lineamenti di sociologia

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lineamenti di sociologia
DARIO REI
Settembre 2005
LINEAMENTI DI SOCIOLOGIA
Questa dispensa ha lo scopo di presentare la sociologia agli studenti del primo
anno dei corsi di Scienze Politiche
Va integrata con la conoscenza e lo studio dettagliato di
-Arnaldo BAGNASCO,
Marzio BARBAGLI, Alessandro CAVALLI,
Elementi di
sociologia, Il Mulino, Bologna, 2004
--Paolo JEDLOWSKI, Il mondo in questione. Introduzione alla storia del pensiero
sociologico, Carocci, Roma,1998,2003( 7 ed.)
Sociologia e scienze della società
Che cos’è sociologia
Sociologia è la(una) scienza della società.
La società è i) il luogo della socialità, ossia della vita sociale umana, ii)
individui gruppi strutture e delle loro relazioni .
insieme di
La società è considerata dalla scienza sociologica sotto diverse prospettive.
-la scala : macrosociologia:la società nel suo insieme ; microsociologia: legami
elementari e relazioni di vita quotidiana ; mesosociologia (meno frequente ) : le
strutture intermedie, le organizzazioni;
-il tempo :s. sincronica: la società in un tempo dato, s.diacronica: la società nel
passare del tempo; la diacronia avvicina la sociologia alla storia: sociologia storica
-il cambiamento : perché la società permane, dura(statica sociale); perché la società
muta(dinamica sociale)
-il numero : una società,in genere nazionale;
spazio ( s. comparativa).
piu’ società diverse nel tempo e nello
Per scienza si intende una conoscenza regolata,
basata su osservazioni e
teorie.L'individuo sociale non è un sociologo scientifico, ma nella sua vita pratica fa
sempre esperienza della società. Questa esperienza fornisce la base della scienza
sociale. Il sociologo non può' accontentarsi di ripetere
ciò l'esperienza sociale
suggerisce. Come dice Peter L.Berger ,
Invito alla sociologia,1967, la scienza
sociale deve
essere
oltrepassamento della vita sociale pratica, deve andare
oltre ciò agli individui sociali che appare "ovvio".
Per pervenire a teorie sociologiche occorre formulare delle ipotesi sulle relazioni
fra fenomeni osservabili, da sottoporre a prova empirica; le genaralizzazioni
empiriche verificate sono la base per la formulazione delle teorie. Le -T.”di medio
raggio”(middle-range:Merton
riguardano delle aree
del
sociale:
ad es.la
burocrazia,la scienza, l’organizzazione, il potere, la comunicazione. Le teorie
”generali” : concernono le leggi di composizione e funzionamento della società, i
modelli astratti validi per ogni tipo di società.
I metodi e le tecniche
La conoscenza sociologica comporta scelte di metodi e impiego di tecniche.
I metodi
si dividono comunemente
in quantitativi e qualitativi. I metodi
quantitativi tendono a misurare comportamenti ed atteggiamenti di popolazioni e di
gruppi, definendo le variabili da considerare e i valori-modalità- che esse possono
assumere. L’elaborazione dei dati comporta l’analisi delle frequenze di ogni singola
variabile,
l’incrocio(cross-tabulation) di due variabili(analisi bi-variata) o piu’ (analisi
multivariata) e correlazioni statistiche più complesse, che misurano la forza di
relazione fra variabili e la loro causazione o interdipendenza.
I metodi si applicano a tutta la popolazione(censimenti) o a campione rappresentativi
della popolazione (inchieste campionarie, surveys).
Le tecniche adottate sono l’intervista attraverso questionario interamente
strutturato(a domande chiuse con modalità predefinite) ,o semistrutturato ( con griglia
di domande aperte, da fare oggetto di successiva codifica ed elaborazione).
Una tecnica quantitativa è anche la cosiddetta analisi del contenuto( classificazioni
di quanto compare sui giornali, alla televisione, per tempi,temi, sequenze ecc.)
Sono qualitativi i metodi che utilizzano informazioni di carattere narrativo e ne danno
delle interpretazioni. Questi
metodi
raccolgono e tipizzano informazioni su
comportamenti atteggiamenti ecc. attraverso il contatto personale diretto e indiretto
con individui, gruppi, comunità.
Strumenti tipici sono:
-osservazione partecipante(aperta/coperta)
-raccolta delle storie di vita(life-histories), narrata direttamente o secondo una traccia
prestabilita
-uso di documenti personali(es.lettere)
-altre tecniche come lo shadowing , i focus groups , gli esperimenti etnometodologici.
Un esempio di impiego dei metodi è la sociologia applicata alla analisi dell’opinione
pubblica.Essa
impiega sia
metodi quantitativi( sondaggi su campioni
rappresentativi della popolazione ) sia metodi qualitativi, ad esempio
i focus
groups. I focus groups sono piccoli gruppi di
discussione tematica, che fanno
emergere gli orientamenti le aspettative, le visioni,
di segmenti di popolazione
ritenuti portatori di opinioni significative.
Sociologia
e scienza
In che senso e modi la sociologia è una scienza?
Per rispondere a questa domanda è utile ripercorrere la ragioni storiche di
affermazione della scienza moderna, che è stata innanzi tutto “filosofa naturale” ,
ossia scienza della natura.
Il sociologo Robert King Merton, nel lavoro giovanile(1938) tr.it. Scienza, tecnologia
e società nell’Inghilterra del XVII secolo, Angeli,Milano 1975) riprendendo Weber
rileva la forza legittimante dell’etica puritana nel promuovere la conoscenza della
natura: per un fine religioso (testimoniare la gloria del creatore) e un fine pratico(
costruire
dispositivi, macchine e artifizi tecnici a servizio della emergente
borghesia mercantile. L’ affermazione del sapere scientifico e tecnologico attraverso
l’industria favorisce la laicizzazione delle istituzioni politiche ed amministrative. Nello
stesso verso andrà la formazione della sfera pubblica e della pubblica opinione; e
poi la diffusione della istruzione obbligatoria e della formazione professionale,
come requisiti funzionali per la costruzione di una classe lavoratrice competente per i
nuovi compiti produttivi.
Da
Merton la sociologia della scienza deriva
i temi dell’ethos ( valori che
orientano e controllano l’attività degli scienziati),della comunità scientifica( gruppo di
pari autoregolata) e della democratizzazione(la scienza come forza di cambiamento
in una società aperta all’innovazione).
Lo
storico della scienza Thomas S.Kuhn ha ripreso il concetto mertoniano di
paradigma e ne ha fatto il criterio per distinguere le fasi normali di vita del sapere
scientifico(la
scienza “normale” contenuta entro il paradigma) e la fasi delle
“rivoluzioni” la rottura in astronomia tra Tolomeo e Copernico:v.T. Kuhn La
rivoluzione copernicana, tr.it. Einaudi,1972). Ciò
significa che la comunità
scientifica gestisce la scienza normale, e ne determina i confini, le anomalie e i
cambiamenti secondo logiche interne: non si darebbe scienza,
se il
giudizio
cognitivo venisse demandato all’esterno della comunità degli specialisti, per
esempio nel potere politico, religioso, economico.
La contestazione degli anni 60 e 70 propose una immagine sociale t negativa
della scienza, come apparato sociale di potere e consenso ideologico. Bourdieu
(The specificity of the scientific field and the social conditions of the progress of
reason”in Social Science Information,n.14,1975) delinea così
la scienza come un
campo sociale che è specificamente orientato alla conoscenza, ma non si sottrae a
strategie di controllo, carriera e potere. Nella società contemporanea secondo B.,
è
ormai prevalente l’obiettivo di contenere l’innovazione entro i limiti del capitale
scientifico dominante; il paradigma non ammette più rivoluzioni.
Sociologia come scienza
L’ ultimo Bourdieu ricupera
la distinzione fra il contesto della scoperta( come e
per quali vie uno scienziato giunge a formulare la sua verità) ed il contesto della
giustificazione(su quali basi la verità scientifica viene sostenuta ed accettata). In
Il
mestiere di scienziato, tr.it. Feltrinelli Milano,2003( il
corso tenuto al Collège de
France nel 2000-2001 è l’ ultimo lavoro di B. morto nel 2002) B. sostiene che la verità
è un prodotto umano e si genera nel tempo e nella società, ma da ciò non si ricava
né una idea trans-storica della verità scientifica né una visione relativista . Infatti
, se da un lato
la produzione di conoscenze deriva dal gioco di forze in scontro,
dall’altro il prodotto(la scienza)è “una costruzione che fa
emergere una scoperta
irriducibile alle condizioni sociali che l’hanno resa possibile”(p.90). Il prodotto della
scoperta, essendo
irriducibile alle condizioni sociali che l’hanno resa possibile, fa
emergere delle
verità, che non sono assolute, cioè trans-storiche, ma neppure
storicamente occasionali cioè assolutamente relative. E’ l’idea
che la verità
scientifica sia relativa (agli sforzi per produrla) ma non relativistica( ossia dipendente
in modo totale dalla storia e da poteri esterni alla sua produzione.
Anche in sociologia si è di continuo chiamati a distinguere fra sapere d’opinione e
sapere fondato(se non si vuole accedere al mot d’”esprit secondo cui il sociologo
‘parla di cose che tutti sanno in un linguaggi che nessuno capisce”). Se si contesta
alla sociologia lo statuto di scienza è perché:
i) si pensa che una conoscenza scientifica della società e dell’uomo-che-vive-insocietà non sia realmente possibile (era la posizione tradizionale dell’idealismo
italiano, per esempio di Benedetto Croce) ; oppure
ii)si pensa che tale conoscenza si dia attraverso altre scienze, ad esempio
l’economia; scienze che in genere
negano l’ esistenza di un
oggetto sociale
distinto dall’azione degli individui : “there is not such a thing as society”-. E’ una
posizione critica che risente di un pregiudizio ideologico ,
in quanto considera il
mero riconoscimento dell’ oggetto società come equivalente alla affermazione di
una specifica filosofia politica su un certo dover-essere sociale. Come se il giudizio
di fatto(“esiste una società”) fosse un giudizio di valore (“ tale società deve essere
costituita in questo e questo modo”).
Vale per la sociologia il principio della autonomia condizionale del sapere scientifico:
valore che deve essere tenuto al riparo da ingerenze (a base religiosa, politica,
religiosa, mercantile) , che pretendono di dettare dall’esterno le condizioni della
verità scientifica, senza rispettare il metodo ed il linguaggio che sono essenziali al
discorso scientifico stesso.Ciò significa respingere l’idea della “inferma scienza”(
termini con cui Benedetto Croce liquidava la sociologia di matrice positivistica) senza
negare che essa appartenga al novero delle “scienze imperfette”(non-esatte), che
possono anch’esse servire. E che tra le sue fonti, oltre a quelle fornite dalla ricerca
empirica e dalla teorizzazione,figurino anche fonti non convenzionali, ossia prodotte
da attori sociali, gruppi e movimenti,dinamiche dell’ opinione pubblica e della società
civile,nei loro processi di formazione storica.
La genesi della sociologia fra Sette e Ottocento
Prima di essere scienza di osservazione, la sociologia è stata riflessione teorica ed
analisi della società uscita dalle due rivoluzioni della modernità:
a)
la
rivoluzione
economica:
industria
manifatturiera
e
capitalismo
industriale(Inghilterra 1780-1830);
b) la rivoluzione politica, nelle sue due versioni: liberale costituzionale federale( Stati
Uniti di America, 1776-1865, fine della guerra di secessione); repubblicana
democratica nazionale(Francia 1789-1848).
Gli autori classici della sociologia si collocano nel periodo 1770-1890
Per
Adam Smith(La ricchezza delle nazioni,1776), la società è un aggregato di
individui che perseguono il proprio interesse sulla base delle proprie preferenze.
Dall'azione aggregata di individui "egoisti" deriva il benessere collettivo(principio
della mano invisibile). La convivenza sociale si fonda sulla naturale simpatia fra gli
individui e sulle regole di ordine, che vanno garantite dal potere pubblico a difesa
delle libertà naturali fondamentali degli individui : di pensiero religione proprietà e
contratto.
Jeremy Bentham proseguendo Smith nell’ utilitarismo , sostiene che alla base della
convivenza sociale vi è il perseguimento della utilità individuale(massimizzazione del
benessere e diminuzione della infelicità).L'utilità sociale è “la massima felicità
possibile del maggior numero possibile di individui.”
Il concetto di società industriale si deve a Saint Simon(1825) .Il suo allievo Comte nel
positivismo prevede
l'ordine sociale futuro apportato dalla società industriale .
L'industria è il prodotto del
passaggio della conoscenza umano allo stadio
scientifico ossia positivo.La sociologia è l’ultima delle scienze: scienza positiva
della società(fisica sociale), che fonda una nuova morale sociale : umanitaria e
cosmopolitica. La nuova società sarà governata da industriali scienziati e
organizzatori , capaci di combinare i principi di ordine stabile e di progresso
dinamico. Nel XX secolo questa prospettiva sarà chiamata tecnocrazia.
Al positivismo comtiano risale l’interesse per il rapporto fra progresso delle
conoscenze e mutamenti dell’ordine storico-sociale, che configura la sociologia come
scienza sociale dell’industrializzazione a base scientifica.
A.De Tocqueville (De la democratie en Amerique,1835 ) considera l’uscita dall’ Ancien
Régime aristocratico come l’avvento di
una democrazia di individui
in
competizione fra loro . La terra tipica di questa democrazia di massa sono gli Stati
Uniti, in quanto società di emigrati di provenienza europea che si pone fuori dei
tradizionali schemi di deferenza e gerarchia .Negli Stati Uniti è piu' forte rispetto
all' Europa l'impatto dell' associazionismo volontario e piu'
debole la sovranità
centralizzata dello stato.Tocqueville denuncia anche i rischi di una “tirannia dell’
opinione” ,ossia di un conformismo che comprime le minoranze politiche e culturali.
Ferdinand Toennies(1887) considera l'avvento della società moderna
come
un
passaggio dalle relazioni sociali di comunità ( Gemeinschaft) a relazioni sociali di
società (Gesellschaft). Nella comunità,
le relazioni sono dirette, primarie, faccia a
faccia.La volontà dell'azione è dominata dal sentimento.L'appartenenza ingloba gli
individui in entità chiuse:
villaggio rurale, chiesa, etnia. Nella società, le
relazioni sono indirette, la volontà è riflessa e calcolante.L’
appartenenza è
frammentata per cerchie, come nello stile di vita urbano. Le istituzioni economiche
sono il mercato ed il commercio, il diritto generale imposto dallo stato nazionale
abolisce le consuetudini locali frutto della tradizione.
La formazione della società moderna
Sinteticamente possiamo dire che oggetto tipico della sociologia è la società
industriale. Essa è l’esito di un
cambiamento
avvenuto in primo luogo nella
dimensione economica: progresso tecnologico, organizzazione di imprese, crescita
della produzione manifatturiera ,del reddito, dei consumi ecc.
La società industriale segna l’avvento del mercato, come istituzione economica
che si separa dalle altre istituzioni sociali (famiglia, comunità, chiesa, politica ecc.) e
si rende sempre piu’ autonoma dalle altre istituzioni. Questo non abolisce ma rende
marginali le forme di relazione economica che precedono il mercato o se ne scartano
: autoproduzione, baratto, dono, furto, rapina, distribuzione diretta da parte della
comunità, assegnazione da parte di un governo.
Il mercato è fondato sullo scambio di beni e servizi che assumono la forma di merci,
e si effettua senza vincoli precostituiti di natura sociale e politica. Per Weber, il
mercato capitalistico è il risultato di una peculiare etica dell’impresa e del lavoro,
che deriva dal protestantesimo del XVI-XVII secolo, e si è via via separata dalla sua
matrice religiosa . Per Hayek il
sistema
piu’ efficiente di informazione e
regolazione dell’economia, in ogni caso il modo piu’ pratico di procurarsi beni e
servizi utili. Per altri un dispositivo tecnico , moralmente innocente o “non in
contrasto con le norme delle principali religioni” (V. Luciano Gallino, Mercato e
società, in Enciclopedia del Novecento, suppl.II Volume XI,pp.200-211).
L’ industrializzazione è parte di un cambiamento strutturale detto modernizzazione,
che si presenta sotto tre dimensioni connesse:
-economica; politica: unificazione del territorio e dei mercati interni da parte degli
stati nazionali ;unificazione giuridica e burocratica; regolazione dei commerci
internazionali; guerre di indipendenza nazionale e guerre di conquista coloniale; culturale: secolarizzazione delle tradizioni mitico-religiose, affermazione del sapere
scientifico e tecnologico, diffusione della scuola e della formazione professionale,
formazione della sfera pubblica e della opinione pubblica.
Una
società è tanto più modernizzata
quanto pìù è : complessa, urbana,
industriale, con forte divisione del lavoro, con un controllo sociale formale di leggi
e amministrazioni. Eterogenea del punto di vista culturale, orientata al futuro,dà
valore al cambiamento, ha fiducia nel divenire storico che concepisce come
progresso.
In base a questi criteri diventa plausibile chiedersi quanto la società attuale sia(sia
ancora,stia divenendo)moderna o modernizzata.
Lessico sociologico
Cultura
Risale a Tylor(Primitive culture, 1871) l’idea che la
cultura di una società è un
insieme di modi di conoscere, sentire e agire, che si manifesta soprattutto nelle
abitudini condivise(folkways, mores).
La cultura adatta gli individui al loro ambiente (naturale e sociale) in quanto fornisce
loro delle
risposte stabili e istituzionalizzate ai problemi dell'esistenza. Essa
inserisce gli individui nell' orizzonte simbolico tipico della loro società,offre una
visione-del-mondo, un ethos generale di comportamento.
Elemento culturale molto importante è il linguaggio che filtra il rapporto con il
mondo esterno(si pensi alla terminologie di parentela, dei colori, degli oggetti, dei
nomi di divinità ecc.).
Gli elementi di fondo di una cultura sono i simboli ed i valori.I simboli esprimono in
modo elementare e facile a percepirsi i tratti di identità profonda
(simboli di fede
religiosa, di sovranità, di appartenenza ecc.). I valori sono conoscenze e giudizi
socialmente condivisi su bene-male, giusto-ingiusto, bello-brutto, utile-inutile,
desiderabile-non desiderabile: i valori indicano agli individui le mete condivise ed
approvate dalla società.
Possono essere comuni a tutti gli individui, o essere
propri di gruppi e sezioni particolari della società. Quanto piu'
una società è
eterogenea, diversi sono i sistemi di valori che caratterizzano individui e gruppi e
nasce il problema della coesistenza di valori(“politeismo dei valori” diceva Weber).
La cultura puo' pervadere in modo omogeneo una società(c.totale); può imporre la
visione di un gruppo dominante ad altri
gruppi
subalterni(c.dominante,
c.subalterna). La cultura di un gruppo particolare, che condivide la cultura sociale
piu' ampia, è detta
subcultura; può essere a base territoriale, professionale,
ideologica, di generazione ecc.).
L’incontro fra portatori di differenti culture produce
assimilazioni ( il caso dei
popoli colonizzati), oppure conflitti , adattamenti reciproci , ibridazioni(il meticciato
culturale), reazioni identitarie.
Quando nel confronto fra diverse culture, i valori di una sono presi come metro di
misura dei valori di altre,abbiamo le forme di etnocentrismo. Quando si ammette che i
valori hanno validità solo per chi li condivide entro una data cultura, abbiamo le
forme di relativismo.
Esistono valori universali, cioè presenti in tutte le
culture(“universali culturali”)? La domanda assume grande rilievo in un contesto di
globalizzazione.
Valori e norme
Le abitudini sociali si consolidano attraverso le norme (le norme formali e scritte, le
leggi sono un tipo di norma sociale). Le norme sono interiorizzate dagli individui e
modellano il loro comportamento. Esse rendono piu' prevedibili i comportamenti
degli individui, propri e altrui(esempio:i contratti). Può accadere che gli individui le
seguano non perché le abbiano interiorizzate, ma perché temono le sanzioni della
violazione.
Le norme sono pertanto prescrizioni che obbligano- vietano- consentono di agire in
un determinato modo. Mentre i valori riguardano le mete, le norme riguardano i
mezzi del comportamento sociale. Insieme, valori e norme compongono i modelli
normativi di una società.
Vi sono norme costitutive( le grandi regole del gioco sociale, che esprimono
direttamente i valori); regolative di attività definite); distributive, che assegnano o
prelevano risorse sociali(le norme tributarie ad es.) .Le
norme possono essere
esplicite e formali (i codici di leggi ) o implicite (il "si fa o non si fa così"). Vi sono
norme che riguardano l'intera società(tipicamente, le leggi) e norme
proprie di
specifici
gruppi(codici deontologici di una professione, codici d'onore di
associazioni).
Istituzioni
Le istituzioni sociali sono dispositivi permanenti che danno stabilità alla società:
famiglia, mercato, governo, stato, religione, scuola, scienza, difesa, giustizia, sport
ecc.
Le funzioni positive delle istituzioni sono : l'apporto alla coesione e stabilità sociale,
la riduzione dell' incertezza, la regolarità delle interazioni, la prevedibilità del
comportamento ecc. Speculari le funzioni negative: scarsa innovazione, difficoltà di
adattarsi a spinte esterne, prevalenza del controllo(ad esempio nelle cd.istituzioni
totali studiate da Goffman).
Comunicazione
La comunicazione come processo socioculturale
Rilevante importanza nella produzione, diffusione e circolazione della cultura sociale
hanno avuto ed attualmente hanno i processi di comunicazione.
La comunicazione è un processo sociale, fondato sull’ esistenza di codici che
consentono la produzione simbolica dei messaggi ed il loro riconoscimento, di
mezzi che consentono la produzione fisica dei messaggi e la loro diffusione. La
comunicazione veicola informazione, instaura delle relazioni, esercita una azione
(intenzionale e non) di influenzamento del comportamento sociale.
(Fausto COLOMBO, Atlante della comunicazione, Hoepli,2005,pp.414)
Questi diversi aspetti si ritrovano nei modelli elaborati dalle diverse scienze della C.
la misura dell’informazione è data dalla sua
Per gli scienziati dei segnali
improbabilità: quanto più è frequente, tanto meno una informazione è ricca; la quota
inutile dell’ informazione è chiamata rumore, o ridondanza.
Nella comunicazione sociale
la ripetizione e la frequenza sono invece veicoli di
riuscita, influenza, collegamento. La legge di Zipf(o ‘principio del minimo sforzo)
sostiene che un contenuto tanto più si diffonde quanto più è probabile, ossia povero
di informazione inattesa. Da qui l’uso di repertori linguistici molto semplici, parole di
uso molto frequente, meccanismi emozionali elementari ecc..
Lo zipping è la tecnica che consente la compressione dell’ingombro fisico dei files
trasformando segnali analogici in segnali digitali- digit cifra
Per la linguistica (Roman Jakobson), l’atto di comunicazione mette in relazione sei
variabili:
emittente:chi formula il messaggio usando i codici;
ricevente: chi decodifica usando i propri codici;
messaggio:ciò che viene codificato
codici (simbolici): non verbale( corpo,gesto), verbale( orale, scritto), iconico,
multiplo(audio-visuale)
canale(fisico): attraverso cui si trasmette e si riceve il segnale:contatto diretto (faccia
a faccia, discorso in pubblico), contatto indiretto (telefono,telegrafo);
telecomunicazione(stampa,affissione, radio,tv,rete)
contesto(situazione).
Il codice è stato definito da Saussure “lingua”,cioè risorsa collettiva, il messaggio è
“parola” ossia atto individuale.
Rientrano nelle scienze linguistiche della comunicazione gli studi sulla semiotica(la
cultura come sistema di segni che si comunicano) e sulla retorica(le tecniche del
comunicare volte a persuadere convincere condizionare)
La prospettiva psicosociologica ( Paul Watzlawick,Pragmatica della comunicazione)
analizza gli scopi dell’ emittente( “a che fine comunica” ;lo scopo non è
necessariamente intenzionale ) e le conseguenze sul comportamento : il principio
generale è “non si può non comunicare”.
La diffusione della comunicazione sociale
La comunicazione
assume, nella storia della stessa società e nel confronto fra
società umane diverse, una varietà di
forme e
modalità che consentono di
tracciarne la genealogia.
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società illetterate: oralità senza scrittura
invenzione della scrittura(prima) e (decisivo) dell’alfabeto(invenzione fenicia a
scopo di contatto commerciale)
società a scrittura rara( persistenza dell’oralità, analfabetismo, distinzione fra i colti
e gli incolti, diffusione della iconicità: medioevo cristiano)
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invenzione della stampa della scrittura, diffusione della alfabetizzazione,giornali,
formazione della opinione pubblica,industrializzazione
invenzione dei media di telecomunicazione: telegrafo, telefono,radio(dalla metà
dell’ 800)
mass media classici radio, cinema, televisione(1910-1960)
new media interattivi: computer,web internet (dal 1970 a oggi)
Guardando la comunicazione nei termini del rapporto emittenti pubblici, possiamo
distinguere varie forme sociali
colta o di elite: pochi che comunicano a pochi altri (soprattutto attraverso scrittura e
stampa) contenuti di elevato valore culturale
popolare: circolazione diretta (in genere orale) di contenuti di limitato valore culturale,
entro comunità sociali ristrette
di massa: pochi emittenti comunicano a vasti pubblici, con mezzi audiovisuali di
telecomunicazione, contenuti eterogenei, in genere prodotti secondo livelli culturali e
gusti dei pubblici stessi (pubblico è una molteplicità di individui che hanno interesse
per un certo argomento, programma, evento).
Le conseguenze culturali della comunicazione
Nel mondo della comunicazione sociale troviamo oggi fenomeni eterogenei come il
cinema,il design l’editoria libraria, i giornali, Internet, la moda, la musica popolare, la
radio, il teatro, il telefono,la televisione, insomma l’ambiente culturale del nostro
tempo.
Marshall McLuhan, primo teorico del cd “villaggio globale” , sosteneva che
il
medium non “ha” dei contenuti ma “è” il contenuto(“il medium è il messaggio”).
I media classici funzionano secondo registri emotivi semplici, quali paura seduzione
soggezione(stupore), divertimento, orrore.
La pervasività dell’ ambiente mediatico ha come principali
conseguenze
sull’ambiente di vita:
-la trasgressione dei confini culturali tradizionali ( fra mercato dei
beni e servizi
mercato simbolico , mercato politico )
-la spettacolarizzazione della vita (“società dello spettacolo”(Debord), “cultura dei
simulacri” (Baudrillard)
Grande importanza assume la produzione di immagine. Immagine è la percezione
che si ha di una determinata realtà(individuo, organizzazione ecc.) come esito di
comunicazioni. La cd “finestra di Johari” distingue
quattro
immagini, che
derivano da chi
la attribuisce (
noi/altri)e da che cosa attribuisce (parte
esplicita/parte nascosta): i, ciò che noi immaginiamo di noi stessi ii, l’immagine
che gli altri hanno di noi e che noi conosciamo, iii, ciò che solo noi immaginiamo
di noi a insaputa di altri iv, ciò che gli altri immaginano di noi a insaputa nostra.
L’immagine è l’equivalente mediatico del prestigio sociale,dello status che nel
passato si attribuiva a caratteristiche personali degli individui ed ai ruoli sociali
ricoperti. Oggi “ciascuno avrebbe diritto al suo quarto d’ora di notorietà”per via
mediatica(A.Burgess;è la sindrome del grande fratello non nella declinazione
orwelliana, il potere di controllare, ma in quella narcisistica, la facoltà di esibirsi).
( Cristiano Castelfranchi Che figura.Emozione e immagine sociale,Il Mulino,2005)
La socializzazione
La socializzazione indica i processi nei quali gli individui
interiorizzano individui
elementi della cultura
(valori, norme, competenze) , che li rendono "individui
sociali"?Gli elementi appresi si integrano alla personalità individuale e generano le
disposizioni permanenti (habitus:Bourdieu), che producono comportamenti e
pratiche.
Gli apprendimenti di cui la socializzazione consiste sono regolati da diversi
meccanismi
-stimolo-reazione , imitazione( behaviorismo, Pavlov)
-prova e tentativi(trial-and-error)
-costruzione di mappe mentali( cognitive,emotive)
-identificazione con altri significativi(genitori, coetanei, “eroi culturali”,divi ,sportivi,
:G.H.: Mead)
-rielaborazione individuale(cumulativa, selettiva, creativa)
I modelli normativi della socializzazione sono forniti all'individuo in primo luogo
dagli ambienti a cui
appartiene (ambiente di appartenenza : “educazione”
contadina,operaia, borghese, aristocratica ecc.). Poi da quelli a cui (l’individuo o altri
per lui) aspirano di appartenere(ambienti di riferimento: non sempre così conosciuti
per esperienza diretta, talora “imitati” nelle forme piu’ superficiali ed esteriori:v.
Molière Les precieuses ridicules). . La famiglia e la classe sociale di appartenenza
condizionano
i livelli di aspirazione degli individui e modellano la loro
propensione a permanere nella condizione in cui si trovano( “accontentarsi del
proprio status”, “mantenere legami radici e tradizioni”, “essere all’altezza della
propria condizione”) oppure ad intraprendere
processi di mobilità sociale.(“avere
successo”,”fare fortuna”, “dare la scalata al vertice” ecc.)
Fasi e agenzie della socializzazione
Nelle diverse fasi della vita, la socializzazione è primaria(famiglia, scuola); secondaria
(formazione ai ruoli adulti lavorativi e famigliari);terziaria( passaggio dalla vita
lavorativa alla terza età attiva). Anticipatoria, quando prepara ad ambienti sociali
diversi dai propri(ad esempio nei processi migratori). Risocializzazione è il processo
che adatta l'individuo a passare da una condizione socialmente negativa ad una
condizione
diversa e migliore(per esempio nei processi di uscita dalla
tossicodipendenza, dal carcere ; o in modo meno totale, il passaggio (riconversione)
da una sfera di attività economica ad un’altra.
Operano in ogni fase e con diversa efficacia le agenzie
di socializzazione: la
famiglia, la parentela, la scuola, il gruppo dei pari ,le chiese, le associazioni, le
aziende, i media. Quindi il processo di socializzazione non ha mai una coerenza
totale, perché le diverse agenzie operano in modo piu’ o meno consonante o
dissonante o, e producono integrazioni e/o
conflitti famiglia vs.scuola, scuola
vs.lavoro, insegnanti vs.gruppo dei pari ecc.. Anche l’individuo puo’ essere agente
della sua socializzazione. Cio’ si
apprende /disapprende per esperienza,segna nel
corso della vita un itinerario che è irreversibile(soprattutto per quanto concerne la
socializzazione primaria) ,ma anche ristrutturabile da parte dell’individuo.(Una
testimonianza letteraria di ciò sono i romanzi di formazione (Bildungsroman).
La socializzazione mediata è quella realizzata da agenzie formali, che propongono
modelli normativi coerenti, fondati sulla trasmissione di un patrimonio socioculturale
certo e definito. In essa è forte
l’identificazione con la classe di provenienza, ed
efficace l’impatto del capitale culturale famigliare. Questo stile di socializzazione si
basa sulla forte identificazione dei soggetti con il proprio ambiente sociale di
appartenenza . Si attende che i valori socioculturali trasmessi siano interiorizzati da
parte dei destinatari, e svolgano una azione orientativa e
filtrante nei confronti
degli ambienti informali e della esposizione ai media.
La socializzazione immediata avviene attraverso l’esposizione ad agenti informali, il
gruppo dei pari, i media, la Rete. Ha un carattere piu’ intermittente, e basato su
aggregazioni spontanee e caotiche.
La socializzazione mediata è piu’ organizzata e stabile; puo’ limitare l’autonomia per
eccesso di direttività, incoraggiare il ritualismo e il conformismo.
La socializzazione immediata favorisce flessibilità e prontezza agli stimoli, può
determinare instabilità e disorientamento, debole interiorizzazione di norme.
(V.Mario MORCELLINI, Socializzazione :ultima fermata! Formazione modernità mass
media, in “Studi e Informazioni IRRES”,n.17,1994,pp.7-19; anche in Passaggio al
futuro,Angeli,Milano 1998)
L’oscillazione fra i due stili di socializzazione connota in particolare il rapporto fra
generazioni giovani e agenzie educative. Un Rapporto Fondazione Censis(,ottobre
2002), divide la popolazione italiana in 5 gruppi di utilizzatori
-marginali(9,1%) : 1 media(nel 99,2% tv) per abitudine e compagnia
-poveri (37,5%) :2-3 media, rapporto costante (nel 29% esclusivo) solo con tv,per
abitudine,svago, interesse
-medi (36,5%) :4-5 media, usati normalmente, centrale la televisione(per svago,
informazione)
-onnivori (14,8%) : 6-7 media (98,7% tv, 78% giornali quotidiani 70% internet):
soprattutto giovani maschi adulti
-pionieri( 2,3%) :tutti i media (99,1% radio e quotidiani,98,2% tv, 97,2% computer)
Le conseguenze della ampia
esposizione giovanile ai media
analizzate in
G.Roberti, Mediamente giovani,Bulzoni,Roma,2005
prefaz.di M.Morcellini sono le
seguenti : caduta delle dimensioni di impegno pubblico,politico, associativo formale;
centralità della dimensione emotiva e sentimentale legami deboli mantenuti con
segnali scambiati via cellulare e chat line, , ubiquità della musica, prevalenza
dell’oralità sulla scrittura” pesante”. La condizione giovanile si connota come uttile
e mimetica, ma anche confusa e ripiegata sul presente(Diamanti). Cio’ è problematico
per i nuovi adolescenti “un po’ afasici un po’ insolenti”(Charmet) se sono lasciati
più soli nell’ affrontare i compiti della loro socializzazione.
Generazioni e corsi di vita
Le generazioni (e di conseguenza i gruppi di “pari età”) sono definite dal modo in
cui una società segmenta e scandisce il ciclo di vita dei suoi componenti. Un
problema tipico della società moderna è “a che età si entra nella fase adulta della
vita”.
Le modificazioni del corso di vita socialmente definito spingono in alto nell’ età la
giovinezza , intesa come la fase della vita che non comporta assunzione piena e
definitiva di ruoli adulti, lavorativi e famigliari
Nelle ricerche italiane degli anni 60, i giovani erano compresi fra 13 e 21 anni(allora
soglia della maggiore età).
Nelle ricerche del gruppo di Pavia(metà anni 80)e IARD, i giovani sono compresi fra
15-16 anni e 24-25 anni(l’età maggiore era stata nel frattempo portata a 18 anni)
L’ Osservatorio del Mondo Giovanile del Comune di Torino considera persone fra i 14
ed i 29 anni.
Vi sono provvedimenti economici( sui giovani agricoltori o i giovani imprenditori) in
cui si è giovani fino ai 40 anni.
L’ adolescenza è la fase della giovinezza caratterizzata da un accellerato processo
di cambiamento e crescita(fisica, psicologica, relazionale). Se la gioventù è sempre
stata tempo di crisi dell’identità (Erikson), l’ adolescenza è tempo di identità
imperfette. Il venir avanti dell’età(the coming of age di cui parlava Margaret Mead
nelle sue ricerche in Samoa) apre un cambiamento faticoso e denso di incognite che
chiama gli individui ad una pluralità simultanea di compiti tutti necessari: sviluppare
identità personale, entrare in nuove relazioni con i coetanei, ridefinire i rapporti con
gli adulti significativi, definire i propri ruoli nella società generale.
Possiamo distinguere una fase mista infanzia-adolescenza(11-13 anni) una fase di
prima adolescenza(14-16), una fase adolescenza-giovinezza(17-20 anni)
Due rappresentazioni contrapposte dell’adolescenza:
-gli adolescenti sono pochi, ed attirano minor impegno di intervento istituzionale
ed educativo
--gli adolescenti sono pochi, importanti e preziosi,da coltivare con cura.
Tanto la prevalente aggregazione per ambiti informali (gruppi spontanei piccole
compagnie) come l’afflusso a non luoghi di massa( centri commerciali, discoteche,
incontri sportivi musicali ecc.) segnalano l’indebolirsi dei processi di identificazione
radicata e locale. Diventa piu’ difficile, per un associazionismo con missione definita,
agire secondo progetti espliciti trovare udienza ed esercitare impatto. Tra
socializzazione immediata e mediata si ampliano i terreni di intersezione, connessione
debole, risonanza indecifrabile.
Il passaggio alla fase di prima adolescenza coincide con la fine della scuola media
dell’obbligo e con le scelte successive di ordine scolastico, famigliare e lavorativo.
Sul piano fattuale, i percorsi
tipici sono tre:
-prosecuzione degli studi in carriere lunghe, con sbocco scolastico posticipato , in
sede scolastica lontana da casa
-prosecuzione degli studi in carriere brevi, con sbocco lavorativo diretto,in sede
scolastica o di formazione professionale prossima a casa
-accesso diretto al lavoro attraverso forme di apprendistato, lavoro famigliare
-si aggiungono i cosiddetti “invisibili” che non sono più a scuola non sono ancora
al lavoro,
risultando tutt’al piu’ iscritti a liste di collocamento .In questa
sottopopolazione si concentrano i rischi di una esclusione sociale precoce.
Il capitale sociale e culturale posseduto dalle famiglie
condiziona le scelte dei
percorsi successivi, influenza gli esiti di rendimento motivazione successo o gli
insuccessi ed eventuali disagi.
Comportamenti a rischio sono episodi relativi a: suicidio, tentato suicidio;-fuga e
tentativi di fuga;-anoressia bulimia, patologie del comportamento alimentare;comportamenti stradali spericolati , incidentalità procurata;-dipendenza da sostanze
Traccia di questionario per una indagine sulla condizione degli adolescenti nel
territorio
Famiglia
-E’ ancora vitale la vecchia famiglia rurale, o è già tipica anche in questo territorio la
famiglia nucleare del mondo industriale? o una forma intermedia fra le due?
-Si tratta di famiglie capaci di attivare e mantenere stabili reti di relazioni all’esterno,
nella comunità locale e nel territorio ?La parentela e’ ancora importante?
-La missione della famiglia e’ intesa soprattutto a
a trasmettere dall’alto beni
economici, valori culturali e principi di autorità o ha una dimensione interna
piu’
“contrattuale ? o si tratta di una
famiglia disorientata, che tende a chiudersi ed ha
difficoltà a gestire il proprio inserimento nel contesto locale?
Sociabilità
Gli adolescenti sono interessati ad aggregarsi
per ambiti informali(gruppi
spontanei, bande, piccole compagnie ) o fanno ricorso a forme organizzate,
quali
associazioni , società sportive, circoli, gruppi di volontariato ecc?
Al gruppo dei pari viene assegnato un forte valore ? E’ un luogo di esperienza
stabile, con forte capacità di identificazione e inclusione o luogo di sperimentazione
aperta da cui e’ facile entrare ed uscire?
Che presa hanno aggregazioni di massa
, come discoteche, incontri sportivi,
concerti ? Le occasioni di impiego del tempo libero in complesso sono ritenute
gratificanti o no?
Marginalità
Sono presenti situazioni di marginalità come:
Famiglie povere, prive di lavoro, con abitazioni insufficienti,con problemi di
integrazione etnica e sociale?
Famiglie assenti o pericolose, in cui si richiede l’inserimento di bambini ed
adolescenti in servizi alternativi(residenze,c.all.,affidamento ecc.)?
Situazioni di povertà visibile anche attraverso abitazioni inadeguate, sovraffollate
non igieniche?
Famiglie immigrate con difficoltà legate alla integrazione nel nuovo contesto ed al
rapporto con il territorio di provenienza?
Percorsi sociali
Quale è la dotazione di capitale culturale delle famiglie ( libri, accesso alle
informazioni, uso del computer, conoscenza delle lingue straniere ecc ?
Come si riflette
nelle scelte su scuola, formazione professionale , lavoro?
Nella scelta successiva alla fine della scuola media, quanto
contano i fattori
oggettivi-economici delle famiglie e quanto
l’attenzione verso
interessi e
propensioni dei singoli ragazzi?
Quali aspetti del lavoro futuro le famiglie vorrebbero evitare ai propri figli?
L’ ambiente sociale
Il fatto di vivere in un territorio che invecchia
modifica la condizione dei bambini e
degli adolescenti ?
li rende piu’ importanti e preziosi o piu’ marginali e lontani?
Esistono sul territorio particolari elementi di svantaggio, in ordine alla mobilità, ai
trasporti ed agli accessi ai servizi?
Il territorio quali risorse offre
per la vita di relazione,il tempo libero,la cultura?
Chi affronta problemi come la dispersione scolastica, l’ uso educativo del tempo
libero, la partecipazione dei giovani nella comunità locale?
Esistono forme di collegamento
fra servizi
operatori del settore associativo-volontario? .
sociali
istituzioni scolastiche ,
Devianza
Devianza e conformità
Il controllo sociale è l'insieme dei dispositivi con cui una società controlla l’aderenze
o gli scarti dei comportamenti individuali rispetto ai modelli normativi . Si definisce
conforme il comportamento sociale che corrisponde alle norme , difforme quello che
non vi corrisponde, deviante quello che trasgredisce norme, specialmente di divieto.
Strumenti del controllo sociale sono i premi (incentivi) e le sanzioni(punitive). Le
sanzioni sono:
totalmente interne(ad es.senso di vergogna), esterne ma
informali(maldicenza, evitazione), formali ed esplicite( inflitte da autorità). Queste
ultime hanno contenuti fisici( punizioni corporali), economici ( ammende multe), di
relazione sociale (reclusione, esilio) simbolici (scomunica rieducazione).
La
pena ha nelle diverse società valori diversi e
variabili nel tempo, che vanno dalla spettacolarità esemplare
(la “pubblica
esecuzione”) alla privazione afflittiva della libertà personale (il carcere), all’obiettivo
del reinserimento sociale(pena riparativa o restitutiva).
La devianza ha diverse spiegazioni sociologiche:
-statistica: nessuna norma puo' essere
rispettata dal 100% di una
popolazione(Durkheim: comportamento normale e comportamento patologico);
-funzionale: una norma può essere violata, ma la sanzione della violazione rinforza
il valore di cui la norma è espressione;
-culturale: chi appartiene ad una subcultura o altra cultura applica le norme di quella
cultura che sono in contrasto con le norme della società prevalente ( Cohen
Delinquent boys spiega la devianza giovanile come appartenenza a bande che sono
un contesto subculturale)
- interazionistica: il comportamento non ha una normatività sociale oggettiva, ma a
seconda dei contesti di relazioni,
può
ricevere l' etichetta (label )
di
comportamento
deviante
e lo stigma conseguente(H.S.Becker :
Outsiders).L’individuo che lo pratica assume l’etichetta e viene immesso in una
"carriera morale" deviante.
Sociabilità
La sociabilità indica i modi in cui gli individui si aggregano tra loro in forme
sociali
riconoscibili relativamente stabili. Fra tali forme troviamo
le famiglie,i
gruppi, le associazioni,le reti.
a)Le famiglie. Una
famiglia include piu' generi e piu' generazioni, in legami
sociali che passano attraverso co-residenzialità, condivisione di risorse materiali,
reciprocità affettiva. La sociologia conosce piu' tipi di famiglie: clan, lignaggi
famiglia estesa (società tradizionali); famiglia coniugale moderna(a un solo nucleo:
coppia coniugale e figli dipendenti); coppia senza figli, famiglia ricostituita, famiglia
a un solo genitore famiglia a un solo componente(unipersonale)
La tipologia delle famiglie in Italia(dati al 2000 VA 21,532,000)era la seguente (in %)
-coppie con figli 42,7
-coppie senza figli 19,2
-un solo genitore con figli 7,7
-una sola persona 23,0
-due o piu’ nuclei 1,3
-coppie con/senza figli con altre persone 3,3
-un solo genitore con figli piu’ altre persone 0,6
Per l’Istat sono coppie di fatto quelle composte da due membri(di sesso diverso) , di
cui uno intestatario dell’ appartamento e un convivente non legato da vincoli di
parentela. Risultano essere al 2001 581 mila,di cui 337 mila senza precedente
matrimonio e 244 mila con precedente matrimonio. Vi sono inoltre 378 mila coppie
ricostituite e coniugate.
b)Gruppi. Gruppo è un insieme di individui che -hanno fra loro relazioni costanti sviluppano una identità condivisa -hanno regole di condotta -svolgono azioni in
comune
Il gruppo si presenta come un insieme di individui, che agisce “come tale”
(team, squadra), secondo propri modelli di interazione e regole di condotta . Dal
gruppo gli individui
ricevono:-mutuo aiuto--scambio di risorse;-formazione di
opinioni, conoscenze, abilità; -atteggiamenti morali;-capacità di risposta a problemi e
compiti .
I gruppi si distinguono in primari –basati sulla conoscenza personale diretta face to
face, e secondari- dove tale conoscenza non è generale, o manca. A seconda del
carattere implicito o esplicito delle regole di condotta, in informali(la “compagnia
degli amici” e formali(il gruppo di lavoro previsto da un organigramma aziendale)
I rapporti tra individui e gruppo si riconducono a quattro modalità
-fusione (il gruppo assorbe e annulla l'individuo)
-leadership/dipendenza(quando vi è un individuo è centrale, e gli altri si riferiscono a
lui)
-controdipendenza (quando un individuo si colloca in posizione marginale, “con un
piede dentro e uno fuori”, vorrebbe e non vorrebbe appartenere al gruppo)
-interdipendenza (quando gli individui si riferiscono gli uni agli altri creando reticoli
complessi e mutevoli )
Il tipo e la forza delle relazioni che connettono gli individui nei gruppi sono messi in
evidenza da tecniche grafiche( il sociogramma di Moreno individua nel gruppo le
“stelle”, le “diadi”, i marginali,le “cricche” ecc.):
c)Le associazioni sono gruppi di individui costituiti intorno a degli obiettivi, che
perseguono con la loro azione. Dall’obiettivo distinguiamo le associazioni
in
economiche, politiche, ricreative, sportive, religiose , di aiuto altruistico ecc. Le
associazioni funzionano secondo regole formali (statuti, regolamenti). Quelle che si
muovono in campo economico(imprese) e politico( partiti ) assumono il carattere
più complesso di 0rganizzazioni
d) le reti sono sistemi di connessioni fra individui (reti sociali) e fra posizioni
organizzative(reti organizzative).
L’indebolirsi del carattere costrittivo(vincolante)
del legame sociale primario
favorisce la informalizzazione delle relazioni e la costruzione di reti a più elevata
contingenza (ad es. nella famiglia, nell’educazione, nelle cerchie di vita :P.P.Donati
Tra Gemeinschaft e Gesellschaft: le reti informali nella società contemporanea, in
Annali di Sociologia’,n.4,1998.).
Per le tecniche di analisi: v. John Scott L’analisi delle reti sociali, edizione italiana a
cura di Enrica Amaturo, Nuova Italia Scientifica,1998.
Sullo sviluppo della reticolarità e della connettività come sociabilità dei nostri tempi:
Albert-Laszlo BARABASI , Link.La scienza delle reti,Torino,Einaudi 2004
Le reti producono comunità virtuali. Esse non sono gruppi visibili, ma arene di
interazione e comunicazione:ad es. le comunità virtuali di utenti di internet, che
intrattengono fra loro giochi di comunicazione senza impegno di legame. Le reti a
legame debole possono evolvere in esiti comunitari (relazioni che si rafforzano, reti di
aiuto) ,in arene pubbliche ( reti civiche, movimenti a base mediatica ecc.
)particolarmente presenti in contesti di globalizzazione.
Organizzazione
Sono O. le aziende, le pubbliche amministrazioni, i partiti le chiese gli eserciti gli
studi professionali i servizi sociali ecc.
Una
organizzazione
ha una
organizzazione,ossia apparati formali che comprendono il disegno razionale dei
compiti e delle funzioni; linee di comando autorità; procedure di presa di decisione;
strutture di incentivi e sanzioni; modi di impiego e combinazione di risorse(umane
logistiche,tecniche, finanziarie)
Nella relazione dinamica con il suo ambiente l’O. mette in azione il suo
“corpo”(dispositivi, risorse, tecniche,), e la sua “ mente” (strategie, funzioni,
compiti).
Corpo e mente sono la parte emersa
consapevole dell’iceberg
organizzativo.
Importante nelle organizzazioni è la
parte sommersa, che
comprende climi e motivazioni, valori, culture, simboli , identità.
g) I movimenti sono comportamenti collettivi dinamici che combinano
relazioni
interpersonal con una cultura distintiva e li orientano al perseguimento di obiettivi.
Touraine ha indicato necessari ai movimenti l’ identità propria(definizione di valori
e di obiettivi), identità antagonistica (identificazione di avversari, “nemici”), l’
organizzazione( espressione di una leadership e dimensione strategica dell’agire ).
E’ limitativo ridurre i movimenti alla sola sfera politica,anzi sovente l’azione più
efficace dei movimenti riguarda la sfera culturale, i cambiamenti nei valori sociali,le
relazioni ecc.
Lavoro
Lavoro puo’ essere inteso come attività (tutto ciò che viene svolto di utile in una
società) oppure solo come
occupazione( l’attività retribuita, non comprendendo
quindi l’attività a base domestica ristretta e/o allargata e attività quali il volontariato
non remunerato, l’automutuoaiuto, gli scambi non monetizzati ecc.)
Forza di lavoro è l’insieme di tutti coloro che sono disposti a svolgere una attività
di
lavoro retribuito.
Comprende gli occupati e i disoccupati. Il tasso di
disoccupazione è la quota non occupata (al momento della rilevazione)della forza di
lavoro.
Dati sul mercato del lavoro in Italia(Istat 2003, migliaia)
OCCUPATI
Posizione
Dipendenti 16.046
operai 7314 impiegati 7174 direttivi e quadri 1022 dirigenti 344 apprendisti 165
Indipendenti 6008
Lavoratori in proprio 3175 liberi professionisti 1095 coadiuvanti 901 imprenditori 642
soci –lavoratori di cooperativa di produzione 196
Senza occupazione
Disoccupati 782
In cerca di nuova occupazione 2096
In cerca di prima occupazione 843
Per retribuzione il lavoro dipendente presentava in Italia (al 2003)la scala seguente(
valori medi annui migliaia di euro)
-dirigente privato 84,6 medico 50,0 dirigente enti locali 49,6 dirigente
ministeri 44,9 quadro privato 42,6 impiegato privato 23,5 operaio privato 19,4
impiegato enti locali 18,9 impiegato ministeri 17,8 ausiliario ministeri 15,9
L’ occupazione tipica del lavoro industriale dipendente è stata a tempo pieno e a
durata indeterminata. Negli ultimi anni sono cresciute forme di occupazione non
tipica, sia dipendente (
a tempo parziale, a durata determinata, con contratti di
formazione ed lavoro,con i contratti di apprendistato) sia formalmente indipendente
,con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, lavoro interinale, a
progetto, ecc. Queste modalità definite atipiche (normate in Italia dalla L.30/2003 )
coinvolgono soprattutto segmenti non centrali del mercato del lavoro(giovani sotto i
30 anni, donne, adulti a bassa qualificazione).
Occupati in Italia per tipo di contratto
Dipendente a tempo pieno 14465 (69%)
Dip.a tempo parziale 1881 (9%)
Dip.a durata determinata 1583 (7,5 %)
Di apprendistato 475 (2%)
Di collaborazione coordinata e continuativa 2392 (11,5%)
Di lavoro interinale 375 (1,8)
Di formazione e lavoro 259 (1,2%)
L’organizzazione del lavoro
L’ ’organizzazione del lavoro consiste nell’articolare i compiti e le funzioni all’interno
di un apparato che deve produrre beni e servizi.
Una sequenza storico strutturale è la seguente.
•
•
•
•
•
•
•
•
La bottega: a prevalenza artigianale e di mestiere ( produzione di parti complete
affidata a singoli lavoratori)
Il sistema di manifattura o di fabbrica( tutti i lavoratori nello stesso
luogo,scomposizione delle attività da parte di chi organizza il lavoro
il taylorismo, si è autodefinito scientific management in quanto scompone fasi
tempi e metodi della lavorazione secondo un criterio di massima produttività e
unicità di soluzione (c’è un solo modo migliore di fare una operazione:one best
way):l’organizzazione come orologio di parti a perfetto incastro
il fattore umano e le gestione delle relazioni umane all’interno dell’azienda e nei
rapporti con l’ambiente sociale esterno( dagli esperimenti di Elton Mayo fino agli
anni 60)
la crisi del taylorismo negli anni Settanta
il post-taylorismo ( toyotismo: qualità totale, organizzazioni a pochi livelli,
abolizione delle scorte e del magazzini, specializzazione flessibile: produrre ciò che
prima ha chiesto il mercato, produrre “su domanda”)
l’organizzazione come sistema culturale: la una
parte emersa e consapevole
dell’iceberg organizzativo comprende organigrammi, funzioni compiti tecniche
strategie ; la parte sommersa, che comprende climi e motivazioni, culture e
simboli , identità ed identificazione).
L’ organizzazione a rete: una rete consiste in punti(nodi)e relazioni (flussi). E’ il
modello dell’ impresa transnazionale: connessa per via telematica, non ha confini
chiusi di spazio e di tempo, è continuamente impegnata a ridefinirsi in rapporto al
proprio ambiente interno ed esterno.
Stratificazione
Diseguaglianze sociali
Un elemento di percezione comune è che in una società gli individui non occupano
posizioni di pari importanza,livello,potere.
La società si raffigura con immagini
come la scala, la piramide, il rombo, il fiasco, la cipolla, la clessidra ecc.
La stratificazione
considera appunto
una società sotto il profilo della
diseguaglianza (ossia delle disparità che intercorrono fra gli individui). Luoghi di
diseguaglianza sono la distribuzione/concentrazione del reddito, la posizione sul
lavoro, i processi di scolarità e istruzione, la salute( morbilità e speranza di vita).
La stratificazione di una società viene analizzata secondo tre parametri: 1) la
ricchezza, data da patrimonio e reddito: posizione economica;2) il prestigio( la
posizione sociale) intesa come "status", nel senso di onore, rango, importanza ;
3) il potere, ossia la capacità di “controllare” altri individui ( posizione politica,
pubblica). Il criterio del reddito è il più semplice: consente di ripartire una società in
“classi di reddito”
e di misurare la distribuzione del reddito come indicatore di
diseguaglianza sociale (indice di Gini: polarizzazione o compressione al centro,
rapporto fra la quota di reddito detenuta dal quintile superiore e da quello inferiore
ecc.)
Un individuo puo' trovarsi su strati allineati o disallineati, nell'ambito delle diverse
scale di stratificazione. Ne conseguono congruenze o squilibri. Ad esempio ha
un lavoro redditizio, ma poco prestigioso. Una attività prestigiosa ma poco redditizia.
Un reddito elevato ma privo di potere pubblico ecc. Quelle di ricchi e poveri ,colti e
incolti,
potenti e deboli, sono condizioni sociali non perfettamente sovrapposte,
anche se tendenzialmente orientate a rinforzarsi.
Una risposta agli squilibri sono i
processi di mobilitazione individuale e collettiva.
L’istruzione
La presenza delle diseguaglianze in una società è spiegata in vario modo:
-come imperativo funzionale, per la selezione dei meriti di chi deve occupare le
diverse posizioni;
-come conseguenza del potere, e conseguente giustificazione ideologica da parte di
chi occupa le posizioni superiori;
-come esito dei meccanismi prevalenti( competizione/cooptazione /ereditarietà) nel
conseguimento delle posizioni piu' elevate.
Un veicolo di mobilitazione individuale è considerato l’istruzione, ma il rapporto fra
istruzione e stratificazione sociale presenta aspetti controversi.
Nel passato delle società europee,
le competenze culturali(fornite dalle artes
liberales ai clerici ) erano perlopiù utilizzate in funzioni di
interesse sociale
e
difese da procedure corporative.
Nelle società chiuse i titoli di istruzione si riproducono entro le stesse classi(laureati
figli di laureati, professionisti figli di professionisti ecc.) . Secondo
Boudon la
diffusione dell'istruzione, attraverso la scolarità di massa,
serve alla società in
generale, ma riduce (o perfino annulla, con tipico effetto perverso) l’ effetto di
mobilità sociale per i singoli individui (“se tutti si alzano in piedi allo stadio non c’è
più vantaggio rispetto a quelli che restano seduti”). Collins sostiene che i sistemi di
istruzione favoriscono i ceti medi colti, che detengono le competenze su cui
l’istruzione si fonda; funzionano
da mobilizzatore sociale se (e solo se) tali
competenze sono
valorizzabili su un mercato professionale competitivo
o
tutelate fuori mercato da istituzioni di potere pubblico.
Gli sviluppi più recenti
assimilano l’istruzione ad un bene acquisibile sul
mercato( teoria del capitale umano), riconducendo a calcolo economico
(investimento, redditività)
le scelte relative agli studi ed allecarriere.
Long-life
learning, long-life education sottolineano invece il carattere di necessità che il bene
istruzione ha per la identità professionale e civile degli individui(l’istruzione come
capacità che non avventaggia chi la possiede, ma svantaggia chi non la possiede).
La struttura delle classi sociali
Le società antiche avevano sistemi di stratificazione chiusi e statici: caste(India,
v.gli studi di Louis Dumont); gerarchie( la triade sacerdoti guerrieri contadini dell'
antica Roma; v.gli studi di G.Dumézil). La società europea fino al ‘700 si regge su un
sistema di ordini o stati: re e aristocratici(primo stato) ; clero alto e basso(secondo
stato), borghesia: mercanti e artigiani(terzo stato). Il quarto stato sarà di
conseguenza quello dei contadini e degli operai.
Il passaggio alla società industriale modifica il criterio della stratificazione con la
formazione di
classi a base direttamente economica.
Per gli economisti
classici(Ricardo) e per Marx le classi derivano dai rapporti sociali di produzione:
rentiers proprietari, imprenditori, lavoratori. Per Weber, le classi sono aggregati di
individui che occupano specifiche posizioni sul mercato in base alla proprietà che
detengono ed all’ attività professionale che svolgono.
Per analizzare la struttura delle classi sociali,
l’ informazione di base è
l’occupazione svolta sul mercato del lavoro ( la “condizione non professionale”
concerne chi sta fuori dal MDL: bambini, studenti, casalinghe, pensionati ecc. ).
Sylos Labini (1973) individuava in Italia cinque grandi classi sociali , ognuna
composta di sottoclassi: 1) borghesia( grandi proprietari di fondi rustici e urbani,
imprenditori ed alti dirigenti di società di capitali, professionisti); 2) piccola borghesia
relativamente autonoma(urbana: commercianti, artigiani; rurale: coltivatori diretti); 3)
classi medie impiegatizie (impiegati pubblici e privati), 4) classe operaia (salariati fissi
dell’agricoltura, operai dell’ industria e dell’edilizia, operai del terziario); 5)
sottoproletariato( disoccupati strutturali, lavoratori con redditi saltuari e occasionali
ecc.) . M.Paci (1982) analizzava
la struttura sociale italiana in base alla
combinazione fra settore di
attività produttiva(agricoltura, industria, servizi
vendibili, pubbliche amministrazioni) e livello di garanzie economiche e di welfare,
distinguendo così classi "centrali" (incluse) e classi "periferiche”(marginali).
Il sociologo inglese Goldthorpe presenta uno schema di classi che riflette una
società inglese, dove è più presente la grande organizzazione.L’appartenenza di
classe deriva dalla posizione nel lavoro (imprenditori, lavoratori autonomi, lavoratori
dipendenti), e dal contenuto del lavoro( direzione, servizio dotato di forte autonomia e
autorità professionale, contratto di lavoro più esecutivo):
I Grandi imprenditori
II Professionisti tecnici dirigenti
III Impiegati di livello superiore e inferiore, addetti alle vendite
Iv a Piccoli imprenditori industriali b artigiani industriali c piccoli imprenditori
agricoli
V tecnici di livello inferiore, supervisori di lavoratori manuali
VI operai industriali qualificati
VII operai non qualificati a industriali b agricoli
Di recente, il sociologo italiano Antonio Schizzerotto offre una rappresentazione
della struttura di classe italiana che combina elementi di proprietà, educazione e
controllo sul lavoro:
1.Imprenditori : amministratori delegati e titolari singoli o associati di aziende con
almeno 15 dipendenti. Risorsa base: possesso mezzi di produzione
2.Liberi professionisti: persone che svolgono una attività intellettuale specializzata in
posizione autonoma. Risorse: possesso di credenziale educative e possesso(limitato)
di mezzi di produzione
3.Dirigenti(service class). Alti e medi dirigenti di imprese e pubbliche amministrazioni,
professioni intellettuali altamente specializzate svolte in posizione dipendente.
Risorse: credenziali educative e controllo organizzativo
4.Classe media impiegatizia: lavoratori intellettuali a livello medio-alto e medio di
qualificazione, che lavorano alle dipendenze.Risorsa: possesso di credenziali
educative
5.Piccola borghesia urbana: proprietari e coadiuvanti di piccole e piccolissime
imprese(industriali, commerciali e di servizi) con meno di 15 dipendenti, che
impiegano la loro forza lavoro(self-employers) nell’azienda. Risorse: possesso di
mezzi di produzione( in misura inferiore a C1) e forza lavoro
6.Piccola borghesia agricola: proprietari e coadiuvanti di piccole e piccolissime
imprese agricole, con 15 dipendenti, dotati delle medesime risorse di C5
7.Classe operaia urbana: lavoratori dipendenti, manuali e non manuali, , a basso
livello di qualificazione, in settori non agricoli.Risorsa: forza lavoro
8.Classe operaia agricola: lavoratori dipendenti, manuali e non manuali,
a basso
livello di qualificazione, in settori di agricoltura,caccia e pesca. Risorsa: forza lavoro
I ceti sociali
I ceti sociali sono aggregati contraddistinti non dalla funzione economica, ma
dalla comunanza di stile di vita, cultura soprattutto professionale, comportamenti di
relazione,consumo,socializzazione.
Era società di ceti la società premoderna, dove il rango determinava l’onore ed i
connessi comportamenti:” essere all’altezza della propria posizione,” noblesse
oblige”; ma anche “saper stare al proprio posto”, “non credersi diversi da ciò che si
è”. In passato la struttura di ceti presentava una forte rigidità ; oggi la collocazione di
ceto si avverte nella mobilità delle scelte di consumo, in quanto indicano non solo
dotazione economica ma stile di vita, cultura e aspirazioni.
Bourdieu sostiene che i consumi sono in funzione della posizione degli individui
nel campo sociale , la quale è determinata dal capitale complessivo- economico +
culturale, di cui dispongono. Da ciò quattro situazioni diverse (ricchi e colti, ricchi e
incolti, poveri e colti, poveri e incolti) di comportamenti di consumo( che cosa
“bevono”” mangiano” ‘leggono” “indossano” “ votano” i quattro gruppi?)
Gli stili finanziari
Una indagine Eurisko sugli stili finanziari delle famiglie italiane al 2003 rileva su
18,6 milioni di famiglie in Italia distingueva i seguenti tipi :
14,7% di nullatenenti(senza alcun patrimonio)
5,4% di indebitati ( operai artigiani giovani,di cui 5%con patrimonio superiore a
50.000 euro)
20,6% di consumatori correnti ( impiegati che hanno solo conti correnti, 5% con
patrimonio)
16,2% di ridotti all’essenziale (pensionati casalinghe: non hanno alcuna attività
finanziaria, 5% con patrimonio);
4,6% di facoltosi (imprenditori professionisti dirigenti,70% con patrimonio)
25,3% di
forti investitori (impiegati e giovani professionisti, solo il 25% con
patrimonio)
10,9% di accumulatori( impiegati :21%con patrimonio )
2,4% di previdenti ( lavoratori autonomi 18%con patrimonio)
Mobilità
La struttura delle diseguaglianze richiama i processi di mobilità: è possibile che gli
individui mutino la loro posizione rispetto a quella ereditata dalla loro famiglia,o
conseguita in tempi precedenti della loro vita?
La mobilità è il movimento degli individui lungo una scala di stratificazione:
ascendente, discendente,laterale. Essa si dice : tra generazioni quando si considera
la posizione dei figli rispetto a quella dei loro padri alla medesima età: la
modificazione delle posizioni occupazionali, dovuta al cambiamento economico
complessivo, fa sì che oggi 6 italiani su 10 non fanno piu' il lavoro dei loro padri .
Essi hanno compiuto un processo di mobilità intergenerazionale. La mobilità entro
la stessa generazione riguarda i movimenti(ad es. carriere occupazionali) di persone
coetanee. La mobilità intragenerazionale consente di misurare la fluidità di una
società, ossia la possibilità che gli individui hanno di muoversi nella stratificazione,
rispetto alla ereditarietà delle posizioni sociali, che hanno ricevuto per trasmissione
famigliare.
Quando la scala della mobilità sociale intergenerazionale
non scorre piu’
sicuramente verso l’alto,ma comincia a retrocedere,
la posizione delle
classi
medie diventa più instabile e viene intaccata ( “effetto clessidra”).
Una parte riesce a conservare
lo status raggiunto con sforzi crescenti
per
mantenere la medesima posizione.Un’altra parte avverte l’incipiente retrocessione
sociale e prova il cd.
“panico di status”(paura di scivolare, di perdere l’appiglio
della scalata).Il Il timore di processi di mobilità sociale discendente incide sul livello
psicologico di sicurezza e benessere, che , nel tempo, ha consolidato il patto fra
le generazioni.
Una
indagine
(febbraio 2004) sul
mutamento socioeconomico nella società
italiana, ha domandato ad un campione rappresentativo la percezione dei diversi
gruppi sociooccupazionali.
Un indice sintetico(peggioramento 0- invarianza 1 miglioramento 2), con la media
ponderata delle risposte indica quattro situazioni
In peggioramento netto( Operai 0,28,Pensionati 0,29)
In arretramento relativo (Artigiani 0,73,Insegnanti e professori 0,74,Impiegati privati
0,75,Piccoli imprenditori 0,77,Impiegati pubblici 0,83
In relativa stabilità( Commercianti 0,96)
In miglioramento (Grandi imprenditori 1,21,Liberi professionisti 1,22)
Politica
Tre significati di politica
La politica( politics) è l’attività sociale che concerne l’acquisizione, l’esercizio, la
contesa per il potere. Acquisizione ed esercizio del potere si pongono in
funzione
della sopravvivenza e del benessere: degli individui stessi che detengono il potere,
di altri individui, della
società
(Giovanni Jervis,
Individualismo e
cooperazione,Laterza ,2002)
Policy(plurale policies) indica un corso di azione orientato a conseguire degli
obiettivi. Vi sono policies - regolative(es.codice della strada) – estrattive(es. fisco) e
distributive ( le politiche di protezione sociale, previdenza,sanità,assistenza, e
connesse, lavoro, abitazione, istruzione).
Più recente è l’uso del termine polity , per designare la sfera della
politica “alta”
,ossia i valori e principi generali che regolano ed inquadrano l’esercizio di politics e
policy. Il livello costituzionale della politica,dove essa incontra non solo la norma
giuridica di base(Grundgesetz),ma la norma morale. Dove demokratia ed eunomia si
pongono in intima relazione.
Potere e autorità
Who rules? chi comanda ? si è domandato Robert Dahl, un grande teorico della
democrazia. Riprendendo una domanda che nella lunga durata storica si è presentata
anche nella forma “chi deve comandare? A chi spetta l’esercizio di un giusto potere?
Da Weber si usa distinguere nel potere forza ed autorità. Come forza, il potere
consiste nella capacità di A (comunque acquisita) di far fare a B quello che A vuole.
Il potere in sé è macht( forza) e violenza(gewalt). Inteso come autorità, esso si fonda
sulla possibilità di A di farsi ubbidire da B sulla base della relazione che si instaura
fra A e B, in un modo che sia A sia B ritengono legittimo. Più semplicemente
l’autorità è il potere (ritenuto) legittimo.
La relazione di autorità risponde( Weber) a tre principi tipici
: la tradizione, il
carisma, l’apparato legale-razionale sulla cui base è stato edificato lo stato moderno.
La distinzione fra potere e autorità non produce di norma problemi in contesti di
legittimazione stabile. La tensione che insorge evidenzia per contro l’emergere di
questioni di legittimazione(“cambio di regime”,”rivoluzione” ecc.)
Gli attori politici
In un contesto di stato democratico nazionale, gli attori
gioco politico sono diversi ed eterogenei ( “pluralismo”) :
che prendono parte al
Individui singoli (in quanto elettori e portatori di interessi)
Imprese, gruppi di imprese, soggetti del mercato
gruppi di interesse (sindacati, organizzazioni di categoria)
gruppi di pressione (lobbies)
movimenti;
partiti;
maggioranze e minoranze parlamentari
governi
burocrazie (pubbliche amministrazioni)
autorità e magistrature indipendenti
organizzazioni sovrannazionali
Gli attori si muovono secondo interessi e in base a valori ( ideologie, o in modo
più neutro “culture politiche”) :
idee differenti su autorità, libertà individuale,
famiglia, nazione, iniziativa economica, mercato, competizione sociale,liberazione
dall’ autorità oppressiva, eguaglianza, diritti sociali, sicurezza, giustizia ecc.
La questione di fondo che riguarda la varietà degli attori è il dilemma fra tendenza alla
omogeneità / alla pluralità.
Il termine "classe o elite
politica" che risale alle teorie degli elitisti: Michels,
Mosca,Pareto ) designa quella minoranza della società che esercita funzioni
politiche specializzate, rientrando a sua volta nella
più ampia classe dirigente
(ruling class) o elite del potere (che C.Wright Mills considerava come l’insieme
coeso dei detentori di potere politico, industriale e militare).
Le istituzioni politiche
Luoghi specializzati per l’esercizio del potere politico sono le istituzioni politiche.
Negli stati democratici a base nazionale
istituzioni sono “il popolo”( detentore
formale della sovranità), l’assemblea rappresentativa del popolo(Parlamento) , il
governo , le istituzioni di controllo e garanzia( capo dello stato, magistrature).
La combinazione delle istituzioni(il sistema istituzionale) varia da paese a paese. G.
PASQUINO( Sistemi politici comparati. Francia, Germania, Gran Bretagna,Italia,Stati
Uniti, Bononia University Press,Bologna,2003; a cura,
Capi di governo,Il Mulino
,2005) descrive cinque sistemi
1) Parlamentarismo puro Po> Pa+ Go> CS ;
Il sistema italiano, disegnato nel 1948, è una repubblica parlamentare: un Governo,
presieduto da un Presidente del Consiglio dei ministri capo dell’esecutivo riceve la
fiducia da una maggioranza parlamentare. Il Presidente della Repubblica capo dello
stato viene eletto dal Parlamento, con funzioni indipendenti di garanzia.
2) -Presidenzialismo Po>Go=CS ; Po>Pa
Il Capo dello Stato ed il Capo dell’ esecutivo sono la stessa persona,il Presidente;
ha robusti poteri,
è sottoposto ad un gioco di contrappesi; “negozia”
con il
Parlamento(Congresso) le leggi. Il Congresso viene eletto con elezioni disgiunte da
quella presidenziale, e con metodo maggioritario a un turno. Accade che il
Presidente ed il Congresso non siano dello stesso colore politico
3) –Semipresidenzialismo: Po>Cs; Po>Pa>Go
Capo dello Stato ad elezione diretta, con poteri di governo in materia di difesa e
politica estera, Primo ministro con fiducia parlamentare.
Il Parlamento viene eletto in elezioni disgiunte con metodo maggioritario a doppio
turno.Accade che il Presidente ed il Primo ministro non siano dello stesso colore
politico(coabitazione)
4) Governo del primo ministro P>Pa=Go
I partiti competono in elezioni maggioritarie a turno unico (first passed, the post);
il leader del partito vincente è riconosciuto primo ministro, con nomina del capo
dello stato. Il premier ha il potere (di fatto) di sciogliere il parlamento; può essere
sostituito in corso di legislatura, entro la stessa maggioranza, senza ritorno a nuove
elezioni( (casi Wilson/Callaghan, Thatcher/Major). Il sistema è tendenzialmente
bipartitico, è
raro che il parlamento non esprima una maggioranza assoluta(hung
parliament).
5) Cancellierato Po>Pa>Go; Pa>Cs
In un sistema elettorale misto(maggioritario e proporzionale) con sbarramento, la
maggioranza parlamentare che si costituisce dopo il voto elegge il cancelliere e può
sostituirlo con il metodo della cd. sfiducia costruttiva. Il Capo dello Stato è eletto dal
Parlamento
Partecipazione politica
La partecipazione allude a modi diversi di “stare in politica”:
“essere parte” di una comunità, gruppo, subcultura
”avere parte” di risorse collettive, agire per ottenerle
“prendere parte”(intervenire in organizzazioni ,partiti, movimenti associazioni ecc.)
Nel Novecento la partecipazione politica è stata dominata dalla presenza e dalla
funzione storica del partito politico: attore collettivo per eccellenza, che conferisce
stabilità istituzionale e riconoscibilità sociale all’agire politico.
Roberto Michels scopri' all’inizio del secolo (Sociologia del partito politico,1911)
che come ogni grande organizzazione anche il partito politico tende ad essere
governato da una minoranza che si autoriproduce (legge ferrea dell'oligarchia ).
“Non appena i nuovi leaders hanno conquistato il potere si verifica in loro una
trasformazione,
terminata la quale essi assomigliano, almeno nella sostanza,ai
vecchi leaders spodestati , come due capelli assomigliano fra loro “. Questa analisi
suggerisce la persistenza di un rapporto formale fra minoranze organizzate-masse
non organizzate invariante nel tempo. Non aiuta però a comprendere la diversità delle
basi su cui le elites fondano e giustificano il loro potere( la forza, la sacralità, la
conoscenza, la competenza tecnica, la distribuzione di risorse, la scelta da parte dei
sottoposti ecc.).
Inoltre il partito politico non esaurisce tutta
la gamma delle possibilità di
partecipazione politica. Una componente importante è
l’opinione pubblica:
concetto, nato nel 700,
che allude al sentire comune, diffuso, non organizzato,
che circonda l’agire politico e ne influenza temi e scelte. Dalla semplice opinione si
passa alle modalità di cd cittadinanza attiva (citizenry ), ossia mobilitazioni per il
perseguimento di beni di comune interesse da parte di piccoli gruppi e movimenti
organizzati. Il principio della competenza ad agire è stat di recente riconosciuto dal
nuovo testo(2001) dell’ art.118 della Costituzione italiana.
I cicli della partecipazione attiva –sia di opinione sia di azione- oscillano storicamente
da momenti di forte presenza di individui gruppi e movimenti che rivendicano ed
operano per beni pubblici e interessi generali a momenti di ripiegamento e chiusura
nelle cerchie ristrette degli interessi individuali e di cerchia privata (sul punto v. i
lavori di A.O.Hirschman).
Il rischio del conformismo passivizzante era già stato colto con molto anticipo da
Tocqueville : “se un
potere dispotico s’insediasse nei paesi democratici, esso
avrebbe certo caratteristiche diverse che nel passato: sarebbe più esteso ma più
sopportabile, e degraderebbe gli uomini senza tormentarli. Un sistema che potrebbe
sembrare paterno, ma che al contrario cercherebbe di fissare gli uomini alla loro
infanzia, preferendo che si divertano piuttosto che pensare.
Quando provo ad
immaginare in quale sembiante il dispotismo apparirà nel mondo, vedo una folla
immensa di uomini tutti simili, che girano senza posa su se stessi per procurarsi i
piaceri minuti e volgari di cui nutrono la propria anima. Ognuno di loro considerato in
sé è come estraneo al destino di tutti gli altri, i figli e gli amici più vicini esauriscono
per lui l’intera specie umana, e quanto al resto dei concittadini, non li vede: li tocca
ma non li sente. E se ancora la famiglia ha qualche significato per lui, è la società a
non averne più alcuno."(De la démocratie en Amérique ” - 1840
Robert Putnam( Capitale sociale e individualismo,Il
Mulino,2005) rileva
una
correlazione fra caduta della partecipazione attiva ed esposizione passiva al sistema
dei media. In Bowling alone,tr.it.Il Mulino 2004, osserva che: ” ogni ora in più di
televisione al giorno significa una riduzione di quasi il 10% della maggior parte delle
forme di attivismo civico, meno incontri pubblici, meno partecipazione a comitati
locali,meno lettere al congresso ecc.-p.280; chi guarda poca televisione “ ha una
probabilità tripla di avere tenuto un discorso in pubblico nell’ anno passato rispetto a
persone con eguale livello di istruzione che guardano molta tv(p.281)
Postdemocrazia?
Il relativo indebolimento dei poteri democratici formali incardinati nelle istituzioni
dello stato nazionale segnala l’ emergere di nuovi poteri - finanziario e mediatico(
sovente intrecciati), la cui caratteristica è duplice: la difficoltà degli stati nazionali di
controllarli, la loro capacità di innovare nelle forme della comunicazione politica
finalizzata all’ottenimento del consenso.
Fin dagli anni 40-50 Joseph Schumpeter( e A.Downs avevano elaborato la teoria
della democrazia come un particolare tipo di mercato e la competizione elettorale
per le cariche pubbliche come una forma di concorrenza fra imprenditori politici,
che cercano di conquistare spazi di mercato ai loro prodotti( programmi, candidati).
Colin Crouch(Postdemocrazia,Laterza 2004) e altri (Fareed ZAKARIA, Democrazia
senza libertà in America e nel resto del mondo, Milano,Rizzoli,2003, Kevin PHILLIPS)
temono l’avvento di regimi politici di “post-democrazia” nei quali :
-esistono elezioni libere ( non necessariamente corrette ) fra più competitori, ma
-si indeboliscono fortemente le garanzie
relative a libertà di opinioni
e
pluralismo delle fonti di informazione
-la politica è screditata nella sua capacità di garantire crescita e benessere per via
pubblica;
-i modelli di azione politica sono assimilati a quelli del mercato fanno saltare le
regole consolidate della distinzione fra politica ed economia.
Nell’ avvento della postdemocrazia ha un posto importante la mediatizzazione della
opinione pubblica. Il circuito televisione>politica>televisione favorisce non tanto la
fuga radicale dalla politica, quanto un modo apatico di rapportarsi ad essa,
amplificato dalla assenza di luoghi sociali che consentono una costruzione
discorsiva e interattiva delle convinzioni.L’impoverirsi della sfera pubblica
rafforza
una comunicazione politica
interessata a trarre beneficio da paure, speranze,
emozioni esistenti, se non a produrle ai propri fini attraverso messaggi fortemente
estremizzati.
Mutano le forme organizzative. Il vecchio modello di partito era rappresentabile
mediante
cerchi
concentrici(elettori,
iscritti,
militanti,quadri
locali
e
intermedi,direzione,segreteria, segretario). Il nuovo modello ha forma di ellisse: la
segreteria è in contatto diretto con professionisti e lobbisti di vario tipo,esterni al
partito;questi trasmettono al leader, figura isolata dalla vecchia struttura, i messaggi
sui temi che deve toccare( le issues rilevanti)e su come li deve presentare per
ottenere in massimo consenso ).
Strumenti di politica mediatizzata sono:
-un monitoraggio costante dell’ opinione pubblica nelle sue preferenze di voto e
gradimento (indice di popolarità) di singoli attori;
tecniche di sondaggio( focus groups)
che
evidenziano problemi e
preoccupazioni della “gente” da inserire nell’ agenda politica
-uso dei sondaggi per determinare effetto “bandwagon”(trascinamento):”salire sul
carro del vincitore”;
-curvatura-condizionamento dei media: gli “spin doctors “ (il termine spin nel
biliardo e nel tennis indica la curvatura intenzionale data alla palla) tendono a
convincere i media a dare una rappresentazione favorevole delle azioni e opinioni
della propria parte, e/o una rappresentazione sfavorevole delle azioni e opinioni
avversarie.
Antidemocrazia
I modelli antidemocratici
aboliscono il principio della elezione fra competitori, e
affermano la relazione diretta(“identitaria” )fra popolo e capo. L’essenza del
totalitarismo è
la soppressione di ogni articolazione pluralistica che generi
opposizione parlamentare e sociale.Le elezioni,se sopravvivono, vi assumono la
forma del plebiscito. Le minoranze, se sopravvivono, non vi hanno altro diritto che
di sottoporsi alla maggioranza, che esprime l’unica legittimazione dell’ autorità. In
lessico nazista, “chi appartiene alla comunità di popolo- Volksgemeinschaft- non ha
nulla da temere”.
Molta acqua al mulino dell’ antidemocrazia hanno portato le teorie elitistiche, in
quanto non interessate a differenziare fra forme democratiche e non nell’ esercizio
dell’
autorità. Democrazia come fictio juris; nel linguaggio di Carl Schmitt,
auctoritas non veritas facit legem; e l’autorità a sua volta deriva dal rapporto
immediato fra un popolo ed il suo Capo.
Anche il totalitarismo ha le sue istituzioni politiche. 1) Partito unico, che esclude
ogni competitore;2) Identificazione fra capo dello stato e capo del governo( Hitler
dal 1934). Franchismo e fascismo hanno tenuto formalmente distinte le due
cariche(monarchia/ regime), il che tuttavia non pare sufficiente- a farli considerare
come forme di antidemocrazia attenuata( autoritaria non totalitaria). Storicamente il
fascismo è stato a lungo
considerato (soprattutto nell’ambito della scuola di
Francoforte) come il precedente diretto del nazismo: “uso il termine fascismo o
autoritarismo per designare un sistema dittatoriale del tipo di quello tedesco e
italiano.Quando intenderò riferirmi in modo particolare al sistema tedesco , lo
chiamerò nazismo(E.Fromm, Fuga dalla libertà, ed.or.am. 1943;ed.it.1982,p.15,n.1) .
La categoria di totalitarismo consente di equiparare tutti i regimi che pretendono
una dominazione assoluta sulla società attraverso un partito unico ed è stata via via
impiegata a designare anche i regimi di cd.”democrazia popolare”(sovietica). Una
certa linea interpretativa(Talmon) riconduce il modello sovietico alla rivoluzione
giacobina francese ed alla concezione di Rousseau del potere popolare( per questa
via il cd.revisionismo storico è giunto a considerare i regimi totalitari di destra come
la risposta storicamente reattiva alla instaurazione della dittatura sovietica dopo il
1917). Il principale se non l’unico modello possibile di democrazia liberale sarebbe
allora
quello inscritto nel filone rivoluzione inglese-rivoluzione americana(16881789).In effetti si può osservare come la democrazia sociale del XX secolo si sia
presentata come uno sviluppo conseguente del modello liberale dei diritti civili e
politici( T.H.Marshall, Cittadinanza e classe sociale-1949- n.ed.it. 2003).
La considerazione della storia del Novecento apre all’ altro grande problema se la
democrazia liberale sia
prodotto politico tipico di una certa tradizione
culturale(europeo-occidentale) oppure costituisca
un orizzonte di riferimento
generale che può avere svariate attuazioni. Sono evidenti le implicazioni di questo
dilemma per quanto riguarda la cd “esportazione-imposizione” della democrazia in
contesti storicamente differenti( per es. India, Giappone, Cina,Medio Oriente).
All’interno della sfera occidentale esistono sistemi a democrazia fragile : per
esempio con parlamenti molto deboli(eletti su base proporzionale )e presidenti capi
del governo eletti direttamente. Non a caso questi regimi ( presenti in America del
Sud) sono ciclicamente sospesi di colpi di stato militari(Brasile,Cile,Argentina,Bolivia
ecc.)
Teorie sociologiche:olismo funzionalismo strutturalismo teorie del
sistema sociale
La matrice delle teorie sociologiche
Le teorie generali (e le scuole che le hanno proposte) si possono disporre l’asse
OLISMO-INDIVIDUALISMO , due opzioni metodologiche che risalgono rispettivamente
a Durkheim e Weber. Polarità connesse, non perfettamente sovrapponibili alla
precedente sono:
SISTEMA(monistico)-STRUTTURA(pluralistica),FUNZIONE(del sistema)-AZIONE(dei
soggetti) ORGANIZZAZIONE(di elementi) –RELAZIONE(tra individui).
Olistiche sono le teorie che considerano la società come una totalità(integrata) di cui
spiegano i caratteri (sistema, strutture, funzioni), come proprietà indipendenti da
quelle degli attori individuali.
Individualistiche sono le teorie che considerano la società come un campo in cui si
inscrivono le logiche di azione( relazione, interazione) degli attori sociali (individui
singoli e attori collettivi).
Hanno anche conseguenze pratico-prescrittive .Una cosa è vedere la società come
totalità, che esiste fuori degli individui e ad essi si impone .Oppure anteporre gli
individui come singoli attori, la cui azione costruisce la società, che non puo’
dunque
esistere fuori (contro) gli individui.
Oppure ancora trovare elementi
intermedi e mediatori fra sistema e individui nel discorso delle strutture che non
fanno sistema,del mutamento che condizione l’azione storica degli individui.
Le fonti dell’olismo; Spencer, organicismo ed evoluzione
Il riferimento olistico piu’ tipico dell’Ottocento fu la diretta analogia fra società e
organismo vivente organizzato, ossia composto di parti interrelate che svolgono
specifiche funzioni, e mantengono l’insieme in equilibrio vitale.
Herbert Spencer ,applicando alla società la teoria darwiniana,
fissò i canoni della
sociologia evoluzionistica, che dominò la scienza sociale del secondo Ottocento:
-la società è il livello “superorganico” della realtà; la realtà segue una legge generale
di organizzazione;
-le società seguono una linea storica di differenziazione ,passando da livelli semplici
e omogenei a configurazioni complesse ed eterogenee;
-l’evoluzione traccia una linea obbligata di progresso che colloca le società umana a
differenti gradi ( savagery/ barbarism/civilization: è la tripartizione dell’ antropologo
Lewis Henry Morgan)
-l’evoluzione consente di passare da forme societarie basate sulla guerra,la
predazione e la conquista, a forme societarie basate sulla produzione,i commerci,la
cooperazione volontaristica (Man versus the State: l’anarco-liberalismo di Spencer).
Il cd.”darwinismo sociale” utilizzò il principio socio-evolutivo per giustificare la
“selezione dei piu’ adatti” , sia nei rapporti fra società che all’interno della società
evoluta. (Una ripresa attuale è la cd.sociobiologia, che tuttavia considera piu’ efficace
dal punto di vista evolutivo la combinazione, fra fattori di competizione egoistica e di
cooperazione altruistica ).
Durkheim: i fatti sociali e la solidarietà
Durkheim considera la sociologia come una scienza dei fatti sociali, ossia di fenomeni
che sono collettivi, esterni agli individui ed esercitano sugli individui una forza di
costrizione (contrainte).
I fatti sociali si distribuiscono su tre livelli:
la morfologia sociale include i fatti di popolazione,insediamento,organizzazione
dell’ambiente(milieu)
la divisione del lavoro sociale include i fatti di coesione e differenziazione: la divisione
della società in gruppi, la ripartizione del lavoro, del potere sociale;
le rappresentazioni collettive sono i fatti giuridici, di conoscenza, religione,
educazione.
Se il problema dell’ordine sociale emerge con la nozione sansimoniana del sistema
industriale e con la distinzione comtiana di statica-dinamica sociale, la nozione di
solidarietà di Emile Durkheim ne è la trascrizione analitica. La solidarietà(solidarité)
attiene al modo in cui la parti sono tenute insieme nell’edificio sociale .Parti poco
numerose,molto simili fra loro, unite da una forte pressione costrittiva sono la
solidarietà meccanica. Essa è propria delle società elementari ad economia di raccolta
e di agricoltura, dominate dalla conformità,
dal peso delle sanzioni e da
rappresentazioni religiose obbliganti(Le forme elementari della vita religiosa,1912,è
uno studio sulla religione ritenuta da D. la piu’ elementare:il totemismo australiano).
Parte assai numerose, molto eterogenee fra loro, interdipendenti, sono la solidarietà
organica .Essa è propria delle società con economia commerciale e industriale, con
forte divisione tecnica del lavoro e con crescente separazione degli individui dalla
norme costringenti del gruppo.
Le rappresentazioni collettive,in entrambi i contesti di solidarietà, sono fattori di
integrazione : rendono la società autorevole per gli individui ed i gruppi che la
compongono, legittimano simbolicamente l’ordine sociale.
Come mostra lo studio sul Suicidio(1897) ,Durkheim trova nella società modernoindustriale a dominanza di stato nazionale una possibilità di non integrazione, che
chiama anomia. Non è la mancanza di norme sociali ma l’ incapacità delle norme di
garantire appartenenza:il suicidio detto anomico proprio per questo si distingue dal
suicidio altruistico(obbligatorio) e dal suicidio egoistico(reattivo, di rivolta).
.Una funzione integrativa essenziale viene attribuita ai corpi sociali intermedi che si
interpongono fra gli individui ed il potere centrale(politico-statale, economico),
sviluppando etiche particolari(associazioni, gruppi professionali).
Anche la
sociologia svolge un’ opera di educazione dei cittadini , in quanto pone su basi di
moralità razionale l’appartenenza alle rispettive società nazionali.
Malinowski: il funzionalismo assoluto
Caduto il presupposto evoluzionistico, una ripresa di analisi organicistica della
società si fonda sul concetto di
funzione. La sua introduzione nella teoria
sociologica si deve all’antropologo Bronislaw MALINOWSKI, autore di famose
indagini in Melanesia;Argonauts of the Western Pacific,1922).riedizione a cura di
G.C.Scoditti, Torino,Bollati Boringhieri,2004
La funzione è lo scopo, che un elemento sociale persegue,
e l’apporto che in tal
modo realizza per il soddisfacimento dei bisogni fondamentali(basic needs) ed il
mantenimento e la coesione della società . Gli elementi che svolgono le funzioni
socialmente necessarie sono le istituzioni: la famiglia(per la riproduzione),
l’economia(per la sussistenza ),il governo(per l’ordine), la magia( per la rassicurazione
e la stabilità psicologica: vedi i rituali della pesca d’altura), la religione (per il
simbolismo ). L’integrazione fra le funzioni svolte dalle istituzioni assicura alla
società stabilità e capacità di adattamento al suo ambiente fisico e culturale di
esistenza.
Malinowski fu criticato per avere fatto del funzionalismo una chiave di lettura
assoluta;valida sia per le società illetterate analizzate sul terreno sia per le società
storiche. Il funzionalismo privilegia il punto di vista sincronico(perché la società sta
insieme e persiste).
Il funzionalismo critico di Merton
R.K. Merton (1909-2003) critica la pretesa malinowskiana di spiegare tutti gli elementi
presenti in una società in termini funzionali(di utilità stabilità e vitalità per l’insieme).In
primo luogo per Merton le funzioni nono sono gli scopi (intenzionali)a cui un elemento
serve, ma le conseguenze(oggettive) che esso ha per il sistema sociale.
Le obiezioni di Merton al cd funzionalismo assoluto di Malinowski (e di Parsons) si
rivolgono contro i tre principi della unità, necessità indispensabilità funzionale.
Merton osserva che:
a)non tutti gli elementi mantengono l’unità del sistema (vi sono elementi che
generano conflitti e lacerazioni, come la religione nell’ Europa fra XVI e XVII secolo);
b)non tutti gli elementi svolgono una funzione,una funzione necessaria o comunque
utile al sistema(vi sono elementi a-funzionali, residui del passato, ed elementi
disfunzionali, che generano “problemi sociali” da affrontare)
c)non esiste una relazione biunivoca fra un elemento e una funzione, in quanto la
stessa funzione può essere svolta da piu’ elementi (equivalenti funzionali),e meglio da
alcuni rispetto ad altri(alternative funzionali; il progresso tecnico consiste nella
sostituzione di elementi più funzionali ad altri meno funzionali)
Infine, un elemento può avere funzioni manifeste e funzioni latenti:manifeste sono le
conseguenze oggettive volute e previste( nella danza Hopi, “far piovere”); latenti sono
le conseguenze non riconosciute e non previste(nella danza Hopi, tenere unito il
gruppo in situazioni di scarsità e pericolo).
Già nel 1936 Merton parlava di “conseguenze impreviste”(unanticipated) dell’ azione
sociale intenzionale: una teoria che precede quella dell’effetto perverso di Boudon
.Merton propone il suo funzionalismo critico come una concezione positiva ed attiva
dell’intervento sociale:la società non si può rimodellare globalmente, ma è sempre
possibile aprire nuove alternative funzionali, modificare aree del sistema, innovare
grazie alla scienza, alla politica ed alle applicazioni del sapere sociologico ai social
problems( si vedano gli studi mertoniani sulle comunicazioni di massa e la
propaganda politica in Teoria e Struttura sociale).Il cambiamento sociale è reale
quando sostituisce strutture e funzioni (anche latenti) con altre più adatte ed aperte,
in quello spirito di “neofilia” e controllo pubblico che caratterizza, per Merton,le
società a ordine democratico.
Merton critica la pretesa di costruire una teoria sociologica onnicomprensiva, in
quanto ritiene che la sociologia possa progredire solo in interdipendenza con la
ricerca empirica, secondo la lezione storica delle scienze naturali (v.Social Theory and
Social Structure, prima ed.1949,varie edizioni italiane a cura di Filippo Barbano,a
partire dal 1966).Perciò la teoria sociologica deve limitarsi a formulare teorie di medio
raggio(middle-range) che partendo dalle generalizzazioni tratte dalla osservazione,
analizzano strutture e funzioni sociali specifiche.
Un classico esempio di teoria mertoniana di medio raggio è la riformulazione del
concetto durkheimiano di anomia.Uscendo dalla dicotomia fra comportamento
normale e patologico, Merton definisce cinque tipi di comportamento sociale in base
alla relazione fra i Valori,ossia le mete(cultural goals) che la cultura di una società
propone agli individui ;e le norme, ossia i Mezzi istituzionalizzati che gli individui
hanno a disposizione per realizzare quelle mete. Si avrànno perciò il comportamento
conforme (V+ M+), innovativo( V+ M-),ritualista(V- M+), rinunciatario( V- M-) e di rivolta
(V+/- M +/- ).
Quella di Merton è dunquen una sociologia:”strutturale, pluralistica ed insieme
dualistica(struttura-cultura)”(F.Barbano)
Il concetto di sistema sociale
Un punto di arrivo della linea olistica è il concetto della società come sistema. Il
concetto di sistema sociale ha due fonti:
a) –logico-strutturale e b) biologico-evoluzionista.
a) La nozione logica considera il sistema come una totalità “maggiore della somma
delle parti”, ed analizza , l’insieme delle parti comprese nella totalità, e le regole di
relazione,composizione, derivazione
fra le parti.
Applicata da Alfred Marshall
all’economia, la nozione fu trasferita da Vilfredo PARETO alla sociologia(Trattato di
sociologia generale,1916).Trova un corrispondente nella concezione della lingua
come sistema (Ferdinand de SAUSSURE, Corso di linguistica generale,1913: dove è
chiara la derivazione da Durkheim della lingua come fatto sociale collettivo).Per
Saussure il linguaggio è un sistema costituito da elementi connessi fra loro.
L’analisi sistemica in questa prospettiva comporta:
-la individuazione delle parti che compongono il sistema
-la definizione delle regole di funzionamento delle singole parti e delle loro relazioni
entro il sistema
-la spiegazione del sistema come entità di ordine superiore alle parti
b) L’ approccio biologico-evoluzionistico al sociale fu proseguito nella . Teoria
generale dei sistemi (1935) del biologo Ludwig von BERTALANFFY .
Ogni organismo vivente è un sistema composto di parti(elementi) interrelati ,che
scambiano informazioni, materia ed energia, fra di loro e con l’ambiente.
Ogni sistema persiste in equilibrio (omeostasi) in quanto realizza un adattamento al
proprio ambiente sia interno sia esterno. , variando nel tempo(“complessificando” )
la sua configurazione per realizzare adattamenti piu’ riusciti ed efficaci.
I due percorsi confluiscono nella teoria sociologica di Talcott Parsons.
La teoria del sistema sociale in Talcott Parsons
Parsons (1908-1979) unisce la tradizione americana influenzata da Spencer e la
sociologia europea: The structure of social action, 1937,(ricostruzione del pensiero
sociale di A.Marshall, Durkheim Pareto e Weber ), The Social System 1951, Theories
of society,1967.
Per
P.,
un
sistema
in
generale
deve
soddisfare
a
quattro
imperativi(requisiti)funzionali:
-il mantenimento della sua configurazione di base(latent pattern maintenance)
-l’integrazione fra le sue parti(integration)
-il conseguimento dei suoi obiettivi(goal-attainment)
-la disponibilità di mezzi di adattamento al suo ambiente(adaptation).
I quattro imperativi funzionali sono disposti nello schema A-G-I-L- (dalle iniziali ) ,
salendo dal requisito più povero di informazione e piu’ ricco di materia-energia a
quello piu’ dotato di informazione di comando(gerarchia cibernetica delle funzioni).
L’azione umana può essere analizzata come un sistema dove:
-la cultura fornisce i valori,che danno il senso all’agire
-la società fornisce le norme, che danno regole all’agire
-lo psichismo fornisce decisioni,che motivano l’agire agli obiettivi
-l’ organismo fornisce energia e materia, che consentono l’azione fisica.
A sua volta, la società può essere analizzata come un sistema dove:
-il sottosistema culturale persegue la stabilità dei valori e la loro trasmissione
attraverso le istituzioni della socializzazione(famiglie,scuole, confessioni religiose)
-il sottosistema giuridico esercita il controllo sui comportamenti rispetto alle norme(
stato-ordinamento, tribunali, giustizia)
-il sottosistema politico assume le decisioni collettive e le realizza(government,
parlamenti, pubbliche amministrazioni)
-il sottosistema economico svolge le attività di produzione, distribuzione,consumo,
con cui la società assicura la sua sussistenza rispetto all’ambiente esterno ;le sue
istituzioni sono imprese, tecnologie, mercati.
Ciascun sottosistema a sua volta puo’ essere analizzato come combinazione di
elementi tratti dai sottosistemi superiori: l’economia ha una dimensione culturale(i
valori dell’attività economica, diversi fra occidente e oriente, sulla base delle tradizioni
religiose ecc.);giuridica(le leggi e le norme che regolano i mercati, il mercato del
lavoro,gli scambi,il diritto delle imprese ecc.), politica (la politica economica dei
governi, le policies delle grandi organizzazioni), propriamente economica(le risorse
tecniche,umane,finanziarie ecc.)
Il quadro sistemico offre, secondo Parsons, una risposta al problema dell’ordine
sociale. L’ordine sociale non è infatti il prodotto della costrizione del potere( come
per Hobbes) ma neppure un esito casuale dell’agire di individui separati che
ricercano le loro utilità( casualità degli scopi: randomness of ends). E’ il risultato di
una riuscita integrazione fra società e individui, che poggia su due pilastri:
-le istituzioni: elementi sociali ricorrenti e stabili ovvero complessi standardizzati di
valori, norme;status/ruoli e gruppi che incanalano in modo durevole cogente ed
efficace i comportamenti individuali;
-l’ interiorizzazione di valori e norme attraverso i processi di socializzazione.
Parsons: la dinamica sociale
La evoluzione societaria,secondo Parsons è multilineare, piuttosto che unilineare, e
comporta anche discontinuità e rotture. Una tendenza generale nondimeno è la
modernizzazione. Essa viene letta attraverso le pattern variables(variabili modello),
ovvero logiche dicotomiche che definiscono i caratteri della relazione sociale ( fra
Ego e Alter ):
affettività/neutralità (le professioni sono per P. una forma di azione governata da
neutralità,ovvero da spirito di “servizio pubblico” )
• particolarismo/universalismo(l’altro
come membro di un gruppo particolare, o
come portatore di diritti e caratteristiche generali)
• diffusività/specificità (la relazione basata sul “chi” è l’altro:ad es.nell’amicizia, o la
relazione implicata nel ruolo :ad es.clientela);
• qualità / prestazioni (l’altro considerato nella sua globalità
o solo nelle
capacità che interessano )
La preminenza delle modalità di sinistra connota una società tradizionalista, la
preminenza delle modalità
di destra
le società moderne. La crescente
differenziazione fra istituzioni , la specializzazione delle funzioni(la famiglia .ha
mantenuto quasi esclusivamente i compiti della socializzazione), la modernizzazione
complessiva
della società pongono esigenze di una integrazione culturale che
consente la stabilità profonda del sistema. Il livello culturale necessario non è
riconducibile ai valori di specifiche tradizioni, ma si fonda
su soglie sempre più
astratte ed universalistiche di valori e conoscenze(non solo scientifiche, ma morali e
religiose):v.T. Parsons, Credenza,non credenza e miscredenza,in Religione e ateismo
nelle società secolarizzate,a cura di R.Caporale e A.Grumelli, Bologna,1973).
•
5a)
Teorie
sociologiche:
individualimo
fenomenologia scelta razionale
interazionismo
Weber: la teoria dell’azione sociale
Passiamo ora alle teorie
che fanno riferimento all’individuo come attore/agente
sociale. Alla base di questa linea teorica si pone Max Weber(m.1920).
L’unità di analisi della sociologia weberiana è l’ azione sociale da parte di attori
individuali. Weber considera l’azione sociale come un tipo di azione umana in cui
Ego riferisce il suo agire all’atteggiamento di Alter. ”Non ogni specie di contatto fra gli
uomini riveste carattere sociale, ma solamente un atteggiamento orientato in maniera
dotata di senso in vista dell’atteggiamento di altri individui”. L’agire di Ego è sociale
in quanto include un riferimento ad Alter.
Weber distingue quattro “tipi ideali” (nella realtà empirica mescolati fra loro)di agire
sociale:
i) -l’agire razionale rispetto allo scopo( Zweck-rational): la razionalità strumentale
misura i mezzi in rapporto agli scopi perseguiti,e gli scopi conseguiti in rapporto
alle conseguenze. Nell’agire razionale rispetto allo scopo,
gli oggetti esterni del
mondo, compresi altri uomini, sono condizioni e mezzi per conseguire gli scopi voluti
dall’attore.E’ questa la razionalità tipica dell’economia, dell’ amministrazione,della
politica che calcola le conseguenze dell’agire (“etica della responsabilità”)
ii) -l’agire razionale rispetto al valore(Wert-rational): si ha quando l’attore si comporta
in coerenza a valori, a cui crede, di cui è convinto. Alla base del suo agire pone
l’incondizionato valore( religioso, etico,estetico,politico ) di cui il comportamento è
inteso essere una
manifestazione:”etica della convinzione”. E’ il comportamento
dei profeti, fondatori di religioni, artisti, leader carismatici ecc.)
iii) l’agire tradizionale :deriva dall’abitudine sociale acquisita, dal rispetto delle
convinzioni inscritte nei costumi sociali
iv) l’agire affettivo : deriva dagli stati del sentire, dalle emozioni, da elementi
meramente individuali non riconducibili a principi generali.
La metodologia sociologica di Weber
Secondo Weber, per
comprendere (Verstehen) il significato
che gli attori
attribuiscono al loro agire, non basta al sociologo la semplice intuizione o il
“mettersi nei panni degli altri “ (em-patia). Questo atteggiamento può servire nella vita
concreta; ma la scienza sociale ,anche se non può pretendere di essere oggettiva,
ossia trovare leggi,nessi causali determinati(come voleva Durkheim) , deve cercare di
essere obiettiva, cioè raggiungere delle conclusioni plausibili, che hanno probabilità
di essere vere.Occorre perciò distinguere fra giudizi “di fatto”(che attengono alla
scienza: ad esempio l’importanza di un fatto storico ha a che fare con le conseguenze
a cui esso ha portato) e giudizi di valore( che esprimono la valutazione che si dà dei
fatti. Di fronte allo stesso giudizio di fatto(“la rivoluzione francese ha portato agli stati
nazionali dell’ 800”) è possibile adottare giudizi di valore diversi e perfino
contrapposti.
Il concetto centrale della metodologia sociologica di Weber è il tipo ideale (ideale
vuol dire costruito concettualmente). I tipi ideali sono costrutti generali,
che il
sociologo estrae dai materiali della osservazione empirica( eventi storici, rilevazioni
dirette, fonti documentarie ecc.) e rende” puri” rispetto al materiale empirico da cui
provengono: sono gli schemi che consentono di comprendere le caratteristiche
dei fenomeni osservati e di esaminare le loro connessioni,i collegamenti significativi.
Tipi ideali elaborati da Weber sono ad
esempio: la città antica, il protestantesimo
ascetico, lo spirito del capitalismo, l’etica economica delle religioni mondiali, le tre
forme dell’autorità, la burocrazia moderna ecc.
Weber: la razionalizzazione
Comte e Spencer consideravano
la scienza come motore della razionalità che
avanza complessivamente nella storia, mentre
Weber (Il metodo delle scienze
storico-sociali,tr.it. Einaudi,Torino,1958,pp.345-399) distingue
l’ avanzamento che
riguarda i mezzi dell’azione storica(l’efficienza e l’efficacia commisurate ad obiettivi) e
i valori, per i quali non si può parlare di progresso unilineare . Secondo Weber
neppure la scienza e la tecnica possono essere ritenute di per sé fonte non
ambivalente di avanzamento umano;si ricordi la metafora della gabbia d’acciaio
come portato della razionalizzazione.
Al rapporto fra valori etici ed agire economico, Weber ha dedicato una famosa
analisi ( pubblicata nel 1904-5) che riconduce la genesi del capitalismo anziché a
fattori materiali tecnologici ed economici, alla peculiare etica del lavoro della
professione e del successo, che si è formata entro specifiche minoranze protestanti
(dal XVI al XVII secolo) . La connessione tipico-ideale è : etica protestante ascetica>
etica dell’ attività umana e della salvezza intra-mondana>etica del lavoro, dell’
impegno assiduo, dell’intrapresa, che sostiene l’ economia capitalistica. L’attività
economica di tipo capitalistico si afferma a partire dal 700 con la laicizzazione dei
valori protestanti originari, e poi tendenziale scomparsa di ogni riferimento etico). .
Sul nesso fra etica ed economia in altri contesti culturali, v. i fondamentali studi di
Ronald Dore sul Giappone,da ultimo : Capitalismo di borsa o capitalismo di welfare?Il
Mulino,Bologna,2001.
L’azione come interazione simbolica
Da Weber si dipartono due
linee di analisi della azione sociale: le teorie
interazionistiche e fenomenologiche ; le teorie della scelta razionale.Vediamo le
prime.
Un punto di partenza dell’interazionismo
è il cd. “teorema di Thomas”(1927) :”if
men define situations as real, they are real in their consequences”. Se si definisce
reale una certa situazione, essa avrà delle conseguenze reali”. Non importa infatti se
la definizione sia oggettivamente
“vera”, conta il modo in cui una situazione è
definita (ossia ritenuta significativa) che ha delle conseguenze osservabili. Ad es. le
conseguenze degli stereotipi,dei pregiudizi, delle rappresentazioni di sè e degli altri…
Un esempio classico fu la
radiocronaca di Orson Welles(1937) sullo sbarco dei
marziani negli Stati Uniti, che ebbe la conseguenza di sollevare una gigantesca
ondata di panico e disorganizzazione sociale.
La definizione della situazione conforma l’interazione fra gli individui. George Herbert
Mead è considerato, con Herbert Blumer,
il fondatore dell’ interazionismo
simbolico.Per Mead(psicologo sociale) il sé personale si
forma nella interazione
con “altri significativi”(bambino/genitori, adolescente/divi ed eroi sportivi mediatici)
attraverso processi di identificazione-distinzione.
Per l’interazionismo simbolico,
la vita sociale è una “messa in scena” di significati
che gli attori attribuiscono alla loro interazione con altri . I significati sono la sfera
simbolica dell’agire sociale, hanno nel linguaggio la loro manifestazione sociale più
evidente. Il
ruolo perde
la consistenza normativa che Parsons gli attribuiva,
diventa
un mero canovaccio, che gli attori
adattano ai contesti delle loro
interazioni, inserendoli in mutevoli cornici(frames) che definiscono il campo delle
interazioni stesse.
Erving Goffman (Rituali di interazione; Stigma, Asylums) analizza l’interazione sociale
come un insieme di giochi di comunicazione. Essi includono i
rituali di
presentazione del sé (ad esempio la differenza fra sfera privata- stare dietro le quintee sfera pubblica- stare al proscenio). Nell’ interazione gli attori sociali mettono in
opera
strategie di negoziato, di allineamento( convergenza nei significati) e di
distanziamento: Goffman chiama “ disattenzione civile” un comportamento (tipico
della realtà urbana e metropolitana) che evita le interazioni non gradite attraverso
presa di distanza non aggressiva, di semplice evitamento.
La teatralità dell’ interagire sociale viene esaltata dalla società di massa ad alta
densità comunicativa.
Già David Riesman negli anni 50(La folla solitaria) aveva
notato come nella società di massa la personalità sociale tipica non risponde alla
auto-direzione (inner-direction) che segue scelte autonome di realizzazione
individuale , ma sia other-directed, ossia adatti il comportamento alla immagine di
sé riflessa dagli altri e viceversa. Nel 1967 Guy Debord prevedeva
l’avvento della
“società dello spettacolo”, dove ogni azione sociale è modellata secondo principi di
visibilità e spettacolarità: all’essere sociale si sostituisce l’apparire, “se non appari
socialmente non esisti”.
La fenomenologia della vita sociale
Alfred Schutz(allievo del filosofo Husserl) delinea l’ approccio fenomenologico alla
realtà sociale. Schutz
chiama
le diverse sfere culturali della vita sociale (arte,
politica, economia, religione, scienza, vita quotidiana ecc.)
“province finite di
significati”, ossia complessi distinti di significati,
di cui gli attori sociali sono
portatori ed interpreti.
I significati che modellano la realtà sociale non sono dati oggettivi, ma sono
costruzioni sociali , codici simbolici che vengono trasmessi fino ad apparire “ovvi”
ai soggetti che li interiorizzano.
L’ atteggiamento conoscitivo proprio della
sociologia fenomenologica chiede di “sospendere il giudizio” su quanto appare
socialmente ovvio(nella vita quotidiana) per ritrovare nell’ ovvio il risultato di una
attività sociale che lo produce e lo mantiene. Il compito della sociologia secondo
Berger-Luckmann( La realtà come costruzione sociale,1966 sarà appunto di
comprendere i processi culturali in cui la realtà sociale viene costruita, decostruita,
ricostruita.
Il ciclo sociale della significazione comporta una sequenza come questa:
generazione (ad es. l’ attività del fondatore di una dottrina,religione,ideologia,del
produttore di complessi significativi )
esteriorizzazione( la formulazione e la
definizione formale, riconoscibile, stabile del
complesso dei significati generati)
oggettivazione( l’attività di istituzioni, professioni, gruppi addetti alla conservazione
e trasmissione dei significati)
interiorizzazione( l’acquisizione dei significati nella personalità degli individui che vi
sono esposti.
I significati con cui gli attori definiscono il loro ‘mondo di vita”(o mondo vitale) sono
dunque degli elementi culturali che vivono nella storia ed entrano nell’ esperienza
concreta degli individui.
Molto forte era l’interesse di Berger e Luckmann a
comprendere il senso dei processi culturali relativi al trasformarsi dei significati
religiosi( secolarizzazione
“ripresa del sacro”, pluralismo delle fedi, supermarket
delle religioni ecc.)
L’ etnometodologia
Una variante nordamericana, piu’ empirica ed operativa,
dell’approccio
fenomenologico è la etnometodologia(Harold Garfinkel, Studies in Ethnomethodology
1967).Essa analizza i modi di fare(“metodi”) del popolo, della gente nell’ambito di
comportamenti di vita quotidiana: pratiche banali( fare la fila, tenere una
conversazione), routines procedurali ( subire /attuare un interrogatorio, un esame
medico, ecc.), modi di affrontare problemi vitali (gestione dei malati terminali, degli
scambi interetnici ecc.)
Nelle interazioni di vita quotidiana una grande quantità di sapere viene data per
scontata ; le routines sono eseguite dagli attori sulla base di convenzioni tacite, di
un sapere non esplicitato o riflesso, mantenuto in un contesto di ovvietà(si fa così,
è cosi’ che si deve fare, come si fa a fare diverso?)
L’etnometodologia propone degli esperimenti ( per es. i figli che si comportano a
casa come degli ospiti estranei), metodo ripreso in trasmissioni televisive( quali
Specchio segreto o Le iene ) che sospendono la routine e perseguono effetti
spiazzanti . Lo scopo degli etnometodologi non è
divertire (anche se lo
stravolgimento della regola di solito diverte) ma mostrare l’implicito convenzionale
delle routines, ed il sapere tacito che esse comportano e le rende possibili.
Un effetto pratico è di aumentare la riflessività consapevole che gli attori hanno
delle pratiche
che eseguono.
Una ulteriore
applicazione degli approcci
interazionisti
si ha nella analisi sociologica del discorso e della
conversazione(regole di Grice).
Le teorie della scelta razionale
La Teoria della Scelta razionale (TSR) è
l’altra direzione presa dalle
teorie
dell’azione sociale nell’ambito dell’ individualismo metodologico. Essa deriva dalla
nozione weberiana di razionalità rispetto allo scopo, o razionalità strumentale( Zweck
Rationalitaet).
L’attore sociale è considerato come un agente (operatore) che mette in opera i
comportamenti piu’ adatti a conseguire i suoi obiettivi, massimizzando i propri
vantaggi(in termini di utilità e benessere). Come dice James Coleman(Foundations
of Social Theory,1990):”la TSR mette a confronto le azioni secondo i risultati attesi
dall’ attore e postula che l’attore voglia scegliere l’azione con il miglior risultato”. Per
miglior risultato si intende l’azione ottimale , che massimizza le differenze fra i
benefici ottenuti ed i costi sostenuti”.
A partire dagli obiettivi che l’attore si prefigge(del cui valore la TSR non si occupa),
l’azione è efficace,
in termini di risultati conseguiti rispetto a quelli perseguiti,
ed efficiente, in termini di risorse impiegate per conseguire i risultati.
Jon Elster ( Ulisse e le sirene) propone un modello più ampio dell’agente razionale in
cui comprende motivazioni, credenze-conoscenze e scelte.
Le motivazioni ( interessi, emozioni, sentimenti, passioni, ragioni ) strutturano le
preferenze dell’agente e le ordinano secondo una scala di rilevanza e priorità. Le
credenze e le conoscenze sono il sapere di cui l’agente dispone, ad esempio le
conoscenze sulla natura fisica, la natura umana, le cause degli eventi, il rapporto fra
le condotte ed i loro esiti (“ se faccio A ottengo B o cosa?); nel
sapere si deposita
anche l’esperienza precedente dell’ agente.
Le scelte
danno forma alla policy, ossia al corso di azione che persegue gli
obiettivi con una sequenza di attività . La policy è razionale nella misura in cui :
-consegue gli obiettivi a partire dalla scala delle preferenze;
-impiega i mezzi piu’ adatti agli obiettivi, in base ai vincoli ed alle opportunità che la
situazione f ornisce, ed alle informazioni di cui l’agente dispone.
Cosa accade in caso di
strategie di adattamento:
incongruenza fra obiettivi e mezzi? Vi sono
diverse
il modello volpe e uva: non dispongo dei mezzi per conseguire gli obiettivi e perciò
modifico le mie credenze sul loro valore: “nondum matura est”;
il modello frutto raro : l’obiettivo non è rinunciabile, e continua a valere in quanto
non conseguibile; mi adopero per modificare e migliorare i mezzi di cui dispongo (
innovazione economica, tecnica, organizzativa )
il modello occhiali rosa :
proietto i mezzi di cui dispongo “come se”
l’
incongruenza ai fini non fosse reale: wishful thinking, credo alla adeguatezza dei
mezzi agli obiettivi.
Per
Herbert Simon benefici e costi, esiti e conseguenze dell’azione non sono predeterminabili e interamente noti all’agente. La
razionalità in realtà è sempre
limitata, o vincolata( bounded rationality): l’ agente non è in grado di prevedere l’
esatta probabilità dei
singoli esiti a cui la sua azione può mettere capo e ancor
meno gli
esiti aggregati
del suo agire. Non è possibile una strategia
ottimale, fondata sull’ illimitata disponibilità di informazione; conviene limitarsi alle
soluzioni soddisfacenti; che sono quelle raggiunte le quali la ricerca della soluzione
(più) ottimale avrebbe
costi non proporzionati(di tempo risorse e informazione )
che la renderebbero di fatto irrazionale.
I giochi strategici
La teoria dei giochi come scienza delle decisioni strategiche fu inventata nel 1944 dal
fisico von Neumann e dall’economista Morgenstern.La TSR analizza l’interazione fra
due o piu’ attori razionali come forme di gioco(game) strategico.
Il gioco del pollo(chicken’s game) analizza fino a che punto è razionale correre il
rischio o abbandonare la partita(l’immagine è la sfida di due auto che corrono
dirette allo scontro). Il
dilemma del prigioniero(prisoner’s dilemma:1950) “è oggi
considerato da riformatori e scienziati sociali uno scoperta importante e profonda
quasi quanto per i fisici la relatività”(A.Massarenti). La situazione analizzata è quella
di due prigionieri, A e B , che non possono comunicare tra loro e sono chiamati a
decidere se confessare o no un certo reato. Il modello indica le quattro alternative
possibili; ogni coppia di numeri indica gli anni di condanna che saranno inflitti al
prigioniero A e al prigioniero B a seconda del comportamento tenuto.
B
Confessa
Confessa
3,3
non confessa
10,2
A
Non confessa
2,10
7,7
Ad
entrambi conviene scegliere di non confessare, indipendentemente dalla
scelta dell’altro, così facendo ciascuno dei due avrà alla fine un beneficio minore
di quello che
otterebbe se entrambi scegliessero di confessare. In altri termini,
due individui ai quali converrebbe razionalmente collaborare si ritrovano a scegliere
razionalmente di non farlo, con risultati svantaggiosi(ossia meno razionali) per
entrambi.
Il dilemma evidenzia il ruolo che la fiducia e la diffidenza hanno, nel modellare le
strategie di cooperazione.
Mancur
Olson sostiene (The logic of collective
behaviour,1966) che perseguire la propria utilità individuale senza mai “affidarsi “
al comportamento altrui è sempre piu’ razionale. Il free-rider(opportunista) è un
agente razionale, in quanto scommette sulla diversa
probabilità di essere
obbligato, rispetto al “farla franca” oppure sulla probabilità che qualcun altro sia
disposto a non agire razionalmente ( ad adottare un comportamento non-egoista).
Negli anni 80 Robert Axelrod, inserendo il dilemma del prigioniero in una sequenza
di mosse ripetute
nel tempo, scoprì che la fiducia, impossibile a prodursi
razionalmente nel caso unico, può nascere tra egoisti razionali attraverso un gioco
ripetuto di mosse, senza necessità di un’ autorità superiuore o esterna che la
imponga. La cd. strategia tit-fot-tat richiede di seguire il comportamento tenuto
dall’altro nella mossa precedente, con un
comportamento di razionalità
condizionale: “coopera con chi dimostra di voler cooperare con te , altrimenti non
cooperare” .
Dallo scambio al dono
Le teorie del dono( il “terzo paradigma” fra scambio di mercato e autorità politica)
sono sviluppi recenti della teoria sociale. Caillé,Godbout, Mouvement anti-utilitariste
dans les sciences sociales,MAUSS) vi riprendono le analisi dell’ antropologo Marcel
Mauss(Essai sur le don,1925) . Mauss considerava
il dono come sequenza di tre
azioni i: dare-ricevere-ricambiare, che nella
società arcaica compongono una
istituzione sociale obbligatoria. Nella società moderna il dono esprime una libertà
dell’agire sociale individuale, tipica di chi “scommette sulla fiducia”(Caillé). Chi
dona altruisticamente attiva e mantiene la possibilità di legami sociali significativi,
che non rientrano nei codici dell’ utilità economica di scambio e del comando politico
per autorità.
5b) Conflitto e mutamento sociale
Le teorie del mutamento
La società persiste e
tempo.
dura, come mostrano i teorici del sistema, ma altresì muta nel
L’evoluzione societaria è un modello macrosociale e macrostorico di mutamento,
definito da H. Spencer e T.Parsons come passaggio dal semplice al complesso, in
un processo di differenziazione.
Le società
differenziate hanno parti più
eterogenee, funzioni specializzate, regole giuridiche generali ed astratte, conoscenza
e tecnologie razionali. Si pensi, da un lato, alla famiglia antica che assommava su di
sé molte funzioni(riproduzione, economia, controllo sociale, compiti giudiziari,
comando politico).Dall’ altra alla grande organizzazione moderna, specializzata in
compiti definiti e indipendente dalla caratteristiche sociali e culturali delle singole
persone che la compongono.
Il mutamento di struttura si ha quando una
società assume una diversa
configurazione complessiva, per l'impatto di fattori che dapprima la destrutturano
e determinano una successiva ricomposizione di un diverso equilibrio. Si parla anche
di "rivoluzioni": demografiche, tecnologiche, economiche, politiche ecc.
La
rivoluzione può essere la conseguenza dell’introduzione di un fattore
esogeno(esterno) o l’esito di un conflitto endogeno(interno).
Marx considera le
società umane come “ formazioni
economico sociali” che mutano per la
contraddizione fra l’assetto dei rapporti sociali di produzione ed il livello delle forze
produttive. Ad esempio, la società industriale deriva dalla trasformazione della società
feudale quando lo sviluppo delle forze produttive della manifattura ha condotto alla
formazione delle classi dei capitalisti e dei lavoratori proletari in conflitto fra loro.
A livello infrastrutturale, sono cambiamenti l’ innovazione che interessa specifiche
aree all’interno di una società: nella famiglia, nell’ impresa, nella politica, nella
scuola ecc. L’agency è l’ iniziativa diretta di individui e gruppi che innovano nelle
routines istituzionali e culturali.
Nelle cerchie di relazione concrete culturalmente
modellate ( mondi vitali:Ardigò) l’ agency riguarda gli stili di vita e di relazione,le
pratiche simboliche, le culture sociali e professionali ecc. I mutamenti che ne
esprimono l’attivazione dei singoli e l’esito di forme associative, volontaristiche, di
terzo settore ,movimenti utenziali ecc.). Correlativamente al mutamento intenzionale,
l’individuo sperimenta nel nuovo contesto una esigenza di attivazione rispetto alla
rigida scansione di tempi durate e attività che caratterizzava l’era industriale e la sua
disciplina( lavoro autonomo di seconda generazione, nuove forme di lavoro
associato,
plurioccupazione,la
coesistenza fra
attività retribuita e fuori
mercato(volontariato non remunerato, l’automutuoaiuto, gli scambi non monetizzati
ecc. ).
Teorie del mutamento
L’approccio della scelta
razionale risale alla classica
nozione smithiana
dell’individuo self-interested, e
della mano invisibile del mercato,
che genera
massimo beneficio generale. La prospettiva dell’ azione sociale razionale oggi
considera le istituzioni sociali come conseguenze non intenzionali e non previste
(“effetti di composizione”:Boudon) dei comportamenti di
attori individuali. Le
istituzioni derivano spontaneamente dall’ azione degli individui,
la società non si
costruisce secondo piani e programmi predeterminati :
critica di Popper alle
società chiuse, e di Hayek non solo al socialismo pianificatorio ma allo stesso
Welfare state.
L’approccio struttural-funzionalistico. I funzionalisti critici( Merton) riconoscono
l’esistenza di effetti non previsti dell’azione sociale, funzioni latenti, innovazioni a
carattere deviante, ossia l’ impossibilità che il sistema sociale sia totalmente
funzionale e coeso, perfettamente integrato. Ciò
determina al suo interno aree di
tensione e conflitto, devianza e problemi, che rendono funzionalmente opportuna
la
costruzione di strutture e programmi di risposta. Disoccupazione, burocrazia,
criminalità,quartieri ghetto
e altri problemi sociali
sono i contenuti del social
planning e del social engeneering ( si ricordi il new deal americano degli anni
Trenta ).
I movimenti sono motori del mutamento sociale, in quanto generano fasi di rottura
dell’ordine precedente e avviano processi collettivi di trasformazione. Per Weber un
movimento si apre con la
fase carismatica di insorgenza, a cui seguono le fasi di
affermazione, consolidamento, istituzionalizzazione, eventualmente declino o riavvio
secondo nuovi principi.
Alberoni chiama “stato nascente” la fase iniziale ,a
carattere fusionale, dove “tutto appare messo in gioco”( movimenti del 68). Touraine
studiando i movimenti (operaio, femminista, ecologista,Solidarnosc ecc.) rileva tre
caratteristiche di fondo: l’identità, l’antagonismo(chi sono gli avversari)
l’organizzazione e la leadership La
definizione delle identità, e la
spinta
volontaristica a ciò connessa esprime la capacità dinamica del movimento di
contrastare gli schemi consolidati e burocratizzati dell’ordine sociale esistente.
Sistema e mondi della vita
Niklas Luhmann, sociologo tedesco continuatore
di Parsons lascia cadere il
presupposto parsonsiano che la stabilità generale
del sistema dipenda dalla
latency, ossia dall’ interiorizzazione dei valori culturali; il sistema sociale dispone di
dispositivi specifici di autoregolazione , in quanto ogni sottosistema
impiega
distinti mezzi di relazione input-output: onore e stima, nelle sfere della vita sociale
primaria; denaro, in economia; potere, in politica; informazione, nel sottosistema
scientifico della conoscenza.
La stabilità complessiva
del
sistema sociale
si regge sulla
capacità di
comunicazione funzionale e selettiva con l’ambiente dei diversi sottosistemi; i quali
selezionano dai loro rispettivi ambienti gli input che consentono loro di funzionare,
e rispondono con output di
prestazioni specializzate adeguate a
specifiche
domande. Ad esempio il
sottosistema politico non avrà
come imperativo
funzionale il conseguimento di
obiettivi generali (goal- attainment) riferiti all’intero
sistema;
sarà adeguato il
sottosistema politico che seleziona
gli inputs
provenienti dall’ esterno,
evitando un sovraccarico disfunzionale di domande,e
rispondendo
in modo efficiente
alle sole domande di cui si è fatto carico.
L’efficienza dei dispositivi di autoregolazione da parte del potere sistemtico rende
una azione “di mutamento globale” superflua o impossibile.
A Luhmann, Jurgen Habermas(v. Habermas Luhmann Teoria della società o
tecnologia sociale,.Etas Kompass,Milano,1973,or.ted.1971)
contrapponeva la
distinzione fra l’ agire strategico( del sistema e nel sistema) , che viene assunto
dagli attori in vista di un risultato vantaggioso , e l’ agire comunicativo,
in cui
prevale una relazione “libera da dominio” fra i soggetti. L’esperienza soggettiva dei
“mondi vitali”, se essi si
sottraggono ai modelli istituzionalizzati e imperativi
del sistema, si comunica senza finalità di controllo e dominazione, e
favorisce
perciò
la formazione consensuale e discorsiva delle volontà e delle decisioni che
corrisponde ad un principio etico di responsabilità..
Soggettività e mutamento
A.Touraine, nella sua
analisi del
mutamento sociale,
assegna un posto
determinante al “ ritorno dell’attore sociale”(vedi il libro omonimo, a cura di Paolo
Ceri,or.fr.1984,ed.it.1988) . L’attore sociale non è il vettore razionale e calcolante
dell’agire strumentale ,ma è il soggetto,
“la cui capacità creativa sostituisce i
vecchi principi di unità della vita sociale”(p.80). Soggetto è chi
prende
consapevolmente le distanze dalle pratiche sociali organizzate, elabora nuovi
modelli culturali, agisce attraverso i movimenti “per conferire una forma sociale agli
orientamenti culturali”(p.83).
Nel volumetto Sociologia( del 1998), Touraine descrive la fine della modernità ( demodernizzazione) come il venire meno dell’idea stessa di società integrata:
la
divaricazione
fra la razionalizzazione tecnoeconomica e la soggettivazione delle
culture e delle comunità si allarga in un vero e proprio effetto di fuga (v.p.48,p.53)
facendo venire meno le mediazioni sociali e politiche che in passato assicuravano
alla società un principio di integrazione .
Touraine non conclude che la società scompaia, per lasciar il posto ad un mercato
di giochi strategici
fra individui , che cancellerebbe la stessa sociologia : “l’
odierna analisi sociologica… deve partire dall’individuo-soggetto.. per elevarsi alle
relazioni interpersonali,
poi alle condizioni istituzionali del riconoscimento del
soggetto(istituzioni politiche e giuridiche dalle quali dipende il riconoscimento
effettivo del diritto di essere soggetto ) p.62).
Il riconoscimento si fonda sulla
coscienza che l’altro svolge “il mio stesso lavoro”(di costruzione di sé)
ma “alla
maniera che è sua”. L’altro che può avere un impatto dinamico di mutamento
è
tutto ciò che la razionalizzazione moderna ha scartato,
in quanto estraneo e
“non moderno”. Recuperando questo “altro” nella pratica delle relazioni sociali, sarà
possibile reintrodurre una idea plausibile di società.
6) Comunità e società. Dalla società tradizionale alla società
postindustriale
Una società non più industriale
Per Toennies e Durkheim l’avvento della società industriale ha segnato un allontana
mento irreversibile dalla socialità comunitaria /solidarietà meccanica che
caratterizzava le società tradizionali.
Si apre oggi il problema di definire la società - in formazione a partire dagli anni 70
del XX secolo- che non si riconduce più alla società industriale manifatturiera
classica.
Scartata l’idea semplice del “ritorno all’indietro” (alle
forme economiche
tradizionali( agricoltura, industria delle costruzioni, terziario commerciale tradizionale
),con quali profili con cui viene definita la nuova società in formazione?
a) Neoindustriale la nuova produzione high tech deriva direttamente dalla ricerca
nelle scienze fondamentali( fisica, biologia, genetica ) e nelle loro applicazioni. I divari
della conoscenza determinano la nuova divisione internazionale del lavoro, la
manifattura tende a spostarsi su paesi emergenti, le imprese multinazionali
trattengono al centro le funzioni strategiche e localizzano “nella periferia del mondo”
le attività di fabbricazione.
b) Della conoscenza
Il fattore fondamentale di sviluppo è la conoscenza scientifica; la ricerca nelle
scienze fondamentali( fisica, biologia, genetica
determina
i livelli della
conoscenza
tecnologica e le applicazioni produttive(Hegedus); alla economia
fondata sulla
conoscenza
non si adattano piu’ i tradizionali modi di concepire
valore, ricchezza, sviluppo, adeguati alla economia delle merci. La conoscenza conta
se è esclusiva (in quanto fornisce vantaggi competitivi:knowledge is power purché
non sia troppo diffuso)
c) Post-industriale Daniel Bell ha introdotto la nozione (,1973) con la sequenza:
preindustriale(lotta contro la natura)> industriale(produzione di ambiente artificiale
fabbricato dall’ uomo
) > postindustriale( lotta fra persone, giochi strategici ,
padroneggiamento del futuro attraverso la conoscenza astratta).
Nella società P.I. , la diminuzione dell’ occupazione manifatturiera e di fabbrica è
compensata dalla espansione della
occupazione nei servizi
commerciali,
finanziari, alla persona, per il tempo libero,il turismo, i consumi culturali. La
dinamica dello sviluppo è affidata a fattori quali finanza, ricerca, consumi culturali,
ambiente, turismo.: Il terziario tradizionale si contrae rispetto al terziario avanzato
dei servizi professionali e finanziari ed al quaternario delle attività knowlegdebased.
d)ICT: Information Communication Technology
“A Wall Street le azioni di Google valgono piu’ del doppio delle GM: si guadagna di
più pensando algoritmi che costruendo automobili”(Cor.Sera 1 feb 05).La
capitalizzazione di mercato dei titoli Google è pari a 85 miliardi di dollari,superiora a
quella di GM Ford e Daimler Crysler messe insieme.Il loro valore in un anno è salito da
85 a 301 dollari (Stampa 17/7/05). La società Google è nata nel 1998 ed è entrata in
borsa il 19.8.2004. Copre oltre il 50% delle ricerche su Internet svolte negli Stati Uniti.
L’accesso alla rete e la connettività diventano i requisiti della inclusione sociale. You
are disconnected il nuovo stigma. (In iTalia gli utenti della banda larga sono 2,5
milioni nel 2003, previsti in 9,5 nel 2007).
L’uscita dal ford-taylorismo
La domanda se siamo (ancora) una società industriale può chiedersi in primo
luogo se il modo di organizzare la produzione industriale è ancora fordista-taylorista
La fabbrica fordista prevedeva la produzione di massa, basata sulla standardizzazione
dei prodotti, dei processi e delle domande. Il postfordismo sul versante della
produzione si segnala per la gestione della qualità totale; l’ organizzazione magra,
con
abolizione delle scorte e dei magazzini e fabbricazione just in time;la
specializzazione flessibile (prodotti e servizi adattati all’individuo, segmentazione dei
mercati :dal capitalismo di fabbrica al capitalismo di emporio).
Le prime conseguenze sociali si hanno sulla occupazione: dal lavoro “tipico”( a
tempo pieno, a durata indeterminata) alla occupazione “non tipica” : dipendente
ma
a tempo ridotto( part time,durata determinata, con contratti di formazione ed
lavoro; solo formalmente indipendente, con rapporto di collaborazione coordinata
e continuativa, lavoro interinale, a progetto, ecc. Queste forme di occupazione si
accompagnano ad una crescente flessibilità nell’organizzazione del lavoro.
Il sociologo Richard Sennett( L’uomo flessibile, tr.it.2001;Rispetto, tr.it. 2004) vede
nella flessibilità il “ tempo di un nuovo potere”(p.59) . Flessibilità
vuol dire
specializzazione
nella produzione, accorciamento prospettico delle strategie
aziendali, assottigliamento(leaning, downsizing) dell’ organizzazione produttiva.
L’impresa flessibile lavora non più
per una società concreta,
ma per un
mercato universale di estranei; non ha bisogno /capacità di sviluppare identità e
lealtà a lungo termine;
non è
“radicata” nel territorio, ma “ancorata” ad esso,
sempre pronta a salpare.
Dall’altra parte, il lavoratore non è più in grado di programmare i suoi
movimenti
entro/tra imprese,
in una sequenza leggibile che configura carriere progressive.
Il contenuto della prestazione è il progetto, che si deve realizzare nel tempo
appropriato . Questa
logica
promuove alta mobilità
(soprattutto nei settori
avanzati ) mentre non richiede né lealtà al posto né cooperazione solidaristica fra
lavoratori. Utile è
invece “la capacità di abbandonare il proprio passato e la
fiducia in se stessi necessaria per accettare la frammentazione”(p.62).
Nella prospettiva di Sennett la flessibilità non consente reali strategie difensive: o
la si cavalca( sapendo superare i rischi del saltare da un’isola all’altra dell’arcipelago)
o la si subisce (si vedano le storie di deriva o di fallimento raccontate in L’uomo
flessibile ).
Nel quadro
dell’organizzazione del lavoro post-tayloristica, emergono nuove
polarizzazioni
intrasocietarie
(L.
Gallino,
(Globalizzazione
e
disuguaglianze,Bari,2000)
La nuova scala della stratificazione sociale
I alti dirigenti di grandi imprese transnazionali, di banche centrali, di organizzazioni
internazionali, capi dei governi
II politici di vertice, star delle professioni,dei media
III massimi dirigenti di organizzazioni pubbliche e private
IV piccoli imprenditori e professionisti indipendenti
V professionisti tecnici funzionari insegnanti , dipendenti
VI benestanti (anziani) con pensioni e rendite elevate
VII lavoratori autonomi con attività regolari
VIII impiegati ed operai dell’industria e dei servizi con alte qualifiche e lavoro stabile
IX impiegati ed operai dell’industria e dei servizi con qualifiche medio basse e lavoro
stabile
X lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti atipici con contratti instabili
XI lavoratori poveri,nell’economia sommersa, irregolari (immigrati)
XII disoccupati senza ammortizzatori sociali, percettori di assistenza economica,
nomadi, mendicanti, child workers
XIII detenuti forzati in campi di lavoro, schiavi per debiti, bambini di strada, homeless,
ricoverati coatti
L’analisi sociologica della globalizzazione
Altro profilo corrente è quello di “società globale” , o(meglio) di globalizzazione
economica che ha conseguenze sociali.
“Il mondo è diventato per molti importanti aspetti un unico sistema sociale, come
risultato di crescenti legami di interdipendenza,
che ora riguardano virtualmente
ognuno di noi.”
(A.
Giddens, Sociologia,tr.it.Bologna 1991,cap.15, La
globalizzazione della vita sociale,,pag.606). Per
Giddens( Le conseguenze della
modernità.Fiducia e rischio, sicurezza e pericolo,Bologna,1994) , la Glob. segna la
fine della “modernità tradizionale” , che vedeva il
primato del capitalismo
economico e dell’ industrialismo , il
potere militare degli stati nazionali e la
tendenza alla sorveglianza ed al controllo politico dell’informazione. Emergono da
un lato il post-modernismo, che dà per scontata la crescente frammentazione
dell’esperienza e la conseguente perdita di un ordine sociale
dominabile dagli
individui. Dall’altro la modernità radicale ( posizione di Giddens):’”legge la vita
quotidiana come un complesso attivo di reazione ai sistemi astratti; .considera
l’impegno politico coordinato possibile e necessario sia a livello globale che locale,
ha fiducia nella possibilità di” imbrigliare il mostro” e di guidarlo ad esiti positivi.
I principali cambiamenti apportati dalla G. sono nella sfera economica. Gli attori
principali del mercato mondiale diventano le società multi e transnazionali, che
hanno sede centrale nei paesi sviluppati e organizzazioni disseminate nel globo.
Alcuni paesi già
marginali (Cina,India,Brasile) che
diventano
competitori
economici rilevanti. L’ ingresso forzoso nel mercato mondiale di società povere del
cd.terzo mondo che determina nuove forme di povertà e di dipendenza.
I
divari sono ben noti. 1,3 miliardi di persone(22%) vivono sotto la soglia della
povertà(assoluta) ,0,8 sono malnutrite, 0,9 non accede a cure mediche,1,3 non ha
acqua potabile,2,6 non ha servizi igienici. Il tasso di mortalità infantile superiore al
100 per mille in 35 paesi . Nel 2000 il quintile piu’ ricco disponeva dell’ 86% del Pil
globale, il quintile più povero dell’ 1% ; le diseguaglianze crescono
anche nei
paesi ricchi( negli ultimi vent’anni in Usa il 97% del Pil aggiuntivo è andato al 20%
delle famiglie piu ricche , il 5% piu’ povero ha perso il 44% del reddito)
Sul piano politico, la globalizzazione indebolisce gli stati a base nazionale limitata:
i giocatori
più rilevanti sono le
potenze
sovrannazionali e/o continentali
(America, Cina, Europa, Russia ), che si disputano spazi di influenza e di egemonia,
in assenza di un effettivo governo mondiale. Da qui la prospettiva di nuove forme di
unilateralismo e imperialismo. Oppure: “ è da attendersi che il mercato ed i mercati,
oggi configurati come reti senza confini e,anzi, reti di reti a geometria perennemente
variabile ,prima o poi solleciteranno per reazione e necessità di reciproci adattamenti
nel corso del XXI secolo lo sviluppo di una nuova configurazione dello
Stato”(Gallino).
Varietà culturale nello spazio
Sul piano territoriale e della comunicazione, la
logica dei flussi e delle reti di
comunicazione e relazione , che avvolgono il globo, rende obsolete le vecchie
appartenenze statiche. Impone una gerarchia dei
sistemi urbani e delle
città
globali: New York,Londra e Tokyo( Saskia Sassen, Città globali,Torino,1997). Le reti
di comunicazione sostengono il
sistema mondiale dei media, che diffonde
modelli di consumo e stili di vita omogenei : con notazione interessante George
Steiner ha osservato
che forse quindici persone erano presenti al Golgota,
novecento alla prima della Nona di Beethoven due miliardi hanno assistito alla finale
del mondiale di calcio del 2002.
E’ possibile che le differenze culturali contribuiscano a ridurre i divari(come si rileva
per la
vitalità economica nelle e città multietniche)
senza
introdurre
frammentazioni e contrapposizioni negli stili di viti e tensioni di integrazione,ma
attivando le diversità come basi della creatività.
Secondo lo schema delle 3T( gruppo Richard Florida) la forza di un territorio è data
dalla sintesi di tre fattori:
-tecnologia (livello di conoscenze e risorse per la produzione)
-talento (innovazione e propensione alla creatività)
-tolleranza (accettazione e utilizzo della diversità secondo indici di integrazione,
diversità di composizione tolleranza alla omosessualità
La classe creativa (imprenditori e dirigenti) sulla popolazione a Stoccolma è al
45%,36% Amsterdam,24,6 Roma, 24,4 Milano . La chiusura italiana riguarda i gruppi
dirigenti le università le politiche verso l’immigrazione: l’ Italia teme l’immigrazione
qualificata che apporta talenti a costo di produzione molto contenuto;la sua apertura
si gioca più sul piano dell’ accoglienza che nell’ accettazione del mix di culture.
Conseguenze microsociali della globalizzazione
C. GIACCARDI e M.MAGATTI (La globalizzazione non è un destino. Mutamenti
strutturali ed esperienze soggettive nell’ età contemporanea, Laterza 2001 ) così
riassumono i punti della nuova scena sociale.
- I processi di globalizzazione separano l’ organizzazione societaria dalla esperienza
soggettiva, due piani
che Parsons unificava nella sua teoria sistemica.L’
idea
unitaria della società come sistema non è riproponibile neppure nella concezione
luhmanniana del cambiamento adattivo ed evolutivo del sistema al suo ambiente
- L ’individualizzazione crea un contesto socioculturale dove ogni individuo è
costretto ad operare da sé le sue sintesi. Ciò, in negativo enfatizza il suo senso di
inadeguatezza, in
positivo consente/costringe a
tessere nuove relazioni, a
perseguire attivamente logiche di identità nell’ambito delle esperienze famigliari,
territoriali, etniche , a organizzare reticoli e movimenti. Aumenta le domande di
riflessività per scelte consapevoli, che sono dotate di minore plausibilità collettiva
e crisi delle ideologie unificanti, frammentazione degli universi simbolici, religioni
self-service ecc.)
- Si moltiplicano i poteri di fatto ( piuttosto che le legittimazioni di nuove forme di
autorità politica). All’ indebolirsi degli istituti della democrazia rappresentativa
moderna risponde una domanda latente di politicità a base personale,
con l’
assunzione di responsabilità pubbliche da parte dei soggetti della cosiddetta società
civile. Ne esce rafforzata la
base societaria sulla quale “ costruire edifici
istituzionali innovativi rispetto a quelli che conosciamo”(p.179).
L’ incertezza
Le conseguenze della globalizzazione sulla esperienza delle persone in termini di
insicurezza sono state descritte da Zygmunt Bauman
( ad es. Modernità
liquida,tr.it.2002 ) come un “liquefarsi” dei modelli tradizionale di organizzazione
sociale, che
espone gli individui a nuove e composite forme di incertezza:
•
•
•
unsafety( venir meno della sicurezza alla integrità fisica e psichica, perdita di
garanzie della incolumità );
insecurity( indebolirsi dei tradizionali apparati di protezione sociale nel lavoro, nel
reddito , nella sanità , indebolimento delle prestazioni dello stato sociale),
uncertainty( disorientamento, perdita di riferimenti cognitivi forti, mancanza di
radicamento, contrazione del futuro, impossibilità di progetti di lunga durata)
Collocata nella modernità liquida, l’ individualizzazione non esprime
più l’
emancipazione da vincoli sociali oppressivi e la libertà di autodeterminazione dei
singoli ; manifesta la
impossibilità di “fissare progetti di autorealizzazione” su
una scala spazio-temporale prevedibile e certa.
Si è
“turisti e vagabondi” agli
estremi opposti della stratificazione: la mobilità di prestigio
delle nuove elites(
coloro che “possono scegliere”
la de-fissazione di chi si trova esposto a tutti i
flussi dell’incertezza . Le
esigenze di libertà e di
sicurezza
tendono
a
divaricarsi
nelle aspettative degli individui, a spese della politica,
che appare
indebolita
e
travolta
dai
nuovi
scenari
(v.
Bauman,
La
società
individualizzata,Bologna,2002,cap.3)
L’azzardo
Ulteriore prospettiva
è quella di Ulrich BECK con il suo concetto di RisikoGesellschaft
(v. La società del rischio:verso una seconda modernità(2002). Lo
sguardo cosmopolita,Carocci 2005) .
L’esposizione generalizzata al rischio segna la fine dei
tre tipi di integrazione
sociale che hanno dominato
la modernità: i, l’interiorizzazione dei valori come
principio di coesione(Durkheim, Parsons); ii, la comunanza degli interessi come base
di azione condivisa(sindacale, economica) ; iii, la coscienza di appartenere allo stato
nazionale. L’individuo privato dei
dispositivi di integrazione vive”senza rete” ,
come un funambolo nel circo , “ in uno stato di pericolo permanente” .E’ chiamato
nella sua biografia ad affrontare le contraddizioni sistemiche ,adotta una sorta
di “morale del vagabondo”, che si muove perennemente alla ricerca del punto di
consistenza che non si trova (v.U. BECK,I rischi della libertà.L’individuo nell’epoca
della globalizzazione,Mulino2000).
Nelle conferenze di Un mondo a rischio(2003), Beck illustra il concetto di società
del rischio
come: ” il divario fra la lingua dei rischi quantificabili, in base ai quali
pensiamo ed operiamo, ed il mondo dell’incertezza non quantificabile,che abbiamo
creato noi stessi” . In altri termini, i mezzi istituzionalizzati di controllo di cui la
società dispone non
sono in grado di provvedere alle
crisi
( ecologiche,
finanziarie, terroristiche ) che tali mezzi stessi hanno provocato. Si
rende
evidente lo scacco in cui si imbatte la pretesa moderna di dominare l’ ambiente
naturale e sociale attraverso un’ unica forma
di razionalità, che si pretende
esclusiva al tempo stesso in cui
si mostra impotente.
Da qui la necessaria
ricerca di alternative,che nel campo della politica internazionale muove
dalla fine
della sovranità assoluta degli stati nazionali in una prospettiva cosmopolitica, che
assume
nuovi fondamenti giuridici e di organizzazione multinazionale (p.50).
Beck richiama la sociologia ad approfondire la riflessione della complessità, per
pre-figurare il possibile :” il pensiero è chiamato a disegnare le chance dell’uomo
nel contesto delle condizioni esistenziali date… l’integrazione può realizzarsi solo nel
pensiero, ovvero nel senso della realtà possibile” ”(I rischi della libertà, cit. pp.3134).
Riprende, in riferimento a Jurgen Habermas, la proposta di una riflessione neoilluministica, che porti a compimento le promesse finora disattese di emancipazione
umana. Sintomatica è la proposta di adattare allo scenario della globalizzazione il
concetto
di cosmopolitismo;mentre :se globalizzazione è il concetto di una
unilineare ed unidimensionale affermazione dell’ economico, cosmopolitismo è il
melange della diversità culturale locale e globale, nazionale e internazionale,che non
annulla le differenze ma le com-prende (et cosmos et polis)
La solidarietà
La tematica dello straniero( introdotta
ai primi del 900 dal sociologo Georg
Simmel) ritorna di attualità nella riflessione della globalizzazione, processo in cui gli
estranei entrano di necessità
in contatto fra loro, ed i diversi sono costretti/
chiamati a riconoscersi. Muta di conseguenza la nozione di solidarietà.
Rainer Zoll(La solidarietà.Eguaglianza e differenza,Bologna,2003 sociologo e storico
dell’azione sindacale, rintraccia le fonti storiche della nozione in due percorsi :
-teorico: la
solidarietà come coesione della società, secondo la tradizione
durkheimiana(v. cap.V) ed il funzionalismo sociologico di Parsons
-pratico politico: la solidarietà che
riformula la fraternité della rivoluzione ed il
principio della associazione fra eguali , immette,ndola
in forme storiche di
organizzazione e politica sociale che esprimono comunanza di valori e di interessi.
Le vecchie forme assumono la solidarietà come “un rapporto tra pari e/o un legame
sociale in una comunità”,(p.9 ). Nella crisi attuale di queste forme, Zoll intravvede
l’emergere di
una nuova solidarietà “fra diversi” ,”oltre i confini del gruppo,della
comunità” . Essa
implica un mix di maggiore individualizzazione e maggiore
responsabilità: il diritto degli individui a perseguire la loro autonomia implica il
correlativo
dovere di consentire agli altri individui un
pari diritto, e quindi
comporta “
l’esercizio di una positiva solidarietà civile”(p.154).Le nuove forme di
solidarietà fanno riferimento ad un concetto di
eguaglianza complessa e plurale,
che rimanda ai
criteri di giustizia di Rawls(v.pp.198-99). Il nuovo nome della
solidarietà sarebbe il riconoscimento reciproco,
che non scaturisce da un atto
emozionale di empatia, ma proviene
dalla costruzione pubblica e formazione
discorsiva del consenso .
In sintesi, mentre la vecchia solidarietà si esprimeva in
forme di organizzazione
fondate sulla comunanza di valori e di interessi , in
“un rapporto tra pari e/o un
legame sociale in una comunità”(R.Zoll, La solidarietà.Eguaglianza e
differenza,Bologna,2003,p.9).
Oggi si affaccia la prospettiva di una solidarietà
fra diversi andando ”oltre i confini del proprio gruppo,della comunità” .Il diritto
degli individui a perseguire la loro autonomia, implica il correlativo
dovere di
agire
per consentire agli altri individui un pari diritto, e quindi “ l’esercizio di
una positiva solidarietà civile”(p.154).
L’attivazione volontaristica
A.Bonomi parla di ricerca di una solidarietà, di forme di rappresentanza,che abbiano
come presupposto non più l’omogeneità della condizione materiale,ma la diversità,il
molteplice,il plurale.”Più che una richiesta di rappresensentanza aumenta un ricerca
di senso e di ruolo”.
Alla base della solidarietà civile si pone il fatto
di
tessere relazioni
ed
accrescere la
riflessività comune per scelte consapevoli. Il capitale sociale è
la base fiduciaria dell’ attivazione civica : i suoi andamenti nel tempo sono stati
analizzati dalle ricerche di R.Putnam ( sulla tradizione civica nelle regioni italiani e
sul declino della partecipazione negli Stati Uniti, che smentisce la tradizionale
immagine tocquevilliana della “nation of joiners”: Bowling alone, tr.it. ,2004).
L’ allentarsi del legame sociale consente un massimo di indifferenza verso gli altri(
“disattenzione civile” , anche se per la
“vera indifferenza” si richiede “una
posizione privilegiata nella società”,p.145, poiché l’indifferenza equivale a non dover
dipendere da altri in alcun modi. Nel
rendersi fragile del legame sociale ,gli
individui “di successo”
costruiscono reti di potere, corporazione, ceto.
Altri
cercano di difendere e ricostituire reti di autodifesa, nelle forme della tutela
sindacale o nei nuovi movimenti di cittadinanza attiva. C’è chi è spinto ai margini
di tutte le reti di protezione.
Reti di aiuto - ad es.
il volontariato interno e
l’intervento umanitario – rispondono al principio “noi vogliamo ingerirci”. Una
sorta di hackeraggio sociale, che ricerca anche nuove soluzioni istituzionali.
Avvento e fine della modernità in sociologia
La globalizzazione pone una inedita serie di problemi ad una sociologia cresciuta nel
quadro di riferimento della modernità.
Modernità anche in sociologia ha significato una idea del tempo, della storia e del
progresso. Nel guardare agli eventi della storia, la cultura antica adottava schemi
orientati dall’idea che nella “sfera sublunare”( il mondo della vita quotidiana sotto i
cieli ) non si dà reale cambiamento, ossia cumulativo ed irreversibile. Il divenire è
ciclico, ritorna su se stesso, segue la legge organica della nascita>maturazione>
decomposizione>rinascita.
Questo modello fu sostituito nel mondo cristiano da una teologia della storia, che
colloca il cammino umano nel trittico dei tempi: creazione/il tempo della caduta e
della fragilità/ redenzione/il tempo della salvezza e dell’ attesa/ la fine dei tempi e
l’eterno. “ La storia è la
rivelazione di Dio che si inserisce nel tempo…
l’incarnazione è la pienezza del tempo… la storia diventa il luogo in cui possiamo
costatare l’agire di Dio a favore dell’umanità”(Fides et Ratio,pg. 59) .
La lettura del percorso storico data dalla modernità è diversa. La querelle des
anciens ed des modernes e
quella che Paul Hazard ha chiamato la crisi della
coscienza europea- in breve il periodo fra la fine del ‘600 e la prima metà del ‘700,
hanno rovesciato il senso stesso del tempo. L’ avvento della modernità(penso a
pagine di Dupront) celebra il passaggio dal tempo ciclico, e dal tempo liturgico, al
tempo continuo. E’ nel tempo che la verità della conoscenza
progredisce :
veritas filia temporis non è all’inizio una affermazione relativistica ma è la concezione
ottimistica che nel tempo la verità della conoscenza non potrà che crescere. La storia
per il moderno è avanzamento della ragione, incremento
della sua presa,
sulla
natura esterna, sulla società umana, sulla natura interna. Progresso può esserci
soltanto in un tempo che è per essenza futuro, l’ attesa del futuro è l’elemento in cui
galleggia la volontà di progresso”: un futuro che è un fine, ma non ha una fine, ed
un futuro che l’ uomo è chiamato a costruire con la sua azione razionale. L’uomo
moderno ha senso storico
perché non contempla l’eterna caducità delle cose
umane, ma
si immerge nel fiume di quel divenire, lo fa suo. Vede la storia come
affermazione irreversibile della libertà umana(religione della libertà, dirà Croce). Il
male è errore, che la ragione vince; imperfezione, che il progresso sperimentale e
tecnico risolve; necessità che la dialettica assume e supera nello svolgimento del
bene (un male che serve al bene non è più un male, ma un momento transeunte
nell’ affermazione storica del bene).
La sociologia ottocentesca
ha fatto sua l’idea moderna della razionalità
avanzante nella storia attraverso l’affermazione della scienza: la civiltà moderna
industriale è quella che
esce dal complesso scienza della natura>tecnica
produttiva>organizzazione. La
sociologia
nasce come
scienza della
razionalizzazione del mondo sociale, presa della società su se stessa, controllo
trasparente del
divenire, costruzione di un ordine sociale affidato al progetto
umano. Dentro cui si colloca la
formazione di
istituzioni politiche ed
amministrative,
che modellano la nostra vita, quali lo
stato moderno ( il
salvatore della vita, secondo Hobbes) e quello che chiamiamo stato sociale, ossia
un dispositivo che ha risposto alla
sicurezza e protezione sociale.
domanda di salvezza temporale, rinominandola
Le crisi del progresso
Al passaggio fra Otto e Novecento l’ Europa ha assistito al venire meno della
fiducia incondizionata nell’ avanzamento progressivo che scorre insieme con il
divenire storico. Penso a Sorel e a Spengler. In sociologia alla
distinzione
weberiana fra progresso dei mezzi e politeismo dei fini e dei valori: Weber vedeva il
processo storico di razionalizzazione come costruzione della gabbia d’acciaio, in
cui la libertà degli individui avrebbe rischiato di essere rinchiusa. Negli anni Trenta
del XX secolo, Husserl riaffacciò la domanda “se esiste veramente una crisi delle
scienze, nonostante i loro continui successi”
(E.Husserl,La crisi delle scienze
europee e la fenomenologia trascendentale,tr.it.1961,p.33), poiché il successo pratico
non esclude la crisi dei fondamenti.
Alla
domanda se
il sapere scientifico e tecnologico sia una connotazione
esclusiva della società europeo-occidentale, gli
storici della scienza hanno in
genere risposto che fino ad un dato momento della storia vi è stata “ibridazione
reciproca”
delle tradizioni e delle culture orientali ed occidentali: si pensi all’
apporto della cultura araba medievale al pensiero filosofico e scientifico. A partire
dal XVII secolo( e
secondo alcuni, come conseguenza diretta della riforma
protestante e del “disincantamento” Entzauberung - del cosmo )
la scienza potè
affermare la sua visione del mondo, attraverso il principio del dubbio metodico e
della libertà critica( espresso nella sentenza:
nullius in verba iurare). Dubbio e
libertà sono la sostanza della stessa democrazia,
in quanto condividono il
riferimento ad una sfera pubblica in cui avviene la
formazione discorsiva e
controllata di opinione e consenso
Il controllo sociale
della tecnologia
La globalizzazione evidenzia un profilo ambivalente della tecnoscienza ossia il
rischio di perdita della capacità sociale di controllo . Nuovi saperi e mezzi (prima il
controllo della materia atomica e subatomica, poi l’intelligenza artificiale, adesso l’
ingegneria genetica ) revocano in dubbio
distinzioni ritenute auto-evidenti e
acclarate, come quelle fra
ambiente interno/esterno, mente/corpo, vita/morte,
individuo/specie e
spostano i confini del fattibile al di là del controllo sociale
:”non c’è aspetto della nostra esistenza che non venga toccato da queste nuove
frontiere della ricerca in
cui l’uomo medio non può esercitare una vigilanza
intelligente”(G.Steiner, in “Vita e Pensiero”,n.3,2004,p.31). “L’uomo
è
antiquato”(G.Anders) di fronte ai prodotti stessi della sua azione.
Se il governo del conoscere è lasciato alla tecnologia, questa affermerà la sua
logica immanente
:” se una cosa si può fare, si finirà per farla. Se una cosa è
possibile, prima o poi diventa
doverosa Una potenza che non ha direzione, che
afferma la sua direzione semplicemente accrescendo la sua potenza, nutre la pretesa
dell’ uomo di “autoautorizzarsi ” a fare, per la semplice ragione che ne è (divenuto)
capace.
Il disorientamento e la perdita di senso
Il paradosso di una tecnologia onnipotente, ma per dir cosi’ non vedente, si
completa con la dissoluzione della domanda di
senso ad opera della cosiddetta
postmodernità o della “modernità liquida” (Bauman). La cultura del postmoderno
abolisce la pretesa di conferire razionalità al processo
della storia in quanto
dissolve l’idea stessa di un divenire dotato di senso ;immerge il divenire
in un
eterno presente di fluttuazioni,
dichiara finite le certezze di un cammino
da
compiere “da- a”, da non piu’ a un non ancora. Il nichilismo, convinto che non abbia
senso cercare di dare senso al mondo, al sé, alla storia, proclama che
è meglio
cessare di porre la domanda. It’ s all in pieces / all coherence gone,diceva John
Donne:
il mondo non è fatto a pezzi, ma è in pezzi, un puzzle che non si
ricompone più perché si è perso il quadro dell’insieme.
La sociologia luhmanniana sostiene che il sistema sociale
mantiene il suo
ordine senza avere
apparente
bisogno di un senso umano riconoscibile,
attraverso mezzi automatici come la forza, lo scambio, la finzione. Si passa cosi’
dalla persona soggetto, che afferma la sua possibilità di sussistere come attore
dotato di capacità creativa, riflessività, progettualità, responsabilità, apertura, alla
persona collezione:
individui che costruiscono il bricolage dei loro universi di
significati, senza avere(o poter-ancora- avere) alle spalle dei sistemi forti di valori
interiorizzati entro appartenenze solide.
Ritorno alla religione?
In via di osservazione la sociologia della religione osserva che alla perdita di
influenza del Cristianesimo intra- ecclesiastico si accompagna oggi un ritorno
del
sacro che manifesta un
pluralismo(o mercato)
religioso “ che non ha
l’eguale nella storia dell’ Occidente’(Filoramo) .Che la religione ritorni ad affermarsi
come
via di salvezza offerta agli individui che abitano un pianeta di naufraghi e di
poveri; come principio di identità personale e legame sociale in un contesto che
indebolisce le
appartenenze politiche e ideologiche;come fondamentalismo
integralista che pretende di affermare praticamente la verità delle propire credenze,
tutto ciò contraddice la la tesi weberiana della razionalizzazione come disincanto
e della secolarizzazione avanzante come destino globale.
L’Europa si pone al centro di un inedito scontro di civiltà, che ha segnato la sua storia
interna attraverso il
confronto fra
illuminismo e cristianesimo degli ultimi tre
secoli;uno scontro sul ring , per dir così, della storia, che
ha lasciato entrambi i
contendenti spossati e lasciati barcollanti (“ fede e ragione si sono impoverite e
sono diventate entrambe deboli l’una di fronte all’altra”,v.enc. Fides et Ration,n.59)
“ Lo spettro di credenze religiose ormai morte incombe assai più sull’ Europa che
sull’ America” . Questo commento( del neo-con Fukuyama) mostra la sua vena
apologetica quando osserva : “Non si può certo asserire che razionalismo e
secolarizzazione siano le inevitabili ancelle delle modernizzazione… La gabbia
d’acciaio ha preso il nome di globalizzazione, ma non è poi cosi’ male”. E anche: “l’
’Europa è attualmente un continente pacifico, prospero,razionalmente amministrato e
totalmente secolare. Certo gli Europei continuano a usare termini quali ‘diritti umani’ e
‘dignità umana’che affondano le radici nei valori cristiani della loro civiltà. Ma pochi
sarebbero in grado di spiegare in maniera coerente perché continuano a credere in
essi”.
Dimensione cognitiva e pragmatica della credenza
The will to believe è la nota espressione di William James, che considera la fede
come
un diritto, da assumersi anche correndo il rischio di andare incontro all’
errore.
La pienezza dell’ esperienza umana non è possibile a ottenersi attraverso
un conoscere puro e definitivo, che conduce ad assoluta certezza; tale sapere infatti
non è dato, ma
per
agire si devono e muovere insieme le due lame della
conoscenza e dell’ azione, come la forbice morde la realtà solo se entrambe le sue
lame sono messe in moto.
E’ un fatto che l’ esito nichilista acutizza il bisogno di credere come risorsa
pragmatica di orientamento post-secolare. La situazione del voler-e-non-potercredere è espressa in forma eccellente in una poesia di Czeslaw Milosz( Orfeo ed
Euridice 2000 anni dopo).
Nella sua fede aumentò il dubbio,
e si avvinghiò a lui come una fredda edera.
Incapace di piangere, pianse sulla perdita
dell’umana speranza nella resurrezione dei morti.
Perché adesso era come un qualsiasi mortale,
la sua lira taceva e nel sogno era senza difesa.
Sapeva che doveva aver fede e non ne era capace.
Cosi’ rimase per quello che sembrò un tempo interminabile,
contando i suoi passi nel torpore semicosciente.
Albeggiava. Apparve un anfratto roccioso
sotto l’ occhio luminoso dell’ uscita sotterranea.
E avvenne ciò che aveva intuito.Quando voltò la testa,
dietro di lui sul sentiero non c’ era nessuno.
Sole. E cielo, e là le nuvole.
Soltanto ora esplose dentro di lui il grido: Euridice!
Come farò a vivere senza di te, o mio conforto.
Ma l’erba profumava, ronzavano basse le api.
E si addormentò, con la guancia sulla tepida terra.
(C.Milosz scritta dopo la morte della
Carol,2002,traduzione di Francesco M.Cataluccio
giovane
moglie
americana
Pluralismo e/o scontro fra culture
Nella globalizzazione, tradizioni storiche finora separate pongono in necessario
contatto
identità,
che derivano dall’ orizzonte dei
simboli fondanti, delle
narrazioni costitutive, delle religioni). Taluni concludono che la
storia arbitra la
forza e la plausibilità delle diverse tradizioni ed afferma la superiorità della cultura
occidentale, che detiene scienza e democrazia. Si può , al contrario pensare che
il riconoscimento di valori
universalmente validi non implica che essi abbiano
avuto o
debbano avere in ogni società la stessa attuazione. Per cui il compito di
dare corso alla ricerca di principi comuni a tutti gli uomini richiede di abbracciare la
molteplicità delle esperienze umane, senza avanzare pretese di esclusività in nome
di un solo modello, ritenuto superiore.
Non è da nascondersi che quello che è stato chiamato “il coraggio di un nuovo
umanesimo” ,da perseguire nelle
relazioni intersoggettive come in quelle
interculturali e interreligiose, risponde più ad esigenze pratiche, alla necessità di
realizzare dei compromessi che evitino conflitti e scontri distruttivi. Compromessi
che devono sempre fare i conti con la pretesa della unicità delle fedi alla loro
esclusiva pretesa di verità. Non aiutano soluzioni del passato come il racconto
delle tre anella che concilia i monoteismi, l’ “una religio in rituum varietate” su cui
Nicola Cusano poggiava la sua ricerca di pace fra le fedi dopo la caduta di
Costantinopoli nel 1452, o le concezioni alla Lessing, di una rivelazione evolutiva
che discioglie le ragioni del Cristianesimo nel Cristianesimo della ragione. Il
problema è storicamente nuovo.
Dall’analisi sociologica all’intervento sociale: benessere salute e politiche
di welfare
Il concetto di benessere
Il passaggio rilevante nelle società occidentali è l’ingresso nella prosperità attraverso
l’economia. Bisogna però distinguere:
- crescita economica ( growth) l’ incremento nel tempo di variabili quali Pil
complessivo, Pil pro capite, reddito complessivo, reddito pro capite, spesa per
consumi, ecc
-sviluppo economico (” non possiamo semplicemente affermare che la produzione
misura il progresso economico. Un incremento della produzione potrebbe essere
facilmente accompagnato da un declino del benessere economico, quando la maggior
produzione è causata da una minore durata del capitale fisso o da una minore
efficienza nel suo utilizzo” ( K.BOULDING,Income or
welfare,1950). Lo sviluppo
economico è crescita che si autosostiene nel tempo: W.W.ROSTOW, The stages of
economic growth, 1957,tr.it. Torino,1961, distinse al riguardo lo sviluppo per fasi
storiche: stagnazione, formazione dei prerequisiti, decollo(take-off), maturità, stadio
dell’opulenza.
La produzione del benessere è stata posta a fondamento dello sviluppo economico
nel secondo dopoguerra nelle società occidentali( J.K.Galbraith,
The affluent
society,1958,tr.it. ,Torino,1971).
Lo sviluppo economico genera aumento della
ricchezza, complessiva e pro-capite, ed aumenta il tenore di vita degli individui
attraverso
consumi su un mercato che consente di accedere a beni e servizi,
diversificati per quantità e qualità. A sua volta, lo sviluppo accresce le quote di
reddito da destinare,
attraverso la tassazione,
al finanziamento della spesa
pubblica, che assicura una
offerta crescente di servizi pubblici sociali
(sanità,scuola,assistenza). In tal modo si consolida una
sicurezza sociale, che
garantisce nel tempo i livelli di vita conseguiti dagli individui.
Negli anni Settanta fu introdotto il concetto di qualità sociale. Esso designa
i
beni “inclusivi “ , che possono essere fruiti contemporaneamente da più persone
senza che ciò limiti l’accesso : infrastrutture, beni culturali, ambiente, salute,
informazione. I beni inclusivi
non sono di norma ottenuti attraverso dispositivi
di mercato, ma
formano oggetto di investimenti collettivi(pubblici e privati) e
concorrono alla qualità complessiva della vita individuale e associata.
Nella ricerca dei cosiddetti universali del benessere, è stata introdotta la nozione di
capacità(Sen).Sono tali le potenzialità di cui gli individui dispongono per soddisfare i
requisiti di funzionamento della natura umana; le capacità riguardano sia la sfera
della sicurezza(es.vivere vivere a lungo) sia quella della integrazione sociale e
culturale. La teoria delle capacità pretende un fondamento antropologico oggettivo
in quanto i funzionamenti che le capacità soddisfano sono iscritti nella “natura
umana “ (anche se di questo termine non si dà una nozione metafisica, ma con
riferimento a ciò che consente di definire tale ogni essere umano- qualunque sia la
cultura e società di cui fa parte).Le capacità sono perciò poteri (dynamis) reali , non
mere postulazioni;
l’attribuzione o la negazione di diritti incide sul pacchetto di
capacità di cui un individuo dispone.
L’ ulteriore distinzione fra crescita, benessere e felicità è un passo compiuto da
economisti (v. Richard Layard, Happiness.Lessons from a New Science,Allen Lane,
2005;tr.it.Milano,2005). L’incremento del potere d’acquisto e del Pil è necessario per
risolvere i problemi primari di sopravvivenza. La soddisfazione duratura, di individui
come di popolazioni , dipende dell’esperienza positiva di altri fattori come: relazioni
famigliari;situazione finanziaria; lavoro; comunità e amici;salute;libertà personale.
SICUREZZA (vitale, sociale)
-sicurezza elementare,
integrità fisica e psichica rispetto a bisogni vitali di
sopravvivenza o sussistenza (cibo, vestiti, riparo)
-inclusione entro standard di vita ,socialmente normali,
di reddito(assenza di
povertà) lavoro, istruzione,abitazione,salute ( sicurezza sociale )
PROSPERITA’ (o BENESSERE in senso stretto)
ottenimento di livelli adeguati di consumi sul mercato(consumi acquisitivi)
-disponibilità e fruizione di beni “inclusivi”(ambiente, cultura, salubrità,sicurezza
collettiva) che non sono appropriabili individualmente e determinano la qualità
sociale della vita
FELICITA’ /COMPIUTEZZA
-soddisfacimento di impegni soggettivi e personali(dal “bisogno” come carenza al
“progetto di vita”,al ”desiderio”)
-autorealizzazione dell’individuo, compimento-maturazione del sé(secondo Maslow
il bisogno piu’ elevato e finale : “diventa ciò che sei”)
Il concetto di salute
La nozione di salute, adottata dall’ OMS già nel 1948 ,e ampliata nel 1984 , indica
la capacità dell’individuo di avere un rapporto vitale equilibrato con il suo ambiente
di esistenza
e di conseguire il pieno dispiegamento delle sue potenzialità,
fisiche,psichiche e sociali. Questa nozione non va esente da alcuni elementi di
convenzionalità.
La salute come costruzione sociale mette in gioco la rappresentazioni culturali (i
valori) di ciò che è desiderabile per gli individui e la società. Anche nel rapporto con
la malattia si trovano elementi di risposta sociale e culturale: si pensi alla differenza
fra l’idea che la malattia sia un effetto di stregoneria(witchcraft),presente fra la
popolazione africana degli Azande studiata da Evans Pritchard e l’idea, emersa solo
nel secondo Ottocento con la microbiologia di Pasteur, che la malattia sia causata da
germi patogeni a diffusione randomizzata.
Culturali sono anche i processi di
socializzazione verso la malattia e la formazione delle risposte individuali verso
dolore, sofferenza,morte. Quanto ai modelli di trattamento troviamo:
-la medicina scientifica o biomedicina, che vede il corpo come macchina ,e la
clinica come tecnica oggettiva( Michel Foucault Nascita della clinica)
-le medicine naturali o dolci, fondate su un approccio “olistico” (corpo-mente,
natura-cultura)alternativo o complementare alla biomedicina;
-i trattamenti non medici: riti di salvezza, nuove religioni, gestione della malattia e
del malessere entro il proprio gruppo sociale di riferimento.
Negli anni Sessanta i riferimenti socioculturali della salute misero in questione
soprattutto le pretese di scientificità della psichiatria di matrice positivistica
La
pratica psichiatrica fu criticata
come una tecnica di trattamento basata sulla
reclusione
e
l’internamento(Foucault),
entro
“istituzioni
totali”(E.Goffman:Asylums,1968),
con fini di controllo degli individuati aventi
comportamenti etichettati come devianti. Negli anni Settanta ebbero cosi’ corso i
processi
di de-istituzionalizzazione: chiusura dei grandi ospedali psichiatrici,
limitazione del trattamento sanitario obbligatorio entro gli ospedali generali,
diffusione di servizi territoriali(centri di salute mentale), “psichiatria di comunità” (
assorbimento della problematica psichiatrica nel sistema dei servizi e nelle risorse di
aiuto informale). Da allora permane la questione di quanto la psichiatria sia
“sanitaria” e di quanto sia “sociale ed assistenziale” .La risposta ha implicazioni
pratiche e teoriche ,che riguardano le interpretazioni della follia,del disagio mentale,
delle sue basi organiche,del trattamento(con farmaci o con parole)
Determinanti sociali della salute
L’analisi dei rapporti fra malattie e società è oggetto proprio della epidemiologia.
Questa disciplina mette in evidenza come lo stato di salute/malattia sia condizionato
da fattori sociali ed abbia sua volta conseguenze sociali. Le connessioni riguardano:
il genere (fra le donne piu’ elevata sopravvivenza,ma anche maggiore incidenza delle
malattie croniche e delle disabilità prolungate); l’accesso diseguale al sistema delle
cure( per fattori di costo e culturali:i ceti medi hanno più confidenza con i servizi
sanitari ed i loro operatori); l’occupazione( sono piu’ elevati i tassi di mortalità in chi
non ha lavoro, è disoccupato,immigrato, svolge lavori usuranti). La generazione, la
classe sociale, l’etnia, modellano le risorse materiali e culturali per l’ accesso ai
servizi , con conseguenze sui tassi di sopravvivenza e sulle speranza di vita.
Un indice sintetico di grande rilevanza epidemiologica riguarda la durata e la
speranza di vita delle popolazioni . Quella alla nascita è un elemento del cosiddetto
Indice di Sviluppo Umano delle Nazioni Unite (“cosa vuoi fare da grande? Vivere”:
campagna Unicef contro la mortalità infantile). Si noti che i tassi di mortalità infantile
non sono correlati direttamente nei diversi paesi al pil pro-capite.
In Italia fino agli anni Cinquanta il modello riproduttivo prevalente era stato : alta
natalità-alta mortalità infantile-bassa sopravvivenza in età anziana. Oggi abbiamo un
regime demografico del tutto rovesciato rispetto al passato, con bassa natalità,bassa
mortalità infantile e bassa mortalità anziana).L’ invecchiamento è l’incidenza della
popolazione over 65 (
soglia convenzionale di ingresso nella cd “ terza età” ) sul
totale della popolazione, incidenza che
cresce sia per l’allungamento nella durata
media della vita, sia per la contrazione della natalità.
La speranza di vita “in buona salute” misurata ai 65 anni di età serve a valutare le
conseguenze dei processi di invecchiamento sui sistemi sanitari e di welfare. Piu’
che l’invecchiamento in sé, conta infatti la domanda di cure (sanitarie e socioassistenziali) che esso comporta: in relazione alle trasformazioni della famiglia(con la
scomparsa o la limitazione dei care-givers informali) ed alla organizzazione dei
servizi( ricoveri in strutture protette, centri e strutture intermedie sul
territorio,domiciliarità, ricorso al mercato, attivazione della famiglia e della comunità
sociale ecc.)
L’educazione sanitaria è una attività sociale di formazione e informazione che incide
sui modelli di comportamento, sia in termini culturali generali sia con dirette
prescrizioni.La tendenza alla prescrittività sembra in aumento nei confronti di stili di
vita e comportamenti ritenuti a rischio. Si veda ad es. il cambiamento in corso nella
valutazione sociale nei confronti del fumo, che oggi è
oggetto di estesa
riprovazione –sociale e anche giuridica - come segno di noncuranza
rischio e al costo sanitario indotto.
ai fattori di
Il circuito dei servizi
Per analizzare il circuito di accesso e fruizione degli individui nel sistema dei servizi
sanitari disponiamo di quattro modelli teorici.
1.La scelta razionale: l’ individuo è visto
come un consumatore-cliente su uno
specifico mercato. Sceglie i fornitori dei servizi in ordine alle sue preferenze ed al
calcolo razionale della
sequenza di comportamento che ritiene più
efficace per
affrontare e risolvere il suo squilibrio di salute; gli individui hanno dei vincoli ( potere
d’acquisto, competenza nel giudicare gli esperti , libertà di defezionare ) che limitano
la loro effettiva libertà di movimento nel sistema dei servizi;
2. la carriera organizzativa: quando l’individuo si affida ad una organizzazione dei
servizi, deve assumere il ruolo che questa gli conferisce e cooperare con gli altri
ruoli organizzativi per affrontare e risolvere il suo squilibrio di salute; la qualità
dell’organizzazione condiziona la qualità delle risposte,
3. l’arena pubblica: nei sistemi sanitari di welfare che funzionano in base di
assicurazioni sociali e soprattutto di Servizio sanitario nazionale, la fornitura delle
prestazioni si inscrive in un quadro politico di diritti attribuiti al cittadino. Il cittadino
ha titolo di ricevere le prestazioni e attende la soddisfazione delle sue attese. Una
importante funzione di smistamento(gate-keeping) compete agli operatori che si
trovano a contatto con la domanda (medico di base, assistente sociale territoriale
ecc.) Questo modello vede una prevalente responsabilità istituzionale pubblica nel
determinare
livelli e tipologia delle prestazioni,nonché
vincoli all’accesso (ad
es.introduzione dei ticket) ,che determinano i conseguenti comportamenti
dell’
utenza.
4 l’interferenza culturale: l’individuo si presenta all’organizzazione dei servizi con un
proprio “retroterra” sociale e culturale, che si riflette nella formulazione del suo
malessere; ma l’organizzazione “traduce”(codifica) il problema nei termini del
suo(dell’organizzazione) linguaggio, in modo da consentire
il trattamento. In
generale, i due sistemi culturali a confronto (dell’individuo e dell’organizzazione) non
sono sovrapponibili.La differenza è forte soprattutto nel caso di etnie differenti o di
gruppi marginali. Il circuito dei servizi può generare conflitti culturali (si pensi alle
pratiche sanitarie inerenti famiglia,educazione,riproduzione, morte ecc.)
Riprendendo Hirschman(Exit voice and loyalty,tr.it.1982), si vede che il primo
modello è caratterizzato dalla logica dell’exit (se non sono soddisfatto, cambio
fornitore),il terzo dalla logica della voice( se non sono soddisfatto cerco di farmi
sentire presso il fornitore). La lealtà esprime la stabilità dei rapporti entro il circuito
dei servizi. Si osservi che nella sanità ricorrono situazioni estreme (malattie terminali,
cronicità, bisogni assistenziali acuti) che mettono in tensione la lealtà dei rapporti e la
razionalità dei comportamenti( si pensi al diffondersi delle pratiche salutistiche
alternative, al fai da te curativo, alla ripresa di interesse per terapie miracolistiche).
Le politiche sociali
Le politiche sociali realizzate nell’ambito degli Stati sociali( welfare states) hanno
come obiettivo la lotta all’ indigenza, l’ inclusione sociale, l’ uscita permanente
dalla condizione di povertà, attraverso dispositivi istituzionalizzati di sicurezza.
La difficoltà
delle politiche di welfare state nella fase attuale si riconducono a due
elementi di fondo.
I, Il prevalere di politiche economiche liberiste tende
a ridurre lo spazio degli
interventi pubblici (riduzione della fiscalità, critiche all’ universalismo di cittadinanza
ecc.)
Ii, l’emergere di domande soggettive
che non vengono soddisfatte attraverso
prestazioni standardizzate( Marco Ingrosso,La scomparsa del benessere sociale,
Angeli ,Milano,2003).
Da un lato, superata la soglia della sopravvivenza fisica ed
assicurata una misura di inclusione sociale , il compito del benessere ritorna alle
scelte degli individui; dall’altro
la minaccia di ri-discendere sotto la soglia e il
diffondersi di nuove forme di insicurezza e povertà aprono domande di sicurezza e
campi di intervento per nuove politiche sociali.
L’intervento sociale del futuro è chiamato a fornire risposte a problemi emergenti da
trasformazioni demografiche(invecchiamento, nuovi tipi di famiglia, immigrazione) e
da flessibilità/precarietà del lavoro. Un contesto
connesso al welfare locale
richiederà di inserire i programmi di tutela e inclusione nelle
politiche che
perseguono coesione e sviluppo sociale a scala territoriale definita.
Nuovi ambiti di intervento per un welfare locale e flessibile sono pertanto:
-la prevenzione dei rischi sociali diffusi
-il
fronteggiamento di situazioni
problematiche
spiazzanti,
attivazione e
rafforzamento di reti sociali di aiuto
-il supporto organizzato, dei servizi nel quadro del cd. lavoro di rete, con centri di
servizi di zona, servizi facilitatori di mediazione e sostegno, centri per le famiglie;
-la
promozione di benessere psicologico anche a livello individuale ( centri di
ascolto e consulenza personalizzata);
-la generazione di ambienti sani, contesti accoglienti ,città vivibili;
-l’ empowerment di “comunità competenti “ ad affrontare disagi e problemi collettivi.
Professioni sociali
Le politiche sociali richiedono decisori politici, modelli organizzativi ed operatori
sociali che le realizzino con adeguata preparazione professionale. Parliamo allora di
professioni sociali; dette anche professioni di aiuto( helping p.);di accudimento e
assistenza(caring p.);produttrici di benessere( welfare p.); di relazione(in quanto si
basano sulla produzione, l’uso e il mantenimento di relazioni tra persone e tra
persone e organizzazioni). Alcune hanno una consistente tradizione(infermiere,
assistente sociale, psicologo), altre sono di recente formazione o ridefinizione
(educatore, sociologo clinico, pedagogista clinico,animatore, assistente domiciliare,
assistente famigliare).
Le
professioni “ sono una classe particolare di ruoli occupazionali, ovvero,da un
altro punto di vista,i gruppi di persone che svolgono ruoli di un certo tipo”: Talcott
Parsons, voce Professioni, in Enciclopedia del Novecento,Istituto dell’ Enciclopedia
Italiana,1980,vol.V,pp.588-594). Sulla base di questa definizione si individuano
professioni nate nel Medioevo europeo( religiose, mediche,
legali) , professioni
tecniche portate dall’industrializzazione e professioni più recenti, che non hanno
ancora
acquisito lo status
di professioni
a pieno titolo(semiprofessioni:per
Parsons nursing, servizio sociale ecc.). Interessante ricordare che Parsons costruisce
la sua teoria della neutralità affettiva sulla relazione medico-paziente: il ruolo del
medico non deve essere subordinato alle caratteristiche sociali e culturali del
paziente.
La prospettiva funzionalista delinea il professionalismo come la “terza logica” di
azione sociale, distinta dai valori commerciali del mercato e i valori funzionariali
delle burocrazie pubbliche. Il professionismo comporta:
-un sistema di valori orientato al servizio (al) pubblico (beruf:Weber );
-un saper e saper fare competente, che deriva dal possesso, formato e certificato, di
conoscenze scientifiche e tecnologiche ( universalismo cognitivo delle professioni)
-una regolazione interna al gruppo dei pari, che si esprime in norme eticodeontologiche e strutture di controllo(Ordini professionali).
In Italia l’ ordine dei
medici risale al 1910, il collegio degli infermieri al 1954, l’ordine degli assistenti sociali
al 1993.
Le critiche degli anni Settanta attaccarono il
modello funzionalistico delle
professioni come occupazioni di livello superiore utili al progresso della società, con i
seguenti argomenti:
i, -sono monopoli della conoscenza, che demandano ogni intervento ad esperti
competenti, e deprimono le capacità popolari,diffuse, di rispondere direttamente a
bisogni( Ivan Illich critica il sistema sanitario, con la tesi radicale che l’ aumento di
sanità fa regredire la salute:Nemesi medica,tr.it. 1976);
ii, –sono situazione di potere e fonte di rendite economiche dei gruppi di
competenti che si pongono al servizio delle classi dominanti (V.Navarro)
iii, - ignorano identità differenti di genere, generazione , etnia ecc. Alla neutralità
affettiva si contrappone il principio che “l’identità conta” e la cultura professionale
non si deve sottrarsi alla interazione con modelli culturali esterni al campo
scientifico- tecnico specialistico.
Queste critiche sembrano toccare poco le professioni sociali , di status debole. Tra
i i problemi più dibattuti ed aperti sono :
i confini interni fra le diverse professioni sociali, i
problemi di gerarchia,
collaborazione, separatezza;le forme della collaborazione (su casi, su problemi su
programmi in politiche integrate); il rapporto con le professioni sanitarie( mediche e
para-mediche)
la tensione fra ricerca di stabilità dell’ identità professionale ed esigenze di variabili
contesti operativi e organizzativi (problemi dell’ autonomia e del mandato);
la dimensione cognitiva: le fonti per la costruzione del loro sapere, i nessi fra sapere
teorico, riflessività critica, apprendimento dall’esperienza
V.
W.TOUSIJN,
Professioni,
in
Enciclopedia Italiana delle Scienze
sociali,vol.VII,Roma,1997; D.REI,v. Professioni sociali, in Dizionario del Servizio
sociale, Carocci,Roma,2005;