Io ho partecipato attivamente alla realizzazione del Piano e ho visto l’interesse delle Istituzioni e del Governo sull’argomento.Tutti hanno riconosciuto e riconoscono l’utilità e la necessità dell’orientamento come azione di sistema, strategia, nel Paese. Non è certo un caso che le Linee guida dell’Orientamento siano state approvate proprio contemporaneamente con il Piano della Garanzia Giovani. Politiche europee di orientamento A partire dalla Comunicazione della Commissione europea sul lifelong learning (2001), e successivamente con le due Risoluzioni del Consiglio sull’orientamento lungo tutto l’arco della vita (2004 e 2008) sono stati raggiunti risultati importanti dai Paesi europei, nell’avanzamento delle politiche per l’orientamento. La crisi ha poi rafforzato l’urgenza di intervenire. La Strategia europea 2020 (guideline 8) impegna gli Stati europei a rafforzare, a questo scopo, i servizi di orientamento nei sistemi educativi e formativi e nella vita professionale, in cooperazione con i partner sociali e con il mondo produttivo. Dal 2007, gli Stati membri hanno istituito una Rete europea per le politiche in materia di orientamento permanente (European Lifelong Guidance Policy Network - ELGPN). 19 ISTRUZIONE E FORMAZIONE Alternanza scuola lavoro, esperienze positive, ma più raccordo con le aziende A Genova nella prima convention nazionale i risultati del monitoraggio e le buone pratiche A cura di Federica Gallamini È una prassi in crescita, ma non ancora chiaramente definita e considerata in modo omogeneo in tutte le regioni, compreso l’aspetto della valutazione e della certificazione delle competenze. Parliamo di alternanza scuola-lavoro, che al salone Orientamenti 2013 è stata al centro dell’attenzione nel corso della Prima Convention nazionale, promossa da Ministero dell’Istruzione, dell’Università e I dati del monitoraggio: un trend in crescita Nell’anno scolastico 2012-13 le scuole che hanno utilizzato l’alternanza scuola-lavoro sono state 3.177, pari cioè al 45,6% degli istituti secondari superiori, che in Italia ammontano a 6.972. In prevalenza si tratta di istituti professionali (44,4%), seguiti dai tecnici (32,2%) e dai licei, che si attestano al 20% dell’universo delle scuole che hanno scelto questa metodologia didattica. Si tratta di un dato abbastanza scontato, anche se, ha fatto notare Antonella Zuccaro, che ha curato l’indagine di Indire, è in crescita il numero dei licei che, negli anni, hanno proposto ai loro studenti questa opportunità formativa, se non altro in chiave orientativa. Per quanto riguarda il numero di studenti coinvolti, il monitoraggio ha permesso di scoprire che am- 20 della Ricerca, Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, Indire, Regione Liguria. Nel corso dei lavori è stato presentato il monitoraggio nazionale, curato da Indire per conto del Miur, in cui emergono dati confortanti sullo sviluppo e la diffusione di questo tipo di percorso la cui realizzazione viene interpretata con modalità diverse, troppe sono ancora, ad oggi, le differenze tra le varie montano a 227.886, pari all’8,7% della popolazione studentesca di riferimento. Un dato che, in termini assoluti, non è certo confortante, ma che, se riferito all’andamento complessivo degli anni passati, evidenzia una crescita degli alunni coinvolti: dal 2006/07 al 2012/13, infatti, sono passati da 45.879 a 277.886, con un trend sempre in salita. Rispetto alla tipologia di scuola frequentata, non stupisce che il 65,5% degli studenti siano di istituti professionali. Buono anche l’andamento del numero delle strutture che hanno ospitato alunni in alternanza scuola-lavoro: se, nel 2006/07, erano 10.665, nell’ultima rilevazione (anno scolastico 2012/13) sono passate a 77.991, di cui il 58% rappresentato da imprese, in prevalenza appartenenti al settore della ricettività turistica e della ristorazione. (http://www.indire.it/scuolavoro/) Regioni. Per questo, la convention aveva proprio l’obiettivo di mettere sul tavolo le problematiche e le possibili soluzioni per contribuire alla stesura di linee guida sull’alternanza scuola-lavoro, come previsto dal Decreto legislativo 77/2005, il cui fine principale è chiarire le possibili forme o modelli organizzativi da adottare. La sfida, infatti, è fare in modo che questo strumento didattico vada ad integrarsi il più possibile con altre metodologie già in uso nelle scuole (laboratori, stage/tirocini, apprendistato) per diventare sempre più uno strumento di orientamento ma anche di apprendimento, sia specifico-tecnico, sia generale e quindi trasversale alle varie materie. Il tutto per arrivare ad avvicinarsi a quel modello, più diffuso in altri Paesi europei, che vede la scuola e il lavoro in stretta relazione e alleati nella formazione dei giovani. cato all’alternanza scuola-lavoro. Concorde il parere di Grazia Fassorra, di Anp (Associazione Nazionale Presidi), che sottolinea l’importanza dell’alternanza scuola-lavoro come momento utile per le scuole, per sviluppare la propria autonomia “nel proporre percorsi che abbiano un senso”. Operazione, questa, che tuttavia presuppone una “notevole flessibilità” che forse è ancora da venire. Certo, l’alternanza diventa un ottimo strumento per le scuole per ‘allenarsi’ a fare progetti e per imparare ad aprirsi all’esterno, accettando di mettersi in discussione e di interfacciarsi con il mondo delle imprese, tradizionalmente distante da quello scolastico. Superare eterogeneità di esperienza e rigidità da parte delle scuole Il problema fondamentale, secondo Fassorra, è che manca la formazione sulla cultura d’impresa per i docenti e che, soprattutto nei licei, non è abbastanza diffusa la sensibilità per capire che anche la cultura del lavoro, al pari di altre materie, concorre alla costruzione dell’identità del sé degli allievi che è poi la missione principale della scuola. Un’altra questione evidenziata dalla rappresentante dei dirigenti scolastici italiani, è la necessità di curare anche la formazione delle imprese nell’accogliere gli studenti e nel comprendere i bisogni formativi dei giovani. Da ultimo, altro grande ed eterno problema, è la mancanza di incentivi alle aziende, per far sì Guardando ai numeri e ai grafici, dunque, l’andamento dell’alternanza scuola-lavoro “è confortante” dichiara Antonella Zuccaro, tuttavia “siamo ben lontani dal dire che è una prassi consolidata nel nostro Paese” e, anzi, è un fenomeno “a macchia di leopardo, che cambia anche da una provincia all’altra”. Una differenza che diventa evidente, se si guarda all’organizzazione dei percorsi realizzati dalle scuole. Non in tutti gli istituti l’alternanza viene inserita nel Piano dell’Offerta Formativa, quindi non c’è uniformità di durata: nella maggioranza dei casi, infatti, il percorso dura un anno (51,1%), più di un terzo sono biennali, per l’11% è triennale e solo l’1% degli istituti organizza l’alternanza scuola lavoro su base quadriennale. Nel 78% dei casi, i percorsi sono aperti all’intera classe, mentre nell’11,4% è proposto ad un gruppo di studenti della stessa classe. Una tale eterogeneità rispecchia, d’altronde, una “rigidità organizzativa” insita nella rete delle istituzioni scolastiche, commenta Zuccaro: non sempre, infatti, nelle scuole c’è una struttura e un gruppo dedi- Rafforzare la cultura d’impresa negli istituti scolastici Il momento della premiazione 21 che l’alternanza scuola-lavoro non sia una prassi isolata e affidata soltanto al ‘buon cuore’ di alcune realtà produttive, ma diventi sempre più uno strumento forte di orientamento e un facilitatore del dialogo tra mondo delle imprese e mondo dell’educazione. Il tutto per contrastare l’avanzata della disoccupazione giovanile. Ma, se sulla carta, in Italia sono tanti gli strumenti che mirano a facilitare la transizione dalla scuola al lavoro, ha fatto notare Milena Micheletti della Uil, tuttavia va rafforzata l’ottica della filiera, per cui tutti questi strumenti (tirocini, alternanza scuola-lavoro, apprendistato) dovrebbero intersecarsi all’interno dei percorsi formativi come Ifts e Its. Per questo, rileva Micheletti, è importante puntare “sulla realizzazione di reti territoriali per diffondere e garantire la qualità della formazione”. Ecco allora che “nodale diventa il ruolo delle Regioni”, chiamate a svolgere il compito di creare un sistema di istruzione e formazione funzionante. Tra i punti critici, su cui occorre lavorare, la sindacalista annota il rischio che l’alternanza scuola-lavoro diventi un modo per reclutare manodopera a basso costo e invoca una sburocratizzazione del percorso, ad oggi troppo “farraginoso e scoraggiante”. Tra i possibili incentivi per spingere gli studenti a seguire percorsi di alternanza scuola-lavoro, la rappresentante della Uil mette sul tavolo la proposta di riconoscere a quei giovani dei contributi figurativi. Le proposte operative delle Regioni: le linee guida Che l’alternanza scuola-lavoro sia organizzata e vissuta in modo diverso da regione a regione, se non da provincia a provincia, è un dato di fatto. È quindi evidente che occorre creare un quadro comune su cui convergere, a livello nazionale, per definire in modo chiaro cosa si intenda per alternanza scuola-lavoro, quali siano le regole che la governano, come si valutano i percorsi e quali crediti formativi vengono riconosciuti agli studenti che vivono tale esperienza didattica. E’ proprio questo l’obiettivo delle linee guida su cui 22 Regioni e Province Autonome stanno lavorando per dare finalmente attuazione concreta ad una normativa che risale al 2005 (D. Lgs. n. 226 e D.Lgs. n. 77). Secondo Stella Targetti, vicepresidente e assessore all’Istruzione della Regione Toscana, “l’alternanza scuola-lavoro va pensata come un insieme di cose: da un lato è un momento di forte innovazione didattica con la messa al centro delle competenze trasversali, utili nel mondo del lavoro; dall’altro rappresenta uno strumento orientativo, oltre che un’occasione per verificare le competenze tecniche e specifiche”. Su tutto, secondo l’assessore, l’alternanza scuola-lavoro deve realizzare una forte integrazione tra teoria e pratica, rispolverando quel concetto di scuola-bottega che ha una tradizione secolare in Italia. Come ha spiegato Roberto Vicini, coordinatore del tavolo Stato-Regioni in materia, queste ultime, che stanno lavorando alle linee guida, hanno l’obiettivo primario di fare chiarezza sull’argomento, esplicitando le possibili forme e modelli di alternanza scuolalavoro, oltre che le interazioni con altre tipologie didattiche come laboratori, stage, apprendistato. Altro capitolo non trascurabile è la definizione del quadro normativo, con riguardo alle competenze statali e regionali sui due sistemi del secondo ciclo. La sfida forte da affrontare è applicare quegli elementi minimi che caratterizzano i percorsi in alternanza, a partire proprio da quanto stabilito dalla norma: ovvero la progettazione unitaria, il carattere strutturato e programmato dell’articolazione, la fruibilità da parte dell’utenza, la valutazione e certificazione unitaria. Con il primo termine si intende che i percorsi in alternanza “sviluppano – si legge nel documento diffuso in occasione della Convention - competenze spendibili nel mondo del lavoro, identificate attraverso una lettura dei fabbisogni territoriali con gli stessi referenti del mondo del lavoro locale...fermo restando che tali competenze non sono “altro” rispetto agli esiti di apprendimento curricolari, perseguiti nell’ambito dello stesso contesto formale e disciplinare: l’intero percorso risponde ad una finalità che è ad un tempo educativa, culturale e professionale”. Concepire l’alternanza scuola-lavoro come un percorso strutturato e programmato significa darle una dignità davvero apprenditiva e, come tale, non può essere ridotto “ad un periodo compatto e percentualmente limitato, né tantomeno può assumere la caratterizzazione precipua di verifica/esemplificazione/rinforzo di quanto appreso in contesto formale”. In quanto metodologia didattica innovativa, l’alternanza deve diventare “un’opportunità strutturale dell’offerta delle istituzioni” e come tale esplicitata nel POF d’istituto. Inoltre, andando nella direzione di un’integrazione sempre più stretta tra l’apprendimento teorico e quello pratico, occorre che la valutazione del percorso, seguito dall’allievo, in contesto lavorativo, vada a completare quello ottenuto tra i banchi:“non ha senso – si legge nel documento – una determinazione certificativa … di risultati specifici dell’alternanza, separati da quelli propri dell’intero percorso”. Resta comunque da definire, in termini operativi, tutta la partita della valutazione, compreso il ruolo dei tutori esterni ed interni alla scuola: ad esempio, per le istituzioni formative, è possibile coinvolgere, in via diretta in sede di scrutinio, gli stessi tutor aziendali, dando così ulteriore dignità alla valenza formativa dell’alternanza scuola-lavoro. Occorre infine chiarire le competenze delle Regioni in materia: spetta a loro, infatti, definire la propria disciplina rispetto all’alternanza e ai tirocini curricolari, sia per le istituzioni scolastiche, sia per i percorsi di istruzione e formazione. Tra le proposte avanzate dalle Regioni, da ultimo, c’è la definizione degli adempimenti obbligatori che devono rispettare in materia di formazione sulla sicurezza. Le strade possibili: l’esempio di Assolombarda Gli industriali lombardi, consapevoli che l’impianto formativo italiano è sbilanciato sull’apprendimento teorico e che i tempi di transizione tra scuola e lavoro sono troppo lunghi, hanno dato vita ad un Co- mitato tecnico scientifico che mette insieme aziende e istituti scolastici, ma che non comprende altre istituzioni territoriali a parte la Regione Lombardia e l’Ufficio Scolastico Regionale, così da creare una rete il più possibile snella e operativa, in cui i protagonisti siano le imprese e le scuole, con le rispettive esigenze. I Cts di indirizzo, costituti su un modello “a rete”, permettono, tra le altre cose: la partecipazione delle aziende più motivate, una maggior rappresentatività della domanda territoriale, il confronto e scambio tra scuole e il confronto e scambio tra aziende. Nell’anno scolastico 2012-13 facevano parte del Cts 31 aziende e 21 scuole, in prevalenza Istituti Tecnici e Professionali. Le principali finalità della collaborazione tra aziende e scuole sono: favorire la rispondenza della didattica alla domanda professionale, promuovere esperienze formative (appunto alternanza scuolalavoro) rivolte a studenti, diplomati, giovani inseriti in azienda, realizzare un sistema di accertamento e certificazione delle competenze in uscita dalla scuola e di valorizzazione della preparazione professionale dei diplomati dell’istruzione tecnica. Per rendere più efficace e concreto il rapporto di collaborazione, il CTS di Assolombarda ha messo a punto una tabella in cui sono evidenziate le competenze necessarie a svolgere un dato lavoro e, in parallelo, le attività scolastiche – quindi teoriche – necessarie per compierlo (v. esempio sottoriportato): “in questo modo – ha spiegato Amedeo Veglio rappresentante degli industriali lombardi - le soft 23 skills possono essere calate in un contesto pratico e concreto, direttamente applicabile al lavoro”. Così, inoltre, imprenditori e docenti hanno creato un piano che parte dalla condivisone di un linguaggio e, quindi, da una conoscenza reciproca che è la base necessaria per instaurare un rapporto di fiducia e quindi una proficua collaborazione a vantaggio dei ragazzi e delle imprese stesse. http://www.ctslombardia.it Premiate le buone prassi italiane Al termine della mattinata, l’assessore regionale alla formazione Pippo Rossetti ha premiato le scuole liguri che si sono distinte nella realizzazione di percorsi di alternanza scuola-lavoro, a livello nazionale, l’Istituto di istruzione superiore “A. De Pace” di Lecce, è risultata la migliore scuola in grado sia di proporre percorsi di alternanza scuola-lavoro per studenti, sia di effettuare formazione in rete per gli Istituti che implementano tali percorsi; un riconoscimento è stato dato anche all’azienda Loccioni di Ancona, che concepisce, da sempre, l’impresa come un sistema aperto alla società, al mondo scientifico e alla scuola, offrendo spazi e persone dedicati alla formazione dei giovani e al potenziamento delle loro caratteristiche, con l’obiettivo ultimo di “sviluppare sinergie positive tra persone, 24 imprese e attori del sistema economico e sociale”. Come migliore rete, è stato premiato il Cosp (Comitato Provinciale per l’Orientamento Scolastico e Professionale) di Verona, impegnato da oltre vent’anni a fare squadra sul territorio per valorizzare l’orientamento. Il workshop del pomeriggio, moderato da Luisa Pronzato, giornalista di ‘Il Corriera della Sera’ ha permesso di dare la voce alle tante scuole ed enti formativi che hanno realizzato progetti di alternanza scuola-lavoro. Una carrellata che ha permesso di verificare concretamente quanto detto nel corso dei lavori della mattina: da Scampia a Como, passando per Pontedera e Asti, le modalità di proporre ai giovani occasioni per misurarsi con il mondo del lavoro sono molto varie, sia per tipologia organizzativa (più o meno strutturata), sia per ambito di azione e per istituzioni e aziende coinvolte. Le esperienze dell’alternanza delle istituzioni formative e scolastiche Scuola ‘Oliver Twist’, ‘Cometa Formazione’ (Lombardia) AFP (Piemonte) IISS ‘A. De Pace’ (Puglia) ITIS ‘G. Ferraris’ (Campania) IIS ‘Floriani’ (Lombardia) Istituto nautico ‘San Giorgio’ (Liguria) ITCG ‘Fermi’ (Toscana) Per approfondire www.loccioni.com www.ipdepace.com www.cosp.verona.it http://www.ferraris.org/ http://www.cometaformazione.org http://www.itcgfermi.it www.afp-collineastigiane.com LA NOTIZIA Parte il progetto ‘1.000 tirocini’ della Regione Liguria Una concreta possibilità per conoscere il mondo del lavoro A cura della Redazione Dal 22 febbraio, le aziende liguri potranno presentare domanda per avviare tirocini per giovani fino ai 35 anni che non studiano e non lavorano. L’Iniziativa della Regione Liguria è promossa attraverso bandi provinciali, destinati ad un numero massimo di mille tirocinanti e rivolti ai datori di lavoro privati per ridurre la disoccupazione giovanile. In totale sono stati messi a disposizione 3,2 milioni di euro, di cui 2,2 stanziati dal Fondo sociale europeo e i restanti dal Ministero del Lavoro che serviranno a favorire l’assunzione, attraverso contratti di apprendistato o a tempo indeterminato, preceduti da un tirocinio di sei mesi. I tirocinanti riceveranno una indennità di 500 euro mensili, metà a carico della Regione Liguria e metà delle aziende. Nel caso in cui l’impresa decidesse, dopo il tirocinio, di assumere a tempo indeterminato o con contratto di apprendistato, la Regione si impegna a rimborsare anche la parte erogata dall’azienda. Per l’assunzione di giovani di oltre 29 anni, sarà concesso al datore di lavoro un contributo ulteriore fino ad un massimo di 3.600 euro. L’iniziativa si col- loca all’interno del ‘Piano giovani’ e dei provvedimenti contro la disoccupazione giovanile della Regione Liguria. I due bandi si rivolgono, rispettivamente: a giovani che hanno già terminato il loro percorso scolastico o universitario da non oltre 12 mesi dal conseguimento del diploma o della laurea, di età fino ai 28 anni compiuti; giovani che sono fuori dai percorsi di studio, con età fino a 35 anni inoccupati o disoccupati. Le aziende interessante dovranno presentare ai Centri per l’impiego le proprie necessità di figure professionali compilando la scheda sul sito www.match.regione.liguria.it., a partire dal 22 febbraio. Dal canto loro i centri per l’impiego selezioneranno i giovani, attingendo alle loro banche dati e inviando una rosa di candidati. Tra i criteri di selezione la minore età e la maggiore permanenza nello stato di disoccupazione. Ndr L’approfondimento di questo numero di ‘Forum’ è dedicato allo strumento tirocinio, in occasione dell’uscita dell’iniziativa promossa dalla Regione Liguria. 25 L’APPUNTAMENTO Incubatori d’impresa e start up innovative, un convegno sulle esperienze del territorio A cura di Silvia Dorigati e Paola Mainini – Agenzia Liguria Lavoro Nell’ambito del Master universitario di I livello per ‘Giurista d’impresa’, è stato organizzato, lo scorso 7 febbraio, un incontro dal titolo ‘Incubatori d’impresa e start up innovative – il ruolo delle istituzioni e le esperienze’, nella sede della Fondazione Garrone a Genova. Edoardo Garrone ha portato i saluti della Fondazione che organizza iniziative culturali e sociali e ha delineato la figura del giurista d’impresa, un professionista che possiede competenze di diritto e di organizzazione amministrativa. Hanno introdotto i lavori Paolo Fresco che, attraverso la sua Fondazione, contribuisce all’erogazione di borse di studio per la frequenza del master e Giovanna Visintini che ha illustrato il profilo del corso. Gli interventi Guido Ferrarini, docente presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Genova, ha coordinato i lavori e descritto il ruolo e l’importanza delle start up per i giovani. Piero Biglia, Presidente Filse S.p.a. ha illustrato le iniziative attivate e future di finanziamento per le nuove imprese. Gianrenato De Gaetani, Agenzia Liguria Lavoro ha presentato le attività dell’ente regionale che, presto, con ARSSU, darà vita ad una nuova struttura, denominata Arsel. Ad oggi, pur non avendo competenza specifica sul fronte delle start up, l’Agenzia può, con i suoi servizi, contribuire alla conoscenza delle tematiche inerenti la legislazione e fornire strumenti informativi sul mercato del lavoro. 26 L’Agenzia, negli anni, ha accolto due studenti del master che hanno dato un contributo in termini di competenze specifiche e di aggiornamento sui temi dell’amministrazione. Alcuni dati sull’avvio delle nuove imprese Pier Maria Ferrando, Professore Ordinario dell’Università di Genova ha illustrato i primi dati di una ricerca condotta dal Dipartimento di Economia. In Italia, le imprese registrate come start up sono 1599, di cui 27 in Liguria; gli spin off della ricerca, a fine 2012, sono, in Liguria, 45, in Italia 1082. Le punte del flusso, osservate negli anni 2009 e 2010 sono dovute al progetto universitario U.N.I.T.I. È stata, inoltre, analizzata la causa della dispersione di 40 spin off nel tempo. Il fenomeno riguarda, in gran parte, microimprese con basso fatturato. Si è osservato che, sono molti gli spin off che, dopo 10 anni di vita, non si sono né sviluppati ma neppure hanno cessato la loro attività. Le cause del fenomeno si possono ricercare nelle seguenti: non si cresce se si reinvestono gli utili spesso troppo limitati; se si hanno attività che, pur con bassi costi fissi, hanno tuttavia poco margine di crescita; se è limitato il mix tra competenze imprenditoriali e gestionali; in caso di compagini sociali e strutture organizzative ‘ibride’, con presenza non solo di imprenditori. Il consiglio è fare meno start up, puntando sulla crescita di quelle esistenti. Romina Gabbiadini, Funzionario di Banca di Italia ha evidenziato la difficile relazione tra banche e impresa, in momenti di crisi: i prestiti bancari sono rallentati, se, da un lato, le banche devono avvicinarsi di più alle PMI, dall’altro, le imprese devono aumentare l’incidenza del capitale proprio e attirare l’interesse degli investitori. Massimo Sola, Direttore generale Confindustria Liguria ha affermato come non sia solo la crisi che rallenta le start up, ma la mancanza di politiche a sostegno. Ha evidenziato, inoltre, come il BIC, che esiste da 30 anni, è stato rilanciato, con l’offerta di servizi importanti in ambito di trasferimento tecnologico e supporto alla pianificazione delle attività. Tra le iniziative di Confindustria, ha messo in evidenza i servizi a favore delle start up, nell’ambito di Capitalimpresa spa. Ha terminato con la constatazione che mancano, soprattutto fra i giovani, le informazioni sulle opportunità offerte da questo tipo di attività. Le esperienze sul territorio Carlo Castellano ha coordinato i lavori della seconda sessione, dedicata alle esperienze e ha dichiarato che le start up possono vivere solo se hanno un ambiente positivo che le aiuta a crescere. La situazione ligure è complessa e fragile ma con un patrimonio enorme di esperienze, anche se sono solo 27 le imprese iscritte al registro delle tecnologiche. Leonardo Frigiolini, AD di Unicasim ha descritto un’esperienza positiva a casa nostra, poco conosciuta dal territorio. La Sim da lui rappresentata ha supportato, come intermediario finanziario, ETT, nata come spin off universitario, nella fase di collocamento sul mercato. Rosangela Conte, Responsabile della Formazione per Legacoop Liguria ha spiegato, come, a livello nazionale, Legacoop abbia definito alcune procedure specifiche per le start up.“Ci siamo infatti resi conto che non è facile catalogare come innovativa, sin dall’inizio, una nuova idea imprenditoriale. Spesso ci vuole del tempo. Il nostro ruolo vuole essere sempre di più quello di un soggetto in grado di accompagnare le start up, valutando passo dopo passo la capacità di innovazione delle nuove imprese”. Giuseppe Oriana, Presidente di Montalbano Industria Agroalimentare S.p.A. ha esposto alcune iniziative di Confindustria, tra cui quella lanciata dal ‘Gruppo Giovani’‘Imprenditalia’, per sostenere le imprese in embrione. Inoltre, ha messo in evidenza il nuovo approccio di Confindustria verso la scuola, con il supporto a progetti di alternanza scuola lavoro. Si augura che venga presto attuato un sistema di finanziamento per le PMI. Andrea Bottino, AD di LigurCapital ha illustrato il ruolo dei talent-garden. Ha posto l’accento sulla confusione per accedere ai bandi e sulla quantità di risorse, distribuite però su tanti settori. È seguito il dibattito con gli allievi del master, coordinato da Alessandra Pinori. Le conclusioni sono state a cura di Victor Uckmar. Cos’è Tag Genova? Talent Garden Genova è uno spazio di Co-Working di oltre 600 mq aperto 24 ore al giorno, 7 giorni su 7. Via Melen 77, Genova +39 010 6148352 [email protected] Fonte. http://genova.talentgarden.it/ 27 Bando Invitalia: incentivi per le imprese che si insediano negli incubatori Sta per partire il Fondo Rete Incubatori, l’incentivo destinato alle imprese insediate o che intendono insediarsi presso gli incubatori della rete di Invitalia, inclusi gli Incubatori di Impresa di Genova, Savona, La Spezia e Parco Tecnologico Val Bormida. Questa nuova misura finanzia programmi di investimento nel settore manifatturiero e in specifici comparti del settore servizi. Le agevolazioni consistono in contributi a fondo perduto, di entità non superiore al 65% delle spese di investimento ammissibili, fino a 200.000 euro per impresa. Possono presentare domanda le micro e le piccole imprese che, alla data della domanda, siano già insediate in uno degli incubatori della rete e quelle che abbiano già presentato domanda di insediamento in uno degli incubatori della rete. Le aziende insediate nell’incubatore da più di 36 mesi possono presentare domanda solo per progetti finalizzati all’uscita dalla struttura. Le domande di agevolazione potranno essere presentate esclusivamente per via elettronica a partire dal 3 aprile 2014. Il Bando è scaricabile dal sito di Invitalia, al link: http://www.invitalia.it/site/ita/home/incentivi-alle-imprese/fondo-rete-incubatori.html . Fonte: http://www.lig.camcom.it/easynews/newsleggi.asp?newsid=182 28 Due milioni di euro alle PMI per la realizzazione di reti e sistemi d’impresa Sono stati messi a disposizione dalla Giunta regionale, su proposta dell’assessore allo sviluppo economico, Renzo Guccinelli, attraverso un bando. L’intervento, che si colloca all’interno delle misure previste dal POR–FESR fondo europeo di sviluppo regionale 2007-2013 per le piccole e medie imprese, vuole favorire lo sviluppo dei processi di aggregazione e creazione di reti d’impresa, con lo scopo di contribuire al rafforzamento e al miglioramento del sistema economico produttivo ligure. Gli ambiti di intervento su cui le piccole medie imprese potranno creare rete sono l’innovazione tecnologica, l’internazionalizzazione, il marketing, i sistemi di gestione della qualità e la valorizzazione delle specificità produttive territoriali. Il bando vuole essere anche un punto di partenza e sperimentazione in previsione dei finanziamenti europei 20142020. Le domande da parte delle imprese potranno essere presentate online dal 15 aprile al 9 maggio 2014 attraverso il sito di Filse. LA RICERCA Lavoro, in Liguria i giovani sanno sognare. Ma coi piedi ben piantati per terra A dirlo una ricerca della Regione Liguria sull’occupazione giovanile A cura di Federica Gallamini S ognatori ma non troppo, coi piedi ben piantati per terra e non per questo sopraffatti dal pessimismo; insomma: realisti ma non rassegnati né necessariamente ‘schizzinosi’ da rifiutare alcuni lavori. Questo il quadro che emerge dalla ricerca realizzata da Swg, commissionata della Regione Liguria, sull’occupazione giovanile in Liguria. È stata presentata a novembre al Liceo Gobetti di Genova, alla presenza dell’assessore regionale alla formazione, Pippo Rossetti e della dirigente della scuola, Gaetana Feniello. L’indagine, condotta su un campione di 1.032 giovani liguri (studenti, lavoratori, disoccupati, in cerca di lavoro, ‘neet’) tra i 16 e i 30 anni, ha portato alla definizione di una generazione che fa i conti con una realtà nuova e diversa – spesso difficile –, ma che sta trovando la strada per conviverci: “una generazione sofferente – ha chiarito Rado Fonda di Swg – ma non permeata da pessimismo”. La ricerca – finanziata dal Fondo Sociale Europeo – si è posta l’obiettivo di tastare il polso della situazione sui temi dell’orientamento e dell’inserimento lavorativo, con particolare riferimento alle aspettative dei giovani in ambito occupazionale. Non pessimisti, ma realisti: i giovani cercano un lavoro stabile Dalla ricerca, si evince che i giovani liguri non sono choosy, non fanno gli schizzinosi e si dicono disposti ad adattarsi a fare lavori manuali (il 61% ha mostrato una buona disponibilità, seppur con adeguati stipendi) e, se necessario, a spostarsi dal proprio luogo di residenza, anche andando all’estero (45%). L’aspetto più importante per gli intervistati – emerge dall’analisi dei dati – è avere un lavoro stabile (per 70 intervistati su 100), in seconda battuta si colloca l’interesse per ciò che si fa (60%), quindi la possibilità di imparare cose nuove; la retribuzione è considerato elemento “molto importante” dal 52 per cento, alla pari col rapporto coi colleghi. Più marginale, invece, sembrano essere la possibilità di fare carriera e l’accesso ad un lavoro prestigioso. Se, da un lato, questo dato può essere letto come una sorta di rinuncia a soddisfare le proprie ambizioni, dall’altro indica la presenza, nei giovani intervistati, di una buona dose di realismo, nell’accettare una situazione che è difficile, per cui si punta tutto sulla ricerca di stabilità e di un minimo di sicurezza. Ecco, allora, che, a conti fatti, il campione intervistato si divide quasi salomonicamente tra sognatori (45%) e pragmatici (51%), i quali aumentano – come è naturale – con l’aumentare dell’età. In tema di sogni e aspettative, il 49% degli intervistati dichiara che da grande vorrebbe un lavoro come dipendente (21% nel settore privato, il 28% 29 nella pubblica amministrazione), mentre il 41% punta ad un lavoro autonomo (22% come libero professionista, il 19 da imprenditore). Amici e conoscenti influenti, il ‘canale’ più efficace per trovare lavoro Interessante il capitolo dedicato alla ricerca di occupazione, dove emerge che il canale considerato dai giovani più efficace per trovare lavoro, è rivolgersi ad amici o conoscenti influenti che possano introdurre in una realtà lavorativa. E spesso questo canale si è dimostrato più efficace di altri più istituzionali. Buono comunque il giudizio sullo stage in azienda, giudicato dal 38% del campione uno strumento utile sia per orientarsi nella scelta, sia per trovare lavoro. Tra i mezzi considerati molto utili, seguono gli incontri ad hoc per capire quali profili sono i più ricercati dalle aziende (25%), le informazioni sulle tipologie di contratti per i giovani e i consigli di genitori e conoscenti. Internet e social network non ‘sfondano’ Un po’ a sorpresa, in tema di mezzi di ricerca, è il dato sui social network, ai quali i giovani non danno la sufficienza, in quanto ad efficacia nel raggiungimento dell’obiettivo (voto medio: 5,3 contro il 7,9 assegnato alla richiesta di aiuto a persone influenti). Si nota, comunque, una certa corrispondenza tra gli strumenti utilizzati per cercare lavoro e quelli che, effettivamente, hanno dato un risultato, segno che forse i giovani non sono così sprovveduti. Ecco allora che l’invio di CV in azienda risulta il mezzo più ‘gettonato’ per candidarsi, mentre è al secondo posto per efficacia. Simmetricamente, ma in modo opposto, se il ricorso a conoscenze personali viene considerato uno strumento, secondo solo all’invio di curriculum vitae, l’aiuto di parenti e amici è il primo mezzo che ha permesso di trovare occupazione. Coerentemente, rispetto alla valutazione dell’efficacia, quello che ottiene la votazione media più alta è 30 la richiesta di aiuto ad una persona influente (7,9), seguito dallo stage in azienda (7,3) e dall’aiuto a parenti, amici e conoscenti. Andare ai Centri per l’impiego e ricorrere a servizi pubblici di informazione e orientamento, invece, non sono percepiti come strumenti sufficientemente efficaci per trovare un lavoro, al pari delle inserzioni su giornali o siti internet, o mediante social network. Chi lavora è soddisfatto e non cerca di cambiare, anche se l’impiego è poco prestigioso Tra i lavoratori, quindi coloro che un’occupazione l’hanno trovata, il 58% si dichiara soddisfatto e non cerca di cambiare. Tuttavia, l’elemento di maggiore insoddisfazione è rappresentato dal livello di prestigio di cui gode il proprio impiego, seguito dalla scarsa coerenza che ha con il percorso di studi fatto. Buono invece il grado di soddisfazione circa i tempi per raggiungere il luogo di lavoro, il rapporto coi colleghi e l’interesse verso l’attività. Scuola e lavoro, ‘vasi comunicanti’ nel sistema regionale di istruzione e formazione Di fronte allo scenario disegnato dalla ricerca, l’assessore Rossetti ha espresso il suo auspicio: “Dare alla Liguria un sistema duale (in cui scuola e lavoro si integrano nel percorso di formazione degli studenti, ndr) così come è negli altri Paesi europei”. Rossetti si augura che “Tutti possano frequentare, da studenti, un ambiente di lavoro, conoscerne l’approccio, le regole e verificare quello che fanno i lavoratori”. E proprio l’alternanza scuola-lavoro e le occasioni di contatto degli studenti con un ambiente lavorativo è considerato dall’assessore Rossetti lo snodo centrale per organizzare il sistema regionale di istruzione e formazione, in cui le competenze pratiche possano assumere un ruolo sempre più importante nel percorso formativo dei giovani. Senza contare che, creando le occasioni per cui gli studenti possano entrare nelle aziende, si permette un confronto tra quello che si apprende sui banchi di scuola e quello che è richiesto dal mondo produttivo. In questo senso vanno dunque i poli tecnico-professionali, su cui la Regione sta puntando molto; l’auspicio di Rossetti è quello che, sempre più, anche i licei s’inseriscano in questa rete per concorrere ad abbattere quella convinzione, molto radicata, secondo cui “prima si studia, poi si cerca un lavoro”. Le due esperienze devono, invece, contaminarsi e realizzare una struttura di ‘vasi comunicanti’ sempre più consolidata. E’, quindi, importante che i giovani abbiano la possibilità di ‘vedere’ la realtà dell’azienda e incontrare le professioni che vi operano. Il contatto diretto con il mondo del lavoro aiuta i ragazzi a capire come ci si comporta in impresa. L’esperienza è sempre più richiesta, anche tra i giovani, e chi non ce l’ha rischia di rimanere ai margini, è per questo che occorre cogliere tutte le occasioni per venire a contatto con le realtà aziendali. La ricerca, secondo Rossetti, rappresenta, quindi, un ‘serbatoio’ di informazioni da cui attingere per l’implementazione di politiche regionali, mirate sui giovani e il mondo del lavoro, e per verificare e valutare le azioni intraprese dalla Regione con il Fondo sociale europeo. “In sette anni – ha spiegato l’assessore – sono stati messi in campo 120 milioni di euro per sostenere politiche per l’orientamento, per la lotta all’esclusione scolastica, per la costruzione di un asset che rafforzi i legami tra le imprese e il mondo della scuola, per rilanciare gli antichi mestieri e per promuovere le professioni della blue e della green economy (economia fondata su un ecosistema sostenibile, ndr)”. Gaetana Feniello, dirigente del Liceo Gobetti, ha quindi concluso, esortando gli studenti a rafforzare le proprie competenze trasversali, per qualificarsi in chiave europea e aumentare il bagaglio di conoscenze spendibili nel mondo del lavoro. 31 ORIENTAMENTO Le nuove tecnologie, porta di accesso al mondo del lavoro per i giovani Il tema è stato discusso al Forum internazionale dell’Orientamento A cura di Silvia Dorigati e Paola Mainini – Agenzia Liguria Lavoro Il 13 novembre scorso, in occasione del Salone Orientamenti, si è tenuto il Forum internazionale dell’orientamento. Motivo conduttore:‘Orientare al futuro: i giovani e i percorsi di occupabilità’. ’Orientamento e nuove tecnologie’ è stato il motivo conduttore della prima giornata del Forum. Marina Rozera, di Isfol che ne ha coordinato i lavori, ha messo in evidenza come l’applicazione della ‘Youth guarantee’ impegni i Paesi ad attuare politiche per la giovane generazione che sa usare tecnologie e paradigmi cognitivi, differenti da quelli degli adulti. Nei rapporti elaborati da Isfol sono contenute riflessioni su come i ragazzi utilizzano le informazioni: sono facilitati, certamente, quelli che sanno padroneggiare gli strumenti informatici. Il tema è stato approfondito, in videoconferenza, dalla ricercatrice finlandese, Jaana Kettunen, che ha esposto i risultati di una ricerca effettuata su professionisti del mondo della scuola e dei servizi per l’impiego. Gli operatori vedono i social media, utilizzati quotidianamente, come mezzo per acquisire informazioni ‘one to one’, come spazio di lavoro interattivo, come spinta al cambiamento, come alternativa al modo tradizionale di comunicare. Riconoscono che devono adottare nuove metodologie e sviluppare nuove abilità. 32 L’Assessore Sergio Rossetti espone l’intenzione della Regione Liguria di mettere a sistema quanto già esiste, in fatto di esperienze e servizi di orientamento. Si è impostato un lavoro, in ambito scolastico, per contrastare l’abbandono in crescita, anche sul nostro territorio. “L’Europa ci sprona a puntare sull’investimento formativo dei giovani, e a metterlo in relazione allo sviluppo economico. Per questo, la Regione sta puntando sulla connessione tra le filiere formative e orientative, con quelle del lavoro” – afferma Rossetti che prosegue con una riflessione rispetto alla precarietà degli orientatori stessi e alla necessità di riconoscere la qualifica. Una volta promosse le linee guida nazionali, bisogna uscire dal piano della programmazione e passare all’azione, facendo emergere le buone pratiche. “Occorre poter contare su un sistema e su modalità strutturate di valutazione. L’importanza dell’orientamento è infatti strategica, in quanto, a pieno titolo, diritto di cittadinanza”. Le esperienze sul territorio Renato Truce di Mandragola editrice ha illustrato l’esperienza di ‘Radio Jeans’, progetto regionale che si fonda sul nucleo delle redazioni scolastiche e che abbraccia, oggi, più canali (www.onstagefse.it). ‘Radio Jeans network’ è la radio dei giovani, in cui tutti concorrono a costruire la programmazione; sono cento le stazioni già presenti in Liguria, molte stanno nascendo in Italia e in Europa (una è a Bruxelles). È stata sperimentata per la prima volta, in Liguria, grazie all’ARSSU, l’ente regionale per i servizi scolastici e universitari della Regione. Il palinsesto è quindi un patrimonio comune, il risultato del lavoro di ragazzi provenienti da parti diverse d’Italia e d’Europa con passioni e interessi differenti. Non sfugge, oltre la valenza formativa, anche quella orientativa. Il nuovo progetto “Onstage - il palcoscenico che orienta - la radio: dall’etere al digitale” si articola in una serie di iniziative, pensate per dare la possibilità ai giovani di approfondire la conoscenza e il linguaggio dei media, tramite uno strumento di diffusione e intrattenimento unico come la radio. L’evoluzione in digitale e le nuove opportunità offerte da questo dispositivo rappresentano l’occasione per coinvolgere i ragazzi e le ragazze nel dibattito sui problemi da affrontare, per arrivare al mondo del lavoro. Davide Strozzi ha portato l’esperienza sulle nuove tecnologie per l’orientamento e la mobilità professionale, partendo dalla sua condizione di giovane imprenditore (vedi Forum n. 108 pag. 81). Hanno proseguito Monica Beccatelli, coordinatrice dei servizi per l’impiego della Provincia di Siena, insieme a Giulio Iannis del Centro Studi di Pluriversum, che ha supportato l’inserimento delle tecnologie dell’orientamento nell’ambito dei CPI. Queste alcune considerazioni: l’utilizzo delle nuove tecnologie permette di raggiungere territori periferici, quindi più giovani, abbattendo i costi, per il servizio pubblico, si tratta, quindi, di una sfida molto interessante. Nonostante la motivazione degli operatori, talvolta, il passaggio non è vissuto in modo subito positivo. Sicuramente, lo strumento informatico può, o meno, favorire la diffusione delle informazioni, l’importante è saperne valutare con precisione le finalità per utilizzarlo al meglio. Rispetto all’esperienza di utilizzo del software ‘Sorprendo’ ha portato la sua testimonianza Maria Graziella Pellegrini, della Regione Friuli Venezia Giulia che mette in evidenza come l’esplorazione attiva, con il supporto di un operatore dell’orientamento, ampli la conoscenza del mondo delle professioni, solleciti quesiti per l’approfondimento e faciliti la scelta di opzioni possibili. Ovviamente, è efficace se inserito in un percorso che prevede la restituzione degli esiti alla persona. Sul territorio genovese, il software ‘Sorprendo’ è stato sperimentato nella seconda classe di una scuola secondaria di primo grado di Genova-Sampierdarena; l’esperienza, raccontata da Fulvia Merli ha messo in evidenza la maggiore utilità del prodotto se utilizzato con ragazzi già abbastanza strutturati, mentre si è dimostrato meno efficace con ragazzi ancora poco orientati. È utile comunque per far conoscere ai giovani le professioni e la loro varietà. Da considerare come i ragazzi stranieri possano avere qualche difficoltà in più nell’utilizzo. Giuseppe Scarrone, dirigente del servizio Istruzione e formazione professionale della Provincia di Genova, espone come ‘Sorprendo’ sia stato utilizzato nell’ambito del Progetto ARIOS, dedicato a studenti in uscita dalla scuola superiore, tramite il ‘Centro di eccellenza Atene’. I giovani hanno ricevuto informazioni più dettagliate sulle professioni, presentate in modo attrattivo. Si amplia così il possibile spettro di interessi, mettendo, se opportuno, in discussione, una scelta non sufficientemente supportata. Marco De Silva, funzionario regionale di CGIL Liguria, è intervenuto (al posto di Serena Sorrentino), anche in qualità di una precedente e consolidata esperienza in ambito orientativo, risalente agli anni ’90, presso il Centro di informazione disoccupati 33 della Camera del lavoro di Genova. Pone l’accento, da subito, sul fatto che “se l’utilizzo dell’informatica fosse così diffuso nel nostro paese, il futuro, anche delle giovani generazioni, sarebbe meno incerto e dubitativo”. Invita la platea a riflettere su come sarà possibile far funzionare al meglio la ‘Youth guarantee’, e ricorda il D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 181 ‘Disposizioni per agevolare l’incontro fra domanda ed offerta di lavoro’ che dava, tra l’altro, indirizzi generali ai servizi per l’impiego, ai fini della prevenzione della disoccupazione di lunga durata. Questa riflessione, da parte di tutti i soggetti, è importante, in un momento in cui i Neet o i ‘Left behind’, termine usato dal CNEL, corrono il rischio concreto di marginalità sociale e di povertà. La caratteristica fondamentale dei servizi è, pertanto, l’accessibilità, secondo livelli di prestazione definiti. Si parla del prossimo avvio di un portale nazionale, e, sicuramente, la tecnologia è un mezzo che facilita la partecipazione, ma se badiamo al nostro contesto, viene da pensare che le informazioni difficilmente saranno disponibili, a partire dal prossimo anno. Attualmente, ci sono banche dati che non comunicano, informazioni a cui neanche i soggetti che si occupano di orientamento possono accedere. Se, come è giusto, vanno intercettate le persone che non hanno opportunità, questa sarà una vera sfida. Per questo occorre, accanto alle risorse stanziate per la ‘Youth guarantee’, investire anche su operatori formati, non precari, meno impegnati in attività di carattere burocratico. Il rischio è che l’opportunità si risolva in una somma di lavori brevi e poco retribuiti, per far fronte a numeri enormi; l’offerta formativa potrebbe non essere di qualità e uniformemente diffusa. Inoltre, nel nostro Paese, i CPI non sono tutti nelle stesse condizioni. L’auspicio è che le persone per cui l’iniziativa è stata pensata vengano davvero raggiunte e ne possano beneficiare con profitto. Speranzina Ferraro, coordinatrice del Piano nazionale dell’orientamento, del Ministero dell’Istruzione, tira le fila dei lavori e conclude, fornendo un’indica- 34 zione attesa. “Il momento, per l’orientamento, è caldo: Mai, in precedenza, le istituzioni si sono sedute attorno ad un tavolo, per condividere mission e strategie per l’orientamento”. Il Decreto-legge 104/2013 è stato convertito in legge (L. 128/2013 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, recante misure urgenti in materia di istruzione, universita’ e ricerca) e le attività indicate sono quindi un obbligo per le scuole.“Le tecnologie - afferma Ferraro - sono uno strumento, ma soprattutto una risorsa per accrescere la produttività e le speranze per le future generazioni, ‘ripescando’ anche chi si è perso per strada e di cui si è persa traccia.”“Il salto, per cui occorre impegnarsi – prosegue – è quello della definizione dei servizi nelle scuole, nei CPI, nella formazione professionale che siano sinergici, coerenti, raccordati tra loro, accomunati da una stessa lingua e che offrano una risposta univoca ai bisogni. E quando si parla di bisogni, si intendono anche quelli non espressi, in uno spazio fisico ben definito, formando su mestieri che ancora non conosciamo, per problemi che ancora non sappiamo, con tecnologie che ancora non ci sono”. In una parola, bisogna attrezzare le persone per superare problemi – personali e professionali. Orientamento e nuove tecnologie Introduce e modera: > Marina Rozera, ISFOL Intervengono: > Orientamento e social networks: l’approccio degli operatori Jaana Kettunen, Ricercatore – Università di Jyväskylä (Finlandia) > Orientamento e comunicazione: l’esperienza di RadioJeans Renato Truce, Direttore – Mandragola Editrice > Esperienze Digitali Interattive, “User Centered Design” e Visione d’Insieme Davide Strozzi, Presidente – eConcept s.r.l. - comuni- Rete Territoriale – Provincia di Siena > Risorse tecnologiche per un orientamento educativo: l’esperienza di S.OR.PRENDO, Maria Graziella Pellegrini, Coordinatore centro risorse per l’istruzione e l’orientamento – Regione Friuli Venezia Giulia Nuove tecnologie, lavoro, orientamento, formazione > Serena Sorrentino, Segretario Confederale – CGIL Conclude: > Speranzina Ferraro, Coordinatore del piano nazionale orientamento – Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca care innovando > Nuove tecnologie per l’orientamento e la mobilità professionale Monica Becattelli, Coordinamento Centri Impiego e 35 A cura del Centro Studi – Sezione lavoro – Ordine Consulenti del Lavoro Genova e provincia Il 2014 è davvero l’anno di inizio della riduzione del cuneo fiscale? A cura del Centro Studi – Sezione lavoro – Ordine Consulenti del Lavoro Genova e provincia Prima di dare risposta alla domanda, occorre sottolineare l’esatta definizione del termine “cuneo fiscale”; esso rappresenta il delta ovvero la differenza fra il costo del lavoro sostenuto dalle aziende ed il netto che percepisce il lavoratore. Detto questo, dobbiamo anche tenere a mente che viviamo un momento storico di forte crisi generale e al contempo, giusto o sbagliato che sia, l’Europa chiede agli stati membri una politica di assoluta austerità. Fatte queste dovute premesse, il 2014 porta in dote la speranza che qualcosa in termini di riduzione del cuneo fiscale sia fatto. Gli interventi normativi di riduzione hanno riguardato l’aumento, seppur in misura quasi impercettibile, delle detrazioni fiscali previste per i lavoratori dipendenti, una nuova deduzione sulla base imponibile IRAP, la riduzione dei premi dovuti all’INAIL. Aumento detrazioni di lavoro dipendente L’articolo 1 comma 127 della Legge 27.12.2013 N. 147 (Legge di stabilità 2014) ha aumentato le detrazioni fiscali previste per il lavoro dipendente ed assimilato per tutte le fasce di reddito al di sotto dei 55mila euro. 36 R U B R I C A L’ESPERTO RISPONDE Per darvene alcuni esempi, stiamo parlando di euro 226 annui su un reddito di euro 15.000,00 e di euro 167 annui su un reddito di euro 20.000,00 e comunque fatto salvo l’eventuale aggravio di addizionali IRPEF stabilito a livello locale. Restano invariate rispetto al passato le detrazioni minime spettanti, da non rapportare al periodo di lavoro, pari a euro 690,00 per rapporti di lavoro a tempo indeterminato, elevati a euro 1380 in caso di rapporto di lavoro a tempo determinato. Cambiano invece le detrazioni da rapportare al periodo di lavoro; infatti, rispetto al passato, nel 2014 le detrazioni per lavoro dipendente sono: > euro 1880,00 se il reddito complessivo non supera gli 8000 euro; tale aumento tuttavia non produrrà alcun beneficio fiscale, in quanto l’imposta IRPEF per quel reddito sarà di euro 1.840,00. > euro 978,00, aumentata del prodotto tra 902 euro e l’importo corrispondente al rapporto tra 28.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 20.000 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 8.000 euro ma non a 28.000 euro. > euro 978 se il reddito complessivo è superiore a 28.000 euro ma non a 55.000 euro; la detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 27.000 euro. A fronte di questo intervento normativo, la no taxarea in caso di titolarità di rapporti di lavoro dipendente, svolti per l’intero periodo d’imposta, passa dagli 8.000,00 euro del 2013 agli attuali 8.145,40 euro. Tradotte in operazioni matematiche le detrazioni saranno così calcolate Reddito superiore a euro 8.000,00 ma non a euro 28.000,00 978 + (902 x (28.000,00 – reddito complessivo)) 20.000,00 Reddito superiore a euro 28.000,00 ma non a 55.000,00 978 x (55.000,00 – reddito complessivo) 27.000,00 Nuova deduzione IRAP sul costo del lavoro L’art. 1 comma 132 della Legge 27.12.2013 n. 147 (Legge di stabilità 2014) ha previsto che, con decorrenza dal periodo d’imposta 2014, ai soggetti passivi IRAP con esclusione delle Pubbliche Amministrazioni, qualora incrementino il numero di lavoratori dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato, rispetto al numero dei lavoratori assunti con il medesimo contratto, mediamente occupati nel periodo d’imposta precedente, spetta una deduzione del predetto personale per un importo annuale non superiore a 15.000 euro, per ciascun nuovo dipendente assunto che potrà beneficiarne per il periodo d’imposta corrente e per i successivi due periodi d’imposta. Per dare operatività alla deduzione occorrerà verificare i seguenti requisiti: 1. L’assunzione deve essere a tempo indeterminato; 2. Dal nuovo rapporto lavorativo deve risultare un incremento della forza lavoro a tempo indeterminato, rispetto alla base occupazionale media del periodo d’imposta precedente; conseguentemente, vista la possibilità di beneficiare della deduzione anche per i due periodi d’imposta successivi, alla fine di ogni periodo d’imposta sarà necessario procedere al confronto tra il numero di lavoratori mediamente occupati a tempo indeterminato nell’anno di assunzione con quelli occupati del periodo d’imposta corrente. La misura della deduzione che, come precedentemente abbiamo visto, è pari ad un massimo di euro 15.000,00 per ogni nuovo dipendente assunto a tempo indeterminato, non potrà in ogni caso superare la differenza tra il costo del lavoro del personale negli anni agevolati e quello dell’anno precedente. Riduzione dei premi dovuti all’INAIL L’art. 1 comma 128 della Legge 27.12.2013 N. 147 sembra aver finalmente dato ascolto a quanto la Presidente Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, dott.ssa Marina Elvira Calderone aveva più volte evidenziato a livello istituzionale. Dalla lettura del disposto normativo, infatti, le risorse per ridurre ulteriormente il cuneo fiscale verranno reperite con la rivisitazione dei tassi che si tradurranno in una diminuzione del premio assicurativo dovuto all’INAIL. Ad oggi, quale sia la portata di tale riduzione non è nota ma, nel frattempo, per dare immediata operatività al comma 128 dell’art. 1 Legge 27.12.2013 n. 147, su sollecitazione del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, è stata prorogata la scadenza per il pagamento del premio INAIL 2013/2014 al 16 maggio 2014. Conclusioni Preso atto del passo avanti, fatto a livello nazionale, per riportare il costo del lavoro ad un livello sostenibile, auspichiamo che quanto fatto per il 2014 non venga vanificato a livello locale e sia un punto di partenza verso la giusta direzione, affinché il nostro Paese torni a competere a livello mondiale e, nel contempo, riesca ad attrarre investitori stranieri. 37 A cura di Alberto Vergani Prove di valutazione Libro bianco sulla valutazione in Italia Franco Angeli – Milano – 2013 Q uesto Libro Bianco, che colma una lacuna esistente nel nostro Paese, nasce dall’impegno preso nel 2012 dal Direttivo della Associazione Italiana di Valutazione (AIV) di “fare il punto” sullo stato della valutazione in Italia, fornendo elementi di analisi e riflessione, nonché suggerimenti e indicazioni per il suo miglioramento. Infatti, la valutazione, intesa come utilizzo dei metodi e delle tecniche della ricerca sociale, per formulare giudizi argomentati su uno specifico intervento o ambito di politica pubblica, si è sviluppata in maniera rilevante, in Italia, negli ultimi venti anni ma, non sorprendentemente, ciò è accaduto con luci e ombre, mostrando punte di eccellenza, ma anche aree di criticità e difficoltà, nell’incidere effettivamente nei processi decisionali, relativi alla cosa pubblica. Il volume si struttura in una serie di contributi settoriali, ciascuno riferito a un ambito di policy specifico: università e ricerca; politiche di coesione; Pari Opportunità di genere; politiche sociali; politiche di sviluppo rurale; sistema educativo; sanità. Si aggiungono, inoltre, due approfondimenti che guardano al tema delle competenze, rispettiva- 38 R U B R I C A IN LIBRERIA mente “per fare valutazione” e come “oggetto di valutazione”. Infine, il volume presenta una prima ricognizione della percezione del mercato della valutazione in Italia, da parte di un campione di socie e soci AIV. Tutti i contributi, pur nella loro diversità di sguardo e di autore/ice, descrivono e - se possibile – quantificano, in termini fisici e finanziari la domanda di valutazione e le attività di valutazione svolte negli anni più recenti; ricostruiscono da dove vengono le linee di indirizzo e di governo; danno conto del profilo tipologico dei principali soggetti attivi sul lato della domanda e dell’offerta di valutazione; illustrano i temi dei quali si sono occupati le più importanti valutazioni realizzate; presentano le aree di criticità di ogni “campo valutativo” nonché una “chiave di lettura” sintetica e di prospettiva. Alberto Vergani, sociologo, si occupa, da quasi venticinque anni, di welfare e politiche territoriali. Su questi temi svolge attività di valutazione, di ricerca di base e applicata, di modellizzazione e supporto alla implementazione degli interventi. È docente a contratto presso la Facoltà di Sociologia dell’Università di Milano-Cattolica; è stato presidente di AIV, di cui dirige attualmente la rivista, Rassegna Italiana di Valutazione. N.B. Il volume è stato presentato a Genova, presso l’Università degli Studi, insieme al testo seguente. La redazione di Forum ha partecipato all’incontro, e fornirà, nel prossimo numero, una breve sintesi delle questioni messe in luce, sul tema della valutazione. Riccardo Grozio Gianfranco De Ferrari Annuario ligure del Non Profit 2014 Edizioni Genova Dove È stato pubblicato l’“Annuario ligure del non profit 2014”, che rappresenta una preziosa fonte di informazioni circa le realtà del terzo settore operanti nel territorio della regione Liguria. Il terzo settore è molto importante nella nostra regione ed ha assunto un ruolo e uno sviluppo sempre più rilevante nel corso degli anni nonostante il difficile momento economico. Il Testo Unico delle norme sul terzo settore, lr 42/2012, ha riconosciuto il ruolo del terzo settore in Liguria, valorizzandone ogni singola specificità. Oltre alle organizzazioni di volontariato, la legge regionale ricomprende le associazioni di promozione sociale, le cooperative sociali, le imprese diverse dalle cooperative sociali e le società di mutuo soccorso. Il Testo Unico,inoltre, individua quali soggetti del terzo settore, solo se caratterizzati da prevalenti finalità sociali di interesse generale, le fondazioni, gli istituti di patronato, e infine, gli enti e organismi facenti capo alle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese. http://www.regione.liguria.it/argomenti/sanita-e-politiche-sociali/terzo-settore/annuario-ligure-non-profit-2014.html L’Annuario Statistico Regionale, realizzato da Re- sentata lo scorso 5 febbraio; hanno partecipato all’incontro l’assessore regionale alle Politiche abitative, Edilizia e Lavori pubblici Giovanni Boitano; il presidente e il segretario generale di Unioncamere Liguria Paolo Odone e Giorgio Marziano; il direttore di Liguria Ricerche Riccardo Podestà; Mauro Palumbo, dell’Università di Genova. Fra gli argomenti del report, un focus sull’economia ligure negli anni della crisi, l’andamento del mercato del lavoro e delle principali variabili demografiche e sociali. gione Liguria e Unioncamere Liguria, fornisce l’informazione statistica ufficiale sia su tematiche socio-demografiche sia economiche; informazione statistica garantita da metodologie di rilevazione ed elaborazione dei dati condivise e coerenti con quelle adottate a livello nazionale ed internazionale. L’ultima edizione, relativa all’anno 2013, è stata pre- Dal 2013 è anche disponibile “l’aggiornamento continuo dell’Annuario” dove si possono visualizzare e scaricare le tabelle, man mano che le stesse vengono aggiornate in base alla disponibilità dei dati nel corso dell’anno. Sul prossimo numero di ‘Forum’, un abstract dei dati più salienti. https://statistica.regione.liguria.it/annuario/ Annuario statistico regionale 2013 Liguria 2013 39 A cura di Piergiorgio Reggio Elena Righetti L’esperienza valida Teorie e pratiche per riconoscere e valutare le competenze Carocci editore – Roma - 2013 L’esperienza di lavoro e di vita è preziosa per chi la fa. Attraverso di essa impariamo e sviluppiamo competenze. L’esperienza non è solo un modo per diventare competenti, ma è soprattutto apprendimento, patrimonio personale di conoscenza del soggetto. Essa dice ciò che sappiamo e sappiamo fare. Per essere valida necessita, però, di essere socialmente riconosciuta. A questa esigenza rispondono le pratiche di riconoscimento e validazione degli apprendimenti, acquisiti attraverso l’esperienza, in contesti informali e non formali. Pratiche che si completano con la successiva certificazione delle competenze, basata su standard istituzionalmente definiti. I quadri normativi europeo ed italiano sono ormai 40 delineati e permettono, anzi richiedono, oggi, l’attivazione di procedure di riconoscimento e validazione. Nel volume si analizzano lo stato del dibattito scientifico sul tema e gli esiti di significative sperimentazioni realizzate, in questi anni, in realtà differenti. In particolare, viene proposto il dispositivo EVA(esperienza, validazione, apprendimenti), elaborato a seguito di numerosi progetti e già in utilizzo in diversi contesti. Il testo è rivolto a responsabili ed operatori delle politiche attive del lavoro e della formazione, come strumento per dare valore sociale ai saperi che le persone maturano nella quotidianità di lavoro e di vita sociale Piergiorgio Reggio, Pedagogista, formatore e valutatore, insegna presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Cattolica di Milano. È direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Valutazione. Elena Righetti, Esperta di apprendimento e formazione in età adulta, è responsabile dell’Area validazione e certificazione delle competenze dell’Istituto Italiano di Valutazione. LA METODOLOGIA L’Associazione Grafologica Italiana presenta professione, metodologia e ambiti di lavoro Una significativa esperienza con i giovani al Salone Orientamenti A cura di Maria Teresa Morasso, Carolina Mantegazza, Antonietta Selis Venturino, consulenti grafologhe A.G.I. Liguria L’esperienza con gli studenti del Salone Al suo secondo anno di partecipazione attiva al Salone Orientamenti, la sezione Liguria dell’A.G.I., con la sua équipe di grafologi professionisti specializzati, ha dato un significativo apporto all’attività di consulenza orientativa a favore degli studenti che si sono avvicendati, numerosissimi, allo stand allestito nel Padiglione B della Fiera di Genova. L’analisi dei bisogni costituisce, nella maggioranza dei servizi alla persona, il primo step del processo di accoglienza e ascolto di chi li richiede. Se, dagli occhi dei ragazzi pervenuti al desk trapelavano curiosità, timore, timidezza, speranza, misti a ideali e sogni, ma anche preoccupazione per il futuro, il rapido e massiccio passaparola che ne ha portato in tre giorni ben oltre 200 ad accostarsi al servizio di orientamento grafologico, facendo lunghe e pazienti file in attesa del proprio turno, evidenzia, in modo esplicito e inequivocabile, il loro bisogno di essere ascoltati e compresi, al di là e prima ancora di avanzare richieste specifiche e interrogativi formali. E ‘l’ascolto’ delle loro grafie, linguaggio espressivo tra i più autentici e immediati, ha fatto emergere alcuni indici significativi per frequenza e trasversalità. Fra le femmine: la tendenza ad occupare in modo limitato lo spazio grafico – spazio vitale –, una gestualità poco netta, carente di tono, oppure tesa, compressa, spiccata curvilineità, lettere gonfie ma schiacciate, scarso respiro fra lettere e fra parole, con addossamenti fra le lettere e accartocciamenti del tracciato, movimenti bloccati, non omogeneità o andamento regressivo degli assi letterali, forme accurate. Per quanto riguarda le ragazze, il controllo prevale sulla spontaneità, con l’esigenza di contenere ciò che potrebbe destabilizzare. Emerge la prevalenza di un’attitudine difensiva, la costante vigilanza rispetto a se stessi e agli altri. Fra i maschi: masse grafiche disposte in modo disordinato, gesti che si allungano verso l’alto o che si accorciano improvvisamente; dimensione letterale tendenzialmente piccola, movimento trattenuto, che progredisce a scatti o in modo convulso, titubanze e ripiegamenti. I maschi sembrano distin- Giovani in attesa al Salone Orientamenti 41 guersi per modalità reattive più evidenti, un po’ ‘ingarbugliati’ nei loro contrasti, in affannosa ricerca di qualcosa oltre il quotidiano, da cui trapela nervosismo e inquietudine di fondo. Sono solo alcune delle evidenze che caratterizzano le grafie di tanti ragazzi, fra i 16 e i 18 anni, che hanno visitato il Salone e da cui nasce una considerazione: forte bisogno di punti di riferimento, apprensione diffusa, timore di autodeterminarsi ed esporsi, carente capacità di riconoscimento dell’altro, disorientamento affettivo nelle relazioni. Alcune grafie, di entrambi i sessi, evidenziano nature ipersensibili, delicate, vibranti, dotate di capacità intuitive, di creatività, un po’ nascoste dietro a segni grafici leggeri e agili, rivestiti di forme personalizzate, poco eclatanti ma molto significative. Comune a tutti la sensazione di essere un po’ sospesi in una situazione di stasi, dalla quale vorrebbero uscire e un grande desiderio di capire cosa fare e come procedere. Senza cadere in facili generalizzazioni, è pur vero che un campione numericamente considerevole, come quello osservato durante le tre giornate in Fiera, produce qualche dato su cui riflettere. Cosa hanno detto i giovani “Foorte!”“Ma funziona, è incredibile!”“Come fa a sapere queste cose di me?” “Graazie!”, sono alcune delle esclamazioni dei ragazzi al termine dell’osservazione – estemporanea ma molto accurata – delle produzioni grafiche, redatte sotto gli occhi degli esperti: importante per la completezza dell’analisi, specie in età adolescenziale, osservare le modalità in cui si realizza il movimento grafico, il tipo di prensione dello strumento, la postura, il grado di rilassamento o tensione di tutto il corpo, la posizione del foglio, oltre, naturalmente, alla mano abitualmente utilizzata per scrivere, destra o sinistra. 42 Ampi sorrisi, tutti stupiti del fatto che, da quelle poche righe scritte, potesse venire fuori così tanto di sé, con riscontri aderenti alla loro realtà, restituita senza giudizio né valutazioni di merito o demerito. Ma con la sola forza del riconoscimento di quanto, nel disorientamento del cammino di crescita e sotto la maschera dello sforzo di adattamento all’ambiente, ognuno di loro sente, in fondo in fondo, di essere. E che attende di essere letto, interpretato ed enunciato da osservatori esterni neutrali e accreditati. Lo stupore per la quantità e precisione dei dati che li riguardano, ottenuti dal riscontro dell’osservazione grafologica, è bilanciato dalla semplicità della risposta di chi, da anni, svolge con convinzione e rigore professionale l’attività di consulenza in questo ambito: “Applico correttamente un metodo che ho studiato con grande impegno, in tutti questi anni e che, prima di me, hanno sondato, sperimentato e utilizzato studiosi del linguaggio, medici, psicologi, scrittori, filosofi e molti altri, fra coloro che hanno capito che la scrittura non è una sterile traccia su un foglio ma la trasposizione simbolicoespressiva di ciò che siamo”. La consulenza grafologica e l’orientamento La Grafologia è la disciplina che si prefigge di analizzare le caratteristiche peculiari dell’individuo, osservandole da un preciso punto di vista: quello della sua scrittura e, più in generale, della sua attività grafica spontanea. Nell’atto dello scrivere a mano, è coinvolta tutta la soggettività personale nella sua unicità e nella sua complessa attività cerebrale e neuromuscolare. Dalla funzione ideativa fino ai movimenti fini della mano e delle dita è tutto l’individuo che, scrivendo, si muove sul foglio ed esprime, affermandolo, il suo modo particolare di essere. Ecco perché è così importante, ai fini dello sviluppo psicomotorio il corretto insegnamento della scrittura ai soggetti in età prescolare e scolare, seguito - e preferibilmente non soppiantato - dall’eventuale adozione di dispositivi tecnologici compensativi e di supporto. A partire dalle forme grafiche realizzate sulla carta, attraverso una metodologia di indagine rigorosa e trasmissibile, è possibile rilevare le dinamiche grafomotorie sottese al gesto grafico, e, da queste, risalire alle caratteristiche della persona, ai suoi modi di pensare, di fare, di essere. Nell’ambito dell’orientamento scolastico e professionale e, più ampiamente, nella prospettiva di un orientamento lifelong, la consulenza grafologica contribuisce a mettere in luce le potenzialità e le risorse di cui ogni individuo dispone, insieme alle motivazioni profonde, alle tendenze, alle predisposizioni. L’analisi dei materiali grafici costituisce un utile strumento di conoscenza e di consapevolezza dei propri percorsi evolutivi – si analizzano, quando è possibile, dalle prime tracce segniche infantili alla scrittura automatizzata, via via sempre più personalizzata – al fine di individuare le tappe più efficaci e produttive, da seguire nella costruzione delle competenze personali e nella progettazione delle scelte di studio, formative e professionali. Con un obiettivo primario, sempre al centro dell’osservazione e della restituzione: valorizzare la propria autenticità per un’autorealizzazione, il più possibile congrua e soddisfacente. Conoscere le proprie risorse e i propri limiti per evitare errori, cadute, frustrazioni e per indirizzarsi là dove i punti di forza personali possano essere sviluppati e trasformati in competenze concrete, e dove i talenti di ciascuno possano trarre saturazione e compimento realizzativo. La professione La professione di grafologo dell’orientamento, delicata e densa di responsabilità, si esplica, a fronte di un adeguato percorso formativo permanente, idealmente nel servizio integrato di consulenza individuale/familiare/scolastica: è nel rapporto congiunto con le strutture educativo - formative primarie che il contributo grafologico può assolvere al meglio il proprio compito informativo e orientativo, circa i punti di forza e di debolezza, i rischi, le opportunità che un ragazzo - come peraltro un adulto - in fase di scelta, dovrebbe considerare. In tal senso l’A.G.I. porta avanti, da molti anni, in diverse aree geografiche del territorio nazionale, esperienze e percorsi sperimentali, all’interno di istituti scolastici di vario ordine e grado e, più limitatamente - non per mancanza di volontà propria - progetti di divulgazione e sensibilizzazione, in collaborazione con sedi universitarie. Come, ad esempio, i laboratori di grafologia, svolti per gli studenti del corso di laurea triennale e specialistica in psicologia, presso Scienze della Formazione dell’Università di Genova. Ciò che oggi, più di ieri ,qualifica il lavoro del grafologo consulente, come di altri professionisti operanti nel settore dell’orientamento scolastico e professionale, è la dilatazione della prospettiva in cui calare le considerazioni dell’esperto, da un lato, e le aspettative del richiedente, dall’altra. L’assenza di un’idea di partenza, di desideri e aspirazioni, di una ‘passione’ con cui avviarsi alla scelta o, almeno, di una prefigurazione, fondata su un interesse di base, sono condizione sempre più diffusa nello scenario attuale dei giovani, in cerca di scoprire obiettivi scolastici e professionali da raggiungere. E dunque, a maggior ragione, l’azione di orientamento, da parte del grafologo, si espande e abbraccia, non più solo l’evidenziazione delle attitudini, in vista di una rotta utile nella scelta dell’indirizzo scolastico o per intraprendere la professione tout court, ma anche, e soprattutto, la rilevazione delle capacità progettuali in senso lato, considerando, in primis, le abilità trasversali e la predisposi- 43 zione del soggetto, ad affrontare e gestire il proprio ‘disorientamento’ e a non subire, bensì cavalcare, il cambiamento (cfr. Millevolte A., 2011, Orientare al lavoro in tempo di crisi, Attualità Grafologica n. 119, p. 85, Ancona, A.G.I.). Chi siamo L’ A.G.I. è un’organizzazione senza scopo di lucro che, da oltre 50 anni, si occupa della divulgazione e dello sviluppo della disciplina grafologica e della qualificazione e aggiornamento dei grafologi professionisti ad essa aderenti, nei diversi ambiti di applicazione: orientamento scolastico e professionale, consulenza aziendale per la scelta e la gestione delle risorse umane, analisi di documenti in ambito peritale e giudiziario, rieducazione della scrittura, consulenza per l’età evolutiva e le relazioni familiari. L’Associazione è, da sempre, impegnata, sia a livello nazionale sia nelle sedi locali in cui si articola su tutto il territorio italiano, nell’organizzazione di seminari, convegni, giornate informative, eventi formativi e di aggiornamento e attività di ricerca. Con l’approvazione della legge 4/2013, che disciplina le professioni non organizzate in ordini o collegi, l’A.G.I. svolge, oggi, un ruolo di riferimento sempre più importante ed impegnativo, non solo nella qualificazione e nell’aggiornamento costante dei grafologi e nella promozione al pubblico degli utilizzi e degli scopi dei servizi grafologici, ma anche nel garantire i livelli di qualità delle prestazioni professionali dei suoi associati: sia di coloro che esercitano nei tradizionali ambiti applicativi della grafologia, sia di quanti si occupano di disgrafia ed operano in tema di rieducazione della scrittura, così come di sensibilizzazione e formazione degli insegnanti alla corretta educazione del gesto grafico, nonché della valorizzazione della scrittura come canale di espressione di sé e campo di osservazione privilegiato nella scuola per la prevenzione del disagio. Già da tempo l’Associazione figura nell’elenco dei soggetti accreditati in via definitiva dal MIUR per la 44 La metodologia La consulenza grafologica si effettua, di massima, secondo una prassi così sintetizzabile: in un primo incontro in studio, preceduto in genere da un conformazione dei docenti (ex D.M. 177/2000) negli ambiti prevalenti dell’orientamento, dell’handicap e dello svantaggio. Oggi figura anche nell’elenco delle Associazioni inserite nel sito del MIUR alla pagina dedicata alle organizzazioni di interesse per i DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento). Il 4 ottobre 2010 è stata inserita nel registro del Ministero della Giustizia, ai sensi del decreto legislativo n. 206/2007, fra le Associazioni riconosciute come rappresentative delle professioni non regolamentate in ordini e albi. Dal 2007 l’A.G.I. è membro del Co.L.A.P. (Coordinamento Libere Associazioni Professionali), all’interno del quale ha attivamente seguito il percorso di riconoscimento legislativo della professione di grafologo, sancito il 14 gennaio 2013 con la legge recante “Disposizioni in materia di professioni non organizzate”. Dal 1° Dicembre 2013 il Co.L.A.P. è la prima forma aggregativa individuata e, a breve, inserita in una specifica sezione ad hoc, dal Ministero dello Sviluppo Economico, ai sensi dell’art. 2, comma 7 della stessa legge 4/2013. L’Associazione Grafologica Italiana aderisce, inoltre, all’ADEG (Association Déontologique Européenne des Graphologues),di cui ha sottoscritto il Codice Deontologico Europeo e grazie alla quale ha stretto contatti di collaborazione con le maggiori associazioni grafologiche estere. La pubblicazione semestrale dell’A.G.I. ‘Attualità Grafologica’ contiene articoli di grafologi italiani ed esteri, contributi di professionisti di altre discipline con cui la grafologia si confronta, informazioni, resoconti, recensioni ed esperienze. Informazioni sulla vita associativa e professionale vengono inoltre inviate tramite newsletter, alla quale è possibile registrarsi gratuitamente dalla homepage del sito www.a-g-i.it. tatto telefonico, il richiedente fornisce i materiali grafici, necessari allo svolgimento del lavoro di analisi; in genere, vengono forniti numerosi saggi grafici: quaderni e disegni delle prime classi della scuola primaria, ma anche, se disponibili, produzioni risalenti alla scuola dell’infanzia; quaderni delle scuole secondarie, almeno uno per anno scolastico, diari, brutte copie di compiti in classe, appunti spontanei, ecc.; oltre, a grafie del periodo in cui si richiede l’analisi. I manoscritti devono essere, almeno in maggioranza, realizzati con la penna di uso abituale, non pennarello a punta grossa, né matita. Alcuni di essi devono riportare in calce la firma del soggetto scrivente. Una breve prova grafica viene di solito eseguita durante l’incontro, per consentire la verifica delle modalità posturali, prensive dello strumento, della posizione del foglio, ecc., che possono influire, specie se scorrette, sull’organizzazione e coordinazione motoria dei movimenti fini, generatori del tracciato (ad esempio, producendo tensione, stanchezza, irrigidimenti, mancanza di fermezza e scioltezza del polso ecc.). Contestualmente, il consulente raccoglie le informazioni minime relative al soggetto richiedente: età, sesso, mano abitualmente usata per scrivere (destrimane o mancino), titolo di studio o tipologia di studi in corso, dati sull’ambiente socio – familiare, motivazioni che hanno portato a richiedere un’ana- lisi grafologica, interessi, aspirazioni, ambiti disciplinari prediletti, eventuali patologie diagnosticate che possano interferire con il gesto grafico, in particolare inerenti la psicomotricità grafica, aspettative riguardanti la consulenza. Spesso, vengono fornite anche le grafie dei genitori del richiedente l’analisi, al fine di consentire la contestualizzazione della situazione individuale, in un quadro educativo e relazionale reale. La durata del primo incontro è di circa 60 minuti. Un secondo incontro è previsto per la restituzione dei risultati, che vengono esposti verbalmente e/o consegnati in forma di sintesi scritta. La durata di questo secondo incontro varia da caso a caso, ma, mediamente, è di circa 120 minuti. A seguito della lettura del documento di sintesi, si possono richiedere ulteriori chiarimenti e/o esporre al consulente eventuali dubbi o nuovi interrogativi, scaturiti dalla lettura del profilo, stabilendo un terzo momento di incontro. È consigliabile, specie quando l’analisi è richiesta in età preadolescenziale e adolescenziale, prevedere una verifica a distanza di sei mesi/un anno circa, per monitorare sviluppi e cambiamenti in atto e per effettuare un fine tuning del quadro orientativo, in funzione delle nuove contingenze. Analisi grafologica, testimonianze Sono un’operatrice di orientamento e l’appuntamento del Salone rappresenta un’occasione per raccogliere indicazioni e informarsi su progetti e servizi, attivi sul territorio. La presenza dello stand dell’Associazione Grafologica Italiana mi ha incuriosito e spinto ad andarlo a visitare. Premetto: di interpretazione della scrittura non ne sapevo nulla, così come delle finalità e dell’utilizzo della grafologia. I giorni del Salone, si sa, sono molto densi e, a tratti, 45 caotici. Si viene catturati da eventi, convegni, impegni, rispetto al proprio ente e al proprio lavoro. Ma…tant’è, l’idea di vedere di che cosa si tratta e se può risultare utile mi è rimasta in mente. Passando davanti alle due scrivanie delle grafologhe, c’erano sempre ragazzi in attesa della consulenza. In effetti, la curiosità delle persone c’è, ma, forse, anche un atteggiamento iniziale – un po’ leggero prima, divertito poi. Fatto sta, che con una collega abbiamo deciso di sottoporci alla prova e vedere che cosa ne usciva. Proprio l’ultimo giorno, approfittando del momento, ci siamo sedute e abbiamo iniziato la nostra prova, ciascuna con una grafologa di riferimento. Poco prima: l’interrogativo reciproco su cosa sarebbe uscito…Ma si, in fondo siamo abituate, vista la nostra professione, a metterci costantemente in discussione, a sottoporci a momenti di supervisione, a riflettere sul sé ecc.ecc. La referente mi ha spiegato, in maniera molto chiara, dapprima cosa rileva la grafologia, in estrema sintesi: le principali caratteristiche di personalità, le potenzialità, le attitudini, i pregi e i punti su cui vale la pena migliorare. Cioè – penso io – proprio quelle compo- 46 nenti importanti di conoscenza di sé, che fanno parte integrante di un percorso di orientamento. Poi, la metodologia utilizzata e le indicazioni per lo svolgimento della prova – necessariamente ridotta, in termini di tempo, visto l’afflusso – ma comunque attendibile e affidabile. Un foglio bianco, la scelta della penna a me più congeniale, l’utilizzo del corsivo, semplici indicazioni, scritte in modo spontaneo. E, infine, la restituzione da parte della professionista che, dopo un po’ di tempo dedicato all’analisi, ha esposto quello che la grafia dice di me. Il tratto molto ‘pesante’, avuto sin dalla scuola elementare, tanto che rischio di passare il foglio e che è la caratteristica peculiare del mio modo di prendere appunti, la scrittura molto arrotondata e altre caratteristiche messe in evidenza, senza che io esponessi nulla del mio carattere, mi hanno in effetti sorpreso. Il foglio ha parlato al mio posto, mettendo in evidenza componenti che, in effetti, penso di avere e che sono state confermate dall’analisi. Forse molto, troppo lusinghiere…oppure veritiere ma, attualmente, solo in potenza. I lati meno positivi che, sicuramente, ci sono, come in ogni essere umano, non sono stati toccati, certamente perché necessitano di un setting meno ‘mordi e fuggi’ e perché, magari, occorre capire ancora meglio il grado di ‘tenuta’ della persona. Uno strumento, quindi, utile, ma poco conosciuto e, perciò, poco diffuso, su cui, probabilmente, gravitano luoghi comuni da sfatare. EDUCAZIONE E ISTRUZIONE Centri Territoriali Permanenti: utenza sempre più ampia ed eterogenea nelle realtà liguri A cura di Laura Barbasio P er conoscere meglio queste strutture e sapere quali attività organizzano nello specifico, la redazione di Forum è andata a parlare con Claudia Nosenghi, referente regionale del M.i.u.r. per l’istruzione degli adulti, e con Alessandra Marini, referente dell’Istituto comprensivo di San Teodoro. Quale è la mission dei C.T.P.? Come recita la circolare n. 456 del 29 luglio 1997 che li ha istituiti, sono nati con l’obiettivo di attivare la realizzazione di un sistema integrato e flessibile, per coordinare e sviluppare le attività di istruzione e formazione in età adulta, per rispondere alla domanda di alfabetizzazione culturale, di acquisizione e di consolidamento di competenze di base, di opportunità di integrazione sociale, di acquisizione e di sviluppo di competenze professionali e di conoscenze e competenze specifiche, di rimotivazione e riorientamento. I CTP in breve In tutta la regione, sono 16 e si distinguono per un’utenza e un’offerta di servizi molto ampie ed eterogenee che spesso cambiano anche in funzione delle mutevoli esigenze del territorio. I C.T.P. (Centri Territoriali Permanenti) sono strutture coordinate dall’Ufficio Scolastico Regionale, istituite con la Legge n. 455 del 29 luglio 1997. Dal maggio del 2003, hanno costituito una rete per instaurare un rapporto di collaborazione sempre più stretto con le istituzioni locali. Presso i C.T.P., in orari flessibili, l’utenza – costituita da italiani e da stranieri con un’età superiore a 16 anni – può conseguire gratuitamente il diploma di scuola secondaria di primo grado, frequentare corsi di alfabetizzazione in lingua italiana – ottenendo la certificazione per i livelli A1, A2, B1, B2, C1 e C2 – e di informazione civica; può partecipare al pro- getto regionale ‘Imparo l’Italiano’. A queste iniziative, si aggiungono quelle meno istituzionali ma comunque di grande interesse e utilità, come i corsi di informatica e di inglese e le attività ludicoculturali a cui, chi lo desidera, può partecipare pagando cifre irrisorie. Il loro riferimento amministrativo e didattico è un’istituzione scolastica, di solito, un istituto comprensivo, cioè un istituto scolastico che comprende una scuola primaria di primo e di secondo grado e secondaria di primo grado. Nella prospettiva di futuri cambiamenti, dovrebbero arrivare a chiamarsi C.P.I.A. (Centri provinciali per l’Istruzione degli Adulti) ed essere collegati a delle scuole secondarie di II grado che organizzano anche corsi pomeridiani e serali e ad enti di formazione professionale, per poter ampliare ancora il loro raggio di azione. 47 Quale è il loro punto di forza? La possibilità di collaborare e di integrare le loro azioni con diversi soggetti che operano sul territorio, per costruire modelli flessibili di intervento, in grado di rispondere ai reali fabbisogni dei cittadini e dei loro utenti. La loro istituzione ha tenuto conto, da un lato, delle linee di indirizzo emergenti a livello internazionale, come per esempio, la V conferenza Mondiale dell’Unesco tenutasi ad Amburgo il 18 luglio 1997, e, dall’altro, le intese intercorse tra il Ministero della Pubblica Istruzione, il Ministero degli interni, la Conferenza dei presidenti delle Regioni, l’Unione delle Province Italiane e l’A.n.c.i. (Associazione Nazionale Comuni Italiani). Come sono cambiati i C.T.P. da quando sono stati costituiti ad oggi? Hanno ampliato la loro offerta e, mentre un tempo, si potevano rivolgere in via eccezionale anche a giovani con un’età superiore a 15 anni, dal 2007 in avanti, si rivolgono a quelli con un’età superiore a 16 anni. A partire dal 2010, oltre a organizzare e svolgere, come accadeva già in passato, corsi ed esami di lingua italiana per gli stranieri, sono in grado di certificare con un test di livello A2 la competenza della lingua italiana per lo straniero in Italia, al fine di conseguire un permesso di lungo soggiorno. In media, ogni C.T.P., soltanto per questo, ha un’affluenza di un’ottantina di persone al mese, considerato che gli esami si svolgono in due sessioni mensili aperte a 40 candidati. Si tratta di stranieri che, segnalati direttamente dalla Prefettura, devono avere particolari requisiti di ammissione come, per esempio, essere in Italia da almeno 5 anni. Poi organizzano da circa un anno, sempre per gli stranieri - perlopiù familiari di quelli già presenti in Italia e in regola con il permesso di soggiorno - i corsi della durata di 10 ore di educazione civica secondo i dettami dell’accordo per l’integrazione dello straniero in Italia tra Ministero degli interni e il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Da tre 48 anni a questa parte, i C.T.P. seguono anche il progetto regionale ‘Imparo l’Italiano’ finanziato dai fondi del F.E.I., considerata la loro ricca tradizione di lavoro a contatto con l’utenza costituita da stranieri. A chi si rivolgono i C.T.P.? A diverse tipologie di utenza. In primo luogo, ad adulti privi del titolo della scuola dell’obbligo. Di solito, si tratta di stranieri per i quali il titolo è indispensabile per potersi iscrivere ai Centri per l’Impiego e, quindi, per cercare un lavoro in regola. Ma ci sono anche italiani che, spesso, sono rimasti senza lavoro per problemi congiunturali o per problemi di salute. Poi, persone che, pur in possesso del diploma di licenza media, intendano rientrare nei percorsi di formazione e istruzione; stranieri che sostengono gli esami per ottenere il livello A2 di conoscenza della lingua italiana. Si rivolgono anche ai giovani drop out di età superiore ai 16 anni, sprovvisti del diploma di licenza media sia italiani sia stranieri che necessitano di un servizio formativo di accoglienza perché non riescono o non sono riusciti a inserirsi nelle scuole medie superiori; un altro target è rappresentato da giovani che vedono nei C.T.P. l’opportunità di una maggiore flessibilità e una capacità di accoglienza più adeguata a soddisfare le loro particolari esigenze, dovute a una storia personale spesso caratterizzata da situazioni di forte disagio sociale; inoltre, stranieri che necessitano di informazioni di prima accoglienza, persone interessate alle iniziative ludico ricreative e didattiche a pagamento a prezzi irrisori che spesso i C.T.P. organizzano, come i corsi di arte, di informatica, di lingua inglese, di musica, di scacchi e persino attività di counseling sia individuale sia di gruppo. Notate un cambiamento dell’utenza, in questi ultimi 10 anni? Si. Sono aumentati chiaramente il numero degli stranieri e delle relative etnie. Sul territorio, inoltre, soprattutto l’utenza è variata moltissimo e cambia da C.T.P. a C.T.P., in funzione delle etnie più presenti a livello locale. Il C.T.P. di Bolzaneto, per esempio, è frequentato da molti marocchini, donne ucraine e russe, quello di S. Teodoro, attualmente, da molti albanesi, sudamericani e persone provenienti dal Bangladesh. Inoltre è aumentato il numero degli italiani, soprattutto di quelli più avanti negli anni, costretti a rientrare in percorsi formativi perché hanno perso il lavoro. Quali sono, quindi, i servizi che offrite? Il nostro ruolo è da intendersi anche in maniera più ampia e in un’ottica di servizi integrati sia per l’utenza sia per il territorio. Offriamo, infatti, anche servizi di accoglienza, ascolto e orientamento, organizziamo iniziative formative finalizzate allo sviluppo e al consolidamento di competenze di base e di saperi specifici; attività di recupero e sviluppo di competenze strumentali, culturali e relazionali idonee ad una attiva partecipazione alla vita sociale e, infine, servizi di rientro nei percorsi di istruzione e formazione di soggetti in situazione di marginalità. Rispetto a quanto accade nelle altre regioni, in Liguria, i C.T.P. presentano qualche particolare caratteristica? Si, in tutta la Liguria, i C.T.P. sono 16. Sette si trovano a Genova, quattro a Savona, tre alla Spezia e due a Imperia. Nel maggio del 2003, tutti insieme, hanno sottoscritto un accordo di rete con diversi obiettivi. Prima di tutto, progettare e realizzare in sinergia il potenziamento e la razionalizzazione dell’offerta formativa, per offrire opportunità ai cittadini adulti e giovani attraverso l’acquisizione di conoscenze e competenze funzionali di base ed avanzate nei diversi campi, tali da consentire il loro pieno esercizio del diritto di cittadinanza. Poi sostenere e ampliare la progettualità e l’innovazione tecnica e didattica, in particolare anche producendo materiale didattico e pubblicando testi che facilitano agli utenti stranieri l’apprendimento della lingua italiana; promuovere la attività organizzate e favorire una ulteriore collaborazione con le altre realtà presenti sul territorio; favorire l’azione degli enti locali in materia di educazione degli adulti, di assolvimento dell’obbligo formativo e di creazione di sinergie, soprattutto con chi si occupa di Politiche attive del lavoro. Per i drop out; l’obiettivo è mettere in comune le competenze di didattica, di ricerca, di sperimentazione e le esperienze di offerta di servizi innovativi, anche attraverso la costruzione di un archivio documentale comune. L’accordo prevede, inoltre, di condividere risorse umane professionali e materiali per l’organizzazione delle attività in coerenza con i P.O.F. (Piano dell’Offerta Formativa); organizzare attività di formazione e aggiornamento per gli operatori attivi al loro interno; favorire lo sviluppo di rapporti di collaborazione con i servizi per l’orientamento, le associazioni di volontariato e tutti i soggetti che, in qualsiasi misura, si occupano di inclusione sociale e professionale degli utenti, in particolare delle fasce deboli. E, infine, intraprendere azioni formative rivolte specificamente alle fasce deboli, alla popolazione carceraria e ai cittadini migranti. Che cosa c’è nel futuro dei C.T.P. liguri? Come per molte altre realtà, siamo in fase di grandi trasformazioni. Avremmo dovuto diventare C.P.I.A., cioè Centri provinciali di istruzione per gli adulti. Ma la situazione, al momento, per i cambiamenti in atto, non è ancora molto chiara. Dovremmo inoltre intensificare i nostri rapporti con le scuole secondarie di secondo grado e gli enti di formazione professionale. 49 Le sedi dei C.T.P. da Imperia alla Spezia Imperia > C.T.P. presso Scuola secondaria di I grado Boine Via Rimembranze 21 Tel.: 0183 60876 e-mail: [email protected] > C.T.P. presso Istituto Comprensivo San Remo Levante Corso Cavallotti 92 Tel.: 0184 541440 e-mail: [email protected] > CTP presso Istituto Comprensivo Biancheri di Ventimiglia Via Roma 61 Tel.: 0184 351180 e-mail: [email protected] Savona > C.T.P. presso Istituto Comprensivo di Albenga I Via degli Orti 17031 Tel.: 0182 540721 e-mail: [email protected] > C.T.P. presso Direzione Didattica di Finale Ligure Via Brunenghi 23 Tel.: 019 692208 e-mail: [email protected] > C.T.P. presso Istituto Comprensivo Savona II Via Caboto 2 Tel.: 019 821280 e-mail: [email protected] > C.T.P. presso Istituto Comprensivo di Cairo Montenotte Via Artisi 1 Tel.: 019 504188 e-mail: [email protected] Genova > C.T.P. presso Istituto Comprensivo Bolzaneto Piazza Rissotto 2 Tel.: 010 7455058 e-mail: [email protected] 50 > C.T.P. presso Istituto Comprensivo San Teodoro Via Pagano Doria 12 Tel.: 010 2470898 e-mail: [email protected] > C.T.P. presso Istituto Comprensivo Centro Storico Via Fieschi 14 Tel.: 010 564668 e-mail: [email protected] > C.T.P. presso Istituto Comprensivo IC Quezzi Viale V. Centurione Bracelli 57 Tel.: 010 823370 e-mail: [email protected] > C.T.P. presso Istituto Comprensivo Albaro Via Montezovetto 7 Tel.: 010 3623668 e-mail: [email protected] > C.T.P. presso Istituto Comprensivo Voltri 2 Via Buffa 36 Tel.: 010 6136568 e-mail: [email protected] > C.T.P. presso Istituto Comprensivo Cogorno Via IV Novembre 115 – S. Salvatore Cogorno Tel.: 0185 380114 e-mail: [email protected] La Spezia > C.T.P. presso Istituto Comprensivo n. 3 Via Napoli 144 Tel.: 0187 743100 e-mail: [email protected] > C.T.P. presso Istituto Comprensivo n. 7 Via del Canaletto 165 Tel.: 0187 509683 e-mail: [email protected] > C.T.P. Val di Magra presso Istituto Comprensivo Isa 13 Viale San Bartolomeo Tel.: 0187 620298 e-mail: [email protected] IL CONVEGNO Una riflessione sul senso del lavoro, ne parlano Chiesa, imprese e sindacati La dignità e l’identità della persone passa dal lavoro A cura di Fabio Tringali L’Istituto Superiore di Scienze Religiose con il CEIS - Centro di Solidarietà hanno promosso in un Convegno a Genova, un confronto sul capitolo VI del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa: Il Lavoro Umano. Ha moderato i lavori Mauro Palumbo del DISFOR – Università degli Studi di Genova. Obiettivo raggiunto di questo incontro è stato tracciare nuove opportunità e proporre punti di convergenza tra la cultura del lavoro e la sensibilità sociale, tanto individuale che collettiva, al fine di individuare percorsi possibili per migliorare la relazione lavoro-impresa-società alla luce anche della Dottrina Sociale della Chiesa. Infatti, il capitolo VI del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, “Il Lavoro Umano”, introduce spunti di approfondimento sulla società attuale e sulle dinamiche del lavoro, della formazione, della produttività che sono frutto non solo della tradizione cristiana, ma anche di una cultura millenaria e al tempo stesso modernissima. Un dibattito sulla Dottrina Sociale della Chiesa con i protagonisti più rappresentativi di questo momento storico può svelare nuove opportunità e nuove strade da percorrere. Una riflessione sul senso del lavoro genera la consapevolezza che esso è espressione naturale della dignità e identità della persona. Più forte sarà l’attenzione verso tale aspetto, maggiori saranno il rispetto e la collabo- razione tra le imprese, i lavoratori e le loro organizzazioni e il terzo settore. Il lavoro è un valore, a prescindere dalla sua dimensione strettamente economica che consente di cogliere il miglior frutto delle molteplici umane potenzialità. La funzione sociale dell’impresa deve essere posta al centro della discussione, perché un’interazione onesta ed efficace tra le parti produce benessere sia per l’azienda sia per il territorio. Gli interventi In apertura dei lavori, Enrico Costa, presidente del Ceis, ha ricordato che l’idea del convegno è nata dalla volontà di commentare la dottrina sociale.“In un momento di crisi – ha affermato – abbiamo desiderato puntare sulla compartecipazione, nel mettere intorno a un tavolo i protagonisti. Desideriamo che possa partire da Genova uno spirito nuovo, nuove opportunità di lavoro”. Pietro Pongiglione, presidente Ucid - Unione Cristiana di imprenditori e dirigenti di Genova, ha sottolineato l’esigenza di “passare dalla teoria alla pratica, mettere in pratica le teorie, scendere in campo con un messaggio di concretezza e realismo”. Stefano Olivastri, sacerdote e direttore dell’Istituto superiore di scienze religiose, ha parlato della volontà “di far conoscere il compendio della dottrina sociale della Chiesa”, di 51 un incontro “tra persone interessate all’uomo anche con posizioni religiose differenti”. La voce delle imprese Hanno portato la propria testimonianza sul tema ‘Esperienze possibili di interazione tra impresa, rete sociale, lavoratori’ Gregorio Di Palma, di Volkswagen Italia, Piero Gai, di Ultraflexgroup, e Giuseppe Guerini, di Federsolidarietà Confcoperative. Sono state prese in considerazione le “buone prassi” attuate nelle specifiche realtà aziendali, che costituiscono un segnale positivo di risposta alle crisi del mondo globalizzato: “Il modello tedesco di cogestione dell’azienda da parte di rappresentanti dei lavoratori (Mitbestimmung) ha dato buoni risultati anche nella società italiana del gruppo Volkswagen, - ha detto Di Palma - e potrebbe essere utilizzato anche in altri contesti produttivi, per elevare il livello di partecipazione del lavoratore/persona alle decisioni aziendali, anche quando, ma non soltanto, si tratta di compiere scelte difficili quali ad esempio delocalizzazioni, contratti di solidarietà o altre azioni rivolte a fronteggiare una crisi”. Altri esempi di successo sono stati il creare delle organizzazioni basate non soltanto sul ruolo gerarchico, ma sul mettere al centro la persona, con i suoi bisogni e le sue aspettative, facendole condividere le varie fasi di trasformazione dell’azienda in cui lavora ed informandola sulle eventuali difficoltà incontrate. “Alla Ultraflex le persone hanno sempre una faccia” ha sintetizzato con efficacia Piero Gai. Questo approccio ha portato a fidelizzare i lavoratori, tanto che alcuni sono figli (o addirittura nipoti) di ex dipendenti della stessa azienda, e ne hanno seguito la naturale evoluzione, compresa la ricerca di nuovi mercati, l’internazionalizzazione, la necessità di sviluppare nuovi profili professionali. Per quanto riguarda la Cooperazione sociale, Guerini ha fornito alcuni dati significativi della propria esperienza professionale, all’interno di una cooperativa che si occupa di inserimento lavorativo nel settore raccolta dei rifiuti. “Inseriamo al lavoro psichici e carcerati… questo è lavoro umano!” Inoltre 52 ha precisato che nella cooperazione il divario salariale tra un operatore semplice e un amministratore è di circa 500 euro mensili in busta paga mentre negli altri settori produttivi raggiunge livelli record in Europa. “Distribuire meglio la ricchezza creerebbe più coesione” ha concluso. La voce dei sindacati Nella seconda parte della serata sono intervenuti i tre leader confederali convenuti a Genova. “Nel 2014 la disoccupazione in Italia è destinata ad aumentare”. Così il segretario della Uil, Luigi Angeletti, in apertura del suo intervento. “Se un anno fa dicevamo che stavamo perdendo 1.000 posti di lavoro al giorno, successivamente abbiamo detto che avremmo superato i 3 milioni di disoccupati, oggi siamo arrivati a 3 milioni e 200mila. Dobbiamo fare qualcosa per evitare di arrivare a 3 milioni e mezzo”. Il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, ha spiegato che “bisogna creare i presupposti per la ripresa e destinare tutti i soldi che si recuperano dall’evasione fiscale e dalla spending review al taglio delle tasse a favore di lavoratori e imprese che investono”. Inoltre ha sottolineato che il “metodo Renano” va bene per le grandi imprese, ma l’Italia ha anche un grande numero di imprese piccolissime che necessitano di un modello”. Per il segretario della Cgil, Susanna Camusso,“il segnale che vogliamo è la riduzione della tassazione sul reddito dei lavoratori e dei pensionati”. Inoltre ha affermato che la novità del nostro tempo è che ci sono lavori talmente poco remunerati che pur lavorando restano poveri lo stesso, mentre un tempo si diceva “è povero perché non ha un lavoro”, e questo ci deve far riflettere, perché “il lavoro è un progetto su di sé, è libertà, è relazione e ha emancipato molte donne.” Poi ha concluso dicendo “l’altra faccia della libertà del lavoro è il tempo. Bisogna avere il tempo della vita privata e del riposo. Bisognerebbe far lavorare più persone per meno tempo e investire sulla qualità della vita. Il nostro modello da esportare sia quello della Volkswagen, non dobbiamo copiare il modello cinese/orientale”. La voce della Chiesa “Penso a Genova e a tutto il Paese – ha detto il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della CEI, nella sua relazione conclusiva – abbiamo patrimoni del saper fare che sono invidiabili. Lo dico a ragion veduta perché persone provenienti da diversi Paesi me lo testimoniano. Dobbiamo essere coscienti, fieri, consapevoli e quindi doppiamente vigilanti e gelosi”. In precedenza, il cardinale aveva affermato che, “se il lavoro rispetta la intrinseca dignità della persona è degno, altrimenti è indegno è disumano, perché il lavoro è in funzione e a servizio della persona. È mezzo e non fine, ha i suoi fini ma, rispetto alla persona, è strumentale. Infatti, la dignità del lavoro deve permettere che la persona esprima se stessa, le proprie capacità, i talenti perché è agendo che l’uomo esprime se stesso, partecipa alla vita della società, altrimenti si sente inutile”. L’emigrazione dei giovani, ha aggiunto, “l’abbiamo vista una volta ma è dolorosa vederla un’altra volta. Un’emigrazione forzata, quasi di massa, anche perché moltissimi giovani con cui parlo non vanno via volentieri, lo fanno spesso col cuore piccolo”. Il cardinale ha poi ricordato che “il consumismo ha corrotto il lavoro”.“La funzione del lavoro – ha spiegato – non deve essere il profitto ma la costruzione di una società giusta e tutti i tipi di lavoro hanno uguale dignità perché se la dignità dipendesse dal tipo di lavoro, allora servirebbero scale di maggiore o minore dignità lavorative ma ciò è assurdo, ripugnante. Non ci sono lavori più degni e meno degni, se il lavoro è onesto”. Il cardinale ha poi affermato che “il fuoco della disoccupazione e della inoccupazione, brucia la pelle delle persone giovani, delle famiglie e la tenuta sociale rischia di cedere e spezzarsi”.“La crisi – ha detto ancora – lascerà cicatrici. Bisogna uscirne, non per tornare come prima, ma per essere un po’ più saggi di prima. “È strano – ha commentato – che per diventare più saggi bisogna sempre soffrire ma è un dato di fatto, cerchiamo di non perdere questo ammaestramento”. Il cardinale ha poi auspicato che “ogni riforma che vada a toccare i meccanismi della macroeconomia, abbia ricadute sul lavoro delle persone, che lo trovano o lo ritrovano. Dobbiamo uscire dalla crisi avendo imparato, giorno per giorno, a ricalibrare noi stessi e la società, a ricalibrare gli stili di vita, la nostra ragione, la nostra intelligenza perché si è lasciata abbindolare da illusioni e miti. Tutto e subito non è mai possibile ma forse lo abbiamo creduto. Per fare quest’opera di saggezza non basta solo una persona o poche persone ma tutti devono contribuire, ci vuole una presa di coscienza collettiva perché solo una parte del Paese non riuscirà a riequilibrare il Paese stesso”. 53 LA RICERCA La cooperazione sociale tiene, nonostante la crisi L’occupazione è stabile, prevale la componente femminile A cura di Federica Gallamini L a cooperazione sociale, nonostante la crisi che ha determinato una severa contrazione degli investimenti e delle spese per i servizi, regge e dimostra di essere una realtà non eludibile, non solo da parte di cittadini e amministratori pubblici, ma anche dal mondo dell’impresa. È quanto emerge dall’ultima rilevazione statistica sul comparto , realizzata da Regione Liguria (Ufficio Terzo settore) in collaborazione con Agenzia Liguria Lavoro e Centro di Sviluppo dell’Economia Sociale1.. I dati, che si riferiscono al dicembre 2011, mostrano un leggero decremento delle cooperative iscritte all’Albo Regionale delle Cooperative Sociali (–3,25% rispetto al 2010) che risultano essere 387. Segno non tanto di un fallimento dell’impresa tout court (sebbene le imprese cancellate siano 21 contro le 8 iscritte), quanto del riordino operato dagli uffici regionali che, in vista dell’unificazione degli Albi del Terzo settore, hanno provveduto alla cancellazione di cooperative inattive, in liquidazione o non più esistenti nel Registro delle imprese. Un’opera, quella del riordino, avvenuta in concomitanza con la predisposizione del Testo Unico del Terzo settore in Liguria (Legge regionale 42/2012). Il report Si tratta della quarta edizione della rilevazione che, quest’anno, ha preso in esame, come campione, 300 cooperative regolarmente attive in Liguria, pari all’88% delle 341 considerate rilevabili. L’indagine ha riguardato voci quali la composizione della compagine sociale, quella lavorativa, i settori di attività, aspetti legati alla governance e dati di genere, oltre a informazioni sugli aspetti economici-finanziari. Il peso maggiore è rappresentato dalle cooperative di tipo A, che incidono per il 55,33%, mentre quelle di tipo B sono il 33%; solo il 2,6% è rappresentato da cooperative di tipo A/B e il 9% da consorzi. La distribuzione per tipologia La presenza sul territorio Come sempre, Genova rappresenta quasi la metà del valore regionale, con il 49% delle cooperative aventi sede nella sua provincia; seguono La Spezia 1. ‘La cooperazione sociale attore di crescita inclusiva per la Regione Liguria: una panoramica sul settore – 2013’ La versione integrale in formato cartaceo è reperibile presso Agenzia Liguria Lavoro mentre in formato pdf è disponibile sul sito www.lavoroeinclusione.it 54 (22%), Savona (15%) e Imperia (14%), tutti valori in calo rispetto all’anno precedente, salvo Imperia che resta stabile. che esse, in maggioranza, si occupano di assistenza ad anziani e disabili in strutture residenziali o a domicilio. I lavoratori I dati sugli impiegati nelle cooperative di tipo A, B e A/B sono in linea con quanto rilevato nel 2010: la forza lavoro, infatti, è rappresentata da 10.548 persone di cui 6.937 sono soci lavoratori (compresi quelli svantaggiati che sono 868), ovvero il 67% della forza lavoro, complessivamente impiegata nelle tre tipologie di cooperative. I lavoratori svantaggiati nelle cooperative di tipo B sono 746 che, in termini relativi, rappresentano il 41% dei soci lavoratori; una media di 7,5 soci lavoratori svantaggiati per cooperativa di tipo B. Considerando anche i lavoratori dei Consorzi, gli impiegati nelle cooperative arrivano a 10.820, facendo registrare un’apparente continuità numerica con gli anni passati, anche se le cooperative rilevate nel 2011 sono circa 30 in più rispetto al 2010. Il dato di genere complessivo registra il 69% di donne lavoratrici su una presenza di uomini pari al 31%, ma con differenze sostanziali tra le tipologie di cooperative: I lavoratori svantaggiati Il 37% della forza lavoro complessiva delle cooperative di tipo B e A/B, è rappresentato da persone svantaggiate, mentre, considerando l’intera forza lavoro della cooperazione (10.820), il tasso si attesta all’11%. I servizi pubblici per le tossicodipendenze (SERT) sono i principali soggetti che inviano persone alle cooperative per inserimento lavorativo (45%); seguono i servizi di inserimento lavorativo (37%), il Dipartimento per la tutela della salute mentale e il Servizio sociale di base (29%), i Centri di servizio sociale per adulti e l’UEPE (Ufficio Esecuzione Penale Esterna) entrambi per una quota pari al 19%. I settori di attività Le cooperative di tipo A e A/B sono prevalentemente attive nel settore sociale secondo questa ripartizione: servizi socio-assistenziali, socio-educativi e socio-sanitari. Rispetto agli stranieri, la rilevazione mostra che rappresentano il 13,5% del totale degli occupati, con una flessione negativa di mezzo punto percentuale rispetto all’anno precedente. Il 70 per cento di essi è non comunitario, in diminuzione dell’11% rispetto al 2010. La maggior parte degli occupati stranieri è donna, con un tasso pari al 69% concentrata in prevalenza nelle cooperative di tipo A: un dato che non stupisce considerando Le cooperative di tipo B e A/B, invece, si concentrano nei settori agricolo, industriale/artigianale e dei 55 servizi e commercio secondo il dettaglio riportato nelle tabelle sottostanti. Analisi economico-finanziaria Dal punto di vista economico-finanziario, le cooperative che realizzano un fatturato superiore a 9 milioni, sono il 2% del totale del campione preso in esame e, tra questi, sono in prevalenza consorzi (17%); all’opposto, i soggetti che fatturano fino a 200.000 euro rappresentano il 30% del totale e la tipologia maggiormente rappresentata è la cooperativa di tipo A. 56 ISTRUZIONE Il Liceo statale della Danza è dal 2010 a Genova Ecco il lungo iter per l’attivazione di uno dei cinque Licei in tutta Italia A cura di Milena Romagnoli1 Una conquista difficile Questo articolo non vuole essere per addetti ai lavori e quindi una dissertazione solo didattica,ma la ricostruzione degli eventi che hanno determinato nel 2010 l’attivazione della sezione coreutica del liceo musicale e coreutico a Genova nel liceo statale “Piero Gobetti”. Nel 2003 come Dirigente Scolastico dell’istituto magistrale “Gobetti”, con un gruppo di docenti convinti del valore culturale ed educativo del progetto, avanzai al collegio dei docenti ed al consiglio di istituto la proposta di richiedere la sperimentazione musicale. Questo Istituto aveva in atto gia’ tre sperimentazioni piuttosto innovative; apparentemente sembrava di aggiungere nuovo lavoro di ricerca didattica. Il percorso appariva di “nicchia” con difficolta’ a reperire iscritti: infine la musica non era mai entrata nella scuola superiore italiana, essendo curata dai Conservatori. Ma, leggendo con attenzione la prima elaborazione della riforma Moratti, avevo intuito che anche l’Italia, come altre nazioni europee, visitate su incarico del Ministero, quali Austria, Belgio, Francia voleva preparare gli adolescenti motivati ad approfondire la cultura musicale. In Italia, i Conservatori danno una preparazione specialistica; qui si trattava, invece, di proporre, accanto alle discipline liceali, musi- ca a ‘pari dignita’ legata anche all’espressivita’ corporea e con valutazione all’esame di stato. Il sostegno della Provincia di Genova e della Regione Liguria Ma i progetti costano. Occorre avere strumenti e laboratori attrezzati, si deve proporre gratuitamente l’offerta formativa, anche se implica insegnanti aggiuntivi. Pertanto occorreva seguire la strada istituzionale, spiegando dettagliatamente l’intento del progetto: quello di offrire agli studenti, che hanno già intrapreso studi musicali o che rivelano particolari attitudini ed interesse, un indirizzo formativo liceale con una preparazione musicale completa. La richiesta venne rivolta per l’anno scolastico 2003/04 all’Assessore della Pubblica Istruzione della Provincia di Genova Eugenio Massolo, che espresse parere positivo, e al Direttore Regionale dell’Ufficio Scolastico Attilio Massara che diede parere negativo: il Ministero, infatti, in attesa della riforma degli istituti superiori, non permetteva tali autorizzazioni. Sostenuta anche dal convincimento di alcuni insegnanti, alla fine dell’anno scolastico, proposi allora al collegio docenti un’ulteriore elaborazione del liceo sperimentale di Scienze Sociali, nato nel 1998 in 300 scuole italiane, tra cui il “Gobetti”. Per creare 1. La Dott.ssa Milena Romagnoli è stata dirigente scolastico del liceo statale ‘Piero Gobetti’ dal 2000 al 2011. 57 un curricolo ad indirizzo musicale, i programmi potevano essere formulati direttamente dagli istituti stessi, grazie alla quota del 15% delle ore totali. Si inserirono, così, tre ore nel biennio ed una in ogni classe del triennio2 affiancate dallo studio quinquennale, in un’ora, di uno strumento a scelta tra pianoforte,violino,chitarra. Il docente di musica era già titolare in Istituto e aveva a disposizione i pianoforti, ma mancavano violino, chitarra e un laboratorio musicale insonorizzato ed attrezzato: la scuola non aveva le risorse finanziarie. Mi rivolsi, allora, alla Regione Liguria, presieduta da Sandro Biasotti, ottenendo esito positivo, vista la peculiarità del progetto: la Regione erogò un contributo che, amministrato con estrema oculatezza, permise di pagare i docenti di strumento e di arredare un laboratorio. Quindi, nell’anno scolastico 2005/2006 , si avviò finalmente la prima classe, con una grande richiesta di iscrizioni. Erano previste 31 ore settimanali comprensive di quella di strumento per il raggiungimento di una buona conoscenza del linguaggio musicale, della sua produzione ed interpretazione. La ‘rivoluzione didattica’ consisteva nel considerare musica, teoria e strumento, al pari delle altre discipline liceali, a concorrere alla formazione della persona e nel valutarla con egual peso nell’esito finale: fino ad allora, la musica era sempre stata un corollario, una preparazione extracurricolo, un apprendimento individuale, non una disciplina d’esame. Alle discipline musicali si affianca l’insegnamento coreutico Questi anni di progetto musicale furono determinanti, perché, nel 2005/2006, si iscrissero a questo indirizzo studenti con una pregressa preparazione coreutica che, in mancanza di un curricolo con tale disciplina, privilegiavano un liceo con preparazione musicale. Questi studenti, fino ad allora, acquisivano una preparazione, a carico delle famiglie, presso una scuola privata di danza di Genova Sampierdarena con cui fu attuata una collaborazione sistematica”.3 Fu necessario, inoltre, motivare il corpo docenti a tenere in considerazione la severa disciplina di vita degli studenti che, oltre a studiare, dovevano esercitarsi intensamente nella danza. Un altro punto fu inserire la preparazione coreutica nella sperimentazione già in atto. Mentre la classe decollata nel 2005 si avviava all’esame di stato, nonostante la scuola superasse il migliaio di studenti nei diversi corsi sperimentali, agli iscritti dell’anno 2009/2010 si propose un curricolo arricchito di una preparazione coreutica sui linguaggi musicali, la conoscenza delle cultura e delle dinamiche sociali, attraverso le caratteristiche musicali. Con le risorse interne e con l’aiuto della Provincia di Genova si allestì un laboratorio idoneo alla danza. Dalla sperimentazione all’attivazione Così l’anno 2009/10 vide realizzate due importanti tappe: l’esame di stato con musica quale disciplina d’esame e la classe prima del liceo scienze sociali ad indirizzo musicale e coreutico nella quale lo studente poteva optare per lo studio della danza o dello strumento musicale. Questo pregresso culturale, didattico, amministrativo e collegiale, in sette anni di attività sul campo, mi portò nel 2010 a richiedere l’assegnazione del nuovo liceo musicale e coreutico. Ma richiedere non significa ottenere. Tuttavia, la ricerca e l’attivita’ didattica, gli studenti e le famiglie motivati, il lavoro dei consigli di classe, il materiale prodotto4”non potevano, a mio parere, rimanere inascoltati dalla Re- 2. Grazie ad una didattica modulare, alle attivita’ di laboratorio ,alla preparazione informatica fornita, gli studenti dell’indirizzo musicale del triennio,come da progetto, ogni anno hanno elaborato un CD con la musica di insieme e le performances di musica e danza durante lo stage formativo, attuato in convenzione con il teatro “Carlo Felice” seguendone balletti ed opere, 3. La scuola era dotata di allievi particolarmente talentuosi, tra cui Nicolo’ Noto vincitore dell’edizione dello scorso anno per la sezione danza del programma “Amici”. 4. In parte pubblicato nel libro “L’istituto Gobetti ieri-oggi-domani:35 anni di storia”. 58 gione Liguria e dal Ministero a cui inviammo la documentazione. Infatti con l’aiuto di alcuni docenti dell’indirizzo elaborai relazioni che ricostruivano il percorso seguito da alunni provenienti dalle province genovese, savonese ed alessandrina, un bacino d’utenza vasto attratto da una preparazione supportata da attività laboratoriali. Tuttavia, sembrava che i nuovi licei musicali e coreutici sarebbero stati assegnati a città con il Conservatorio, presente anche a Genova, anche se in un quartiere molto lontano da Sampierdarena. Era chiaro che difficilmente sarebbe stato individuato il “Gobetti” per la sezione musicale; in un incontro dei Dirigenti Scolastici con Alessandro Clavarino, dirigente della Regione Liguria presieduta da Claudio Burlando, chiesi l’attivazione del liceo musicale coreutico, puntando sulla sezione coreutica con l’attivazione delle due sezioni in due istituti diversi. Di tale nuovo liceo si sapeva pochissimo, era la vera novità della Riforma e si conosceva poco anche della sua didattica, ma, grazie alla sperimentazione, avevo la consapevolezza di come impostarne la struttura. Per l’anno scolastico 2010/2011 fu una vera conquista per “meriti sul campo” l’assegnazione, al divenuto liceo “Gobet- ti”, oltre il liceo linguistico e delle scienze umane, del liceo musicale e coreutica, sezione coreutica. Fu attribuito solo a cinque città: Genova, Roma, Udine, Busto Arsizio e Teramo. Successivamente fu stipulata una convenzione per la sezione musicale con il Conservatorio e, per la sezione coreutica, con l’Accademia Nazionale di danza a Roma. Un problema era la cattedra di danza: quella di musica esisteva, ma non esisteva una graduatoria dei docenti di danza che non erano mai stati nell’organico di una scuola statale: fu necessario così anche convenire con il Ministero le modalità di assunzione del nuovo profilo del docente di tecnica della danzaindirizzo classico e laboratorio coreutica. Con il Conservatorio di Genova si individuò il docente accompagnatore al pianoforte per le lezioni di danza. Le selezioni degli studenti Mancavano ancora gli studenti. Infatti, per entrare, non bastava iscriversi, ma bisognava superare un esame che consisteva in una serie di esercizi di danza classica. Il profilo d’entrata, illustrato a genitori e studenti che avevano presentato l’iscrizione, 59 prevedeva, infatti, particolari “requisiti fisici e tecnici”.5 Certo, nella sperimentazione fino ad ora attuata non eravamo così esigenti: ora si trattava di realizzare un liceo di eccellenza che prevede, in uscita, la padronanza dei linguaggi coreutica (danza classica e contemporanea) sotto gli aspetti dell’interpretazione, dell’esecuzione della rappresentazione in una prospettiva culturale, storica, estetica, teorica e pratica con un livello qualitativo idoneo per l’accesso all’Alta Formazione Coreutica. Gli alunni che si presentarono nel maggio 2010 per la prova di ammissione furono 31. Era stata istituita, come prevedeva la Convenzione, una Commissione.6 Gli studenti quattordicenni non si spaventarono di fronte alle richieste: evidentemente erano esercizi a loro già noti, frequentando le scuole di danza private. Ora, una volta superate le prove, potevano gratuitamente avere una preparazione coreutica di 12 ore settimanali in un liceo statale. Ne furono ammessi 23, anche se era auspicabile un numero maggiore. Il laboratorio coreutico nel quale le classi sperimentali avevano lavorato negli anni precedenti si rivelo’ poco adeguato. Pertanto avanzai alla Provincia di Genova la richiesta di un locale con pavimento e una metratura adeguata, cosi’ come prevedeva la Convenzione. Nell’ottobre 2010 l’amministrazione provinciale stipulo’ un contratto di locazione con un’ associazione sportiva dilettantistica, ubicata di fronte al Liceo. L’esperienza didattica elaborata risultò preziosa per impostare la corretta metodologia:ora era la danza che guidava il percorso pluridisciplinare7. I docenti delle nuove discipline da due sono diventati nove. Conclusioni Quando ripenso al lungo iter progettuale, antesignano del liceo coreutico, ritengo che la determinazione a superare i vari ostacoli per avere un liceo della Danza a Genova, mi sia stata sollecitata dalla sensibilità musicale assorbita in famiglia. Sono cresciuta, pur avendo seguito studi umanistici,con la convinzione che la musica sia una componente importante nella formazione di un adolescente. E da musica a danza il passo è breve. Liceo statale Piero Gobetti Sede: via Spinola di San Pietro 1, 16149 Genova Tel. 010 6469787 – Fax 010 415543 5. Lo studente deve dimostrare di possedere un allineamento posturale bilanciato e conoscere gli elementi base della sbarra e del centro, la costruzione corretta di tutte le piccole e grandi pose e dei relativi passaggi in equilibrio su una sola gamba nonche’ padroneggiare sulle punte i passi principali… 6. Composta dalla Direttrice dell’Accademia di danza di Roma,da una docente di danza dell’Accademia e dal Dirigente Scolastico del Liceo. 7. A novembre 2010 la classe 1^ coreutico fu invitata dal Direttore Regionale della Direzione Scolastica Dominici a presentare uno spettacolo all’inaugurazione del Salone Orientamenti. La docente di danza – neo-assunta – preparò con grande competenza un balletto in costume. Grande fu l’apprezzamento dei presenti,fra i quali moltissimi genitori. Attualmente questa classe frequenta la quarta liceo coreutico,in questi anni ha danzato a Roma presso l’Accademia di danza ed al Modena di Genova. 60 L’ESPERIENZA Pet therapy: una pratica di supporto e di inserimento sociale A cura di Laura Barbasio e di Silvia Dorigati – Agenzia Liguria Lavoro Per conoscere meglio come funziona questa terapia, la redazione di Forum è andata a parlare con Maria Grazia Scala Piombo, direttore scientifico di A.p.t.e.b.a., una delle associazioni a cui fanno capo gli operatori del settore, medico-psicoterapeuta e co-fondatore dell’associazione ‘La finestra sul Mondo’ di Genova. Quando si parla di pet therapy, lei può essere considerata una veterana... In effetti ho iniziato a praticarla con i cani e con gli asini, già ben prima che la ‘importassimo’ dagli Stati Uniti. Tuttavia, ho fatto il mio primo, vero e proprio percorso di pet therapy con mio figlio affetto dalla Sindrome di Down. Quando aveva sei mesi, abbiamo adottato una terranova. Prima di tutto, Liù gli ha fornito stimoli visivi, tattili e interattivi. Poi, gli ha insegnato a camminare perché Fabrizio si appoggiava a lei e si teneva al suo pelo. E, dopo avergli trasmesso la sua passione per l’acqua, gli ha insegnato a nuotare. Quando, a 13 anni, Liù è mancata, gli è stata molto utile anche per comprendere e accettare il concetto di morte. Quali sono gli animali più indicati per la pet therapy? Si potrebbe dire tutti: dai conigli, ai gatti fino ai delfini. Ma ciascun terapeuta ha le sue preferenze, anche in funzione della sua personale passione per gli animali. Quando facevo psicomotricità con i bambini degli asili, per esempio, utilizzavo un canarino. Era il canarino a far stare in silenzio i bambini poiché sapevano che, se avessero vociato o fatto rumore, lui non avrebbe cantato. Cantava per loro La storia della pet therapy Ha iniziato a svilupparsi negli Stati Uniti a partire dall’inizio della seconda metà del secolo scorso. Ma è una terapia dolce antichissima che molti hanno sempre praticato traendone benefici, senza però sapere come si chiamasse. La pet therapy si basa sull’interazione uomo-animale allo scopo di integrare, rafforzare e coadiuvare le tradizionali terapie sia mediche sia psicologiche. Può essere utilizzata con successo con pazienti affetti dalle più diverse patologie e difficoltà: dai bambini fino agli anziani, ai portatori di abilità diverse e a chi soffre di depressione. Porta a miglioramenti dal punto di vista comportamentale, fisico, cognitivo, psicosociale ed emotivo. La presenza di un animale – dal cane al cavallo e all’asino, fino ai delfini, infatti, permette di instaurare e di consolidare il rapporto con il paziente, soprattutto se non dimostra collaborazione spontanea. Considerato che, a livello nazionale, non esiste una legislazione specifica sui requisiti necessari per poter praticare la pet therapy, è facile incontrare esperti di questa specialità che utilizzano metodologie operative anche molto differenti fra loro. 61 anche per premio, quando erano stati bravi durante i nostri incontri. C’è anche chi lavora con i furetti, con i gatti, con i cavalli. Ma io preferisco gli asini e i cani. Gli asini sono molto più curiosi, socievoli e dei cavalli e non costituiscono pericolo per chi effettua la terapia. Per intenderci: se un cavallo si spaventa, può anche fare dei movimenti bruschi, con i rischi che ne conseguono, soprattutto per i bambini e gli anziani, mentre un asino, nella stessa situazione, resta fermo. Il cane è adattissimo perché, a differenza dell’asino, può andare ovunque, nelle residenze protette come negli ospedali. È inoltre in grado di comprendere circa 400 parole e, una volta addestrato, riesce a capire anche intere frasi. Noi lo utilizziamo molto anche con le persone inferme. In linea di massima, indipendentemente dal tipo di animale, le femmine sono più adatte a fare pet therapy dei maschi perché sono meno irruente e più tranquille. Allo stesso modo, i cani da riporto, sono meglio di quelli da guardia perché tendenzialmente sono meno aggressivi... Che tipo di interventi fate? Dipende molto dalle esigenze di chi si rivolge a noi. Con i bambini delle scuole di Monterosso, per esempio, abbiamo lavorato molto, subito dopo l’alluvione del 2011, per aiutarli a superare il trauma. Chi soffre di depressione ha notevoli benefici con la pet therapy, così come i bambini con difficoltà di socializzazione. Adesso, con la mia cocker, e con altri cinque cani, stiamo lavorando molto con gli anziani che si trovano presso una casa di riposo di Rapallo. Il cane ci consente di approcciare anche le persone meno disponibili e più restie a richiedere aiuto. Se, per esempio, a un anziano piacciono i cani, inizia il suo contatto con l’animale per poi estenderlo a noi. Se, invece, è spaventato, inizia a parlare con noi proprio per dirci che ha paura... Insomma, i quadrupedi sono di grande aiuto per rompere il ghiaccio con le persone e avviare un dialogo. Con i bambini e con i disabili è diverso. Gli animali forniscono loro differenti stimoli tattili e soprattutto possono avere movimenti improvvisi e comportarsi in una maniera diversa rispetto al previsto. Anche questo è un buon modo per imparare a rispettare l’altro e avere degli scambi interattivi. Accade soprattutto con gli asini che, essendo docili ma proverbialmente testardi, a differenza dei cavalli, non possono essere domati. I bambini, quindi, imparano a essere collaborativi con loro e non imperativi. Ci sono, in questo ambito, nuove tendenze, quindi, nuovi spazi di intervento professionale? Intanto penso che la pet therapy sia un’attività di nicchia, foriera di buone occasioni di lavoro per chi la fa con passione, competenza e professionalità. Associazione ‘La Finestra sul Mondo’ ‘La Finestra sul Mondo’ è un’Associazione di Promozione Sociale di Genova che non ha finalità di lucro ed opera esclusivamente per fini di solidarietà ed utilità sociale. L’attività dell’Associazione consiste nel promuovere e attuare progetti di relazione, integrazione, autonomia, formazione e crescita degli associati e di tutti gli utenti, attraverso percorsi guidati e spazi liberi di svago, creatività e socializzazione. L’Associazione prevede a tal fine l’istituzione di corsi ed attività socio-educative a caratte- 62 re polivalente, mirate in base alle diverse richieste degli utenti e particolarmente attenti alle esigenze delle fasce deboli e delle persone diversamente abili. Per questi ultimi organizza percorsi di autonomizzazione, nel corso dei quali imparano a prepararsi da mangiare, a ballare, a fare ginnastica. Credo che nel settore handicap debba ancora dare il meglio di sé e sia quindi ancora in fase di lancio. Poi, ci sono infinite e nuove possibilità di applicazione, anche in nuovi ambiti. Fra i più recenti e strutturati, c’è la pet gym. E’ una ginnastica che si pratica all’aperto, insieme agli animali, alla presenza di un laureato in Scienze motorie e di un esperto di pet therapy. Noi la facciamo con gli asini ed è una ginnastica completa che mobilita le braccia, la schiena, gli addominali, le gambe. Gli asini si fanno cavalcare anche se la persona non si riesce a reggere e, a differenza di quanto farebbe un cavallo, stanno fermi. Anche i cani vanno molto bene per gli esercizi fisici e si divertono a fare ginnastica con gli umani, benché si tratti di esercizi completamente diversi rispetto a quelli che si fanno nell’agility. Poi, con i cani, si fanno visualizzazioni, training autogeno, esercizi di respirazione, corsa, salti e molte altre cose che si fanno in palestra, lavorando insieme agli animali. Per ulteriori informazioni A.P.T.E.B.A. - Associazione Pet Therapy e Bioetica Animale Onlus Casella Postale 81 – Rapallo (Ge) Tel. 340 7141327 www.pet-therapybioetica.org Associazione Italiana Pet Therapy Regione Bessica 3 Silvano d’Orba (AL) www.pettherapyitalia.it Associazione ‘La Finestra sul Mondo’ Via Cesarea 103 r Genova Tel. 010 541594 www.lafinestrasulmondo.it 63 A cura di Mariangela Grilli – giornalista, esperta di cinematografia Prosegue la rubrica dedicata al cinema come risorsa didattica e di riflessione sui temi di cui tratta ‘Forum’. ‘La stella che non c’è’ Nel 2006 esce sul grande schermo “La stella che non c’è” di Gianni Amelio, liberamente ispirato al libro “La dismissione” di Ermanno Rea. Un gruppo di cinesi arriva in Italia per acquistare un altoforno da un’industria che sta per chiudere. Vincenzo Buonavolontà (interpretato da Sergio Castellitto) si accorge però che qualcosa nei macchinari è difettoso e potrebbe causare seri danni e incidenti, così, aiutato dall’interprete cinese, cerca di spiegare il problema. La delegazione ascolta, promette di occuparsene e riparte. Quando Buonavolontà, responsabile della manutenzione, individua il guasto, sentendosi coinvolto, parte per Shangai, ma giunto nella sede della fabbrica viene accolto piuttosto freddamente e nessuno gli dice dove si trova l’altoforno; fortunatamente incontra Liu Hua, la ragazza che aveva fatto da interprete, che lo accompagnerà nel viaggio all’interno della Cina. Della Cina siamo abituati a vedere film epici, di grande impatto visivo come ad esempio “La foresta dei pugnali volanti”, ma sono assai rare le opere di registi italiani ambientate in questo Paese (su tutti si ricorda “Il piccolo imperatore” di Bernardo Bertolucci), tanto meno sul mondo del lavoro. Amelio ha dichiarato, in un’intervista, di aver in- 64 R U B R I C A Cine-FORUM contrato una censura assolutamente ferrea e un controllo rigidissimo sulle riprese, tanto che alcune parti del film sono state girate quasi di nascosto, mentre parte della troupe distraeva i comitati di controllo. La pellicola, che era stata girata nel 2005, è ambientata inizialmente nella nostra Genova, poi nelle città di Shanghai, di Wuhan (che, con oltre nove milioni di abitanti, è la più popolosa città della Cina centrale), Chongqing (tra sei e sette milioni di abitanti, è considerata una “testa di ponte” per gli investimenti sull’industria sia cinese sia estera, situata nelle vicinanze della più grande diga in Oriente, sede del più grande auditorium cinese) e in Mongolia. La Cina fa parte del cosiddetto “Brics”, acronimo che sta per “Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica” e indica un’aggregazione geo-economica di Paesi che si affacciano nel panorama economico internazionale con caratteristiche simili: vasti territori, popolazione numerosa, grandi risorse naturali e caratterizzati da una notevole crescita del Pil. La Cina, di cui si parla spesso a proposito di economia e di produttività, è qui vista con gli occhi stupefatti di Vincenzo. Nel suo viaggio, alla ricerca dell’impianto dove consegnare il pezzo riparato, scopre molte cose e con il suo sguardo onesto, divertito e stupefatto, anche lo spettatore scopre un mondo in cui i bambini non denunciati alla nascita vivono nascosti nelle fabbriche dove lavorano i genitori o nelle remote campagne; scopre il mondo della bassa manodopera, delle famiglie che non hanno tutte la stessa assistenza (secondo che siano provenienti dalle campagne o siano residenti in città) o cose incongruenti come quella dei grattacieli in cui l’ascensore parte solo dal decimo piano, l’immenso mondo rurale, i panorami mozzafiato. Naturalmente, come tutti i film “on the road” anche “La stella che non c’è” diventa metafora di un percorso non solo fisico ma anche interiore, così Vincenzo Buonavolontà scopre anche qualcosa di sé e anche il suo rapporto con la giovane interprete, da un semplice accordo di lavoro, diventa via via di amicizia e di conoscenza. Gianni Amelio definisce Vincenzo “una specie di Marco Polo, un eroe pazzo che abbandona l’acciaio per qualcos’altro di più sottile, di più delicato. Che non è né la vita cinese, né quella occidentale; è una vita fatta a misura umana, in un luogo che non c’è”. Così “la stella che non c’è” è qualcosa a cui tendono i due protagonisti, ognuno con la propria capacità di superare i momenti più difficili della propria esistenza. Bravissimi i due interpreti: Tai Ling nei panni della dignitosa e coraggiosa Liu Hua, intenso e generoso il personaggio interpretato da Castellitto. 65 LA TESTIMONIANZA Una giovane ricercatrice racconta la passione e l’impegno nella divulgazione scientifica Molte le soddisfazioni ma anche le fatiche del lavoro nella ricerca A cura di Paola Castellazzo L avora all’Istituto di Biofisica del CNR, ha 33 anni ed è genovese. È Ilaria Zanardi, la vincitrice dell’edizione italiana di Famelab 2013, la competizione che mette in rapporto chi vive e lavora per la scienza con il pubblico che è desideroso di capire qualcosa in più delle scoperte degli scienziati. Una gara di divulgazione scientifica, nel corso della quale gli sfidanti hanno a disposizione solo tre minuti per catturare l’attenzione del pubblico e farsi capire. Zanardi, che proveniva dalla selezione locale di Genova, e ha dedicato la sua esibizione ai sensi, ha avuto la meglio sui 13 finalisti provenienti dalle sette selezioni che si sono svolte a Genova, Trento, Trieste, Bologna, Ancona, Perugia e Roma. Il suo campo di azione è la biofisica, ama la ricerca e vuole fare divulgazione scientifica, tra i giovani, nelle scuole, perché la scienza “rende ogni giorno migliore la nostra vita”. Quando ha deciso quale sarebbe stata la sua strada? Cosa l’ha influenzata? Ho avuto il mio momento “illuminante” in prima o seconda media, non ricordo esattamente. La mia insegnante di scienze ha iniziato a spiegare le teorie di Mendel e gli esperimenti scientifici correlati. 66 Quella è stata la mia ‘epifania’ con il mondo della scienza. In famiglia nessuno aveva questa passione, ma dopo di me, anche mio fratello, forse contagiato dal mio entusiasmo, ha scelto Scienze naturali. Lei lavora presso l’Istituto di Biofisica del CNR di Genova. Di cosa si occupa il CNR? Il Consiglio Nazionale delle Ricerche è il più grande Ente di ricerca italiano e uno dei maggiori a livello internazionale. In un quadro di cooperazione e integrazione europea ha il compito di svolgere, promuovere e valorizzare ricerche nei principali settori della conoscenza e di applicarne i risultati per lo sviluppo scientifico, culturale, tecnologico, economico e sociale del Paese. La sua rete scientifica è composta da oltre 100 Istituti, articolati in 7 Dipartimenti. Tra questi il CNR a Genova. In cosa consiste esattamente la sua attività? La biofisica è la scienza che congiunge la biologia con la fisica, studiando le forme di vita in tutte le loro varietà e complessità, e descrivendo i meccanismi con cui gli organismi si nutrono, comunicano, interagiscono con l’ambiente e si riproducono. La fisica studia le leggi matematiche alla base dei fe- nomeni naturali e fornisce predizioni delle forze che operano in sistemi idealizzati. Abbreviare la distanza fra la complessità della vita e la semplicità delle leggi fisiche e’ la sfida che anima la biofisica. Il bello di lavorare in un istituto come il mio è dato dalle qualità professionali e umane delle persone: fisici, biologi, matematici, ingegneri. Tutti concorrono a trovare soluzioni, diverse, interdisciplinari, allo stesso problema. Nello specifico mi occupo dello studio di alcune proteine situate sulla membrana cellulare, che è un sottile rivestimento che delimita la cellula in tutti gli organismi viventi. Lo studio di queste proteine ci permette di capire come le cellule comunicano con l’esterno, con le altre cellule vicine ma anche come regolano il proprio metabolismo. Io, in estrema sintesi, studio questo. Lei ha vinto un prestigioso premio, il Famelab 2013, una competizione internazionale per giovani ricercatori scientifici con il talento della comunicazione. Famelab è una sfida molto originale: bisogna raccontare, spiegare, divulgare un argomento scientifico, magari ostico, in soli tre minuti. Occorrono ovviamente competenze nella materia, ma anche capacità di sintesi ed un grande sforzo di chiarezza. Io ho partecipato quasi per caso. Sono arrivata seconda alle selezioni locali e poi – ho avuto anche fortuna perché erano tutti bravissimi – ho vinto il primo premio a livello italiano. Così mi sono qualificata per le finali internazionali del Festival della scienza di Cheltenham (GB) a giugno. E lì ho avuto l’emozione più bella: guardandomi intorno mi sono resa conto che ero circondata da tante persone, provenienti da diversi paesi, tutti accomunati dallo stesso interesse per la scienza. Perché secondo lei così pochi giovani scelgono la strada della ricerca? In Italia le materie scientifiche sono poco valorizzate. Chi è interessato alla scienza può, negli ultimi anni, contare su mostre, eventi e festival, ma si tratta, spesso, di un’attività che nasce da una motivazione personale, magari già sviluppata. Quello che manca è un insegnamento attivo della scienza, una divulgazione scientifica che passi ad esempio attraverso i grandi “media”, con programmi televisivi seri, come quelli mandati in onda quotidianamente sulla BBC. Ora una domanda che può sembrare provocatoria ma che, in realtà, parte da un problema reale del nostro Paese: quale è la sua opinione rispetto alla cosiddetta ’fuga dei cervelli’? Ho fatto un dottorato di tre anni a York, in Inghilterra. Ma durante la mia permanenza all’estero mi sono sempre tenuta in contatto con l’Istituto. A sei mesi dalla conclusione della mia tesi, un ricercatore, che conoscevo e che stimo molto, mi ha chiamato e proposto di partecipare ad un progetto. Sono tornata a Genova e ormai lavoro qui da quasi quattro anni. Sono stata certamente fortunata ma anche determinata. Quando leggo i giornali, quando penso che non mi assumeranno mai a tempo indeterminato e che dovrò sempre lavorare con assegni di ricerca mi viene voglia di scappare e andare in uno dei tanti Paesi dove la ricerca è sostenuta davvero. Ma credo nell’Italia e sono dell’idea che se tutti scappano le cose non cambieranno mai. Quindi, secondo lei, si può lavorare nella ricerca, nel mondo scientifico, in Italia? Ci vuole passione, tanta, sacrifici e la voglia di crederci. E, inutile negarlo, anche un pizzico di fortuna. Il mondo della ricerca, per quanto il percorso di studi possa essere impegnativo, è stimolante, coinvolgente e ripaga ogni fatica. Quali i suoi prossimi obiettivi? Amo fare ricerca ma mi piacerebbe riuscire a conciliarla con la divulgazione scientifica, altra mia grande passione. Quindi mi piacerebbe avere una giornata di 48 ore o trovare una formula che mi consenta di conciliare le cose. Essere efficaci co- 67 municatori della scienza e riuscire a trasmettere la passione per questo straordinario campo del sapere è un obiettivo a cui credo molto e che condivido con decine di persone che collaborano con me a Scientificast, (http://www.scientificast.it/) un’associazione culturale che si propone di avvicinare le persone alla scienza in maniera facile e divertente. Mettiamo in campo eventi ed occasioni per portare l’affascinante mondo della scienza tra la gente, in mezzo a ragazzi, studenti ed insegnanti, in modo semplice. Alla notte dei ricercatori, a Roma, abbia- 68 mo riscosso un grande successo di pubblico mostrando, semplicemente, con l’ausilio dei microscopi, il plancton: cose semplici, che stupiscono. E per il suo futuro professionale? Vorrei la sicurezza di un posto di lavoro, anche se non a tempo indeterminato. Vorrei sapere che alla fine del contratto non rimarrò a casa. Questo è un desiderio che mi piacerebbe tanto si esaudisse... perché anche gli scienziati hanno un mutuo sulle spalle. CASI ORIENTATIVI Una testimonianza sul senso dell’orientamento A cura di Barbara Grillo, responsabile dello Sportello Orientamento Cisl di Genova Forum riceve, e volentieri pubblica, una mail di un cliente di un servizio di orientamento, corredata dal commento dell’operatrice Genova, 27 ottobre 2013 Mi chiamo Claudio di anni 44, non so se ti ricordi di me, ci siamo conosciuti nel 2005 in occasione di un colloquio orientativo alla ricerca di un lavoro. È da diverso tempo che voglio scriverti per raccontarti la mia storia, ma soprattutto per ringraziarti per la tua consulenza. Mi sono presentato da te disoccupato e senza un soldo, e insoddisfatto del mio passato lavorativo. Non volevo tornare al mestiere che avevo fatto negli anni precedenti come lavoratore dipendente (sempre che avessi trovato chi mi assumesse, cosa tutt’altro che facile), perché in cambio di un po’ di sicurezza economica avevo vissuto molte frustrazioni ed infelicità. Avevo deciso, in quel periodo, di intraprendere l’attività di musicista e insegnante di canto, un sogno accarezzato da molto tempo. La prima sorpresa venne dal fatto che non hai giudicato, a priori, irrealizzabile il mio desiderio. Questo atteggiamento per me è stato di grande incoraggiamento. Se tu (che non mi conoscevi) potevi credere alla mia sfida, forse anche altri avrebbero potuto farlo. Sono convinto che la fiducia possa fare miracoli con le persone, trasformare l’atteggiamento verso gli ostacoli che si incontrano. Il primo passo dell’intervento orientativo è stata la compilazione di una lista di locali che facevano musica dal vivo e di scuole di musica da contattare. Mi è rimasto impresso il senso del colloquio: partire, in prima battuta, da me stesso e dalle mie inclinazioni. In questi anni ho scoperto che il tuo suggerimento era profondamente vero, e ancora più valido in questi tempi difficili in cui occorre ripensare l’ingresso nel mondo del lavoro, puntando sulla creatività e l’imprenditorialità. In passato, avevo fatto studi privati durati sette anni, prendendo lezioni di canto e pianoforte, e quindi avevo già cominciato ad investire su di me, costruendo una mia professionalità. Inoltre possedevo l’attrezzatura necessaria ad esibirmi nei locali. Ma da dove cominciare, a 36 anni, senza esperienza e senza contatti? Non credo di aver mai utilizzato quella lista, però, a partire da quel giorno, ho condiviso la mia decisione con amici e conoscenti, spargendo la voce e cominciando a muovere i primi passi nel settore. Ho iniziato a dare lezioni di canto ad una persona, poi a due, poi a tre... e ho fatto qualche serata nei locali del centro. Agli inizi, ho tenuto tariffe molto basse, per paura che le mie richieste non fossero accettate. Per fortuna, ho incontrato persone che hanno creduto in me, mi sono capitate diverse curiose coincidenze, che mi hanno aiutato ad allargare il mio giro, sia per quanto riguarda l’insegnamento sia per le serate musicali. Per qualche anno ho anche accettato lavoretti occasionali di qualsiasi tipo, per riempire il molto tem- 69 po libero che la mia attività nascente mi lasciava, ed integrare le mie entrate. Vivevo questi ‘riempitivi’ come un modo per continuare a costruire serenamente la mia futura vita da musicista. Anche i miei genitori mi hanno aiutato, dopo le prime perplessità hanno capito che facevo sul serio. Queste sono le altre lezioni importanti che ho imparato in questi anni: nessuno meglio di te può decidere per il tuo futuro. Si, io penso che un sogno, (un progetto) debba avere certe caratteristiche ben precise, per diventare reale. Deve essere ‘vero’ cioè partire da un’inclinazione della tua persona verso un’attività, e qui bisogna essere assolutamente onesti con se stessi. Deve essere supportato da una certa competenza, almeno sufficiente per cominciare a confrontarsi con il mercato. È sano prepararsi ad accettare qualche insuccesso... io ho fatto qualche inevitabile errore e ovviamente mi sono confrontato con un mercato (la mia città) in cui operano persone che svolgono la mia professione già da tempo. Penso però che ognuno possa dare il suo personale contributo al mestiere che sceglie, originale ed insostituibile, e quindi senza pensare di essere migliore di nessuno ho sempre cercato di fare del mio meglio. Se dovessi dare un consiglio ad un giovane che intraprende una professione direi questo: affronta ogni cosa che fai come se fosse la prima volta, dando sempre il meglio. Non si può mai sapere chi ti sta osservando. Altra cosa importante è essere capaci di aspettare e di fare sacrifici: costruire una professione può richiedere anche diversi anni! Pensando alla mia storia (ad oggi mi guadagno da vivere facendo un lavoro vario ed appassionante) mi rendo conto di quanto ogni difficoltà possa essere vissuta come opportunità di cambiamento, basando su questi ‘punti di forza’ (ognuno ne possiede qualcuno) l’approccio e l’atteggiamento alla ricerca. È indispensabile anche avere una formazione, atti- 70 nente all’attività che si vuole svolgere, per cominciare subito a confrontarsi sul mercato. Sarà poi naturale entrare nella mentalità della ‘formazione permanente’, quando tutto ciò che riguarda il nostro lavoro, e soprattutto il ‘nostro’ modo di interpretarlo, ci interesserà e ci fornirà nuovi spunti per un approccio originale. Non esiste mai un solo modo di fare qualcosa, ma esiste il ‘mio’ modo di farlo. Naturalmente fai quello che vuoi di questo scritto. Con gratitudine, C. B. Il commento dell’orientatrice al caso Sono orientatrice e responsabile dello Sportello Orientamento Cisl di Genova. Recentemente ho ricevuto una lettera da un ragazzo che nel 2005 avevo incontrato in ufficio dove abbiamo avuto due colloqui orientativi. Claudio era demotivato come tanti, perché non era ancora riuscito a realizzare un progetto lavorativo mirato alla formazione acquisita: come tanti svolgeva lavori saltuari che gli permettevano di mantenersi, ma non di costruire un percorso professionale solido. Abbiamo iniziato da una revisione del curriculum ma, soprattutto, negli incontri, abbiamo ci siamo confrontati a lungo, con un intervento di supporto e di rafforzamento delle motivazioni e della fiducia nelle sue capacità. L’orientamento è una prassi complessa, che necessita di tempi di sedimentazione, ma è necessario che l’operatore segua la persona lungo tutto il suo percorso perché l’orientatore è un consigliere e il rapporto che si stabilisce è fondamentale. Con Claudio il percorso è stato breve, ma l’intervento, a posteriori, è risultato efficace, visto ciò che ha scritto. Io lo ringrazio di avermi resa partecipe, attraverso le sue parole, dei suoi successi, gli porgo i miei complimenti e mille auguri. LE PAROLE DEL LAVORO Il lavoro che non tiene Riflessioni in umiltà per condividere e preparare insieme un vivere migliore A cura di Giacomo D’Alessandro Questa piccola raccolta1 nasce dall’incontro più o meno casuale di persone che nel loro percorso di amicizia si sono trovate a condividere alcuni sentimenti, desideri e analisi personali sul tema del lavoro. Parlare di lavoro è per me estremamente complicato. Prima di tutto per il timore di poter ferire qualcuno, o di mancare della giusta delicatezza nel tono, o di apparire uno che giudica (e non certo per esperienza “di lavoro”). In secondo luogo perché da molti anni il tema del lavoro è una delle cause maggiori della mia avversità/intolleranza verso il sistema socio-produttivo in cui viviamo e in cui mi sono trovato a crescere. Vorrei qui soltanto condividere alcune considerazioni su un tema in questo momento storico sulla bocca di tutti, considerazioni meditate in questi anni attraverso un’ottica un po’ differente dal consueto. Che significato mi suscita la parola “lavoro”? Come le persone vivono il lavorare, e quale sarebbe il loro ideale? In base a quali criteri e fattori si rapportano al lavoro nella vita, nelle scelte, nei valori, nel seguire la propria strada? Guardandomi attorno, ascoltando le voci, le opinioni, le esperienze di grandi e piccini, mi sono accorto che “lavoro” è per molta gente qualcosa di pesante e indesiderato, ma che “si deve fare”. Qualcosa che non piace e che ruba tempo, energie e buonumore, riducendoti a considerare belli e stimolanti solo i giorni di festa, di ferie o in cui si riesce ad evitare il lavoro. Per altre persone lavoro è quel mezzo (poco rilevante ciò di cui è costituito) per accumulare denaro: per vivere, certo, ma soprattutto per “stare be- ne”, avere “potere” d’acquisto, di consumo, e così di fare la propria felicità. In altre immagini comuni, lavoro è ancora quella destinazione indistinta, rassegnata e perpetua verso cui i giovani, gli studenti, vanno loro malgrado (il tipico ammonimento degli adulti: “godetevela finché potete, poi dovrete lavorare…”). Nel termine lavoro viene messo sullo stesso piano, indistintamente, l’impiego intollerabile puramente funzionale alla propria sopravvivenza (o al proprio arricchimento) e la passione di una vita che si farebbe anche gratis. Il grigio ruolo imprigionante e appiattente, e la dimensione creativa, stimolante e feconda. Qualsiasi cosa occupi del tempo, delle energie e dia luogo a un compenso, quello è “lavoro”. Dietro a questo termine si evita di raccontare la propria giornata, le proprie difficoltà e le proprie soddisfazioni. Dietro a questo termine si giustifica il “non potere” fare qualcosa, non poter essere da qualche parte, non poter soddisfare altre priorità, non potersi porre di fronte ai propri bisogni interiori e profondi con libertà. Lavoro viene sbandierato come quell’essere non liberi di realizzare la propria vita, tanto da agognare a una lunga e feconda pensione in cui recuperare finalmente il tempo perduto. Dalle condivisioni e testimonianze raccolte da persone di ogni età e in ambienti diversi, traggo alcuni aspetti problematici e basilari che mi rendono oggi 1. Si tratta di un piccolo libretto digitale sul tema del lavoro che raccoglie quattro contributi di vario genere, dell’autore, di altri due studenti universitari e di un amico professore di liceo: Filippo Itolli, Vess Savage, Pietro Mensi. Sono spunti e riflessioni su un tema caldo di fronte al quale gli autori vorrebbero – contro la diffusa tendenza a scivolare nell’angoscia, nel pessimismo o nell’iperattivismo – sviluppare e ricercare possibili “alternative di sistema”. Giacomo D’Alessandro ha frequentato gli incontri formativi del Progetto ‘Giovani protagonisti della comunicazione’. 71 inaccettabile il sistema lavoro per come è pensato e vissuto da troppe persone. Il primo aspetto riguarda la mancanza del senso di comunità: se io vivo e sento forte in me l’appartenenza, l’affetto e la condivisione di una comunità (un esempio facile è la propria famiglia), vivo come servizio edificante per me e per gli altri.provvedere a una o più necessità per “vivere bene insieme”. La società dell’urbanizzazione selvaggia, delle metropoli (cui lego tutta la mia riflessione sul “delirio della città”), ci priva del senso di comunità rendendo la maggior parte dei “lavori” lontani da un senso di servizio edificante, schiacciati o sul profitto personale/della propria azienda (che se vissuta come comunità ha risvolti comunque positivi) o sulla mera sopravvivenza tramite denaro ottenuto. Il secondo aspetto riguarda la mancanza di un discernimento della persona su quella che è la conoscenza di sé e della realizzazione profonda dei propri talenti e della propria armonia interiore e comunitaria. Tante persone vivono operando delle “non scelte”, instradate per condizionamento culturale, per superficialità, per rassegnazione o per opprimenti condizioni di vita, verso una dimensione lavorativa subita passivamente, il che causa la fuoriuscita (col tempo) di rimpianti, frustrazioni, inquietudini e difficoltà a trovare la propria dimensione armonica con le persone e con il contributo che si dà al mondo. L’ansia di “sistemarsi”, di “proteggersi”, di essere come gli altri o di non deludere le aspettative di parenti, famigliari e amici, spesso è più forte e inconsciamente annulla la domanda che guiderebbe meglio la ricerca della propria strada: dove sono chiamato a stare? Dove sento di poter giocare la mia realizzazione profonda? Il terzo aspetto riguarda la grande illusione dell’era industriale, con il corto circuito per cui il possesso è felicità, e io possiedo quanto più sono ricco di denaro, dunque sacrificando la mia vita dietro al “lavorare”. Nel nome di questa illusione alimentata da noi stessi e da molte componenti del nostro sistema (mediatiche, sociali, culturali, economiche…) 72 abbiamo dato per scontato (e per accettabile) che il “progresso economico” avesse come prezzo il danno ambientale, la marginalizzazione della cultura, delle relazioni comunitarie, dello sviluppo dei diritti umani. Ce ne siamo stati politicamente e civicamente della presa di potere del sistema economico-finanziario su quello politico, senza premere quantomeno politicamente sui movimenti di ricerca e sviluppo di alternative a questo sistema. Parlare di tutto ciò è per me complicato e delicato, questi pensieri fonte di conflitti continui. Non è giusto né utile sputare nel piatto dove si mangia, né si cambiano le cose da un giorno all’altro. Non è pensabile rivendicare soluzioni pronte e sicure, né dipingere nettamente di bianco e di nero elargendo giudizi e colpe. Ma sento sempre più urgente e importante portare alla luce, in un confronto continuo con chiunque voglia, questi aspetti così determinanti – specie in tempo di crisi strutturale del sistema – nel decidere quali basi porre, su quali priorità investire, per il mio futuro e di queste generazioni. Credo che alcuni spunti per uno stile di vita su cui rifondare l’idea di lavoro (come propria realizzazione profonda nel servizio e nella relazione feconda con una comunità) siano la semplicità di vita, la ricerca dell’essenziale per tutti, il senso pratico di solidarietà e sostegno, la ripresa dello scambio di competenze e del sostentamento diretto in sostituzione di una parte di denaro necessario alla sussistenza, il mantenimento affiancato di una dimensione di attività manuale ad una di attività cerebrale/intellettuale, secondo l’inclinazione di ciascuno. E, ultimo ma fondamentale nella situazione odierna, la ripresa di un rapporto armonioso con la terra e il mondo naturale, da cui la priorità a investire sulla dimensione del sostenibile, per un ambiente di vita e di attività fertile e benestante. Con rispetto e amicizia verso tutti i lavoratori, di qualunque tipo e animo essi siano, nella convinta direzione di tracciare insieme strade più umane, buon lavoro a tutti. FORUM JUNIOR Dalle contravvenzioni ai contrabbassi La seconda vita professionale di un agente di polizia A cura di Fabio Canessa Alla scoperta di una passione diventata professione. Dismessi i panni dell’agente di polizia stradale, Gianmaria Assandri si racconta oggi in quelli del liutaio. Ma la via dell’artigianato non è liscia come l’autostrada. Sta riparando il fondo di un contrabbasso. Uno strumento “di poco valore”, dice, di quelli che si trovano nelle soffitte dei bisnonni, forse poco pregiati ma affettivamente inestimabili. Gianmaria Assandri, 56 anni, di professione liutaio, lavora nella sua botteguccia di Salita Pallavicini, due passi sopra via Luccoli, centro storico di Genova. Si fa benevolmente intervistare, ma intanto continua ad appiccicare legnetti e raschia senza sosta. Capisci che non è un falegname solo perché sulla parete si stagliano certi strumenti ad arco più alti di un uomo. Di cosa si occupa precisamente un liutaio? Il liutaio costruisce, ripara e restaura strumenti musicali. Ce ne sono di vari tipi e fatture, quindi il campo d’intervento è molto ampio: dal medievale al barocco agli strumenti elettrici contemporanei. Com’è che ha deciso di fare il liutaio? Mio nonno era un genio in tutto ciò che riguardava i lavori manuali. Il mio primo giocattolo fu un pezzo di legno con dei chiodi da piantarci dentro. Ma l’appassionato di strumenti non era lui, bensì un suo fratello che costruiva chitarre come hobby. Poi mi sono trovato a riparare la mia chitarra che si era rotta quando avevo 18 anni... E non poteva rivolgersi ad un liutaio? Certo, ci sono andato. Solo che era un mio amico e mi ha invitato a farmi il lavoro da solo. Ho ancora quella chitarra, uno strumento di fabbrica, senza pretese. Ma era l’unico che avevo e perciò me lo sono riparato volentieri. Prima di quell’episodio avrebbe mai pensato di svolgere questa professione? I lavori manuali mi hanno sempre emozionato molto, sin da ragazzino. In realtà, poi, ho fatto tutt’altro. Ho lavorato nella polizia stradale per 27 anni, però questo mi ha consentito di impegnarmi oltre il mio lavoro, perché i turni in autostrada sono di sei ore. All’epoca si trattava di un passatempo, ma fortunatamente non l’ho mai mollato. Così, diventato “vecchietto”, mi sono licenziato e ho aperto il laboratorio. Dal 2001 sono liutaio a tempo pieno. Nel frattempo, come ha imparato il mestiere? Ho frequentato per lungo tempo la bottega di Federico Löwenberger, il mio maestro, qui a Genova. Questo mi ha consentito di cimentarmi con l’attività, cosa importantissima perché mi ha permesso di cambiare totalmente vita. Sono passato dal di- 73 vertimento a un impegno a tempo pieno. Magari è meno divertente, ma sono contento di aver accettato la sfida. Un giovane che voglia avvicinarsi al mestiere quali strade può intraprendere? Le strade, oggi, sono difficili, perché la figura dell’apprendista non è più intesa nel modo tradizionale. Le scuole prevedono la possibilità di fare stage e da me sono arrivati due ragazzi provenienti da scuole professionali. Sono tempi estremamente brevi, in un mese si può fare davvero poco. Però possono stimolare la curiosità e l’interesse di chi partecipa. Se la passione è tanta e hai un desiderio da realizzare, niente ti può fermare. La procedura più seguita prevede l’iscrizione a una scuola di liuteria (ce ne sono a Cremona, Milano e altre). Da lì a esercitare la professione, però, sorgono diverse difficoltà, non dal punto di vista normativo, ma da quello della sopravvivenza. Una scuola non può fornire una professionalità completa in quattro o cinque anni. Quali difficoltà ha avuto al momento di aprire un’attività in proprio? Anzitutto difficoltà di mercato. Bisogna sapersene ritagliare una fetta precisa. Io, per esempio, ho sempre avuto passione per gli strumenti di grandi dimensioni, come i violoni e i contrabbassi. Sono molto impegnativi dal punto di vista fisico, pesanti, ingombranti, sono pochi i liutai che ci lavorano. A me piacciono, forse perché sono grande e grosso anch’io. Ho usufruito di un piccolo finanziamento stanziato dall’Artigiancassa e della liquidazione per la precedente attività. La bottega è ancora di proprietà della banca. Altre agevolazioni non ne ho ricevute, sarebbe già tanto parlare di semplificazioni burocratiche. Parlando a chiare lettere: quanto è redditizio il suo lavoro? Dire che siamo in crisi è fin troppo facile, forse perché siamo a Genova e ci piace mugugnare. Aggiun- 74 giamo che la gente non ha soldi per farsi costruire o riparare strumenti musicali. Diventare ricchi facendo gli artigiani? Dubito che qualcuno ci sia mai riuscito. Io non lo diventerò, però faccio parte della categoria delle persone che lavorano per passione. Se avessi a disposizione più risorse, vorrei semplicemente continuare a fare il liutaio, magari con maggior tranquillità, meno assillato da bollette e balzelli. Lavora da solo o ha dipendenti? La mia è una ditta individuale e, a parte gli stagisti che ospito ogni tanto, in bottega ci sono solo io. Gli spazi sono troppo ridotti. Avere un dipendente, per quanto mi riguarda, sarebbe impossibile, anche per ragioni economiche. Cosa si dovrebbe fare, secondo lei, per tutelare e rilanciare l’artigianato? Gli artigiani che svolgono lavori di nicchia – li chiamano ‘antichi mestieri’ – dovrebbero essere considerati ‘specie protetta’. Siamo progressivamente soppiantati da macchine e fabbriche, per cui è sempre più difficile sopravvivere. Sarebbe tutto più facile con le opportune agevolazioni fiscali. La pressione nei confronti delle piccolissime imprese non è commensurata alla reale attività. Io apro alla mattina e chiudo la sera tardi. Per almeno 12 ore al giorno continuo a grattare pezzi di legno. Non ho grandi entrate né posso accedere a chissà quali mercati. La produzione è interamente mia, spero di alta qualità, ma in quantità limitate. Chi sono i suoi clienti? Normalmente sono musicisti professionisti che hanno bisogno di strumenti di un certo livello. Ma lavoro anche per istituzioni come il Conservatorio Niccolò Paganini e il teatro Carlo Felice. In ogni caso, clienti che fanno uso professionale degli strumenti. Qualche volta mi contattano privati che desiderano uno strumento di qualità o, più spesso, persone che ritrovano in cantina il violino o la chitarra del nonno e vogliono poterli ancora suonare. Il lavoro più difficile che le sia mai capitato? Il più difficile è anche quello che mi piace di più, ovvero scolpire le ‘teste’ degli strumenti. Negli strumenti ad arco è la voluta che si vede in cima allo strumento. Sugli esemplari barocchi è un lavoro molto impegnativo, ad esempio sto lavorando ad una testa a forma di fauno. Io che non sono uno scultore di professione ci passo notti intere, ma mi appassiona tantissimo. È vero che il liutaio è un mestiere a rischio scomparsa? Sì, negli ultimi anni si è perso il gusto del bello, ovvero la capacità di riconoscere un oggetto di alta qualità da uno dozzinale. Vedo clienti presentarsi con strumenti prodotti in serie e non saperli distin- guere da quelli fatti a mano. Questo problema riguarda quasi tutte le produzioni artigianali. Ormai la fabbrica ci ha spodestato. Giustamente, perché le leggi di mercato premiano i prezzi più bassi, anche a costo di perdere qualità. Tra uno strumento industriale e uno di liuteria c’è comunque un abisso. In termini di materiali, cura, finiture e sonorità non c’è alcun paragone. Anche se la vecchiaia è ancora lontana, pensa di andare in pensione prima o poi? Non ne ho nessuna intenzione. Ed anzi, ho la necessità pratica di stare attaccato al banco finché morte non ci separi. A mia figlia non lascio in eredità il lavoro, lei ha in mente strade completamente diverse. Com’è giusto che sia. Le 5 “P” del buon liutaio Passione. Ingrediente essenziale per qualunque attività artigianale. Gianmaria la coltivava da ragazzino, ma solo con la piena maturità ne ha fatto una professione, abbandonando un’occupazione che non lo realizzava appieno. Pazienza. Il lavoro in liuteria richiede molta concentrazione. Prima di costruire o riparare uno strumento occorre analizzarlo e conoscerlo profondamente. Solo allora si può cominciare a mettere insieme i componenti. I tempi di realizzazione sono molto lunghi. Per costruire un contrabbasso sono necessarie in media 500 ore di lavoro. Si capisce come mai costano dai 5 ai 70mila euro. Preveggenza. Come disse il grande Michelangelo,“fatemi liberare questa Pietà”. Il liutaio è parente dello scultore. Guardando il pezzo di legno, deve sapervi riconoscere lo strumento finito. Il mae- stro Löwenberger la chiamava “visione globale dello strumento”. Pagine. Di libri, tanti libri. Lo studio personale è vitale al liutaio che non voglia commettere errori imperdonabili. Bisogna informarsi, conoscere, documentarsi sulle caratteristiche di ogni epoca storica. Ogni strumento ha uno standard di riferimento. La voglia di ‘inventare’ diventa pericolosa e passa per incompetenza. Partecipazione. Il liutaio non è mai da solo a creare lo strumento. È essenziale il rapporto con il cliente, di cui bisogna capire difficoltà, preferenze e gusti. Conoscere la musica – almeno da strimpellatori – aiuta a capire le esigenze dei musicisti. Loro stessi indirizzano l’artigiano nelle sue scelte al fine di ottenere il massimo dallo strumento. 75 L’ESPERIENZA “Odissea dei ragazzi”, uno spettacolo racconta il dramma dei giovani rifugiati A cura di Paola Castellazzo Si spengano le luci, si faccia silenzio. Sul palcoscenico va in scena la vita. Non la finzione a cui siamo tutti abituati, alla quale possiamo appassionarci o credere, non uno spettacolo catartico, né una commedia divertente. La vita. Che ha raccontato, lo scorso 13 novembre al Salone Orientamenti, la storia di cinque ragazzi di diversa provenienza, ugualmente figli di padri assenti o lontani, partiti, o meglio scappati dalla loro terra, dalla loro casa, dalle famiglie. Sono afgani, senegalesi, nigeriani, pakistani e indiani, con un peso sulle spalle che nessun adolescente dovrebbe portare. Hanno visto la morte, la fame e la guerra e sono cresciuti, loro ancora piccoli, nel viaggio personale verso la speranza. Noi siamo abituati a vederli in televisione, volti confusi e anonimi, ripresi dalle telecamere quando uno dei tanti barconi della speranza arriva sulle nostre coste. Lo spettacolo ha dato loro un volto e messo in condizione lo spettatore di capire. Un’ora di spettacolo, poca per spiegare tutto e persino troppa, se si pensa alle emozioni che porta con sé e che racconta. Emmanuel, Kara, Pashupatti, Rahamathollah, Shahzeb, Waheed sono la prima compagnia multietnica di rifugiati in Italia, con loro recita anche l’attrice Sara Cianfriglia, sotto la regia affettuosa di Laura Sicignano. Alla loro storia non si può restare indifferenti. Si soffre mentre la raccontano, si pensa ai propri figli, tranquilli, a casa e si vorrebbe fare qualcosa. Loro la storia vorrebbero non raccontarla, esce dalle 76 loro labbra a fatica, con difficoltà e non certo solo per la lingua, che stanno imparando andando a scuola. Ma a vederli sul palco sono una forza della natura. E quando va in scena la loro Odissea si resta coinvolti e sconvolti: “Questi ragazzi, per lo più rifugiati politici, hanno tutti affrontato da soli viaggi difficilissimi da paesi lontani per raggiungere l’Italia. Abbiamo lavorato insieme per circa un anno e dopo questo lungo percorso, e lavoro, abbiamo messo in scena la loro Odissea - spiega la Sicignano - Ne è nato uno spettacolo di forte impatto emotivo. Il filo conduttore è l’Odissea, grande racconto archetipico della cultura Mediterranea e viaggio avventuroso in cui i ragazzi hanno potuto riconoscere e raccontare il proprio viaggio personale. Lo spettacolo parla di amore e di guerra, di speranza e di nostalgia, di madri e di amanti: avventure e sentimenti che questi ragazzi hanno in comune con Ulisse. Ognuno ha trovato nell’Odissea le storie della propria vita, identificandosi immediatamente ora in Ulisse, un viaggiatore abbastanza scaltro da salvarsi la pelle e pieno di malinconia; ora in Telemaco, un ragazzo in mezzo ad una Storia più grande di lui. Le poche frasi dello spettacolo derivano o dalla stessa Odissea o sono state dette dai ragazzi, durante i nostri incontri, in scena o fuori scena” Shahzeb, ad esempio, si racconta dicendo:”Vivo in una giungla, dormo sulle spine”: lo ha detto in pakistano ovviamente, la sua lingua. Una frase che da sola ci può dare la misura dell’emozione che proviamo guardando questi ragazzi andare in scena, davanti ad altri ragazzi, loro coetanei, così vicini eppure così lontani dalle loro vite. Perché l’Odissea dei ragazzi può essere anche un’occasione di crescita per chi è sul palco e per chi li guarda, pensando. Per ulteriori informazioni video su YouTube http://www.youtube.com/watch?v=8yA5x5z4gYg &feature=youtu.be http://www.teatrocargo.it/odissea.html > Safi, 18 anni, afgano, rifugiato politico È nato in questa terra il giovane Safi, afgano di nascita, oggi, suo malgrado, italiano di adozione. Dico suo malgrado, perché Safi avrebbe voluto rimanere a casa, con sua madre, suo padre e il suo fratellino, anche se in Afghanistan c’era la guerra, anche se in Afghanistan si sparava. Ma Safi non ha potuto scegliere, è dovuto scappare. La sua storia di esule, di rifugiato, inizia 2 anni fa. “Mio padre lavorava a Kandahar con gli americani. Aveva studiato l’inglese e per questo lo avevano scelto per fare il traduttore dall’afgano all’inglese – racconta Safi, sguardo basso e occhi tristi, persi in ricordi che nessuno vorrebbe avere – i talebani, però, non volevano che lavorasse per il nemico. Per questo gli fecero arrivare a casa una minaccia, scritta, intimandogli di lasciare quel lavoro. Mi diceva sempre che non voleva rinunciare a questo lavoro perché era convinto di aiutare il suo Paese. E che questo fosse un suo preciso dovere”. Una notte, mentre tutti dormono, i talebani entrano a casa. “Mi hanno svegliato le urla. Non vedevo niente, c’era buio. Erano in tre, forse quattro, non si vedeva nulla. Poi gli spari. Contro mio padre, contro di me, contro mia mamma”. Poi il nulla. Safi, ferito da una pallottola alla testa, sviene, quando si risveglia si rende conto di essere in ospedale. Davanti a lui suo zio che ora, visto che il padre è morto, fa da capofamiglia. E’ lui che lo aiuta, che trova i soldi, dodicimila dollari, per farlo andare via dall’Afghanistan. “Ma io non volevo. Non volevo lasciare la mia casa, mia mamma e mio fratello. E per andare dove?” L’addio è straziante, fatto di lacrime e dolore infinito, la disperazione di un bambino di soli 8 anni che perde il fratello dopo aver appena perso il padre, di un ragazzo che dovrà andare da solo verso l’ignoto, e della loro mamma, che per salvare la vita a suo figlio deve convincerlo a partire. All’inizio non capisce. Gli fa male la testa, perde sangue. Viaggia di giorno, di notte dorme. Pensa sempre alla sua famiglia e alla sua fidanzata.“Pensavo troppo. Avevo troppo male ai pensieri”. Viaggia ininterrottamente, unico ragazzo tra tanti adulti. Non parla con nessuno, non cerca conforto. Non gliene offrono. Dopo 5 giorni supera il confine con l’Iraq. Entra clandestino in quel Paese. Dopo 6 mesi inizia il viaggio per passare il confine con la Turchia. È salvo. È arrivato in Turchia dove si ferma due mesi. Poi il viaggio verso la Grecia. Come trascinato da un fiume di fuggiaschi, in continua corsa verso un Paese e poi verso un altro, in fuga da se stessi e dalla polizia, in fuga da tutto. Verso posti di cui non conosce nulla, che non significano nulla per lui. Ma il viaggio non è ancora finito. Safi si prepara a partire per l’Italia, anche se non sa neanche dove sia.“Ci hanno stipati in un furgone. Il furgone ad un certo punto si è fermato. Ci hanno detto di scendere”. Davanti a loro il mare e il “barcone” che li aspetta per la traversata. “Non sapevo quanto sarebbe stato lungo il viaggio. Di notte arrivavano onde grandissime. Tutti piangevano ed erano uomini grandi, io solo un ragazzo. Ma siamo arrivati”. Oggi Safi ha ottenuto l’asilo politico, è un rifugiato, vive in una Comunità, va a scuola e aspetta di capi- 77 re cosa ne sarà della sua vita. Da qui, con ‘Skype’, ha risentito lo zio e sa che la sua famiglia sta bene, su internet ha visto le foto dell’Afghanistan prima della guerra e ha scoperto che “era un paese meraviglioso. Ma io sono nato che c’era la guerra, non ho visto cose meravigliose. Ho visto tante cose brutte, sofferto caldo, freddo, fame, sete”. Safi ha iniziato l’intervista con imbarazzo, con fatica, ma nella mezz’ora che abbiamo passato insieme ha sollevato i suoi occhi, marroni, grandi, a volte persino sorridenti, e si è lasciato andare, perché crede che raccontare la sua storia possa servire a capire: “Quando gli italiani sentono la nostra storia allora capiscono perché siamo qui. Non possiamo 78 guardare per tutta la vita la guerra. Vi chiedo <<a chi piacerebbe lasciare la sua casa, la sua famiglia?>>”. Oggi ha un sogno: un lavoro per poter ritrovare i suoi cari e una vita serena. “Da piccolo ho visto troppe cose. Ora vorrei vivere qui e stare tranquillo”. La storia di Safi è anche diventata un testo teatrale Si intitola “Compleanno Afghano” di Safi e Sicignano premiato a le Acque dell’Etica e Pervocesola pubblicato da ed. Nerosubianco nella raccolta ‘Per voce sola 13’ APPROFONDIMENTO Regione Liguria: i tirocini, una guida per l’uso L’approfondimento di questo numero è dedicato al tema dei tirocini, con la pubblicazione integrale della guida della Regione Liguria, elaborata dall’Agenzia Liguria Lavoro, in sinergia con gli Uffici regionali e in distribuzione presso i Centri per l’Impiego. L’opportunità della pubblicazione nasce dell’aggiornamento (Deliberazione n. 1052 del 5 agosto 2013) della disciplina regionale in materia. La guida illustra le tipologie di tirocinio, facendo chiarezza sulle possibilità di utilizzo. La Regione Liguria ha investito su questo strumento per avvicinare i giovani al mondo del lavoro finanziando un programma sperimentale per la promozione dei tirocini e dei contratti di apprendistato, nell’ambito del ‘Piano Giovani’, attraverso bandi provinciali, rivolti alle aziende. Ulteriori informazioni su www.iolavoroliguria.it. IL GRUPPO DI LAVORO Il gruppo di lavoro di Agenzia, che ha curato la realizzazione della guida, è così composto: Maria Teresa Calabrò, Silvia Dorigati, Federica Gallamini, Bruno Gualco, Paola Mainini, Stefania Spallanzani Per la Regione Liguria: Laura Paglialonga, Dipartimento Istruzione, Formazione, Lavoro - Settore Politiche del Lavoro e delle Migrazioni Un ringraziamento particolare alla dott.ssa Luisella Dellepiane, presidente dell’Ordine dei Consulenti del lavoro della provincia di Genova e responsabile del Centro Studi e alla dott.ssa Alessandra Lorenzi, responsabile del Centro per l’Impiego di Ventimiglia. Si ringrazia, inoltre, per le indicazioni di carattere giuridico Gianrenato De Gaetani. Tirocini Una guida per l’uso Con la recente normativa, la Regione Liguria ha messo basi solide per rendere il tirocinio un significativo strumento di inserimento nel mondo del lavoro. Infatti, proprio in un momento come questo, diventa pressante, da una parte, offrire risposte concrete e immediate alla ‘fame di lavoro’ dei giovani, dall’altra vigilare affinché gli inserimenti in azienda siano fatti principalmente nel loro interesse. Purtroppo, in passato, abbiamo assistito ad abusi dell’istituto del tirocinio, visto spesso come un modo per avere manodopera a buon mercato, senza davvero offrire al tirocinante un’esperienza fattiva, utile e adatta alle sue potenzialità. La nuova normativa tutela entrambi i soggetti coinvolti: i giovani, che avranno la certezza di un percorso davvero utile, garantito da un patto formativo con l’azienda; gli imprenditori seri, che potranno conoscere le potenzialità di molti ragazzi preparati e potranno offrire loro un’occasione formativa ‘in regola’, nel rispetto delle leggi e della dignità delle persone. Con l’augurio che quello che è spesso il primo momento di ingresso in un’azienda sia fatto all’insegna della legalità, della tutela del tirocinante, di un’autentica utilità dell’esperienza. Giovanni Enrico Vesco Assessore alle Politiche attive del lavoro e dell’occupazione, politiche dell’immigrazione e dell’emigrazione Sergio Rossetti Assessore alle Risorse finanziarie e controlli, patrimonio e amministrazione generale, istruzione, formazione, università. 80 Il tirocinio Che cosa è, in breve Si tratta di una misura di politica attiva del lavoro che consiste in un periodo di formazione e di orientamento, svolto presso un datore di lavoro pubblico o privato. Lo scopo è permettere al tirocinante di acquisire competenze professionali per arricchire il proprio curriculum e renderlo più spendibile nella ricerca di occupazione, in vista di un primo inserimento o un reinserimento lavorativo. Attenzione, però: sebbene svolto direttamente in un contesto aziendale, il tirocinio non è un rapporto di lavoro, anche se ne presenta quasi tutti gli aspetti. A volte, il tirocinio può sfociare in un vero contratto di lavoro, ma anche quando ciò non succede è, comunque, uno strumento utile per fare un’esperienza professionale pratica che aiuta a completare la propria formazione o arricchirla per entrare più facilmente nel mondo produttivo. Per attivare un tirocinio, tre sono i protagonisti coinvolti: il tirocinante, il soggetto ospitante (azienda) e il soggetto promotore (centri per l’impiego, enti di formazione, scuole, università, ecc.). Quest’ultimo ha il compito di favorire l’incontro tra il tirocinante e il soggetto ospitante e si fa garante della regolarità e della validità formativa del tirocinio. A questo scopo, proprio perché non è un vero contratto di lavoro, i tirocini si svolgono sulla base di apposite convenzioni, stipulate tra il soggetto promotore e i datori di lavoro ospitanti, nelle quali sono definiti i diritti e doveri di ciascuna delle parti. Per ogni tirocinante viene quindi predisposto un progetto formativo individuale che dettaglia in maniera univoca i termini e le modalità di svolgimento del tirocinio. Alla conclusione dell’esperienza il tirocinante riceve dal soggetto promotore un’attestazione dell’attività svolta e delle eventuali competenze acquisite. Se la partecipazione al tirocinio è stata almeno pari al 70%, l’esperienza può essere registrata sul ‘libretto formativo del cittadino’, un documento personale sul quale sono certificate le competenze acquisite durante le esperienze formative e lavorative. Le tipologie di tirocinio: > Tirocini curriculari (c.d. stage) pag. 81 > Tirocini estivi pag. 82 > Tirocini formativi e di orientamento pag. 83 > Tirocini di inserimento e reinserimento lavorativo pag. 85 > Tirocini per cittadini residenti in Paesi non EU pag. 87 > Tirocini richiesti per l’iscrizione agli ordini professionali (c.d. praticantato) pag. 88 > Tirocini transnazionali, per lo più realizzati nell’ambito di progetti comunitari pag. 89 A puro titolo informativo è utile sapere che il tirocinio come strumento di promozione del lavoro nasce molti anni fa, con l’articolo 18 della legge 196/1997. Oggi la materia rientra nelle competenze regionali per cui la Regione Liguria ha recentemente approvato una disciplina che regolamenta, in particolare, i tirocini formativi e di orientamento, quelli di inserimento e reinserimento lavorativo e quelli estivi. Per le altre tipologie viene fatto riferimento alla normativa nazionale vigente. Nell’ambito delle varie tipologie di tirocinio, in pratica, tutti possono partecipare a un tirocinio, senza distinzione tra cittadini italiani, stranieri comunitari ed extracomunitari, richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale. TIROCINI CURRICULARI (C.D. stage) Cosa sono Si tratta di percorsi di apprendimento pratico, da svolgere all’interno di un ambiente di lavoro, di norma previsti nell’ambito dei piani di studio degli Istituti scolastici, delle Università, o dei corsi di formazione professionale. Vengono anche denominati “stage”. Chi può svolgerli Studenti di scuola secondaria superiore, studenti universitari (compresi gli iscritti ai master universitari e ai corsi di dottorato), allievi degli istituti professionali e dei corsi di formazione, purché frequentanti un corso di studio o di formazione nel cui ambito il tirocinio è promosso, senza distinzione tra studenti italiani, stranieri comunitari nonché stranieri extracomunitari purché soggiornanti in Italia con regolare permesso. Quanto durano Non hanno una durata prestabilita e, in genere, si svolgono all’interno del percorso di studio o di formazione. In linea di massima, comunque, non possono essere superiori a 4 mesi, proroghe comprese se destinati a studenti della scuola secondaria, non superiori a 6 se si tratta di allievi di istituti professionali o di corsi di formazione professionale e non superiore a 12 mesi nel caso di studenti universitari compresi i master e i corsi di specializzazione e perfezionamento. Se, tuttavia, il tirocinio è attivato a favore di un soggetto svantaggiato, la durata complessiva del tirocinio può essere estesa fino a 12 mesi e addirittura fino a 24 mesi, sempre proroghe comprese, nel caso di soggetto disabile. Il riferimento è, sempre, comunque, il progetto formativo individuale. I tirocini curriculari che danno diritto a crediti formativi, necessari per conseguire il titolo di studio, devono comunque concludersi prima del conseguimento del titolo stesso. Invece, i tirocini che non danno diritto a crediti formativi quindi non strettamente necessari al conseguimento del titolo – se iniziati prima del conseguimento del titolo, possono continuare fino alla loro naturale scadenza. 81 Quali soggetti li possono promuovere I tirocini curriculari possono essere promossi da: > Istituzioni scolastiche che rilascino titoli di studio con valore legale; > Università (nell’ambito di corsi di laurea, master, dottorati) o istituzioni universitarie che rilascino titoli riconosciuti a livello nazionale o europeo; > Centri di formazione professionale. Come funzionano Le modalità di attuazione dei tirocini curriculari sono definite, in modo specifico, dalle singole istituzioni formative (scuole, facoltà universitarie, enti di formazione) che li promuovono. Assicurazioni e indennità Tutti i tirocinanti devono essere coperti da assicurazione RCT e Inail. Di norma non è prevista alcuna indennità, in quanto il tirocinio è parte del percorso formativo. A volte, però, può anche essere prevista un’indennità di frequenza o il riconoscimento di un rimborso spese. A chi rivolgersi per avere informazioni > Per le attività legate al sistema scolastico, gli studenti possono rivolgersi alla dirigenza/segreteria/professore incaricato per l’orientamento del proprio istituto. > Per le attività legate al circuito universitario, presso le facoltà sono di solito presenti appositi uffici e servizi informativi per gli studenti. > Nell’ambito dei corsi di formazione professionale la figura di riferimento è il tutor. TIROCINI ESTIVI DI ORIENTAMENTO Cosa sono Dal loro nome si intuisce chiaramente che si tratta di un’esperienza temporanea, svolta durante il periodo estivo di sospensione degli studi, nell’ambito di un contesto produttivo. È una forma di addestramento pratico che aiuta gli studenti nella successiva scelta lavorativa, ponendoli nella condizione di acquisire già alcune competenze professionali che però non sono direttamente riconducibili al piano di studi e non concorrono al completamento degli obiettivi da questi previsti, altrimenti si tratta di ‘stage’ (vedi pag. 81). Chi può svolgerli Tutti gli studenti in età lavorativa (16 anni compiuti), senza distinzione tra studenti italiani, stranieri comunitari nonché stranieri extracomunitari purché soggiornanti in Italia con regolare permesso, iscritti ad un percorso di istruzione secondaria superiore o a corsi universitari (di primo livello, triennale – e di secondo livello – magistrale). Quanto durano In genere sono di breve durata, per lo più calcolata in settimane, e comunque possono avere una durata massima pari al periodo di sospensione degli studi, sia esso fissato dal calendario scolastico o accademico o di corso. Quali soggetti li possono promuovere > Istituzioni scolastiche; > Università (nell’ambito di corsi di laurea, master, dottorati) o istituzioni universitarie che rilascino titoli riconosciuti a livello nazionale o europeo; > Centri di formazione professionale. Come funzionano Anche se di breve durata, questi tirocini per essere attivati hanno bisogno di una convenzione stipulata tra il soggetto promotore e il soggetto ospitante, nella quale vengono definiti gli impegni delle parti 82 e di un progetto formativo individuale che dettaglia gli obiettivi e le modalità di svolgimento del tirocinio. Nulla impedisce che lo studente, nell’arco della pausa estiva, faccia anche più di un tirocinio, fermo restando il vincolo della durata massima riconoscibile. Le competenze acquisite dal tirocinante in azienda possono anche essere riconosciute come crediti formativi. Il numero dei tirocinanti estivi che un datore di lavoro può ospitare dipende dalle dimensioni dell’unità produttiva aziendale ed è definito dalla disciplina regionale. Assicurazioni e indennità Tutti i tirocinanti devono essere coperti da assicurazione RCT e Inail. Non è previsto alcun obbligo di indennità, ma può essere riconosciuto un rimborso spese. A chi rivolgersi per avere informazioni V. paragrafo ‘Contatti e indirizzi utili’. TIROCINI FORMATIVI E DI ORIENTAMENTO Cosa sono Rappresentano un periodo di formazione nel contesto lavorativo, attraverso una conoscenza diretta del- l’ambiente produttivo. La loro finalità primaria è dunque quella di orientare le scelte professionali dei giovani, per sostenerli nel passaggio dalle attività scolastiche e formative al mondo del lavoro offrendo un primo approccio sul campo. Chi può svolgerli Giovani in età lavorativa (16 anni compiuti), senza distinzione tra giovani italiani, stranieri comunitari nonché stranieri extracomunitari purché soggiornanti in Italia con regolare permesso, che hanno assolto l’obbligo di istruzione e che hanno conseguito, da non più di un anno, uno dei seguenti titoli di studio: diploma di scuola secondaria di I grado; qualifica o diploma di istruzione e formazione professionale; diploma di istruzione secondaria superiore; laurea (triennale o magistrale) e titoli equipollenti; master universitari di I e II livello; dottorati di ricerca e titoli equipollenti. Quanto durano Per le loro finalità formative, non possono durare meno di 2 mesi, ma non possono superare i 6 mesi complessivi (proroghe comprese). Ciò vuol dire, ad esempio, che un tirocinio di 4 mesi può essere prorogato, al massimo, per altri 2 per complessivi 6 mesi. Se, tuttavia, il tirocinio è attivato a favore di un soggetto disabile, la durata complessiva del tirocinio può essere estesa fino a 12 mesi, proroghe comprese. Quali soggetti li possono promuovere Molti sono i soggetti che possono promuovere tale tipologia di tirocinio, i principali sono: > i centri per l’impiego, compresi i servizi di collocamento disabili; > le istituzioni scolastiche statali e non statali che rilascino titoli di studio con valore legale; > le università e gli istituti di istruzione universitaria statali e non statali nonché le altre istituzioni di alta formazione che rilascino titoli riconosciuti a livello nazionale o europeo; > gli organismi di formazione professionale pub- 83 blici e privati accreditati; > i soggetti autorizzati a livello nazionale e regionale ai servizi di intermediazione al lavoro; > i servizi sociali e sociosanitari (a favore dei soggetti in carico); > le cooperative sociali e le associazioni di volontariato iscritte ai relativi registri regionali. Come funzionano Pur avendo la forma sostanziale di un rapporto di lavoro senza esserlo veramente, a tutela dei tirocinanti, anche questi tirocini devono essere attivati da una convenzione tra un soggetto promotore, che si fa garante della validità formativa del tirocinio, e un soggetto ospitante, presso il quale si svolge l’attività lavorativa. Nella convenzione, nello specifico, vengono definiti gli impegni delle parti. Gli obiettivi formativi e le modalità di svolgimento del tirocinio sono, invece, dettagliati nel progetto formativo individuale che viene predisposto in modo personale per ciascun tirocinante. Poiché, comunque, si tratta di attività formativa, il tirocinante viene affiancato da un tutor didattico organizzativo individuato dal soggetto promotore, quale responsabile della fase di 84 avvio e del coordinamento dell’intero progetto formativo, e da un tutor aziendale sul luogo di lavoro per le fasi di apprendimento sul campo. Il numero dei tirocinanti che un datore di lavoro può ospitare dipende dalle dimensioni dell’unità produttiva aziendale ed è definito dalla disciplina regionale. Per contrastare forme di abuso, inoltre, un datore di lavoro non può attivare tirocini per la sostituzione di contratti a termine nei periodi di picco delle attività, lavoratori assenti per maternità, in malattia o in ferie, né utilizzare i tirocinanti in attività per cui non sia prevista un’adeguata formazione, così come non può attivare più di un tirocinio con il medesimo tirocinante, salvo alcuni specifici casi previsti a favore di persone disabili o svantaggiate. Sospensione o interruzione del tirocinio Il tirocinante ha diritto ad una sospensione del tirocinio in caso di astensione per maternità o malattia lunga superiore ad un terzo della durata complessiva prevista per il tirocinio. Se, però, l’assenza si prolunga oltre il 50% della durata prevista, il tirocinio si considera interrotto, a meno che il datore di lavoro non chieda espressamente al soggetto promotore la prosecuzione del tirocinio. Nell’ambito del periodo di tirocinio, possono anche essere previste delle pause, laddove il datore di lavoro non possa garantire la formazione al tirocinante. Tali, ad esempio, possono essere i casi di chiusura aziendale per ferie, per inventario o durante i periodi di picco di lavoro, incompatibili con le attività formative. Il tirocinante può interrompere l’esperienza in qualsiasi momento, ma deve darne comunicazione al tutor didattico e al tutor aziendale. Il soggetto ospitante o il soggetto promotore possono interrompere anticipatamente il tirocinio per particolari situazioni oggettive che possono verificarsi dopo la sua attivazione (es. fallimento, crisi aziendale, modifica della produzione) o per inadempienze di una delle parti rispetto agli impegni assunti. Assicurazioni e indennità Tutti i tirocinanti devono essere coperti da assicurazione RCT e Inail. La vigente disciplina regionale in materia dispone che al tirocinante venga riconosciuta un’indennità di partecipazione non inferiore a 400 euro lordi mensili. Nulla impedisce che al tirocinante venga corrisposta un’indennità superiore. Ma a fronte di un tirocinio che si svolga a tempo pieno rispetto all’impegno orario previsto dal contratto di lavoro di riferimento l’importo di 400 euro deve essere considerata l’indennità minima. In caso di impegno part-time, però, questo importo minimo può essere riproporzionato. Unico caso in cui è possibile non rispettare tale indennità minima è quello dei tirocini attivati in favore di soggetti disabili o svantaggiati, su richiesta dei servizi pubblici o accreditati che li hanno in carico, in quanto destinatari di percorsi di formazione e inserimento di norma più lunghi degli altri. A chi rivolgersi per avere informazioni V. paragrafo ‘Contatti e indirizzi utili’ TIROCINI DI INSERIMENTO E REINSERIMENTO LAVORATIVO Cosa sono Sono sostanzialmente periodi di formazione nel contesto lavorativo finalizzati al concreto inserimento o reinserimento lavorativo di persone prive di occupazione. È spesso un banco di prova nel quale il tirocinante e il datore di lavoro si confrontano sul campo in una prospettiva di futura assunzione. Nel caso dei reinserimento lavorativo è anche un occasione per chi ha perso il lavoro di acquisire nuove competenze e professionalità da spendere presso il datore di lavoro ospitante o presso altri datori di lavoro. Chi può svolgerli Persone in età lavorativa (16 anni compiuti), senza distinzione tra cittadini italiani, stranieri comunitari nonché stranieri extracomunitari purché soggior- nanti in Italia con regolare permesso, che hanno assolto l’obbligo di istruzione. In particolare: > persone inoccupate, cioè che non hanno mai lavorato; > persone disoccupate, anche iscritti nelle liste di mobilità; > persone con disabilità, come definite dall’art. 1 della legge 68/1999, e cioè: >>persone in età lavorativa affette da minorazioni, nonché portatori di handicap con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%; >>invalidi del lavoro, con invalidità superiore al 33%; >>persone non vedenti o sordomute; >>invalidi civili, di guerra o per servizio, dalla prima all’ottava categoria; >>persone svantaggiate, come definite dall’art. 4 della L.381/1991, e cioè: invalidi fisici, psichici e sensoriali; ex degenti di ospedali psichiatrici, anche giudiziari; soggetti in trattamento psichiatrico; tossicodipendenti; alcolisti; minori in età lavorativa in situazione di difficoltà familiare; persone detenute negli istituti penitenziari; condannati e internati ammessi alle misure alternative alla detenzione e al lavoro esterno; > Altri soggetti svantaggiati destinatari di specifici progetti di inserimento o reinserimento lavorativo, fra i quali si configurano anche i lavoratori che beneficiano di ammortizzatori sociali (ad esempio, cassaintegrati). Quanto durano Non meno di 2 mesi e non più di 12 mesi, proroghe comprese. Ciò vuol dire, ad esempio, che un tirocinio di 6 mesi può essere prorogato, al massimo, per altri 6 per complessivi 12 mesi. Se, tuttavia, il tirocinio è attivato a favore di un soggetto disabile, la durata complessiva del tirocinio può essere estesa fino a 24 mesi, proroghe comprese. Quali soggetti li possono promuovere Molti sono i soggetti che possono promuovere tale 85 tipologia di tirocinio, i principali sono: > i centri per l’impiego, compresi i servizi di collocamento disabili; > le istituzioni scolastiche statali e non statali che rilascino titoli di studio con valore legale; > le università e gli istituti di istruzione universitaria statali e non statali nonché le altre istituzioni di alta formazione che rilascino titoli riconosciuti a livello nazionale o europeo; > gli organismi di formazione professionale pubblici e privati accreditati; > i soggetti autorizzati a livello nazionale e regionale ai servizi di intermediazione al lavoro; > i servizi sociali e sociosanitari (a favore dei soggetti in carico ai loro servizi); > le cooperative sociali e le associazioni di volontariato iscritte ai relativi registri regionali. Come funzionano Pur avendone la forma sostanziale, non si tratta di un rapporto di lavoro. A tutela del tirocinante, per essere attivati anche questi tirocini richiedono la stipula di una convenzione tra un soggetto promotore, che si fa garante della validità formativa del tirocinio, e un soggetto ospitante, presso il quale si svolge l’attività lavorativa. Nella convenzione, nello specifico, vengono definiti gli impegni delle parti. Gli obiettivi formativi e le modalità di svolgimento del tirocinio sono, invece, dettagliati nel progetto formativo individuale che viene predisposto in modo personale per ciascun tirocinante. Poiché si tratta, comunque, di attività formativa, il tirocinante viene affiancato da un tutor didattico organizzativo individuato dal soggetto promotore, quale responsabile della fase di avvio e del coordinamento dell’intero progetto formativo, e da un tutor aziendale sul luogo di lavoro per le fasi di apprendimento sul campo. Il numero dei tirocinanti che un datore di lavoro può ospitare dipende dalle dimensioni dell’unità produttiva aziendale ed è definito dalla disciplina regionale. Per contrastare forme di abuso, inoltre, un datore di lavoro non può attivare tirocini per la sostituzione di contratti a termine nei periodi di picco delle attività, 86 lavoratori assenti per maternità, in malattia o in ferie, né utilizzare i tirocinanti in attività per cui non sia prevista un’adeguata formazione, così come non può attivare più di un tirocinio con il medesimo tirocinante, salvo alcuni specifici casi previsti a favore di persone disabili o svantaggiate. Sospensione o interruzione del tirocinio Il tirocinante ha diritto ad una sospensione del tirocinio in caso di astensione per maternità o malattia lunga superiore ad un terzo della durata complessiva prevista per il tirocinio. Se però l’assenza si prolunga oltre il 50% della durata prevista, il tirocinio si considera interrotto a meno che il datore di lavoro non chieda espressamente al soggetto promotore la prosecuzione del tirocinio. Nell’ambito del periodo di tirocinio, possono anche essere previste delle pause, laddove il datore di lavoro non possa garantire la formazione al tirocinante. Tali, ad esempio, possono essere i casi di chiusura aziendale per ferie, per inventario o durante i periodi di picco di lavoro, incompatibili con le attività formative.Il tirocinante può interrompere l’esperienza in qualsiasi momento, ma deve darne comunicazione al tutor didattico e al tutor aziendale. Il soggetto ospitante o il soggetto promotore possono interrompere anticipatamente il tirocinio per particolari situazioni oggettive che possono verificarsi dopo la sua attivazione (es. fallimento, crisi aziendale, modifica della produzione) o per inadempienze di una delle parti rispetto agli impegni assunti. Assicurazioni e indennità Tutti i tirocinanti devono essere coperti da assicurazione RCT e Inail. La vigente disciplina regionale in materia dispone che al tirocinante venga riconosciuta un’indennità di partecipazione non inferiore a 400 euro lordi mensili. Nulla impedisce che al tirocinante venga corrisposta un’indennità superiore. Ma a fronte di un tirocinio che si svolga a tempo pieno rispetto all’impegno orario previsto dal con- tratto di lavoro di riferimento, l’importo di 400 euro deve essere considerata l’indennità minima. In caso di impegno part time, però, questo importo minimo può essere riproporzionato. Unico caso in cui è possibile non rispettare l’obbligo di riconoscimento dell’indennità minima è quello dei tirocini attivati in favore di soggetti disabili, o svantaggiati su richiesta dei servizi pubblici o accreditati che li hanno in carico, in quanto destinatari di percorsi di formazione e inserimento di norma più lunghi degli altri. A chi rivolgersi per avere informazioni V. paragrafo ‘Contatti e indirizzi utili’ TIROCINI PER CITTADINI RESIDENTI IN PAESI NON EU Cosa sono Rappresentano un periodo di formazione professionale a favore di cittadini residenti in Paesi non appartenenti all’Unione europea, nel contesto lavorativo offerto dai datori di lavoro italiani. Si concretizza, spesso come un’esperienza sul campo a completamento, integrazione ed arricchimento di percorsi accademici promossi da istituti di formazione aventi sede in paesi non comunitari. Chi può svolgerli Cittadini stranieri, residenti in Paesi extra UE, che desiderano effettuare un’esperienza di tirocinio formativo e di orientamento in Italia presso unità produttive del nostro Paese nell’ambito delle quote di ingresso stabilite annualmente per questa finalità. Quanto durano Anche questa tipologia di tirocini, pur essendo regolamentata da specifiche norme nazionali, è soggetta alle disposizioni nazionali e regionali vigenti in materia di tirocini, per cui la loro durata è uguale a quella fissata per i cittadini italiani. Si rimanda pertanto ai rispettivi paragrafi nel caso si tratti di tirocini curriculari o di tirocini formativi e di orientamento Quali soggetti li possono promuovere Si tratta, di solito, di soggetti pubblici o privati del Paese di provenienza del cittadino extracomunitario che operano nell’ambito dell’istruzione, ad esempio le Università di ogni ordine e grado, o della formazione professionale. Come funzionano I cittadini residenti in Paesi extracomunitari che intendono entrare in Italia per svolgere un tirocinio formativo, possono farlo nei limiti delle quote d’ingresso per tali finalità stabilite annualmente con decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Come per tutti i tirocini, per attivare queste esperienze si richiede la stipula di una convenzione tra un soggetto promotore, in questo caso del Paese d’origine, e un soggetto ospitante italiano presso il quale si svolge l’attività lavorativa. Nella convenzione vengono definiti gli impegni delle parti che, oltre agli altri, devono nello specifico prevedere l’obbligo, di norma a carico del soggetto promotore, di fornire al tirocinante idoneo alloggio e vitto nel paese ospitante nonché l’obbligo di pagare le spese di viaggio per il suo rientro nel paese d’origine. Gli obiettivi formativi e le modalità di svolgimento del tirocinio sono, invece, dettagliati nel progetto formativo individuale che viene predisposto in modo personale per ciascun tirocinante. Ai fini del rilascio del visto d’ingresso del cittadino straniero, il progetto formativo deve essere presentato alla competente rappresentanza diplomatica o consolare dopo aver acquisito il visto della Regione Liguria. Assicurazioni e indennità Tutti i tirocinanti devono essere coperti da assicurazione RCT e Inail. L’indennità è la stessa prevista per i cittadini italiani relativamente alle diverse tipologie di tirocinio. A chi rivolgersi per avere informazioni > Per il visto regionale: Regione Liguria - Settore Politiche del Lavoro e delle Migrazioni > V. paragrafo ‘Contatti e indirizzi utili’. 87 > È possibile inoltre rivolgersi agli sportelli sindacali e alle associazioni del territorio che offrono servizi specifici per i cittadini extracomunitari. TIROCINI PER L’ACCESSO ALL’ATTIVITÀ PROFESSIONALE (C.D. Praticantato) Cosa sono Si tratta di un periodo di addestramento in ambiente lavorativo nel quale un professionista, iscritto ad un Ordine Professionale si impegna a fornire al c.d.“praticante” la formazione teorico-pratica di cui ha bisogno per il superamento dell’esame di Stato, necessario per accedere all’esercizio della libera professione. Tipici sono quelli richiesti per poter esercitare la professione di avvocato, medico, ingegnere, architetto, psicologo, ecc. L’accesso ad ognuna di queste professioni è, di norma, regolamentato da specifiche leggi che stabiliscono sia i titoli di studio necessari sia la durata e le modalità del praticantato. Chi può svolgerli Persone che, avendo conseguito il titolo di studio a tal fine richiesto dalla normativa, intendono accedere all’esercizio della libera professione. Sono spesso raccomandati ulteriori requisiti di onorabilità, corretto comportamento e assenza totale di procedimenti giudiziari passati o pendenti. Quanto durano La durata varia a seconda del regolamento che disciplina l’accesso alla specifica professione. Può anche essere svolto, per non più di sei mesi, all’estero presso soggetti o professionisti di altri Paesi, con titolo equivalente e abilitati all’esercizio della professione. Nel caso di professioni che richiedono il titolo di diploma di laurea e in presenza di apposite convenzioni tra il Consiglio Nazionale dell’Ordine e il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, il praticantato può essere svolto anche durante l’ultimo anno di studio. 88 N.B. Se, senza giustificato motivo, si interrompe il tirocinio per più di sei mesi, anche il periodo già svolto perde efficacia, ai fini dell’accesso alla professione. Se, invece, l’interruzione è dovuta a un giustificato motivo, il tirocinio può essere sospeso per un periodo massimo di nove mesi, fermo l’effettivo completamento dell’intero periodo previsto. Quali soggetti li possono promuovere I Consigli degli Ordini, quando la professione è costituita in Ordine (es. architetti, giornalisti, ecc.), o i Collegi Territoriali delle professioni (es. per geometri, infermieri, ecc.), presso cui viene registrato l’avvio del tirocinio. I Consigli degli Ordini sono anche responsabili di definire regole e modalità di svolgimento del tirocinio per quella data professione. Come funzionano Per svolgere l’attività di tirocinio professionale occorre iscriversi al registro dei praticanti, che è tenuto presso il Consiglio dell’ordine o del Collegio territoriale. L’attività viene svolta presso un professionista cosiddetto ‘affidatario’, che deve avere almeno 5 anni di anzianità di iscrizione all’albo. Al termine del tirocinio, l’Ordine di riferimento rilascia al praticante un certificato, valido per cinque anni. Se entro questo termine il tirocinante non consegue l’abilitazione (esame di Stato), il tirocinio perde efficacia. Poiché questo tirocinio professionale non determina l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato o occasionale con il professionista affidatario, può essere svolto anche da soggetti già occupati, compatibilmente con gli impegni orari del lavoro svolto. Inoltre, durante il tirocinio, si possono seguire corsi di formazione spesso organizzati dagli Ordini stessi, che fanno parte integrante del tirocinio. Assicurazioni e indennità Di norma, tutti i tirocinanti devono essere coperti da assicurazione. A fronte della formazione altamente specialistica impartita dal professionista che ospita il praticante, il rapporto di praticantato è essenzialmente gratuito in quanto non sono previsti né l’obbligo della prestazione lavorativa né quello della controprestazione economica. Ferma restando la possibilità di corrispondere comunque al praticante un rimborso spese o una borsa di studio (con trattamento fiscale adeguato), recentemente i regolamenti di alcune professioni prevedono l’obbligo di riconoscere al praticante un’indennità. mento e formazione, attività culturali e moda. > Erasmus: studenti iscritti a corsi di studio superiore di tipo universitario. I tirocinanti sono, per lo più, studenti di ogni tipo di facoltà, di laurea triennale, di laurea specialistica, di dottorato o di master. Sono inseriti in aziende, centri di formazione, centri di ricerca o altre organizzazioni (ospedali, servizi pubblici, ecc.). Al di fuori di questi programmi, è possibile anche attivarsi singolarmente. A chi rivolgersi per avere informazioni Alle specifiche sedi degli Ordini Professionale inerenti la professione di proprio interesse. Il Servizio Volontario Europeo (SVE) Non è un tirocinio, ma rappresenta un buon modo per fare esperienza in un altro Paese (ogni anno, vengono offerte 10.000 opportunità in tutti i paesi dell’UE): è un programma di volontariato internazionale, finanziato dalla Commissione Europea, che permette ai giovani residenti in Europa, tra i 18 e i 30 anni, di svolgere un’esperienza presso un’organizzazione o un ente pubblico in Europa, in Africa, Asia o Sud America, per un periodo che va dai 2 ai 12 mesi. È simile al Servizio Civile Internazionale: prevede il rimborso delle spese di viaggio (al 90%) e la copertura dei costi di vitto e alloggio. http://serviziovolontarioeuropeo.it/ https://it-it.facebook.com/serviziovolontarioeuropeo TIROCINI TRANSNAZIONALI Cosa sono Si tratta di uno strumento di formazione regolato da norme e finanziamenti europei. L’Unione Europea, infatti, promuove programmi di mobilità internazionale, rivolti sia a studenti (delle scuole superiori e dell’università), sia a persone che sono già inserite nel mondo del lavoro. Gli obiettivi principali, sono, da un lato, quello di favorire l’occupabilità dei giovani, aumentandone le competenze, dall’altro agevolare lo scambio di conoscenze e le relazioni tra cittadini europei. I programmi ‘Leonardo da Vinci’ e ‘Erasmus’, da quest’anno Erasmus+, in particolare, promuovono periodi di formazione in aziende (pubbliche o private) all’estero, in svariati settori di attività. Anche in questo caso, non si tratta di rapporti di lavoro. Chi può svolgerli > Programma Leonardo da Vinci: persone in formazione professionale iniziale (per esempio, apprendisti e studenti degli istituti di istruzione secondaria di secondo grado) e “persone nel mercato del lavoro”, interessate ad acquisire maggiori o nuove qualifiche. I tirocinanti sono inseriti in ogni tipo di settore, tra cui: gestione alberghiera e ristorazione, acconciatura estetica, falegnameria, meccatronica, assistenza sanitaria, silvicoltura, ecologia e ambiente, ingegneria, contabilità, legge, insegna- Quanto durano Un tirocinio nell’ambito del programma ‘Leonardo’ può durare 2-39 settimane per gli studenti IFP (istruzione e formazione professionale) e 2-36 settimane per persone già inserite nel mercato del lavoro. In genere, le formule più comuni di tirocinio sono quelle di 2-5 settimane o di 3-5 mesi; quest’ultima è preferita soprattutto da apprendisti e da neo-laureati. Un tirocinio nell’ambito del programma ‘Erasmus’ dura, in genere, tra i 3 e i 12 mesi. Il periodo di mobilità media è di 4 mesi. N. B. La durata del tirocinio viene stabilita prima della partenza, ma può essere allungata, se tutte le parti interessate sono d’accordo 89 Quali soggetti li possono promuovere Istituzioni scolastiche e universitarie. Quali soggetti li possono ospitare Possono ospitare un tirocinante dei programmi ‘Leonardo’ o ‘Erasmus’ pressoché tutti i tipi di organizzazioni (salvo rare eccezioni) impegnate in attività economiche, nel settore pubblico o privato, nell’ambito dei 27 Stati membri dell’UE nonché in Croazia, Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Svizzera e Turchia. Come funzionano I soggetti coinvolti sono tre: 1. l’organizzazione inviante (scuola, università, organismo di formazione, azienda...); 2. l’organizzazione ospitante; 3. il tirocinante. Questi soggetti, prima della partenza del tirocinante, concordano un c.d.‘contratto di stage’, nel quale sono indicate le attività che il tirocinante sarà tenuto a svolgere, le conoscenze, le capacità e le competenze che potrà acquisire, nonché il riconoscimento che gli viene conferito alla fine del tirocinio. Talvolta è presente un tutor presso l’organizzazione ospitante e una persona referente del progetto all’interno dell’organizzazione inviante. I contratti indicheranno chiaramente le disposizioni legali e amministrative (ore di lavoro, coperture assicurative, contributo finanziario, ecc.), che variano da Paese a Paese e in base al diverso tipo di tirocinio. Al termine dell’esperienza, il tirocinante prepara una relazione dell’esperienza svolta e l’organizzazione ospitante, a sua volta, fornisce un breve rapporto di valutazione. Come regola generale, i tirocinanti ospitati in altri Paesi europei ricevono lo stesso favorevole trattamento di quelli del Paese ospitante. Assicurazioni e indennità Di norma il ‘contratto di stage’ deve indicare che il tirocinante ha attivato una assicurazione sanitaria (anche se una copertura di base viene fornita dal proprio sistema sanitario nazionale) nonché la sti- 90 pula di una assicurazione a copertura di eventuali danni causati durante il soggiorno e di una assicurazione per gli incidenti sul lavoro. I tirocinanti dei programmi ‘Leonardo’ e ‘Erasmus’ ricevono una borsa di studio per le loro spese di mantenimento che, nella maggior parte dei casi, non copre tutti i costi. Pertanto, a seconda della normativa del Paese ospitante, le aziende presso cui si svolge il tirocinio non sono obbligate ad offrire un compenso ma sono comunque invitate ad un riconoscimento economico dell’attività svolta. A chi rivolgersi per avere informazioni Per facilitare il contatto tra aziende e tirocinanti, esistono organismi di intermediazione quali, ad esempio, l’Università, i Centri di formazione, le Camere di Commercio, ecc. Per agevolare la ricerca e l’individuazione di uno di questi soggetti in base all’area di residenza, si segnalano i seguenti link: > http://we-mean-business.europa.ec > http://europalavoro.lavoro.gov.it/EuropaLavoro/ default.aspx Contatti e indirizzi utili Una prima informazione dal web RIFERIMENTI REGIONALI > http://www.cliclavoro.gov.it/ Il portale pubblico per il lavoro: Percorso: Cittadini > FAQ > Tirocini formativi e di orientamento > www.regione.liguria.it Sito ufficiale della Regione Liguria. Presenta informazioni sulla nuova normativa regionale in merito: www.regione.liguria.it/argomenti/scuolaformazione-elavoro/lavoro/tirocini-nuovadisciplina-regionale.html > www.iolavoroliguria.it Portale della Regione Liguria per il lavoro, opportunità di formazione, concorsi, notizie sul mondo del lavoro. A cura di Agenzia Liguria Lavoro > www.provincia.genova.it. Sito ufficiale della Provincia di Genova. E’ presente la sezione ‘Lavoro’, per approfondimenti su questo tema e sulla formazione; in particolare, per l’argomento in questione: ‘Fare un tirocinio in azienda’. > www.lavoro.provincia.imperia.it Portale di informazione e servizi sul lavoro della Provincia di Imperia. Informazioni sui tirocini, nei profili di riferimento (cittadino, azienda). > www.lavoro.laspezia.it La Provincia C’E’, il Portale del lavoro della Provincia della Spezia. Nella sezione ‘Chi cerca lavoro’ informazioni su tirocini e voucher. Informazioni anche per le aziende, nella sezione apposita. > www.provincia.savona.it Sito ufficiale della Provincia di Savona http://formalavoro.provincia.savona.it/ è il portale ufficiale dedicato al lavoro (‘Sei un cittadino’>’Tirocini e work experience’>’Tirocini’). Percorso dedicato al tema, anche per le aziende. > www.unige.it Sito ufficiale dell’Università degli studi di Genova. Informazioni sui tirocini: ww.studenti.unige.it/lavoro/tirocini/ Regione Liguria - Settore Politiche del Lavoro e delle Migrazioni Tel. 010 54851 - Fax 010 5488885 E-mail: [email protected] LiguriaInforma Point Numero verde 800 445 445 Piazza de Ferrari 14, 16121 Genova Orario call center dal lunedì al venerdì dalle 9 alle13 e dalle 14 alle 16. Orario sportello al pubblico dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 16. E-mail: [email protected] Agenzia Liguria Lavoro – Ente Strumentale della Regione Liguria Tel. 010 25371 - Fax 010 2537230 E-mail: [email protected] Provincia di Genova Centri per l’impiego della provincia di Genova www.provincia.genova.it Numero verde 800 36 36 22 Centro per l’impiego Centro Levante Via Cesarea 14, 16121 Genova Tel. 010 5497523 - Fax: 010 5497630 E-mail: [email protected] Centro per l’impiego Medio Ponente Via Muratori 7, 16152 Genova Tel. 010 5497818 - Fax: 010 6504835 E-mail: [email protected] Centro per l’Impiego Ponente Villa Podestà, Via Pra’ 63, 16157 Genova Tel.: 010 5497901 - Fax: 010 5497902 E-mail: [email protected] 91 Centro per l’impiego Val Bisagno Via Adamoli 3A nero, 16138 Genova Tel. 010 5497200 - Fax: 010 5497229 E-mail: [email protected] Informalavoro Valli Stura e Orba Piazza Matteotti 3, 16013 Campo Ligure Tel. e Fax: 010 921073 E-mail: [email protected] Centro per l’impiego Val Polcevera Via Teglia 8, 16161 Genova Tel. 010 5497950 - Fax: 010 5497974 E-mail: [email protected] Informalavoro Valle Scrivia Piazza Colombo 4, 16012 Busalla Tel. e Fax: 010 9642960 - 010 9761534 E-mail: [email protected] Centro per l’impiego Tigullio Viale Millo 13B, 16043 Chiavari (Ge) Tel. 010 5497312 - Fax: 0185 300144 E-mail: [email protected] Informalavoro Golfo Tigullio Occidentale - Rapallo P.za Molfino 10 (ex Ospedale di Rapallo), 16035 Rapallo Tel. 0185 55016 - Fax: 0185 60695 E-mail: [email protected] Collocamento Disabili - Genova Via Cesarea 14, 16121 Genova Tel. 010 5497520 - Fax:. 010 532379 Collocamento Disabili - Chiavari Viale Millo, 15, 16043 Chiavari (Ge) Tel. 010 5497312 - 303 Fax: 0185 300144 Informalavoro della provincia di Genova Provincia di Genova Via Cesarea 14, 16121 Genova Tel. 010 5497562 Informalavoro Val Petronio Salita alla Penisola di Levante 35, 16039 Sestri Levante (Genova) Tel. e Fax: 0185 458490 E-mail: [email protected] Informalavoro Golfo Tigullio Occidentale Santa Margherita C.so Matteotti 75, 16038 Santa Margherita Ligure Tel. e Fax: 0185 292082 E-mail: [email protected] Informalavoro Campomorone Via Gavino 146r, 16014 Campomorone (Ge) Tel. e Fax: 010 7224340 E-mail: [email protected] Città dei mestieri e delle professioni di Genova Via Nino Cervetto 35, 16152 Genova-Cornigliano Tel. 010 6480540 - Fax: 010 6480519 E-mail: [email protected] Informagiovani provincia di Genova Informalavoro Argentea c/o Fondazione Muvita Via Marconi 165, 16011 Arenzano (Genova) Tel. 346 6907114 - Fax: 010 9100119 E-mail: [email protected] Centro Informagiovani c/o Palazzo Ducale Piazza Matteotti 24 rosso, 16123 Genova Tel. 010 5573952 - 010 5573965 - Fax: 010 5573963 www.gg6.comune.genova.it Informalavoro Alta Valpolcevera Sant’Olcese c/o Parco della Villa Serra Via Carlo Levi 12, 16010 Sant’Olcese (Genova) Tel. e Fax: 010 7261947 - Cell. 346 6384409 E-mail: [email protected] Campomorone Informagiovani Informalavoro provincia di Genova Via Gavino 144, 16014 Campomorone (GE) Tel. 0107224340 - Fax: 0107224340 E-mail [email protected] 92 Masone Informagiovani Biblioteca comunale Piazza 75 Martiri 1, 16010 Masone Tel. 010 926003 - 010 9237070 - Fax: 010 926658 E-mail: [email protected] Sant’Olcese Informagiovani del Comune Parco Villa Serra Via Levi, 16010 Sant’Olcese (Ge) Tel. 0107261947 - Fax: 010 7261947 Santa Margherita Ligure Centro Integrato informazione e orientamento Corso Matteotti 75, 16038 Santa Margherita Ligure Tel. 0185 292082 E-mail:[email protected] [email protected] Rapallo Informagiovani Piazza Molfino 10, 16035 Rapallo (GE) Tel. 0185 55016 E-mail: [email protected] Chiavari Informagiovani Via Gagliardo 10/A, 16043 Chiavari (Ge) Tel: 0185 306814 E-mail: [email protected] Lavagna Informagiovani Piazza Ravenna 3, 16033 Lavagna (Ge) Tel. 0185 393224 E-mail: [email protected] N. B. punto informativo, non sportello attivo Sestri Levante Informagiovani e Informalavoro c/o Palazzo Cambiaso Salita Penisola Levante 35, 16039 Sestri Levante (GE) Tel. 0185 458490 - Fax: 0185 458490 Organizzazioni sindacali CGIL www.liguria.cgil.it CGIL Genova Casa del Sindacato: Via San Giovanni d’Acri 6, 16152 Genova Tel. 010 60281 - Fax: 010 6028200 E-mail: [email protected] CISL www.cisl.it>strutture sul territorio>Liguria www.genova-liguria.cisl.it Piazza Campetto 1/8, 16123 Genova Tel. 010 2472541 - Fax: 010 2475370 UIL UIL Liguria e Genova www.uil.it Piazza Colombo 4/9, 16121 Genova Tel. 010 585865 - Fax: 010 532043 E-mail: [email protected] U.G.L. Liguria www.ugl.it Piazza De Marini 3/42, 16123 Genova Tel. 010 2518177 - Fax: 010 2545432 E-mail: [email protected] PROVINCIA DI IMPERIA Centri per l’impiego della provincia di Imperia www.lavoro.provincia.imperia.it Centro per l’Impiego di Imperia Piazza Roma 2, 18100 Imperia Tel. 0183 704430/29 - Fax: 0183 666289 Centro per l’Impiego di Sanremo Via Pietro Agosti 245, 18038 Sanremo (Im) Tel. 0184 577099 - Fax: 0184 577005 Centro per l’Impiego di Ventimiglia Via Lamboglia, 13, 18039 Ventimiglia (Im) Tel. 0184 254822 - Fax: 0184 254822 93 Ufficio Disabili Provinciale Piazza Roma 2, 18100 Imperia Tel. 0183 704428/478 - Fax: 0183 61742 Informagiovani provincia di Imperia Centro per l’Impiego Informagiovani di Imperia Piazza Roma 2, 18100 Imperia Tel. 0183 652823 - Fax: 0183 652823 Sanremo Urp/Informagiovani c/o Palafiori Corso Garibaldi, 18038 Sanremo (Im) Numero verde: 800 628760 Tel. e Fax: 0184 580368 - 0184 580421 0184 580422 E-mail: [email protected] PROVINCIA DELLA SPEZIA Centri per l’impiego della provincia Della Spezia www.lavoro.laspezia.it Centro per l’Impiego La Spezia Via XXIV Maggio 22, 19124 La Spezia Tel. 0187 77931 - Fax: 0187 779343 E-mail: [email protected] Centro per l’Impiego Sarzana Piazza V. Veneto 6/c, 19038 Sarzana Tel. 0187 605227 - Fax: 0187 605225 E-mail: [email protected] Tel. 0187 742281 - Fax: 0187 23968 E-mail: [email protected] Job center CGIL Via Bologna 9, 19125 La Spezia Tel. 0187 547272 - Fax: 0187 547272 E-mail: [email protected] Job center CISL Via del Vailunga, 19125 La Spezia Tel. 0187-253224 - Fax: 0187-253253 E-mail: [email protected] Job center UIL Via Persio 35, 19121 La Spezia Tel. 0187 777537 - Fax: 0187 777537 E-mail: [email protected] Job center CILS Via Venezia 58, 19122 La Spezia Tel. 0187 702556 - Fax: 0187 702556 E-mail: [email protected] Job center PMI - La Spezia Via Parma 65, 19125 La Spezia Tel. 0187 736041 - Fax: 0187 736142 E-mail: [email protected] Job center PMI - Varese Ligure Via Garibaldi 57, 19028 Varese Ligure (SP) Tel. 0187 840547 - Fax: 0187 840547 E-mail: [email protected] JOB CENTER della provincia Della Spezia Coordinamento servizi per il lavoro e rete Job center Via XXIV Maggio 22, 19124 La Spezia Tel. 0187 77931 - Fax: 0187 779343 E-mail: [email protected] Coordinamento operativo Rete job center Via V. Veneto 2, 19124 La Spezia 94 Job Center Confindustria Via del Molo 1/A, 19126 La Spezia Tel. 0187 578411 - Fax: 0187 578444 E-mail: [email protected] Informagiovani provincia della Spezia Informagiovani Comune della Spezia Via G. Valle 6, 19124 La Spezia Tel. 0187 21062 - 0187 727247 Fax: 0187 730656 http://www.comune.laspezia.it/ilcittadino/GuidaServizi/in formagiovani.html Castelnuovo Magra c/o Centro Sociale Polivalente Via Carbonara, 19033 Molicciara Tel. 0187 673392 - Fax: 0187 694280 E-mail: [email protected] http://informagiovanicastelnuovomagra.blogspot.com Sarzana Informagiovani c/o U.R.P. Piazza Matteotti 5, 19038 Sarzana (SP) Tel. 0187 614300 - Fax: 0187 614316 E-mail: [email protected] Arcola Informagiovani c/o Biblioteca Civica Rina Pellegri Piazza 2 Giugno, 19021 Arcola E-mail: [email protected] http://www.informagiovanicomunediarcola.blogspot.com Lerici Informagiovani Piazza Bacigalupi 9, 19032 Lerici Tel. 0187 960202 - Fax: 0187 960202 E-mail: [email protected] http://www.informagiovanilerici.it PROVINCIA DI SAVONA Centri per l’impiego della provincia di Savona Centro per l’impiego di Carcare Via Cornareto 2, 17043 Carcare (Sv) Tel. 019 510806 - Fax: 019 510054 E-mail: [email protected] Centro per l’impiego di Savona Via al Molinero, 17100 Savona Tel. 019 8313700 - Fax: 019 8313737 E-mail: [email protected] Informagiovani provincia di Savona Cairo Montenotte Informagiovani Via Fratelli Francia, 17014 Cairo Montenotte Tel. 019 5091650 Celle Ligure Informagiovani c/o Centro Socio Culturale “Pietro Costa” Via Poggi 61, 17015 Celle Ligure (SV) Tel. 019 9999977 - Fax: 019 994057 E-mail: [email protected] Finale Ligure Informagiovani Complesso monumentale di S. Caterina 17024 Finale Ligure Tel. 019 691762 - 019 691762 E-mail: [email protected] http://www.comunefinaleligure.it/informagiovani N.B. Solo punto informativo, con materiale da consultare Noli Informagiovani Via Monastero 130, 17026 Noli Tel. 019 7485050 - Fax: 019 7485050 E-mail: [email protected] Centro per l’impiego di Albenga Regione Bagnoli 39, 17031 Albenga (Sv) Tel. 0182 544358 - Fax: 0182 559521 E-mail: [email protected] 95 lavoro FORUM bimestrale della regione liguria per il lavoro, l’orientamento e il sistema educativo Nei prossimi numeri Le linee guida nazionali sull’Orientamento: obiettivi e azioni operative Verso la Conferenza regionale del Sistema educativo RI.VAL.U.TA: un percorso individuale per valorizzare le competenze dei cittadini stranieri Dall’Annuario statistico regionale un focus su istruzione e lavoro Valutazione e certificazione delle competenze: spunti di riflessione dalla presentazione di due volumi 96 I Poli formativi regionali e i settori di intervento