coro melos iatrida - Comune di Potenza
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coro melos iatrida - Comune di Potenza
Cenni storici sugli avvenimenti del 1799 in Basilicata La Rivoluzione francese ha portato in tutta Europa un vento nuovo. Valori come libertà, fraternità e uguaglianza si diffondono ovunque ed entrano nella coscienza di molti. Nel 1797 l'esercito francese muove alla conquista dell'Italia e, dichiarato decaduto il potere temporale di Pio VI, proclama la nascita della Repubblica Romana. Sconfitto I'esercito di Ferdinando IV, questi ripara in Sicilia abbandonando la reggia di Napoli. In questa città ove si è già costituito il Governo provvisorio, del quale fa parte Mario Pagano che ne è la mente, si innalza I'albero della libertà e si proclama la Repubblica Napoletana sotto la protezione dell'esercito francese. Ormai in tutte le Province del Regno viene dato ordine di creare un governo provvisorio. Potenza è fra le prime città a piantare I'albero della libertà in Piazza del Sedile il 3 febbraio 1799 con la benedizione del Vescovo Serrao, il quale, subito dopo, sarà ucciso dalla banda di Giacomino con in testa Capriglione. Nello stesso giorno viene ucciso anche il Rettore del Seminario, monsignor Antonio Serra. Le loro teste vengono conficcate sulle punte di due pali e portate in giro per la città. Inoltre viene appiccato il fuoco alla casa di Pasquale Siani e uccisi i due figli: Giovanni e Nicola. A due giorni dalla morte di Serrao, la banda del Capriglione va a rifocillarsi nella cantina di zi' Brigida Fasulo che li rimprovera per gli omicidi commessi. ll Capriglione per spavalderia le risponde che avrebbero fatto cose peggiori nei giorni seguenti: le nuove vittime sarebbero state i fratelli Nicola e Basileo Addone, i più ricchi e influenti della città. La donna corre a casa e narra tutto al cognato Prospero e al marito Francesco. Tutti e tre di notte vanno dai fratelli Addone. Questi, avvisati di ogni cosa e raccolti i più fidi giacobini, passano al contrattacco stabilendo l'ora, il luogo e il modo per eliminare fisicamente Capriglione e la sua banda. Nicola Addone, l'uccisore del Capriglione, dopo la restaurazione della Repubblica Potentina, comanda la ricostituita Guardia Repubblicana. Egli va in giro per la città a rassicurare la popolazione e a rinverdire gli entusiasmi per la Repubblica. Dopo la presa di Potenza da parte degli uomini del cardinale Ruffo andrà esule in Francia. Verso il mese di Aprile giungono nella provincia di Basilicata le bande del Cardinale Ruffo comandate da Sciarpa. Una delle città assediate è Picerno che si difese coraggiosamente fino allo stremo delle sue forze. E Potenza? Secondo la tradizione i potentini, fedeli alla Repubblica, erano preparati a difendersi validamente, tanto che lo Sciarpa non ardì assalire la città. Con le sue schiere campeggiò per qualche giorno in periferia, poi, dubitando di una facile vittoria, venne a patti. Caduta la Repubblica, nei cui moti Potenza ebbe il maggior rilievo nella provincia, molti potentini furono presi e condotti a Matera per essere giudicati come giacobini o rei di Stato. Singolare risulta il caso di Pancrazio Trotta, giovane di 22 anni, appartenente a una delle famiglie potentine più stimate, il quale preferì suicidarsi piuttosto che essere umiliato sul patibolo. Altri furono giustiziati fuori la Porta della città di Matera. CORO MELOS Enza Carlucci Michele Di Tommaso Rocco Gruosso Gina Lunanova Luciano Padulosi Antonio Santarsiere Cinzia Sanza Antonella Sterlicchio IL TEATRO MINIMO DI BASILICATA presenta: IATRIDA Maria Anna Nolè Alda Giuliano Maria Rosaria Lauria Monia Telesca una commedia musicale di Pietro Basentini per la regia di Dino Becagli con Eva Bonitatibus Lorenza Colicigno Giancarlo Cuscino Peppuccio Di Bello Tonino Nella Maria Pia Romano Simone Vignozzi Dino Lorusso Maria Anna Nolè e le IATRIDA CORO MELOS diretto da Enza Carlucci Scene e Costumi Gerardo Viggiano Il Teatro Minimo di Basilicata, mettendo in scena la prima assoluta di questa opera inedita di Pietro Basentini, continua la sua azione fatta di finestre aperte sulla storia e la cultura lucana. Grazie per la partecipazione. IL PRESIDENTE (Dr. Nicola Di Pietro) Coordinamento Tecnico Antonio Salvia Organizzazione Generale Nicola Di Pietro PRESENTAZIONE Come affrontare in una drammatizzazione gli avvenimenti legati alla Repubblica Napoletana in Basilicata e in modo particolare a Potenza. Non sono bastate le ricerche né il notevole materiale messo a disposizione dalle Biblioteche Nazionali di Napoli e Potenza. Il problema era di capire che sapore dare a quei fatti a distanza di due secoli. Cosa ci lega ancora, quale domanda inquietante sopravvive? Non essendo facile dare una risposta, ho pensato a una soluzione che può definirsi metafisica, presentando sei monologhi in una scena rarefatta, quasi monocromatica. L'opera si svolge infatti in due spazi ben definiti. I sei protagonisti, che rappresentano gli strati sociali della fine del '7OO a Potenza, raccontano in prima persona come hanno vissuto quelle vicende. Se sono stati vittime o carnefici, senza nessun ripensamento sulle posizioni assunte. Il popolo invece è un sottofondo e nello stesso tempo il filo conduttore di quegli avvenimenti. Per questo agisce dietro uno schermo, sul quale vengono proiettate, come ombre cinesi, tutte le manifestazioni più significative quali la nascita, la processione, la festa e la morte. A unire tutto ciò, è la musica. Vengono pertanto proposte ninne nanne, canti sacri, popolari, ballate, canti politici, lamento funebre ecc. Da qui la presenza di un'orchestra, di un coro e di una banda musicale. La particolarità di questo genere di lavoro è che esso, più che letto, va ascoltato e visto. Ci sono paure, ritmi, atmosfere, colori e sonorità che, per quanto espresse, la carta stampata non riuscirà mai a rendere. Si è cercato di ricostruire per i personaggi "cólti" un linguaggio che avesse, per quanto possibile, la retorica del tempo, mentre per i personaggi del popolo si è fatto ricorso di tanto in tanto al dialetto, traducendolo ove appariva di difficile comprensione. (Pietro Basentini) I PROTAGONISTI Francesco Maffei (vinaio): rappresenta uno spaccato del popolo, quel popolo formato da maestri di bottega, piccoli commercianti, artigiani, spesso depositari di una cultura analfabeta; gli altri sono contadini, fittavoli e braccianti. Francesco, della Rivoluzione francese, ne ha sentito appena parlare. Non conosce le reali motivazioni che hanno spinto le città verso la Repubblica. Per lui Borboni e Giacobini sono la stessa cosa perché è solo Dio, il destino, a dettare le regole del gioco. Giovanni Andrea Serrao (vescovo di Potenza): pensa di avere agito secondo un progetto divino. Anche l'aver aiutato i potentini a darsi un governo faceva parte di quel progetto. Nulla accade senza la volontà di Dio, anche la sua morte. È stato un prelato grintoso, cólto, stimato e temuto, pronto a combattere il lassismo della Chiesa, a influenzare una parte del clero potentino alle idee repubblicane, a scacciare le nubi che hanno offuscato la fede. Di cultura giansenista, è molto vicino alle origini del primo cristianesimo. La contessa Loffredo (moglie di don Francesco): non crede nei valori della Rivoluzione francese, anzi li ritiene responsabili di tutte le scelleratezze che si verificano in quel periodo. I Loffredo, tempo addietro, avevano accolto nel loro palazzo i Liberi Muratori che costituirono a Potenza la prima loggia massonica. Essi però non aderiranno alle posizioni radicali della Massoneria, quando la maggior parte dei suoi membri da filo-borbonica diventerà repubblicana. Francesco Lomonaco (rivoluzionario): lucano di Montalbano Ionico, è uno degli intellettuali più lucidi del suo tempo. Importante fu la sua formazione culturale nell'ambiente napoletano ove strinse amicizia fraterna con Mario Pagano, Francesco Conforti, Domenico Cirillo e altre forti personalità che in quel tempo operavano a Napoli sotto l'influenza dell'abate Genovese. Fu acerrimo nemico dei Borboni e lo divenne anche dei francesi che una volta aveva sostenuto. Crede nella Resurrezione dell'Italia una e libera. Da molti viene considerato il precursore di Mazzini. Zi' Brigida Fasulo (moglie del Maffei): collabora col marito nella conduzione di una bettola. Tipica donna potentina, vivace, intraprendente, curiosa e senza peli sulla lingua. Da sola è capace di tenere a bada i clienti. Non ha consapevolezza di quanto sta succedendo. Giudica gli uomini dalle azioni e non dalle idee. Ascolta nella sua cantina I'infame Capriglione che annuncia per l'indomani l'uccisione dei fratelli Addone, i quali grazie a lei, poterono salvarsi insieme ad altri giacobini consentendo, anche se per poco, il ritorno della Repubblica a Potenza. Nicola Addone (barone): è fra i protagonisti della rinascita della Repubblica a Potenza. I fratelli Basileo e Nicola Addone sono ricchi proprietari e figure di rilievo nella Massoneria. Quando si videro concretamente minacciati, organizzarono un agguato contro la ban- da di Capriglione uccidendone tutti i componenti e ripristinando, anche se per poco, la Repubblica a Potenza. In seguito Nicola, che fu il più compromesso di tutti, si ritirò in Francia, a Marsiglia, insieme ad altri esuli della Repubblica Napoletana, per rimpatriare quando furono condonati da Giuseppe Bonaparte tutti i reati di Stato. Sotto il Regno dei francesi fu incaricato Ricevitore Generale per conservare poi lo stesso posto in seguito, anche sotto i Borboni. Il suo intervento in questo lavoro non è altro che una cronaca dettagliata di quell'eccidio. Il popolo: è presente poche volte sul palcoscenico. Per lo più si intravedono le ombre dietro lo schermo quando partecipa a scene come processioni, feste, fuochi pirotecnici, canti religiosi e non, lamenti funebri ecc. Una parte del popolo, priva di qualsiasi coscienza civile perché diseredata, affamata, emarginata, è disposta, a fasi alterne, a inneggiare una volta al sovrano borbonico e una volta alla repubblica: sono i così detti farfariedd' (farfalloni), capaci di cambiare opinione nel giro di poco tempo. Questi comportamenti vengono espressi dall'ironia dei canti e dalla gestualità misurata, ma non repressa. IL REGISTA Pietro Basentini mi affidò il copione di questa sua opera circa tre anni fa. Venne a farmi visita un giorno, me lo consegnò, poi si sedette e me lo lesse tutto d'un fiato. Era evidente che volesse coinvolgermi in un possibile allestimento ma, com'era suo stile, non me lo chiese e la cosa finì lì. Dopo qualche tempo il copione riemerse dagli scartafacci della scrivania e la sua vista cominciò a inquietarmi. Sentivo il dovere di tentarne la messinscena. Mi spaventava però la complessità dell'allestimento: la banda, l'orchestra, il coro, il popolo, il funerale, le processioni. Contribuire a rispolverare i fatti della nostra storia è il motivo primo che da sempre mi spinge a operare e quel copione risultava assolutamente in linea: dunque non avevo alibi. Con questa commedia musicale, Pietro Basentini ha vinto nel 1999 il primo premio al concorso indetto dalla Regione Basilicata per il bicentenario della Repubblica Napoletana con la seguente motivazione: "Il lavoro si fa apprezzare per la capacità di sintetizzare il punto di vista storiografico ed il punto di vista etnomusicale. In secondo luogo la commissione rivela che la composizione, costruita su piani diversi, riesce a fondere ritmi, sonorità e atmosfere". Ringrazio la famiglia Basentini per averne autorizzato l'allestimento e tutti coloro che hanno contribuito alla sua realizzazione. (Dino Becagli)