il geometra bresciano il geometra bresciano

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il geometra bresciano il geometra bresciano
IL GEOMETRA
BRESCIANO
Anno XL N. 1
gennaio-febbraio 2015
Rivista bimestrale
d’informazione
del Collegio
Geometri
della provincia
di Brescia
con la collaborazione dei
Collegi delle province di
2015
1
Spedizione in a.p. 70% - Filiale di Brescia
IL GEOMETRA BRESCIANO
Lodi
Sondrio
1
IL GEOMETRA
BRESCIANO
Rivista bimestrale
d'informazione
del Collegio Geometri
della provincia di Brescia
Il quadro della pittrice
prof. Livia Cavicchi, esposto nella sede del Collegio
Geometri di Brescia, sintetizza con efficacia la
multiforme attività del geometra nei secoli.
Direttore responsabile
Bruno Bossini
Sommario
Segretaria di redazione
Carla Comincini
EDITORIALE - Perchè ai giovani conviene
2
iscriversi all'Albo
SICUREZZA CANTIERI - Modelli semplificati per la redazione del PSC (Parte 2) 44
Redazione
Lara Baghino, Stefano Benedini,
Nadia Bettari, Mario Comincini,
Alfredo Dellaglio, Giovanni Fasser,
Piero Fiaccavento, Stefano Fracascio,
Francesco Ganda, Franco Manfredini,
Gabriele Mercanti, Giuseppe Mori,
Fulvio Negri, Matteo Negri, Matteo Panni,
Giovanni Platto, Andrea Raccagni,
Nicolò Sarzi Sartori, Marco Tognolatti,
Simonetta Vescovi
INTERVISTA - La Cassa dei Geometri pronta
alle sfide impegnative della nuova previ4
denza
AGRICOLTURA
Condizionalità 2015 per gli operatori agri60
coli
63
Acque pubbliche e private
Hanno collaborato a questo numero
Beppe Battaglia, Andrea Botti,
Alessandro Colonna, Aldo Di Bernardo,
Marcello Di Clemente, Antonio Gnecchi,
Stefano G. Loffi, Alessandro Rizzi,
Franco Robecchi, Alessandro Ruffoni,
Valeria Sonvico, Giuliano Vacchi,
Giuseppe Zipponi
Direzione, redazione e amministrazione
25128 Brescia - P.le Cesare Battisti 12
Tel. 030/3706411
www.collegio.geometri.bs.it
DAL CONSIGLIO NAZIONALE - Protocollo
d'Intesa tra CNGeGL e Consiglio Nazio12
nale del Notariato
DALLA CASSA DI PREVIDENZA - Contribuzioni minime e rivalutazioni per il 2015 16
DAL COLLEGIO DI BRESCIA
Videoconferenza sulle tematiche di orienta18
mento al percorso scolastico
Un sentito ringraziamento a Francesco Lo19
nati
DAL COLLEGIO DI SONDRIO
Tra acqua e pietra La strada da Colico a Riva
20
(Parte 1)
Un aneddoto e... l'I.M.U. sui terreni agricoli
montani
26
URBANISTICA
Il nuovo costo di costruzione dal 1 gennaio
66
2015
Commento al decreto "Sblocca Italia” in
materia urbanistica edilizia (Parte 1) 68
Vincolo Idrogeologico, addio...
77
CATASTO - La riforma del catasto, luci ed
ombre
78
ESTIMO-VALUTATORI - REV L'indicatore
europeo di qualità per il valutatore immobiliare
80
PREVENZIONE INCENDI - Regole tecniche
di Prevenzione Incendi per le attività non
soggette al controllo dei VV.F.
81
DAL COLLEGIO DI LODI - Francesco Agello,
l’idrovolantista più veloce del mondo 30
TECNICA - Architettura cimiteriale architet84
tura del paesaggio
Concessionario della pubblicità
Emmedigi Pubblicità
Via Arturo Toscanini, 41 - 25010 Borgosatollo (Bs)
Tel. 030/6186578 - Fax 030/2053376
SCUOLA
Istituiti i CPIA per la scuola serale per geo32
metri del “Tartaglia”
Fondazione Giovanni Agnelli: pubblicata la
graduatoria 2015 degli Istituti Tecnici 34
GEOLOGIA - Misure dirette della permeabilità dei terrene e delle rocce
88
Stampa
IGB Group/Grafo
Via Alessandro Volta, 21/A - 25010 San Zeno Naviglio (Bs)
Tel. 030/3542997 - Fax 030/3546207
FORMAZIONE - Seminario al “Tartaglia”
sulle tematiche della tutela paesistico-ambientale
36
Di questa rivista sono state stampate 6507 copie,
che vengono inviate a tutti gli iscritti dei Collegi di Brescia,
Lodi, Sondrio.
LEGALE
Responsabilità dell'appaltatore per vizi e
difetti nei contratti di appalto
38
Contratto preliminare e tutele legali connesse
41
Editing e impaginazione
Francesca Bossini - landau
Fotografie
Studio Eden
N. 1 – 2015 gennaio-febbraio
Pubblicazione iscritta al n. 9/75 del registro Giornali
e periodici del Tribunale di Brescia il 14-10-1975
Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale
D.L. 353/2003 (conv. L. 27/02/2004 n. 46)
art. 1, comma 1, DCB Brescia
CULTURA
93
Profumo di zagare dal “Tartaglia”
L'importanza dei particolari nella qualità
dell'ambiente costruito
96
Alla scoperta degli edifici con i tetti di paglia
e canna in un viaggio in Ungheria
102
Novità di legge
Aggiornamento Albo
106
108
Associato alI’USPI
Gli articoli firmati o siglati rispecchiano soltanto il pensiero dell'Autore e
non impegnano né la rivista né il Collegio Geometri. È concessa la facoltà di riproduzione degli articoli e delle illustrazioni citando la fonte. Gli
articoli e le fotografie, anche se non pubblicati, non si restituiscono.
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 1
EDITORIALE
Bruno Bossini
H
o avuto modo di
presenziare recentemente alla
riunione che, ogni anno, il
Presidente programma per il
doveroso saluto del Collegio
ai neo-geometri che hanno
superato l’esame di Stato e
quindi sono in possesso dei
requisiti per iscriversi
all’Albo. L’occasione mi ha
suggerito alcune riflessioni
sui profondi mutamenti organizzativi e strategici che, nel
tempo, hanno interessato il
nostro Collegio sul tema
dell’accessibilità all’Albo e
migliorato di gran lunga i suoi
rapporti con quei nuovi geometri che intendono iniziare
la loro attività professionale.
Anche oggi, come è sempre
stato, le motivazioni che spingono all'iscrizione continuano ad essere le stesse.
C’è sempre da una parte il
desiderio di trovare un lavoro
retribuito in un ambito attinente gli studi effettuati, e
dall’altra la convinzione di avere acquisito un grado di
preparazione professionale
tale da potersi misurare con
profitto in un mondo come
quello della libera professione, che pure in gran parte
resta per molti ancora sconosciuto. C’è anche, quasi
sempre, la speranza di poter
dare inizio alla propria attività con collaborazioni presso
studi o strutture comunque
legate alla professione in
modo da potersi, sin dall’inizio, garantire la necessaria
autonomia economica.
Sono però cambiati, ed a mio
parere in meglio, i mezzi con
i quali il Collegio ora si relaziona con i novelli geometri.
Ai miei tempi, parliamo di
2 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
Perchè ai giovani
conviene iscriversi all'Albo
parecchi lustri fa, gli aiuti che
il Collegio dei Geometri era in
grado di offrire ai neo-iscritti
per favorire il loro avvicinamento alla professione risultavano molto scarsi. Essendo
infatti la sua struttura operativa essenzialmente impostata sulla gestione delle così
dette attività istituzionali (tenuta dell’Albo, vigilanza sulle
attività professionali, liquidazioni parcelle ecc...), era
molto poco tempo il tempo
che poteva dedicare a far conoscere i vantaggi dell’iscrizione all’Albo e di fatto l'attenzione verso i giovani risultava alquanto limitata.
Questi ultimi dovevano
quindi in gran parte “arrangiarsi” da soli, e se in quest’ottica i “figli d’arte” (ossia quelli
provenienti da famiglie di
imprenditori edili o di professionisti del ramo) potevano
facilmente risolvere il problema in casa propria, a tutti
gli altri restava in concreto la
sola possibilità di rimboccarsi le maniche in cerca di
conoscenze ed opportunità
di lavoro, spesso affidandosi
all’aiuto di qualche collega
anziano che, testata la loro
effettiva capacità operativa
ed il loro impegno, avrebbe
poi avuto il modo di farli conoscere al Collegio e quindi
di proporne l’iscrizione
all’Albo.
È ciò appunto che è capitato
anche a me che – devo ammetterlo – ho avuto al riguardo una grossa fortuna:
quella di incontrare sulla mia
strada il Beppe Tedoldi Zatti,
indimenticato geometra e topografo, fra i più considerati
in città e provincia. Da lui ho
avuto modo di apprendere i
primi rudimenti del rilievo
plano-altimetrico, utilizzando per le prime prove in
campagna i suoi strumenti
topografici (il distanziometro
Salmoiraghi ed il teodolite
Wild) e di impratichirmi
all’uso del primo calcolatore
informatico da me conosciuto
(il mitico portatile Hewlett
Packard) per la risoluzione
delle poligonali ma anche
per i primi calcolo di c.a..
Sono stati mesi importanti
per la mia formazione professionale, in quel delicato passaggio dalla teoria alla pratica
che ha confermato la mia predisposizione per quel mestiere di geometra che avevo
scelto già dopo la scuola inferiore iscrivendomi al Tartaglia.
Ora il Collegio è in grado “accompagnare” i giovani
neo-geometri che mostrano
interesse ad accedere alla
professione con ben altre opportunità e molti più sono i
mezzi a sua disposizione per
dare risposte certe alle loro
aspettative. Per cominciare,
già molto tempo prima dell’iscrizione all’Albo, durante il
quinquennio di studi, si affianca all’attività didattica
con azioni promozionali ed
informative sulla Categoria e
sugli aspetti più salienti
dell’attività professionale. In
seguito, nel periodo del
post-diploma, si fa carico di
curare i corsi per praticanti in
modo tale da avvicinare i futuri geometri con maggiore
profitto alla prova dell'esame
di Stato. Dopo di esso, resta
sempre a loro disposizione
per ogni notizia inerente alla
libera professione con tutte
le precisazioni relative all’attività del Collegio e quella
degli Enti Nazionali di Categoria. In particolare fornisce
Queste le agevolazioni economiche
per i neo-diplomati che si iscrivono all'Albo
Collegio Provinciale
• Quota di iscrizione agevolata al Collegio provinciale (con un'età inferiore ai 28 anni al momento dell'iscrizione): 150 euro / anno (per i primi
due anni)
Cassa di Previdenza Nazionale
I geometri che iniziano la professione e si iscrivono per la prima volta alla
Cassa entro il 30° anno di età, godono delle seguenti agevolazioni per i
primi cinque anni di iscrizione:
• il contributo soggettivo obbligatorio minimo è ridotto a ¼ per i
primi due anni di iscrizione e a ½ per i successivi tre anni. In particolare, per l'anno 2015, corrisponde rispettivamente a: 687,50 euro e
1375,00 euro
• il contributo integrativo non è dovuto nella misura minima dai
neo-diplomati che sono tenuti a versare alla Cassa la sola autoliquidazione nella misura del 5% annuo sul volume d'affari effettivamente prodotto.
• Il contributo di maternità è dovuto nella misura intera ed è pari per il
2015 alla somma di 15 euro.
EDITORIALE
CATEGORIA E CULTURA
N
ai futuri iscritti informazioni e
chiarimenti sui costi fissi annuali ai quali andranno incontro durante l'attività con
le relative facilitazioni economiche per i primi 5 anni ( vedi
box a lato).
Per tutti gli iscritti – e quindi a
maggiore ragione per i
neo-geometri – il Collegio
poi, nell’ampia sua attività
formativa, organizza durante
l’anno corsi di specializzazione professionale in tutti
settori della pratica professionale. Ragione per cui la
sicurezza dei cantieri, la certificazione energetica, la bioedilizia, le attività di mediazione o amministrazione condominiale, le norme sull’anti
acustica e sulla prevenzione
incendi, il costante aggiornamento sulle attività catastali
ecc. costituiscono argomento
di trattazione si può dire giornaliera presso la sua sala tematica. Va aggiunta a questa
sua importante attività formativa la proposta dei seminari che normalmente si tengono presso l’istituto "Tartaglia", organizzati quali ulteriore momento di aggiornamento professionale, con
tutte le opportunità di conoscenza sulle procedure operative del nostro quotidiano
operare.
Non va poi dimenticato,
quale ulteriore ambito di
qualificazione tecnica, il sito
internet – molto seguito dagli
addetti ai lavori – che quotidianamente viene aggiornato
ed arricchito con i riferimenti
di tipo legale urbanistico e
tecnologico, così essenziali
nella moderna attività di progettazione.
Non ultimo il bimestrale dal
ei giorni scorsi è stato presentato, presso il Salone Vanvitelliano di Palazzo Loggia, il libro
sullo studio storico del quartiere denominato “Carmine”, quartiere attiguo a Piazza
Loggia per la quale l’anno scorso è stato
presentato un libro riguardante gli ultimi
cinquecento anni di storia per la principale
piazza bresciana (Piazza Loggia).
Il Collegio Geometri di Brescia dedica molto
impegno per diffondere cultura fra i propri
iscritti e non, con la realizzazione di pubblicazioni per far conoscere, a chi lo desidera,
la “brescianità” della gente bresciana degli
ultimi cinquecento anni.
Le nostre pubblicazioni ci vengono richieste
da molti cittadini, anche stranieri.
La storia del Carmine rileva molte contraddizioni rispetto alle credenze popolari. Andare
al Carmine aveva un significato ben specifico. Dire Carmine significava dire zona di
quale scriviamo, con le sue
comunicazioni, i suoi ragguagli tecnico pratici e le costanti sollecitazioni di tipo
culturale, anch’esse necessarie per il bagaglio di preparazione di ogni professionista
che si rispetti. C’è infine a disposizione dei giovani il lavoro delle Commissioni del
Collegio con il loro costante
approfondimento sulle tematiche settoriali e con l’interpretazione delle normative sulla professione che,
insieme al contributo tecnico
offerto dagli esperti incaricati
dal Collegio, costituisce
un'ulteriore opportunità di
aggiornamento professionale.
Ma il Collegio non si limita a
garantire ai giovani un'attività
formativa. In alcuni casi – e ciò
vale sopratutto per i neo-iscritti – riesce a procurare
anche opportunità di lavoro.
Ogni volta che gli enti pubblici ne fanno richiesta, infatti, si attiva per stipulare
convenzioni ad hoc che garantiscono a molti giovani ge-
malaffare ma non era così, al Carmine si
trovavano quelle attività artigianali particolari
che non si trovavano altrove, quell’artigianato economicamente povero, ma capace.
Nella gente del Carmine si trovava la brescianità che ha partecipato all’irredentismo
ed all’italianità, senza avere nulla in cambio,
dando persino la vita. Non lo facevano per
soldi, ne per potere e tanto meno per l’assegnazione di un feudo. Da sfatare l’idea
negativa del Carmine, riscoprendo le molte
positività.
A tutti gli iscritti e collaboratori, in modo
particolare alla dott.ssa Francesca Bossini
e prof. Vittorio Nichilo per le pubblicazioni
citate, ai geometri italiani operanti a qualsiasi
livello, vadano i migliori auguri, dal Collegio
di Brescia e i miei personali, di Buona Pasqua.
Il Presidente
Giovanni Platto
ometri un impegno professionale a tempo determinato.
Esperienze di lavoro oltromodo utili ed importanti,
queste, per creare le basi di
una loro futura attività nella
libera professione.
Alla quale attività, per concludere, oggi più di ieri i giovani
geometri possono avvicinarsi
con ulteriore sicurezza anche
grazie alla facilità con la quale
i ragazzi interloquiscono con
gli strumenti digitali, con il
web e con tutte le opportunità di aggiornarsi in tempo
reale che oggi risultano essere determinanti nell’operatività quotidiana.
Sono tutte motivazioni,
quelle esposte, che al di là
del pur naturale pessimismo
legato al perdurare della crisi
economica e di tutti i freni che
essa pone a nuove iniziative
lavorative, devono comunque indurre i giovani geometri a “provarsi” nella libera professione. Non fosse
altro che per le difficoltà e le
criticità che il lavoro dipendente in questo momento
storico sta “pagando” rispetto
ai tempi passati nei quali,
come ben sappiamo, lo stipendio fisso costituiva la garanzia massima per tutti gli
addetti ai lavori. L'attività
della nostra libera professione, ne siamo certi, non
mancherà di regalare loro
anche soddisfazioni economiche soprattutto se riusciranno a specializzarsi in quei
settori che risultano più richiesti nell’economia del
mercato.
L’invito ad iscriversi all’Albo è
è dunque rivolto a tutti i
neo-abilitati all’esame di
Stato, ma in particolare a
quelli fra loro che credono nel
mestiere del geometra, che
hanno voglia di mettersi in
gioco e intendono sperimentare sul campo la capacità di
inventarsi il proprio futuro, in
una professione come la nostra che necessita, per restare
al passo con i tempi, di rinnovarsi giorno per giorno anche
e sopratutto grazie al loro impegno e alla loro determina❑
zione.
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 3
INTERVISTA
La Cassa dei Geometri pronta
alle sfide impegnative
della nuova previdenza
Cala il numero degli iscritti e chi resta denuncia
un reddito minore: non è un buon segno per la
categoria e, di conseguenza, anche per la
nostra Cassa autonoma di Previdenza. Sale
infatti la percentuale dei contributi sul fatturato
di ogni iscritto e allo stesso tempo diminuisce il
valore delle nuove pensioni erogate, soprattutto
in virtù del nuovo sistema di calcolo,
contributivo e non più retributivo come vuole
una legge ormai erga omnes. Naturale,
pressoché scontato che tra i geometri italiani si
apra un vivace dibattito, non più ristretto
all’ambito dei delegati della Cassa ma aperto
agli interrogativi ed alle proposte di tutti,
Presidenti di Collegio, gruppi di colleghi,
semplici iscritti. Un dibattito che recentemente
ha preso più volte la forma di lettere e petizioni
inviate ai Collegi ed al presidente della Cassa,
Fausto Amadasi, che proprio in queste ultime
settimane ha risposto alle molte sollecitazioni
arrivate sulla sua scrivania con una lunga
lettera. Una missiva inviata a tutti gli iscritti che
rappresenta un punto fermo ed insieme l’avvio
di una nuova fase di discussione nel confronto
che anima la categoria. Prendendo lo spunto,
meglio dando per acquisiti i contenuti e gli
argomenti che il Presidente ha condensato
nella sua lettera, abbiamo deciso di chiedere
ad Amadasi la disponibilità per un’intervista
che come ogni anno, più o meno sempre in
questo periodo, da qualche stagione “Il
Geometra Bresciano” propone per un giro
d’orizzonte più ampio sui problemi e le
prospettive del nostro ente previdenziale. E
quello che segue è proprio il frutto d’una lunga
chiacchierata tra il nostro direttore Bruno
Bossini ed il Presidente della Cassa.
4 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
C
aro Presidente, torniamo ad incontrarci in
quest’inizio d’anno e la
temperie economica, la situazione
del Paese e della categoria continuano ad essere difficili. Temo che
anche la Cassa ne soffra…
“La nostra professione sta pagando un conto davvero pesante alla crisi economica ed
in particolare al blocco pressoché totale dell’attività edilizia. Ed è evidente che a soffrirne è anche la nostra Cassa
di previdenza che vede ridursi in maniera significativa
le contribuzioni ed il numero
degli iscritti. Fortunatamente
però qualche segnale di inversione di tendenza,
qualche segno di miglioramento cominciamo a coglierlo qua e là”.
Finalmente! Ecco una buona notizia: dal tuo punto privilegiato di
osservazione la crisi oggi appare
meno pesante di qualche mese fa?
“Sì, per ora si tratta di segnali
sparuti anche se significativi
ed inoltre sta emergendo una
mappa a pelle di leopardo,
con aree che paiono essersi
rimesse in movimento ed
altre ancora ferme. È il Sud in
particolare che mostra i maggiori segnali di vivacità, la
Campania, la Puglia, alcune
grandi città mentre il Nord sta
ancora soffrendo, se si eccettua Milano che grazie
all’Expo evidenzia qualche
elemento positivo”.
Come ti spieghi questa, per certi
versi sorprendente, ripresa a due
velocità?
“Non ho una lettura univoca,
ma la mia impressione è che
il Nord, che ha sperimentato
una delle maggiori crisi indu-
striali degli ultimi decenni,
fatichi a far riprendere proprio quel comparto, così
come in molte realtà si pagano ancora oggi scelte urbanistiche eccessivamente espansive dei decenni precedenti. Il Sud, ripeto, a macchia di leopardo appare più
vivace, ha una struttura economica più varia, vede i geometri impegnati al servizio
delle energie rinnovabili,
dell’agricoltura e del turismo,
settori un po’ meno colpiti
dalla crisi rispetto all’industria. Al Nord, se si eccettua
Milano, qualche segnale positivo arriva solo dal Trentino
e da talune aree dell’Emilia,
ma nel complesso il quadro
resta grigio, molto grigio”.
E quest’inversione di clima economico complessivo già si vede anche
nei flussi della Cassa?
“No, per il semplice motivo
che gli effetti contributivi di
questa nuova attività si avranno in capo a due, tre anni
entro i quali contiamo di
poter contabilizzare un significativo recupero dei versamenti da parte dei colleghi. In
sostanza il nostro inverno
previdenziale è destinato a
durare ancora per qualche
tempo, più o meno prevediamo fino al 2018”.
Proviamo a quantificare questa pesante riduzione di contribuzione che
la Cassa deve affrontare in seguito
alla crisi.
“In sostanza dal 2008 ad oggi
la contribuzione prevista alla
Cassa si è ridotta del 22%. In
pratica il valore assoluto non
è cambiato, ma sono stati vanificati, meglio non incassati,
i frutti di quei provvedimenti
INTERVISTA
di incremento percentuale
della contribuzione che erano stati previsti proprio per
far fronte al buco previdenziale ereditato dalle gestioni
antecedenti alla privatizzazione (1994) quando per anni,
con il sistema di calcolo retributivo, pagavamo assegni
che non avevano un adeguato
montante contributivo alle
spalle. Fin dalla presidenza
Savoldi ed anche su sollecitazione dei Ministeri vigilanti
anticipando le varie riforme
varate dal Parlamento e dai
Governi, la Cassa ha messo in
campo un percorso fatto di
maggiori contribuzioni per
garantirsi la sostenibilità nei
prossimi decenni (e come ricorderete il Ministro Fornero
ha imposto alle Casse autonome una sostenibilità di
mezzo secolo!). Questi provvedimenti, che si sperava a-
vrebbero dovuto assicurarci
un deciso recupero di sostenibilità, ci hanno consentito
almeno di affrontare questa
fase estremamente negativa
mantenendo inalterato il rapporto tra contributi e prestazioni perché le aliquote sono
cresciute come ogni geometra sa bene, ma sono diminuiti sensibilmente i redditi.
Se guardiamo al bilancio qual è
grosso modo la differenza tra entrate, cioè contributi, ed uscite, cioè
assegni di pensione e costi generali
di gestione?
“Il 2014 si è chiuso con una
sostanziale parità, anzi con
un piccolo avanzo positivo
dell’ordine dei 7/8 milioni di
euro. In buona sostanza abbiamo 480 milioni di contribuzioni e quasi altrettanto di
spese per le pensioni; il 2015,
anche grazie all’aumento al
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 5
INTERVISTA
Bruno Bossini, direttore
de "Il Geometra Bresciano”.
5% del contributo integrativo,
dovrebbe far emergere una
positività meno risicata. Ma il
problema più grave che la
crisi ha fatto emergere e che
si porrà anche per i prossimi
anni riguarda le morosità, ovvero il mancato versamento
dei contributi dovuti”.
Vogliamo dare qualche dato?
“Il nostro monte contributi
l’ho appena detto: siamo attorno ai 480 milioni. Ebbene,
negli anni passati abbiamo
sempre avuto una morosità
attorno al 7/8%, da quando c’è
questa crisi devastante che
colpisce duro tantissimi colleghi, facciamo i conti con una
morosità più che doppia,
siamo attorno al 20%”.
Proprio sulle morosità si concentrano anche molte delle critiche dei
colleghi intervenuti a vario titolo con
lettere e petizioni nel dibattito che
anima la categoria. Molti si chiedono se in un periodo tanto difficile
abbia avuto senso aumentare la
percentuale della contribuzione, se
non si dovessero prevedere sconti e
maggiori rateazioni…
“Ho letto tutte le petizioni e
le lettere dei colleghi, ma, pur
apprezzandole, mi pare non
colgano il cuore del problema. L’incremento delle
percentuali di contribuzione
non è stata una scelta estemporanea di Consiglio di Amministrazione e delegati, ma
l’inevitabile ottemperanza
alla legge Fornero ed alla esigenza di sostenibilità della
Cassa per i prossimi 50 anni.
Se non avessimo deliberato
gli aumenti, l’avrebbe fatto il
Ministro al posto nostro, togliendoci qual poco o quel
tanto di autonomia che an6 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
cora abbiamo. La Cassa ha
sfruttato fino in fondo ed a
favore dei colleghi quel piccolo ambito di discrezionalità
che la legge lasciava; per
questa ragione ad esempio
gli aumenti sono stati scaglionati negli anni, cosicché solo
nel 2018 arriveremo al 15%
del reddito ed al 5% dell’integrativo sul fatturato (per una
contribuzione complessiva
calcolabile dunque attorno al
22% contro una aliquota del
33,70 % , a regime per la gestione separata INPS). Altre
possibilità semplicemente
non c’erano”.
Su sconti e rateazioni invece si poteva fare di più?
“Lo sconto non esiste, non è
nel novero delle possibilità.
Mi sento invece di dire con
chiarezza che abbiamo fatto
tutto quello che era nelle nostre possibilità sul versante
delle rateazioni delle morosità, con un impatto non indifferente sui nostri conti. Ad
oggi abbiamo rateizzato per
un lungo termine, ovvero sino
a 54 rate mensili (4 anni e
mezzo) la bellezza di 630 milioni di contributi scaduti. E
per farlo abbiamo impiegato
il 25% del nostro patrimonio,
dal momento che il mancato
introito immediato andava
immediatamente coperto
per far fronte al pagamento
delle pensioni. Non è poco,
garantisco: non è poco!”.
Proviamo a guardare dentro questa
morosità: ad esempio quant’è il debito medio? Quanto di questo debito
complessivo è ancora esigibile?
“La maggior parte ha un debito tra i 10 ed i 15 mila euro
che originano rate non pesan-
tissime. C’è poi invece una
quota che noi definiamo di
morosi cronici, spesso legata
a posizioni border line, a colleghi che hanno situazioni
personali difficili: malattie,
problemi in famiglia, persone
che sono emigrate, altre coinvolte in fallimenti o crack
d’ogni tipo, questioni aperte
con la giustizia, insomma un
panorama variegato che corrisponde più o meno all’1%
degli iscritti (ovvero meno di
1.000 colleghi) per i quali, non
potendo contrattare una rateizzazione, dobbiamo prendere altri provvedimenti e
cominciare a considerare il
credito inesigibile. Nel complesso comunque sono circa
3.500 i grandi morosi, ovvero
coloro che da almeno 5 anni
non presentano alcuna dichiarazione e non pagano
alcun contributo”.
È un numero importante e sul quale
mi pare sia aleatorio ipotizzare il
recupero del credito.
“Non v’è dubbio ed è per
questo che noi calcoliamo attorno al 3-4% le sofferenze a
rischio dei nostri crediti. Ma
anche questa situazione
porta con sé un problema
contabile: infatti anche se noi
abbiamo prudentemente costituito un fondo per la svalutazione di questi crediti, resta
il fatto che servirà del tempo
prima che ciascun credito
possa essere considerato definitivamente inesigibile. E
INTERVISTA
Un momento dell'intervista.
fino ad allora noi dobbiamo
comunque computarlo come
esigibile ed avere la sostenibilità del prossimo mezzo
secolo anche per quella ipotetica pensione”.
Altro argomento sollecitato da più
iscritti è il valore dell’assegno di pensione: un tempo arrivava più o meno
l’80% dell’ultimo reddito percepito,
oggi siamo molto al di sotto, anche
se negli ultimi anni molti hanno
visto crescere la loro contribuzione…
“Anche questo è un processo
ineludibile ed a suo modo
scontato. Quando la pensione era calcolata con il sistema retributivo si arrivava
in effetti a pagare assegni di
pensione vicini all’80%
dell’ultimo reddito. Ma quel
sistema ha portato negli anni
allo squilibrio profondo
dell’Inps e di tutte le Casse. In
buona sostanza quegli assegni di pensione erano
spesso coperti solamente al
20% dal contributo versato,
che era inferiore all’attuale,
mentre il rimanente 80% veniva dalla contribuzione
delle generazioni degli iscritti in attività, il cosidetto
patto intergenerazionale,
che evidentemente non è più
sostenibile. A lungo andare e
con i trend anagrafici in corso,
la situazione sarebbe diventata rapidamente esplosiva
con il rischio concreto di non
poter pagare le pensioni. Con
il passaggio al contributivo,
ciascuno può contare su una
pensione direttamente collegata solo a quanto effettivamente versato, opportunamente rivalutato. E questa
sarà la situazione che vivranno i nostri figli ed i colleghi che hanno cominciato la
professione in questi ultimi
anni. Per i colleghi che invece
sono già da anni al lavoro la
nostra Cassa ha previsto un
sistema misto, meglio un retributivo corretto o parziale,
scelta che ha consentito di
frenare la discesa dei nuovi
assegni di pensione che oggi
possono arrivare al 60/70%
dell’ultimo reddito”.
Ma si arriverà alla svelta molto più
in basso…
“La strada purtroppo è quella
e l’obiettivo, non nostro,
bensì della legge e della tendenza europea, è di garantire
in futuro un assegno di pensione attorno al 50% dell’ultimo reddito. Un assegno che
potrà contare sul graduale
incremento del montante
contributivo di parte del 5%
(a regime) di integrativo che
abbiamo previsto in questi
ultimi anni, e che sarà semplicemente la restituzione graduale al geometra pensionato di quanto ha accumulato
con l’integrazione. In buona
sostanza quel 5%, oltre a coprire tutta la parte di assistenza (Assicurazione sanitaria, LTC, Provvidenze Straordinarie, maternità, invalidità ed inabilità), sta gradualmente coprendo lo squilibrio
previdenziale che si era
creato con il sistema retributivo e consentirà di mantenere in futuro proprio l’assegno di pensione pari al 50%
dell’ultimo reddito, assegno
che affidato al solo sistema
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 7
INTERVISTA
Un momento dell'intervista.
contributivo rischierebbe di
scendere anche attorno al
30% dell’ultimo reddito”.
Anche su questo tema non sono
mancate critiche…
“Difficile giustificare queste
critiche se non tengono conto
che un punto in più di integrativo (a carico del committente) corrisponde ad aumentare in alternativa due
punti in più il soggettivo (a
carico dell’iscritto). Il compito nostro di dirigenti della
categoria è quello di fare ogni
sforzo per valorizzare la funzione di quell’integrazione al
5%, perché una quota sarà
destinata ad implementare
la pensione personale
(dunque chi lavora di più e
paga di più avrà un montante
maggiore). Un versamento
che, inoltre, beneficia di un
trattamento fiscale di maggior favore rispetto ad altre
forme di risparmio”.
È la questione centrale dell’integrazione e delle pensioni complementari.
“Esattamente ed anche a
questo proposito vorrei insistere sulla possibilità che la
Cassa ha lasciato ad ogni professionista di scegliere liberamente quanto e quando
accantonare a fini pensionistici. Sappiamo tutti che la
carriera di un professionista
non ha un andamento costante come per un dipendente: ci sono stagioni di
maggior lavoro, altre di maggiori spese (il mutuo per la
casa, i figli) e ci sono stagioni
di maggiore serenità, di lavoro gratificante anche da un
punto di vista economico.
Ebbene, abbiamo lasciato ad
8 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
ogni collega la libertà di scegliere in quali stagioni contribuire di più ed in quali meno,
così da massimizzare il beneficio senza obbligare a sacrifici insostenibili. Avremmo
potuto imporre un’aliquota
di integrazione uguale per
tutti, altri l’hanno fatto, invece lasciamo a ciascuno la
libertà e la responsabilità di
decidere per sé”.
Indubbiamente per i giovani questo
è un intervento di grande valore. A
molti pensionati invece non è piaciuto un altro intervento della
Cassa, ovvero la cancellazione dello
sconto sul minimo (uno sconto del
50%) per chi continua a lavorare
anche in pensione incassando redditi inferiori ad una soglia prestabilita. Quali sono le ragioni di questa
scelta?
“Occorre ricordare che
questo sconto era nato per
offrire un trattamento di favore a chi aveva scelto di andare in pensione, ma aveva
ancora qualche lavoro in
corso, oppure semplicemente doveva emettere fatture ed incassare per incarichi già in gran parte svolti.
Pareva corretto non chiedere
il contributo minimo, ma la
metà di quel contributo, a chi
si trovava in quella situazione. Negli anni però abbiamo verificato che molti
colleghi, per le ragioni più
diverse, hanno scelto di continuare a lavorare anche
dopo essere andati in pensione. Ed a quel punto più
d’uno ci ha fatto notare come
si creasse una situazione di
ingiustificato favore e persino di concorrenza sleale, tra
un geometra in attività con i
suoi regolari contributi, ed un
pensionato, magari di anzianità, che, anche solo per
pochi lavori, poteva però
contare su contributi ridotti.
Da qui l’intervento di perequazione che peraltro nulla
cambia ad esempio per quei
colleghi pensionati che continuano a lavorare e fatturano
più del minimo”.
Ma non c’è il rischio che questa
misura finisca per favorire il nero?
“Può darsi, anche se ormai
oggi il lavoro è e sarà sempre
più destinato ad utilizzare
obbligatoriamente procedure informatizzate (pratiche
on line, firme elettroniche
etc.) per le quali diventa
sempre più difficile operare
‘in nero’”.
Sempre in quest’ambito, sta facendo discutere l’iniziativa di iscrivere d’autorità alla pensione complementare del Fondo Futura tutti
i colleghi con meno di trenta anni ed
i nuovi iscritti…
“Fondo Futura è lo strumento
dei liberi professionisti, la
modalità che la categoria e la
Cassa hanno individuato per
garantire a chi lo desidera
una pensione complementare adeguata, ovvero uno
INTERVISTA
Il presidente Fausto Amadasi.
dei pilastri insostituibili della
strategia previdenziale che
ogni geometra dovrebbe avere ben chiara nel proprio
orizzonte di vita. In queste
settimane abbiamo deciso di
iscrivere in modo collettivo
con diritto di recesso al
Fondo tutti i giovani geometri
(quelli con meno di 30 anni
ed i neo iscritti) così da costituire per ciascuno una nuova
posizione previdenziale autonoma e personale. Attenzione: abbiamo iscritto
questi colleghi ma non abbiamo imposto loro, e non
potevamo neppure farlo,
alcun versamento. In so-
stanza abbiamo creato a ciascuno una posizione, offrendo una opportunità senza
alcun costo, lasciando che
poi ognuno decida nella massima autonomia se e quanto
versare. Ci è parsa un’iniziativa doverosa anche per sensibilizzare i giovani colleghi
sulla necessità di pensare fin
d’ora al loro futuro, anche
quello più lontano, proprio
perché è fin dall’inizio della
propria carriera professionale che occorre pensare
anche alla pensione. Quanto
ai versamenti, ci sarebbe
solo da rifare il ragionamento
che ho fatto poc’anzi: ognuno
deve valutare la sua situazione in autonomia, decidendo come e quando versare anche sulla base dell’andamento del lavoro e degli
impegni assunti nello studio
professionale ed in famiglia.
E non va dimenticato inoltre
il vantaggio fiscale”.
Tra le critiche, meglio le proposte dei
colleghi, c’è poi quella della riduzione delle spese di funzionamento
della Cassa, una richiesta di spending review interna.
“Ho letto anche queste e mi
paiono figlie di una non compiuta conoscenza della realtà
della Cassa. Voglio solo ricordare che dal 2008 le nostre
spese sono sempre diminuite e nel 2012 abbiamo approvato anche una riduzione
del 15% dei nostri compensi.
In buona sostanza noi abbiamo fatto la spending review
prima che fosse di moda”.
In verità mi sembra che la critica si
incentri in particolare sulla governance della Cassa. Si dice: c’è ancora bisogno di 150 delegati? Ne
basterebbero la metà?
“Su questo tema ogni scelta è
pienamente nelle mani della
categoria. È vero che fino a
qualche anno fa i delegati
svolgevano l’attività di ‘patronato previdenziale’ per gli
iscritti collaborando con i
Collegi alla gestione delle
varie pratiche, mentre oggi
l’attività è svolta direttamente dagli iscritti tramite i
collegamenti on line. C’è poi
una questione di rappresentanza che il Comitato ha
sempre tenuto in gran conto,
ovvero che fosse garantita
voce in capitolo ai piccoli
come ai grandi Collegi. Non si
è mai voluto che a decidere
fosse un ristretto numero di
delegati, magari espressione
solo dei Collegi più grandi.
Voglio però ripetere che sono
tutti temi pienamente nelle
mani della categoria che può
avviare una riflessione, per
modificare la governance attuale”.
Par di capire però che dal tuo punto
di vista non c’è un’esigenza economica di modifica della governance.
“Il costo di ogni delegato si
aggira sui 9 mila euro all’anno
compreso i rimborsi spese,
nessuno dunque si arricchisce facendo il delegato ed
anche la spesa nel nostro bilancio non è certo tra le più
significative. Inoltre la Cassa
è chiamata a prendere decisioni tanto importanti per la
vita di ogni iscritto che
un’ampia condivisione di
ogni singola struttura territoriale rende democratica ogni
scelta e più facile il rapporto
con gli iscritti. Ma insisto: governance, garanzia di rappresentanza, mediazione dei
diversi meccanismi, voto
ponderato dei singoli delegati e mille altre soluzioni
possibili sono scelte politiche che la categoria può valutare e prendere, sapendo
che occorre il consenso dei
due terzi dei delegati”.
L’ultima questione riguarda la
Groma, la nostra società specializzata nella gestione del patrimonio
immobiliare: si dice che sarà venduta, che la Corte dei Conti ci obbliga a venderla… Cosa c’è di vero?
“Andiamo con ordine perché
ho spesso l’impressione che
su alcune delle questioni
della Cassa ci sia la tendenza
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 9
INTERVISTA
Un momento dell'intervista.
giorno sul mercato”.
a far confusione. Il tema con il
quale ci dobbiamo misurare
come ente di diritto pubblico, e la Cassa lo è, riguarda
tutte le società partecipate
da un soggetto pubblico inserito nel malefico elenco ISTAT delle Pubbliche Amministrazioni che, secondo l’ultima indicazione del Governo, se sono controllate
pienamente dall’ente pubblico per essere considerate
‘in house’, e quindi avere affidamenti di incarichi diretti ,
senza gara d’appalto, debbono avere l’80% del loro fatturato con lavori eseguiti per
la società madre, nel nostro
caso la Cassa Geometri”.
E per la Groma non è così.
“Non è così perché fin dal
2008 (quando i Ministeri vigilanti ci hanno chiesto di conferire i nostri immobili ai
Fondi Immobiliari) in alternativa a chiuderla abbiamo preferito valorizzarla specializzandola nella gestione im10 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
mobiliare dei Fondi. Groma
dunque offre servizi di gestione non solo alla Cassa per
la parte degli immobili ancora detenuti direttamente,
ma anche ad altri soggetti istituzionali proprietari di grandi
patrimoni immobiliari. E lo fa
con successo per più d’una
ragione. Negli anni, ad esempio, ha saputo elaborare
una propria piattaforma di
gestione molto efficace, nata
dalla esperienza sul campo,
molto apprezzata dagli operatori del settore; ma il valore
più importante è costituito
dalla rete dei professionisti
geometri presente in ogni regione ed in ogni provincia che
gli consente di contare su un
numero elevato di potenziali
collaboratori in tutta Italia
con una gestione centralizzata in grado di offrire una
prestazione standardizzata e
di qualità. Così facendo, oltre
offrire opportunità di lavoro
ai nostri iscritti, ci consente di
mettere loro a disposizione a
costi ridotti il proprio know how
ed una piattaforma specializzata sui nostri settori di attività.
E ciò si traduce in utili per la Cassa.
“Non solo, ripeto si traduce
anche in opportunità di lavoro per la categoria, consentendoci di partecipare ad appalti per la gestione di grandi
patrimoni immobiliari normalmente esclusi ai singoli
professionisti e che, in caso di
assegnazione, si traducono in
incarichi per i colleghi. Non è
solo l’utile diretto a contare, è
anche questa attività diffusa
indirizzata verso la creazione
di servizi e formazione della
categoria il valore principale
di Groma. Il successo di
questa strategia ha consentito alla Cassa di detenere
una Società che oggi fattura
circa 3 milioni di euro di cui
solo 500 mila si devono alla
gestione del nostro patrimonio immobiliare, il resto è
stato conquistato giorno per
Per questo, essendo ben al di sotto
dell’80% del fatturato con la società
madre, dovremmo venderla?
“Non è detto. La prima operazione sarà la divisione di
Groma in due diverse società:
una per i servizi in house, ovvero la gestione del nostro
patrimonio, ed una per le
altre gestioni, quelle di immobili non nostri, di Fondi, di
Banche, di Comuni… Su
questo secondo ramo d’azienda si dovrà poi aprire una
discussione, perché le strade
alternative che si possono
intraprendere sono almeno
due. La prima è la vendita
totale o parziale ad operatori
immobiliari della società, e
non mancano certo gli acquirenti visto il know how della
società e la sua valorizzazione
perseguita in questi anni
dalla categoria; ed è ovvio
che in questo caso noi incasseremmo dei quattrini, ma
perderemmo il controllo
della società. La seconda opzione potrebbe essere invece l’allargamento del controllo ad altri soggetti istituzionali organici alla categoria
così da ridurre la quota di
controllo in capo alla Cassa”.
Potrebbero essere i Collegi questi
soggetti?
“I Collegi non possono farlo,
mentre le Fondazioni o le Associazioni dei Geometri possono farlo, e così il controllo
resterebbe all’interno della
categoria senza essere snaturato rispetto alla situazione
attuale. Ma ripeto, la riflessione è solo agli inizi e dovrà
coinvolgere tutta la categoria”.
❑
DAL CONSIGLIO NAZIONALE
Protocollo d'Intesa tra
CNGeGL e Consiglio
Nazionale del Notariato
Pubblichiamo il protocollo di intesa stipulato a fine 2014 con il Consiglio Nazionale del Notariato
che, se come ci auspichiamo verrà attuato, determinerà sostanziali innovazioni riguardo
all'intervento dei Geometri quali Periti nella stipula degli atti notarili. Si evidenziano, in
particolare, i contenuti minimi della perizia tecnica che andrebbe allegata agli atti. Per gli
standard di qualità richiesti ai fini della stesura della perizia stessa, vi rimandiamo al sito web
www.notariato.it (http://www.notariato.it/sites/default/files/111214_CS_accordo_notai_geometri.
pdf).
Prot n° 0013650 del 18/12/2014
Serv. PL Area DG
Rif.
Allegati: come da testo.
Ai Signori Presidenti
dei Consigli dei Collegi dei Geometri e Geometri Laureati
Ai Signori Presidenti
dei Comitati Regionali dei Geometri e Geometri Laureati
Ai Signori
Consiglieri Nazionali
Alla Cassa Italiana di Previdenza e Assistenza
dei Geometri Liberi Professionisti
LORO SEDI
Oggetto: trasmissione Protocollo d'intesa tra Consiglio Nazionale del Notariato e CNGeGL
Come annunciato nell'Assemblea dei Presidenti, tenutasi lo scorso 1O dicembre, si trasmette in allegato il Protocollo d'intesa
che questo Consiglio Nazionale ha sottoscritto con il Consiglio Nazionale del Notariato per promuovere la collaborazione tra
le rispettive categorie professionali, al fine di rendere, valorizzando le rispettive competenze, gli atti di trasferimento immobiliari in linea con i più elevati standard di sicurezza nell'interesse della collettività.
In particolare, i geometri sono chiamati a redigere una perizia tecnica a supporto dell'attività dei notai ed a garanzia delle parti,
finalizzata a verificare la conformità catastale allo stato di fatto e la regolarità edilizio-urbanistica degli immobili oggetto di
trasferimento .
A tale proposito, il Protocollo d'intesa prevede che la redazione di tale perizia avvenga a seguito di incarico da parte del soggetto titolare del diritto reale sull'immobile da trasferire; ciò, tuttavia, non preclude una diversa pattuizione fra i contraenti.
Attesa l'importanza della finalità sopra riportata, si chiede a codesti Collegi di raccomandare ai professionisti di redigere la
perizia suddetta nel rispetto della Specifica P08 - punto 5.2.3.2 degli standard di qualità approvati da questo Consiglio Nazionale, integrandola con gli ulteriori elementi specificamente riportati nel Protocollo d'intesa nonché con eventuali ulteriori elementi richiesti dal Notaio.
Nella certezza che codesti Collegi sapranno sottolineare la rilevanza di tale accordo nel darne la massima divulgazione ai propri
iscritti, si porgono i migliori saluti.
IL PRESIDENTE
Geom. Maurizio Savoncelli
12 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
DAL CONSIGLIO NAZIONALE
CNG/GL
Prot n° 0013534 del 12/12/2014
PROTOCOLLOD’INTESA
TRA
Consiglio Nazionale del Notariato, con sede in Roma, Via Flaminia n. 160, Codice Fiscale 80052590587, in persona del legale
rappresentante, Presidente pro-tempore , Notaio Dott. Maurizio D’Errico, (di seguito “CNN”);
E
Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati, con sede in Roma, Piazza Colonna n. 361, Codice Fiscale 80053430585 in
persona del legale rappresentante, Presidente pro-tempore, Geom. Maurizio Savoncelli, (di seguito “CNGeGL”);
PREMESSO CHE
• il CNN e il CNGeGL sono organismi di rappresentanza istituzionale a livello nazionale della categoria professionale dei Notai e dei Geometri e Geometri Laureati, svolgono un ruolo di primaria
importanza nel sostenere e sviluppare l’attività degli stessi promuovendo iniziative con altre categorie professionali anche al fine di assicurare alla collettività prestazioni professionali sempre più
affidabili e qualitativamente elevate;
• il CNN ed il CNGeGL intendono promuovere la collaborazione fra le categorie rispettivamente
rappresentate, nell ‘ambito delle attività che vengono svolte dai notai e dai geometri liberi professionisti in relazione agli atti di trasferimento immobiliare;
si conviene quanto segue:
TUTTO CIO’ PREMESSO
Art.1
(Oggetto)
Il presente Protocollo si propone di definire le modalità di collaborazione tra le categorie professionali dei notai e dei geometri
e geometri laureati per una sinergia che contribuisca a rendere, valorizzando le rispettive competenze, gli atti di trasferimento
immobiliari in linea con i più elevati standard di sicurezza nell’interesse della collettività e quindi:
- nell’interesse dei soggetti che sono parti delle negoziazioni immobiliari, assicurando agli stessi non solo un trasferimento
sicuro sotto il profilo della commerciabilità dei beni immobili come sino ad oggi garantito ma anche sotto un profilo sostanziale
della verifica e della regolarità urbanistica, edilizia e della agibilità;
- nell’interesse dello Stato assicurando un’ancora minore incidenza del contenzioso e delle procedure amministrative di sanatoria nell ‘ambito delle irregolarità urbanistico-edilizio e della agibilità,
il tutto secondo il principio della sussidiarietà realizzato dalle categorie professionali interessate ed in particolare secondo la
funzione preventiva delle controversie propria del sistema notariato .
In particolare, il CNN ed il CNGeGL intendono raggiungere le finalità suddette favorendo l’utilizzo di una perizia tecnica, redatta
da un geometra libero professionista , nella quale risulti l’esatta descrizione degli immobili, la conformità catastale allo stato
di fatto e l’esame edilizio e urbanistico degli stessi, a supporto dell’attività del notaio, redatta nel rispetto della Specifica P08
“Consulenza tecnica all’atto di compravendita” di cui allo standard di qualità approvato dal CNGeGL in data 02/10/2012 .
A tale scopo, il CNN si impegna, attraverso i Collegi Notarili, a diffondere il contenuto del presente Protocollo per un adeguato
utilizzo della suddetta perizia tecnica, nell’ambito degli atti di trasferimento immobiliare.
Il CNGeGL si impegna, attraverso i Collegi dei Geometri e Geometri Laureati, a raccomandare ai geometri liberi professionisti, che siano chiamati ad operare a supporto dell’attività del notaio nell ‘ambito degli atti di trasferimento immobiliare,
di redigere la suddetta perizia tecnica con il seguente contenuto minimo (Specifica P08 – punto 5.2.3.2):
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 13
DAL CONSIGLIO NAZIONALE
• l’indicazione degli accertamenti svolti, compresa la data di accesso e i rilievi dell’immobile;
• la descrizione dell’immobile oggetto di trasferimento, conseguente all’accesso ed ai rilievi di
cui sopra, mediante:
-- individuazione dell’ubicazione;
-- spiegazione delle modalità di accesso partendo dalla pubblica viabilità;
-- descrizione della consistenza: per i fabbricati specificando la destinazione d’uso e le caratteristiche – natura e situazione – dell’unità immobiliare; per i terreni la destinazione urbanistica, la conformazione, la morfologia e l’estensione reale;
• la specificazione delle proprietà confinanti (almeno tre) che delimitano il bene immobile;
• l’attestazione circa la conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie ;
• l’esame e la descrizione urbanistica ed edilizia degli immobili, con reperimento dei relativi titoli
abilitativi compresi – quando rilasciati – quelli relativi alla agibilità degli stessi e la dichiarazione
della corrispondenza dello stato di fatto agli elaborati di progetto e, in mancanza di certificazione di abitabilità o agibilità, l’accertamento dei requisiti di agibilità degli stessi. Nell’ipotesi
di difformità rispetto agli elaborati di progetto, le loro descrizioni e l’indicazione dei possibili
rimedi.
Su richiesta del notaio possono essere indicati gli elementi utili per l’identificazione degli aventi diritto a prelazione per i
terreni agricoli nonché per l’accertamento di eventuali vincoli di culturalità.
La redazione della perizia avverrà in conseguenza di incarico da parte del soggetto titolare del diritto reale sull’immobile
da trasferire secondo le specifiche indicazioni e richieste ricevute dal notaio incaricato della stipula dell’atto di trasferimento dei diritti sugli immobili, eventualmente anche diversamente modulando il contenuto della perizia in relazione alle
specifiche esigenze del caso concreto.
Il CNGeGL si impegna, infine, a divulgare il presente Protocollo d’Intesa alle categorie aderenti alla Rete delle Professioni
Tecniche anche al fine di consentirne la eventuale adesione.
Art. 2
(Durata)
Il presente Protocollo ha durata triennale a partire dalla data di sottoscrizione e si intende tacitamente rinnovato, in assenza
di richiesta formale di risoluzione avanzata entro la scadenza dal CNN o dal CNGeGL.
Art. 3
(Coordinamento)
Il CNN ed il CNGeGL si impegnano a dare la massima diffusione al presente Protocollo ed a collaborare nella risoluzione di
problematiche di comune interesse che dovessero emergere nell’attuazione dello stesso.
Per ogni comunicazione attinente al presente Protocollo, il CNN e il CNGeGL precisano rispettivi domicili:
Quanto al CNN, Via Flaminia, 160 – 00196 Roma
Quanto al CNGeGL, Piazza Colonna, 361 – 00187 Roma.
Letto, approvato e sottoscritto in Roma in data 10/12/2014.
Consiglio Nazionale del Notariato
Il Presidente
(Dottor Maurizio D’Errico)
14 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
Consiglio Nazionale dei Geometri
e Geometri Laureati
(Geom. Maurizio Savoncelli)
DALLA CASSA DI PREVIDENZA
Contribuzioni minime
e rivalutazioni
per il 2015
Riteniamo utile pubblicare a maggiore informazione degli iscritti e dei nostri lettori quanto
deliberato dal Consiglio della Cassa di Previdenza con la tabella che specifica le contribuzioni
obbligatorie minime, la rivalutazione dei trattamenti pensionistici e la rivalutazione degli
scaglioni reddituali relativi alla CIPAG per l'anno 2015. Ricordiamo anche che la CIPAG ha
realizzato una Guida per supportare gli iscritti nell'interpretazione delle norme che regolano
l'erogazione delle pensioni. La Guida è suddivisa in capitoli e fornisce, inoltre, nella parte
conclusiva informazioni sul Modello DF-RED, sulla Cessione del Quinto, le detrazioni d'imposta e
l'assistenza fiscale. Il documento si può scaricare facendo riferimento al seguente link: http://
www.geometrinrete.it/it/cassa/cipag-per-te/guida-alla-pensione.
I
l Consiglio di Amministrazione con delibera n. 171/2014, approvata in data 8 gennaio 2015 dai Ministeri vigilanti, ha fissato per il 2015 l’importo del contributo integrativo ed il coefficiente di rivalutazione per le pensioni, i limiti di reddito
e gli scaglioni reddituali ai fini del calcolo pensionistico.
Di seguito si riporta la tabella riepilogativa che tiene conto anche degli aumenti del contributo soggettivo, gia disposti dal
Comitato dei Delegati a maggio del 2012.
CONTRIBUTI OBBLIGATORI MINIMI 2015
• Contributo soggettivo minimo iscritti obbligatori:
(art. 1, comma 2, Regolamento Contribuzione)
€ 2.750,00
• Contributo soggettivo minimo neodiplomati:
(art. 1, comma 5, Regolamento Contribuzione)
€ 687,50 (riduzione ad ¼ del contributo obbligatorio per i primi 2 anni di iscrizione);
€ 1.375,00 (riduzione ad ½ del contributo obbligatorio per i successivi 3 anni di iscrizione);
• Contributo soggettivo praticanti:
(art. 1, comma 5, Regolamento Contribuzione)
€ 687,50 (riduzione ad 1/4 del contributo obbligatorio)
• Contributo soggettivo minimo pensionati: (art. 1, comma 4, Regolamento Contribuzione)
• * NB Dal 1.1.2015 il contributo soggettivo minimo per i pensionati dovrà essere corrisposto in misura intera,
mentre solo per i pensionati d'invalidità detto contributo continuerà ad essere corrisposto nella misura del
50%. Tale modifica è stata adottata dal Comitato dei Delegati nella scorsa seduta del 25 novembre – quindi
successivamente all'adozione della delibera consiliare n° 171/2014 – e la relativa delibera è stata approvata
in data 8 gennaio 2015 dai Ministeri vigilanti.
€ 2.750,00* • Contributo soggettivo minimo pensionati d’invalidità:
(art. 1, comma 4, Regolamento Contribuzione)
€ 1.375,00 (riduzione ad ½ del contributo obbligatorio)
• Contributo integrativo minimo:
(art. 2, comma 4, Regolamento Contribuzione)
€ 1.375,00
• Limite reddito contribuzione soggettiva:
(art. 1, comma 1, lett. a, Regolamento Contribuzione)
€ 152.350,00
• Aliquota percentuale contributo soggettivo:
(art. 1, comma 1, lett. a, Regolamento Contribuzione)
13% - Oltre il limite reddituale di
€ 152.350,00
l'aliquota si abbassa al 3,5%
16 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
DALLA CASSA DI PREVIDENZA
RIVALUTAZIONE TRATTAMENTI PENSIONISTICI 2015
• Coefficiente rivalutazione pensioni anno 2015:
(art. 25, Regolamento Previdenza)
NB: Per il quinquennio 2015-2019 è previsto il blocco della rivalutazione sulle pensioni superiori ad 35.000,00 lordi annui
(2.692,31 lorde mensili). (art. 34 comma 9, Regolamento Previdenza)
1,1% intero
0,33% ridotto
• Importo pensione minima annua lorda 2015:
(art. 2, comma 4, Regolamento Previdenza)
€ 8.600,00
• Limite volume d’affari IVA per le pensioni d’anzianità 2015:
(art. 3, comma 8, Regolamento Previdenza)
€ 8.950,00
• Media reddituale per beneficio pensioni inabilità:
(art. 4, comma 4, Regolamento Previdenza)
€ 29.200,00
RIVALUTAZIONE SCAGLIONI REDDITUALI 2015
Limiti reddituali e coefficienti di rendimento da utilizzare per il calcolo delle pensioni con decorrenza 1/2/2014:
Normativa in vigore fino al 31.12.1997
Legge 236/90
Normativa in vigore dal 1.1.1998 al 31.12.2002
Delibera C.D. 22.12.1997
CALCOLO A
CALCOLO B
2%
fino a 48.750,00
2%
fino a 21.900,00
1,71%
da 48.751,00
fino a 73.000,00
1,75%
da 21.901,00
fino a 48.750,00
1,43%
da 73.001,00
fino a 85.300,00
1,50%
da 48.751,00
fino a 73.000,00
1,14%
da 85.301,00
fino a 97.350,00
1,10%
da 73.001,00
fino a 85.300,00
0,70%
da 85.301,00
fino a 97.350,00
Normativa in vigore dal 1.1.2003 al 31.12.2006
Delibera C.D. 22.05.2002 e 27.11.2002
Normativa in vigore dal 1.1.2007
Delibera C.D. 24.05.2006
CALCOLO C
CALCOLO D
1,75 %
fino a 48.750,00
1,75 %
fino a 11.700,00
1,50%
da 48.751,00
fino a 73.000,00
1,50%
da 11.701,00
fino a 35.150,00
1,10%
da 73.001,00
fino a 85.300,00
1,20%
da 35.151,00
fino a 70.300,00
0,70%
da 85.301,00
fino a 97.350,00
0,90%
da 70.301,00
fino a 93.750,00
0,60%
da 93.751,00
fino a 117.200,00
0,30%
da 117.201,00
fino a 152.350,00
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 17
DAL COLLEGIO DI BRESCIA
Videoconferenza sulle
tematiche di orientamento
al percorso scolastico
I
l 27 novembre 2014 si è
tenuto, presso la sede
della nostra Cassa di
Previdenza, a Roma, un interessante incontro sull’orientamento scolastico organizzato dalla categoria, al quale
sono stati invitati alcuni rappresentanti della scuola superiore e del Ministero.
Un'occasione per riflettere
sul percorso di studi che che
abilita alla nostra professione
e che, allo stato attuale, presenta evidenti lacune che si
ripercuotono sul raggiungimento dell'effettiva professionalità dei neo-abilitati . Al
convegno, trasmesso in video-conferenza a tutti i Collegi d’Italia, hanno partecipato “in diretta” anche i rappresentanti dei geometri e
delle realtà scolastiche della
nostra città e provincia. Insieme al presidente Giovanni
Platto, al nostro direttore
Bruno Bossini, al segretario
Armido Belotti e al consigliere
Gabriella Sala, sono infatti
convenuti al Collegio per assistere ai lavori anche i docenti
Ugo Taiola dell'istituto “Arrigo
Levi” di Sarezzo e Giovanni
Biasi del “Cesare Battisti” di
Salò.
Il presidente della Cipag
Fausto Amadasi ha ribadito
l'assoluta necessità di un
salto qualitativo nella formazione professionale dei
neo-geometri. “La Categoria
– ha detto – ha bisogno che i
nuovi addetti siano ben preparati”. Per i prossimi anni ne
occorrerebbero almeno
20.000 e possibilmente di età
dai 20 ai 23 anni. “Attendere la
loro laurea – ha continuato – e
quindi il loro inserimento
nella professione a 28 anni
18 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
non può garantire né il necessario rapido turn over né la sostenibilità economica della
Cassa di Previdenza”.
I professori Federico Gobbi e
Livia Brienza, docenti di Istituti romani, hanno presentato
un loro studio analitico, ragguagliato a tutto il territorio
nazionale, sui dati di iscrizione alla 1° classe del corso
per Geometri (ora CAT), dati
che da almeno un lustro confermano un sensibile calo di
accessi alla nostra scuola. Una
diminuzione che si è peraltro
ancor più evidenziata con la
Riforma Gelmini e con l'introduzione di nuovi indirizzi di
studio, volti a privilegiare gli
aspetti dell’operatività del
geometra ritenuti più moderni e accattivanti, che non
sono stati evidentemente recepiti dalle famiglie, forse
anche per il perdurare della
crisi del mercato edilizio.
Il presidente del Consiglio
Nazionale dei Geometri Maurizio Savoncelli nel suo ampio
intervento sulla problematica
dell’accesso al lavoro ha subito rimarcato che “la scuola,
e con essa i Collegi professionali, devono cambiare radicalmente la loro strategia comunicativa sull'orientamento
per gli studi superiori di geometra”. Molto più spazio
deve essere riservato, secondo il Presidente, alla corretta spiegazione di “cosa
può e sa fare il geometra”, insistendo sul fatto – mai abbastanza spiegato – che le sue
prestazioni professionali non
riguardano solo l'edilizia “del
nuovo” ma anche il recupero,
le manutenzioni, le ristrutturazioni e tutte le nuove tematiche legate al territorio e alle
gestioni patrimoniali. Attività,
queste, che continuano a restare al centro delle richieste
dei committenti. Altro punto
saliente è quello relativo al
percorso di accesso all'Esame
di Stato e quindi all'Albo.“Occorre rivedere tutti i passaggi
di questo cammino così fondamentale per la professionalizzazione dei nuovi addetti. Continuano a convivere
percorsi formativi inadeguati
e contradditori fra loro, vedi il
tirocinio di 18 mesi e il corso
accellerato di 6 mesi recentemente deliberato, oppure la
durata degli ITS o l’IFTS che
ora non sono compatibili con
la durata del praticantato, oppure la laurea breve che come
ben sappiamo non ha avuto
successo in termini di iscrizione all'Albo”. Ha poi proseguito presentando la proposta innovativa su un nuovo
ciclo di studi che Consiglio
Nazionale ha già inoltrato al
Ministero e che secondo lui
diventerà determinante.
Ciclo che, con le opportune
modifiche legislative, andrebbe diviso in due fasi: una
prima – quella della scuola
secondaria di 4 anni – che
continuerebbe ad essere
svolta presso gli Istituti per
Geometri e una seconda – il
post-secondario di 3 anni, a
valenza universitaria – da
svolgersi anch'essa, secondo
gli auspici della categoria,
presso gli Istututi secondari.
Quest'ultimo percorso dovrà
essere “a curriculum bloccato”, ossia articolato sulle
scienze tecniche che da
sempre costituiscono le basi
della nostra professione (costruzioni, topografia, estimo,
diritto). Un ciclo scolastico
che si concluderà con una
sorta di “Laurea dei Geometri” finalmente abilitante,
che potrebbe – perchè no –
far venir meno la necessità
dello stesso Esame di Stato
che oggi costituisce un “doppione” dell'esame di abilitazione. “Può darsi che qualcuno ponga delle resistenze,
ma intanto il nostro progetto
ha già trovato accoglienza positiva presso gli organi competenti. Occorrerà – ha aggiunto – non mollare la guardia
e seguirne il cammino con le
forze di tutta la Categoria, impresa alla quale offro la mia
presenza in prima persona
per non lasciare nulla di intentato”.
Il dottor Proietti intervenuto
subito dopo, pur condividendo in gran parte quanto
sostenuto dal presidente Savoncelli non ha potuto non
esprimere i suoi dubbi circa la
reale possibilità che gli Istututi Tecnici per Geometri possano gestire un post-diploma
triennale di valenza universitaria come quello voluto e
proposto dal Consiglio Nazionale. Ha anche però concordato sul fatto che “la formazione del geometra deve restare ben ancorata agli indirizzi professionali che ne
hanno caratterizzato da
sempre la sua operatività
quotidiana ancora necessaria”.
I temi trattati dal convegno si
sono rivelati di grande attualità e su di essi il dibattito
resta aperto, visto che la loro
adeguata soluzione sarà risolutiva per lo sviluppo e la riorganizzazione in chiave moderna della nostra attività di
❑
geometri. DAL COLLEGIO DI BRESCIA
Bruno Bossini
Un sentito ringraziamento
a Francesco Lonati
Il saluto a Francesco Lonati,
con il presidente Giovanni Platto
e i consiglieri.
D
opo vent'anni e
più di collaborazione alla nostra
rivista, della quale – non va
dimenticato – è stato l'ideatore della veste grafica, Francesco Lonati, nostro curatore
ed impaginatore, ci lascia per
raggiunti motivi di età a partire da quest'anno. Non potrebbe, ci ha detto anticipandoci le sue intenzioni pochi
mesi fa, continuare a garantire alla redazione de “Il Geometra Bresciano”, quella sua
professionalità da tutti apprezzata che è stata la base
per la buona riuscita editoriale degli oltre 120 numeri
che con assoluta puntualità
sono stati recapitati ai geometri bresciani e agli affezionati lettori che negli anni si
sono ad essi uniti da Brescia
e da tutta Italia.
Si chiude, con la sua uscita
dalla redazione, un pezzo significativo della nostra attività editoriale che dal primo
numero del gennaio del 1994
si è via via arricchita e perfezionata nei contenuti e in
tutte quelle novità che ci
hanno raccontato la vita professionale dei geometri di
Brescia ma anche, negli ultimi
anni, di Lodi e Sondrio. Ci
mancheranno, non possiamo
negarlo, la sua presenza discreta, fattiva e puntuale alle
redazioni. Ma anche la pazienza nell'ascolto delle nostre esigenze, e l'impegno
mai venuto meno nel migliorare di volta in volta la nostra
rivista. Ci resteranno peraltro,
a ricordo della lunga collaborazione con Francesco Lonati,
le sue immagini e i suoi colori
oltre alla sua innata attitudine alle “cose editoriali” ma-
turata fin da giovanissimo –
lui, geometra che non ha mai
praticato – presso la sua “Industrie Grafiche”, azienda
che ce l'ha fatto conoscere e
presso i cui tipi erano stati
stampati i numeri della rivista
precedenti al 1994.
Ci auguriamo comunque, e
per noi sarebbe un regalo,
che Francesco Lonati possa
essere ancora “dei nostri” con
la sua professionalità, i suoi
consigli e le sue ottime capacità di scrittura e disegno. Le
porte della nostra redazione
per lui restano sempre aperte.
Un grazie di cuore da parte
della segreteria di redazione
e del consiglio del Collegio di
Brescia con il suo presidente
Giovanni Platto, ma anche
quello di tutti i lettori che
hanno avuto modo in questi
anni di apprezzare i frutti del
suo contributo. Un ringraziamento mio personale per le
ore vissute insieme “braccio a
braccio” in tutti questi anni,
nei momenti di impostazione
e rifinitura di ogni numero
che veniva dato alle stampe.
❑
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 19
DAL COLLEGIO DI SONDRIO
Alessandro Ruffoni
Tra acqua e pietra la
strada da Colico a Riva
(Parte 1)
L’
intervento dell’Ingegnere Carlo Donegani nel biennio
1832-341 riguardò la realizzazione della bretella di collegamento tra le tre grandi
strade da lui progettate e realizzate negli anni immediatamente precedenti:
•la strada commerciale
dello Spluga (realizzata in
quattro anni ed inaugurata
nel 1822)2;
•la strada militare dello
Stelvio (realizzata in cinque
anni ed inaugurata nel
1825)3;
•la strada militare Lacustre
detta Ferdinandea (realizzata in undici anni e inaugurata nel 1831)4.
L’intervento interessò le
zone di Alto Lago di Como,
Bassa Valtellina e Bassa Valchiavenna, toccando le attuali Province di Como, Lecco
e Sondrio. L’opera stradale
aveva come punto di partenza Colico e come punto
d'arrivo Riva di Chiavenna,
località situata nel comune di
Novate Mezzola ed affacciata
sul piccolo specchio d’acqua
20 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
a settentrione del Lago di
Mezzola, detto Pozzo di Riva.
Il territorio attraversato presentava, per la sua morfologia, non poche difficoltà.
Innanzitutto bisognava attraversare l’ampia piana paludosa, ai tempi dell’intervento non ancora bonificata,
detta del “Pian di Spagna”. Il
nome, secondo il Bertoglio,
sembrerebbe derivare
dall’utilizzo della piana come
accampamento per le truppe
spagnole di guarnigione al
Forte di Fuentes nei secoli
XVII e XVIII5. Questa piana
alluvionale è formata dai detriti delle rocce disgregate
del gelo e provenienti dalle
falde delle catene montuose
della Valtellina. I detriti, trasportati a valle dal fiume
Adda, si sono depositati alla
sua foce andando gradualmente a formare la piana alluvionale. Col trascorrere del
tempo, il deposito di materiale è stato consolidato dalla
vegetazione che ha contribuito a trattenere anche gli
elementi di granulometria
più sottile, come il limo, ren-
dendo tutta la zona assai fertile e redditizia6. Splendiano
Morselli così descrive il Pian
di Spagna nel 1859: “Quella
grande spianata, diceano di 40milla
pertiche così incolta e malsana, dove
covano acque, e dai fondi limacciosi
non si elevano che carici, alghe, equiseti e altre erbe palustri, folte in
qualche luogo a segno, da far credere terra ferma quel ch’è pozzanghera cedevole, doveva eccitar la
compassione: e quando la filantropia, nel secolo passato, dubitando
della futura, pensava a far star
meno male nella vita presente, si
fecero molti progetti per sanarla.
[...] Tutto quel terreno è un detrito
di minerali e vegetabili, senza ciottoli neppure a molta profondità: ma
supponendosi vi salisse capillarmente l’acqua del lago, i più credeano impossibile il rimediarvi”7.
Se vogliamo comprendere
quale fosse la situazione al
tempo dell’intervento
dell’Ing. Donegani, non possiamo non parlare dell’evoluzione nel corso dei secoli del
tracciato del fiume Adda, al
quale il destino del Pian di
Spagna è indissolubilmente
legato. Come si è detto, la
nascita e l’esistenza stessa
della piana alluvionale si devono all’ingombrante presenza del fiume Adda. Dico
“ingombrante” in quanto, se
l’Adda ha il merito di aver
reso questi terreni fertili e
fonte di sostentamento per la
popolazione della zona, è
però anche responsabile
delle alluvioni che devastarono l’area. Fino al XII secolo,
il corso dell’Adda era navigabile fino a Traona, al di sotto
della torre di Domofole, e
seguiva un percorso assai diverso da quello attuale: all’altezza della chiesetta di S.
Quirico, situata nei pressi di
Dubino, il fiume descriveva
una curva a gomito che lo portava a scorrere all’interno di
un alveo pressappoco rettilineo fino alla foce nel Lago di
Mezzola, che non era ancora
separato da quello di Como,
in località Bocca D’Adda8. È
facile quindi comprendere
quale sia l’origine del toponimo dell’attuale frazione
del Comune di Dubino. Nel
Pian di Spagna la vita scorreva tranquilla e pacifica, fino
DAL COLLEGIO DI SONDRIO
A sinistra. Le tre grandi arterie
stradali realizzate dal Donegani
e la Strada da Colico a Riva
nel dettaglio.
agli anni a cavallo tra il XV e il
XVI secolo quando, a causa
delle copiose ed insistenti
piogge, per ben tre volte in
soli trent’anni (1481-14891511)9 il lago di Como ed il
fiume Adda tracimarono, inondando, devastando e distruggendo tutto ciò che
l’uomo aveva faticosamente
realizzato in quel fiorente
piano. Colpo di grazia alla
fragile “salute” della piana
alluvionale venne dato
dall’esondazione del 152010,
che trasformò definitivamente il rigoglioso piano coltivato in palude acquitrinosa
e malsana, portatrice di malaria. L’Adda cambiò radicalmente corso, uscì dal suo storico letto e si scavò un nuovo
alveo attraverso i campi, tagliando di netto il Pian di
Spagna e sfociando non più
dentro il lago di Mezzola ma
dentro il fiume Mera, emissario del lago di Mezzola, in
località detta “del Passo”11.
Nei secoli successivi, fino alla
metà del XIX secolo, i continui depositi dell’Adda crearono un enorme conoide di
deiezione che piano piano
andò a riempire l’emissario
del lago di Mezzola che lo
metteva in comunicazione
col lago di Como, restringendolo sempre di più e conferendogli la morfologia attuale. In questi secoli, inoltre,
la conformazione dell’alveo
dell’Adda non subì modifiche sostanziali, se non che il
delta del fiume si diramò in
canaletti secondari che nei
tempi di magra divenivano
stagni paludosi12. Dei canali
secondari dell’Adda è da evidenziare il torrente Borgofrancone. Una piena porten-
tosa del fiume nel quinquennio 1820-1825 fece letteralmente scomparire la
primitiva strada che da Colico giungeva a Spinida per
poi congiungersi con l’antica
Strada dei Cavalli. La situazione che si presentava al
valente Ingegnere Donegani,
quando si cimentò nella progettazione dell’opera stradale attraversante il Pian di
Spagna, era dunque quella
appena descritta, e confermata dalla carta del Cusi del
1825. Proseguendo da Bocca
d’Adda in direzione di Riva di
Chiavenna, la strada doveva
poi affrontare il difficoltoso
passaggio sulle sponde del
lago di Mezzola. Se nel passaggio attraverso i centri abitati di Verceia, Campo e Novate Mezzola vi era spazio a
sufficienza per l’edificazione
della strada secondo i canoni
prefissati dal Donegani, difficoltà maggiori presentavano
i tre massicci costoni di roccia
che andavano a terminare
proprio nel lago. Nell’ordine,
si incontravano il Sasso
Corbè, il Sasso di Campo e il
Sasso di Novate. Il primo si
trova immediatamente a
valle dell’abitato di S.Fedele, frazione di Verceia, e
rappresentava da secoli un
ostacolo insormontabile per
il passaggio di una strada,
come vedremo in seguito.
Anche il Sasso di Campo, così
come il primo, rendeva non
poco difficoltosi i collegamenti tra Verceia e Campo,
con il suo versante roccioso a
picco sul lago. Infine, il Sasso
di Novate, terzo ed ultimo
impedimento naturale al
passaggio della strada, rappresentava un problema
marginale in quando l’attività
di estrazione dalle sue viscere di materiale lapideo lo
aveva notevolmente ridimensionato. Inoltre, l’attività
estrattiva praticata nella cava
aveva reso necessario tracciare una prima, provvisoria e
rudimentale via di comunicazione con Novate. Da non dimenticare, infine, i corsi
d’acqua che la nuova strada
doveva superare. Oltre ai già
nominati torrente Borgofrancone e fiume Adda (l’intervento precedeva la sua rettifica), tra Verceia e il Sasso di
Campo il tracciato stradale
intersecava il torrente Ratti,
che scorre dall’omonima
valle, mentre tra Campo e
Novate Mezzola si doveva
superare il torrente Codera,
che pure porta il nome della
valle da cui scende.
Poche righe addietro abbiamo citato l’antica Strada
dei Cavalli: si trattava del collegamento via terra meno disagevole tra Valtellina e Valchiavenna prima della costruzione della nuova strada
da Colico a Riva. Attualmente,
lo storico tracciato può essere agevolmente percorso
grazie alle recenti opere di
messa in sicurezza e alla posa
di un’apposita cartellonistica. Il percorso, molto ardito, si inerpica sul Sasso
Corbè e si sviluppa a mezza
costa permettendo un collegamento tutt’altro che agevole tra Dubino, Verceia e
Novate. Giunti alla fine
dell’area industriale del comune di Dubino, percorrendo la Statale 36 in direzione Chiavenna, si noterà
sulla destra un ampio spiazzo
dove è possibile lasciare
l’automobile. Da qui il percorso si inerpica subito sul
versante roccioso della montagna, in notevole pendenza.
Le prime notizie storiche a
proposito di questa strada
risalgono ai primi decenni
del ‘500, quando il percorso
venne realizzato ed aperto.
Se vi è la possibilità che precedentemente a questa data
esistesse un sentiero o una
via pedonale, non vi è dubbio
che il percorso del Sasso
Corbè, scolpito nella roccia,
venne realizzato proprio in
questa epoca13. La prima citazione della Strada dei Cavalli in un documento risale
invece agli anni successivi al
1525 quando Paolo Giovio,
Vescovo di Nocera dei Pagani, scrisse nella sua descrizione del lago di Como: “Da
Novato li Grisoni, giù per li lati deli
aspri sassi de là dalla intrata
d’Adda, han fatto una via per forza
d’intaglio, per poter venire a piedi
dalla Valle Turena”14.
Quanto asserito dal Giovio è
essenziale. La costruzione
della Strada dei Cavalli, che
metteva in collegamento la
Valtellina (“Valle Turena”) con
la Valchiavenna, venne realizzata per mano dei Grigioni
che presero possesso di
Chiavenna e del suo Contado, nonché della Valtellina,
nel 1512. La necessità primaria dei nuovi dominatori
grigioni era quella di collegare in modo efficiente la Valchiavenna alla Valtellina, importante e strategica sia da
un punto di vista militare che
economico. L’importanza economica della Valtellina è
da ricercare nel suo bene più
prezioso, il vino, che veniva
esportato in grande quantità
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 21
DAL COLLEGIO DI SONDRIO
nelle terre svizzere e, da qui,
a quelle di tutta Europa15. Lo
Scaramellini sostiene anche
che l’origine del nome della
strada sia da ricercare nell’enorme quantità di animali da
soma carichi di “vaséi” di vino
che su questa via transitavano diretti a Nord16. Camminando lungo il sentiero,
sempre in salita pur con pendenze minori, si giunge ai
resti diroccati di un’abitazione che la cartellonistica
presente indica essere stata,
tra ‘800 e ‘900, la casa della
signora Giuseppa Altrobba,
detta “nona Pepa”, che qui
passava l’autunno e la primavera pascolando le sue bestie ed abbeverandole al ruscello poco distante. Continuando il cammino si giunge,
dopo essere passati attraverso le reti paramassi realizzate con la nuova Galleria di
Verceia nel 1983, al massiccio
Sasso Corbè. Da qui la vista
può spaziare sul bellissimo
Pian di Spagna e sul lago di
Mezzola. Osservando il percorso della strada proseguire
in discesa sul versante opposto del coriaceo Sasso, si
capisce la veridicità degli aggettivi che sono stati usati
per definire questa strada:
da ardita ad audace, passando per pericolosa ed insidiosa. Più che una strada somiglia ad un sentiero: presenta una larghezza non superiore al metro e mezzo, con
gradoni irregolari scavati
nella roccia ed in ripida discesa. Se è percorribile con
qualche difficoltà a piedi, risulta davvero difficile pensare che qualcuno possa essere tanto incosciente da
percorrere il tracciato sul
22 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
dorso di un cavallo. Ma
questo pensiero viene prontamente smentito da un cartellone posto lungo il percorso. Il testo riporta un estratto del libro “Raetia” del
grigione Giovanni Guler von
Weineck, il quale ci racconta:
“Da Bocca d’Adda si può andare a
Riva, in cima al lago, sia per nave
che per terra. Veramente, in passato non esisteva alcuna via per
terra; per altro, quando questo territorio passò sotto il dominio dei
Grigioni, questi costruirono una
strada sull’angusto ciglione della
montagna, che s’innalza quasi a
picco sul lago; ma questa strada è
sassosa, stretta, pericolosa e in molti
punti si dovette intagliarla nella
viva roccia. Subito a fianco della
strada, la strada strapiomba nel
lago, il quale è qui in parecchi punti
profondissimo; perciò accaddero fino
ad oggi irreparabili disgrazie con
perdita di vite umane e di ricchezze.
Né io posso ricordare senza raccapriccio come l’anno 1613, nel mese
di luglio, il mio amato genero, Alberto Vespasiano Salis, podestà di
Morbegno, gentiluomo giovane,
dabbene e di belle speranze, precipitò dalla via col suo cavallo: e la
disgrazie accadde così repentinamente che il suo servo non potè
prestargli soccorso, ma solo perdere
con lui la vita nel lago. Vero è che il
servo lanciò grida e invocazioni di
soccorso; ma prima che fossero intese, così lui che il padrone, il quale
nuotando con stivali e speroni, aveva perduto per primo le forze, erano calati a fondo. Più tardi, per
grazia di Dio, Vespasiano venne
ripescato, quasi miracolosamente,
con opportuni ordigni e trasportato
a Chiavenna; ivi, con nobile corteo
di tutti i cittadini di Chiavenna e di
altre persone del contado, egli venne
tumulato con grande rimpianto
nella tomba gentilizia dei Salis,
dove ora la sua salma riposa, in attesa di risorgere l’estremo dì del
mondo per l’eterna beatitudine e
ricongiungersi con la sua anima
trionfante in paradiso.”
Qualcuno si arrischiava,
quindi, a percorrere l’ardito
tracciato a cavallo ma le difficoltà erano spesso fatali,
come nel caso del Salis. Proseguendo, il tracciato non
presenta altre difficoltà ma si
conserva comunque non più
largo di un metro e mezzo. Si
incontra poi la località Acquabona, ove le donne di Verceia
solevano venire a lavare i
panni, e quindi si giunge ad
un bivio. Scendendo, si raggiunge la località Frana, intercettando l’antico percorso
della strada del Donegani
poco prima della seconda
galleria di Verceia. Proseguendo dritto si arriva alla
frazione Villa del comune di
Verceia e quindi, abbandonando lo storico tracciato del
Strada dei Cavalli (che proseguirebbe senza troppe difficoltà fino al Sasso di Campo e
poi a Novate), si raggiunge la
chiesa di S. Fedele. La difficoltà più grande che il percorso storico superava era
dunque il Sasso Corbè. Non a
caso questo sperone roccioso fu, negli anni, punto
strategico di passaggio da e
per la Valchiavenna durante
tutte le guerre che Chiavenna
ed il suo Contado hanno dovuto sopportare. La presa del
Sasso Corbè o la sua difesa
erano in grado di decidere le
sorti di intere battaglie o addirittura di guerre. La strategicità della Strada dei Cavalli
è quindi fuori discussione, e
questo anche per le transazioni commerciali internazio-
nali tra lo stato dei Grigioni e
la Repubblica di Venezia, attraverso una strada che passava su suolo grigione ed eludeva molto abilmente i dazi
posti dal Ducato di Milano
sulle merci in transito17. Inoltre il tracciato risultava al
riparo dal tiro dei cannoni del
Forte di Fuentes, edificato
nel 1604. Con la costruzione
ed apertura della Strada
Priula, si era concretamente
realizzato il collegamento tra
la Svizzera (e in generale
l’Europa centro-settentrionale) e la Repubblica di Venezia, a tutto svantaggio del
Ducato di Milano18. Il tracciato della Priula risaliva la
val Brembana e, superando
le Orobie al Passo S. Marco,
scendeva fino a Morbegno
dove attraversava l’Adda sul
ponte di Ganda, innestandosi nella Valeriana, per poi
congiungersi alla Strada dei
Cavalli, una volta superato
Dubino. Al di là delle difficoltà del tracciato, della lentezza con cui andava percorsa
e delle cattive condizioni in
cui versava negli ultimi anni
di operatività, la Strada dei
Cavalli ha rappresentato per
secoli l’unico collegamento
fra le due valli alpine, finché
il genio del Donegani non ha
permesso lo scavo nella
roccia del nuovo percorso
stradale.
Quanto alla Strada Militare
Lacustre, si può tranquillamente affermare che la sua
realizzazione fu una vera e
propria sfida vinta dall’ingegno e dall’abilità di Carlo
Donegani che, nel 1818, si
vide affidata la progettazione
di questo collegamento stradale che da Lecco, correndo
DAL COLLEGIO DI SONDRIO
La strada dei cavalli
allo stato attuale.
quasi a livello del Lario, sarebbe giunto fino a Colico. Le
attività di rilievo e progettazione si susseguirono intensivamente, tant’è che già nel
1820 si poterono iniziare i lavori. L’opera, vista la sua complessità, venne appaltata in
quattro diversi cantieri che
operarono in quattro epoche
diverse; la materializzazione
della strada avvenne per
mezzo di una linea bianca,
posta un metro sopra il livello
di massima piena del lago,
che seguiva tutte le rientranze e le sporgenze dello
scosceso costone roccioso. I
viaggiatori che in quegli anni
transitavano via acqua, di
fronte a questo spettacolo,
non potevano che sorridere
tra sé, pensando all’opera irrealizzabile di un visionario19. L’operosità degli operai, magistralmente diretti
dal nostro ingegnere, permise invece la realizzazione
di ciò che pareva impossibile, proprio lì dove anche i
muli a stento passavano.
“Si spiana si colma, si taglia, si fora.
La giornata consumavasi a fare
buchi da mina e caricarle: venuta la
sera, brillavasi; e lo sbigottito navigante e il lontano abitatore vedevano, udivano centinaja di colpi,
quasi intere fiancate di vascello,
romper le tenebre e il silenzio, spaccare la roccia”20. Così Splendiano Morselli, in modo alquanto romantico, descrive i
lavori che fervevano su
quelle inospitali ed accidentate sponde. Le gallerie che
si aprirono furono moltissime, per la fuga complessiva
di 1190 metri: a Dervio, al
Sasso Morcò fra Bellano e Varenna, ad Olcio. Finalmente,
dopo enormi sforzi, sul finire
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 23
DAL COLLEGIO DI SONDRIO
La prima "perforante galleria"
di Verceia.
del 1831 la carrozzabile
venne aperta al transito. La
strada non raggiunge mai
pendenze superiori al 4% e,
come quelle di Stelvio e
Spluga, presenta una larghezza costante di 5 metri. La
Militare Lacustre fa parte
delle tre grandi arterie stradali ricordate in apertura, che
vennero realizzate nel giro di
tredici anni con un immenso
sforzo sia economico che di
uomini e mezzi da parte
dell’Imperial Regio Governo
Austriaco. Se la Militare Lacustre era già collegata alla Militare dello Stelvio, era impensabile che un così attento
Governo lasciasse senza idoneo collegamento terrestre la due strade Militari e la
Commerciale di Spluga. Per
questo nessuno restò stupito
quando, all’inizio del 1832, si
avviarono i rilievi e la progettazione della strada da Colico
a Riva. Il cantiere venne avviato nel 1833, poco più di un
anno dopo l’inaugurazione
della Militare Lacustre, per
concludersi già nel 1834. Lo
stesso Donegani sembrava
essere sicuro del proseguimento della sua opera sino al
Porto di Riva, tanto che, nei
suoi documenti e nei suoi
scritti, la strada non compare
mai nominata come un’entità
a sé stante, ma sempre accorpata alla Strada Militare Lacuale: “Parte consecutiva in costruzione da Colico alla Riva di
Chiavenna. [...] Le difficoltà ed i
mezzi con che furono superate equivalgono consimilmente le anzidette
per la strada da Colico a Lecco essendovi qui pure due perforanti gallerie [...] e più un ponte”21.
Le difficoltà e le asperità incontrate durante il lunghis24 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
simo cantiere della Strada
Militare Lacuale erano, a suo
dire, assimilabili a quelle incontrate durante il cantiere
della strada da Colico a Riva.
Proveremo quindi ad analizzare gli ostacoli che Donegani stesso aveva individuato
nella sua descrizione della
strada Lacuale e a mostrare
come decise di superarli. Tali
considerazioni possono essere applicate anche al tratto
di strada oggetto di questa
analisi.
Le principali difficoltà vennero schematicamente sintetizzate in cinque punti:
1.Estese tratte voltuarie di scogli
con scarpa limitatissima e quasi
apico sul lago per cui mancava
una base trasversale ove appoggiare la strada.
2.Altre estesissime tratte di china
nel lago con scarsissima base che
esigge l’impianto di muri precisamente in spiaggia, onde acquistare la larghezza necessaria per
la carriera non potendosi maggiormente intaccare la china del
Monte sovrastante e segnatamente ove il terreno scorrevole si
sarebbe messo in movimento con
pericolo di frane.
3.Ristrettezza di tutte le tratte attraversanti i vari paesi da percorrersi internamente non potendo
lambirli piuttosto in riva del Lago
in causa dell’esercizio di navigazione cioè porti, darsene, spiagge
d’approdo e di rilevanti usi di
pescagione che si sarebbero interseccati a inoperosi.
4.Innumerevoli sbocchi di Valli e
Torrenti, con moltiplicatissimi
altri scoli trattandosi del piede di
continuative falde di Monti in
tutta la linea.
5.Esposizione agli insulti delle
Onde del Lago trattandosi della
riflessibile differenza di M.i 4 fra
lo stato di magra e quello di straordinaria piena22.
Questi problemi, riscontrati
nella costruzione della strada
Lacustre, possono essere
nella loro interezza assimilabili a quelli incontrati nella
strada da Colico a Riva nella
sua seconda parte, da Bocca
d’Adda a Riva di Chiavenna.
Per quanto riguarda la prima
parte di tracciato, da Colico
fino a Bocca d’Adda, si sa per
certo che il terreno sul quale
il rilevato stradale doveva
appoggiarsi era tutt’altro che
solido, essendo di natura paludosa e soggetto ad alluvioni ed allagamenti. Pertanto ci sentiamo di aggiungere a questi cinque punti un
sesto punto:
6.Terreno particolarmente
paludoso e soggetto a periodici allagamenti a causa
delle periodiche e frequenti esondazioni del
fiume Adda.
Individuate le criticità del
contesto, il Donegani scrisse
come furono superate:
1.Vennero perforati essi scogli con
estese tratte di gallerie. Sono esse
gallerie bastantemente chiare
colla luce procurata da un conveniente numero di finestroni aperti sul lago, i quali offrono in
oltre ai passeggeri gradevolissimi
variati punti di vedute che rendono il passaggio di queste grotte
più interessante e grato invece di
destare quell’apprensione come
al primo colpo d’occhio a ciascuno
sembrerebbe. La loro larghezza è
di metri 5 e atta al cambio di ogni
DAL COLLEGIO DI SONDRIO
Vista del Pian di Spagna, del Lago
di Mezzola e del Monte Berlinghera
ripresa dal Sasso Corbè.
carro o vettura, così l’altezza è
bastantemente generosa pel passaggio di qualunque carico anche
voluminosissimo che vi si debba
introdurre.
2.I detti scogli poi nel rimanente
delle loro fughe ove si presentavano con qualche base in ritiro e
di roccia vennero intagliati colle
strade a così detto Cielo aperto e
mediamente grandi muri di spallatura con arco attraverso ai burroni ed altri ripieghi si ottenne
ovunque la larghezza prescritta
di Metri 5 oltre la cunetta di scolo.
Intorno poi ai suddetti Muri di
spallatura si parla più diffusamente al N.5.
3.Tutti i paesi che vennero attraversati colla nuova strada e che
avevano anguste stradelle furono
ridotti in modo più regolare colle
necessarie mutilazioni dei Caseggiati rifabbricati anche più elegantemente di prima.
4.Tutti i Fiumi, Torrenti, Valli scoli
secondari e burroni vedonsi attraversati con solidi ponti arcuati
tutti in vivo con rivestimenti di
pietre da taglio diligentemente
combacciate non esistendone che
un solo con impalcature in legno
per circostanze parziali di località.
5.Tutti i muri piantati in spiagge e
soggetti quindi agli insulti delle
Onde del Lago sono rivestiti sino
all’altezza di Metri 5 sopra la
magra con pietre lavorate e combacciate diligentemente a corsi
regolari per cui non vedonsi interstizi di cemento e quindi insuscettibili di venir attaccati. Sopra essi
muri sorge il parapetto alto un
metro sopra il piano della Strada
con che è tolta ogni apprensione
e pericolo, oltre di che si presentano essi figura aggradevole colla
più ben consona curvatura e generalmente coperti da lastre di
marmo lavorate e combacciate
nel modo più regolare ed esatto.
Vedonsi inoltre nei siti meno importanti estese tratte barricate, e
paracarri cilindrici di granito di
maniera che a chi percorre questa
linea nulla restasi da desiderare.
Per Vice Reale graziosa disposizione, poi di Sua Altezza Imperiale vedonsi distribuite a consone
distanze replicate piazzette con
piantagioni per l’ombra e ristoro
dei viandanti, e con alcune fontane di ottima acqua, sedili, ecc.
Il che rende sempre più amena
questa strada e dilettevole il
viaggio in ogni maniera23.
È doverosa una piccola precisazione in merito alla natura
dei ponti che, come si vedrà
nella seconda parte di questo
articolo, furono realizzati in
legno, forse per avere un minore aggravio economico sul
bilancio dello Stato. Per
quanto riguarda il sesto
punto di criticità, l’Ingegner
Donegani progettò apposite
opere di difesa idraulica che
possono essere così sintetizzate:
7.Il percorso stradale è stato
realizzato in rilevato, al fine
di fornire una barriera naturale al dilagare dell’acqua.
Oltre a questo sono state
realizzate tutte le necessarie opere di difesa idraulica, siano esse chiaviche,
canali di scolo, pozzi od opere di arginatura, atte a
fornire un’ulteriore ragionevole sicurezza circa la
salvaguardia del tracciato
stradale in caso di alluvioni
od allagamenti.
Risulta a questo punto chiaro
come, in virtù della notevole
esperienza accumulata nella
realizzazione delle tre grandi
arterie viarie che la nuova opera doveva raccordare, tutti
i piccoli o grandi accorgimenti
indicati in fase di progettazione dal Donegani costituissero ormai un suo standard di
progettazione, irrinunciabile
per una riuscita buona e duratura dell’opera. Ancora una
volta si evidenzia un’attenzione maniacale ai dettagli
che possono apparire insignificanti agli occhi di molti
ma che, raggruppati nella totalità dell’opera, fanno la differenza tra un’opera eccellente ed un’opera mediocre.
È questa sostanzialmente la
lezione del Donegani: mai
lasciare i dettagli al caso o
alla libertà del costruttore,
seguire attentamente il cantiere, e in generale le proprie
realizzazioni, con passione e
impegno, definire precisamente e minuziosamente, in
sede di stesura di capitolato
d’appalto, le opere d’arte da
eseguirsi; in generale rendere comprensibile a tutti la
propria idea progettuale.
(Fine prima parte)
❑
Note
1 Scaramellini G., La “Strada dei Cavalli”
storico tracciato stradale della bassa Valchiavenna,
Chiavenna, Comune di Verceia Editore,
Stampa Rotalit, luglio 2002, p. 30.
2 Liceo Scientifico “Carlo Donegani”,
Carlo Donegani una via da seguire, Sondrio,
Lito Polaris, 2001, p. 37.
3 Ibidem.
4 Scaramellini G., La “Strada dei Cavalli”,
p. 30.
5 Bertoglio D., Relazione sulle variazioni del
delta dell’Adda presso Colico negli ultimi secoli, in
“Bollettino della società storica valtellinese”, n. 54/2, 2001, p. 115.
6 Ivi, p. 118.
7 Morselli S., La Valtellina, la strada militare
e l’Adda descritte da un morto, in Cantù C.,
Grande illustrazione del Lombardo Veneto, Milano, 1859.
8 Bertoglio D., Relazione sulle variazioni del
delta dell’Adda, p. 118.
9 Ibidem.
10 Ibidem.
11 Ibidem.
12 Bertoglio D., Relazione sulle variazioni del
delta dell’Adda, p. 122.
13 Scaramellini G., La “Strada dei Cavalli”,
p. 6.
14 Ivi, p. 7.
15 Ivi, p. 10.
16 Ibidem.
17 Ivi, p. 12.
18 Ibidem.
19 Morselli S., La Valtellina, la strada militare e l’Adda.
20 Ibidem.
21 Donegani C., Memorie sulle Strade di
Stelvio, Spluga e Lacuale, manoscritto autografo conservato presso il fondo “Donegani di Montestelvio” dell’Archivio di
Stato di Sondrio, busta II, fascicolo 5.2,
1834, pagina 10.
22 Ivi, p. 7-8.
23 Ivi, p. 7-10.
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 25
DAL COLLEGIO DI SONDRIO
Marcello Di Clemente
L
eggendo la bozza
delle norme attuative del Decreto
Competitività, in merito alla
paventata tassazione ai fini
I.M.U. dei terreni agricoli
montani (nuovo regime di esenzione), mi sovviene un aneddoto capitatomi alcuni
anni orsono.
Per un certo periodo di tempo,
per svolgere il praticantato,
venne presso il nostro studio
un ragazzo originario di una
piccola frazione montana di
26 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
Un aneddoto e...
l'I.M.U. sui terreni
agricoli montani
Sondrio. Il giovane era stato
mandato (controvoglia)
presso il nostro studio dal
padre, idraulico, che immaginava per il figlio un futuro “migliore” del suo, in “giacca e
cravatta” e non in “tuta blu”.
Di carattere affabile, molto
simpatico e volenteroso, il
ragazzo entrò presto nelle
simpatie di tutto lo studio.
Notammo, però, che il giovane geometra era più incline
ai lavori manuali (fare il canneggiatore, fare piccole ripa-
razioni nell’ufficio, spostare
fascicoli, andare a bere l’aperitivo, coltivare pubbliche relazioni in cantiere e in Catasto
con le giovani colleghe) e
meno alle mansioni di concetto.
Fu così che, una volta, rientrando in studio in tarda serata, trovai sulla mia scrivania
un foglietto contenente un
avviso di questo tenore: “Ha
telefonato il geom. ..., ha detto di
telefonargli al n. 0343/ [seguito da
un numero a 6 – sei – cifre]”.
Lì per lì, restai un po’ perplesso in quanto il nome del
collega era a me sconosciuto.
In qualsiasi caso, il giorno seguente, telefonai al numero
segnato e, con mio stupore,
non mi rispose il collega bensì
una macelleria di non ricordo
quale cittadina italiana. A
quel punto chiesi spiegazioni
al nostro praticante .
IO: “Sei sicuro di aver segnato bene
il numero? Sei certo del nome?”
LUI : “Sì, sì, mi ha anche detto che
ti conosce bene”
DAL COLLEGIO DI SONDRIO
Per cui, tornando sul foglietto
con l’avviso, cercai di decriptare il nome segnato e così
facendo mi accorsi che vi poteva essere una vaga e remota
somiglianza con il nome di un
caro collega di Chiavenna.
Presi in mano la guida telefonica ed in effetti il numero
telefonico era 0343/ (seguito
da un numero a 5 – cinque –
cifre e non 6 come segnato dal
giovane praticante), in pratica
il prefisso era giusto, il numero era identico, senza però
l’1 iniziale delle “teoriche” sei
cifre segnate sull’avviso.
Accertato il tutto, chiesi al ragazzo il perché di quell’1 in
più, facendogli notare che il
distretto telefonico di Chiavenna prevede, dopo il prefisso, un numero a 5 (cinque)
cifre.
Ma il giovane praticante con
una semplicità disarmante mi
disse: “Siccome non avevo capito
bene il numero [NdA anche il nome]
e mi vergognavo di richiederlo, siccome cinque cifre mi sembravano
poche, ne ho aggiunta una [NdA
ovvero l’1]”.
Le risate in studio si sentirono
sino a 1 Km. di distanza ed io
rimasi basito e senza parole;
solo una frase mi usci timidamente dalla bocca “ma perché
proprio l’1? [NdA e non il 3 o il 7, o
ecc]”.
Il giovane geometra oggi esercita felicemente la professione di idraulico con il padre
e, a volte, lo incontro al bar
sereno e sorridente (lui) davanti ad un “prosecco”, io
triste e incazzato davanti ad
un caffè senza zucchero.
Il perché questo simpatico aneddoto mi sia venuto in
mente leggendo le nuove
norme sull’I.M.U. dei terreni
agricoli è presto detto.
I tecnici del Ministero hanno
ben pensato di introdurre una
norma che stabilisce che per i
terreni agricoli dei comuni ubicati sopra ai 600 m.s.l.m.
sono esenti da I.M.U., per i
terreni agricoli dei comuni ubicati fra i 600 e i 281 m.s.l.m.
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 27
DAL COLLEGIO DI SONDRIO
Si dovrà pagare l’I.M.U. (eccezion fatta per i coltivatori diretti) e infine per i comuni ubicati sotto i 281 m.s.l.m. tutti
i proprietari dovranno pagare
l’I.M.U..
Per la determinazione della
quota altimetrica del comune,
si dovrà fare riferimento alla
collocazione dell’edificio
(casa) comunale.
Ora, se una norma del genere
fosse stata partorita dalla
mente vivace di un giovane
praticante geometra di 19
anni, con un sorriso, si potrebbe anche giustificare, ma
visto che è stata concepita da
tecnici del Ministero mi pare
di difficile comprensione.
E soprattutto, quell’1 (del
281) cosa ci sta a fare?
28 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
Avrei voglia di discutere
sull’opportunità o meno di
una scelta politica che tassa
tutti i terreni agricoli; oppure
di cercare di capire come faranno cittadini, impiegati comunali, professionisti, C.A.F.,
ecc.. a gestire il contenzioso
che si aprirà allorquando ci si
renderà conto del caos imperante a livello catastale. Si
pensi a terreni con 300 o 400
intestatari, terreni ormai inglobati nei greti dei fiumi ma
ancora presenti in archivio catastale in capo a privati, frazionamenti e volture di terreni
diventati strade o piazze che
mai l’Ente Comunale – che
oggi dovrebbe riscuotere la
tassa – ha mai provveduto a
eseguire e regolarizzare.
Mi interesserebbe parlare
del senso logico di fissare una
discriminante impositiva legata alla quota altimetrica
della casa comunale e non
alla classificazione del territorio (si pensi a comuni il cui
territorio si estende a quote
altimetriche significative ma
che hanno la casa comunale
sotto i fatidici 281 m.s.l.m., o
viceversa), ma tutto ciò avrebbe bisogno di un ampio
dibattito che, onestamente,
forse non sarei in grado di sostenere.
Però, certamente, una cosa mi
piacerebbe capire: ma perché
proprio 281?! Chi lo dovrà stabilire quell’1? Con quali sofisticati mezzi di rilevamento?
Bisognerà calcolare la soglia
dell’ingresso o lo spiccato
fuori terra della casa comunale? E se l’edificio comunale
avesse più ingressi posti ad
esempio quota 279 e 282
m.s.l.m.? Ma va considerato
l’ingresso della casa comunale o dell’ufficio tributi? E se
l’ingresso avesse davanti una
scalinata? E se chi entra ha i
tacchi alti (sto esagerando...)?
Chiaramente ho scherzato un
po’ sulla questione, tuttavia
mi auguro che questa norma
vada rivista con maggior riflessione e attenzione da
parte del Ministero e dei
propri tecnici.
Tuttavia un sospetto mi viene:
non è che nel pool di esperti
del Ministero c’è anche il nostro giovane praticante? ❑
DAL COLLEGIO DI LODI
Alessandro Colonna
I
l 2014 ha visto la ricorrenza dell’80° anniversario del record imbattuto di velocità per idrovolanti, e le provincie di Brescia
e Lodi sono state “idealmente” unite da un filo conduttore: infatti, il pilota protagonista del record ebbe i natali nella bassa lodigiana, e lo
scenario che ospitò l’evento
fu lo specchio d’acqua del
Lago di Garda antistante Desenzano del Garda (BS).
Francesco Agello nasce appunto a Casalpusterlengo, in
provincia di Lodi, il 27 dicembre 1902. La passione
per gli sport e per la motocicletta in particolare lo portano presto a dedicarsi all’amore per la velocità, facendogli conseguire nel 1924 il
brevetto di pilota e, quattro
anni più tardi, dopo aver militato nei reparti di Ricognizione Terrestre e raggiunto il
grado di sergente maggiore,
ad essere selezionato tra i 7
piloti costituenti il primo
corso della Scuola di Alta Velocità di Desenzano del
Garda. Qui fu impegnato nel
collaudo e nella messa a
punto degli idrovolanti, o
meglio, degli “idrocorsa”,
come venivano identificati gli
apparecchi preparati appositamente per le competizioni,
in particolare per la celebre
Coppa Schneider. Raggiunta
e superata la velocità di 500
km/h poté fregiarsi dell’ambitissima “V rossa”, un distintivo riservato all’élite dell’aviazione del tempo. Una
volta che gli inglesi vinsero
definitivamente la Coppa
Schenider, nel 1931, la Scuola
di Alta Velocità venne trasformata in “Reparto Alta Velo30 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
Francesco Agello,
l’idrovolantista
più veloce del mondo
cità”, che avrà tra gli obiettivi
primari quello di strappare
agli inglesi il record di velocità e l’Italia sviluppò allora
un nuovo idrocorsa dalle caratteristiche tecniche innovative mai viste prima: il motore
più potente del mondo, il
Fiat AS.6 progettato dall’ingegnere Tranquillo Zerbi,
dall’incredibile potenza di
3.100 cavalli erogati da 24 cilindri su due file in configurazione a “V”, e soprattutto,
soluzione unica al mondo, la
doppia elica trattiva, ovvero
due eliche coassiali controrotanti. L’apparecchio era un
monoplano ad ala bassa,
lungo circa 8 metri e con un’apertura alare di più di 9 metri,
progettato da un genio dell’aeronautica quale l’ingegnere
Mario Castoldi e deputato a
battere il record di velocità,
cosa che riuscì grazie anche
alle capacità del maresciallo
Agello. Ma tale conquista richiese anche il suo tributo di
vite umane: nei primi voli di
collaudo perirono Giovanni
Monti, probabilmente a
causa di un guasto al sistema
di trasmissione delle eliche
accoppiate che lo fecero inabissare nelle acque del Lago
di Garda, e Stanislao Bellini,
che esplose letteralmente in
volo. I problemi legati ad un
motore tanto esasperato si
manifestavano proprio con
dei ritorni di fiamma di una
violenza impressionante, seguiti da violentissime detonazioni. La soluzione fu trovata grazie ad un colpo di
genio: vennero applicati alcuni tubi trasparenti collegati
ai condotti del carburatore,
così da poter seguire e controllare il flusso del carbu-
rante. Nel frattempo, in un
banale incidente morì Ariosto Neri, e così Agello rimase l’unico abilitato al pilotaggio dell’M.C.72. Nel pomeriggio del 23 ottobre 1934
Agello ai comandi del Macchi-Castoldi M.C.72 superò il
suo precedente record conquistato l’anno prima, raggiungendo una media di
709,209 km/h, velocità imbattuta tutt’oggi per questa categoria di velivoli.
Grazie a questa epica impresa, il maresciallo Agello
venne decorato con la Medaglia d’Oro al Valore Aeronautico con la seguente motivazione “Pilota d’Alta Velocità di
DAL COLLEGIO DI LODI
A sinistra, alcune immagini del
maresciallo Francesco Agello.
Sotto, l'M.C.72 e Francesco Agello
in posa davanti all'apparecchio.
eccezionale valore ed ardire, dopo
aver concorso con difficili e pericolosi
voli sperimentali alla messa a punto
del più veloce idrovolante del mondo,
conquistava per due volte il record
mondiale di velocità assoluta”.
Agello perse la vita il il 24 novembre 1942, durante un
volo di collaudo sopra i cieli
di Bresso.
A dimostrazione della grandezza di questo pilota, l’Alitalia diede il suo nome ad
uno dei Boeing 767 della propria flotta.
Nel lodigiano si sono svolte
diverse celebrazioni in onore
dell’anniversario ed è stato
realizzato anche un fumetto.
❑
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 31
SCUOLA
Istituiti i CPIA per la
scuola serale per Geometri
del “Tartaglia”
Riprendiamo in questo numero
l'argomento illustratovi nel numero
5/2014 sulla riforma della scuola
serale per Geometri che come
sappiamo, per la nostra città e
provincia si tiene presso l'istituto
“Tartaglia” ed è diretta dal professor
Guido Bosio.
È una scuola, questa, molto
apprezzata dal mercato per la
peculiarità del suo insegnamento, in
quanto riesce a introdurre al lavoro
– (anche) della libera professione –
molti studenti lavoratori che non
sono in grado di seguire i corsi
diurni. Fra l'altro, per deroga
ministeriale, ancora per quest'anno
la scuola, e solo essa, licenzierà gli
abilitati con il titolo di Geometra.
Vi illustriamo qui in particolare
l'istutuzione dei CPIA (Centri
Provinciali Istruzione Adulti) e il
completo programma didattico.
I
l DPR 263/12, entrato in
vigore il 26 febbraio
2013, reca istruzioni
per l’attivazione dei CPIA
(centri provinciali per l’istruzione degli adulti).
A partire dall’anno 2014/15
saranno attivati questi centri
che raggrupperanno sotto
un’unica dirigenza i Ctp
(Centri territoriali permanenti), i corsi serali e quelli
svolti presso gli istituti di prevenzione e pena.
I CPIA dovranno progettare e
realizzare la graduale applicazione dei nuovi assetti didattici e organizzativi. In provincia di Brescia sono state
32 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
individuate tre sedi: Brescia,
Gavardo e Chiari con popolazioni scolastiche previste di
2.583, 1.295 e 889 studenti.
Le aree territoriali sono state
individuate in base ad alcuni
indicatori: numero di giovani
tra 15 e 29 anni che non studiano e non lavorano (i cosiddetti Neet (Not education,
employment or training); cittadini stranieri con permesso
di soggiorno; storica e attuale
offerta d’istruzione per adulti
erogata dai Ctp e dai corsi
serali preesistenti.
I corsi si svolgeranno e rimarranno incardinati presso le istituzioni scolastiche che at-
tualmente gestiscono i corsi
serali e i percorsi d’istruzione
nelle carceri.
Finalità
Innalzamento dei livelli d’istruzione della popolazione
adulta.
Conseguimento titolo d’istruzione scuola primaria, secondaria di 1° grado, secondaria
di 2° grado (nello specifico
diploma Tecnico CAT, già Geometra, equivalente a quello
del corso diurno.)
Il quadro orario comprende
tutte le discipline del corrispondente corso diurno. Le
ore totali sono ridotte, ri-
spetto al diurno, di circa il
25%; questa riduzione consente lo svolgimento delle
lezioni su cinque giorni settimanali.
Il nuovo assetto didattico dei
CPIA offre importanti strumenti di flessibilità (riconoscimento di titoli precedenti,
crediti e competenze in ambito lavorativo, personalizzazione dei percorsi formativi).
Ciò permette il completamento degli studi, frequentando solo le nuove materie
introdotte con la riforma o
quelle mancanti al proprio
curriculum, senza dover ricominciare tutto da zero. ❑
SCUOLA
Il diploma è equipollente a quello dei
corsi ordinari che sono appetibili al fine
dell´ingresso nel mondo del lavoro e
all’accesso universitario.
Esso si propone, con un diverso rapporto
insegnante-studente, in un diverso e più
agile modello di scuola. Sono previsti
l´applicazione dei crediti formativi, l’attivazione di materie integrative e di progetti multidisciplinari.
Il corso serale permetterà di rientrare nel
percorso formativo con la garanzia di un
reale diritto allo studio per tutti, consentendo anche percorsi personalizzati più
funzionali alle esigenze individuali.
Questa iniziativa, fornisce l´opportunità di
iniziare o completare un regolare iter
scolastico mirato ad acquisire conoscenze e competenze nel campo delle attività
sia artistiche che tecniche e ad arricchire
il proprio bagaglio culturale. Il percorso
didattico del corso serale è funzionale
alle esigenze di un´utenza costituita da
adulti, da lavoratori, da giovani, da studenti e da persone che pure se in possesso di un titolo di studio di Media Superiore
hanno l´esigenza di approfondire le proprie conoscenze e capacità.
Il Tecnico per “costruzioni, ambiente e
territorio”, oltre ad intervenire in prima
persona in tutte le fasi della realizzazione
delle opere edili, è un tramite essenziale
nei rapporti tra progettisti e imprese
costruttrici.
Questa figura professionale opera anche
nel campo della difesa dell’ambiente, del
risparmio energetico, dei nuovi materiali,
della sicurezza sul lavoro, della mobilità
sostenibile, dello smaltimento dei rifiuti,
ovvero le implicazioni dello sviluppo ecosostenibile.
Il diplomato, secondo i percorsi previsti
della normativa, può accedere all’esame
di abilitazione per l’esercizio della libera
professione di gemetra, oppure ai corsi di
formazione tecnica superiore (IFTS).
L’Istituto è in stretto contatto e collabora
con la Facoltà di Ingegneria, con il
Collegio dei Geometri, con il Collegio
Costruttori, con la Scuola edile e con la
CAPE di Brescia.Ciò permette di tenere
costantemente aggiornati i contenuti con
le richieste che provengono sia dal
mondo del lavoro che da quello della
ricerca.
COSTRUZIONI AMBIENTE E TERRITORIO
DISCIPLINE
Lingua e letteratura italiana
Lingua inglese
Storia
Matematica e complementi
Religione cattolica o Attività alternative
Gestione del cantiere e sicurezza lavoro
Progettazione costruzione e impianti
Topografia
Geopedologia, economia e estimo
TOTALE
2° BIENNIO
3°
4°
3
3
2
2
2
2
3
3
1
1
2
2
5
5
3
3
2
3
5°
3
2
2
3
1
2
4
3
3
23
23
24
IL CORSO SERALE è così articolato:
Lezioni su 5 giorni lavorativi
Accesso differenziato al percorso scolastico attraverso il riconoscimento dei crediti
formativi per le competenze già possedute ed acquisite:
-- a seguito di studi compiuti e certificati
-- di esperienze maturate in ambito lavorativo
-- di esperienze maturate con studi personali coerenti con l’indirizzo di studi
Per gli studenti a basso reddito la possibilità di chiedere l’esonero dal pagamento delle
tasse scolastiche.
Per gli alunni stranieri corsi di alfabetizzazione per una maggiore conoscenza della
lingua italiana.
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 33
SCUOLA
Fondazione Giovanni Agnelli:
pubblicata la graduatoria 2015
degli Istituti Tecnici
Anche quest'anno la
Fondazione Giovanni
Agnelli (FGA) ha
provveduto a stilare la
graduatoria degli
Istituti scolastici di
tutta Italia in merito
alle loro eccellenze
sulla preparazione
degli studenti al
proseguio degli studi
universitari.
Pubblichiamo i dati
relativi agli Istututi
bresciani che
riguardano i geometri,
unitamente ad una
doverosa informazione
della FGA sui criteri
che sono stati adottati
per la redazione dello
studio e che
riguardano i dati
formativi degli Istituti
stessi.
34 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
N
onostante la conclusione delle attività di iscrizione
agli Istituti secondari superiori è ancora possibile per le
famiglie, con richiesta di apposito nullaosta all’Istituto,
rivalutare la scelta effettuata.
risulta quindi interessante
proporre gli esiti dell’autorevole analisi svolta dalla Fondazione Giovanni Agnelli, ripresa a più riprese nei mesi
scorsi da diversi quotidiani a
diffusione nazionale e locale,
che si pone come obbiettivo,
con il progetto “Eduscopio”,
di fornire alle famiglie alcuni
dati per presentare il livello
di preparazione degli studenti in uscita verso gli studi
Universitari.
È necessario ed importante
tuttavia, come considerazione iniziale, rimandare alla
notizia evidenziata sul sito
della Fondazione Geometri
Italiani (www.fondazionegeometri.it settore Comunicazione-News) con la conferma
che, secondo una recente ricerca condotta da AlmaDiploma, ad un anno dal conseguimento del titolo il 38% dei
ragazzi usciti da un istituto
tecnico risulta occupato. Un
dato che potrebbe essere
ancora più elevato se si considera che ogni anno ci sono
circa 20-25mila profili tecnici
che le imprese italiane non
riescono a trovare.
Questo elemento influenza
quindi l’analisi proposta con
il progetto Eduscopio perché
in questa vengono considerati solo gli Istituti che mandano un congruo numero di
studenti all’Università – almeno 1 su 3 – e solo quelli
che, per almeno un indirizzo
di studio, mandano all’Università un numero non inferiore a 21 diplomati – la dimensione media di una
classe quinta.
La Fondazione Agnelli ha analizzato i risultati al primo
anno di università di 700mila
diplomati italiani – sia i voti
ottenuti agli esami sia i crediti ottenuti, perché all’università è importante sia a-
SCUOLA
Nella tabella il riepilogo degli Istituti
Tecnici ad indirizzo Tecnologico della
Provincia di Brescia secondo l’ordine
decrescente dell’indice FGA.
gli studenti agli studi universitari ed è
quindi consequenziale che l’analisi consenta una più approfondita considerazione dei dati degli studenti provenienti
da un percorso Liceale, quasi esclusivamente orientato ad un proseguimento
degli studi presso l’Università, piuttosto
che a quelli provenienti da un percorso
Tecnico settore Tecnologico che offre,
oltre alla possibilità di accedere comunque all’Università, ulteriori opportunità di inserimento nel mondo del lavoro.
Si ricordi inoltre che i dati raccolti dalla
FGA fanno riferimento alla banca dati
dell’Anagrafe Nazionale degli Studenti
universitari escludendo di fatto i dati relativi alle altre forme di formazione post
secondaria sempre più diffusi sul territorio nazionale – i percorsi di formazione
tecnico superiore ITS ed IFTS, per esempio.
Gli indicatori di performance degli Istituti
sono quelli riassunti nella media dei voti
conseguiti agli esami universitari, ponderata con i Crediti Formativi Universitari
POSIZIONE
LOCALITA’
ISTITUTO
Indice FGA
riconosciuti per ciascun esame, e la per1
Darfo B.T.
“T. Olivelli”
80,44
centuale dei CFU ottenuti sul totale pre2
Sarezzo
“P. Levi”
79,92
visto. Per una più immediata considerazione dei risultati ottenuti la Fondazione
3
Leno
“V. Capirola”
70,80
Giovanni Agnelli propone un indicatore
4
Brescia
“N. Tartaglia”
70,68
sintetico – l’Indice FGA – che tenga conto
di entrambi gli indicatori considerati ri5
Salò
“C. Battisti”
70,41
portandoli sulla stessa scala – da 0 a 100
6
Orzinuovi
“G. Cossali”
64,28
– ed assegnando loro lo stesso peso
7
Desenzano d/G
“L. Bazoli”
63,23
(50%/50%).
Una volta rese comparabili le perfor8
Chiari
“L. Einaudi”
Non disponibile*
mance universitarie degli studenti se ne
9
Edolo
“F. Meneghini”
Non disponibile*
può ricondurre la qualità agli Istituti in cui
hanno conseguito il diploma.
10
Iseo
“G. Antonietti”
Non disponibile*
Nel riepilogo ottenuto con i dati degli Isti*Dato non disponibile in quanto nella graduatoria e nell'indicatore FGA rientrano solo le scuole che mandano un
tuti Tecnici a settore Tecnologico della
congruo numero di studenti all'Università (almeno il 30%)
Provincia di Brescia, resi disponibili dal
progetto Eduscopio ed ottenuti con l’apvere buoni vuoti che supe- plice e trasparente, informa- plicazione dei fattori precedentemente esposti, si constata il
rare gli esami nei tempi pre- zioni utili a capire se la scuola positivo punteggio raccolto dagli Istituti con indirizzo Costruvisti – per gli anni dal 2009 al superiore dove questi stu- zioni, Ambiente e Territorio su quelli proponenti un percorso
2012, gli ultimi disponibili denti hanno preso la matu- tecnico differente, per esempio Tecnico Agrario e Tecnico
nell’aggiornamento dell’A- rità ha svolto un buon lavoro. Industriale.
nagrafe Nazionale Studenti.
La FGA propone quindi, in Per ulteriori approfondimenti rimandiamo al sito www.eduSulla base di questi dati la sintesi, la capacità degli Isti- scopio.it
❑
FGA propone, in modo sem- tuti di preparare e orientare IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 35
FORMAZIONE
Nicolò Sarzi Sartori
M
ercoledì 10 dicembre 2014,
presso l’aula
magna dell’I.T.G. Tartaglia si è
tenuto – nell’ambito delle
attività di formazione ed informazione proposte della
Commissione Urbanistica ed
Edilizia del Collegio Geometri di Brescia – un seminario dal titolo “Normativa in
materia di tutela paesistica”.
L’evento, che ha richiamato
un considerevole numero di
iscritti, come registrato nelle
precedenti due occasioni di
aggiornamento proposte
dalla Commissione (“Titoli abilitativi in edilizia, sportello unico
dell’edilizia e ambiti di trasformazione” e “Il contributo di costruzione
e inquadramento giuridico e casi
particolari”), è stato presentato
dal geometra Dario Piotti,
Responsabile della Commissione e Consigliere del Collegio dei Geometri di Brescia, il quale ha anche portato
ai partecipanti il saluto del
presidente del Collegio, il
geometra Giovanni Platto.
Come relatori all’incontro erano presenti l’avvocato
Mauro Ballerini, consulente
delle Pubbliche Amministrazioni e il geometra Gianfranco
Merici, membro della Commissione Edilizia ed Urbanistica del Collegio dei Geometri e Geometri Laureati
della Provincia di Brescia.
I lavori sono iniziati con l’intervento dell’avvocato Ballerini, utile a fare chiarezza in
merito a vincoli ed autorizzazioni paesaggistiche.
Mauro Ballerini, all’inizio del
proprio intervento, ha subito
fatto risaltare come la ma36 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
Seminario al “Tartaglia”
sulle tematiche della tutela
paesistico-ambientale
teria paesistica ed ambientale sia di competenza nazionale, secondo quanto stabilito dalla “Legge Galasso”
(Legge n. 431, 8 agosto 1985).
Il fatto che i rappresentanti
politici presso Regioni e Province, delegate per i piani
del territorio, non abbiano
operato in concerto con il Ministero dei Beni Culturali ed
Ambientali, come previsto
dalla Legge, ha quindi determinato la necessità di ricorrere ai pareri della Sovrintendenza. Il titolare che le rilascia non le emette grazie ad
un potere proprio ma deve
ottenere l’approvazione del
Ministero dei Beni Culturali,
tramite la Sovrintendenza. Il
Sovrintendente è infatti depositario della tutela. A
questo proposito il relatore
ha rimandato all’art. 117 della
Costituzione, in cui sono definite una competenza concorrente, tra Stato e Regioni
(e/o comuni nei casi particolari di Trento e Bolzano) ed
una esclusiva, dello Stato. La
prima concerne l’urbanistica,
la seconda l’ambiente. È per
questo che se una Regione
ha la possibilità di legiferare
lo deve solo ed esclusivamente alla delega dello
Stato.
L'intervento è continuato con
un chiarimento riguardo a
come ci si debba comportare
di fronte a zone soggette a
vincolo ambientale, che riguardano per lo più zone
d’insieme; l’esempio apportato è quello del territorio del
lago di Garda.
Ciò che va tenuto sempre
presente nell’ambito di una
realizzazione edilizia è che il
vincolo non comporta auto-
maticamente l’inedificabilità, pretende però la compatibilità. Chi volesse costruire
opere deve quindi sottoporre la documentazione integrale a tal riguardo al parere della Sovrintendenza
così che possa procedere a
valutazioni ed accertamenti.
La decisione della Sovrintendenza è vincolante, sia che il
giudizio sia positivo, sia che
sia negativo.
Ballerini ha quindi colto l’occasione per introdurre la
questione della cosiddetta
opzione zero.
Capita talvolta che per una
determinata area si ritenga
incompatibile qualunque
progetto. Si tratta di aree in
cui il vincolo ambientale, pur
non prevedendo l’inedificabilità, risulta, in seguito alle
valutazioni del Sovrintendente, talmente stringente
da impedire qualunque modifica.
A questo riguardo, sono state
ricordate due sentenze del
Tribunale di Brescia, la prima
del 10-4-2012 in cui l’opzione
zero è stata negata, la seconda,
di soli tre mesi successiva,
sentenza n. 1341 del 13-72012 in cui l’opzione è stata approvata. In questo caso è
stata data ragione al Sovrintendente che ha valutato
l’area inedificabile.
Risulta dunque possibile negare l’edificabilità su aree
per le quali a monte era già
stato deciso il vincolo. Nella
fattispecie questo è il caso
della Regione Lombardia, il
cui piano per la tutela ambientale non è stato fatto,
come già da legge della tutela ambientale del 1939, poi
testo unico 42 del 2004, di
concerto col ministero dei
Beni Culturali, ma per via autonoma. È quindi legittimo
che il sovrintendente talvolta
riprenda in esame la valutazione dell’area e giudichi in
base al caso specifico di concedere o meno l’autorizzazione.
L'avvocato è passato infine
ad illustrare il da farsi nel
caso si siano realizzate opere
in assenza di autorizzazione.
Come da art.167 del decreto
42 del 2004 (modificato nel
2006) la norma vorrebbe che
l’opera venisse demolita e
che il trasgressore procedesse alla messa in pristino a
proprie spese.
Nonostante l’autorizzazione
in genere non possa essere
rilasciata in sanatoria, esistono dei casi, contemplati
nel decreto del 2004, in cui è
invece possibile. Tant’è che
al comma 4 dell’art. 167 si trovano tre casi in cui la compatibilità paesaggistica può essere accertata; in cui dunque
si può evitare il ripristino.
La procedura prevede che si
dimostri di rientrare in tali
parametri sottoponendo la
questione del parere di compatibilità paesaggistica al sovrintendente, il quale è tenuto a rispondere entro 90
giorni. Chiaramente accade
spesso che il termine, pur
essendo perentorio, non
venga rispettato. A questo
punto non è difficile che
l’ente che ha fatto domanda,
ad esempio il comune, che ha
180 giorni come termine perentorio, per rispettare il proprio termine interpreti il silenzio del sovrintendente
come assenso e proceda.
Si è messo in evidenza che la
Foto © maurir75 – Fotolia.com
FORMAZIONE
procedura corretta sarebbe
però quella di sollecitare il
sovrintendente e qualora lo
sforzo risulti vano, tentare allora la nomina di un sostituto.
La seconda parte del seminario si è svolta con l’intervento del geometra Merici.
Subito Gianfranco Merici ha
specificato che anche quando
si opera in assenza di vincoli
è necessaria una valutazione
di impatto paesistico del
progetto che, anche se si
tratta di un’autovalutazione
che non necessita di alcun
tipo di autorizzazione, deve
pur sempre essere allegata.
Grazie anche all’ausilio del
proiettore è stato dunque illustrato un esempio pratico
dell’applicazione delle linee
guida regionali.
Merici ha specificato quindi
che la valutazione dell’impatto paesistico deve prevedere una procedura articolata in quattro fasi: la valutazione della sensibilità paesistica dei luoghi, la valutazione dell’incidenza paesistica del progetto ed infine la
determinazione dell’impatto
paesistico di questo schematizzabile tramite una scala
numerica con valori da 1 a 25.
L’impatto si ritiene positivo
al di sotto della soglia di rilevanza (5), negativo al di sopra
della soglia di tolleranza (16).
Nel caso invece si ritenga
neutro (tra 6 e 15) si ritiene
utile effettuare degli approfondimenti, i quali costituiscono la quarta fase.
Si è espresso poi riguardo
alla relazione semplificata
prendendo in esame i casi in
cui è prevista l’attuazione di
tale criterio per il rilascio
dell’autorizzazione. Si tratta
quindi di interventi di lieve
entità, dunque interventi mi-
nori in grado di non alterare
complessivamente lo stato
dei luoghi, come la posa in
opera di antenne, cartelloni e
pannelli solari per citare alcuni casi.
I lavori si sono conclusi con un
breve dibattito fra i presenti.
A fronte di alcune domande
poste ai relatori si sono meglio specificati i temi relativi
alla procedura di accertamento della compatibilità
paesaggistica e quello relativo al diniego alla posa in opera di pannelli solari.
❑
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 37
LEGALE
Matteo Panni
Giorgio Morotti
Responsabilità dell'appaltatore
per vizi e difetti
nei contratti di appalto
Con questo numero
iniziamo la
collaborazione con lo
studio legale associato
Panni e Morotti che,
nel corso dell'anno, ci
commenterà le
tematiche legali e
contrattualistiche
legate alla nostra
attività di geometri.
Il primo articolo, in
particolare, illustra le
reponsabilità inerenti i
contratti di appalto.
1.
La garanzia legale per le difformità e i vizi.
I contratti di appalto rivestono grande importanza
pratica: la realizzazione di opere nel settore dell’edilizia
avviene infatti sulla base di
tali tipi di contratto. Le obbligazioni derivanti dal contratto di appalto sono regolate dall’art. 1655 c.c. nel
“compimento di un’opera”
(dovere dell’appaltatore)
verso un “corrispettivo in danaro” (dovere del committente) (art. 1655 c.c.).
Il contenzioso in materia di
appalto scaturisce frequentemente dal fatto che l’opera
non è stata eseguita a regola
d’arte. Salvo per il caso in cui
sia avviata un’azione di risarcimento del danno (cfr. il
testo dell’art. 1668, 1º comma,
c.c., che – per questa ipotesi
– richiede espressamente la
colpa), la colpa dell’appaltatore non rileva: una volta accertati le difformità e i vizi
38 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
dell’opera, il costruttore risponde comunque, oggettivamente. L’appaltatore potrà
dunque andare esente da
responsabilità solo nel caso
estremo in cui riesca a dimostrare l’impossibilità della
prestazione, in applicazione
del principio generale di cui
all’art. 1218 c.c.
In materia di contratti di appalto sussiste una forma di
garanzia legale: l’appaltatore
è tenuto alla garanzia per le
difformità e i vizi dell’opera
(art. 1667, 1º comma, 1º periodo, c.c.).
Con l’espressione di “difformità” ci si riferisce al fatto che
sussiste una divergenza fra
l’opera che doveva essere
realizzata secondo gli accordi
intercorsi fra i contraenti e
quella che è stata effettivamente realizzata. Con il termine di “vizi”, la legge si riferisce al fatto che l’opera presenta dei difetti rispetto a
come avrebbe dovuto essere
se fosse stata eseguita a re-
gola d’arte: il criterio per misurare l’esistenza del vizio
non è tanto l’accordo dei contraenti quanto piuttosto la
regola dell’arte, che impone
di realizzare manufatti ben
funzionanti.
2. L’esclusione della garanzia in caso di accettazione dell’opera.
La legge prevede che la garanzia non è dovuta se il committente ha accettato l’opera
e le difformità o i vizi erano da
lui conosciuti o erano riconoscibili, purché in questo caso
non siano stati in mala fede
taciuti dall’appaltatore (art.
1667, 1º comma, 2º periodo,
c.c.).
Di norma l’accettazione
dell’opera consiste in una dichiarazione espressa di accettazione (il c.d. “collaudo”).
La costruzione si considera
accettata quando, nonostante l’invito dell’appaltatore, il committente non proceda alla verifica senza giusti
motivi ovvero non ne comunichi il risultato entro un
breve termine (art. 1665, 3º
comma, c.c.); inoltre, se il
committente riceve senza riserve le consegna dell’opera,
questa si considera accettata
ancorché non si sia proceduto alla verifica (art. 1665, 4º
comma, c.c.). Le due fattispecie disciplinate dal 3º e
dal 4º comma dell’art. 1665
c.c. configurano ipotesi di “accettazione tacita” dell’opera.
L’accettazione, espressa o tacita, fa venire meno la garanzia quando vi è (o, secondo criteri di diligenza, vi
sarebbe dovuta essere) in
capo al committente consapevolezza delle difformità e
dei vizi. La disposizione crea
dunque un onere di particolare vigilanza in capo al committente, il quale non può più
attivare la garanzia laddove
abbia accettato con superficialità l’opera senza accorgersi dei difetti. La garanzia
rimane ferma però per le dif-
Foto © eyetronic – Fotolia.com / Foto © txakel – Fotolia.com
LEGALE
formità e i vizi “occulti”, intendendosi con tale espressione
i difetti che non erano conosciuti né conoscibili dal committente.
La legge sanziona il comportamento reticente del costruttore, prevedendo che la
garanzia sussista – anche in
caso di accettazione dell’opera – laddove l’appaltatore
abbia in cattiva fede taciuto
le difformità e i vizi.
3. Il termine di decadenza
per la denunzia (art. 1667, 2°
comma, c.c.).
La legge prevede che il committente deve, a pena di decadenza, denunziare all’ap-
paltatore le difformità o i vizi
entro sessanta giorni dalla
scoperta (art. 1667, 2º comma,
1º periodo, c.c.), in qualunque
forma, scritta o orale (il problema della denuncia orale,
evidentemente, è la sua
prova, qualora poi l’appaltatore contestasse di avere ricevuto tale denuncia).
Una volta che il committente
ha denunziato i difetti, l’attivazione della garanzia implica – in capo all’appaltatore
– le conseguenze previste
dall’art. 1668 c.c. (cfr., infra, paragrafo 5).
Il committente, di norma, non
dispone delle medesime
competenze tecniche
dell’appaltatore e la scoperta
dei difetti può non essere immediata: la scoperta delle
difformità e dei vizi può considerarsi avvenuta non già
quando il committente inizia
a nutrire dei meri “sospetti”
in merito ai difetti dell’opera,
ma quando – per esempio a
seguito di una perizia – ha
raggiunto sul punto una ragionevole certezza.
La legge prevede che la denunzia non è necessaria se
l’appaltatore ha riconosciuto
le difformità o i vizi o se li ha
occultati (art. 1667, 2º comma,
2º periodo, c.c.). Secondo la
giurisprudenza della Corte di
Cassazione il riconoscimento
dei vizi da parte dell’appaltatore, che – ai sensi dell’art.
1667, 2º comma, c.c. – rende
non necessaria la denuncia
prescritta a pena di decadenza a carico del committente, non deve necessariamente essere accompagnata
dall’ammissione di responsabilità dell’appaltatore. Pertanto, la denuncia è superflua
anche quando l’appaltatore,
pur riconoscendo l’esistenza
obiettiva dei difetti lamentati, contesti per le più svariate ragioni di doverne rispondere.
La fattispecie dell’occultamento delle difformità e dei
vizi ricorre invece allorquando l’appaltatore conosce l’esistenza dei difetti,
ma li tiene nascosti al committente. L’occultamento
può avvenire mediante un’azione (di vero e proprio nascondimento delle difformità
e dei vizi) oppure mediante
un’omissione (l’appaltatore,
a conoscenza dei difetti, si limita a tacere, facendo affida-
mento che essi non vengano
scoperti dal committente,
per esempio per il fatto che
riguardano elementi interrati
e non più visibili).
4. La prescrizione delle azioni (art. 1667, 3° comma
c.c.)
In aggiunta alla fissazione di
un termine di decadenza, la
legge prevede un distinto
termine di prescrizione: l’azione contro l’appaltatore si
prescrive in due anni dal
giorno della consegna dell’opera (art. 1667, 3º comma, 1º
periodo, c.c.), intendendo
per consegna quella definitiva, con verifica e accettazione della medesima e non
già con riguardo a un’eventuale consegna anticipata,
con riserva di verifica. Decorso il termine di due anni
l’azione non può più essere
esercitata; il termine prescrizionale può però essere interrotto con un atto di messa
in mora, ricominciando a decorrere da quest’ultimo: il decorso del termine di prescrizione dovrà dunque essere
attentamente monitorato.
In caso di vizi occulti, invece,
il termine di prescrizione
dell’azione di garanzia decorre dalla data della scoperta dei vizi, scoperta che è
da ritenere acquisita dal
giorno in cui il committente
consegua un apprezzabile
grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e
della loro derivazione causale dall’imperfetta esecuzione dell’opera (tale conoscenza è da ritenere acquisita
– di regola – a seguito dell’esperimento di apposita relazione peritale).
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 39
LEGALE
La legge prevede poi che il
committente, se anche decida di non agire contro l’appaltatore, qualora sia però
convenuto da questi per il
pagamento del corrispettivo
(eventualmente ancora non
saldato), possa sempre eccepire e far valere la garanzia,
purché le difformità o i vizi
siano stati denunciati entro
sessanta giorni dalla scoperta
e prima che siano decorsi i
due anni dalla consegna (art.
1667, 3º comma 2º periodo,
c.c.).
5. L’eliminazione delle difformità e dei vizi nonché la
diminuzione del prezzo
L’art. 1668 c.c. stabilisce quale
sia il contenuto della garanzia
cui è tenuto l’appaltatore in
forza di legge: il committente
può chiedere che le difformità o i vizi siano eliminati a
spese dell’appaltatore, oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo
il risarcimento del danno nel
caso di colpa dell’appaltatore (art. 1668, 1º comma c.c.).
Tre sono dunque i rimedi: (i)
eliminazione di difformità e
vizi, (ii) diminuzione del
prezzo, (iii) risarcimento del
danno.
Quanto al primo rimedio (eliminazione dei vizi e difetti
dell’opera), qualora l’appaltatore non provveda direttamente, il committente può
sempre chiedere il risarcimento del danno, nella misura corrispondente alla
spesa necessaria all’eliminazione dei vizi.
Il secondo tipo di rimedio a
disposizione del committente è la diminuzione proporzionale del prezzo. Il com40 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
mittente, a fronte di un’opera
che presenta difformità e vizi,
può decidere di accettare il
bene così come esso si trova,
pretendendo peraltro che
l’appaltatore gli riconosca
una riduzione del prezzo. L’opera non è perfetta (nel senso
di come originariamente pattuita), ma – quantomeno –
grazie alla diminuzione del
prezzo, è ripristinato l’equilibrio sinallagmatico delle prestazioni dei contraenti.
Oltre all’eliminazione dei difetti e alla diminuzione del
prezzo, il terzo rimedio riconosciuto dalla legge al committente consiste nel chiedere il risarcimento del
danno patito in conseguenza
dell’opera difettosa eseguita
dell’appaltatore. Tale tipo di
danno, che può essere
chiesto anche in via cumula-
tiva con l’azione di eliminazione dei vizi o di riduzione
del prezzo, non può attenere
il costo delle opere di sistemazione o eliminazione di
vizi e difformità (vi sarebbe
una locupletazione indebita), ma attiene agli eventuali danni ulteriori che sono
derivati dai tali vizi e difformità: si pensi ai danni conseguenti al ritardo nella consegna dell’opera o per il mancato godimento dell’opera.
6. La risoluzione del contratto
I rimedi sopra analizzati sono
rimedi cosiddetti “conservativi”: non mirano a fare venire
meno il contratto, ma – al contrario – presuppongono il
mantenimento del medesimo.
Accanto a questi resta ferma
però la possibilità di esperire
anche il rimedio risolutorio: è
previsto infatti che, se le difformità o i vizi dell’opera
sono tali da renderla del tutto
inadatta alla sua destinazione, il committente può
chiedere la risoluzione del
contratto (art. 1668, 2º comma,
c.c.): si tratta di un’ipotesi estrema e del tutto residuale.
In caso di risoluzione del contratto di appalto per gravi vizi
dell’opera, l’appaltatore sarà
tenuto a rimborsare al committente tutte le somme versategli; d’altro canto avrà
però diritto a ottenere l’equivalente pecuniario delle opere già realizzate ma nella
limitata misura in cui siano
utilizzabili dal committente e
incorporate nell’immobile di
sua proprietà.
❑
LEGALE
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Gabriele Mercanti
Contratto preliminare
e tutele legali connesse
Il presente articolo apre un ciclo di approfondimenti curati dall'avvocato
Gabriele Mercanti sulle varie problematiche legate alla conclusione e
all'esecuzione del contratto preliminare. Proprio per la volontà di
rendere maggiormente proficuo questo percorso argomentativo comune
a chi scrive e a chi legge, l'autore ci chiede di invitare i lettori ad
esternare i propri dubbi attraverso la redazione della rivista oppure
attraverso il sito internet www.avvocatogabrielemercanti.it.
1.
Nozione generale.
Il contratto preliminare è definibile
come quel particolare tipo di
contratto in forza del quale
una o entrambe le parti si impegnano alla conclusione di
un successivo contratto detto
definitivo, il cui contenuto
essenziale è già stabilito nel
contratto preliminare medesimo1.
Con tale contratto, pertanto,
nasce esclusivamente un vincolo giuridico di carattere obbligatorio / preparatorio che
impegna i contraenti a manifestare anche in un secondo
momento la propria volontà:
sarà solo con tale ulteriore
prestazione di consenso che
si concretizzerà l’operazione
giuridico‑economica che le
parti si erano prefissate
(nell’esempio classico del
contratto preliminare di compravendita, dunque, il passaggio di proprietà avviene
solo ed esclusivamente con
la conclusione del definitivo)2.
Ciò chiarito, è legittimo chiedersi perché le parti – intenzionate a concludere un contratto – decidano di “spezzare” la vicenda in due fasi
distinte (preliminare e definitivo): le motivazioni, in realtà, possono essere le più
varie, ma generalmente tale
scissione si rende opportuna
– se non addirittura indispensabile – quando mancano le
condizioni attuali per una
conclusione immediata
dell’affare. Ad esempio, si
pensi al caso in cui un soggetto interessato all’acquisto
di un immobile non sia ancora in possesso dell’intera
provvista necessaria per paIL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 41
Foto © Kara – Fotolia.com
LEGALE
gare il prezzo e debba a tal
fine ottenere da un Istituto di
Credito l’erogazione di un finanziamento3 oppure al caso
in cui debba per esigenze fiscali liberarsi preventivamente della proprietà di altro
immobile4. In ipotesi del genere, il contraente interessato all’acquisto ha evidente
interesse a creare un primo
vincolo contrattuale al fine di
“fermare” l’affare ed utilizzare il tempo che lo separa
dalla conclusione del contratto definitivo per ottenere
il mutuo o vendere l’immobile.
2. Tutele legali in genere.
Una volta chiarita la nozione
di contratto preliminare ed il
fatto che da esso nasca l’obbligo di concludere il contratto definitivo, è fondamentale stabilire quali strumenti
abbia a sua disposizione una
parte ove l’altra si renda inadempiente all’obbligo di
concludere il contratto definitivo5.
Chiaramente, qualsiasi tutela
è ipotizzabile solo allorquando il rifiuto della controparte di concludere il contratto definitivo sia illegittimo: ad esempio sarebbe
legittimo il rifiuto del promissario acquirente di stipulare
il definitivo ove l’immobile
fosse urbanisticamente abusivo perché privo di titolo abilitativo della costruzione6,
mentre non lo sarebbe ove si
fosse in presenza di un abuso
da intendersi sanato per silenzio-assenso anziché con
formale concessione in sanatoria7.
Ebbene, oltre alla tradizionale domanda di risarci42 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
mento danni utilizzabile nel
nostro Ordinamento per reagire a qualsivoglia condotta
illegittima, il c.d. (contraente
diligente) può avvalersi
anche dei seguenti rimedi:
risoluzione per inadempimento; recesso (ove ci sia
stata la dazione di caparra);
esecuzione in forma specifica.
2.1 Risoluzione per inadempimento.
Con la risoluzione del contratto, il c.d. (contraente diligente) può determinare la
caducazione del vincolo con-
trattuale con effetto retroattivo, dovendo – allora – essere ripristinata la situazione
esistente antecedentemente
alla conclusione del preliminare con conseguente liberazione per il futuro da ogni
obbligo di concludere il definitivo e necessità di restituire
le prestazioni eventualmente
già anticipate.
La risoluzione si può determinare in tre modi: a) di diritto, se vi è apposita clausola
contrattuale che la preveda e
se la parte interessata dichiari successivamente all’inadempimento di volersene
avvalere oppure se è scaduto
il termine essenziale stabilito
per l’adempimento8; b) a seguito pronuncia del Giudice;
c) mediante diffida scritta con
l’intimazione di adempiere in
congruo termine (di norma
non inferiore ai 15 giorni) e
con l’espresso avviso che decorso il termine il contratto
s’intenderà risolto.
Si ricordi che la risoluzione
del contratto – a prescindere
dal meccanismo tecnico attraverso la quale è stata determinata – non preclude la
richiesta di risarcimento
danni.
LEGALE
2.2 Recesso e ruolo della caparra.
Ove alla conclusione del contratto preliminare sia stata
versata una caparra confirmatoria9, il c.d. (contraente diligente) – innanzitutto – può
recedere dal contratto, cioè
può unilateralmente svincolarsi da ogni obbligo futuro di
concludere il contratto, ed –
inoltre – se è il soggetto che ha
ricevuto la caparra ha diritto
di trattenerla, mentre se è il
soggetto che l’ha versata ha
diritto di esigere la restituzione del doppio.
In questo modo le parti sono
– come dire – “incentivate” a
rispettare il vincolo contrattuale dato che, diversamente,
potrebbero subire una già
quantificata (e non più contestabile nel suo ammontare)
perdita economica pari all’importo della caparra versata
ovvero al doppio di quella
percepita a seconda dei casi.
Si noti che, a differenza di
quanto valevole in tema di
risoluzione, l’esercizio del diritto di recesso preclude la
richiesta di risarcimento
danni.
2.3 Esecuzione in forma specifica.
Rimedio particolarmente utile per la parte diligente è
l’esperimento dell’azione
giudiziale di esecuzione in
forma specifica, in forza della
quale il Giudice emette una
Sentenza produttiva degli effetti del contratto non concluso: nella sostanza, la mancanza del consenso di un contraente viene surrogata da un
Provvedimento giudiziale10.
La Legge esclude espressamente la possibilità di utiliz-
zare tale strumento in tre casi:
a.quando il contratto preliminare lo abbia espressamente escluso11;
b.quando non sarebbe possibile concludere il definitivo
(proprio perché la Sentenza è un mero “sostituto”
del contratto)12;
c.quando la parte che agisce
non abbia già effettuato la
sua controprestazione ovvero non ne abbia fatto formale offerta13.
Deve segnalarsi che in base
alle più recenti evoluzioni
giurisprudenziali non deve
esistere una rigida corrispondenza tra contenuto del contratto preliminare e contenuto della Sentenza (sostitutiva del contratto definitivo
mancante), potendo il promissario acquirente chiedere
contestualmente la riduzione
del prezzo per vizi dell’immobile14 essendo solo vietato
che il bene da trasferire sia
oggettivamente diverso per
struttura e funzione da quello
considerato e promesso in
vendita15.
3. Conclusioni
Per quanto possa sembrare
un’ovvietà, la conclusione di
un contratto preliminare
deve essere effettuata con la
massima diligenza, in quanto
il vincolo obbligatorio da esso
nascente lega in maniera
assai stringente le parti. Anzi,
è proprio in detta fase che le
parti dovrebbero, dunque,
compiere tutte le proprie valutazioni economico-giuridiche sulla convenienza
dell’affare. Non a caso, è stato
sottoscritto in data 11 dicembre 2014 un protocollo operativo tra il Consiglio Na-
zionale del Notariato ed il
Consiglio Nazionale Geometri per rendere gli atti dei
trasferimenti immobiliari in
linea con i più elevati standard di sicurezza anche sotto
il profilo urbanistico ed edilizio16.
Chiaramente non esiste tecnica redazionale tale da poter
impedire a priori il sorgere di
contenziosi futuri tra le parti
del contratto preliminare:
nella malaugurata ipotesi ci
sarà, dunque, lavoro per gli
Avvocati.
❑
Note
1 È quantomeno curioso che il nostro
Codice Civile, pur trattando del contratto
preliminare in una serie di articoli, non ne
fornisca, tuttavia, una definizione la cui elaborazione è – quindi – frutto del lavoro
di Giudici e Giuristi in genere.
2 Pur potendo il contratto preliminare
avere ad oggetto l’obbligo di concludere
una grande varietà di contratti (vendita,
permuta, locazione, cessione azienda,
cessione quote sociali ecc.), nella presente trattazione si terrà presente come
prototipo la figura del contratto preliminare di vendita (di immobile), in quanto
figura maggiormente diffusa nella prassi
commerciale.
3 In casi del genere è frequente (ed
opportuna) la previsione nel contratto
preliminare che l’obbligo di concludere il
contratto definitivo sia sospensivamente
condizionato all’erogazione del mutuo: se
il finanziamento viene concesso la condizione si verifica e l’obbligo di contrarre
diventa attuale; se il finanziamento non
viene concesso la condizione non può più
verificarsi e l’obbligo di contrarre cessa
con effetto retroattivo.
4 Proprio per il mero effetto obbligatorio del contratto preliminare di cui si è
detto, i requisiti oggettivi e soggettivi per
fruire delle agevolazioni prima casa devono sussistere al momento del definitivo
e non in quello del preliminare.
5 Deve rilevarsi che da un punto di vista
concettuale potrebbe rendersi inadempiente tanto il promittente venditore
quanto il promissario acquirente, sempre
che non si tratti di un preliminare unilaterale in cui – quindi – un solo soggetto si sia
impegnato a concludere il definitivo
perché ovviamente in tal caso solo il soggetto che ha assunto l’obbligo potrebbe
rendersi tecnicamente inadempiente.
6 Cfr. Cass. n. 9.647/2006
7 Cfr. Cass. n. 13.874/2009.
8 Deve ricordarsi che è pacifico in Giurisprudenza che la mera indicazione del
termine entro il quale deve essere concluso il definitivo non rende tale termine
di per sé essenziale: a tale valutazione di
essenzialità si può giungere, quindi, solo
ove risulti che, per la natura e l’oggetto del
contratto, le parti non avevano utilità eco-
nomica al perfezionamento del vincolo
dopo la scadenza del termine medesimo
(Cfr. Cass. n. 3.645/2007).
9 La caparra confirmatoria è una somma
di denaro (o di altre cose fungibili) che
viene versata in sede di perfezionamento
del contratto allo scopo di “rafforzare” la
portata del vincolo: è evidente, infatti, che
tale prestazione economica dimostri inequivocabilmente, nell’immaginario collettivo, la “serietà” dell’impegno.
10 Come detto sopra per l’inadempimento in generale, anche qui è concettualmente ammissibile che tale azione giudiziale possa essere intrapresa da entrambe
le parti del contratto: nell’ipotesi, però,
del contratto preliminare di compravendita è statisticamente nettamente prevalente l’esercizio dell’azione da parte del
promissario acquirente per l’ovvia ragione
che questi spesso ha versato già somme
di denaro senza essere ancora proprietario del bene e, quindi, è maggiormente
interessato, rispetto al promittente venditore, a determinare il trasferimento della
proprietà.
11 Possibilità, quindi, tecnicamente
possibile ma di praticamente inesistente
utilizzo nella prassi commerciale.
12 Si pensi al caso già sopra citato
dell’immobile privo di titolo abilitativo
della costruzione.
13 Per ovviare a questo corto circuito
giuridico (si pensi al promissario acquirente a cui – ovviamente – non può certo
chiedersi di dover versare anticipatamente il saldo per poter poi agire contro il
promittente venditore inadempiente) la
prassi giudiziaria ha creato la figura della
Sentenza condizionata, in base alla quale
il Giudice condiziona il trasferimento
della proprietà contenuto nel Provvedimento Giudiziale al successivo saldo del
prezzo, cfr. su tutte Cass. n. 21.896/2011 che
parla addirittura di “collaudata tecnica della
Sentenza condizionale”.
14 Cfr. su tutte Cass. n. 14.988/2012.
15 Cfr. Cass. n. 4.895/1993.
16 Il contenuto dell’accordo è visionabile dal seguente link: http://www.notariato.it/sites/default/files/111214_CS_
accordo_notai_geometri.pdf.
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 43
SICUREZZA CANTIERI
Modelli semplificati
per la redazione del PSC
Continuiamo la pubblicazione, già iniziata sul numero 6/2014, dei modelli semplificati sulla
problematica della Sicurezza di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.
In particolare, in questo numero presentiamo quelli relativi alla redazione del PSC (Piano di
Sicurezza e Coordinamento) in formato tale da poter essere agevolmente riprodotto.
44 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
Foto © uma6 – Fotolia.com
(Parte 2)
SICUREZZA CANTIERI
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 45
SICUREZZA CANTIERI
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SICUREZZA CANTIERI
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SICUREZZA CANTIERI
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AGRICOLTURA
Valeria Sonvico
Condizionalità 2015
per gli operatori agricoli
60 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
Foto © Daniele Pietrobelli – Fotolia.com
L
a Condizionalità è la
dimostrazione delle
finalità positive
della PAC che giustifica la
spesa pubblica. Rappresenta l’elemento essenziale
nella strategia di integrazione ambientale della PAC,
nonché costituisce il requisito per accedere agli aiuti
comunitari.
L’imprenditore agricolo
quando richiede aiuti attraverso la domanda unica sottoscrive gli impegni di Condizionalità e deve rispettare i
vincoli che scaturiscono
dall’attività legata all’allevamento e ai terreni. La disciplina relativa alla Condizionalità si compone di due tipologie di impegni, i Criteri
di Gestione Obbligatori
(CGO) che derivano dall’applicazione di regolamenti e
direttive comunitarie e le
Buone Condizioni Agronomiche ed Ambientali (BCAA)
definite a livello nazionale e
relative al corretto mantenimento dei terreni, compresi i
pascoli permanenti.
La Condizionalità prevede
nel complesso 13 Criteri di
Gestione Obbligatori e 7
Buone Condizioni Agricole e
Ambientali, suddivisi in tre
settori, con altrettanti temi di
riferimento:
1.Ambiente, cambiamenti
climatici e buone condizioni agronomiche del terreno
•Acque
•Suolo e stock di carbonio
•Biodiversità
•Livello minimo di mantenimento del paesaggio
2.Sanità pubblica, salute
degli animali e delle piante
•Sicurezza alimentare
•Identificazione e registrazione degli animali
•Malattie degli animali
•Prodotti fitosanitari
3.Benessere degli animali
Rispetto alla precedente
programmazione, il legislatore ha voluto rendere più
organico e chiaro l’elenco
degli impegni, che è suddiviso per “settore” e “tema” e
non più per anno di applicazione, la Tabella 1 serve per
comprendere meglio il cambiamento di “linguaggio” attualmente in vigore.
NOVITA’ IN PILLOLE: rispetto
al passato non sono contemplati più nella condizionalità
2015
La novità più importante è
l’eliminazione dell’impegno
dell’“avvicendamento delle
colture” che nella nuova programmazione della Pac è
stato sostituito con quello
della “diversificazione” richiesto dal greening.
Tra le altre novità sono eliminati:
•ex CGO Atto A3 (fanghi) e ex
B13 B14 B15 (lotta all’afta
vescicolare e febbre catarrale)
•ex BCAA mantenimento
degli oliveti e dei vigneti in
buone condizioni vegetative, divieto estirpazione
ulivi, densità minima bestiame.
Anche se alcuni impegni
sono spariti, permangono
come base line per l’accesso
alle misure future PSR come
condizione di ammissibilità
per chi aderisce alle misure
agro-ambientali.
Attenzione a:
Requisito Minimo Fitosanitari (RM fit) - ex B9 RM e Requisito Minimo Fertilizzanti
(RM fer) - ex 4RM costitui-
scono la base line per la misura 10 e 11.
RM fit:
-- Possedere patentino così
come previsto dal PAN
-- Stoccaggio prodotti fitosanitari (allegato VI.1 del
PAN)
-- Rispetto dei principi generali della difesa integrata
obbligatoria (A 7.2 e A 7.3
del PAN)
-- Verifica stato funzionale attrezzature e dal 26/11/2016
controllo funzionale presso
centri autorizzati (PAN)
-- Osservanza delle prescrizioni in etichetta e delle
misure di mitigazione
dell’applicazione del PAN
in regione lombardia
RM fer:
-- Rispetto obblighi amministrativi/gestionali e di divieto distribuzione e.a. in
zone non vulnerabili
AGRICOLTURA
TABELLA 1: Impegni Condizionalità 2015 (nomenclatura passata e vigente a confronto)
Settore
Vecchia nomenclatura
Nomenclatura
2015
A4 Direttiva nitrati
CGO1
Standard 5.2. Introduzione fasce tampone
BCAA1
Standard 5.1. Autorizzazione uso irriguo delle acque
BCAA2
Standard 5.3. ex atto A2 protezione acque sotterranee per certe sostanze pericolose
BCAA3
Standard 1.2. copertura minima del suolo
BCAA4
Standard 1.1. gestione minima delle terre che rispetti le condizioni locali per limitare erosione
BCAA5
Standard 2.1. mantenimento livello s.o. nel suolo
BCAA6
A1 Zps – natura 2000
CGO2
A5 Sic Zsc – natura 2000
CGO3
Standard 4.4. mantenimento elementi caratteristici del paesaggio
BCAA7
B11 sicurezza alimentare
CGO4
B10 divieto di sostanze ormoniche vietate..
CGO5
A6 identificazione/registrazione suini
CGO6
A7 identificazione/registrazione bovini
CGO7
A8 identificazione/registrazione ovi-caprini
CGO8
Malattie degli animali
B12 prevenzione/controllo/eradicazione encelofapatie spongiforme)
CGO9
Prodotti fitosanitari
B9 immissioni sul mercato e uso rodotti fitosanitari
CGO10
C16 protezione vitelli
CGO11
C17 protezione suini
CGO12
C18 protezione animali in allevamento
CGO13
Tema principale
Acque
Ambiente, cambiamenti climatici e buone condizioni agronomiche del terreno
Suolo e stock di carbonio
Biodiversità
Livello minimo di mantenimento del paesaggio
Sicurezza alimentare
Sanità pubblica, salute degli animali e delle piante
Benessere degli animali
-- Rispetto prescrizioni fosforo. P2O5 limite massimo
250 kg/ha anno
Ogni anno viene estratto un
campione di aziende che
viene controllato al fine di
accertare il rispetto degli impegni assunti, il controllo
viene effettuato dal funzionari provinciali, da agea e da
veterinari. Tutti i controlli seguono una check list contenente tutti gli impegni che
un’azienda deve rispettare.
Ogni CGO / BCAA viene “pe-
Identificazione e registrazione degli animali
Benessere degli animali
sato” attraverso gli indici di
verifica (durata, portata, gravità) e a questi viene assegnato a seconda dell’infrazione un valore basso, medio
alto. L’esito di ogni CGO /
BCAA viene sommato per
campo di condizionalità (ambiente, sanità benessere)
per ottenere un punteggio
totale per quel determinato
campo, il punteggio serve
per definire l’eventuale riduzione all’impresa del pagamento.
Per ulteriori informazioni si
invitano gli interessati a
prendere contatti con gli uffici CAA (Centro Assistenza
Agricola).
Esenzione per i piccoli agricoltori: gli impegni, e conseguentemente le sanzioni,
non si applicano ai beneficiari che aderiscono al regime
dei piccoli agricoltori. Per
questi ultimi si è ritenuto che
l’impegno richiesto nell’ambito del meccanismo della
condizionalità sarebbe stato
superiore ai vantaggi del loro
mantenimento in tale sistema, in termini di oneri sia
amministrativi a carico dell’azienda, sia a carico delle amministrazioni nazionali per lo
svolgimento dei controlli.
L’esenzione, tuttavia, lascia
impregiudicato l’obbligo di
rispettare le disposizioni in
vigore della normativa settoriale e la possibilità di essere controllati e di subire
sanzioni in virtù di tale normativa. ❑
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 61
AGRICOLTURA
Riportiamo i valori ad Ha delle aree agricole riprese dal Listino della CCIA, differenziati nelle
varie zone in cui si divide la provincia di Brescia, con la precisazione che per quanto attiene alla
bassa bresciana – da indagini reperite in loco – detti valori possono subire un ribasso anche del
10-15%.
(Fonte: Giornale di Brescia, 7 gennaio 2015)
Valori delle aree agricole della provincia di Brescia per ettaro
Alta Valcamonica
Montagna Media Valcamonica
Montagna Lago d'Iseo Orientale
Alta Valtrompia
Alta Val Sabbia
Montagna Benaco Occidentale
Montagna Media Valtrompia
Montagna Media Val Sabbia
Morenica del Lago d'Iseo
Colline di Brescia
Morenica Nord-occidentale Benaco
Pianura Bresciana occidentale
Pianura Bresciana centrale
Pianura Bresciana orientale
62 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
min
max
Prato
20
30
Pascolo
5
8
Prato
21
30
Vigneto
110
170
Vigneto doc
133
190
Oliveto
113
170
Prato
25
37
Prato
27
40
Pascolo
7
10
Prato
67
100
Bosco
13
20
Prato
100
150
Uliveto
120
180
Frutteto
133
190
Seminativo irriguo
95
150
Prato
33
50
Bosco
13
20
Seminativo non irriguo
107
160
Vigneto DOC
167
237
Frutteto
167
237
Vigneto DOC
167
237
Seminativo irriguo
72
100
Vigneto DOC
133
200
Uliveto
133
200
Seminativo irriguo
105
150
Seminativo irriguo
100
150
Vigneto DOC
167
237
Seminativo irriguo
77
115
Vigneto DOC
105
153
Seminativo irriguo
73
114
Vigneto DOC
95
135
AGRICOLTURA
Stefano G. Loffi
Acque pubbliche e private
Foto © Naj – Fotolia.com
Q
L'argomento delle acque demaniali e non, pur essendo di grande
attualità (vedi tutte le ripercussioni sull'attività cartografica nella
gestione territoriale, in particolare della pianura Padana) continua come
noto a restare insoluto. A riguardo Angelo Este, consigliere del Collegio
di Brescia, prosegue una battaglia in ambito provinciale, regionale e
nazionale (l'ultimo incontro sul tema è avvenuto il 15 luglio 2014) per
definire i contenuti del problema e risolvere l'annosa vertenza che
sempre più contrappone i privati al demanio anche su aspetti
patrimoniali.
Presentiamo qui un ulteriore contributo sul tema propostoci
dall'ingegnere Stefano G. Loffi, direttore del Consorzio Irrigazioni
Cremonesi, che da questo numero inizia la sua collaborazione alla
nostra rivista. Rafforzando quanto da tempo sostiene il nostro consigliere
Este, l'intervento di Loffi ci fornisce un punto di vista dell'autore
sull'incongruenza normativa in materia e sulla necessità di fare
chiarezza una volta per tutte su un argomento che tanto pesantemente
incide nella nostra professione, condizionando tutta la problematica dei
frazionamenti di aree agricole interessate da corsi d'acqua dismessi.
uesta “storia” inizia con il decreto
legislativo n. 112
del 31 marzo 1998, nei due
passi:
•articolo 86: “Alla gestione dei
beni del demanio idrico provvedono le regioni e gli enti locali
competenti per territorio”
•art. 89 “Sono conferite alle regioni e agli enti locali […] le funzioni relative: ai compiti di polizia
idraulica […]”.
La Regione Lombardia, con la
propria legge 5 gennaio 2000
n. 1, ha seguito le indicazioni
dello Stato, dividendo le acque…
pubbliche tra sé medesima ed i
Comuni: forse già sapeva, nel
2001, che qualcuno avrebbe
soppresso le Province tredici
anni dopo? Non pare, infatti,
che la scala comunale s’attagli ad una rete di canali la
cui principale caratteristica è
l’essere quasi ovunque sovracomunale!
Ma così s’è deciso: dura lex, sed
lex!
Fatta la legge, si deve darne
applicazione e qualcuno a
tanto fu incaricato, ma devo
premettere una notazione
ormai storica: con la cosiddetta legge Bassanini, del
1997, la nomina dei dirigenti
è diventata una prerogativa
dei politici, con il conseguente ricambio ad ogni tornata elettorale, a danno del
tesoro più prezioso nella
Pubblica Amministrazione: la
Competenza… e qui porto un
conseguente esempio.
Passano venti mesi dalla predetta legge regionale 1/2000
e finalmente qualcuno comincia a pensare di darne
applicazione, previo autorevole parere, nutrendo un
dubbio che già di per sé la
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 63
dice lunga in fatto di… Competenza!
In data 8 ottobre 2001, nei corridoi della Regione parte, da
una Direzione Generale ad
un’altra, il seguente quesito:
“il sedime sul quale scorre un’acqua
dichiarata pubblica a seguito
dell’entrata in vigore della L.
36/1994 è da considerarsi in ogni
caso demaniale, anche in assenza di
apposita indicazione nelle mappe
catastali?”.
Chi lavora nelle “cose
d’acqua” sarebbe trasalito,
ma non altrettanto il destinatario del quesito, che, già il
successivo 12 novembre, dà
una risposta di olimpica sicurezza: “[con l’] applicabilità del r.d.
523/1904 a tutte le ‘acque pubbliche’ come definite dall’art. 1 della
L. 36/94 […] nell’attuale ordinamento non esistono più corsi d’acqua
privati”.
Fantastico!
Devo ricordare che, prima di
questo fatidico 12 novembre
2001, anche in Lombardia vigeva il solo Codice Civile, il
cui articolo 822 così definiva
– come tuttora definisce – il
Demanio idrico dello Stato:
“Appartengono allo Stato e fanno
parte del demanio pubblico […] i
fiumi, i torrenti , i laghi e le altre
acque definite pubbliche dalle leggi
in materia”.
La precisazione “e le altre acque
definite pubbliche dalle leggi in materia” si rese necessaria perché
i generici termini “fiumi” e “torrenti” ovviamente non potevano essere l’unico discrimine tra suolo pubblico e
suolo privato, entrambi coperti dalle acque… e la legge
in materia già c’era, come c’è
tuttora: per prima fu la legge
10 agosto 1884 n. 2644 (art.
25), poi il regio decreto 11 di64 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
Foto © Ruud Morijn – Fotolia.com
AGRICOLTURA
cembre 1933 n. 1775 (art. 1),
dove si stabilì che le Acque
Pubbliche (intese come corsi
o corpi d’acqua) siano quelle
comprese in appositi Elenchi
delle Acque Pubbliche: ecco il Demanio Idrico dello Stato!
Questo è il Demanio Idrico
che lo Stato, nel 1998, affidò a
Regioni ed Enti locali.
Ma negli Uffici d’altissimo livello della Regione Lombardia nacque un’idea “diversa”: poiché la legge
36/1994, cosiddetta legge
Galli, ha fatto pubbliche tutte
le acque, allora nell’attuale ordinamento non esistono più corsi
d’acqua privati!!
La cosa non era certo di poco
conto, soprattutto per coloro
che con canali privati “ci campano”, cosicché, dopo vani
tentativi di portare la Regione
alla… Ragione, cinquantacinque Consorzi di Miglioramento Fondiario o di Irrigazione, ovviamente privati –
bresciani, bergamaschi ed
uno solo cremonese, quello
che attualmente ancora dirigo – fecero ricorso.
Il Tribunale Superiore delle
Acque Pubbliche non può essere definito veloce, ma, rispetto alla Giustizia Ordinaria, è velocissimo: la Sentenza fu infatti depositata il 21
settembre 2004, e così stabilì:
“l’art. 1 della legge n. 36 del 1994
innova soltanto la disciplina giuridica del bene ‘acqua’ in sé considerato, ma non quella dei suoi ‘contenitori’ la cui demanialità è definita,
rispettivamente dal primo e secondo
comma dell’art. 822”, dunque
anche dalle leggi in materia.
Il Tribunale Superiore delle
Acque Pubbliche, in unico
grado di giudizio, ha confermato un fatto arcinoto a tutti
coloro che qualcosa sanno di
“cose d’acqua” o, quantomeno, che ne abbiano un minimo di… Competenza!
I corsi d’acqua privati, per il
Giudice delle Acque, esistono e continuano ad esistere, nonostante l’acqua trasportata sìa tutta ed indistintamente di proprietà dello
Stato (d.l.vo 152/2006, art. 144
comma 1).
Ma nessuno, in Regione Lombardia, tra i Dirigenti nominati dai politici, ebbe il coraggio di ammettere l’errore e
correre ai ripari, perché di
guai già ne erano nati e non
pochi, ma c’era ancora spazio
per un decisa e dovuta “correzione di rotta”.
Niente da fare… chi di dovere, agli alti livelli del governo regionale, ebbe l’ardire
di perseverare, forse per di-
fendere questioni assai limitate, provocando addirittura
una pronuncia della Corte di
Cassazione ed un Giudizio di
ottemperanza nei confronti
della Regione stessa; un ordine perentorio, che generò
la delibera della Giunta regionale numero 1239 del 30
novembre 2005, che, in premessa, recita: “Ritenuto di dover
escludere dal reticolo dei Consorzi di
bonifica in quanto di proprietà privata i seguenti canali […]”.
Ecco fatto!
Nel 2001 in Regione si stabilì
che nell’attuale ordinamento non
esistono più corsi d’acqua privati e,
nel 2005, l’organo di Governo
lombardo, costretto da un tribunale (!), prese atto che i
canali privati semplicemente
esistono!
Ormai una rivisitazione di
tutta la questione sembrava
ineluttabile, ma così non fu!
Neppure il più semplice ragionamento aveva smosso e
mai smosse, nonostante gli
eventi poc’anzi ricordati, la
cocciuta burocrazia regionale: “se lo Stato ha affidato a
Regioni ed enti locali il proprio Demanio Idrico, cominciate a gestire questo, prima
di inventare cose nuove e
cose vecchie, per giunta…
sbagliate”!
AGRICOLTURA
Niente da fare… è stata ininterrotta e monotona, e così
continuerà, la serie delle delibere della Giunta regionale:
ad oggi ne conto otto tra altre
di contorno, dopo la prima n.
7/7868 del 25 gennaio 2002,
sorta di testi unici successivi
che del precedente fanno tabula rasa… ed intanto giocoforza, in seguito a guai e danni
prodotti da piccoli e grandi
allagamenti, con conseguente stillicidio di domande
sempre più ficcanti da parte
di cittadini che leggono le
leggi, Regione ed enti locali, ovvero Regione e Comuni
hanno cominciato ad applicare la norma regionale,
dando forma ad un Demanio
Idrico assai più esteso di
quello originario dello Stato,
perché c’è un altro aspetto
che la Regione sembra o
vuole ignorare.
L’ente pubblico al quale la
Legge affida le funzioni di
Polizia Idraulica – detto Autorità di Polizia Idraulica – ha
pieno ed autonomo potere
di decidere quali siano i
corsi d’acqua da acquisire al
Demanio, senza indennizzo
nei confronti di chi potesse
dimostrarne la proprietà del
relativo alveo.
È infatti sufficiente e necessario che l’Autorità di Polizia
Idraulica riconosca che un
corso d’acqua abbia od acquisti
attitudine ad usi di pubblico e generale interesse (art. 1 comma 1 r.d.
n. 1775/1933) perché esso
venga iscritto nel… Demanio
Idrico, senza indennizzo alcuno: questo dice la Legge!
Ora hanno già vigore, nell’ambito del Demanio Idrico soggetto alla Polizia Idraulica: il
Reticolo Idrico Principale,
che la Regione ha completamente affidato ad AIPo; il Reticolo Idrico dei Consorzi di
bonifica, anch’esso regionale;
il Reticolo Idrico Minore già
inserito, da molti Comuni, nel
proprio PGT.
Nonostante gli strafalcioni,
esiste oggi in Lombardia un
Demanio Idrico (statale, regionale e, forse, comunale…)
solidalmente acquisito negli
strumenti urbanistici e fonte
di atti di Concessione ed esazione di Canoni: il punto di
non ritorno è superato!
Ma il principio inconfutabile
resta ed anche qui lo scrivo,
forte e chiaro: non è vero che
la Legge, attribuendo tutte le
acque alla proprietà dello
Stato, abbia reso pubbliche
tutte le superfici dalle acque
ricoperte, più o meno stabilmente, ma è vero che l’Autorità di Polizia Idraulica ha il
potere di riconoscere a corsi
d’acqua privati (rectius: il cui
alveo è dunque di proprietà
privata) l’attitudine ad usi di pubblico e generale interesse, così attribuendoli al Demanio Idrico, rendendo cioè pubblico l’alveo prima privato
senza indennizzo alcuno.
Questo dice la Legge!
Il tema potrebbe ora svilupparsi ampiamente, ma credo
d’aver già proposto non pochi
spunti di riflessione e l’onore
che mi si concede nello scrivere su questa rivista è già
grande. A chi volesse approfondire il ragionamento – ovvero le mie idee, che potrebbero essere non tutte corrette, ma certamente stimolanti – segnalo che tutto ciò
che ho prodotto si trova su
www.cic.cr.it: cercando alla
voca ‘Polizia Idraulica’ resto
anch’io sbalordito da quanto
ne abbia scritto! Una considerazione recente, in NEWS
del 01.08.2014 (vedi box),
prende atto di una conseguenza deleteria che interessa innanzitutto chi si trovasse a risolvere il caso di un
corso d’acqua che esista soltanto nelle mappe catastali
oppure che lo si debba spostare nelle medesime cartografie: passare, cioè, da “acquea” a “terreno”.
Ora aggiungo: quando il frazionamento interesserà un
corso d’acqua privato, si
dovrà comunque e sempre
chiedere il Nulla Osta dell’Agenzia del Territorio? Pare
proprio di si!
Corso d’acqua privato: una categoria che le istituzioni lombarde tutte sembrano escludere a priori, probabilmente
perché ancora ferme all’idea
che “[con l’] applicabilità del r.d.
523/1904 a tutte le ‘acque pubbliche’ come definite dall’art. 1 della
L. 36/94 […] nell’attuale ordinamento non esistono più corsi d’acqua
privati”!
❑
"Tra Agenzia delle Entrate, Agenzia
del Demanio, Regione Lombardia,
anche in stretta collaborazione con
organizzazioni professionali, dal
2010 è attivo un Tavolo Tecnico per
risolvere la 'complessa problematica
legata agli atti di aggiornamento
cartografico interessanti i reticoli fluviali (soprattutto i minori)', cioè per
chiarire – lo scriviamo con parole nostre – cosa si debba fare nel caso di
un frazionamento catastale in cui vi siano aree che passano da 'acqua' a
'terreno'. In questi giorni, sta circolando nella Rete una comunicazione
dell’Agenzia delle Entrate – Ufficio Provinciale di Cremona – che mette i
brividi… ci basti citarne un passo: 'L’Agenzia del Demanio assume quindi
il ruolo di interlocutore esclusivo cui si deve fare riferimento per ogni frazionamento interessante le acque […]'! Esclusivo – aggiungiamo noi – nel
solo caso di aree appartenenti al Demanio Idrico dello Stato, perché questo
è l’ambito della competenza della statale Agenzia del Demanio. Ancor più
stupisce il riferimento ai 'reticoli fluviali (soprattutto i minori)' poiché, a
seguire, si definisce il Comune come 'organismo idraulico competente'!! In
quattro anni questo è il risultato di un Tavolo Tecnico? Di fatto, per frazionare da ‘acqua’ a ‘terreno’, da oggi si deve sempre chiedere il preliminare
ed indispensabile Nulla Osta alla statale Agenzia del Demanio, nulla evidentemente rilevando se questa superficie ‘acqua’ appartenga allo Stato (ritenuto quindi proprietario unico di tutte le superfici coperte dalle acque?), o
alla Regione (art. 85 l.r. 31/08), o al Comune, se compresa nel Reticolo
idrico Minore, unico caso in cui il Comune è legittimamente autorità di
Polizia Idraulica. Quando dunque la questione riguarderà Demani Idrici non
statali, il Nulla Osta dell’Agenzia del Territorio, senza il quale il frazionamento non sarà approvabile, è un balzello inutile, dovendo poi ancora esprimersi il titolare del Demanio Idrico regionale o comunale con tanto di pratica di
sdemanializzazione”.
(Fonte: www.cic.cr.it news, 1 agosto 2014)
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 65
URBANISTICA
Antonio Gnecchi
COSTO DI COSTRUZIONE
(art. 16, comma 9, dPR n.
380 del 2001, art. 48, commi
1 e 2, L.R. n. 12 del 2005)
Proposta di aggiornamento
del costo di costruzione
degli edifici residenziali
per l’anno 2015 (Comuni
della Regione Lombardia)
L’
articolo 16, comma
4, del dPR n. 380
del 2001, che ha sostituito l’articolo 6 della legge
n. 10 del 1977 (i cui primi 4
commi sono stati sostituiti
dall’articolo 7, comma 2, della
legge n. 537 del 1993), nonché
l’articolo 48, commi 1 e 2,
della legge regionale n. 12 del
2005, dispongono che il costo
di costruzione degli edifici
residenziali, ai fini del calcolo
della relativa quota del contributo di costruzione, sia determinato periodicamente
dalle regioni, con riferimento
ai costi massimi ammissibili
per l’edilizia agevolata, definiti dalle stesse regioni a
norma dell’articolo 4, primo
comma, lettera g), della legge
n. 457 del 1978.
Le predette norme stabiliscono altresì che nei periodi
intercorrenti tra le determinazioni regionali, ovvero in
eventuale assenza di tali determinazioni, il costo di costruzione è adeguato annualmente, ed autonomamente
(dai comuni), in ragione
dell’intervenuta variazione
dei costi di costruzione accertata dall’Istituto nazionale di
Statistica (ISTAT).
Per la Regione Lombardia è
stata fatta una prima indivi66 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
Il nuovo costo di costruzione
dal 1 gennaio 2015
duazione in Lire 482.300 al
metro quadro con la deliberazione della Giunta regionale n. 53844 del 31 maggio
1994 (pubblicata sul B.U.R.L.,
5° supplemento straordinario del 24 giugno 1994).
Successivamente non vi è
stato più alcun intervento regionale né vi sono previsioni
a breve termine in questo
senso.
La regione, appositamente
interpellata, ha risposto “essendo la legge n. 537 del 1993, per
così dire solo “esortativa” in tale
senso ed avendo valutato gli esiti
complessivi del primo aggiornamento (che fissava un costo unitario
di Lire 482.300 al metro quadro),
la Regione Lombardia ha stabilito di
lasciare libertà ai Comuni, in virtù
dell’autonomia loro concessa dalla
Costituzione. Sono pertanto i Comuni a stabilire individualmente i
costi di costruzione annualmente
aggiornati” (comunicazione
della regione a quesito di
questo sito in data 24 novembre 1997).
I moduli operativi potrebbero essere più d’uno, in
base ai più vari elementi:
•da quando fare partire l’aggiornamento (dal giugno
1994, data della pubblicazione della delibera regionale, dal 1° gennaio 1995,
inizio del primo anno successivo o dal giugno 1995,
momento del primo inadempimento regionale,
quindi momento di maturazione della funzione surrogatoria del comune);
•dal mese sul quale deve
essere calcolato l’aggiornamento (giugno, gennaio, o il
mese in cui si rende pub-
blico l’aggiornamento);
•da quando deve avere effetto l’aggiornamento (dal
mese di giugno, dal mese
di gennaio o da qualsiasi
momento in cui sia reso
pubblico l’aggiornamento
stesso).
Bisogna tenere presente che
gli indici ISTAT sono resi noti
con alcuni mesi di ritardo,
quindi, nell’impossibilità di
aggiornamenti in tempo
reale, tra i vari atteggiamenti
(tutti opinabili) sembra più
ragionevole quello che:
•tiene in considerazione le
variazioni ISTAT intervenute annualmente nel
mese di giugno (primo
mese di applicazione della
prima, e unica, determinazione regionale) in modo
che l’importo base di riferimento sia omogeneo;
•rende effettivo l’aggiornamento dal 1° gennaio successivo (visto che, di norma,
gli indici ISTAT di giugno
sono resi noti solo in novembre o dicembre).
Nel corso del 2009 l’ISTAT ha
provveduto ad aggiornare gli
indici mensili relativi al costo
di costruzione dei fabbricati
residenziali, aggiornamento
reso necessario considerando le modifiche intervenute nelle tecniche di costruzione e le novità legislative in
materia e per prendere in esame una nuova tipologia di
costruzione, a partire dal
2005 (base = 100) e fino a settembre 2009, con coefficiente
di raccordo pari a 1,186, che
ha pubblicato nei primi giorni
del 2010.
Nel mese di marzo 2013 l’ISTAT, per essere coerente
con quanto richiesto dal Regolamento europeo sulle statistiche economiche congiunturali n. 1158/2005, ha provveduto ad aggiornare gli indici
del costo di costruzione di un
fabbricato residenziale (nella
base di riferimento 2010) a
partire dal 2011, con coefficiente di raccordo pari a
1,133.
Rilevato che l’indice ISTAT
del costo di costruzione dei
fabbricati residenziali, relativo al mese di giugno 2014, è
stato determinato nella misura di 105,7 rispetto a 106,1
del precedente giugno 2013,
sui quali applicare il calcolo
per l’aggiornamento del
costo di costruzione da far
applicare dal 1 gennaio
2015.
Si ritiene accettabile che, per
il 2015, sia da considerare un
costo di costruzione per gli
edifici residenziali di Euro
402,25 al metro quadro, ricavato dal seguente calcolo:
Costo costruzione 2015 = €
403,77 x 105,7 / 106,1 = €
402,25 (vedi schema a lato).
Per quanto attiene le modalità necessarie a rendere
pubblico il nuovo importo,
potrebbe bastare una determinazione del responsabile
dell’ufficio tecnico, che renda
noto al pubblico l’avvenuto
aggiornamento. Non pare tuttavia del tutto inutile che il
prospetto di calcolo dell’aggiornamento sia deliberato
dalla Giunta comunale.
❑
URBANISTICA
Anno
Costo
costruzione
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
2015
249,09
255,06
256,36
262,96
268,11
273,07
281,16
287,48
299,70
307,59
321,09
333,13
343,13
355,80
376,14
372,14
378,81
392,82
401,49
403,77
402,25
SCHEMA DI DETERMINAZIONE
Aggiornamento costo di costruzione ai sensi dell’articolo 16, comma 9, del dPR n. 380 del 2001;
articolo 48, commi 1 e 2, L.R. n. 12 del 2005
IL RESPONSABILE DEL SERVIZIO
Premesso che l’articolo 16, comma 9, del dPR n. 380 del 2001, che ha sostituito l’articolo 6, comma 3, della legge n. 10 del 1977 (i cui 4 commi erano stati sostituiti dall’articolo 7, comma 2, della legge n. 537 del 1993), ha demandato alle regioni la determinazione del costo di costruzione degli edifici residenziali da applicare al
rilascio dei permessi di costruire, con riferimento ai costi massimi ammissibili per l’edilizia agevolata;
Visto che la Regione Lombardia ha determinato, ai sensi delle norme citate, con deliberazione della Giunta regionale n. 5/53844 del 31 maggio 1994, (pubblicata sul
B.U.R.L., 5° supplemento straordinario del 24 giugno 1994), in Lire 482.300 al metro quadrato il costo di costruzione riferito al contributo afferente il costo di costruzione relativo al rilascio dei permessi di costruire;
Visto inoltre che lo stesso articolo 16, comma 9, del dPR n. 380 del 2001, nonché l’articolo 48, commi 1 e 2, della legge regionale n. 12 del 2005, hanno stabilito che
nei periodi intercorrenti tra le determinazioni regionali, ovvero in assenza di queste, il costo di costruzione è adeguato annualmente ed autonomamente dal Comune
in ragione della intervenuta variazione del costo di costruzione accertata dall’ISTAT;
Richiamata la propria determinazione n. ___ del __________, con la quale il costo di costruzione era stato aggiornato per l’anno 2014, in euro 403,77 al metro
quadrato, con efficacia dal 1 gennaio 2014;
Considerato che l’ISTAT non ha provveduto, per ragioni tecniche e su autorizzazione di Eurostat, a pubblicare gli indici mensili relativi al costo di costruzione dei fabbricati residenziali nel corso del 2009, mentre lo ha fatto nei primi giorni del 2010, con la pubblicazione degli indici su base 2005 = 100, con coefficiente di raccordo
tra base 2000 e base 2005, pari a 1,186;
Visti i nuovi indici ISTAT del costo di costruzione dei fabbricati residenziali relativi al giugno 2005 (=99,9), giugno 2006 (=102,9), giugno 2007 (=106,7), giugno 2008
(=112,8) e giugno 2009 (=112,6)
Considerato che l’ISTAT nel mese di marzo 2013 ha pubblicato i nuovi indici su base 2010 = 100, con coefficiente di raccordo tra base 2005 e base 2010 pari a 1,133;
Che pertanto, a decorrere dal 1° gennaio 2015, il costo di costruzione base sul quale calcolare la pertinente quota di contributo di concessione è stabilito
in Euro 402,25 al metro quadrato, come risulta dall’allegata proposta di aggiornamento;
DETERMINA
ai sensi dell’articolo 16, comma 9, del dPR n. 380 del 2001 e articolo 48, commi 1 e 2, della L.R. n. 12 del 2005, l’aggiornamento del costo di costruzione, di cui alla
deliberazione regionale citata, è di euro 402,25 al metro quadrato, a decorrere dal 1° gennaio 2014, per le ragioni precisate in premessa.
IL RESPONSABILE DEL SERVIZIO
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 67
URBANISTICA
Antonio Gnecchi
Commento al decreto
"Sblocca Italia”
in materia urbanistica edilizia
(Parte 1)
Vi presentiamo una prima parte del corposo
commento del nostro esperto di urbanistica,
geometra Antonio Gnecchi, sul decreto
“Sblocca Italia”. Le successive parti saranno
pubblicate nei prossimi numeri.
D
ecreto legge 12 settembre 2014, n. 133 (G.U. n.
212 del 12 settembre 2014,), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164
( S. O. n. 85 alla G.U. dell’11 novembre 2014,, n 262), recante
misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione
delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive.
Il decreto legge 12 settembre 2014, n. 133 contiene solo due
articoli significativi che riguardano la materia in commento e
titola “semplificazione ed altre misure edilizie” e sono gli articoli 17 e 25.
Il primo modifica in parte il dPR 6 giugno 2001, n, 380 e il solo
l’articolo 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 che disciplina
i piani attuativi, mentre il secondo integra e modifica, in parte,
alcuni aspetti del Codice dei Beni culturali e del Paesaggio.
Con la legge di conversione 164 dell’11 novembre 2014, sono
stati aggiunte, all’articolo 25, comma 1, tra le norme in materia
di procedimento amministrativo, tre nuove disposizioni che
modificano gli articoli 19, 21-quinquies e 21 nonies della legge 7
agosto 1990, n. 241, che interferiscono con la SCIA in edilizia.
L’intendimento del legislatore, con questo provvedimento e
molti altri emanati in questi ultimi anni, mira alla semplificazione della materia per incentivare anche la ripresa economica del Paese. Lo stesso legislatore ha cambiato, modificato
e integrato il TUE per perseguire gli obiettivi e le finalità che
si era prefissato per l’apertura dei cantieri, la realizzazione
delle opere pubbliche, la semplificazione burocratica e la ripresa economica del Paese.
Con la legge di conversione si è cercato (purtroppo invano) di
correggere o migliorare il testo del Decreto Legge emanato dal
Presidente della Repubblica, senza grossi risultati, almeno
per quanto riguarda la materia in commento.
Si è messo mano praticamente a quasi tutti gli articoli che erano stati oggetto di modifiche ed integrazioni del Testo Unico
dell’Edilizia, approvato con dPR. n. 380 del 2001 con l’intento
di migliorarne il testo e renderlo rispondente alle finalità e agli
obiettivi che il Governo si era prefissato di perseguire.
Purtroppo, però, a ben vedere, i risultati sperati non sono stati
raggiunti, a parere di chi scrive e non solo.
Restano molte criticità e molti dubbi sulla reale e concreta
applicazione delle norme corrette dal decreto legge, che non
68 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
hanno risolto né sembrano andare nella giusta direzione per
risolvere, in primo luogo, la semplificazione delle procedure
ed in secondo luogo e, per certi aspetti più rilevanti per le finalità che si propone la legge n. 164/2014, l’incentivazione e la
ripresa dell’attività edilizia per la crescita economica del
Paese.
Di seguito si riportano le novità introdotte con il decreto in
commento e le modifiche ed integrazioni introdotte dalla
legge di conversione, con i rispettivi approfondimenti.
Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia edilizia, approvato con d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
Articolo 3 – Definizione degli interventi edilizi.
Una prima modifica riguarda la definizione degli interventi di
manutenzione straordinaria di cui all’art. 3, comma 1, lettera
b), del dPR 380/01, mediante l’esecuzione di un insieme di
lavori e di opere, fissando l’unica limitazione di non alterare la
volumetria complessiva degli edifici.
È stato aggiunto però una nuova forma di manutenzione straordinaria simile a quella della LR 12/2005, con la differenza che
tali trasformazioni possono variare il carico urbanistico, purché,
anche in questo caso, non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e sempre che mantengano la destinazione d’uso originaria.
La legge di conversione non ha modificato il testo emanato
con il decreto legge 133/2014.
Articolo 3-bis – Interventi di conservazione.
Con l’obiettivo di semplificare le procedure edilizie, ridurre
gli oneri a carico dei cittadini e delle imprese, nonché di assicurare processi di sviluppo sostenibile, con particolare riguardo al patrimonio edilizio esistente, il legislatore ha voluto
che lo strumento urbanistico generale individui gli edifici esistenti non più compatibili con la pianificazione urbanistica
locale, prevedendo una forma di compensazione per la loro
riqualificazione, in alternativa all’espropriazione, pur con la
volontà di rispettare l’imparzialità e il buon andamento dell’azione amministrativa.
È sicuramente ipotizzabile l’individuazione delle singole fattispecie attraverso il Piano delle Regole del PGT, risultando,
di fatto, già un’imposizione d’ufficio al pari di tutti gli altri piani
attuativi previsti dallo strumento urbanistico generale, con la
sola differenza che la nuova norma prevede la riqualificazione
delle aree in cui sono collocati tali edifici attraverso forme di
compensazione, ma limitando l’azione dei proprietari degli
edifici ai soli interventi conservativi, qualora non procedano
alla loro riqualificazione attraverso un piano attuativo. In difetto di tale adempimento, per i proprietari dei fabbricati
all’interno di questi ambiti, sarà possibile demolire e ricostruire gli stessi solo nel caso tali interventi siano giustificati
da “obiettive ed improrogabili ragioni di ordine statico od igienico sanitario”.
Quello che non sarà di facile applicazione sarà l’iniziativa pri-
Foto © tsach – Fotolia.com
URBANISTICA
vata volta ad attuare gli interventi di
conservazione di questi edifici, in
primo luogo perché alternativa all’espropriazione pur con le forme di
compensazione che l’amministrazione comunale vorrà concordare con
i proprietari, ed in secondo luogo
perché la loro riqualificazione parte
dall’obbligo di predisporre un piano
attuativo con ciò che ne consegue.
In urbanistica ci sono già gli strumenti
pianificatori di dettaglio per il recupero di questi edifici che vengono
individuati, ai sensi dell’articolo 27
della legge 5 agosto 1978, n. 457, negli
specifici ambiti di recupero degli
strumenti urbanistici generali, nei
quali, per ragioni di degrado, si rende
opportuno il recupero del patrimonio
edilizio ed urbanistico esistente, mediante interventi rivolti alla conservazione, al risanamento, alla ricostruzione e alla migliore utilizzazione del
patrimonio stesso.
Dette zone possono comprendere
singoli immobili, complessi edilizi, isolati ed aree, nonché edifici da destinare ad attrezzature.
L’amministrazione comunale può individuare le aree e gli immobili di cui
sopra per i quali il rilascio dei titoli
abilitativi sono subordinati alla formazione dei piani di recupero di cui
al successivo articolo 28 della stessa
legge.
Questi piani attuativi sono già in grado di costituire gli strumenti che si propongono la conservazione e la riqualificazione
di tali ambiti dovendo stabilire, al loro interno, previsioni subordinate alle diverse tipologie di intervento, sia conservativo che ricostruttivo, nonché, limitatamente agli interventi di
rilevante interesse pubblico, interventi diretti all’adeguamento delle urbanizzazioni, alla cessione delle aree o all’assoggettamento di uso pubblico, ovvero alla loro monetizzazione, il tutto mediante la sottoscrizione di una convenzione
tra il comune e gli operatori.
Sempre la legge urbanistica nazionale prevede inoltre un altro
strumento che persegue gli obiettivi dell’amministrazione di
recuperare gli edifici degradati collocati in questi ambiti o aree
ed è il piano particolareggiato previsto dall’articolo 13 della
legge n. 1150 del 1942 che consente all’ente pubblico anche
l’esproprio.
Se coniughiamo, quindi, le due norme sopra citate emerge
chiaramente che non era necessaria la nuova disposizione
che, ad avviso di chi scrive, non produrrà grandi effetti.
Con la legge di conversione l’articolo 3-bis ha subito una modifica che riguarda una precisazione sulle forme di compensazione che l’Amministrazione comunale riconosce ai proprietari degli edifici da riqualificare, stabilendo una doppia limitazione e cioè che devono risultare “incidenti sull’area interessata
e senza aumento di superficie coperta” .
Questa ulteriore modificazione peggiora maggiormente la
nuova norma introdotta con il DL 133/2014, ponendo l’interrogativo di quali forme di compensazione si tratti, escludendo
quella volumetrica o di Slp.
Articolo 6 – Attività edilizia libera.
Una seconda modifica del decreto legge n. 133 del 2014 riguarda l’attività edilizia libera normata dall’articolo 6 del TUE.
In particolare sono stati rivisti e corretti i seguenti commi:
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 69
Foto © tsach – Fotolia.com
URBANISTICA
• comma 2, lett. a) – interventi di manutenzione straordinaria:
è stata rimossa la limitazione che riguardava l’aumento
delle unità immobiliari e l’incremento dei parametri urbanistici,
•comma 2, lett. e-bis) – le modifiche interne dei fabbricati
adibiti ad esercizio d’impresa: è stata fissata la limitazione
di non toccare le parti strutturali dell’edificio,
•comma 4: è stato sostituito interamente stabilendo una
diversa procedura di assenso che prevede la trasmissione
allo SUE, da parte dell’interessato, di una comunicazione di
inizio lavori, asseverata da un tecnico abilitato circa la conformità alla pianificazione edilizia/urbanistica locale, oltre
ad attestare che l’intervento non incide sulle parti strutturali dell’edificio. Nella comunicazione dell’interessato, che
contiene l’asseverazione del tecnico, devono essere indicati i dati identificativi dell’impresa alla quale sono affidati
i lavori. Ci sono da notare, al riguardo, due aspetti:
1.la conformità fa riferimento agli strumenti urbanistici approvati e ai Regolamenti edilizi vigenti e non, quindi, a
quelli adottati. Questo significa che non si applica la legge
1902 del 1952 sulla salvaguardia che, invece, rimane applicabile nei procedimenti per il rilascio dei permessi di
costruire,
2.la comunicazione è unica ed è inviata dall’interessato
(avente titolo) al comune indicando la data dell’inizio
lavori, il nominativo dell’impresa alla quale è stata affidata l’esecuzione delle opere con i suoi dati identificativi,
e l’asseverazione del tecnico abilitato circa la conformità
edilizia-urbanistica degli interventi.
• comma 5: anche questo comma è stato interamente sostituito e vuole che la semplice comunicazione di inizio lavori
per gli interventi di cui al comma 2 (quindi dalla lettera a)
alla lettera e-bis)), sia valida anche ai fini catastali. Inoltre lo
SUE dovrebbe trasmettere la stessa comunicazione all’A70 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
genzia delle Entrate per quanto di sua competenza. Sembra
improbabile che la comunicazione di cui trattasi possa essere valida anche ai fini dell’accatastamento. È auspicabile
che questa norma sia ulteriormente modificata, in fase di
approvazione del decreto legge.
•comma 6: prevede alcuni adempimenti a carico delle regioni a statuto ordinario. Sono state soppresse le lettere b)
e c), sostituendo le stesse con la sola lettera b), attribuendo
alle regioni il compito di disciplinare le modalità per l’effettuazioni dei controlli,
•comma 7: è stato modificato nella parte che prevedeva la
mancata trasmissione della relazione tecnica prescritta
dalla precedente formulazione, facendo ora riferimento alla
mancata comunicazione di inizio lavori di cui sopra.
La legge di conversione del decreto legge ha apportato tre
modifiche a questo articolo che disciplina l’attività edilizia
libera.
È stato integrato il comma 1, lettera a) che riguarda gli interventi di manutenzione ordinaria, facendo riferimento alla
definizione stabilita dal precedente articolo 3, comma 1, lettera a), ed aggiungendo tra questi, anche “gli interventi di installazione delle pompe di calore aria-aria di potenza nominale utile inferiore
a 12 Kw”.
Per gli interventi individuati alle lettere a) ed e-bis) e cioè, rispettivamente, di manutenzione straordinaria e modifiche
interne dei fabbricati adibiti ad esercizio di impresa, è stato
aggiunto, oltre all’obbligo di trasmettere allo SUE la comunicazione di inizio lavori asseverata da un tecnico abilitato di
conformità agli strumenti urbanistici e al Regolamento edilizio, anche la compatibilità con la normativa sismica ed energetica, fermo restando di non interferire con le parti strutturali
dell’edificio, e di indicare i dati identificati dell’impresa.
Al comma 5 è stata aggiunta un’integrazione alla facoltà della
presentazione della comunicazione prevista per gli interventi
URBANISTICA
individuati al comma 2, ponendo a carico dell’interessato
anche l’obbligo di comunicare la fine dei lavori.
Articolo 10. Interventi subordinati al permesso di costruire.
Il decreto legge del settembre 2014 ha apportato una modifica
alla definizione degli interventi della ristrutturazione edilizia
di cui alla lettera c), primo comma, di questo articolo, includendo in questa tipologia di intervento la possibilità di modificare la volumetria complessiva degli edifici e i prospetti.
In sostanza si può sostenere che:
•la modifica dei prospetti determina una ristrutturazione edilizia e, come tale, soggetta al rilascio del permesso di costruire e, conseguentemente, al pagamento del contributo
di costruzione,
•la modifica della volumetria complessiva potrà comportare
ugualmente l’aumento delle unità immobiliari e delle superfici purché all’interno della volumetria complessiva,
•la possibilità di modificare la volumetria complessiva degli
edifici, potrà comportare, di conseguenza, anche la modifica
della sagoma e del sedime in quanto una diversa distribuzione della cubatura dei fabbricati potrebbe comportare
anche una diversa occupazione del suolo nel caso in cui si
preveda alla demolizione e ricostruzione degli stessi.
Saranno poi le regioni a legiferare sulla definizione degli interventi di ristrutturazione edilizia che, però, in questo caso avrà
la legittimazione della normativa statale a sostegno di quanto
sopra affermato.
La legge di conversione nulla ha cambiato in ordine alla nuova
parte di definizione degli interventi di ristrutturazione edilizia
subordinati al rilascio del permesso di costruire che, pur allargando, da un lato, le maglie di questi interventi, lo ha ristretto
dall’altro sottoponendo a questo titolo abilitativo un elevato
numero di modifiche dei prospetti di facciata che i comuni
sottoporranno al pagamento del contributo di costruzione in
virtù di quanto dispone l’articolo 16 del dPR 380/01 in base al
quale “il rilascio del permesso di costruzione comporta la corresponsione di
un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione
nonché al costo di costruzione”.
Alla stessa stregua la legge regionale n. 12 del 2005 che stabilisce, con l’articolo 43, che gli interventi di nuova costruzione
(compreso gli ampliamenti/sopralzi), di ristrutturazioni urbanistiche e di ristrutturazioni edilizie sono onerosi.
Articolo 14 – permesso di costruire in deroga agli strumenti
urbanistici.
L’introduzione del comma 1-bis aggiunge una nuova ipotesi di
permesso di costruire in deroga che riguarda gli interventi di
ristrutturazione edilizia e urbanistica, attuati anche in aree
industriali dismesse (e non in via di dismissione) per i quali è
possibile cambiare la destinazione d’uso che, però, deve essere “autorizzata” dal consiglio comunale.
C’è da precisare che tale ipotesi non dovrebbe riguardare solo
le aree “produttive” poiché la norma cita la parola “anche”,
sempre che sussista l’interesse pubblico di tali interventi riconosciuto da parte del consiglio comunale al quale è demandata la competenza di concedere tale deroga.
Questa previsione rischia di rallentare le operazioni e le finalità volute dalla stessa norma, ma soprattutto di limitare l’utilizzazione di tale deroga che interessa anche altri aspetti che
vengono approfonditi nel proseguo del commento.
Le modifiche introdotte con la legge di conversione sono le
seguenti.
Il permesso di costruire in deroga non è più ammesso per gli
interventi di ristrutturazione urbanistica. Tale titolo abilitativo
rimane solo per gli interventi di ristrutturazione edilizia.
Il comma 1-bis, introdotto dal DL 133/2014, pone, per il rilascio
del permesso di costruire in deroga, una limitazione e cioè che
“il mutamento di destinazione d’uso non comporti un aumento della superficie coperta prima dell’intervento di ristrutturazione, fermo restando, nel
caso di insediamento commerciale, quanto disposto dall’articolo 31, comma
2, del DL 201/2011 , convertito dalla legge 214 del 2011 e s.m.i.”.
Questa nuova modificazione impone una limitazione e consente una liberalizzazione. La prima consiste nel vincolo della superficie coperta all’interno
degli edifici sottoposti a ristrutturazione nel caso si modifichi la destinazione
d’uso degli immobili, mentre la seconda ammette, a fronte della norma sopra
richiamata, l’apertura di nuovi esercizi commerciali senza contingentamento, limiti o altri vincoli di qualsiasi natura.
Articolo 15 – Efficacia e decadenza del permesso di costruire.
L’eliminazione della parola “esclusivamente” dal comma 2,
vuole significare che la proroga di validità del permesso può
essere accordata, con provvedimento motivato del responsabile del provvedimento, in maniera meno rigida rispetto al
passato, sempre in relazione alla mole dell’opera o alle sue
particolari caratteristiche tecnico-costruttive, nel caso di costruzioni eseguite da privati, da richiedere prima della data di
scadenza dei termini di inizio e di ultimazione lavori.
La proroga di cui sopra, che interessa sia l’inizio che l’ultimazione dei lavori, è accordata (quindi assentita con provvedimento espresso), sia nei casi sopra esposti sia qualora i lavori
non possono essere iniziati o conclusi per motivi ostativi intervenuti per iniziativa dell’amministrazione o dell’autorità
giudiziaria rilevatesi infondate.
Anche questo articolo è stato sottoposto a modifiche, con la
legge di conversione.
È stato sostituito interamente il comma 2, riformulando i termini di efficacia temporali del permesso di costruire e l’eventuale possibilità di proroga.
Vengono in sostanza comparati i termini per l’inizio dei lavori
(1 anno) e per l’ultimazione dei lavori (3 anni), decorsi i quali
il permesso di costruire decade di diritto, ma limitatamente
alla parte non eseguita. Questo significa però che, se non vengono iniziati i lavori, entro un anno dalla data del rilascio del
permesso, lo stesso decade automaticamente, mentre se
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 71
URBANISTICA
scade il termine dei tre anni, il permesso non è più efficace per
la parte non ultimata.
La norma ammette che l’interessato possa richiedere, prima
che scadano i termini per l’inizio e per la fine dei lavori, la
proroga del permesso.
La proroga però può essere concessa, con provvedimento
motivato dal responsabile del servizio o del dirigente, per limitati casi che, come nella vecchia versione della norma, sono
legati a fatti sopravvenuti ed estranei alla volontà del titolare
del permesso (non certo la mancanza di risorse economiche)
e solo in considerazione della mole dell’opera da realizzare e
delle particolari caratteristiche costruttive o relativa difficoltà
esecutive intervenute dopo l’inizio dei lavori.
La proroga può essere accordata pure per opere pubbliche da
finanziare in più riprese, sempreché sussistano le suddette
fattispecie di condizioni.
Restano in vigore, comunque, le altre due disposizioni che
riguardano il rilascio del permesso di costruire contenute
nell’articolo 30, comma 3, della legge n. 98 del 2013, in base al
quale: “salva diversa disposizione regionale, i termini di inizio lavori e di
ultimazione lavori sono prorogati di due anni per i titoli rilasciati o formalizzati prima del 21 agosto 2012”.
Articolo 16 – Contributo per il rilascio del permesso di costruire.
L’obbligo di corrispondere il contributo di costruzione, commisurato agli oneri di urbanizzazione e al costo di costruzione,
riguarda gli interventi subordinati al permesso di costruire di
cui all’articolo 10 del dPR 380/01 (quindi nuove costruzioni,
ristrutturazioni urbanistiche e ristrutturazioni edilizie che
comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, etc.), mentre per gli interventi di trasformazione urbana complessi che sono previsti al successivo
comma 2-bis il contributo di costruzione è limitato alla sola
quota del costo di costruzione.
Comma 2-bis): dopo il primo periodo che prevede l’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione previste dagli
strumenti attuativi (o atti equivalenti, quali piani di recupero,
programmi integrati di intervento, etc.), di importo inferiore
alla soglia comunitaria (€ 5.186.000 – art. 28, comma 1, lett. c),
D. Lgs. n. 163/06), per i quali non si applica il decreto sui contratti pubblici, è stato inserito un secondo periodo che dispone l’onerosità degli ambiti di trasformazione urbana complessi.
Per questi ambiti, che saranno verosimilmente individuati dal
PGT, al pari di tutti gli altri piani attuativi, è comunque prevista
l’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione funzionali
alla trasformazione degli stessi ambiti, l’esclusione da gare a
valenza pubblica per importi inferiore all’importo della
somma comunitaria, ed il contributo di costruzione dovuto per
il rilascio dei permessi di costruire degli interventi di trasformazione urbana complessi limitato al solo il costo di costru72 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
zione. Gli ambiti di trasformazione urbana complessi sono
quelli definiti dal Decreto Ambientale (Allegato IV, Parte II,
numeri 7 e 8, D. Lgs. n. 152/2006).
La riduzione del contributo limitata alla sola quota del costo
di costruzione, è motivata dalla finalità di incentivare il recupero e riuso degli immobili esistenti in questi ambiti dismessi.
Anche il secondo periodo del comma 2-bis dispone la predisposizione di un piano attuativo per gli interventi di trasformazione urbana complessi che, ovviamente, formeranno ambiti
o zone particolari da individuare all’interno del Piano delle
regole dei PGT, da convenzionare con l’amministrazione comunale.
In questi casi le opere di urbanizzazione da realizzare a cura e
spese degli operatori di tali “ambiti”, devono essere quantificate secondo i “parametri” definiti dalle tabelle comunali e
restano di proprietà privata.
L’operatore di questi ambiti di trasformazione deve assicurare, in ogni loro fase operativa, le modalità atte a garantire la
corretta esecuzione delle OO UU, le infrastrutture previste,
l’insediabilità degli interventi, la sostenibilità economica finanziaria, le finalità generali delle opere eseguite e i loro usi.
Anche in questo caso lo strumento urbanistico generale individuerà le aree o gli ambiti di trasformazione urbana complessi, subordinandoli a piani attuativi, mediante un’imposizione d’ufficio al pari di tutti gli altri piani attuativi, subordinandoli al convenzionamento, con la differenza che si pagherà il
solo costo di costruzione e non gli oneri di urbanizzazione per
gli interventi previsti al loro interno.
Questi particolari strumenti attuativi risulteranno, a tutti gli
effetti, dei piani urbanistici di dettaglio, con tutti gli obblighi
convenzionali a cui sottostare, quali, la cessione di aree o il loro
assoggettamento all’uso pubblico, la realizzazione diretta
delle opere di urbanizzazione (risultando private alla conclusione degli interventi, anziché cedute al comune), tempi, obiettivi, contenuti, contributo della sola quota del costo di
costruzione, garanzie e spese.
Nella norma non si fa cenno all’esonero dell’eventuale monetizzazione per la mancata cessione delle aree di uso pubblico
il che fa supporre, al pari dei piani attuativi generici, si debbano recuperare gli “standard”, ovvero pagare al comune la
monetizzazione nel caso di mancata cessione della dotazione
globale di aree per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico e generale.
Due cose però da precisare:
•la definizione di interventi di trasformazione urbana complessi è rimandata al D. Lgs. n. 152 del 2006 ed in particolare
a quei progetti che sono assoggettati a VIA. L’allegato IV richiama i progetti dell’Allegato III, elenco B, n. 7 e 8 che riguardano, rispettivamente, i progetti di sviluppo di zone industriali o produttive e i progetti di sviluppo di aree urbane, di
grandi estensioni. È il caso di ricordare come il secondo
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URBANISTICA
periodo del comma 2-bis precisi che gli interventi riguardano la trasformazione urbana e ciò fa ritenere che siano da
escludere quelli a carattere industriale o produttivo.
•I lavori di esecuzione delle opere di urbanizzazione, il cui
importo è inferiore alla soglia comunitaria (euro 5.168.000 –
art. 28, DLGS n. 163/2006), non sono da assoggettare alle
norme del decreto dei contratti sopra citato ed i soggetti che
assumono in via diretta l’esecuzione dette opere possono
beneficiare dell’esenzione del costo di costruzione per il rilascio dei permessi di costruire per gli interventi previsti dai
piani. Come si evince dallo stesso articolo l’amministrazione
comunale che provvederà ad espletare il procedimento di
approvazione dello strumento attuativo e a rilasciare i permessi di costruire “convenzionati”, chiederà all’interessato
l’indicazione del tempo massimo in cui devono essere completate le opere e lo schema del relativo contratto di appalto.
In buona sostanza l’innovazione normativa “tocca” marginalmente le piccole realtà locali, limitando tale previsione alle
aree degradate urbane attorno alle città.
Comma 4 d-bis): pone a carico delle amministrazioni comunali
di differenziare l’incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria tra gli interventi finalizzati a incentivare il
recupero delle zone o ambiti di maggior densità urbana da
quelli di normale “ristrutturazione edilizia” eseguiti sul resto
del territorio e da quelli previsti per le nuove costruzioni.
Comma 5: si tratta di una semplice precisazione che prevede
la definizione delle tabelle parametriche da parte delle ammi-
nistrazioni comunali (con deliberazione del consiglio comunale) in caso di inerzia
della regione, facendo riferimento ai criteri stabiliti dal
comma 4, modificato come
sopra detto.
Comma 10: sempre per incentivare gli interventi di recupero edilizio del patrimonio edilizio esistente, la
norma prevede che i comuni
ai quali vanno i soldi per tali
interventi, quali risorse finanziarie esigibili tra quelle
scarse disponibili, deliberino
che il costo di costruzione relativo agli interventi di ristrutturazione edilizia (ai sensi del
modificato art. 3, comma 1,
lett. d), del TUE), sia inferiore
al valore determinato per le
nuove costruzioni.
Già l’articolo 48, comma 6,
della legge regionale n. 12 del
2005 prevede che tale costo non sia superiore al valore determinato per le nuove costruzioni ed ora la nuova formulazione
dell’articolo 16, comma 10, secondo periodo, stabilisce la
stessa cosa.
Va da sé che tali interventi, diversi da quelli che prevedono il
recupero del patrimonio edilizio esistente da eseguire nelle
zone più degradate e per i quali il contributo di costruzione
risulterà agevolato, in parte, non lo sarà per quelli di manutenzione straordinaria di cui si dirà a proposito del successivo
articolo 17, comma 4, dPR 380/2001.
Sono diverse le modifiche ed integrazioni appartate al presente articolo dalla legge di conversione che di seguito si riportano.
Sono stati soppressi i due numeri che facevano riferimento agli
interventi di trasformazione urbana complessi e al relativo
contributo di costruzione limitato all’incidenza del solo costo
di costruzione.
È stata prevista una nuova e diversa formulazione per l’applicazione del contributo, demandata alle regioni dal quarto
comma, ovvero:
•Differenziare gli oneri di urbanizzazione tra gli interventi da
realizzare nelle aree a maggior densità del costruito (da intendere gli ex interventi di trasformazione urbana complessi) da quelli di semplice ristrutturazione edilizia (art. 3,
comma 1, lettera d), del TUE) e da quelli di nuova costruzione,
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 73
•Stabilire o valutare il maggior valore generato dagli interventi realizzati nelle aree o sugli immobili che determinano
variante urbanistica, oppure quelli realizzati in deroga o con
cambio di destinazione d’uso. Questa valutazione deve
essere calcolata dall’amministrazione comunale e dovrà
essere suddivisa in misura non inferiore al 50% tra il comune
ed il privato proponente gli interventi. Il 50 % di competenza
privata deve però essere ceduta al comune sotto forma di
contributo straordinario. Queste somme sembrano, a tutti
gli effetti, una forma di monetizzazione per i benefici goduti
dal privato per queste tipologie di intervento, a favore del
comune per finalità pubbliche.
Con l’inserimento del nuovo comma 4-bis, e cioè la valutazione del maggior valore del “fabbricato” a seguito di variante
urbanistica o intervento in deroga o con cambio di destinazione d’uso, sono fatte salve le diverse disposizioni della legislazione regionali o quelle degli strumenti urbanistici generali locali.
74 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
L’ultima modifica del presente articolo riguarda il comma 5, secondo il quale, in assenza di provvedimenti regionali in ordine
alla definizione delle tariffe degli oneri di
urbanizzazione, provvede il comune secondo i parametri del precedente comma
4-bis e cioè a seconda che si tratti di normale ristrutturazione edilizia, di ristrutturazione edilizia su immobili posti in aree a
maggior densità del costruito, da quelli di
nuova costruzione, differenziati tra loro.
Articolo 17 – Riduzione o esonero del
contributo di costruzione.
Un’assurdità introdotta dal decreto legge
133/14 in commento è rappresentata dal
nuovo testo del comma 4, là dove, tra gli
interventi non soggetti al contributo di costruzione o alle limitazioni dello stesso, si
fa riferimento agli interventi “da realizzare su
immobili di proprietà dello Stato, nonché per gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all’art.
6, comma 2, lett. a), dPR 380/01, il contributo di
costruzione è commisurato all’incidenza delle sole
opere di urbanizzazione”.
Al riguardo sono doverose alcune riflessioni:
La prima riguarda un aspetto gene1.
rale e cioè se da un lato la riforma parziale
del TUE, che vuole da un lato la semplificazione della materia edilizia e agevolare la
riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, nelle sue varie forme, dall’altro si
penalizza la stessa materia subordinando
ad un balzello economico i più elementari interventi di
manutenzione e conservazione dello stesso tessuto urbano,
2.Fino ad oggi infatti, sebbene con qualche distinguo tra la
normativa statale e quella regionale, si era determinata una
situazione in base alla quale tutti gli interventi edilizi minori
erano esclusi dal pagamento del contributo di costruzione.
Si parla, ovviamente, degli interventi di manutenzione straordinaria (scontata la gratuità di quelli di manutenzione
ordinaria) e di restauro e risanamento conservativo, a meno
che si trattasse di interventi con previsione di mutamenti di
destinazione d’uso, per i quali s’imponeva, sia per previsione legislativa regionale o per giurisprudenza prevalente
e consolidata, il pagamento del maggior importo dovuto per
la nuova destinazione rispetto a quella precedente, calcolata al momento dell’intervenuta variazione. Ora, invece,
con l’integrazione del comma 4 dell’art. 17, si impone a coloro che eseguono interventi di manutenzione straordinaria
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URBANISTICA
URBANISTICA
di pagare la quota di contributo afferente i soli oneri di urbanizzazione.
3.La norma in commento, infatti, là dove dopo le parole “per
gli interventi da realizzare su immobili di proprietà dello Stato” è stato
aggiunto “nonché per gli interventi di cui all’art. 6, comma 2, lettera
a)”, impone, di fatto, l’obbligo di corrispondere il contributo
di costruzione commisurato all’incidenza delle opere di
urbanizzazione.Ricordo, a questo proposito, come il citato
articolo 6, co. 2, lett. a), dPR 380/01, già in precedenza commentato sottopone alla previa comunicazione di inizio lavori (anche telematica) gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all’art. 3, co. 1, lett. b), comprendendo anche
quelli che prevedono “l’apertura di porte interne o lo spostamento
di pareti interne, sempre che non riguardino la parti strutturali dell’edificio”.
4.È ovvio che, con il richiamo all’art. 3, co. 1, lett. b), del TUE,
la nuova norma intende prevedere non solo il versamento
degli oneri di urbanizzazione (primari e secondari) per
questi interventi, ma anche per “le opere e le modifiche necessarie
per rinnovare o sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per
realizzare ed integrare i servizi igienici sanitari e tecnologici, sempre che
non alterino la volumetria complessiva degli edifici”. Questo significa,
in conclusione, che tutti gli interventi di manutenzione straordinaria sono soggetti a contributo e che, se pur limitati alla
sola quota degli oneri di urbanizzazione, da una parte le
innovazioni volute dal legislatore nazionale volevano agevolare e incrementare gli interventi edilizi sul patrimonio
edilizio esistente (quali la ristrutturazione edilizia nelle sue
varie forme), dall’altra si colpiscono gli interventi edilizi
minori che sono la stragrande maggioranza delle iniziative
private tese a recuperare il tessuto urbano esistente, con il
minimo delle spese, senza aggravio dei procedimenti.
5.A proposito del parziale contributo dovuto, c’è da precisare
che gli oneri di urbanizzazione dovuti, salvo l’eventuale rimozione dell’assurda norma introdotta nel decreto, sarà
calcolata come per gli interventi di ristrutturazione edilizia,
vale a dire:
•calcolando la volumetria o la superficie virtuale e applicando le tariffe comunali per gli interventi di recupero edilizi,
•chiedendo allo SUE che gli oneri di urbanizzazione siano
riferiti alla volumetria o alla superficie reale interessate
dall’intervento.
Se non verrà eliminata questa ingiusta e controproducente
norma dal testo della legge di conversione, sarà opportuno
valutare quale delle due opzioni sopra esposte adottare,
verificando quale sia la più conveniente, facendo un calcolo
approssimativo, prima di presentare la Dia o la Scia.
6.A poco serve per certi versi semplificare (se così si vuole
dire) le procedure tecnico amministrative per agevolare tali
interventi, se poi si penalizzano gli stessi facendo pagare
loro un balzello che non sarà sicuramente indolore per i
cittadini.
7.Questa “innovazione”, se così si può definire (anche se sarebbe meglio chiamarla “castroneria”) non viene incontro
alle esigenze dei cittadini italiani, tenuto conto che le regioni a statuto ordinario non potranno esimersi, al momento
di recepire le disposizioni statali, dal discostarsi da tale
imposizione, in capo allo Stato.
8.Si precisa inoltre, per completezza di informazioni, che saranno soggette alla sola quota di contributo anche gli interventi comportanti il frazionamento o l’accorpamento delle
unità immobiliari con esecuzione di opere, nonché quelli
che prevedono variazioni delle singole unità immobiliari o
incremento del carico urbanistico.
9.Un’annotazione importante da fare, però, riguarda le competenze dello Stato e delle regioni, in quanto queste ultime
esercitano la podestà legislativa concorrente in materia edilizia nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale desumibili dalle disposizioni contenute nel
testo unico.
Secondo lo stesso articolo 2, comma 2, del TUE, pur se modificato ed integrato dalle norme contenute nel DL n. 113
del 2014, “le disposizioni, anche di dettaglio, del dPR 380/01, attuative
dei principi di riordino in esso contenuti, operano direttamente nei riguardi delle regioni a statuto ordinario, fino a quando esse non si adeguano ai principi medesimi”. Inoltre, sempre ai sensi del successivo comma 5, “in nessun caso le norme del presente testo unico possono essere interpretate nel senso della attribuzione allo Stato di funzioni
e compiti trasferiti, delegati o comunque conferiti alle regioni e agli enti
locali dalle disposizioni vigenti alla data della sua entrata in vigore”.
Secondo poi un altro principio generale in base al quale,
qualora tra la norma statale e quella regionale, in ambito di
materia concorrente, non vi sia conflitto tra le due diverse
disposizioni, è legittimo applicare la norma regionale fino
all’adeguamento di quest’ultima con quella nazionale.
Essendo quindi materia concorrente tra Stato e regioni ed
in base al fondamentale principio di cedevolezza della
norma statale nei confronti di quella regionale in vigore, è
ragionevole sostenere, ad avviso di chi scrive, che in regione
Lombardia si debbano ancora osservare le norme della
legge regionale n. 12 del 2005 e successive modificazioni.
In base alle norme attualmente in vigore ed in considerazione delle ragioni sopra esposte, è sostenibile l’ipotesi
della gratuità degli interventi edilizi minori, compreso
quelli di manutenzione straordinaria, in conformità a quanto
stabilisce l’articolo 43 della legge regionale n. 12/2005 che
prescrive il pagamento del contributo per gli interventi di
nuova costruzione (compreso gli ampliamenti e sopralzi), di
ristrutturazione edilizia e di ristrutturazione urbanistica.
Quello che risulta maggiormente assurdo nel testo licenziato
in sede di emanazione del DL 133/2014 era certamente l’oneIL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 75
URBANISTICA
rosità a cui erano sottoposti gli interventi di manutenzione
straordinaria.
La modifica introdotta all’articolo 17 dal decreto legge risultava già da subito assurda e controproducente per i motivi
sopra esposti, ma si sperava che la legge di conversione rimuovesse l’onerosità di questi interventi, anche se limitati
alla sola incidenza degli oneri di urbanizzazione.
Il legislatore, pur accorgendosi di aver assunto una decisione
sbagliata rispetto agli obiettivi e alle finalità che si proponeva
con la parte del decreto che interessa la materia edilizia, non
ha voluto ammettere pienamente il proprio errore, ma ha
cercato di alleviare la norma introducendo due limitazioni
all’applicazione della stessa.
La riduzione del contributo di costruzione prevista, oltre che
per gli interventi da realizzare su immobili di proprietà dello
Stato, commisurato all’incidenza dei soli OO UU, ora sono limitati agli interventi di manutenzione straordinaria di cui
all’art. 6, comma 1, lettera a) del dPR 380/01 ( quindi anche a
quelli definiti dal precedente art. 3, comma 1, lettera b), stesso
TUE), qualora questi interventi comportino aumento del carico urbanistico e purché ne derivi un aumento della superficie
calpestabile.
Il legislatore nazionale non ha voluto ammettere l’enorme
sbaglio in cui è incorso con l’introduzione del balzello economico a carico dei cittadini per la stragrande maggioranza degli
interventi manutentivi, precedentemente gratuiti, ad opera
del DL 133, così da voler, solo in parte, correggere l’errore
cercando un rimedio a metà strada tra la gratuità e l’onerosità
di questi interventi.
L’aver ribadito l’onerosità degli interventi di manutenzione
straordinaria di cui all’art. 6, comma 2, lettera a), comprensivi
anche di quelli definiti con l’art. 3, comma 1, lettera a), comporta l’applicazione del contributo, anche se limitato ai soli
oneri di urbanizzazione, quando si determinino, contemporaneamente, le seguenti due condizioni:
1- gli interventi edilizi comportino un aumento del carico urbanistico il che fa presumere, quando meno, un mutamento
della destinazione d’uso, quale ad esempio da abitazione ad
ufficio, da abitazione ad attività commerciale, etc. A questo
proposito, però, si dovrà tenere conto di quanto è stato disciplinato dal nuovo art. 23-bis sul mutamento d’uso urbanisticamente rilevante e cioè che si passi da una all’altra delle diverse
categorie funzionali elencate dal citato articolo,
2- gli stessi interventi determinino, al contempo, un aumento
della superficie calpestabile il che fa presumere che le opere
ed i lavori interessino superfici all’interno degli immobili sottoposti a recupero edilizio precedentemente non utilizzate
dalle funzioni originarie, ma che vengono destinate alle nuove
funzioni, desumibili dalle proposte progettuali.
Quindi, a quanto pare di capire, nel caso in cui vengano eseguiti interventi di manutenzione straordinaria in un alloggio
76 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
che viene, nello stesso tempo, trasformato in ufficio, occupando degli spazi maggiori rispetto a quelli utilizzati dall’abitazione preesistente, si devono pagare gli oneri di urbanizzazione (primaria e secondaria).
Alla stessa stregua qualora nell’ambito degli interventi di
straordinaria manutenzione sia previsto il frazionamento di
unità immobiliari che comportino la realizzazione di più appartamenti con un indubbio aumento delle persone occupate
(maggior carico urbanistico) e sempre che da questa trasformazione ne derivi un aumento della superficie calpestabile,
rispetto alla precedente situazione (originaria).
La modifica introdotta con la legge di conversione non cambia
l’opinione e la valutazione negativa sulla norma in parola,
anche se più limitativa di casi sui quali si dovrà applicare il
contributo di costruzioni per questi interventi edilizi.
In primo luogo perché non in linea con gli obiettivi e le finalità
della legge, come già osservato in precedenza.
In secondo luogo perché le nuove modificazioni lasciano aperte delle interpretazioni che saranno, in prima battuta, lasciate alla discrezionalità dei comuni i quali, dovendo applicare la norma, saranno tenuti a far corrispondere gli oneri di
urbanizzazione (pur se ridotti perché qualificabili come recuperi edilizi), qualora comportino aumento del carico urbanistico e contestuale aumento della superficie calpestabile.
A far pendere la bilancia a favore della prima condizione non
aiuta la nuova definizione della manutenzione straordinaria
contenuta nell’art. 3, comma 1, lettera b), del dPR 380/01, nella
parte in cui, tra questi interventi sono ricompresi anche quelli
“consistenti nel frazionamento o accorpamento di unità immobiliari [...]
anche se comportanti la variazione delle superfici delle singoli unità immobiliari, nonché del carico urbanistico [...] e si mantenga l’originaria destinazione d’uso”.
In base appunto all’articolo 17, comma 4, non ci sono obblighi
per i comuni, come per gli interventi di ristrutturazione edilizia
degli immobili dismessi o in via di dismissione, di definire i
criteri e le modalità applicative per la relativa riduzione, per
cui saranno i responsabili dello SUE a dover stabilire l’onerosità degli interventi di manutenzione straordinaria riconducibili a questa fattispecie, con la conseguenza che potranno
verificarsi contestazioni tra gli utenti e lo SUE sulla corretta
applicazione della norma.
L’altra modifica dell’articolo 17 riguarda il comma 4-bis concernente gli interventi di ristrutturazione, il recupero e il riuso
degli immobili dismessi o in via di dismissione, adeguandolo
a quanto precedentemente stabilito a proposito del costo di
costruzione da far corrispondere per gli interventi eseguiti su
immobili ricadenti nelle aree a maggior densità del costruito
(art. 16, comma 4, lettera d-ter)), ma non comportanti i casi di
varianti urbanistiche, deroghe o cambi di destinazione d’uso
degli immobili.
❑
(Fine prima parte) URBANISTICA
Giuseppe Zipponi
S
i ricorda che la Legge
Regionale n.
19/2014, ha profondamente innovato le procedure inerenti gli interventi edilizi in zona di vincolo idrogeologico modificando l’art.
44 della L.R. 31/2008 “Testo
unico delle leggi regionali in
materia di agricoltura, foreste, pesca e sviluppo rurale”.
Con la nuova normativa gli
interventi in zona di vincolo
idrogeologico che non comportano trasformazione del
bosco, nei Comuni dotati di
P.G.T., non necessitano di alcuna specifica autorizzazione, decreto, sub-delega, o
quant’altro. Tale atto di assenso è infatti implicitamente compreso nel titolo
Vincolo Idrogeologico,
addio...
abilitativo principale: permesso di costruire, denuncia
o segnalazione certificata di
inizio attività.
Nel solo caso di interventi in
edilizia libera (art. 6 D.P.R.
380/2001) e, beninteso, esclusi interventi che non comportano modifiche del suolo
quali le manutenzioni, la conformità alla componente geologica del P.G.T. è certificata
da un tecnico abilitato –
quindi anche il geometra –
allegato alla comunicazione
dell’inizio dei lavori.
Le motivazione della norma è
semplice. La verifica di conformità della trasformazione
del suolo è già compresa
nella verifica rispetto alla
componente geologica, idro-
geologica e sismica del P.G.T..
Il legislatore regionale ha
quindi dato un taglio netto a
istanze, bolli, pubblicazioni,
trasmissioni tra enti (Comune-Comunità Montane), decreti, cauzioni, fine lavori.
Il progettista è quindi chiamato, magari nella relazione
di progetto, a evidenziare la
conformità dell’opera con il
PGT nel suo complesso;
quindi non solo volumi e distanze, ma anche rispetto
della componente geologica.
In proposito si ricorda che la
componente geologica e l’intero P.G.T. di ogni comune è
pubblicata sul PGTWeb di
Regione Lombardia www.
multiplan.servizirl.it/pgtweb/
pub/pgtweb.jsp.
Lo Sportello Unico dell’Edilizia Comunale procederà
quindi con la normale istruttoria della pratica anche con
riferimento anche alla componente geologica del P.G.T.
(come già prima, del resto)
senza ulteriori adempimenti.
Dato che ci giungono notizie
riguardo a sporadiche iniziative di mantenere in essere le
vecchie procedure, con improbabili deleghe alle Comunità Montane, ci permettiamo
di chiedere alle amministrazioni interessate di accettare
disciplinatamente, una
buona volta, una bella innovazione a favore del cittadino,
del professionista e delle amministrazioni stesse. ❑
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 77
CATASTO
F
inalmente!
Con la legge n. 23
dell’ 11 marzo 2014,
che ha delegato al governo la
revisione dell’intero sistema
fiscale e quindi anche del catasto e con il decreto legislativo n. 198 del 17 dicembre
2014, sono state, tra le altre
cose, poste le basi per la tanto
sospirata riforma del catasto.
La novità più importante è
rappresentata dal passaggio
dal vano al metro quadrato
quale unità di misura per il
calcolo della consistenza catastale delle abitazioni. Di
conseguenza dovranno essere studiate le nuove tariffe
da assegnare alle varie categorie e classi allo scopo di
determinare le nuove rendite
catastali.
Le Commissioni censuarie
In particolare il decreto legislativo n. 198/2014, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale
n°9 del 13.01.15 che ha disposto la costituzione delle
nuove Commissioni censuarie, ha dato di fatto il via al
processo di riforma del catasto, riforma che con tantissima insistenza, forse troppa,
è stata definita “epocale”. Con
questa norma sono stati stabiliti i criteri per la composizione, le attribuzioni ed il funzionamento delle commissioni censuarie che saranno
distinte in:
-- Commissioni censuarie locali, aventi sede nei capoluoghi di provincia,
-- Commissione censuaria
centrale avente sede a
Roma.
Le Commissioni censuarie locali saranno suddivise in tre
sezioni: una competente in
78 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
La riforma del catasto,
luci ed ombre
materia di catasto terreni, una
seconda competente in materia di catasto fabbricati ed
una terza che si interesserà
della revisione del sistema
estimativo del catasto fabbricati.
Le funzioni attribuite alle
Commissioni locali, in materia sia di catasto terreni, sia
di catasto fabbricati sono
molteplici ed estremamente
importanti. Vanno dall’esame
ed approvazione dei quadri
tariffari dei comuni della propria circoscrizione, al concorso nelle operazioni di revisione e conservazione del
catasto terreni e di quello
fabbricati, sino “alla validazione
delle funzioni statistiche determinate dall’Agenzia delle Entrate e
previste dall’articolo 2, comma 1,
lettera h), n. 1.2) e lettera i) n. 1
della legge 11 marzo 2014 n. 23”
(Vedasi Art. 14, comma 3).
Esaminando con attenzione
cosa prevedono tutti questi
richiami normativi verrebbe
da dire che i poteri delle Commissioni censuarie locali
siano realmente forti. Verissimo, se non fosse che il d.l. n°
198/’14 all’Art 14 prevede che
le Commissioni censuarie locali, entro un termine di soli
trenta giorni, provvedano
all’esame e all’approvazione
sia delle tariffe del catasto
terreni dei comuni appartenenti alla propria circoscrizione, sia dei quadri tariffari
per tutte le unità immobiliari.
Un lasso di tempo questo,
soprattutto in questa prima
fase dei lavori, decisamente
troppo breve per potersi esprimere con cognizione e
completezza su tematiche
talmente complesse e delicate.
Foto © Atlantis – Fotolia.com
Alessandro Rizzi
Come è altresì un tempo
troppo limitato quello previsto in sessanta giorni per la
validazione delle funzioni
statistiche previste dalla
legge 23 dell’11 marzo 2014.
Con dei tempi così contenuti
difficilmente le Commissioni
censuarie locali potranno fare
qualcosa di diverso dall’approvare, ma a questo punto
sarebbe meglio dire ratificare, quanto predisposto
dall’Agenzia delle Entrate.
Qualora la Commissione censuaria locale non dovesse
provvedere ad adempiere ai
suoi incarichi entro i termini
stabiliti, la Commissione censuaria centrale vi provvederà
in sua sostituzione ai sensi
dell’Art. 15, della medesima
legge 198/’14 e, conformemente a quanto disposto dal
successivo Art. 19, la Commissione censuaria locale potrà
essere sciolta.
Con simili presupposti viene
da chiedersi quale sia la vera
utilità delle Commissioni
censuarie locali.
Qualcosa c’è da dire anche in
relazione alla composizione
CATASTO
La differenza della misura dei vani catastali
nelle principali città d'Italia
Città
A/2
A/3
Bari
Bergamo
Bologna
Brescia
Brindisi
Cagliari
Como
Firenze
Genova
La Spezia
Lodi
Milano
Napoli
Oristano
Padova
Palermo
Perugia
Reggio Calabria
Roma
Taranto
Torino
Treviso
Venezia
Verona
104,00
102,63
110,63
95,55
109,08
101,51
97,99
98,00
95,21
100,00
101,02
100,00
105,54
108,53
100,65
106,46
104,54
113,05
99,05
110,00
103,57
100,64
107,04
102,63
97,03
98,57
92,60
87,99
97,04
98,55
94,66
95,23
87,60
93,60
91,03
87,61
96,02
103,59
97,63
95,56
101,57
106,01
91,06
100,68
95,48
98,00
99,04
99,56
Fonte: "Corriere della Sera", 14 febbraio 2015
delle sezioni delle Commissioni censuarie locali. Vi parteciperanno sei componenti
effettivi più altri sei supplenti.
Di questi due effettivi e due
supplenti saranno designati
dall’Agenzia delle Entrate,
uno effettivo ed uno supplente saranno scelti tra
quelli designati dall’ANACI,
due effettivi e due supplenti
saranno prescelti tra quelli
segnalati dagli ordini e dai
Collegi, uno effettivo ed uno
supplente saranno nominati
su indicazione delle associazioni di categoria operanti nel
settore immobiliare.
A questa corsa per aggiudicarsi le nomine parteciperanno ingegneri, architetti,
geometri, periti edili, dottori
agronomi, periti agrari, agrotecnici, docenti di economia e
di estimo rurale ed esperti in
statistica ed econometria. Al
presidente del tribunale
spetterà la scelta dei componenti.
A questo punto viene spontaneo porgersi una domanda:
quando tutte le categorie
coinvolte avranno presentato
la loro rosa di nomi, con quale
criterio verranno operate le
scelte?
Difficilmente il giudice avrà
una conoscenza tale dei candidati da poter provvedere
alle nomine sulla scorta delle
loro effettive capacità.
Il timore è che la facciano da
padrone nomi ridondanti di
titoli e qualifiche a discapito
delle reali competenze.
I nuovi valori Catastali
Un problema particolarmente
importante da affrontare sarà
quello dei valori al metro quadrato da assegnare a tutte le
categorie e classi.
Da più parti giunge voce che
questi valori siano già stati
definiti attingendoli direttamente dalle tabelle dell’OMI.
Esaminando però qualche esempio pratico, ci si accorge
che questi valori non possono
essere presi tout court, perché
ciò comporterebbe in tanti
casi una sovrastima delle unità immobiliari. Come previsto dalla norma, dovranno
pertanto essere applicati, distintamente per ogni tipologia di immobile, specifici
algoritmi di calcolo e metodologie statistiche previste
dall’Art. 2 comma 2 per determinare rendita e valori patrimoniali che andranno a sostituire le vecchie tariffe d’estimo.
Una riforma “epocale”?
Perché poi questa riforma
possa realmente definirsi “epocale”, bisognerebbe spingersi oltre ed affrontare e soprattutto risolvere, i problemi
connessi all’accatastamento
delle unità immobiliari. In
primo luogo bisognerebbe
porre fine alla discrezionalità
e alla soggettività nell’applicazione delle norme.
Dovrà essere ben chiaro cosa
si intende per vano principale
e per vano accessorio, cosa si
intende per cantina e quando
questa possa essere considerata tale, dovrà essere precisato se la consistenza quantificata dalla procedura
Do.C.Fa. sarà un dato attendibile, se dovremo aggiungere
una percentuale più o meno
fantasiosa per tener conto
delle pertinenze comuni ed
esclusive, oppure se al termine dovremo ancora fare il
computo a mano, ricalcando
quanto si faceva vent’anni fa.
Sarà un riforma veramente
“epocale” se una volta per tutte
si chiarirà se i macchinari installati negli opifici dovranno
essere stimati o meno ed in
caso affermativo, quali debbano essere valutati e quali
invece non debbano esserlo,
dando definizioni che non
possono essere equivocate.
Sarà una riforma veramente
“epocale” quando al contribuente verrà data la possibilità di confrontarsi con l’ufficio
ad armi pari, magari dandogli
l’opportunità di ricorrere
all’autotutela più efficacemente di quanto sino ad oggi
concesso, ad esempio facendo decorrere i termini per
un ricorso in commissione tributaria dalla data di risposta
all’autotutela…
Come comprensibile, al momento sull’intera vicenda gravano poche luci e numerose
ombre.
Non ci resta altro da fare che
attendere i molteplici decreti
che dovranno, si spera, chiarire tutte le incertezze.
❑
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 79
ESTIMO-VALUTATORI
Matteo Negri
REV
L'indicatore europeo di qualità
per il valutatore immobiliare
L
a Direttiva europea 2014/17/
EU del 4 febbraio 2014, il Regolamento (EU) n. 575/2013
del Parlamento Europeo e il Regolamento della BCE sull’Asset Quality
Revue (AQR), impongono che le valutazioni siano svolte da periti competenti,
in grado di eseguire valutazioni professionali imparziali ed obiettive.
Nello specifico il manuale della BCE
(AQR – Phase 2 Manual al Capitolo 5 “Collateral and real estate valuation”) richiede che
le valutazioni immobiliari a garanzia
delle esposizioni creditizie siano effettuate in linea con gli EVS 2012 (European Valuation Standards) o dello standard nazionale se questo assume valori
estimativi maggiormente prudenziali.
Eseguire un rapporto di valutazione
immobiliare secondo la best practice è
importante, ma non sufficiente a garantire valutazioni affidabili.
È necessario anche che il perito abbia
le necessarie competenze (vedasi
Norma UNI 11558) e che queste siano
certificate.
A tal fine il TeGoVa, di cui il CNGeGL è full member, ha elaborato un indicatore europeo di qualità che attesta le capacità e
le c immobiliare onoscenze del valutatore: il REV _ Recognised
European Valuer.
Il titolo REV è quindi garanzia di un elevato standard di qualità
e di esperienza dei valutatori dei Paesi membri.
Il REV assicura quindi alla clientela e al mercato immobiliare
in generale, valutazioni che rispettino a pieno le linee guida,
le regole, le metodologie e le procedure definite dagli EVS.
Chi è in possesso del titolo di REV può utilizzare in una qualsiasi sua valutazione il logo rilasciato da TEGoVA, marchio che
lo accredita e lo contraddistingue come valutatore riconosciuto in tutto il mercato della Comunità Europea.
I requisiti per conseguire il Titolo di REV sono esplicitati in
dettaglio nel sito internet del CNGeGL all’indirizzo www.rev.
cng.it.
In sintesi il geometra dev’essere iscritto all’Albo da almeno
due anni, deve aver maturato altrettanti anni di esperienza
professionale nel campo delle valutazioni immobiliari ed aver
eseguito almeno venti valutazioni conformi agli standard valutativi.
Dopo la verifica della completezza della documentazione
prodotta nella domanda di iscrizione, le abilità, le conoscenze
80 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
Dall'alto, in senso antiorario
Sito inane ove effettuare la registrazione al REV
Percorso di accreditamento al REV
Marchio REV
e le competenze del geometra valutatore, saranno comprovate dal superamento di un esame istituito dalla Commissione REV, nominata dal Consiglio del CNGeGL.
Il Collegio dei Geometri della Provincia di Brescia, attraverso
la propria commissione estimo, intende divulgare questa
importantissima opportunità di crescita professionale promossa dal CNGeGL, attraverso circolari ed informative rivolte
a tutti gli iscritti, nonché promuovere corsi di formazione
scientifici che possono facilitare l’apprendimento delle diverse e complesse tematiche valutative. ❑
PREVENZIONE INCENDI
Foto © Giuseppe Porzani – Fotolia.com
Giuliano Vacchi
Regole tecniche di Prevenzione
Incendi per le attività non
soggette al controllo dei VV.F.
N
ell’ambito della
progettazione civile ed industriale,
oltre agli innumerevoli aspetti che i professionisti tecnici devono affrontare, (normative edilizie, urbanistiche,
calcoli statici, contenimento
energetico ecc.), è altrettanto
importante tenere in debito
conto la normativa tecnica di
Prevenzione Incendi.
Le attività soggette a controllo di Prevenzione incendi
da parte dei Comandi provinciali dei Vigili del Fuoco sono
elencate negli allegati contenuti nei due più recenti provvedimenti legislativi in materia: l’allegato I del D.P.R.
151/11, più generale, e l’allegato III del D.M. 07/08/2012
che ne definisce anche le sottoclassi.
In essi vi sono elencate le 80
attività a rischio incendio che
il legislatore ha ridotto di numero rispetto alle 97 attività
del precedente allegato di
riferimento, contenuto
nell’ormai abrogato D.M.
16/02/1982. Le attività in essi
elencate sono individuate in
base a precisi parametri minimi quali: superficie, potenza, quantità di materiali
combustibili, numero di addetti ecc., al di sotto dei quali,
attività analoghe non hanno
obbligo di ottenere titolo autorizzativo di Prevenzione
Incendi per poter esercire.
Trascurando quelle attività
per le quali non sia stata emanata una “Regola Tecnica Verticale” (RTV) – dispositivo legislativo indicante le norme
antincendio relative una specifica attività – per ognuna di
quelle rimanenti, è stata emanata una regola (norma)
tecnica specifica, sotto forma
di Decreto Ministeriale
(questo è generalmente il formato legislativo più comunemente usato), all’interno del
quale, dopo un’analisi del rischio incendio effettuata dal
normatore, vi sono elencate
le misure di sicurezza che il
progettista ed il responsabile
di ogni attività, devono necessariamente e rigorosamente rispettare per progettarla ed esercirla correttamente, sotto il profilo della
prevenzione e della protezione dal rischio incendio.
In questo articolo ci soffermeremo quindi su quelle realtà
lavorative e non, che presentino rischio di incendio, per le
quali esista una norma verticale dedicata, indipendentemente dal fatto che siano o
meno obbligate ad ottenere
il Certificato di Prevenzione
Incendi o altro titolo autorizzativo equivalente.
È importante sottolineare
quest’ultimo aspetto, perché
quasi sempre le RTV, oltre a
riguardare le attività soggette
a controllo di Prevenzione
Incendi, dettano i requisiti di
sicurezza anche per quelle
che, pur identiche a quest’ultime per tipologia, possiedano caratteristiche e para-
metri al di sotto dei minimi
richiesti dagli allegati sopra
citati e quindi non richiedano
di istruire pratiche presso i
Comandi VV.F.
È prassi abbastanza diffusa
fra i progettisti che non svolgano costantemente attività
di Prevenzione Incendi, associare la scelta delle misure
tecniche preventive e protettive antincendio, al parere
scritto o verbale da parte dei
funzionari del Comando Provinciale dei Vigili dei Fuoco
della Provincia di appartenenza, quanto meno come
conferma del proprio operato progettuale.
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 81
PREVENZIONE INCENDI
Edificio con altezza antincendio da
12 m a 24 m
(Immagine tratta dal testo Leonardo
Corbo, Edifici Civili, Pirola editore,
Milano).
Questo tradizionale approccio, da decenni assunto
da quasi tutti professionisti
tecnici, è già stato oggetto nel
recente passato di radicale
mutamento, tramite il D.P.R.
151/11 ed il D.M. 07/08/2012, i
quali, almeno per tutte quelle
attività che i citati Decreti
hanno individuato in categoria “A”, per ottenere l’autorizzazione all’esercizio,
hanno previsto la presentazione della sola Segnalazione
Certificata di Prevenzione incendi (S.C.I.A.), senza la necessità di un esame preventivo del progetto.
Si è quindi insediato un inedito approccio dei professionisti con la materia antincendio, in conseguenza della
quale questi si sono dovuti
abituare a lavorare senza il
beneplacito dell’ente preposto (Comando VV.F.), almeno per quelle attività dotate di normativa tecnica verticale dedicata.
Ma, per tutte quelle attività
che si riconoscono per descrizione nell’allegato III sopra
citato, ma sono inferiori ai parametri tecnici minimi per
farne parte, come deve comportarsi il tecnico? In altre parole, come dobbiamo comportarci se siamo titolari, ad
esempio, di un’autorimessa
con superficie complessiva
inferiore a 300 m2, di una centrale termica con potenzialità
inferiore a 116,00 kW, o amministratori di un condominio
con altezza antincendio superiore a 12 m, ma inferiore a
24 m?
Queste tre attività, ma come
loro parecchie altre, avrebbero le caratteristiche descrittive per appartenere ri82 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
spettivamente
alle attività nn.
75-74 e 77 dell’Allegato III sopra citato, ma non
hanno, nello
stesso ordine, la
superficie, la potenzialità e l’altezza necessari a
farle ricadere in
quell’ambito: esse
non sono pertanto
tenute ad ottenere titolo autorizzativo antincendio per esercire.
Quindi? Possiamo dire che
per queste attività il tecnico
progettista non sia tenuto a
rispettare le norme di Prevenzione Incendi specifiche?
La risposta non può essere
che negativa: non essere obbligato ad istruire una pratica
antincendio presso il Comando Provinciale VV.F. di
competenza, non assolve il
progettista, e tantomeno il
titolare responsabile di
queste attività, dalla rigorosa osservanza delle relative norme di sicurezza antincendio.
Le RTV devono comunque
essere rigorosamente rispettate anche quando le
condizioni di superficie, di
potenza, di altezza e/o di
qualsiasi altra caratteristica,
siano inferiori ai limiti minimi
indicati nell’allegato III.
Pur riguardando un’ampia
gamma di attività come:
scuole, piccoli alberghi, ospedali, uffici, ecc., per esigenze di sintesi, ci soffermiamo su tre tipologie, che
per diffusione e caratteristiche possono essere mag-
giormente rappresentative, e
cioè: autorimesse, impianti
di produzione del calore ed
alti fabbricati.
Autorimesse
La regola verticale per tale
attività è il D.M.01/02/1986
“Norme di sicurezza per la costruzione e l’esercizio di autorimesse e
simili”.
Essa, fa riferimento al numero
di posti auto e non alla superficie dell’attività, dato che è
stata emanata precedentemente all’entrata in vigore
del D.M. 151/11 ed al D.M.
dell’agosto 2012.
In precedenza infatti l’allegato II del D.M. 16/02/1982,
predecessore degli attuali
allegato I del D.M. 151/11 e
dell’Allegati III del D.M.
07/08/2012, dettava come limiti minimi per le autorimesse, allora individuate al
n. 92, i 9 posti auto, che sono
stati sostituiti, dopo il 2011
dai 300 m2 dell’attività n. 75.
Nonostante la confusione generata dagli avvicendamenti
legislativi, si può però affermare che tutte le autori-
messe aventi superficie inferiore a 300 m2, pur non dovendo richiedere titolo autorizzativo presso i Comandi
provinciali VVF, debbano
osservare quanto prescritto
dal D.M. 01 febbraio 1986,
limitatamente al punto 2.
Centrali termiche
In questo caso le modifiche
post 2011 riguardano solo la
numerazione dell’attività che
passa dal n. 91 dell’Allegato
al D.M. 16/02/1982 al n. 74 dei
recenti decreti 2011/12.
In questa specifica attività, il
limite inferiore di assoggettabilità non è variato, ed è di
116,00 kW di potenza, indipendentemente dal combustibile utilizzato, che può essere di tipo solido, liquido o
gassoso.
Nella fattispecie, le RTV di
riferimento, a seconda del
tipo di combustibile, sono
diverse tra loro e sono:
•per i combustibili liquidi il
D.M. 28 aprile 2005;
•per i combustibili gassosi il
D.M. 12 aprile 1996;
•per i combustibili solidi
PREVENZIONE INCENDI
Tabella 1
COMBUSTIBILE E POTENZA
PRATICA VVF
REGOLA TECNICA DA APPLICARE
Gassoso < 35kW
NO
UNI-CIG 7129-2008
Gassoso >35 kW< 116 kW
NO
D.M. 12/04/1996
Gassoso > 116 kW
SI
D.M. 12/04/1996
Liquido <35 kW
NO
Analogia con UNI 7129-08
Liquido > 35 kW<116 kW
NO
D.M. 28/04/2005
Liquido > 116 kW
SI
D.M. 28/04/2005
Solido < 35 kW
NO
Analogia con UNI 7129-08
Solido > 35 kW<116 kW
NO
Analogia con D.M. 12/04/1996 – D.M. 28/04/2005
Solido > 116 kW
SI
Analogia con D.M. 12/04/1996 – D.M. 28/04/2005
Tabella 2
ALTEZZA ANTINCENDI
PRATICA VVF
REGOLA TECNICA ANTINCENDIO DA APPLICARE
< 12 m
NO
Nessuna
< 12 m > 24 m
NO
D.M. 16/05/1987 n. 246 tipologia “a” TABELLA A
> 24 m
SI
D.M. 16/05/1987 n. 246 tipologie da TABELLA A
non vi è al momento una
regola tecnica verticale
specifica e quindi si devono prevedere misure
preventive e protettive, attuando una valutazione del
rischio incendio in analogia
con le due regole tecniche
prima citate.
Vi è da dire che, contrariamente a quanto prescritto
per la regola tecnica delle autorimesse, che non prevede
ulteriori limiti di superficie al
di sotto dei 300 m 2 , per
quanto riguarda le centrali
termiche, il campo di applicazione delle relative RTV, riguarda impianti termici superiori a 35 kW di potenza. La
tabella 1 sintetizza quindi gli
obblighi del progettista e del
responsabile dell’esercizio
delle centrali termiche alimentate a combustibile solido, liquido o gassoso.
Fabbricati Civili con altezza
> a 12 m
Anche in questo caso, come
per gli impianti termici, le
modifiche post 2011 riguardano solo la numerazione
dell’attività, che passa dal n.
94 dell’Allegato al D.M.
16/02/1982, al n. 77 dei recenti
decreti 2011/12.
Anche per i fabbricati civili, il
limite inferiore è rimasto invariato a 24 m di altezza, ma
cambia il riferimento altimetrico che passa dall’altezza
in gronda del 1986 all’altezza antincendi del 2011.
Essendo l’altezza antincendio definita dal D.M.
30/11/1983 come “... l’altezza
massima misurata dal livello inferiore dell’apertura più alta dell’ultimo piano abitabile e/o agibile, escluse quelle dei vani tecnici, al livello del piano esterno più basso”, ai
fini dell’assoggettabilità
dell’edificio alla regola tecnica e/o al controllo di Prevenzione incendi da parte
dei Comandi Provinciali VV.F.,
essendosi abbassato il riferimento altimetrico di misurazione – dalla gronda al livello
inferiore della più alta apertura dell’edificio – può accadere che edifici che dove-
vano rispettare la regola tecnica od ottenere titolo autorizzativo all’esercizio ai fini
antincendio, potrebbero ora
essere esenti dall’uno o
dall’altro obbligo.
La regola tecnica di riferimento per questo tipo di attività è il D.M. 16/05/1987 n. 246
“Norme di sicurezza antincendio
per gli edifici di civile abitazione”
Il campo di applicazione di
questa norma verticale comprende tutti gli edifici destinati a civile abitazione con
altezza antincendi superiore
a 12 m, facendo con ciò riferimento ai termini ed alle definizioni generali contenute
nel D.M. 30/11/1983.
Come per le due precedenti
attività, anche in questo caso
si verifica che i fabbricati con
altezza antincendi superiore
ai 12 m ed inferiore ai 24 m,
pur non dovendo richiedere
titolo autorizzativo presso i
Comandi Provinciali VV.F.,
debbano osservare quanto
prescritto dal D.M. 16/05/1987
n. 246, limitatamente alla tipologia “a” specificata dalla
Tabella A del D.M. medesimo. Gli obblighi normativi
ai fini antincendio di tali attività sono quindi riassunti
nella tabella 2
In conclusione, è fondamentale per il buon esito di una
progettazione, tenere
sempre conto dell’esistenza
di norme tecniche verticali di
Prevenzione Incendi, in tutti
quei casi in cui la non obbligatorietà dell’ottenimento
del Certificato di Prevenzione
Incendi o altro titolo autorizzativo equivalente, potrebbe
distrarre il tecnico dal prevedere una adeguata sicurezza
contro il rischio incendio. ❑
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 83
TECNICA
Andrea Botti
Architettura cimiteriale
architettura del paesaggio
L
a progettazione
degli spazi destinati
alla sepoltura rappresenta un tema centrale
della storia dell’architettura
e del suo rapporto con l’ambiente. È noto che la relazione tra la città dei vivi e la
città dei morti ha spesso influito sul processo di crescita
delle realtà urbane influenzandone dinamiche di sviluppo e di evoluzione.
Dal XVIII secolo circa, quando
le trasformazioni culturali
prodotte dall’illuminismo
prima e le disposizioni amministrative napoleoniche
dopo, scoraggiarono sempre
più le sepolture intra moenia, il
tema dell’architettura cimiteriale divenne questione via
via sempre più importante e
la progettazione affidata agli
architetti. Anche il legame fra
il luogo della sepoltura e il
paesaggio ha radici antiche e
gli esempi a tale proposito
sono numerosissimi, tuttavia, è possibile rintracciare
un esempio di riferimento
importante anche nelle esperienze più recenti del secolo scorso, a partire dalla
realizzazione, nel 1915, del
“Cimitero nel Bosco” di Stoccolma (Skogskyrkogården).
In quell’anno, infatti, con un
progetto contraddistinto dal
motto Tallum (una sorta di latinizzazione della radice svedese di tall ossia pino), Erik
Gunnar Asplund (1885-1940)
e Sigurd Lewerentz (18851975) vincono il Concorso Internazionale per l’ampliamento del Cimitero Sud di
Stoccolma a Enskede. La proposta viene premiata dalla
giuria perché concepisce il
nuovo cimitero come unità
84 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
inscindibile tra architettura e paesaggio,
coniugando temi propri della cristianità e
dello spirito nordico, “… la tensione tra due
mondi: quello arcaico del ritorno ciclico alla natura
e quello classico che mette in luce il volto pacificante
della morte…”1. L’invenzione architettonica
sfrutta il valore simbolico del luogo, amplificando la capacità evocativa del paesaggio
e radica il progetto al contesto annullando
l’idea del recinto mortuario.
In questa direzione si collocano alcune esperienze progettuali recenti nelle quali la
pietra è protagonista e alla natura è affidato il ruolo di mediatrice fra i due mondi.
Nell’esperienza dell’architetto spagnolo
César Portela2 a Finisterre, in Galizia, la
“città dei morti” realizzata nel 1997 s’ispira
ai caratteri distintivi dell’aspro paesaggio
fatto di scogliere a picco sul mare. Questa
località, il cui nome è già di per se un memento mori (finis-terre), è posta lungo una
delle tappe del pellegrinaggio per Santiago de Compostela, tragitto costellato da
presenze architettoniche della tradizione,
quali gli Horreos3, che paiono esser evocati
TECNICA
A sinistra, dall'alto.
Erik Gunnar Asplund e Sigurd
Lewerentz, cimitero nel Bosco di
Stoccolma.
Vista di tre Horreos su basamento in
pietra con croce e simboli apotropaici.
Sotto. Cesar Portela, Cimitero di
Finisterre.
nelle masse
cubiche sopralzate dal
terreno che
ospitano le
sepolture.
Le piccole
strutture, ideate da
Portela,
sono disposte sul
territorio in
maniera libera, secondo l’andamento di
un antico
percorso
lungo il pendio collinare. L’effetto è quello di un brano di città,
nel quale percorrere una via disseminata di case, ciascuna
delle quali ospita al suo interno un gruppo di dodici sepolture, preceduto da un atrio, elemento di mediazione fra interno ed esterno, in cui si cerca di ricreare l’intimità necessaria
al visitatore di questi luoghi.
La semplicità del progetto, prevede pareti, pavimentazione
e copertura in manufatti di Granito di Mondariz4 delle dimensioni di 20x72x330 cm, posati attraverso modalità appartenenti a quella tradizione locale che ha sempre sfruttato la
forza di gravità come ‘dispositivo’ d’unione delle parti, chiaro
riferimento all’archetipo del trilite5. Dello stesso materiale
sono le tombe interne, volumi prismatici, tutt’uno con la pavimentazione e le scale esterne d’accesso ai cubi: blocchi di
granito posati direttamente sul terreno.
L’intenzione dell’autore era
quella di imitare “[…] il modo
in cui la natura produce le sue architetture, ma rispecchia altresì la
forma adottata dagli abitanti di
questa terra per produrre le proprie.
Mentre ci avviciniamo a queste
pietre, ci rendiamo conto che sono
luoghi fatti dall’uomo. Massi imbevuti di geometrie, forme intenzionali ma sistemate in un disordine
apparente”, il risultato è un’architettura razionale nelle
forme e organica nel significato e nella distribuzione.
Luoghi diversi ma condizioni
simili, almeno da un punto di
vista paesaggistico, hanno
influenzato le scelte dell’architetto abruzzese Giovanni
Vaccarini6, autore del progetto di ampliamento del cimitero di Ortona nel 2006.
Ancora una volta la forza della
natura, in particolare del
mare, veicola le scelte progettuali, impone la rottura
del tradizionale recinto cimiteriale per arrivare a una soluzione compositiva che invita
a percorrere lo spazio sacro
per sperimentare una nuova
atmosfera
nella quale il
rapporto con
la sofferenza
sembra mediato dal paesaggio. La posizione dell’unica area disponibile per
l’ampliamento, al termine dell’impianto esistente, sul crinale di una
collina affacciata sul mare,
ha ispirato la
realizzazione di un prospetto
di chiusura del camposanto
esistente in perfetta sintonia
col paesaggio sottostante.
La semplicità del disegno
ben si esprime nei corpi di
fabbrica, volumi monolitici in
pietra locale che dialogano
attraverso nuovi allineamenti con le strutture esistenti.
Anche in questo caso il legame con il contesto è rafforzato dalla scelta di definire
precise visuali verso il mare,
in antitesi con la rigida delimitazione degli impianti tradizionali.
La logica compositiva che governa entrambi gli interventi
denota un approccio analogo
al tema, anche se a Finisterre
si trattava di una realizzazione ex-novo mentre a Ortona di un ampliamento. Pur
trattandosi di forme simili il
differente impiego della
pietra ha radicalmente modificato la percezione dell’osservatore: nel primo caso gli
elementi monolitici in opera
trasmettono pesantezza e
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 85
TECNICA
Dall'alto, in senso orario.
Giovanni Vaccarini, ampliamento del
cimitero di Ortona.
Cimitero di Ortona: particolare del
rivestimento in pietra.
(Foto di Alessandro Ciampi)
gravità, nel secondo il rivestimento su tre lati con manufatti rettangolari, finiti a piano
sega e posati a giunto chiuso,
esalta gli effetti prodotti
dalle variazioni cromatiche
della texture e dal dialogo
con gli altri materiali, per arrivare a un risultato complessivo di maggior leggerezza.
L’architettura cimiteriale può
essere anche presupposto
86 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
TECNICA
Dall'alto.
Cimitero di Gubbio: vista esterna.
Andrea Dragoni, ampliamento del
cimitero di Gubbio, (foto di
Alessandra Chemollo e Massimo
Marini).
d’incontro fra differenti declinazioni del paesaggio: quello
della città storica e quello,
spesso pittoresco, della natura
circostante. Le scelte operate dall’architetto perugino
Andrea Dragoni per il progetto di ampliamento del cimitero di Gubbio concluso
nel 2011, partono proprio
dalle regole che, da sempre,
hanno governato il rapporto
tra la città e natura.
Anche in questo caso la figurazione delle nuove costruzioni si articola attraverso
forme stereometriche semplici, disposte secondo i tracciati agrari eugubini. I manufatti sono completamente rivestiti in pietra senza soluzione di continuità, un Travertino romano il cui
cromatismo
si avvicina a
una sfumatura
di
bianco, analogo a quello
tipico della
pietra locale
utilizzata e
descritta da
Francesco di
Giorgio.
L’ossessiva presenza della
materia litica esalta la monoliticità e trasforma i manufatti
in masse scultoree, scavate
da diverse forme di vuoto,
interrotte solo da quattro cortili di uguale dimensione
dove il contrasto tra pieno e
vuoto riprende i ritmi che si
trovano nella città medievale.
Gli artisti italiani Sauro Cardinali e Nicola Renzi hanno
creato le opere destinate ad
occupare gli spazi caratterizzati dai lucernari quadrati, ispirati dagli Skyspaces di JamesTurrell, aggiunti per inquadrare una vista verso il
cielo e completare questi
spazi della pausa e della riflessione.
A Finisterre, Ortona e Gubbio
l’attenzione del progetto al
genius loci e alle peculiarità del
paesaggio ha invertito “il fenomeno di mimesi generica
che la cultura globale mette
in atto”7 spesso causa della
perdita di identità che caratterizza lo sviluppo della città
contemporanea.
❑
Note
1 C. Torricelli, La morte come passaggio. Sacro
e arcaico nell’architettura di Sigurd Lewerentz, in
“Ricerche e progetti per il territorio, la città
e l’architettura”, n. 4 del 2012, Università
degli studi di Bologna.
2 Si laurea nel 1966 a Barcellona e svolge
il dottorato a Madrid. I suoi lavori sono
localizzati per lo più in Spagna ed hanno
ricevuto numerosi riconoscimenti a livello
internazionale.
3 Granai in pietra sopraelevati rispetto
al terreno, tipici della tradizione spagnola
utilizzati per la conservazione dei cereali,
degli alimenti e degli arnesi. Per un maggiore approfondimento vedi:
V. Pavan, Litico, etico, estetico, ed. Motta Architettura, Verona, 2009
A. Botti, Le Cattedrali del grano in "Il Geometra Bresciano", 1/2010, ed. Grafo, Brescia, 2010
4 Gris Mondariz, roccia granitica di base
chiara, di granulometria medio-grossa,
composta di grandi cristalli di colore grigio
con una leggera tonalità rosacea. È estratto in Spagna, in Galizia, nella zona di
Pontevedra, Porriño, Poteareas e Salvaterra do Niño.
5 Trilitico o trilite (dal greco tri = tre +
lithos = pietra) è sinonimo di una struttura
formata da due elementi disposti in verticale (piedritti) e un terzo appoggiato orizzontalmente sopra di essi (architrave), a
formare una sorta di porta. Il trilite era usato nella presistoria (es. Stonehenge),
nell’architettura greca ma non in quella
romana che prediligeva l’uso dell’arco. La
struttura trilitica si caratterizza per essere
sollecitata essenzialmente a compressione.
6 Nel 1993 si laurea in Architettura
presso la facoltà “G. D’Annunzio” di Pescara, nel 1994. Dottore di Ricerca in composizione architettonica svolge attività
didattica e di ricerca. È consulente di architettura del paesaggio e svolge attività
professionale.
7 C. Torricelli, La morte come passaggio. Sacro
e arcaico nell’architettura di Sigurd Lewerentz, in
“Ricerche e progetti per il territorio, la città
e l’architettura”, n. 4 del 2012.
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 87
GEOLOGIA
Misure dirette
della permeabilità
dei terrene e delle rocce
Aldo Di Bernardo
D
efinizioni.
Con il termine permeabilità si indica, nel linguaggio
geotecnico, l’attitudine di un terreno a lasciarsi
attraversare da un fluido. Una bassa permeabilità corrisponde a una condizione di drenaggio difficoltoso del liquido, solitamente acqua, contenuto all’interno, e viceversa.
Quantitativamente la permeabilità di un deposito sciolto o di
un ammasso roccioso viene descritta da una grandezza detta
coefficiente di permeabilità, o conducibilità idraulica, solitamente indicata con la lettera K. Elevati valori di K descrivono terreni di
dotati di alta permeabilità, bassi valori di K contraddistinguono livelli dotati di scarsa permeabilità. La grandezza K ha
le dimensioni di una velocità e, solitamente, viene espressa
in metri (o centimetri) al secondo.
Considerando una sezione trasversale di terreno di area A
immerso in una falda acquifera, la portata che in ogni istante
lo attraversa è data da:
(1) Q(mc / s) = νA
cui v è la velocità di filtrazione del liquido nel terreno. Supponendo che nella sezione in esame l’altezza della colonna
d’acqua sia h2 e che in una sezione a monte, distante L, sia h1,
la grandezza v può essere scritta come segue:
(2) ν (m / s) = K
h1 - h2
= ki
L
Il termine i rappresenta la perdita di carico per unità di lunghezza e viene generalmente indicato come gradiente idraulico
della falda. L’espressione (2) costituisce la legge empirica di
Darcy (1856). Il coefficiente di permeabilità può quindi essere definito come la velocità di filtrazione dell’acqua nel
terreno in corrispondenza di un gradiente idraulico unitario
(vedi schema 1).
La grandezza K è caratterizzata da una grande variabilità nei
terreni naturali, infatti può assumere valori compresi fra 10
m/s (depositi molto grossolani, ghiaie e ciottoli) e
0,00000000001 m/s, nelle argille. Convenzionalmente, si considerano permeabili i terreni con valori di K superiori a 10-4
m/s, impermeabili quelli con valori di K inferiori a 10-9 m/s.
Nell’intervallo 10-4-10-9 m/s ricadono i depositi semipermeabili (vedi schema 2).
Nel caso di terreni sciolti, oltre che dalla granulometria, il
valore del coefficiente di permeabilità è condizionato anche
dalla disposizione reciproca dei granuli. Una disposizione
più compatta significa una minore porosità del deposito e
quindi una minore permeabilità. È importante anche tenere
presente che, nel caso di terreni eterogenei, cioè costituiti da
88 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
miscele di tipi granulometrici differenti, ad esempio sabbia
e limo, è la componente più fine (in questo caso il limo) che
influisce maggiormente sul valore di K, anche se la componente più grossolana (sabbia) è predominante.
Importanza pratica di K.
Nella pratica geotecnica e ingegneristica, il coefficiente di
permeabilità entra in gioco ogni volta che si tratta di quantificare un flusso idrico nel sottosuolo. Quando c’è la necessità
quindi di dimensionare pozzi o trincee disperdenti o di progettare interventi per il drenaggio dell’acqua che defluisce
sul fondo di uno scavo artificiale, per citare alcuni dei casi più
comuni, una conoscenza il più possibile vicina al vero del
parametro K diventa non solo utile, ma indispensabile.
Un esempio per chiarire il concetto. Supponiamo di dovere
dimensionare un sistema di pozzi perdenti per smaltire un
determinato volume idrico presente in superficie, per esempio dovuto a un evento meteorico intenso. Ipotizziamo
di volere considerare pozzi con un diametro e una profondità
di 2 m in un terreno sabbioso. La falda si trovi a –4,0m dal
piano campagna e la portata da smaltire sia di 0,07 mc/s. Consideriamo due casi. Nel primo abbiamo a che fare con un
terreno sabbioso costituito da sabbia pulita grossolana
sciolta a cui attribuiamo un valore di K=10-2 m/s. Nel secondo
il terreno è formato da sabbia fine addensata con una percentuale significativa di limo, per la quale abbiamo K=10-7 m/s.
Eseguendo il calcolo otteniamo che, nel primo caso (sabbia
grossolana pulita) sarà sufficiente un unico pozzo per smaltire
la portata prevista. Nel secondo caso (sabbia fine con limo)
ne serviranno circa 35. La differenza fra i risultati non deve
stupire, considerando che, anche se in ambedue i casi il terreno è costituito da sabbia, i valori di K differiscono di 5 ordini
di grandezza.
Questo esempio serve a chiarire che la stima della permeabilità di un terreno basata solo sull’individuazione del tipo
granulometrico dominante, nel nostro esempio la sabbia,
può condurre a un errore fatale nella progettazione di un sistema di drenaggio. Ne deriva l’importanza di eseguire misure dirette di K attraverso le metodologie che verranno
descritte nel successivo paragrafo.
Metodi per la determinazione diretta del coefficiente di
permeabilità.
Le tecniche di misura di K generalmente vengono distinte in
due categorie, in sito e in laboratorio. Queste ultime solitamente vengono impiegate su campioni di terreni fini, essenzialmente limi e argille, che possono essere prelevati con un
grado di disturbo ridotto. Nel caso di terreni grossolani,
sabbie e ghiaie, ma anche nel caso di limi, è preferibile eseguire misure direttamente in sito, con tecniche che non prevedono il prelievo di campioni (vedi schema 3).
GEOLOGIA
Schema 1 – Definizione della legge sperimentale di Darcy (Castany 1982)
Schema 2 – Intervalli di variabilità di K (cm/s) nei terreni sciolti
Schema 3 – Intervalli di variabilità di K (cm/s) nei terreni sciolti.
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 89
GEOLOGIA
Prova di permeabilità in pozzetto a
carico variabile.
Le misure di K in sito possono essere classificate in base alle
modalità di esecuzione dello scavo di prova, distinguendo fra
prove in pozzetto e prove in foro di sondaggio, e in base alle
caratteristiche del carico idraulico imposto, carico costante o
variabile.
Prove in pozzetto.
Le prove in pozzetto sono adatte soprattutto per terreni granulari e forniscono una valutazione della permeabilità dei
terreni superficiali al di sopra del livello di falda. Vengono eseguite in pozzetti cilindrici o a base quadrata con pareti verticali
o inclinate. Le condizioni necessarie perché le prove siano significative sono le seguenti:
•il terreno deve essere saturato preventivamente in modo da
stabilire un regime di flusso permanente;
•la profondità del pozzetto deve essere pari a circa 1/7 dell’altezza del fondo dal livello di falda;
•il diametro (o il lato di base) del pozzetto deve essere almeno 10 - 15 volte il diametro massimo dei granuli del terreno;
•il terreno sia omogeneo, isotropo e con coefficiente di permeabilità k >10-6m/s.
A)Pozzetto quadrato.
Nelle prove a carico costante s’immette nel pozzetto una
portata sufficiente a mantenere il livello dell’acqua costante.
Le formule di calcolo per pozzetto a pianta quadrata sono le
seguenti. Il coefficiente di permeabilità k viene calcolato con
la seguenti relazione:
k=
(
q
)
b2 27 h +3
b
con
q = portata assorbita a livello costante;
h = altezza dell’acqua nel pozzetto (h > d/4);
b = lato della base del pozzetto.
Nelle prove a carico variabile invece si procede riempendo il
foro d’acqua e quindi, dopo avere interrotto il flusso idrico,
misurando la variazione del livello dell’acqua nel tempo.
h -h
k = t2 - t 1
2
1
( hb )
(27 hb + 3)
1+ 2
m
m
con
hm = altezza media dell’acqua nel pozzetto (hm > d/4);
b = lato della base del pozzetto.
t2-t1 = intervallo di tempo;
h2-h1 = variazione di livello dell’acqua nell’intervallo t2-t1.
90 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
GEOLOGIA
Esecuzione prova di permeabilità in
foro di sondaggio.
A) Prove a carico costante.
Le prove a carico costante si eseguono misurando la portata necessaria per mantenere costante il livello dell’acqua nel foro. La determinazione di K non è così semplice come nel caso
delle prove in pozzetto, intervenendo in questo
caso una serie di fattori correttivi legati essenzialmente alla geometria e alle caratteristiche
del flusso nel tratto filtrante.
B) Prove a carico variabile.
Le prove a carico variabile al di sotto del livello
di falda si dividono in Prove di risalita e Prove di abbassamento. Le prove di risalita si eseguono abbassando il livello dell’acqua nel foro di un’altezza nota e misurando la velocità di risalita del
livello. Le prove di abbassamento si eseguono
riempiendo il foro d’acqua per un’altezza nota e
misurando la velocità di abbassamento del livello. Anche per l’interpretazione delle prove a
carico variabile vale quanto detto per le misure
a carico costante.
Prove in foro di sondaggio nei terreni (Prova Lefranc).
Le prove in foro di sondaggio permettono di determinare la
permeabilità di terreni al di sopra o al di sotto del livello di
falda. Possono essere eseguite durante la trivellazione del foro
a diverse profondità oppure alla fine della trivellazione sul solo
tratto terminale.
Per l’esecuzione delle prove è necessario che:
•le pareti della perforazione siano rivestite con una tubazione
per tutto il tratto del sondaggio non interessato dalla prova;
•nel caso di terreni che tendono a franare o a rifluire, il tratto
di prova deve essere riempito con materiale filtrante di granulometria adatta e isolato mediante un tampone impermeabile.
Si possono eseguire anche nel terreno al di sopra del livello di
falda, ma in questo caso è necessario saturare preventivamente il terreno in modo da stabilire un regime di flusso permanente.
Le prove si dividono, anche in questo caso, in prove a carico
costante o a carico variabile.
Prove in foro di sondaggio nelle rocce (Prove Lugeon).
Si è parlato fino a questo punto di misure della
permeabilità in terreni sciolti. Anche gli ammassi rocciosi possono essere permeabili e
quindi essere interessati da un flusso idrico interno. Per le rocce, permeabili per fessurazione
e non per porosità, non è però valida la legge di
Darcy. La permeabilità viene indicata attraverso
il valore degli assorbimenti d’acqua misurati in
fori di sondaggio, espressi in litri assorbiti per ogni metro di
lunghezza di foro, e della pressione usata nella prova. Talvolta
il coefficiente K è usato per definire la permeabilità degli
ammassi rocciosi, ma assume in questo caso un significato orientativo.
Le prove Lugeon permettono di calcolare la permeabilità o
valutare la fratturazione degli ammassi rocciosi. Vengono eseguite immettendo, in fori di sondaggio, acqua sotto pressione.
Nei fori di sondaggio viene calato un tubo per l’adduzione
dell’acqua con due otturatori che consentono di isolare il
tratto di foro in cui si vuole effettuare la prova. Durante ogni
prova vengono misurate: la pressione di iniezione, la portata
immessa e il tempo di durata della prova dopo aver raggiunto
le condizioni di regime. Le prove vengono eseguite per almeno 5 valori della pressione di iniezione, ciascuno mantenuto costante per 10, 20 minuti. Si possono eseguire prove in
avanzamento, interrompendo la trivellazione ogni 2 - 5 metri,
oppure in risalita quando la trivellazione è terminata.
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 91
GEOLOGIA
Esempio di grafico riassuntivo di una
prova Lugeon.
La pressione nel tratto di foro
in cui viene eseguita la prova
è data dalla:
Pe = Pm + gw (H - Hp)
con
Pm = pressione letta al manometro;
H = altezza della colonna
d’acqua;
Hp = perdite di carico in altezza d’acqua
gw = peso specifico dell’acqua
Per un mezzo omogeneo ed
uniforme, in presenza di un
moto laminare attorno al foro,
il coefficiente di permeabilità
è dato dalla:
qgw
K = CPe
con
q =portata assorbita;
Pe = pressione nel tratto di
foro;
C = coefficiente di forma =
√[(DL) - 1]
2
2pD
ln
[ DL + √( DL)- 1 ]
2
dove :
D = diametro del tratto di foro
di prova;
L = lunghezza del tratto di
foro di prova
La permeabilità di un ammasso roccioso può essere
valutata indirettamente dalla
unità di assorbimento Lugeon
(U.L.). La U.L. rappresenta la
portata d’acqua in litri al minuto assorbita da un tratto di
92 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
foro di lunghezza 1 m, alla
pressione di 10 kg/cmq e vale
circa 10-7 m/s. Il valore di U.L.
indicativo della prova si ricava dal diagramma assorbimenti-pressione, grafico che
ha in ascissa l’assorbimento
espresso in litri al minuto per
metro di foro e in ordinata la
pressione effettiva.
❑
Bibliografia
Gilbert Castany, Idrogeologia principi e metodi.
Aldo Di Bernardo, Nuovo formulageo.
Guido Chiesa, Manuale di geoidrogeologia idraulica dei
pozzi – vol. 1 E 2.
CULTURA
Fulvio Negri
Profumo di zagare
dal “Tartaglia”
È
appena uscito in libreria il romanzo
Nero d’avorio di Rita
Piccitto, ragusana di nascita e
docente di lettere del nostro
istituto “Tartaglia”da diversi
anni. È la sua seconda fatica
letteraria di ampio respiro
dopo l’ottima raccolta di racconti Caffè del Corso ed anche
questa volta diverse recensioni hanno convenuto sul livello eccellente del libro.
L’incipit della narrazione ci introduce già in media res: il protagonista (Nele) sta per iniziare il viaggio che lo porterà
a Torino dove completerà il
suo percorso di maturazione,
peraltro già avviato nella nativa Ragusa, e conseguirà la
laurea in ingegneria, requisito fondamentale per realizzare il suo progetto di vita che
prevede di tornare al luogo di
origine per rendersi concretamente utile (c’è un ponte
nuovo da realizzare).
Lo sfondo storico, accennato
sobriamente ma molto nitido, è il Paese del secondo
dopoguerra, quello del referendum istituzionale, dello
scontro DC-Fronte Popolare,
della “legge truffa”, dell’Uomo
Qualunque, della ricostruzione industriale, dell’avvio
del miracolo italiano e della
migrazione dei contadini meridionali verso l’industria padana.
Nele è un bravo ragazzo di
famiglia medio-borghese, rimasto precocemente orfano
di madre ed allevato, più che
da un padre mediocre, da
cinque premurosissime zie
nubili e soprattutto da Giulia,
la più giovane, intelligente,
autonoma e con doti di preveggenza, vera altra stella del
romanzo. È lei che contribuisce in maniera determinante
a stimolare l’evoluzione del
nipote che ne ricambia l’attaccamento fino a farlo diventare , pur nel riserbo, assai più
che un affetto parentale.
Fin dall’inizio del viaggio (ma
poi anche nel capoluogo piemontese) il protagonista ripercorre le tappe della sua
giovinezza (“sfilavano sotto
gli occhi di Nele quei
vent’anni”), riandando col ri-
cordo ai luoghi, agli avvenimenti, alle persone ed alle
esperienze che avevano
scandito il cammino del
primo tratto della sua esistenza. È un flusso di coscienza che gli fa rivivere criticamente il suo rapporto con
l’ambiente e la gente di Ragusa; la rivisitazione continua
anche a Torino dove coglie
varie occasioni per mettere a
fuoco e sviluppare tratti e
scelte già presenti nel periodo siciliano.
Ad esempio l’impatto con le
vicende connesse alla FIAT
vallettiana e alle parallele
lotte sindacali confermano e
solidificano un sentimento
prepolitico già presente in
lui, anche in virtù delle suggestioni “dossettiane” ancora
una volta proposte da zia
Giulia. Del resto la propensione alla giustizia sociale e
l’attenzione agli sventurati si
era manifestata prestissimo,
quando, poco più che bambino, aveva voluto visitare gli
antri maleodoranti in cui vivevano “gli aggrottati”, gli ultimi della scala sociale ragusana, o quando aveva donato
i suoi risparmi di pre-adolescente ad una prostituta,
dopo aver appreso da Giulia
la condizione di bisogno di
quella donna.
Così la pratica della carità,
nell’accezione proto-evangelica della zia, è il prodromo
della successiva comprensione delle ragioni degli operai: con in più (ecco un arricchimento indotto dall’esperienza torinese) una
nuova consapevolezza circa
la diversità dell’atteggiamento sociale fra nord e sud.
Anche se “pure al nord c’è chi
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 93
CULTURA
mangia e chi ha fame” non c’è
resa come in Sicilia. Nel soggiorno torinese non si disvela
compiutamente solo il carattere illusorio dell’immigrazione presto delusa dalle
condizioni reali e già in
qualche misura avvertito dai
viaggiatori nel primo viaggio
su quel treno (“carico di discorsi, progetti, speranze e di
odio”), con involontario umorismo chiamato “del sole”, ma
si constata anche la reazione
organizzata degli oppressi rispetto alla rassegnazione nel
mezzogiorno.
Vi è poi la definitiva presa di
coscienza dei suoi reali sentimenti verso la zia, il che gli
consente di liberarsi di quel
particolarissimo sentimento
edipico e di trovare in Sara la
donna della sua vita.
Infine il conseguimento della
laurea corona l’impegno
preso con sé e con la sua comunità di tornare attrezzato a
compiere un’opera di pubblica utilità (“ora si sentiva
davvero pronto”). Col rientro
a Ragusa di un Nele, positivamente evoluto ed ormai
all’altezza dei suoi obiettivi, il
percorso di maturazione si è
compiuto, anche senza Giulia
che chiude la sua vicenda terrena.
Per questo verso pienamente
centrata appare la definizione, usata da Claudio Baroni nella sua recensione, di
romanzo di formazione e di
ambiente (ed anche di educazione sentimentale, come
abbiamo visto).
L’impianto narratologico per
Rita Piccitto, efficacissima
nell’uso delle coordinate
spazio temporali tanto da
94 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
consentire un continuo movimento del racconto fra presente, passato (ed anche futuro) e fra Sicilia e Piemonte,
è funzionale soprattutto a
rappresentare l’anima delle
sue creature che interiorizzano, modificandosi contestualmente, gli accadimenti e
le situazioni cui partecipano.
Nele progressivamente acquisisce coscienza di sé ed
una propria visione del
mondo e dei rapporti con gli
altri, dopo aver preso l’abbrivio dal messaggio della
zia.
Altro dato di grande modernità è la dimensione dei personaggi di tutta ordinaria normalità: non sono supereroi, il
lettore si può identificare nel
loro procedere tra determinazione ed incertezze verso
le loro mete. Essi non recano
esclusivamente la cifra della
razionalità: abbiamo detto
delle pulsioni di Nele verso la
zia, ma l’emersione frequente
dell’inconscio , il ruolo del
caso, le fragilità anche delle
figure più forti, la dote visionaria dell’equilibratissima zia
Giulia che ha percezioni oniriche di quel che accadrà, dicono di quanta parte abbiano
i sentimenti e perfino l’irrazionale. La varietà del sentire
umano è squadernata con
una ampiezza che conferma
l’interesse dell’autrice verso
la complessità dell’essere umano.
Anche messa così però l’analisi rischia di mortificare un
lavoro molto più denso di motivi che, pur trovando senso
più compiuto nel disegno generale, hanno, ciascuno, per
ricchezza di echi e di signifi-
cati, autonoma dignità.
Per citare solo quello relativo
all’ambiente isolano, non si
tratta del sud stereotipato
della mitografia, nobile ma astratta, di larga parte del neorealismo post-bellico (penso
a Bernari o a Jovine, ma anche,
per qualche aspetto, a Carlo
Levi) per il quale luoghi e popoli del Mezzogiorno rappresentano sovente il riferimento sublime ed innocente
su cui fondare il riscatto del
Paese.
Nelle pagine di Nero d’avorio
c’è un attaccamento viscerale
alla propria terra, un legame
indissolubile fatto di flussi di
sensazioni, umori, percezioni
sensoriali e sentimenti incancellabili, ma anche lucidissima, consapevole rappresentazione dei limiti di quel
mondo: lì, come dice l’operaio immigrato Rosario “non si
è mai soli”, ma contemporaneamente tale dimensione
collettiva sconta il prezzo di
convenzioni, superstizioni,
malevolenze, pregiudizi, opportunismi, ritualità.
Il sentire è duplice e perfino
contradditorio.
Giulia afferma: “Non vorrei
essere nata in nessun altro
posto del mondo” ma insieme è certa che Neluccio
deve partire perché “Ragusa
è la città dello sconforto”.
Pasqua (altro cammeo felicissimo fra i personaggi minori)
sempre a Nele augura: “Vattini, non tornare se ti riesce,
qui siamo gente maledetta”
(ma il protagonista, come abbiamo visto, poi rientrerà
nella sua città per migliorarla).
Il binomio attrazione-repulsione verso la terra natia è
peraltro uno dei tanti ossi-
mori (accostamenti di termini, affermazioni o percezioni fra loro antagoniste)
presenti in tutta l’opera che,
lungi dal penalizzarla, la impreziosiscono.
Già il titolo Nero d’avorio accosta due significanti contrapposti; Pasqua, prostituta
sui generis, esercita la professione con catenina e croce al
collo, “il cimitero era un bel
posto”, il “Treno della speranza” in realtà è “culovra ,
nero, velenoso, bastardo che
se ne portava via tanti e li
strappava alla loro terra, ai
loro vecchi” (qui si tratta
anche di un chiasmo, chiusura
antitetica ed incrocio fra tre
aggettivi e tre sostantivi):
sono alcuni dei numerosi esempi riscontrabili di quella
che Bufalino, autore caro alla
scrittrice, indica, a proposito
dei siciliani, come “affermazione di una peculiare pluralità, dichiaratamente rivendicata nel loro essere contraddittori” (che è poi l’evoluzione
del relativismo pirandelliano).
“L’isolitudine” così è, come la
“sicilitudine” di Sciascia,
anche frutto di una condizione geografica e culturale
caratterizzata dal sigillo ambiguo del mare sulle cui onde
sono venuti in tanti ad invaderla nei secoli e non sempre
in pace; il pregresso può
creare angoscia ed infelicità
ma contemporaneamente orgoglio per l’unicità della storia
che ha caratterizzato quella
terra insieme di invasori e di
migranti.
Tutto ciò determina comportamenti di segno contrario:
l’estroversa ospitalità come
antidoto dall’essere soli e per
CULTURA
contro l’ombroso (fino all’omertoso) silenzio-riserbo,
claustrofobico rifiuto del contatto.
In Rita Piccitto questa tematica delle antinomie, rinvenibile anche nelle figure più
nette come Giulia e Nele, ha
come traduzione narrativa
una maggior autenticità dei
personaggi e degli ambienti
proprio perché non monolitici ed univoci. Con in aggiunta
uno spiraglio di speranza che,
pur mantenendo alcune note
dello scetticismo, supera il
tradizionale fatalismo della
tradizione: ne è un rivelatore
verificabile l’impiego del
tempo futuro, spesso latitante negli autori siciliani.
Al di là della rilevanza dell’ossimoro, il romanzo, nella sua
interezza, acquista forza comunicativa nella bellezza
della scrittura che, è stato
detto, riduce sovente il divario fra prosa e poesia.
Che scrivere non sia come
parlare, come affermava Vygotsky agli inizi degli anni ‘80,
può sembrare senso comune.
In realtà l’odierna editoria
propone molti autori di penna
facile e gradevole, ma non di
altrettanta significatività,
perché spesso si limitano al
livello denotativo dell’espressione.
Rita Piccitto invece connota,
allude, evoca, elaborando un
personalissimo stile che può
avvalersi di diversi registri:
accurata selezione del lessico, puntuale fino alla precisione della microlingua (parla
di topografia con la competenza del geometra), vivace,
arguto, generalmente elegante e mai inutilmente vol-
gare (adombra, non dettaglia
le scene d’amore), ma sa
anche attingere agli idiomatismi e all’insostituibile forza
del vernacolo. Alterna con uguale efficacia il narratore esterno con quello interno, il
discorso indiretto libero con
la soggettiva del personaggio,
il dialogo con la descrizione.
L’effetto è notevolissimo: ambienti, paesaggistici o antropici sono vivissimi, pieni di
colori e di percezioni tattili ed
olfattive che risvegliano sensazioni, ricordi ed emozioni
sopite.
A ciò si aggiunga che dalla sua
cassetta degli attrezzi trae
con grande disinvoltura ed
efficacia una gamma di figure
retoriche che rinforzano l’impatto dei significanti: metafore e loro varianti (esempio
di sinestesia: coltelli d’acqua),
similitudini (le megere brulicano come le mosche).
Particolarmente efficace è
l’impiego, abbastanza frequente, del climax, generalmente ascendente ma talora
con una repentina inversione
conclusiva. Una citazione: per
definire l’affetto del padre,
che abbiamo definito uomo
mediocre, usa la seguente
scala “amore… strano, assente, forzato, dovuto e
basta”
Non è ridondanza ma piuttosto acuizione del ritmo (e/o
del suono) ed intensificazione concettuale: un amore
paterno, che già impressiona
quando è strano, diventa progressivamente e drammaticamente negativo quando
viene delineato come dovuto
invece che naturale.
Altro espediente retorico che
fa giuoco al senso del raccon-
tare i personaggi più originali
è l’ironia, nell’accezione più
originaria di significazione
del contrario o dello straniamento (il veder da fuori) già
frequentato da Pirandello:
compare soprattutto in alcune situazioni collettive
come la processione o, ancor
più, nelle due cerimonie funebri ove alla convenzione
dei sermoni degli officianti e
dei pettegolezzi dei presenti
(sovrapponibili perché uguali pur in situazioni distanti
nel tempo) si contrappongono le considerazioni irrituali, ma estremamente autentiche, di Nele che non si
sente parte della celebrazione della banalità (altra situazione ossimorica).
Così come obiettivamente umoristici, sempre nella direzione pirandelliana, appaiono i becchini che nel “pietoso uffizio della sepoltura”
pregano e bestemmiano.
Almeno un cenno merita poi
il sistema dei personaggi minori che richiamano per
qualche verso quelli verghiani ( a proposito c’è anche
una casa e un nespolo): ruolo
del pettegolezzo che socializza l’informazione, soprannomi che hanno quasi tutti e
che sovente recitano il contrario della realtà.
Queste figure non sono tuttavia l’equivalente dei caratteristi nel cinema : ognuno ha
una propria precisa fisionomia che emerge chiara pur
dalle sintetiche pennellate
con cui è tratteggiata, risultando infine indispensabile
alla comprensione del contesto.
Il procedere simbiotico dell’i-
spirazione con la sua traduzione in pagina vergata consente all’autrice di rappresentare calligraficamente
luoghi e persone del suo immaginario e del suo vissuto
senza indulgere al bozzetto
di maniera a mo’ di cartolina
turistica, facendoli invece diventare metafore di destini
più ampi. Operazione, quella
di estrapolare dal microcosmo frammenti di universo,
possibile solo a chi ha contiguità con il senso dell’arte.
Ma con una puntualizzazione:
la scrittura ha un valore altissimo, ma solo se la parola che
la serve è appropriata . Infatti
(ennesimo ossimoro) se “la
parola è vincente di per sé”,
in alcune circostanze (silenzi
fra Giulia e Nele) “nel silenzio
c’era molto di più”, perché in
quei momenti parlare è come
chiudere in forme l’incomunicabile.
Un servizio solo alla categoria
dell’estetica? Non direi. Sciascia afferma che la lingua (maxime quella scritta), contiene
la società, la configura, la concettualizza in quanto strumento principe di comunicazione fra i suoi membri; De
Mauro le assegna addirittura
il ruolo di fondamento
dell’ethos e della vita civile.
Rita Piccitto mi pare inscriversi appieno in questa tipologia d’autore: la sua scrittura,
mentre e proprio perché si
nutre del bello, esalta quanto
di umanità, di spirito di cittadinanza, di impegno civile c’è
nella già interessantissima
storia. Un romanzo dunque
che si legge con grande piacevolezza e soprattutto che lascia più di una traccia nell’a❑
nima IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 95
CULTURA
L'importanza dei particolari
nella qualità dell'ambiente costruito
Franco Robecchi
N
ell'edilizia abitativa, nei locali pubblici,
in tutti i luoghi che vengono vissuti da
vicino, la qualità dell'accoglienza ambientale è data dai particolari. Se poco ci tocca la
sagoma di un cornicione o la gradevolezza di un
fregio sulla parete di un condominio, molto di più ci
attrae, o ci respinge, la forma di una sedia, l’eleganza
di una maniglia, di una posata, di una lampada da
tavolo. Ciò perché si tratta di elementi che entrano
nell'intimità della nostra vita, che creano l'atmosfera
di un ambiente che viviamo dal di dentro, avvolgono il tempo del nostro essere diretto. Naturalmente l’accoglienza e la simpatia di un luogo sono
fatte di mille dimensioni e componenti, nelle quali
gioca anche la forma generale di un edificio, di una
piazza, di una strada. Ma la godibilità delle dimensioni più prossime ci tocca in modo particolare,
perché condiziona i nostri sentimenti, il nostro benessere, conforta le nostre malinconie e asseconda
i nostri desideri. Nonostante una tendenza culturale
ormai vecchia di almeno settant'anni, la piacevolezza palpabile di uno spazio resta in gran parte legata ad aspetti il cui valore è prevalente da molti
millenni, ed è l'estetica decorativa e la comunicazione artistica. Da tempo parlare di decorazione è
quasi come pronunciare una bestemmia, dai tempi
del Razionalismo annunciato poco dopo la nascita
del Novecento, quando si insinuò la moda culturale
della pulizia algida, ritenuta una vetta intellettuale
dall'architetto Adolf Loos, che fu il grande padre
dello squallore razionalista e della miopia che si ritrovava incapace di produrre e godere quell’ovvia
esaltazione, che, da decine di migliaia di anni, sa
vivere la ricchezza dei significati e delle emozioni
insite nell’arte. Non casualmente la teoria di Loos
coincise con la morte dell'arte, sostituita da una
sorta di performance soggettiva, priva di qualunque
capacità comunicativa e prodotta quasi solo per
sfogo psicomotorio, gratuito e ignoto allo stesso
autore. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Basta
avere la disgrazia di visitare una Biennale di Venezia
di questi ultimi 50 anni.
La ricchezza comunicativa e conoscitiva, invece, che
l'arte possiede è alla base della capacità di un ambiente di entrare in dialogo con chi lo vive, sulla base
di codici condivisi, di un linguaggio comune, di un
rimando a prospettive sensualmente edificanti e
intellettualmente affascinanti. È pressoché impossibile che un'architettura asettica, da sala operatoria, possa raggiungere risultati paragonabili a
quelli dell'arte pre-contemporanea ed è quindi
96 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
CULTURA
A sinistra. Un banale negozio, con
opere d’arte che ne fanno un oggetto
da museo.
Sotto, in senso antiorario.
Facciata e particolare del pannello
centrale delle Folies Bergéres di
Parigi, trionfo dell'Art Déco.
Splendida invenzione d’arte per
l’ingresso di una casa, come se ne
vedono poche.
impossibile che un'architettura priva di un'anima decorativa
possa essere gradevole. Naturalmente non si sta parlando di
una decorazione priva di anima e priva di qualità. Si parla di
un'arte, anche minore, ma fatta di spessore artigiano, che non
si vede più nella nostra Italia, salvo l'Alto
Adige, e che si gode
immensamente nelle
aree tedesche o del
Nord d'Europa, dove
ancora si considera
l'arredo e la qualità
architettonica degli
interni come basati
sull'arte e sulla decorazione. Provate a
confrontare due sale
di ristorante di Brescia o di Bolzano, di
Cremona o di Norimberga e vi renderete
subito conto di quanto
spessore comunicativo vi sia negli ambienti in cui l'arte si
affaccia a parlarvi, rispetto a quelli dove,
stando in ambiente
da ristorante, la cosiddetta pulizia formale
di un'architettura
schematica si abbina
magari alla corrispettiva rarefazione da obitorio di un piatto da
Nouvelle cuisine. Bisogna, inevitabilmente, essere nostalgici di fasi storiche
malauguratamente
lontane, per cogliere
la distanza in cui
siamo caduti, rispetto
a forme che sapevano
entrare negli occhi,
nella mente e nel
cuore, per rimanere
modelli di spessore e
di “cordialità ambientale”. Fu proprio il Liberty a segnare il
trionfo di quella cordialità, con una profusione di “coccole estetiche” agli utenti di ogni ambiente, dalla camera da letto al
bagno, dalla sala per riunioni, alla hall di un hotel, dalla vetrina
di un negozio a un pettine, a un comodino. Se il Liberty, l'Art
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 97
CULTURA
Il denso interno con le calde sinuosità
dell'Art Nouveau.
Nouveau dell'ambiente francese, fu una sorta di rivoluzione-canto del cigno dell'architettura traboccante di messaggi, l'ultima rivolta contro la
piattezza del Novecento fu
gridata dall'Art Déco, lo stile
geometrizzante, ma smanioso di offrire ricchezze estetiche ad ogni più piccola porzione del costruito e dell'oggettistica. Siamo a metà degli
anni Venti e, con qualche
coda nei primi anni Trenta, si
giunse all'esaurimento della
creatività ambientale in
senso comunicativo e quindi
all'impoverimento disastroso
dei luoghi in cui ci tocca vivere. Non ultimo delitto, soprattutto attribuibile agli incolti smaniosi di fare i “moderni”, accodandosi al conformismo, fu la distruzione di
gran parte di edifici, ambienti,
decori dell'epoca Liberty e
Déco, sostituiti da futili superfici piatte e insignificanti,
al servizio dell'indifferenza e
dell'anonimato. Fortunatamente ciò non è avvenuto in
Paesi come la Francia, che da
sempre ama l’Art Nouveau, il
Belgio, o, per altri versi, legati
ad una tradizione di decoro
interno di stampo antico e
persino medievale, come
l’Austria, la Germania o la
Gran Bretagna.
La decorazione, il Liberty floreale, il gioco di luci colorate
e di tessuti, di legni e di vetri
e ceramiche fu definito soffocante e subentrò un'esigenza
di pulizia, di bianco su cui
scrivere autonomamente i
propri sentimenti, fino alla
sterilizzazione muta e quindi
all'asfissia dell'assenza di
qualunque dialogo. Quando
manca un linguaggio comune
98 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
CULTURA
In senso orario.
Ceramica, marmo scolpito, ottone
sbalzato e affresco per un angolo di
albergo che supera ogni conteggio in
stelle.
Un capolavoro ceramico sulla facciata
di un palazzo di Bruxelles.
Un capolavoro Liberty nel ferro
battuto.
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 99
CULTURA
In senso orario, da sinistra.
Sui muri, sul pavimento, sul serramento, la fantasia e l'abilità costruttiva,
ben oltre la banalità del costruire corrente.
La pulizia dinamica di un portoncino pensato con amore artistico,
per il bene di chi lo apre e lo chiude.
Un'inferriata liberty e un pilastro Déco, oggetti splendidi per una vita migliore.
100 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
CULTURA
Accostamenti preziosi per un banale
muro di condominio e un cancello:
una casa gioiello.
Facciata di un mulino industriale:
anche le fabbriche meritano il bello.
non resta altro che lo specchio, che, negli ambienti creati per lo svolgimento
della nostra vita, è una sorta di deserto alienante, anziché il paradiso della
libertà.
L'importanza del particolare decorativo, frutto di un'integrazione delle arti,
deve essere riscoperta. Le forme e le scelte grafiche possono ovviamente
essere adatte al nostro gusto, ma lo spirito dovrebbe essere lo stesso del
Liberty, dell'Art Déco, ma anche del Barocco o della grande stagione medievale. Non si tratta di aggiungere orpelli alla sostanza dell'architettura. Il
particolare decorativo, artistico, è una componente vitale e intrinseca del
carattere di un ambiente, che ne trae un arricchimento di contenuti e non
solo una cosmetica sovrapposizione formalistica. Una logica plurimillenaria
è stata accantonata per un'assurda pretesa di essenzialità. Fortunatamente,
abbiamo molti buoni esempi come quelli che qui si pubblicano, che dovrebbero insegnarci qualcosa su quanto intercorra fra un progetto sciatto e
muto e un progetto frizzante, ricco, dialogante, rispondente a quella tensione verso il bello, che è sempre stata fortissima nell'animo umano, che
desidera una sola cosa: la creazione di un mondo esclusivamente umano e
❑
quindi il solo capace di dare una speranza alla nostra miseria. IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 101
CULTURA
Piero Fiaccavento
Alla scoperta degli edifici
con i tetti di paglia e canna
in un viaggio in Ungheria
L
a presenza dei fienili con i tetti di paglia trasformati in
locali abitativi, a Cima Rest,
nel Parco Alto Garda Bresciano, mi hanno spinto,
come membro del direttivo
dell’Associazione Culturale e
di Amicizia “Garda – Balaton”,
ad effettuare una serie di
viaggi in terra magiara allo
scopo di confrontare le sopraddette costruzioni con
quelle ungheresi.
Infatti l’origine di tali edifici è
analoga come confermato dai
tecnici ungheresi che sono
venuti all’interno del parco
gardesano per osservare
queste strutture molto simili
alle loro.
Si deve ricordare che Il territorio del comune di Magasa,
dove si trovano i fienili di
Cima Rest, fino al 1918, faceva
parte dell’Impero Austro-Ungarico e sotto tale Impero, per
motivi bellici, alcune popolazioni dell’Ungheria venivano
trasferite sui territori del trentino alto Adige “Sud Tirolo”
mentre quelle di questi territori venivano trasferite in Ungheria.
Una volta le costruzioni con i
tetti di paglia, presenti fino
dal periodi palafitticolo come
e ben evidenziato sulle costruzioni museali sulle
sponde del lago di Ledro, erano e sono distribuite in
vaste zone del Sud Tirolo, per
esempio, anche nel Sarntal
(Sarentino), a Terenten (Terento) e a Pfalzen (Falzes)
ecc. Ora ne esistono soltanto
pochi esemplari sull’Altipiano del Salten, nel Meranese, sull’Altipiano del Ritten
(Renon) e nella zona intorno
a Castelrotto (Kastelruth) e
102 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
sono tutti fabbricati per
uso rurale, eccetto il maso
“Knodelfoaster” sul Renon-Ritten.
Quindi l’itinerario del
viaggio in Ungheria alla riscoperta dei vari edifici
con i tetti di paglia e canna
mi ha permesso di stabilire un ottimo criterio di
valutazione dei siti dove
tali strutture sono ben evidenziate nella presenza di
eco-musei distribuiti tra il
confine con l’Austria e la
capitale Budapest.
CULTURA
A sinistra.
Un'abitazione ungherese con il tetto
di paglia.
La raccolta della paglia in Ungheria.
Sotto.
Parco di KÖSZEG, fienili con
coperture in paglia e strutture degli
edifici simili ai fienili di Cima Rest.
Diversi esempi di coperture in paglia
e interni degli edifici riservati al
settore artigianale
Il viaggio in terra magiara inizia entrando
dal territorio austriaco nei pressi di
Vienna e sraggiungendo quindi il parco di
Köszeg, con la presenza di diversi fienili
con i tetti di paglia.
La presenza di coperture con i tetti di
paglia in Ungheria è frequente in montagna o nel territorio lontano dai laghi,
mentre presso le zone lacustri le coperture sono in canna.
La tradizione magiara della copertura di
queste strutture è assai simile a quella di
Cima Rest nel comune di Magasa, e ciò,
come detto, è stato confermato da un
comitato di tecnici ungheresi che hanno
visitato il territorio dell’entroterra gardesano e hanno analizzato i manufatti basandosi sulla forma, sulle dimensioni
delle strutture murarie e sulla tipologia di
costruzione delle coperture.
La seconda tappa del viaggio in Ungheria è al villaggio di Zalaegerszeg. Qui è possibile cogliere l’organizzazione della vita
quotidiana attraverso i luoghi dedicati all’attività domestica, dove le donne filavano, cucinavano e si dedicavano ai compiti
familiari e aiutavano i loro consorti in alcuni occupazioni legate all’attività agricola. In questo villaggio sono messi in risalto
bellissimi esempi di antichi mestieri in modo tale da poter far comprendere ai visitatori gli usi e costumi tradizionali del territorio dove gli edifici con le coperture in paglia erano e sono tutt’ora presenti in varie parti d’Europa, come ad esempio in Inghilterra e Danimarca.
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 103
CULTURA
Sopra.
Esempi di interni riservati al settore abitativo e gli arredi delle abitazioni.
Il ricovero delle botti e degli oggetti da cucina.
Gli interni riservati al settore agricolo, gli oggetti agricoli.
La tramoggia per scaricare il granoturco e i raccoglitori della farina.
Il mulino lungo i corsi d’acqua.
A destra.
Distribuzione dei canneti nei lago Balaton in vicinanza di Balatonfüred ed edifici con i tetti in canna.
Le coperture con i tetti di canna a Tihany.
Csopak ad est di Balaton-Fursd e arredamenti interni abitativi.
Il tetto in canna presenta un ottimo drenaggio delle acque meteoriche, edifici rettangolari con le coperture
dei tetti in canna,ex fienile trasformato in abitazione con copertura in paglia
a Cima Rest nel Comune di Magasa – Italia.
104 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
CULTURA
Il viaggio continua lungo la costa settentrionale del lago Balaton dove i canneti
sono la materia prima per le coperture
degli edifici presenti su territorio dell’entroterra tra il lago e la città di Veszprém.
La penisola di origine vulcanica di Tihany
divide il lago occidentale del Balaton da
quello orientale e presenta due laghi
vulcanici soprelevati rispetto al bacino
del Balaton. In questa penisola, dove esiste un centro di rilevamento sismico esiste un villaggio con i tetti dove si mettono in evidenza le tradizioni e il folclore
della terra magiara.
Altri edifici con i tetti in canna si trovano
a Csopak, bellissima cittadina su lago
Balaton a est di Balaton-Fursd.
I canneti, in Ungheria, sono sparsi non solo lungo le coste del lago Balaton ma anche sul lago Velence che si trova sulla strada
per Budapest. La bassissima profondità di questo lago, dove si svolgono le regate di canottaggio per la massima tranquillità
delle sue acque, permette la crescita delle canne a macchia di leopardo all’interno del bacino lacustre. Le coperture degli edifici del lago Velence sono di canna, anche queste costruite con una metodologia molto simile a quella riscontrata a Cima Rest,
nonostante queste ultime siano di paglia.
Quindi, se si vogliono trarre delle conclusioni con questo viaggio in Ungheria, e sentendo anche il parere degli architetti e tecnici ungheresi che sono venuti in Valvestino, mi sono reso conto della similitudine architettonica di entrambi gli edifici delle
due nazioni, segno importante della presenza ungherese su questo territorio. Si deve anche ricordare che gli ungheresi, nonostante appartenessero all’impero austro ungarico, hanno sempre avuto fin un certo amore per l’Italia. Segni ne sono la loro
partecipazione alla Seconda guerra d’indipendenza italiana, a fianco del Cacciatori delle Alpi di Garibaldi, e l’iniziativa di
portare in Italia, dopo la Prima guerra mondiale e in segno di pacificazione, il gonfalone in memoria dei morti ungheresi e ita❑
liani che ora è conservato nel Museo Storico del Nastro Azzurro di Salò. IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 105
Novità di Legge
a cura del geom. Alfredo Dellaglio
Finalità della rubrica è di contribuire all'informazione sull'emanazione di Leggi, Decreti,Deliberazioni e circolari pubblicati sulla G.U.
Gazzetta Ufficiale della Repubblica e sul B.U.R.L. Bollettino Ufficiale
della Regione Lombardia.
I lettori della rivista che sono interessati ad approfondire i contenuti
delle norme sopra elencate potranno consultare gli organi ufficiali
(GU e BURL) presso il Collegio dei Geometri.
Decreto Ministero Economia e Finanze 24/9/2014
(Gazzetta Ufficiale 10/10/2014 n.236)
Compensazione, nell’anno 2014, delle cartelle esattoriali in favore
di imprese e professionisti titolari di crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, nei confronti della Pubblica Amministrazione.
Il decreto dispone che le imprese ed i professionisti titolati di crediti
nei confronti della Pubblica Amministrazione per somministrazioni,
forniture , appalti e prestazioni, hanno la possibilità di compensare
i crediti con le cartelle esattoriali notificate il 31/3/2014.
Interpello Commissione Interpelli 6/10/2014 n.19
Art 12 D.leg.vo 81/2008 e successive modifiche ed integrazioni –
Risposta al quesito relativo all’aggiornamento professionale dei
coordinatori per la sicurezza previsto dall’Allegato XIV del D.leg.vo
81/2008.
La norma prevede l’obbligo di frequenza almeno nella misura del
90% dei corsi di formazione iniziale dei CSP e CSE Coordinatori
per la sicurezza durante la progettazione e durante l’esecuzione dei
lavori per i cantieri temporanei e mobili (120 ore), mentre per i corsi
di aggiornamento, anche in considerazione che l’aggiornamento
può essere distribuito nell’arco del quinquennio, la frequenza deve
essere necessariamente pari al 100% . Di conseguenza i soggetti
che avessero effettuato nel quinquennio aggiornamenti inferiori alle
40 ore previste , non potranno esercitare l’attività di coordinatore ai
sensi dell’art 98 del D.leg.vo 81/2008, fino a quando non avranno
completato l’aggiornamento stesso per l’ammontare delle ore
mancanti.
Decreto Ministero del Lavoro e Politiche Sociali 29/9/2014
(Gazzetta Ufficiale 3/10/2014 n. 230)
Nono elenco di cui al punto 3.7 dell’allegato III del decreto 11/4/2011,
dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di
cui all’art 71, comma 11, del decreto legislativo 9/4/2008 n.81,
come modificato ed integrato dal decreto legislativo 3/8/2009
n.106.
Il provvedimento reca l’elenco dei soggetti abilitati alla effettuazione delle verifiche periodiche sulle attrezzature di lavoro, l’iscrizione ha validità quinquennale.
106 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
Delib.Giunta Regionale Lombardia 10/10/2014 n.X/2489
Differimento del termine di entrata in vigore della nuova classificazione sismica del territorio approvata con d.g.r.11/7/2014 n.2129
“Aggiornamento delle zone sismiche in Regione Lombardia
(Bollettino Ufficiale S.Ord. 14/10/2014 n.42)
La delibera ha differito l’entrata in vigore dal 14/10/2014 al
14/10/2015.
Decreto Legislativo 11/11/2014 n.165
(Gazzetta Ufficiale 11/11/2014 n. 262)
Disposizioni urgenti di correzione a recenti norme in materia di
bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati e misure finanziarie
relative ad enti territoriali.
Decreto Ministero Sviluppo ed Economia 6/11/2014
(Gazzetta Ufficiale 18/11/2014 n.268)
Rimodulazione degli incentivi per la produzione di elettricità da fonti
rinnovabili diverse dal fotovoltaico spettanti ai soggetti che aderiscono all’opzione di cui all’art 1, comma 3 del decreto-legge
23/12/2013 n.145, convertito con modificazioni in Legge 21/2/2014
n.9
Il Decreto stabilisce le modalità di determinazione dei nuovi incentivi riconosciuti sull’energia elettrica prodotta dagli impianti a fonti
rinnovabili esistenti, i cui esercenti optino per la rimodulazione degli
incentivi previsti dal citato DL 145/2013. Il nuovo decreto esclude
dalle disposizioni gli impianti alimentati da fonti fotovoltaiche.
Decreto legislativo 21/11/2014 n.175
(Gazzetta Ufficiale 28/11/2014 n.277)
Semplificazione fiscale e dichiarazione dei redditi precompilata.
Principali novità:
-Modifica disciplina deducibilità delle spese di vitto e alloggio sostenute dal committente per conto del professionista;
-Parziale modifica delle dichiarazioni di successione;
-Abrogazione degli obblighi di solidarietà tributaria negli appalti
introdotti dal DL 233/2006 conv in L.246/2006 (cd. Decreto Bersani);
-Allineamento nozione di “prima casa” ai fini dell’imposta di registro( 4%) per le abitazioni classificate in categorie catastali diverse
da A1,A8 e A9;
-Accertamento e contestazione delle violazioni relative all’obbligo
di presentazione della dichiarazione o della copia dell’APE(attestato prestazione energetica) negli atti immobiliari.
Interpello Commissione Interpelli 4/11/2014 n.25
Art 12, D.leg.vo 81/2008 e successive modifiche ed integrazioni –
Risposta al quesito relativo ai costi di manutenzione degli apprestamenti.
La Commissione per gli interpelli chiarisce che nell’ambito della
stima dei costi per la sicurezza effettuata dal CSP, con riferimento
in particolare ai servizi igienici, locali per doccia, spogliatoi, refettori,
locali di riposo, dormitori, che genericamente sono ricompresi nella
voce “baraccamenti” oltre alle spese di installazione, fornitura,
trasporto, allacciamento, montaggio e smontaggio, anche le spese
per la climatizzazione e la pulizia ordinaria.
Legge 10/11/2014 n.162
(Gazzetta Ufficiale 10/11/2014 n.84/L)
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge
12/9/2014 n.132, recante misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di
processo civile.
Decreto Dir.Gen.Regione Lombardia 7/11/2014 n.10356
(Bollettino Ufficiale S.Ord. 13/11/2014 n.46)
Modifica parziale dell’allegato al d.d.g.15/3/2013 n.2365, avente
per oggetto “ Modifica parziale all’allegato alla d.g.r. 28/12/2012 n.
IX/4261 di approvazione della “Direttiva per il controllo degli scarichi degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane”.
Legge Regione Lombardia 26/11/2014 n.29
(Bollettino ufficiale Suppl.Ord 27/11/2014)
Disposizioni in materia di servizio idrico integrato. Modifiche al titolo
V della Legge Regionale 12/12/2003 n.26 (Disciplina dei servizi
locali di interesse economico generale.Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche).
Legge Regione Lombardia 26/11/2014 n.30
(Bollettino ufficiale Suppl.Ord. 27/11/2014)
Integrazioni alle Legge regionale 5/12/2008 n.31 (Testo unico delle
leggi regionali in materia di agricoltura, foreste, pesca e sviluppo
rurale).Istituzione della Banca della Terra Lombarda.
Il mondo di B. Bat.
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 107
Aggiornamento Albo
Cancellazioni dall’Albo con decorrenza 26 gennaio 2015
N. Albo
Nominativo
Luogo e data di nascita
Residenza
Motivo
988
Bellini Roberto
S. Giorgio di Nogaro (UD) 21/07/1934
25024 Leno (BS) Via Re Desiderio 22
Dimissioni
2173
Bertanzetti Antonio
Brescia (BS) 28/08/1949
25019 Sirmione (BS) Via IV Novembre 30
Dimissioni
5126
Bettinsoli Luca
Gardone V.T. (BS) 13/04/1980
25061 Bovegno (BS) Via Ca' delle Bachere 16
Dimissioni
6150
Caldera Fabio
Brescia (BS) 15/05/1986
25080 Molinetto di Mazzano (BS) Via Santi 34/d
Dimissioni
6233
Candela Maurizio
Brescia (BS) 07/07/1987
25014 Castenedolo (BS) Via Cavagnini 22
Dimissioni
5865
Cominassi Paolo
Gardone V.T. (BS) 22/09/1978
25063 Gardone V.T.(BS) Via Matteotti 348
Dimissioni
6103
Giudici Federica
Breno (BS) 20/08/1988
25040 Ceto (BS) Via Papa Giovanni XXIII 17
Dimissioni
6311
Karaj Migena
Elbasan - Albania EE 14/01/1990
25128 Brescia (BS) Via Melzi 22
Dimissioni
4475
Lazzarini Simona
Darfo (BS) 20/06/1971
25047 Darfo (BS) Via G. Cappellini 72
Dimissioni
6161
Locatelli Michele
Brescia (BS) 19/10/1986
25030 Castrezzato (BS) Via Giovanni XXIII 24
Dimissioni
5483
Rizza Simone
Desenzano (BS) 22/10/1982
25080 Soiano del Lago (BS) Via X Giornate 52
Dimissioni
Cancellazioni dall’Albo con decorrenza 23 febbraio 2015
N. Albo
Nominativo
Luogo e data di nascita
Residenza
Motivo
5744
Barbieri Giovanna
Iseo (BS) 04/04/1985
25047 Darfo (BS) Via San Rocco 9 - Erbanno
Dimissioni
6231
Becchetti Roberto
Gardone Val Trompia (BS) 27/07/1984
25065 Lumezzane (BS) Via P. Marcolini 11
Dimissioni
5919
Capra Maurizio
Brescia (BS) 14/01/1984
25064 Gussago (BS) Via Staffoli 9/D
Dimissioni
1287
Capretti Graziano
Brescia (BS) 12/01/1938
25135 Brescia (BS) Via G. Saleri 58
Dimissioni
6289
Cola Pierpaolo
Brescia (BS) 06/05/1982
25064 Gussago (BS) Via Castello di Casaglio 12
Dimissioni
6143
Ghidini Alessio
Gardone Val Trompia (BS) 19/10/1988
25065 Lumezzane (BS) Via Santa Margherita 38
Dimissioni
5054
Giannoni Alessandro
Brescia (BS) 26/10/1974
25030 Castelmella (BS) Via Monet 56
Dimissioni
6015
Letti Marco
Brescia (BS) 31/03/1978
25030 Torbole Casaglia (BS) Via Don Salvoni 13
Dimissioni
5800
Marras Daniele
Brescia (BS) 05/11/1985
25134 Brescia (BS) Via Revere 6
Dimissioni
2343
Nervi Renato
Brescia (BS) 02/03/1949
25020 Offlaga (BS) Cascina Formica 1
Dimissioni
4665
Olmi Mara
Chiari (BS) 14/09/1976
25030 Castrezzato (BS) Via Delle Robinie 23
Dimissioni
6216
Pianta Alex
Brescia (BS) 14/06/1988
25075 Nave (BS) Via Brescia 220
Dimissioni
6174
Piazza Melina Belen
Rosario - Argentina EE 03/01/1989
25069 Villa Carcina (BS) Via Scaluggia 130 - Cailina
Dimissioni
5935
Ronchi Stefano
Breno (BS) 06/01/1982
25123 Brescia (BS) Via Manara Valgimigli 27
Dimissioni
5216
Rossetti Enrico
Brescia (BS) 05/10/1982
25136 Brescia (BS) Via Del Manestro 7
Dimissioni
3124
Tognoli Aldo
Gottolengo (BS) 18/09/1957
25023 Gottolengo (BS) Cascina Alba 7
Dimissioni
3343
Tosadori Pietro
Desenzano (BS) 21/06/1961
25080 Mazzano (BS) Via San Zeno 8
Dimissioni
2346
Zanardelli Bernardo
Montichiari (BS) 13/10/1948
25087 Salò (BS) Via Fantoni 66
Dimissioni
5959
Zandolini Stefano
Chiari (BS) 06/10/1985
25030 Urago D'Oglio (BS) Via Don G. Podavitte 17
Dimissioni
108 - IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1
Iscrizioni all’Albo con decorrenza 26 gennaio 2015
N. Albo
Nominativo
Luogo e data di nascita
Residenza
6396
Pagani Alessandro
Calcinate (BG) 27/11/1970
25037 Pontoglio (BS) Via Aldo Moro 19
6397
Pesenti Serena
S Giovanni Bianco (BG) 06/08/1987
25080 Moniga Del Garda (BS) Via XXV Aprile 16
6398
Delaini Marco
Riva Garda (TN) 11/02/1985
25010 Tremosine (BS) Via della Berna Tr. II 19 - Fr. Vesio
6399
Pagliaro Gaetano
Catanzaro (CZ) 22/11/1965
25036 Palazzolo Sull’Oglio (BS) Via Gorini 25
6400
Baronio Andrea
Brescia (BS) 07/01/1988
25030 Castelmella (BS) Via Alighieri 14
6401
Baronio Mattia
Brescia (BS) 23/01/1992
25030 Trenzano (BS) Via del Giappone 21
6402
Trainini Sara
Manerbio 30/01/1989
25016 Ghedi (BS) Via Po 67
6403
Vertua Francesca
Brescia (BS) 20/05/1992
25126 Brescia (BS) Via Re Desiderio 66
6404
Angelini Alessandro
Brescia (BS) 17/01/1980
25038 Rovato (BS) Via Milano 127
6405
Avanzi Nicola
Gavardo (BS) 07/01/1990
25080 Soiano Del Lago (BS) Via Brescia 24
6406
Ballardini Diego
Lovere (BG) 22/09/1993
25040 Bienno (BS) Via Luzzana Superiore 11
6407
Bergamini Mario Ottorino
Edolo (BS) 28/04/1987
25048 Edolo (BS) Viale Derna 43
6408
Bonera Ezio
Brescia (BS) 11/05/1968
25030 Castrezzato (BS) Via Pirandello 8/1
6409
Brunelli David
Brescia (BS) 08/05/1993
25028 Verolanuova (BS) Via Luigi Semenza 28
6410
Carrera Sara
Brescia (BS) 16/03/1993
25025 Manerbio (BS) Via B. Croce 35
6411
Chini Stefano
Brescia (BS) 08/09/1982
25024 Leno (BS) Via S. Anna 20
6412
Econimo Fabio
Brescia (BS) 19/04/1990
25040 Corte Franca (BS) Via Seradina 30/G
6413
Foletti Andrea
Brescia (BS) 11/06/1989
25125 Brescia (BS) Via Belluno 4
6414
Gnali Stefano
Brescia (BS) 05/03/1993
25045 Castegnato (BS) Via Coronino 71
6415
Gustinelli Marco
Brescia (BS) 22/05/1986
25069 Villa Carcina (BS) Via Sicilia 8
6416
Maffezzoni Andrea
Brescia (BS) 15/05/1992
25050 Passirano (BS) Via S. Pellico 21
6417
Magri Nicola
Montichiari (BS) 07/10/1992
25018 Montichiari (BS) Via V. Alfieri 10/B
6418
Manella Francesco
Breno (BS) 07/02/1966
25044 Capo Ponte (BS) Via Nazionale 40
6419
Martinotti Simone
Brescia (BS) 12/11/1992
25068 Sarezzo (BS) Via G. Puccini 30
6420
Palazzolo Arnaldo
Chiari (BS) 08/09/1973
25037 Pontoglio (BS) Via Cavour 6
6421
Panteghini Diego
Esine (BS) 27/05/1993
25040 Bienno (BS) Località Dosso 8
6422
Pedretti Luisa
Brescia (BS) 30/09/1993
25040 Bienno (BS) Via Zerna 46/D
6423
Schiff Federico
Brescia (BS) 31/08/1986
25038 Rovato (BS) Via San Donato 101
6424
Signoroni Alex
Sarnico (BG) 19/06/1993
25030 Adro (BS) Via Mazzini 6
6425
Solfrini Tommaso
Brescia (BS) 27/03/1991
25065 Lumezzane (BS) Via Maronere 13
6426
Tignonsini Mauro
Darfo Boario Terme (BS) 09/09/1975
25047 Darfo Boario Terme (BS) Via G. Cappellini 132
6427
Toninelli Alessio
Montichiari (BS) 22/05/1989
25010 Remedello (BS) Via Capitano 30
6428
Tortora Pietro
Pagani (SA) 12/01/1991
25124 Brescia (BS) Via Cremona 185
Iscrizioni all’Albo con decorrenza 23 febbraio 2015
N. Albo
Nominativo
Luogo e data di nascita
Residenza
6429
D'Amico Cosimo Damiano
Maglie (LE) 10/05/1982
25016 Ghedi (BS) Via Gaifama 3
6430
Gabrieli Oscar
Manerbio (BS) 12/09/1992
25024 Leno (BS) Via Forni 20/A - Castelletto
6431
Ciccia Omar
Brescia (BS) 14/10/1987
25065 Lumezzane (BS) Via Trieste 53
IL GEOMETRA BRESCIANO 2015/1 - 109