Vedi allegato - Consiglio Veneto

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Vedi allegato - Consiglio Veneto
CONSIGLIO
REGIONALE
DEL VENETO
Dossier
CONTAMINAZIONE DA
SOSTANZE PERFLUOROALCHILICHE
(PFAS)
SERVIZIO STUDI DOCUMENTAZIONE BIBLIOTECA
Venezia, 22/3/2016
Servizio studi documentazione biblioteca - Dirigente Capo Claudio Giulio Rizzato
Sito: http://www.consiglioveneto.it/
@ [email protected]
 0412701612
 0412701622
Il Dossier Contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) è stato curato da
Giuseppe Sartori con il contributo specialistico del dott. Vincenzo Cordiano specialista in
ematologia e in Medicina Interna.
Ha collaborato Serenella Poggi.
Riproduzione a cura del Centro stampa del Consiglio Regionale.
Dossier Contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS)
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L'acqua che vedi non surge di vena
che ristori vapor che gel converta,
come fiume ch'acquista e perde lena;
ma esce di fontana salda e certa,
che tanto dal voler di Dio riprende,
quant'ella versa da due parti aperta.
Da questa parte con virtú discende
che toglie altrui memoria del peccato;
dall'altra d'ogni ben fatto la rende.
Quinci Letè; così da l’altro lato
Eunoè si chiama, e non adopra
se quinci e quindi pria non è gustato:
(Alighieri, La divina commedia Purgatorio, canto XXVIII, )
]
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Dossier
Contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS)
INDICE
pag.
Percorso di lettura
Definizioni
Principali utilizzazioni
Diffusione nell’ambiente, nell’acqua e nella catena alimentare
Fonti di esposizione
Contaminazione dell'acqua potabile
PFAS e catena alimentare
Meccanismo di azione dei PFAS
Meccanismi tossicologici
Valutazione del rischio da PFOA e PFOS nell’acqua potabile
La normativa italiana sull’acqua potabile e i PFAS
La presenza dei PFAS nel’ecosistema dell’alto vicentino
Documentazione amministrativa e informativa ufficiale
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6
7
7
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8
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10
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15
15
16
[2.]
Bibliografia
19
[3.]
Sitografia
31
[1.]
[1.1]
[1.2]
[1.3]
[1.4]
[1.5]
[1.6]
[1.7]
[1.8]
[1.9]
[1.10]
[1.11]
[1.12]
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[1.] Percorso di lettura
I dati disponibili sull’entità delle risorse idriche In Italia e nel Veneto non sono
ancora oggi completi.
E’ noto poi che la risorsa acqua dolce sul territorio italiano è costituita in massima
parte dalle piogge, a differenza di altri paesi europei, nei quali i grandi fiumi,
condivisi con altri stati, costituiscono una quota rilevante dell’acqua dolce totale
di cui dispongono.
La Valle padana naturalmente è l’ambito più rilevante quanto a risorsa idrica
rappresentata oltre che dal fiume Po, dalle importanti riserve idriche dei laghi
morenici e prealpini. Le scorte di acqua dolce rappresentate invece dai ghiacciai
alpini sono in forte crisi per gli stress severi cui sono sottoposti dal graduale
innalzamento delle temperature medie e dal deficitario bilancio degli apporti
meteorici.
Si è compreso come i fenomeni climatici, tra cui le precipitazioni, hanno tempi di
evoluzione relativamente lunghi, superiori ai 20 anni. E quindi possiamo ritenere le
conoscenze attuali valide, per definire delle strategie di approvvigionamento a
livello nazionale, anche a distanza di tempo. D’altra parte però le oscillazioni della
disponibilità di acqua sono un fenomeno locale, a causa delle forti variazioni delle
precipitazioni nel breve periodo e su scala ridotta. In generale i prelievi di acqua,
collegati all’urbanizzazione, all’evoluzione dell’agricoltura e allo sviluppo
industriale, variano nel tempo più velocemente dei fenomeni climatici.
Ma l’ elemento critico più importante delle disponibilità della risorsa idrica che si è
seriamente affermato dal secolo scorso è l’inquinamento da sostanze estranee ai
cicli vitali per cui poche sostanze e in quantità anche ridotte in termini assoluti
riescono a degradare ed alterare spesso irreversibilmente grandi quantità di
acqua che non può essere usata in sicurezza per gli scopi alimentari e produttivi
dell’uomo.
Nelle cronache di questi ultimi anni cominciano ad intensificarsi notizie su
alterazioni delle risorse idriche di tutta la Valpadana, spesso sono dovute ad
inquinamenti di origine urbana e/o industriale, anche gravi, originati da siti
ambientalmente critici e/o prevedibilmente pericolosi; ma una nuova forma di
inquinamento è stata registrata recentemente dalla cronaca a causa di sostanze
estranee ai cicli biologici di cui non si sospettava nemmeno la possibilità che
fossero dispersi nell’ambiente.
Si tratta dei composti chimici organici che vanno sotto la categoria denominata
PFAS: sostanze perfluoro alchiliche
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[1.1] Definizioni
I PFAS, composti organici fluorurati a catena carboniosa, sono molecole artificiali
con un numero variabile di atomi di carbonio da 4 a 14 ( C4-C14)
Nei PFAS tutti gli atomi d’idrogeno legati agli atomi di carbonio sono stati sostituiti
da atomi di fluoro, formandosi così il residuo perfluoroalchilico
I membri più noti della famiglia dei PFAS sono indubbiamente il PFOS e il PFOA (cfr.
fig. in copertina), entrambi costituiti da otto atomi di carbonio, da cui anche la
sigla C8 con la quale sono spesso indicati.
I PFAS, soprattutto gli acidi perfluoroalchilici e i loro anioni, sono frequentemente
distinti in molecole a "lunga catena" (PFS-LC) o a "corta catena" (PFAS-CC).
I principali acronimi rinvenibili nella letteratura scientifica attinente a queste
sostanze sono:
PBT = Persistent, Bioaccumulative and Toxic
PFAS= sostanze o composti perfluoroalchilici
PFAS-CC = PFAS a corta catena
PFAS-LC = PFAS a lunga catena
PFBS = perfluorobutanosolfato
PFNA = acido perfluorononanoico
PFOA = acido perfluorottanoico
PFOS = acido perfluorottanoico solfato
PFOSA= perfluooctanosufamide
POPs= Persistent Organic Pollutants, Inquinanti organici persitenti
PPAR= Peroxisome proliferator-activated receptor
[1.2] Principali utilizzazioni
I PFAS – assieme ai surfactanti, agli emulsionanti e ai polimeri per la cui sintesi
chimica sono essenziali - sono stati ampiamente utilizzati fin dagli anni ’50 in
numerosi prodotti e applicazioni industriali e commerciali: detersivi in genere, in
particolare per prodotti per la pulizia di tappeti o pavimenti; trattamenti
impermeabilizzanti e/o coloranti di pelli e tessuti; come componenti inerti in alcuni
pesticidi e insetticidi. Ulteriori impieghi nella cromatura dei metalli e la produzione
di: contenitori di alimenti (ad esempio nei fast food), pellicole fotografiche,
shampoo, dentifrici, schiume antincendio, scioline, ritardanti di fiamma in vernici e
solventi.
I PFAS sono quindi utilizzati per la produzione di un numero imprecisato di prodotti
di largo consumo, in virtù della stabilità chimica e termica del residuo
perfluoroalchilico, stabilità che, associata alla sua duplice natura idrofobica e
lipofolica, li rende molto utili per la produzione di manufatti e merci
particolarmente resistenti. In particolare, il PFOA è utilizzato come composto
intermedio per la produzione di politetrafluoroetilene (PTFE), o Teflon®, molto noto
per le sue proprietà antiaderenti e per la sua inerzia chimica.
Un’altra famosa applicazione è rappresentata dal Gore-Tex®, materiale resistente
e impermeabile, caratterizzato da elevata traspirabilità e biocompatibilità. Il GoreTex® è impiegato nella realizzazione di abbigliamento tecnico-sportivo e di articoli
medicali e sanitari, per esempio protesi vascolari, valvole cardiache, fili per suture
chirurgiche. Il Gore-Tex® ha altre importanti applicazioni nell’industria aerospaziale
(rivestimento di tute degli astronauti), nella filtrazione industriale (impianti di
depurazione) e, come materiale isolante, nella componentistica elettronica .
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Il legame Carbonio-Fluoro è molto forte e stabile rendendo i PFAS particolarmente
resistenti all’idrolisi, alla fotolisi e alla degradazione microbica. Questa resistenza
alla degradazione e all’inattivazione spiega alcune delle principali proprietà dei
PFAS, quali la tendenza ad accumularsi e a persistere nell’ambiente, e la loro
capacità di bioaccumulo e biomagnificazione.
Pertanto non è prevedibile una riduzione dell’entità dell’esposizione umana ai
PFAS nel prossimo futuro.
[1.3] Diffusione nell’ambiente, nell’acqua e nella catena alimentare
I PFAS sono composti dotati di elevata persistenza nell’ambiente e di capacità di
bioaccumulo. Tra le diverse possibili vie di assorbimento da parte dell’organismo
umano, la via orale tramite consumo d’acqua potabile e di alimenti è la più
significativa per la popolazione generale.
La dimensione globale di questa contaminazione è stata dimostrata per la prima
volta (2001) con il rinvenimento di PFOS nella fauna selvatica. Quasi
contemporaneamente fu dimostrata la presenza del PFOA nel sangue di soggetti
non esposti ai cicli di lavoro, ma la presenza di questa molecola era già stata
dimostrata almeno vent'anni prima nel sangue di operai della 3M (produzione di
sostanze adesive e pellicole).
[1.4] Fonti di esposizione
L'immissione nell'ambiente di PFOS, PFOA ed altri PFAS avviene attraverso l’utilizzo
quotidiano e lo smaltimento di numerosi prodotti di consumo che li contengono,
quasi sempre come impurità; con l’uso industriale e conseguente rilascio
nell'ambiente; degradazione biotica o abiotica di polimeri che contengono un
residuo perfluoroalchilico e danno origine, durante il processo di degradazione, a
PFOS, PFOA e altri PFAS più corti, che sono molecole inerti. Questi precursori sono
comunemente utilizzati e commercializzati e possono essere rilasciati nell'ambiente
dai materiali di scarto industriali, dai prodotti e dagli articoli di consumo, oltre che
durante la fase di smaltimento dei rifiuti solidi e liquidi, urbani e industriali.
Oggi si conosce il contributo relativo delle varie fonti di esposizione umana a PFOS,
PFOA ed altri PFAS, attraverso il cibo o i suoi contenitori, l'acqua potabile, il latte
materno, la polvere di casa, l'aria atmosferica.
Comunque le aree industrializzate sono generalmente più contaminate di quelle
non industrializzate, testimoniando che le attività industriali sono fra le principali
fonti di inquinamento dei fiumi da cui si attinge l’acqua potabile.
Un’altra fonte di contaminazione dell'ambiente con i PFAS è la degradazione di
precursori, come i fluorotelomeri (FTOH), usati in numerose applicazioni industriali e
in prodotti di consumo quotidiano. Il PFOA si forma da questi precursori attraverso
la biodegradazione nel suolo, nei fanghi e nelle acque reflue, oltre che in seguito
a diverse reazioni chimiche nell'atmosfera. Anche i polimeri fluoroacrilici usati in
molti prodotti commerciali possono subire una trasformazione nel suolo rilasciando
FTOH che poi può formare PFOA ed altri PFAS. Poiché il PFOA è molto stabile, i livelli
nell'ambiente tendono ad aumentare.
[1.5] Contaminazione dell'acqua potabile
Due sono le principali modalità con le quali i PFAS, PFOA e PFOS compresi, sono
trasportati a distanza in regioni remote, per esempio l'Artico, dove si trovano nelle
soluzioni acquose, nel ghiaccio e nella fauna selvatica. Nel primo caso, i precursori
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volatili, come il FTOH, sono trasportati per via aerea nell'atmosfera, dove subiscono
l'ossidazione a PFOA o ad altri PFAS che poi si depositano sul terreno o sulle acque
superficiali. La seconda via è costituita dal trasporto con l'acqua dei PFAS che
nella loro forma anionica si spostano con le correnti superficiali degli oceani.
Un ruolo minore nel trasporto dei PFAS nelle regioni più remote del pianeta è svolto
dai rifiuti galleggianti, soprattutto materiali plastici che possono contenerli come
additivi oppure assorbirli passivamente dalla soluzione acquosa in cui sono
immersi.
Al pari di altri inquinanti delle falde acquifere, il PFOA può raggiungere i pozzi
dell'acqua potabile attraverso le vie sotterranee di migrazione preformate di un
plume acquifero contaminato.
Il PFOA, analogamente ad altri inquinanti ambientali, può penetrare nelle falde
acquifere anche attraverso l'immissione in aria nelle vicinanze di un sito industriale,
cui segue la precipitazione al suolo e la migrazione successiva nella risorsa
potabile.
In Ohio e nella West Virginia (USA) un impianto industriale di proprietà della Dupont
contaminò i pozzi localizzati a distanza di oltre 20 miglia. La contaminazione delle
falde acquifere si verificò in seguito alla precipitazione al suolo del PFOA che era
stato immesso nell'aria, con sua successiva migrazione nella falda acquifera, con
il contributo della ricarica della falda da parte del fiume Ohio contaminato.
Il PFOA raggiunse concentrazioni superiori a 4000 ng/litro 1 nell'acquedotto
comunale e nei pozzi privati addirittura superiori a 13.000 ng/litro.
In Veneto, in alcuni pozzi privati della zona di Lonigo sono state trovate
concentrazioni di PFOA >19.000 ng/l di acqua. La sorgente inquinante le falde
acquifere venete è stata identificata dall’ARPAV nella Miteni, una multinazionale
produttrice di PFOA e altri PFAS che dagli anni 1960 li ha immessi in aria e nel
torrente Poscola, affluente del fiume Agno.
Il PFOA può contaminare le falde acquifere o le acque superficiali utilizzate per
l'alimentazione umana provenendo da fonti diverse dai siti di rilascio industriale.
Per esempio: dagli impianti di trattamento dei rifiuti domestici o di quelli urbani e
industriali; dallo smaltimento delle acque di scolo stradali e piovane; da schiume
antincendio; dall'applicazione sul suolo agricolo di ammendanti ricavati dal
trattamento di reflui fognari urbani o da rifiuti industriali contaminati.
[1.6] PFAS e catena alimentare
Gli studi sulla catena alimentare hanno oramai definitivamente dimostrato
l’elevata capacità di bioaccumulo dei PFAS negli animali posti al vertice della
catena trofica (mammiferi e uccelli, acquatici e terrestri, e pesci).
Lo studio della distribuzione temporale-spaziale dei PFAS mostra differenze
sostanziali nelle regioni più interessate dalla persistenza ambientale dei PFAS, per
esempio Groenlandia e il versante nordamericano dell’Artico. Nonostante i livelli
dei PFAS siano in continuo aumento nelle regioni più a Nord del pianeta, recenti
osservazioni compiute dai canadesi suggeriscono una tendenza alla riduzione dei
livelli di PFOS nelle loro acque. Tuttavia le concentrazioni dei PFAS continuano ad
aumentare nelle foche e negli orsi polari, a dimostrazione della loro capacità di
bioaccumulo e biomagnificazione negli organismi superiori.
ng = nanogrammo = 0,000000001(un miliardesimo di grammo)= 10-9 grammi
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Il PFOS (ma non il PFOA) è risultato presente nel muscolo di tutti i campioni (90) di
Coregonus lavaretus (lavarello o coregone) e Perca fluviatilis (persico reale)
pescati nel Lago Maggiore, con concentrazioni massime di 46 ng/g di peso secco.
Da questa ricerca sui pesci del Lago Maggiore si deduce che i pesci possono
rappresentare una fonte significativa di esposizione al PFOS tramite dieta.
Il bioaccumulo nella catena alimentare e l'assunzione con la dieta di PFOA e PFOS
è stata valutata in diversi organismi viventi appartenenti a vari livelli della piramide
trofica (produttori primari, erbivori, filtratori, carnivori) nella laguna di Orbetello,
Toscana. Nelle acque di quest’area parzialmente protetta, furono osservate
concentrazioni di PFOA (ma non di PFOS) nettamente superiori a quelli riportati
nella letteratura per gli oceani Pacifico e Atlantico e per il mar del Giappone.
Rispetto ai dati della letteratura, concentrazioni molto più elevate sono state
osservate nelle cozze, nelle vongole veraci e nei granchi; in questo sito i fiumi
rappresentavano la via preponderante della contaminazione della laguna.
Concentrazioni relativamente basse di PFAS furono osservate in 35 anguille
pescate nel fiume Po e nella laguna di Comacchio, senza significative differenze
fra i due siti. PFOS e PFOA erano presenti al disopra del limite di rilevabilità della
metodica. Le concentrazioni dei PFAS nelle anguille del Po e delle Valli di
Comacchio erano però inferiori a quelle di altri pesci europei, suggerendo un
basso livello d’inquinamento da PFAS nelle due aree studiate.
In un campione di scardola pescato nei dintorni di Creazzo, secondo i dati ARPAV,
sono state riscontrate concentrazioni di PFOS di 57.000 ng/kg, valori fra i più alti in
Europa.
[1.7] Meccanismo di azione dei PFAS
Nelle cellule dei roditori i PFAS inducono e interferiscono con le attività ossidative
dei perossisomi che svolgono un ruolo essenziale nella regolazione del
metabolismo lipidico e glucidico; nel controllo dei processi infiammatori associati
con l’evoluzione dell’aterosclerosi; inducono la trascrizione di geni coinvolti nel
metabolismo lipidico, determinando un incremento dell’ossidazione degli acidi
grassi e una conseguente diminuzione del peso corporeo dell’animale.
Comunque altri studi suggeriscono l’esistenza di altri bersagli molecolari.
Oltre alla modulazione dei recettori nucleari, è probabile che gli effetti dei PFAS
siano mediati anche da altri recettori nucleari. Negli epatociti di uomo e di roditori
la risposta metabolica al PFOA e al PFOS determina un significativo spostamento
dal metabolismo glucidico verso l'ossidazione degli acidi grassi e l'accumulo di
trigliceridi a livello epatico; le variazioni sono più evidenti dopo esposizione degli
epatociti al PFOS rispetto al PFOA.
PFOS, PFOA e altri PFAS inibiscono l'attività della 11 beta-idrossisteroide
deidrogenasi 1 (11betaHSD1), un enzima che svolge un ruolo importante per la
produzione locale di alcuni glucocorticoidi, quali il cortisolo nell'uomo o i
corticosteroidi nei roditori. L'attività inibitoria è stata dimostrata su cellule polmonari
umane e murine, suggerendo una possibile interferenza con lo sviluppo fetale e
neonatale dei polmoni.
In ratti nutriti con dosi variabili di PFOA, su 500 geni analizzati, 106 erano
costantemente iperespressi e 38 ipoespressi in tutti gruppi, indipendentemente dal
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dosaggio somministrato; tuttavia, nei soggetti che ricevettero le dosi più alte di
PFOA, fu osservato che oltre 800 geni subivano variazioni dell'espressione genica 2.
I geni più frequentemente iperespressi controllano il trasporto del metabolismo dei
lipidi. Le altre categorie di geni iperespressi sono coinvolti nella comunicazione fra
cellule, nell’adesione e nella crescita cellulare, nell'apoptosi 3, nelle vie di
regolazione della sintesi ed escrezione ormonale, nella trasmissione del segnale fra
cellule. Fra i geni la cui espressione era ridotta o abolita alcuni sono implicati nel
trasporto dei lipidi, nelle risposte infiammatorie e immunitarie e nell'adesione
cellulare.
Alcuni ricercatori hanno dimostrato variazioni dei profili di espressione genica
transgenerazionali, cioè visibili nella progenie di madri nutrite durante la
gravidanza con PFOA ed altri PFAS 76.
I risultati di questi esperimenti dimostrano come i PFAS possono alterare
profondamente l’espressione di numerosi geni essenziali per l’omeostasi
dell’organismo.
I PFAS sono interferenti endocrini, per cui è logico attendersi che gli effetti sulle
ghiandole endocrine siano argomento di intensa ricerca, sia negli uomini che
negli animali. Particolare preoccupazione suscitano gli effetti degli interferenti
endocrini ambientali sull’apparato riproduttivo maschile e femminile durante il
periodo prenatale e dello sviluppo evolutivo.
[1.8] Meccanismi tossicologici
La tossicità dei PFAS, che sono resistenti alla biotrasformazione, è dovuta ai
composti originari e non a suoi metaboliti. I PFAS, interagendo con recettori e
proteine cellulari influenzano la biotrasformazione di molecole alimentari, di
metaboliti intermedi e di xenobiotici; modificano inoltre numerose attività
enzimatiche e la cinetica di trasporto di molte molecole. PFOA e PFOS attivano i
PPAR aumentando la trascrizione mitocondriale e perossisomiale del metabolismo
lipidico, la biosintesi e il metabolismo degli steroli e degli acidi biliari, l'attività di
geni che regolano il metabolismo del retinolo. Essi possono anche attivare il
recettore costitutivo per l'androstano (CAR), il recettore per i farnesoidi (FXR) e il
recettore per il pregnano X (PXR).
L’Assorbimento dei PFAS può avvenire mediante più vie (orale, respiratoria,
dermica) sia nell’uomo che negli animali. L'assorbimento richiede il trasporto
attraverso l’intestino, i polmoni e la cute. Poiché i PFAS sono oleorepellenti e solubili
in soluzioni acquose (minimamente solubili nei lipidi del corpo), il passaggio
attraverso le membrane delle cellule polmonari, gastrointestinali e cutanee
coinvolge i trasportatori attivi o meccanismi diversi dalla diffusione semplice
attraverso il doppio strato lipidico. Queste proteine partecipano all'assorbimento
degli anioni organici presenti nel lume gastrointestinale e al loro trasporto nel
sangue.
I PFAS si distribuiscono nell’organismo mediante legame non covalente con le
proteine plasmatiche, principalmente con l'albumina. La distribuzione dopo
esposizione orale è stata studiata solo nei ratti, mentre nei primati esistono soltanto
studi indiretti.
Negli esseri umani il PFOS si distribuisce principalmente nel fegato e nel sangue.
il processo attraverso cui l'informazione contenuta in un gene (costituita di DNA) viene convertita
in una macromolecola funzionale cioè una proteina.
3 morte cellulare programmata.
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Per quanto riguarda il PFOS, gli esperimenti condotti dimostrano che con
l'aumentare delle concentrazioni diminuisce la capacità dell'albumina di legare
diversi farmaci e gli acidi grassi, i cui siti specifici di legame sono occupati dal
PFOS. Le variazioni conformazionali dell'albumina che si verificano dopo il legame
con il PFOS, e probabilmente anche con gli altri PFAS, potrebbero influenzare le
capacità di trasporto dell'albumina e delle altre proteine di numerosi composti
endogeni ed esogeni, fra i quali acidi biliari, acidi grassi, vitamine, farmaci e
pesticidi.
Il PFOS ha una notevole affinità di legame con la proteina di legame con gli
ormoni tiroidei, la transtiretina (TTR), per la quale compete con la tiroxina (T4).
L’affinità per la TTR è una proprietà posseduta da tutti i PFAS ed è massima, fra i
composti testati, per i membri della famiglia con 8 atomi di carbonio (C8), cui
appartengono le due molecole più note, il PFOA e il PFOS.
E’ stato dimostrato che il PFOS inibisce in modo competitivo la liver-fatty acid
binding protein (L-FABP) che è un trasportatore intracellulare dei lipidi.
Il PFOS è stato rinvenuto nel sangue del cordone ombelicale e nel latte materno, a
dimostrazione della sua capacità di attraversare la placenta.
[1.9] Valutazione del rischio da PFOA e PFOS nell’acqua potabile
Negli studi sugli animali il PFOA ha conseguito soprattutto epatotossicità,
manifestatasi con epatomegalia, e numerosi altri effetti tossici non cancerogeni,
principalmente sulle ghiandole endocrine, sul sistema nervoso e sul sistema
immunitario.
L'esposizione cronica a PFOA induce alcuni tipi di tumore nei ratti, soprattutto
testicolari, pancreatici, epatici e mammari.
Nel 2005 l'USEPA 4 concluse che vi erano prove "suggestive" sulla cancerogenicità
del PFOA, anche se i ¾ degli esperti invitarono l'agenzia ad assumere una
posizione più chiara e a definire il PFOA "probabilmente cancerogeno per gli esseri
umani", secondo le linee guida sulla definizione di sostanze cancerogene della
stessa USEPA.
In questo momento, negli Stati Uniti non vi sono regolamenti o linee guida
standard federali sui PFAS e soltanto alcuni Stati (Minnesota, Carolina del Nord,
New Jersey, Maine) hanno emanato norme, a volte notevolmente diverse fra di
loro, sui livelli "accettabili" dei PFAS nelle acque potabili.
Lo Stato americano del New Jersey stabilì nel 2007 un limite compatibile con la
salute umana di 40 ng/litro nell'acqua potabile per il PFOA. Questo valore guida
per la “compatibilità” con la salute umana del PFOA nell’acqua potabile
proposto dalle autorità New Jersey è tra i più bassi al mondo.
I motivi di questa decisione risiedono soprattutto nella scelta degli esperti dello
stato del New Jersey di applicare i fattori d’incertezza, utilizzati nella costruzione
delle dosi di riferimento, ai livelli ematici di PFOA non associati ad eventi avversi
noti.
Nel 2006, il Committee on Toxicity (COT) of Chemicals in Food Consumer and
Environment, del Regno Unito aveva stabilito per il PFOA una TDI 5 di 3000
ng/kg/die. Per il PFOS, sempre nel 2006 il COT determinò una TDI di 300 ng/kg/die;
questo limite fu poi ridotto a 150 ng/kg/die nel 2009.
United States Environmental Protection Agency
5 TDI = Tolerable Daily Intake = dose giornaliera tollerabile
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Nel 2008 l'EFSA (European Food and Safety Authority) stabilì la TDI per il PFOA 1500
ng/kilogrammi/giorno. Questa TDI corrisponde a un livello equivalente di 52,5
µg/litro nell'acqua potabile per un adulto di 70 kg che assuma 2 litri di acqua al
giorno e di 10,5 µg/litro considerando un contributo relativo del 20% la dose totale
di esposizione giornaliera.
Per quanto riguarda il PFOS l'EFSA ha definito una TDI di 150 ng/kg/die.
Nel Minnesota (USA) il dipartimento per la salute sviluppò uno Health Risk Limit
(HRL) o limite di rischio per la salute con l'assenza di effetti tossici non neoplastici in
caso di esposizione cronica la concentrazione di 0,3 µg/litro (= 300 ng/l) di PFOA
nell'acqua potabile. Questo studio, che fu sponsorizzato dall’industria produttrice,
fu fortemente criticato per numerosi limiti metodologici.
L'USEPA nel 2009 propose un limite provvisorio di 0,4 µg/litro (400 ng/L) per il PFOA e
0,2 µg/litro (200 ng/L) per il PFOS nell'acqua potabile per l'esposizione a breve
termine (10 giorni) considerando uno scenario di esposizione per i soli bambini.
In Germania, fino al 2006, non esistevano limiti specifici per PFOA né per gli altri
PFAS, molecole alle quali potevano essere applicate le regole valide per le
sostanze non genotossiche presenti nell'acqua potabile. Queste norme generali
furono introdotte nel 2003 e prevedono un limite precauzionale compatibile con la
salute umana "Health Based Precautionary Value” (HPV1) di 0,10 µg/ litro (=100
ng/litro), limite ridotto a 0,01 µg/litro (=10 ng/litro) per le sostanze altamente
genotossiche. Tuttavia, proprio in quegli anni cominciavano a comparire lavori
scientifici di elevata qualità nei quali fu osservato un potenziale genotossico
indiretto e relativamente elevato anche per concentrazioni di PFOA non
citotossiche, con un meccanismo di genotossicità simile a quello di altri interferenti
endocrini, per esempio ftalati o bromuri, che attivano i PPAR e inducono il rilascio
di radicali ossigeno. Un altro lavoro pubblicato nel 200671 aveva dimostrato altri
effetti citotossici indiretti del PFOA consistenti nell'induzione ed inibizione di un
elevato numero di geni che controllano il metabolismo lipidico, glucidico,
proteico; l'adesione cellulare; la comunicazione fra cellule; la regolazione degli
ormoni, delle risposte immunitarie, della crescita e dell'apoptosi cellulare.
Pertanto, secondo gli estensori delle linee guide tedesche "… Non si può escludere
con certezza che il PFOA e/o il PFOS siano potenzialmente genotossici e quindi
cancerogeni per gli esseri umani, sebbene non sia in questo momento possibile
quantificare questo rischio. Così, fino a quando non saranno acquisiti nuovi dati, il
valore provvisorio HPV1 può essere utilizzato per stabilire il valore limite delle
concentrazioni totali combinate di PFOA, PFOS e di ogni altro PFAS presente
nell'acqua potabile…”.
Il valore di HPV1 si riferisce ad un’esposizione che duri per tutta la vita e si applica
a persone adulte e donne non gravide. Per esposizioni di durata inferiore a tutta la
vita è possibile fornire alcuni limiti operativi che rendono eventuali eccessi
“tollerabili” per la salute e l’igiene pubblica per brevi periodi (cfr. Tabella 1). I limiti
suggeriti devono considerarsi come valori pragmatici orientativi per la salute che
contemplano la mancanza di dati sufficienti e la possibilità che alcuni rischi tossici
attribuibili alla presenza di altri PFAS a lunga o corta catena diversi da PFOA e
PFOS non siano ancora identificati.
Pertanto, la commissione per l'acqua potabile del ministero tedesco per la salute
raccomanda che l'acqua potabile contenente una concentrazione combinata di
PFOA e PFOS superiore a 500 ng/litro non sia utilizzata per alimentare i bambini.
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Inoltre, le donne durante la gravidanza dovrebbero evitare regolarmente di bere
acqua con questi livelli di contaminazione sia come tale che in altre bevande.
Tabella 1 - Livelli cautelativi e operativi dei PFAS nell'acqua potabile validi in Germania
Descrizione limite
HPV1 valido come limite di esposizione ideale per tutta la vita per gli
adulti e le donne non gravide
PAV10, tollerabile per un massimo di dieci anni
PAV3, tollerabile per un massimo di tre anni
PAV1, Tollerabile per un massimo di un anno
PAV0, richiede provvedimenti immediati per ridurre l’assunzione di
PFOA e PFOS con l’acqua potabile da parte degli adulti
concentrazione
100 ng/l
101-600 ng/l
601-1500 ng/l
1501-5000 ng/l
>5000 ng/l
Fatte le debite proporzioni di peso corporale e della necessità di assumere liquidi e
tenuto conto dello stato di gravidanza i limiti per i bambini entro il primo anno di
vita, per donne incinte e per la preparazione delle formule di latte artificiale per
lattanti in Germania è fissato <500 ng/l dal momento che PFOA e PFOS passano
nel feto attraverso la placenta.
Con la nota prot. 2565 del 29/01/2014 130, Il Ministero Italiano della Salute ha
ribadito “…la raccomandazione di assicurare adeguate misure di prevenzione
della contaminazione delle acque di origine e, a livello impiantistico,
l’implementazione di tecniche di adsorbimento e/o filtrazione attraverso
membrane di provata efficienza per la rimozione di PFAS nella filiera di produzione
e distribuzione delle acque destinate al consumo umano. Nello scenario di
contaminazione rappresentato, il Ministero ritiene che l’applicazione delle citate
tecnologie possa garantire nelle acque trattate almeno i seguenti livelli di
performance (obiettivo):
PFOS
PFOA
Altri PFAS
≤ 0,03 µg /l (30 ng/litro)
≤ 0,5 µg/l (500 ng/litro)
≤ 0,5 µg/l (500 ng/litro)”
L’Istituto Superiore di Sanità, successivamente (2015), ha innalzato i limiti “obiettivo
o di performance” relativi a due dei composti perfluoroalchilici, PFBA e PFBS,
praticamente raddoppiando le concentrazioni totali dei PFAS nelle acque
potabili.
Infatti, con il parere del giorno 11.8.2015, prot. 0024565, i nuovi limiti di performance
sono così definiti, per un totale di 2030 ng/l contro i precedenti 1030 ng/l:
PFOS
PFOA
PFBA
PFBS
Altri PFAS
≤ 0,03 µg/l (30 ng/litro)
≤ 0,5 µg/l (500 ng/litro)
≤ 0,5 µg/l (500 ng/litro)
≤ 0,5 µg/l (500 ng/litro)
≤ 0,5 µg/l (500 ng/litro)
Dossier Contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS)
pag. 13
Tabella 2 - Valori nelle acque potabili e dose tollerabile giornaliera per chilo di peso corporeo (TDI: Tolerable Daily Intake) relativi a PFOA (acido perfluoroottanoico), PFOS
(acido perfluoroottansulfonico) e alla somma delle loro concentrazioni (PFOA + PFOS), secondo quanto proposto da diversi enti regolatori europei e statunitensi (citati
dall’Istituto Superiore di Sanità, parere Prot. 07/06/2013 – 0022264).
VALORI PROPOSTI
ENTE REGOLATORE
EFSA
(Autorità Europea di Sicurezza Alimentare) 2008
“Admissable health based precautionary
value”: obiettivo di qualità a lungo termine
(esposizione per tutta la vita)
genericamente indicato per le sostanze non
“Strictly health based guide value”:
Trinkwasserkommission
(Commissione per le
acque potabili,
GERMANIA) 2006
U.S. EPA
(Agenzia per la
Protezione
dell'Ambiente, USA)
2009
concentrazione tollerabile considerando
una esposizione per tutta la vita in tutti i
gruppi di popolazione
PFOA +
PFOS
–
0,1 μg/L
(100 ng/L)
PFOA
DOSE TOLLERABILE GIORNALIERA (TDI)
PFOS
PFOA
PFOS
–
–
1,5 μg/kg p.c.
(1.500 ng/kg p.c.)
0,15 μg/kg p.c.
(150 ng/kg p.c.)
–
–
–
–
0,3 μg/L
(300 ng/L)
“Precautionary action value for infants”:
concentrazione che richiede provvedimenti
0,5 μg/L
precauzionali per la riduzione
(500 ng/L)
dell'assunzione di PFOA e PFOS nei
neonati/lattanti e nelle donne in gravidanza
“Precautionary action value for adults”:
5 μg/L
concentrazione che richiede provvedimenti
(5000 ng/L)
precauzionali per la riduzione
dell'assunzione di PFOA e PFOS negli adulti
–
I valori relativi alle acque potabili sono
definiti:
“Provisional Health Advisory value“
0,4 μg/L
(400 ng/L)
0,2 μg/L
(200
ng/L)
–
10 μg/L
(10.000 ng/L)
UK COT
(Committee on Toxicity of Chemicals in Food, Consumer
Products and Environment, UK) 2006
0,3 μg/L
(300
ng/L)
–
–
–
3,0 μg/kg p.c.
(3.000 ng/kg p.c.)
UK DWI/COT
(Drinking Water Inspectorate, UK) 2009
–
–
–
vedi EFSA
UK HPA
(Health Protection
Agency, UK) 2007
“Recommended maximum
acceptable concentration”
0,2 μg/kg p.c.
(200 ng/kg p.c.)
–
0,08 μg/kg p.c.
(80 ng/kg p.c.)
–
0,3 μg/kg p.c.
(300 ng/kg p.c.)
vedi EFSA
[1.10] La normativa italiana sull’acqua potabile e i PFAS
I tecnici dell'Istituto Superiore di Sanità, nella loro nota del Ministero della Salute
prot. 2565 del 29/01/2014, ricordano correttamente che: "… I requisiti di idoneità di
un'acqua per il consumo umano, incluso l'utilizzo potabile ed altri impieghi
domestici, sono stabiliti dal D. Lgs. 31/2001 e s.m.i., recepimento della direttiva
europea 98/83/CE, in base al quale l'acqua, nei punti in cui è attinta per il
consumo umano, deve essere conforme ad una serie di parametri chimici indicati
nell'allegato I dello stesso decreto. I parametri, o valori guida, stabiliti nell'allegato I
della direttiva, rappresentano requisiti minimi di sicurezza relativi a un numero
relativamente limitato di sostanze chimiche di interesse prioritario per
caratteristiche tossicologiche o per diffusione. In aggiunta alle sostanze
regolamentate, molteplici elementi e composti chimici, di origine geologica
indigena o antropica rilasciati nelle risorse idriche di origine, prodotti nel corso dei
trattamenti dei sistemi idrici, o migrati nelle acque da prodotti materiale in
contatto con essa, laddove non efficacemente rimosse nella filiera di
potabilizzazione, potrebbero ritrovarsi nelle acque al punto di consumo per
rappresentare dei fattori di rischio per la salute umana. La protezione della qualità
delle acque destinate al consumo umano deve quindi essere perseguita anche
rispetto a elementi o composti chimici non espressamente considerate della
direttiva, che possono tuttavia rappresentare potenziali fattori di rischio, in
ottemperanza al principio generale, secondo il quale le acque destinate al
consumo umano non contengono microrganismi, parassiti o altre sostanze, in
quantità o concentrazione tale da rappresentare un potenziale pericolo per la
salute umana".
"Sulla base della normativa vigente", proseguono ancora i tecnici dell'Istituto
superiore di sanità, "la ricerca e il controllo di sostanze non normate, tra cui i
composti perfluoroalchilici (PFAS), nelle acque da destinare e destinate al
consumo umano sono responsabilità dell'azienda unità sanitaria locale
competente per territorio, che è tenuta ad assicurare una ricerca supplementare,
caso per caso, delle sostanze o dei microrganismi per i quali non sono stati fissati i
valori di parametro a norma dell'allegato I, qualora vi sia motivo di sospettarne la
presenza in quantità o concentrazioni tali da rappresentare un potenziale pericolo
per la salute umana" (articolo 8, comma 3, DLGs 31/2001).
[1.11] La presenza dei PFAS nell’ecosistema dell’alto vicentino
La prima testimonianza qualificata della presenza di queste sostanze
nell’ecosistema della valle dell’Agno-Chiampo si trova a pagina 204 della
pubblicazione “Progetto Arzignano salute”(2010), liberamente scaricabile dal sito
istituzionale dell’ULSS5 Ovest vicentino,[www.ulss5.it], dove si afferma che “Tra le
sostanze usate nell’industria conciaria (oltre che in molte altre lavorazioni) vi sono i
composti organici fluorinati (fluorinated organic compouds, FOCs), tra cui
perfluorottano sulfonato (perfluorooctane sulfonate, PFOS), perfluoro ottanato
(perfluorooctanoate, PFOA) e perfluorottano sulfanilamide (perfluorooctane
sulfonylamide, PFOSA). Questi sono dei tensioattivi organici ampiamente utilizzati
nel campo industriale che consentono di dare delle colorazioni resistenti allo
scolorimento e all’acqua e creare dei rivestimenti resistenti all’olio, vengono
anche usati come pesticidi in agricoltura.”
[1.12] Documentazione amministrativa e informativa ufficiale
1. Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare – CNR IRSA Istituto
di Ricerca sulle Acque. Scheda informativa della convenzione per la Realizzazione
di uno studio di valutazione del Rischio Ambientale e Sanitario associato alla
contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) nel Bacino del Po e nei
principali bacini fluviali italiani. Prot. Ministero Ambiente DVA-2010-0031278 del
24/12/2010 (firma dEl Dirigente MATTM, dott. Zaghi) . Prot. IRSA-CNR N. 21/2011 del
10/01/2011 (forma del Direttore IRSA, dott. Pettine) (All. 1)
2. Polesello S., Pagnotta R., Marziali L., Patrolecco L., Rusconi M., Stefani F.,
Valsecchi S.. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Istituto di Ricerca sulle Acque – CNR (2011-2013). Realizzazione di uno studio di
valutazione del Rischio Ambientale e Sanitario associato alla contaminazione da
sostanze perfluoro-alchiliche (PFAS) nel Bacino del Po e nei principali bacini fluviali
italiani. Relazione finale. (All. 2)
3. Parere dell’Istituto Superiore di Sanità – prot 07/06/2013-0022264 Ritrovamento di
sostanze perfluorurate nelle acque superficiali e potabili della provincia di
Vicenza. (All.3 )
4. DGR n. 1490 del 12 agosto 2013. Istituzione della Commissione tecnica per la
valutazione della problematica della presenza di sostanze perfluoro – alchiliche
(PFAS) nelle acque potabili e nelle acque superficiali della provincia di Vicenza e
comuni limitrofi, e per la formulazione di proposte in ordine alla tutela della salute
pubblica. (All.4)
5. Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto.
Stato dell’inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) in provincia di
Vicenza, Padova, e Verona. Padova 30/09/2013. (All. 5)
6. Riccarco Crebelli ISS. Tossicità a valori guida delle sostanze perfluoroalchiliche:
stato dell’arte. Ppw presentato al Convegno “I PFAS nelle acque italiane:
distribuzione e rischi”. Milano, 22/10/2013 (All. 6)
7. Francesca Russo Regione Veneto. PFAS. Caso studio del Bacino del Brenta Ppw
presentato al Convegno “I PFAS nelle acque italiane: distribuzione e rischi”. Milano,
22/10/2013 (All. 7)
8. DGR n. 168 del 20/02/2014. Pianificazione delle attività a tutela della salute dei
soggetti esposti alla presenza di sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) nelle acque
potabili.(All. 8)
9. DGR n. 619 del 29/04/2014. Variazione della composizione della commissione
tecnica per la valutazione della problematica della presenza di sostanze
perfluoro-alchiliche (Pfas) nelle acque potabili e nelle acque superficiali della
Provincia di Vicenza e Comuni limitrofi, e per la formulazione di proposte in ordine
alla tutela della salute pubblica. Parziale modifica della Dgr n. 1490 del
12.8.2013.(All. 9)
10. DGR n. 764 del 27/05/2014. Approvazione dell'Accordo di collaborazione tra la
Regione del Veneto e l'Istituto superiore di sanità (ISS) finalizzato al ''Supporto
tecnico scientifico, analitico e consultivo per l'analisi di rischio correlato alla
contaminazione da PFAS di matrici ambientali e filiera idro potabile in talune
circostanze territoriali e potenziale trasferimento di PFAS alla filiera alimentare e
allo studio di biomonitoraggio''.(All. 10)
11. DGR n. 1570
del 26/08/2014. Programma campionamento alimenti di
produzione locale per ricerca di Pfass.(All. 11)
Dossier Contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS)
pag. 16
12. DGR n. 1869 del 14/10/2014. Accordo di collaborazione tra la Regione del
Veneto e l'Istituto superiore di sanità (Iss) finalizzato al ''Supporto tecnico scientifico,
analitico e consultivo per l'analisi di rischio correlato alla contaminazione da Pfas
di matrici ambientali e filiera idro - potabile in talune circostanze territoriali e
potenziale trasferimento di Pfas alla filiera alimentare e allo studio di
biomonitoraggio'' di cui alla Dgr n. 764 del 27.5.2014. Impegno di spesa.(All. 12)
13. Parere dell’Istituto Superiore di Sanità – prot 18/03/2015-0007557 Analisi
campioni alimenti contaminati da sostanze perfluoalchiliche. (All. 13)
14. F. Russo, M. Vazzoler, L. Tagliapietra - Regione Veneto – Area Sanità e sociale
Sez. Attuazione programmazione sanitaria settore promozione e sviluppo Igiene e
Sanità Pubblica. PFAS Acqua Potabile. Rapporto tecnico (Aggiornamento ai
1/04/2015)- Venezia, aprile 2015 (All. 14).
15. F. Russo, M. Vazzoler, L. Tagliapietra, P. Vazzoler - Regione Veneto – Area Sanità
e sociale Sez. Attuazione programmazione sanitaria settore promozione e sviluppo
Igiene e Sanità Pubblica – ARPAV Osservatorio acque interne. PFAS Acqua
destinasta al consumo umano. Rapporto tecnico (Aggiornamento ai 01/07/2015) Venezia, luglio 2015 (All. 15)
16. Parere dell’Istituto Superiore di Sanità – prot 11/08/2015-0024565. Richiesta
definizione livelli di performance per le acque potabili relativi ai composti PFBA e
PFBS. (All. 16)
17. Nota della Sezione Prevenzione e Sanità Pubblica prot 2/10/2015-395972 .
Rilevamento sostanze perfluoro alchiliche in campioni di alimenti come da DGR
1540/2014 6 relazione dal 1 marzo 2015 aggiornata alla data 30 settembre 2015.
(All. 17)
18. Deliberazione Giunta Regionale del Veneto n. 1517 del 29/10/2015.
Sorveglianza sostanze perfluoroalchiliche(PFAS): acquisizione dei livelli di
riferimento per i parametri “Altri PFAS” nelle acque destinate al consumo umano,
nonché individuazione delle aree di esposizione per gli ambiti territoriali interessati
dalla presenza di PFAS. (BUR n. 107 del 10/11/2015)(All. 18)
19. F. Russo, M. Vazzoler, L. Tagliapietra, F. Strazzabosco, F. Ferro, P. Rocca, V.
Restaino, I. Saccardo, M. Mazzola, P. Vazzoler, F. Ragusa - Regione Veneto – Sez.
Attuazione programmazione sanitaria settore promozione e sviluppo Igiene e
Sanità Pubblica, Sezione Tutela Ambiente – Settore Sistema Idrico Integrato –
ARPAV. Ritrovamento di sostanze perfluoro alchiliche in alcuni ambiti del territorio
regionale. Analisi integrata preliminare delle aree di esposizione e primi indirizzi di
Grading del rischio. Venezia , ottobre 2015.(All.19)
20. Regione Veneto. Sezione Veterinaria e sicurezza alimentare. Prot. 451915 del
6.11.2015. Richiesta di risultato piano monitoraggio su alimenti per determinazione
sostanze perfluoroalchiliche. Campionamento alimenti di produzione locale per
ricerca di PFASs. (All. 20)
21. F. Russo, M. Vazzoler, L. Tagliapietra, P. Vazzoler - Regione Veneto – Area Sanità
e sociale Sez. Attuazione programmazione sanitaria settore promozione e sviluppo
Igiene e Sanità Pubblica – ARPAV Osservatorio acque interne. PFAS Acqua
destinasta al consumo umano. Rapporto tecnico (Aggiornamento ai 01/10/2015) Venezia, dicembre 2015 (All. 21)
22.
F. Russo, M. Vazzoler, L. Tagliapietra - Regione Veneto – Sez. Attuazione
programmazione sanitaria settore promozione e sviluppo Igiene e Sanità Pubblica.
La citazione della DGR non è corretta
Dossier Contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS)
6
pag. 17
Contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) nelle acque ad uso
umano. Documento di sintesi (Aggiornamento novenbre 2015) - Venezia,
dicembre 2015 (All. 22)
23. ARPAV – Regione Veneto. Contaminazione diffusa da sostanze
Perfluoroalchiliche (PFAS) nel Veneto. Azioni di controllo integrato. Poster esposto
alla XXII Conferenza del sistema nazionale per la protezione dell’ambiente. (All.
23)
24. Relazione dell’Istituto Superiore di Sanità prot.19/02/2016-0004930. Risultati
analitici dei controlli sulle sostanze perfluorate su alimenti (All. 24)
Dossier Contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS)
pag. 18
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4. Il 26/05/2014 si è svolto a Venezia un Convegno - workshop a cura del Settore
Promozione e Sviluppo Igiene e Sanità pubblica della Regione del Veneto.
Durante l'incontro stato fatto il punto della situazione sul rilevamento delle sostanze
Perfluoroalchiliche (PFAS) nelle acque potabili. A questo link dell’ULSS 20 VERONA
[http://sian.ulss20.verona.it/iweb/49/evento.html] si possono trovare/richiedere gli
interventi.
Dossier Contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS)
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