capitolo 2. gli spazi a verde della contemporaneita

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capitolo 2. gli spazi a verde della contemporaneita
CAPITOLO 2.
GLI SPAZI A VERDE DELLA CONTEMPORANEITA'
GIARDINI. INDAGINE SUGLI SPAZI A VERDE DELLA CONTEMPORANEITÀ
2.1.
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DAI GIARDINI DEL PRINCIPE AL RECUPERO DELLE AREE
DEGRADATE
2.1.1. IL GIARDINO COME METAFORA DELLA STORIA
Attraversare la storia dei giardini conduce alla scoperta dell'universo
simbolico che da sempre li accompagna e da subito ne sostanzia sia la
forma che il significato. La nascita del giardino coincide, in senso
mitologico, con la nascita del mondo stesso; l'essere umano, creato dalla
mano divina, ebbe come prima dimora un giardino. Prima della sua
comparsa, narrano le scritture bibliche, il più perfetto ed il più completo dei
giardini era pronto ad accoglierne la presenza ed accompagnarne
l'esistenza.
La teoria cosmogonica che identifica nel giardino l'origine di ogni spazio e
di ogni forma di vita, appartiene ed accomuna le mitologie di alcune antiche
civiltà. Il "Paradiso" fu - per ebrei, indù e arabi - la primigenia abitazione
dell'essere umano, uno spazio onnicomprensivo nel quale ogni sorta di
elemento vegetale, minerale e creatura animale, non appariva disposto
casualmente sulla superficie sconfinata delle terre edeniche, manifestando
semplicemente l'abbondanza del regno della natura; la loro collocazione
configurava, al contrario, uno scenario ben preciso, la cui bellezza perfetta
ed assoluta prese la forma di un giardino.
Sradicare dal giardino il mito che lo ha manifestato, è un'operazione inutile
oltre che pericolosa: il mito, il simbolo e la metafora sono parte del suo
codice genetico, la loro assenza configura un diverso tipo di spazio, una
composizione di artificio e natura, che seppure gradevole ed armoniosa,
non è animata dalla presenza della sua particolare essenza. L'indagine
ontologica sulla figura del giardino, se da un lato appassiona filosofi e
pensatori, intrigandoli nella nostalgica ricerca di paradisi perduti e di cause
e origini a cui aggrapparsi, dall'altro pare a volte allontanare dalla
comprensione dei fenomeni che hanno tracciato l'andamento della storia
umana e che attraverso il tempo hanno formato gli attuali scenari di vita.
Un'analisi della storia dell'arte dei giardini conduce, però, ad una diversa
constatazione: lo spazio da esso definito, è stato da sempre in grado di
supportare "moli" impressionanti di significati simbolici e di riferimenti
metaforici, funzionando come medium privilegiato per l'espressione di
messaggi ed intenzioni.
Oltrepassando il non-tempo della sua origine
mitica e monistica, lo stadio successivo accoglie il giardino biforcandone
l'essenza in una duplice e speculare immagine e facendolo apparire: a volte
come un sensuale luogo di delizie e di piaceri terreni ed a volte come uno
spazio avvolgente che, nell'ostacolare il contatto con il mondo esterno,
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conduce chi lo abita all'introspezione ed alla meditazione. Queste primigenie
conformazioni, per lo più scomparse nel loro aspetto e funzioni originarie,
continuano a vivere sotto forma di schemi spaziali astratti: leggi archetipiche
di disposizione di artificio e natura, adattabili alle nuove esigenze di
espressione e di modi di percepire la realtà trasformata.
Nella successiva evoluzione (di natura non strettamente temporale), il
giardino attraversa forze che ne dissacrano e dunque disperdono l'immagine
duplice, costruita sulla semplicità apparente di principi
opposti e
complementari e lo spingono ad addentrarsi in territori meno tersi, più
complessi e compromessi.
Accompagnando l'essere umano nella sua scelta di conoscere le cose del
mondo, il giardino si fa carico di esprimerne le ambizioni; l'originaria
innocenza ormai (per entrambi) perduta travolge anche la sua essenza; da
ora in poi le invenzioni e le corruzioni del mondo lo invadranno e ne
foggeranno l'aspetto.
"Difficilmente le istituzioni ed i poteri di una società si riflettono e prendono
reale consistenza in un'architettura come nel giardino. Qui, più che
altrove, proprio perché luogo ludico e festivo, libera espressione, opera
d'arte. Ma è interessante notare che grazie al suo apparire pura
sovrastruttura, il giardino individua tradizionalmente una proiezione
particolare dell'immaginario collettivo. Il giardino è una dimensione che
sperimenta in ogni momento storico, con forte anticipazione, tecniche,
conoscenze, rappresentazioni sociali. In ogni civiltà il giardino è un
laboratorio di pensiero che previene e accelera la concezione insediativa
stessa del proprio tempo. (...) Durante tutto il corso della storia il giardino
riproduce in fondo un modello di città ideale in microcosmo: la sua
iconologia, meno ingombra di utilità strumentali e dirette di quella di altre
forme dell'architettura, sperimenta da sempre una tensione massima di
ambiguità e complessità". (F. Zagari, 1988)1
La capacità del giardino di inglobare in sé valori, intenzioni e messaggi e di
proiettarne al di fuori l'immagine formalmente figurata, è stata una virtù
chiaramente intuita ed abbondantemente applicata nel corso della storia di
diverse civiltà. In modo ancor più efficiente degli edifici e dei sontuosi
palazzi, i parchi, i giardini ed i paesaggi hanno dimostrato un'efficacia
strategica eccezionale nel manifestare ed esteriorizzare il potere politico ed
economico delle classi dirigenti di ogni epoca, amplificandone - a volte a
dismisura - la più o meno apparente munificenza ed opulenza. Nell'articolo
di Dušan Ogrin: "Paesaggio urbano: una teoria strutturale tra derivazioni
naturalistiche e concetti socio-culturali", egli racconta dell'esteso uso - fatto
dalla storia - del giardino come macchina retorica, come marchio nel quale
riassumere la propria immagine, idealizzata, rifinita , spesso ingigantita:
"Nessun caso riesce a illustrare meglio la disponibilità dei committenti
come la storia di Vaux-Le-Vicomte e di Versailles. Quando l'abile uomo di
1 Franco Zagari (1988) L'architettura del giardino contemporaneo, Mondadori - De Luca, Milano,
pp. 9 - 11
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stato Fouquet incaricò Le Nôtre, Le Vau e Le Brun di progettare e costruire
un palazzo con giardino, la società francese fu colpita dal risultato. Il parco
era tracciato in modo tanto splendido da oscurare quello del Re stesso.
Secondo il linguaggio dei simboli spaziali il messaggio era: la priorità
sociale in Francia appartiene al possessore del più bel parco della
regione. (...) E' perciò comprensibile perché il re licenziò il suo ministro
delle finanze e lo fece imprigionare (...) e fu costretto a proseguire oltre ed
a commissionare un altro lavoro dello stesso genere utilizzando gli stessi
tre artisti. Senza Voux si può dire che Versailles non sarebbe mai esistita".
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Non vi è dubbio che Versailles rappresenti un caso limite di espressione
esteriorizzata di una volontà di dominio e potere, esercitata non solo sui
propri simili e su altri popoli, ma sul regno della natura al completo e
sull'universo intero. La necessità e la possibilità di affermare attraverso
simboli e icone il proprio status sociale materializzandolo nella forma di un
giardino, sicuramente rappresenta una delle cause essenziali che segna la
costruzione della stragrande maggioranza dei giardini privati realizzati nella
storia. Mantenendoci all'interno di un'analisi socio-culturale, piuttosto che
estetico-formale, ciò che varia tra di essi è il grado di imposizionemanipolazione a cui il sito prescelto era assoggettato ed il livello di potenza
a cui la macchina retorica era spinta in esibizioni più o meno appariscenti.
All'interno dei rigidi confini imposti alla libertà di espressione dalle
sovrastanti esigenze di rappresentazione e celebrazione, l'arte dei giardini
trova terreno fertile per esprimere la sua immensa potenzialità, sbizzarrirsi
nel far variare ogni elemento compositivo e sfruttare al meglio l'abbondanza
di mezzi che la ricca committenza metteva a disposizione dei fautori di
quest'arte. Le richieste della committenza e la griglia dei valori sociali di
natura pseudo-religiosa, imponevano limiti e barriere che l'arte dei giardini come del resto ogni altra forma d'arte - fu in grado in molti casi di sfruttare e
trascendere, raggiungendo, ciò nonostante, un'autonomia di linguaggio e di
intenzioni.
Il giardino ed il parco rimasero per moltissimo tempo - con le dovute
eccezioni - oggetto del godimento di una ristretta élite sociale; la grande arte
dei giardini "limitò" il proprio operato a territori che, anche se
apparentemente s-confinati mantenevano sempre un'impermeabilità
assoluta alle interferenze esterne, ad un uso-godimento più esteso e meno
elitario. Solo casi sporadici di magnanimità calcolata, dissolvevano per brevi
istanti le barriere del privilegio, concedendo l'ingresso ai parchi durante:
feste pubbliche, cerimonie ed eventi straordinari.
Nell'aderire fedelmente agli stravolgimenti sociali, il giardino trasfigura il suo
aspetto, il suo senso, la sua destinazione.
Un nuovo assetto, destrutturato dai rigidi canoni barocchi, si dilatò in seguito,
nelle fogge "naturaliformi" del giardino paesaggistico all'inglese. La
2 Dusan Ogrin (1988) "Paesaggio urbano: una teoria strutturale tra derivazioni naturalistiche e
concetti socio-culturali" in Franco Giorgetta (a cura di) Natura e progetto del parco
contemporaneo, Clup edizioni, Milano, pp. 37 - 43
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scomparsa apparente del confine, la dissoluzione delle geometrie astratte,
di assi fisici privilegiati, di opposizioni, simmetrie e specularità, fu sostituita
in parte o completamente da nuovi schemi sostanziati da strutture materiali
meno evidenti e invadenti e per questo - forse - più pervasive. I confini
infossati, permisero di mantenere e realizzare una continuità percettiva con la
campagna circostante dissolvendo il parco paesaggistico nel suo intorno. I
sinuosi percorsi fisici dei selciati furono sottomessi all'invisibile trama dei
tracciati principali: una gamma gerarchizzata di rettilinei assi visuali,
configurò i nuovi modi di appropriazione del territorio. I canoni della nuova
scuola di arte del giardino soppiantarono le forme geometriche del barocco
e con esse i simboli ideati per sostenere l'immagine delle élite nobiliari
delle corti feudali. I rappresentanti del potere progressista della classe
borghese e dell'aristocrazia finanziaria, accostarono alla propria ascesa la
formazione di un nuovo linguaggio formale dei giardini; la struttura
compositiva e spaziale della grande scuola inglese del "paesaggio" sviluppatasi dalla fine del '600 e per tutto il '700 - trovò, nell'Ottocento, un
nuovo terreno di approdo negli spazi delle nascenti metropoli, la cui struttura
dinamica, caotica e vitale, era la perfetta incarnazione dei processi sociali
da essi innescati e dei principi da essi incarnati.
"Al di là dei suoi innegabili intenti igienici, morali, politici e economici , il
parco centrale dell'Ottocento si presenta anche come una possente
metafora: quella della grande città, luogo della circolazione per eccellenza,
circuito intricato e coloratissimo di mille flussi". (G. Teyssot, 1988) 3
Le inimmaginabili trasformazioni innescate dalla rivoluzione industriale, a
partire dalla sua fase più iniziale, coinvolsero la fisionomia sensibile del
giardino, il quale non tardò ad allinearsi con le nuove esigenze espresse
dalla nascente civiltà industriale: le barriere ed i confini che da secoli lo
delimitavano e ne proteggevano la preziosa trama, furono in poco tempo
smantellati.
Accanto ai luoghi del privilegio, un nuovo genere di
combinazione di natura e artificio prese posto nello spazio urbano ad esso
strategicamente assegnato.
"Fu il XIX secolo il promotore dell'idea di parco, la cui apparizione significò
da un lato la liberalizzazione della vita sociale e dall'altro la
rappresentazione simbolica della borghesia. (...) i parchi furono il
paesaggio creato dall'uomo per un uso pubblico. Le prime creazioni
avevano tutte un unico scopo, ossia quello di fornire un intorno per i centri
di potere sociale. (...) La loro più grande innovazione è di aver offerto ai
semplici cittadini e alla classe lavoratrice ciò che era, fino a allora, un
esclusivo privilegio della nobiltà". (D. Ogrin, 1988) 4
3 George Teyssot (1988) Il parco pubblico in occidente: aspetti storici e paradossali, in Franco
Giorgetta (a cura di) Natura e progetto del parco contemporaneo, Clup edizioni, Milano, pp.59 - 64
4 Nota 2, Ibidem, p. 42
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2.1.2. DA GIARDINO DELLE DELIZIE AD AREA A VERDE
"STANDARDIZZATA"
Il periodo successivo al secondo conflitto mondiale, caratterizzato dalla
rapida e necessaria ricostruzione delle città e delle grandi infrastrutture, dal
riassestamento della struttura produttiva industriale ed agricola, hanno
determinato una ri-configurazione complessiva della società occidentale che
non ha uguali nella storia della civiltà umana sia per la velocità che per
l'estensione qualitativa e quantitativa degli effetti attivati. L'ambiente, il
paesaggio ed il territorio, intesi come risorse "appropriabili" ed
"inesauribili", iniziarono ad accumulare le malformazioni scatenate dalle
azioni di una società incurante (intenta a godere dei doni del benessere
diffuso) e di quelle di individui slegati dal territorio di origine che preservava
per essi il contatto con il "naturale" e proiettati in un'amalgama urbana
scoordinata dal senso dello spazio e del tempo. All'interno degli ambiti
relegati dei giardini privati "moderni" più o meno vasti, si riproducevano i
nostalgici rituali di tempi ormai passati. L'entità spaziale del giardino,
scollegata dal flusso vitale della società, dalle sue nuove necessità, miti e
direzioni, non riusciva ad esserne alimentata; la riproposizione di stili
decaduti, accostati e accorpati in assemblaggi di pezzi tipologici da
catalogo, contraddistinse buona parte della produzione dell'architettura dei
giardini del Novecento.
Nel progetto del giardino privato - in misura superiore rispetto alle altre
tipologie funzionali - a causa della maggiore libertà di azione e di
espressione e talvolta di disponibilità di mezzi economici a cui la pratica
dell'arte può accedere, la crisi della ricerca estetica si fa sentire in modo
particolare; senza il sostegno di priorità, urgenze e necessità, i limiti alla
creazione artistica si disperdono ed i meccanismi di funzionamento
simbolico e di rappresentazione metaforica non possono essere attivati.
Anche la pratica contemporanea dell'architettura del paesaggio,
nell'affrontare il campo-libero del progetto del giardino privato, cade di
frequente in esiti meramente decorativi, come hanno sostenuto in una
recente intervista i due paesaggisti francesi Michel Desvigne e Christine
Dalnoky:
"Mentre esiste una netta distinzione fra architettura e decorazione
borghese, o fra creazione contemporanea e "pastiche" storicistico, nel
caso del giardino, punti di riferimento e buon senso vengono
improvvisamente a mancare".5
E' l'iniziativa delle pubbliche amministrazioni cittadine che, sul fronte
dell'urgenza e della necessità, tenta di elaborare - attraverso la realizzazione
5 Michel Desvigne e Christine Dalnoky (1995) Trasformazioni indotte, in "Lotus", n. 87, 1995, p.
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di parchi pubblici e più in generale di "aree a verde" - delle soluzioni alle
questioni opprimenti dell'amalgama urbana. La perdita di controllo sulla
densità edilizia, le alterazioni preoccupanti dei livelli di igiene e salubrità
dell'ambiente cittadino, nonché il palesarsi di tensioni sociali
pericolosamente accumulate nel "tempo libero" del "dopolavoro", spiegano
- nei casi più fortunati - il moltiplicarsi di parchi e giardini all'interno della città
(alla quale storicamente non avevano quasi mai appartenuto) o il diffondersi
di studi sul senso e la funzione del "verde urbano". Completamente
deprivato dalle valenze formali e simboliche che ne caratterizzavano la
complessa tradizione storica, il giardino si trasforma in "verde", "verde
pubblico", "area a verde" e diviene un anonimo tassello di spazio riferito ad
astratti criteri di equità sociale, basato su standard quantitativi e calcoli di
distribuzioni proporzionali pro-capite di porzioni di superficie con diversa
funzione.
Anche in questo tipo di contesto, il giardino - in fase di dissolvimento - si fa
metafora della relazione tra essere umano e natura. La sua nuova funzione di
luogo per la ri-creazione di massa ne determina la forma:
"Le tipologie del "verde" differiscono per gradiente di estensione, il
giardinetto e il parco territoriale mimano il giardino inglese: sul "green" qua
e là armonici gruppetti di essenze. Chissà perché questo stile piovoso è
uscito vincitore; forse la manutenzione impiega meno manodopera". (S.
Bonfiglioli, 1988) 6
Queste versioni impoverite e così diffuse del giardino paesaggistico
all'inglese - dal quale sono prelevati alcuni superficiali caratteri di
disposizione spaziale - in molti casi appaiono più simili a spianate aperte
per le ore d'aria programmata, che a creazioni formali di architettura per
valorizzare il paesaggio e l'ambiente delle città.
All'interno del vasto panorama mondiale, nel solco comune tracciato dalla
fase di decadenza del ruolo simbolico e del valore formale del giardino,
alcune iniziative di polo opposto, si distinguono ed emergono isolate come
esperienze pioniere. La sperimentazione artistica condotta da alcuni artisti
e architetti intorno alla metà degli anni '50, fornisce nuovo nutrimento alla
pratica progettuale del disegno del giardino. Nei territori d'oltre oceano,
dell'America del Sud e degli Stati Uniti le figure-chiave di Luis Barragàn,
Roberto Burle Marx e Isamu Noguchi avviano, con modi e intenzioni assai
diversi, un lento processo di rianimazione dell'arte dei giardini e del
paesaggio.
Nutriti dalla cultura europea e dalla corrente vivificante dell'arte moderna,
essi hanno saputo fondere nel loro lavoro la tradizione "Occidentale" e quella
locale con una libertà ed un "distacco" che poteva appartenere, allora, solo ai
popoli del "Nuovo Mondo".
Una sorta di candida ingenuità spinse Barragàn ad intraprendere, all'insegna
della difesa dell'arte del giardino, operazioni impegnative di pianificazione di
vaste aree residenziali, concepite come veri e propri "Paradisi", luoghi
6 Sandra Bonfiglioli (1988) Il giardino e la morfogenesi del tempo, in Franco Giorgetta (a cura di)
Natura e progetto del parco contemporaneo, Clup edizioni, Milano, p. 33
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privilegiati di armonia ed equilibrio sociale, oasi di pace poste in
opposizione all'urbanizzazione dilagante ed incontenibile di Città del
Messico. (Vedi scheda) La sua scelta di rifiuto degli evidenti fenomeni di
trasformazione del territorio innescati dalla società moderna, lo conduce a
subire profonde delusioni personali. Il sogno di ri-creare un giardino edenico
abitato da una popolazione ideale, progettato in opposizione alle forme e
alle abitudini della società di massa, non può trovare spazio e riscontro
nell'espansione inarrestabile della megalopoli sudamericana. Nell'opera di
Barragàn il giardino è elevato a tipologia di importanza fondamentale
dell'architettura e dell'urbanistica; egli affida ad esso nientemeno che il ruolo
di strumento redentore e purificatore della nascente società di massa. Il suo
fu - più precisamente - un tentativo di ri-attivare la funzione strategica del
giardino ed il suo potenziale simbolico di agente trasformatore. Il reale
contesto sociale dell'epoca, di cui il giardino era un sensibile termometro,
non fu però in grado di sostenere la farsa di questa utopica operazione. Il
rilevante contributo di Barragàn permane nelle forme dei suoi preziosi
giardini, che nel silenzio del tempo hanno saputo influenzare generazioni di
architetti e artisti.
Le operazioni artistiche di Isamu Noguchi e Roberto Burle Marx si integrano
più profondamente con il contesto sociale e con le forme dei nuovi paesaggi
urbani. Anche nel loro lavoro si riscontra la lotta costante nel mantenere in
vita il fragile connubio tra accettazione delle trasformazioni in atto e nostalgia
per le tradizioni dei loro popoli di origine; per le culture: giapponese e
sudamericana, entrambe in pericolo di estinzione.
In Roberto Burle Marx il surrealismo diventa un modo di prendere atto del
sovrapporsi delle realtà della civiltà moderna, della cultura indigena e
dell'Amazzonia selvaggia. L'artista brasiliano - formatosi come pittore dopo
gli studi in Germania - unisce al lavoro artistico di esponente del movimento
moderno, la consapevolezza dell'immensa ricchezza del patrimonio culturale
e naturale della sua terra d'origine e dell'urgenza di preservarla e
valorizzarla. Le eccezionali conoscenze di biologia e di botanica a sua
disposizione, sono state trasformate da Roberto Burle Marx in strumenti per
realizzare i famosi ed ineguagliabili "dipinti vegetali".
L'esigenza di preservare la cultura d'origine per innestarla in modo creativo
sul moto del movimento moderno, si esprime anche nel lavoro di Isamu
Noguchi, che, in quanto figlio di una scrittrice americana e di un poeta
giapponese, conteneva potenzialmente in sé i germi delle due opposte
culture. Ed è esattamente una sintesi, quella che Noguchi tenta di realizzare
attraverso i lavori di manipolazione scultorea della superficie degli spazi
aperti delle grandi metropoli americane, giapponesi e di altre nazioni del
mondo. Il suo intervento, agisce sulla superficie del terreno, lavorandola
come se si trattasse di una massa di creta. Gli spazi aperti ritagliati tra le
sagome dei grattacieli americani, già deprivati di qualsiasi originaria
caratteristica geomorfologica, si rivelano il supporto "neutrale" adatto ad
ospitare il suo lavoro scultoreo. Le qualità di sintesi e l'essenzialità dell'arte
dei giardini giapponesi si esprime, attraverso il lavoro di Noguchi, in forme
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totalmente rinnovate, ma pur sempre riconoscibili, adatte a farsi paesaggio
astratto tra gli spazi liberi delle moderne metropoli americane.
Appartiene al primo decennio successivo la metà del XX secolo, la
riscoperta dell'utilità strategica del giardino come macchina retorica. I nuovi
impersonali rappresentanti delle moderne élite sociali: le grandi società
multinazionali, le importanti istituzioni culturali, in accordo ed a volte in
simbiosi con le istituzioni dei pubblici poteri, si accorgono delle potenzialità
simboliche che il disegno di giardini abbinati alle sedi rappresentative delle
proprie istituzioni, possono generare nel pubblico delle grandi città. Tra i
numerosi esempi che possono essere citati, va ricordato il parco costruito
tra il 1961 e il 1968 per il Museo di Oakland, in California, progettato dagli
architetti Kevin Roche e John Dinkeloo, in collaborazione con il famoso
paesaggista Dan Kiley. Il sistema museo-giardini è concepito in modo
unitario e compenetrante. L'edificio è suddiviso in diversi avancorpi, sfalsati
in terrazze gradonate, realizzate in modo che la copertura dell'una diventi la
terrazza dell'altra. Lo spazio aperto funziona in realtà come un vero parco
pubblico. Pur essendo racchiuso da muri, esso si mantiene formalmente
accogliente ed invitante, aperto nei confronti della città a cui desidera
annettersi. A proposito del progetto per l'Oakland Museum, Franco Zagari
sostiene:
"Con questa esperienza si inizia una tendenza, oggi molto diffusa in
America, delle grandi istituzioni pubbliche e private ad adottare come
"transfert", uno spazio di relazione con la città nel quale riassumere
interamente la propria immagine" 7
Nel caso dei progetti per l'Oakland Museum, per la Ford Foundation di New
York realizzata nel tra il '63 e il '68 dagli stessi architetti o ancora per il
Palazzo di giustizia di Vancouver dell'architetto canadese Arthur Erikson,
costruito nel 1973, il progetto dei giardini è concepito come un complesso
sistema paesaggistico, che realizza, attraverso l'esibizione per proprio
potere economico e culturale, un servizio di riqualificazione paesaggistica di
vaste porzioni di città, confondendo la natura giuridica privata della superficie
a parco, con la funzione pubblica di spazio aperto sulla e per la città.
La proiezione simbolica del potere segue però, in altri casi, sviluppi
formalizzati di natura e intenzione diversa. Ne è un esempio la Hall
disegnata dallo studio Araki di Osaka per il Osaka Royal Hotel. In questo
caso il giardino è uno scenario privato, ricostruito perfettamente in ogni
dettaglio e posto "sotto vetro". Oltre la grande vetrata sulla quale si affaccia
la sala d'onore del Royal Hotel di Osaka, una parete verticale è stata
trasformata in una scena "naturale" ri-costruita con rocce, muschi, felci e
corredata con un'imponente cascata d'acqua. La parete - in realtà il muro di
contenimento del parcheggio soprastante - funziona come un vero e proprio
trompe-l'oeil che "sfonda" il contrafforte reale del parcheggio con l'utilizzo
della tecnica illusionistica della perfetta riproduzione e ricostruzione di un
immaginario dirupo muschioso immerso nella foresta pluviale. Un grande
7 Franco Zagari (1988) L'architettura del giardino contemporaneo, Mondadori - De Luca, Milano,
p.132
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impiego di mezzi e tecnologia sono qui impiegati, per ri-creare uno scenario
tascabile, di efficace e rapido godimento, un paesaggio assolutamente
artificiale adatto ad essere "consumato" nelle brevi soste di riposo dei
dirigenti giapponesi nella Hall dell'hotel.
Una realizzazione di natura simile, ma ancor più amplificata nelle proporzioni
e nelle dimensioni, è costituita dal progetto - assai criticato - per il giardino
della Bibliothèque Nationale de France di Parigi, costruita nel 1995 dagli
architetti francesi Dominique Perrault e Gaëlle Lauriot-Provost. Il vasto lotto
rettangolare è delimitato ai quattro angoli da altrettanti altissimi edifici, che
come severe sentinelle, controllano lo spazio sottostante da essi confinato.
L'area del giardino interno, anch'essa rettangolare e infossata al di sotto del
livello stradale, è stata trasformata dai due architetti in una sorta di foresta di
pini silvestri, nel tentativo di riprodurre la fisionomia dei boschi che ricoprono
le terre de l'Île-de-France. Il trapianto forzato di esemplari adulti di pini, il loro
difficilissimo adattamento nel suolo e nell'ambiente della metropoli francese,
appesantito da un corredo decorativo fatto di tronchi di albero adagiati sul
terreno ad imitarne la recente caduta e una vegetazione diffusa di muschi e
felci disposti in perfetta imitazione delle foreste primarie, rendono
l'operazione una forzatura particolarmente ardua ed inquietante. Il giardino
può essere solo guardato oltre le finestre del grande edificio e mai
penetrato. Il progetto potrebbe essere letto come una versione trasfigurata
contemporanea degli antichi hortus conclusus o dei chiostri monastici
medioevali, di "giardini", cioè, da contemplare dall'esterno e mai da vivere
dall'interno. A causa, però, della natura e della funzione del sito, simbolo e
sede della più grande istituzione culturale di Francia, l'immagine simbolica
attivata è di forte chiusura, di impedimento di un uso pubblico e di forzatura
estrema, quasi violenta, di una porzione di natura.
Il paesaggista francese Christophe Girot, facendo riferimento al progetto
della Biblioteca Nazionale di Francia nel discorso tenuto a Barcellona
durante la prima Biennale del paesaggio del 1999, descrive gli aspetti
negativi della fisionomia degli attuali ambienti di vita, caratterizzati da un
stato di separazione e isolamento tra oggetti architettonici, città e
paesaggio:
"La radice del problema consiste, non tanto nel paesaggio, che tendiamo
oggigiorno ad ignorare, ma piuttosto nella crescente limitazione
dell'oggetto architettonico che si rinchiude su di sé, in quanto vittima
dell'agglomerazione della città e che si concentra sull'immagine di se
stesso piuttosto che su quella che riceve dal mondo. La Biblioteca
Nazionale di Francia è uno degli esempi più evidenti di questo genere di
architettura introspettiva, la quale, anche se trasparente, è soprattutto autoreferenziale e separata dal mondo che la circonda. E' un'architettura per la
quale il paesaggio è un'installazione esotica di piante di terre lontane.
Essa non ha alcuna relazione con il sito; ad esempio il suo giardino
infossato, formato da un esotica composizione di essenze legnose
provenienti dal Brasile e dall'Africa, è completamente chiuso all'orizzonte.
Il paesaggio di questo edificio non "paga" nessun pedaggio ai quartieri
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circostanti ed al fiume che scorre nei pressi di esso. Cosa ci fa una cava di
foresta di pini, trapiantati da Les Landes, nel centro di una biblioteca di
Parigi? Essa è l'immagine di una "natura naturalizzata", per usare le parole
di Bachelard, una porzione di paesaggio sacro ed intoccabile, avidamente
bramato dagli spiriti viziati della città".8
L'osservazione fatta da Christophe Girot al giardino e all'architettura della
Biblioteca Nazionale di Francia, è - nei fatti - una critica estesa ad un
atteggiamento diffuso, per non dire totalizzante, di autismo ed isolamento
reciproco che caratterizza i modi e le tecniche moderne e contemporanee di
concepire la relazione tra gli edifici e le parti di città, tra i "vuoti" da essi
lasciati ed il più ampio paesaggio circostante, ma è soprattutto una critica
all'incapacità di re-inventare un paesaggio formato dall'unione di queste
diverse parti, di forgiare uno scenario urbano complessivo, percepibile
globalmente come un tutto organico, interrelato percettivamente e
scenograficamente.
Il giardino, anche nella sua versione archetipica di spazio chiuso e
segregato, non può ignorare completamente l'esistenza del mondo esterno,
lo deve accogliere, se non altro, per negarlo ed escluderlo. Sospendere
completamente la relazione: giardino - paesaggio (urbano o "naturale" che
sia), porta ad un sicuro progressivo isterilimento di entrambe le componenti:
il giardino non può più nutrirsi degli stimoli che il suo contesto gli offre (sia
per rifiutarli che per accoglierli) ed il paesaggio, che rimane frammentato in
mille episodi sconnessi si avvia ad un inevitabile processo di entropia
negativa di disgregazione e dissoluzione.
8 Christophe Girot (1999) Towards a general theory of landscape, in AA.VV. Refer paisatges -
Remaking landscapes. Catalogue of the 1st Biennal on landscape, 1999, Fundaciò Caixa
d'Arquitectes, Barcellona, pp. 86 - 93
GIARDINI. INDAGINE SUGLI SPAZI A VERDE DELLA CONTEMPORANEITÀ
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2.1.3. NUOVI SCENARI: I RESIDUI DELLA "GRANDE
TRASFORMAZIONE"
Da una boscosa altura con vista panoramica, il "Principe", accompagnato
da uno stuolo di esperti di botanica, ingegneria idraulica, architettura,
scultura e pittura, scenografia teatrale, orticoltura e floricultura, delimitava con un semplice gesto della mano - la porzione di terreno prescelta per
ospitare la sua regale magione. All'interno dello spazio sconfinato delle sue
terre, un ritaglio di paesaggio selezionato per le rilevanti qualità morfologiche
e per la sua collocazione strategica e dominante rispetto al circostante
territorio, veniva - secondo il suo volere - trasformato in un sontuoso
complesso di arte e natura. Ogni risorsa e conoscenza disponibili erano
convogliate verso un unico scopo: dimostrare la potenza e la regalità del
"Principe" attraverso le più alte espressioni dell'arte, dell'arte del giardino e
dell'architettura.
Nella nuova epoca della civiltà post-industriale - anche nel caso che ad
esprimere una simile volontà sia un rappresentante contemporaneo della
figura del "Principe" - questa incredibile libertà di azione e di espressione
pare difficilmente praticabile. Se l'organizzazione centrale di una grande
società multinazionale può decidere - se lo ritiene necessario - di costruire la
sede rappresentativa della sua impresa, in qualche isola o deserto sperduto
e sconfinato ed impossessarsi di quello spazio nei modi che solo i principi
di altri tempi si potevano permettere, nella realtà e maggioranza dei casi, le
necessità di vicinanza alle infrastrutture, ai servizi ed ai centri di potere delle
grandi città, obbligherà lo "sventurato" principe, a confrontarsi con la
limitatezza dei territori e soprattutto con gli scenari alterati dalla massiccia
presenza della civiltà contemporanea.
Lo "spazio" del giardino, oggi, difficilmente può essere prescelto, sfogliando
e scartando tra le infinite possibilità di collocazione, quella più adatta e più
virtuosa. Una sorte, quest'ultima, che accomuna il progetto del giardino a
quello dell'architettura, anche se - nella realtà della pratica urbanistica - la
prima tipologia, assai spesso, si deve accontentare dei sotto-spazi già
abbondantemente scartati dalle scelte localizzative degli oggetti
architettonici.
Del resto, la crisi del significato e dell'efficacia funzionale di entrambe le
tipologie, è legata al mancato o perduto dialogo che dovrebbe intercorrere
tra di esse e dunque all'impossibilità di convogliare gli sforzi di entrambe per
realizzare: " (...) quella sintesi progettuale che simultaneamente opera gli
spazi costruiti, gli spazi aperti e gli spazi di relazione secondo una
necessaria, indissolubile e complessa strutturalità". (S. Crotti, 1988) 9
Quali sono gli spazi che i moderni organi di potere possono oggi manipolare
e trasformare? Che aspetto hanno i territori sui quali gli odierni architetti ed
artisti del giardino e del paesaggio si trovano ad operare? Ovviamente il
9 Sergio Crotti (1988) Natura dell'artificio urbano, in Franco Giorgetta (a cura di) Natura e
progetto del parco contemporaneo, Clup, Milano, p. 22
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paesaggio ed il territorio di oggi - rispetto a quei tempi lontani - si sono
molto trasformati, non solo, essi sono spesso diventati irriconoscibili.
Oltrepassando la descrizione dei modi e dei conseguenti effetti con i quali la
civiltà industriale ha operato sul territorio-ambiente-paesaggio (descrizione,
in parte, già affrontata nel primo capitolo), è piuttosto agli scenari
contemporanei, definiti "Post-Industriali", che l'attenzione si deve ora
rivolgere.
"L'attuale fase di transizione produttiva (...) sta portando ad una violenta
ristrutturazione socio-economica, a una rivoluzione nel mercato del lavoro,
a una trasformazione delle strutture e dei rapporti sociali, a mutamenti
anche radicali nei modi di vita, a fenomeni apparentemente contraddittori
di staticità/mobilità sociale, a una ridistribuzione della ricchezza secondo un
"trend" che prospetta sempre maggiori divaricazioni tra fasce sociali alte e
basse, tra "nord" e "sud", tra aree sviluppate e depresse. Queste
fenomenologie, che non hanno la presunzione di esaurire il quadro del
cambiamento, stanno comportando un massiccio indotto nelle modalità di
uso e organizzazione del territorio con già eloquenti modificazioni di
carattere ambientale".(P. Caputo, F. Giorgetta, 1988)10
L'epoca attuale, variamente definita: "tardo capitalismo", "post-industriale" o
ancora ", società dell'informazione", ci prospetta un'infinita gamma di nuovi
scenari; sono gli scenari formati dall'estremo sussulto della società
industriale; di alcuni di essi è stato previsto in anticipo il percorso di sviluppo,
al contrario, molti nuovi scenari hanno eluso ogni previsione: il loro attuale
assetto costituisce una "sorpresa" da affrontare con urgenza.
Tra essi è possibile identificare alcuni "raggruppamenti tipologici"; essi non
sono consolidati e chiaramente definiti nella loro composizione e
significazione; la fase di transizione che li ha generati ne contraddistingue al
contempo la natura, che è per l'appunto una natura mutevole, non "fissabile"
in una immagine precisa e definitiva, già proiettata ad affrontare il proprio
nuovo aspetto e la propria nuova funzione.
GLI SPAZI DELLA PRODUZIONE
Tra le più evidenti e profonde trasformazioni dei nostri paesaggi, vi sono
quelle determinate dalla ristrutturazione dei sistemi produttivi che ha
comportato grandi ed a volte gravi conseguenze sull'assetto degli spazi
della produzione, con il conseguente svuotamento funzionale di intere aree e
di vasti territori collocati sia all'interno delle grandi città, sia in territori
periferici o isolati. Questi "paesaggi dell'abbandono" o "luoghi scartati",
sono in gran parte una conseguenza della crescente globalizzazione dei
mercati, della transizione da una società impostata sulla produzione
industriale ad una più orientata verso la produzione di servizi e di "beni
immateriali". Questi luoghi, a volte inseriti in territori estensivamente
urbanizzati, devono re-inventarsi un nuovo ruolo. Oltre allo spettacolo di un
10 Paolo Caputo, Franco Giorgetta (1988) Disegno della città e ruolo del "Verde", in F. Giorgetta (a
cura di) Natura e progetto del parco contemporaneo, Clup, Milano, p. 10
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paesaggio di rovine e di relitti - che in parte supporta un rinnovato spirito
romantico e il gusto per il pittoresco post-industriale - l'elemento critico è
piuttosto rappresentato dalla profonda crisi di identità, che una società
forgiata dalla monocultura della produzione, si trova ad affrontare. Qualsiasi
azione di recupero dovrà - dunque - prendere in considerazione, oltre alla
eventuale rifunzionalizzazione dei reperti dell'epoca industriale e alla
necessaria decontaminazione dell'acqua e dei terreni inquinati, anche il
progetto per la riconfigurazione di una nuova identità per le società locali e
per la struttura economica residua, attraverso l'ideazione di un'immagine
forte e caratterizzante; un compito - quest'ultimo - in buona parte affidabile
alla potenzialità di ri-significazione e di ri-attivazione del meccanismo
simbolico, messa in moto dal disegno del paesaggio.
GLI SPAZI DELLE RETI INFRASTRUTTURALI
Questa categoria di "luoghi scartati" è strettamente collegata alla
problematica dell'abbandono degli spazi della produzione. Il loro sistema
reticolare o lineare, era fisicamente annesso e funzionale allo svolgimento
della pratica produttiva industriale o di altra natura. E' il caso per esempio
delle tratte ferroviarie dismesse, delle antiche percorrenze che sono cadute
in disuso, o ancora dei grandi sistemi di regolazione delle acque e dei canali
o fiumi navigabili, con relativi porti, un tempo attraversati dalle chiatte per il
trasporto delle merci. Anche le reti delle strade minori, rese obsolete dalla
realizzazione delle autostrade o superstrade, sono coinvolte da questo
processo di decadimento funzionale. Purtroppo, per esse, molto spesso è
già stata decisa la nuova funzione, che le ha trasformate in quelle sfarzose
strade mercato costituite da una sequenza di facciate posticcie luccicanti,
dai colori stridenti e super vivaci, simboli pacchiani e inquietanti di una
nuova organizzazione del territorio.
GLI SPAZI DELL'AGRICOLTURA
I paesaggi agrari stanno perdendo - a volte irrimediabilmente - la loro
tradizionale fisionomia, forgiata dal durissimo lavoro degli agricoltori del
passato, dal loro meticoloso recupero di ogni scosceso pendio, nelle zone di
montagna o di alta collina. Le fattezze di questo paesaggio, la sua texture e
cromaticità, il suo rapportarsi con gli ecosistemi naturali confinanti, sono
qualità molto spesso in pericolo di estinzione. E' impossibile cristallizzare
l'immagine del paesaggio agrario, quando esso ha mutato e sta mutando la
sua struttura fondamentale e cioè i modi e le tecniche di coltivazione e di
produzione dei prodotti della terra e dell'allevamento. Le sempre più diffuse
tecnologie agricole basate sulla coltivazione intensiva monocolturale,
richiedono condizioni di suolo e clima sempre più uniformi e livellate
possibili: la semplificazione massima degli ordinamenti colturali è supportata
da un "substrato" semi-artificiale, spinto ad un'altissima e innaturale resa
produttiva, la quale - molto spesso - per ragioni di "globalizzazione" e di
accordi comunitari, deve essere distrutta, in quanto materialmente non
assorbite del mercato dei consumatori. Probabilmente gli agricoltori del
futuro saranno chiamati a diventare produttori di servizi, anche di natura
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sociale e culturale, legati alla conservazione della natura e del paesaggio.
La politica attiva della difesa del suolo passa attraverso il lavoro di questa
fondamentale categoria dei produttori di beni essenziali per la vita degli
esseri umani. Alcuni innovativi progetti di parchi agricoli includono la viva
partecipazione della categoria degli agricoltori, per difendere - oltre al
grande valore estetico dei tradizionali paesaggi agrari - anche e soprattutto
il loro inconsapevole ruolo di "giardinieri della Natura", potenziali garanti
della salvaguardia degli equilibri ecosistemici.
LE NUOVE FORESTE
I territori progressivamente abbandonati dall'agricoltura di montagna, di alta
collina e campagna, a causa della trasformazione generale della struttura
produttiva e dell'inurbamento di buona parte della popolazione proveniente
da queste aree, oggi considerate "periferiche" rispetto al nucleo
centralizzante degli aggregati megalopolitani, sono oggi coinvolte in un
inaspettato processo di rimboschimento. Questi paesaggi inselvatichiti,
formati da giovani foreste ancora fragili ed instabili, hanno segnato
un'inversione di tendenza nelle statistiche relative alle quantità di terreni
disboscati. Gli ecosistemi in formazione sono - per ora - vacillanti; la
formazione di un'autentica foresta metastabile, dovrebbe essere assistita da
un progetto di tutela, che ne sorvegli lo sviluppo e la protegga dai sempre
più numerosi pericoli che incombono su questi paesaggi già così
profondamente violati.
GLI SPAZI A FORTE FREQUENTAZIONE
Nel "respirare" il magnifico panorama delle colline del Chianti, la vista in
lontananza di San Giminiano, come una perfetta emanazione di quella terra
e quella cultura, aumenta ulteriormente il senso di beatitudine sprigionato dal
godimento del meraviglioso paesaggio. Questo sentimento ci spinge ad
approfondire la conoscenza di quel luogo lontano ed avventurarci per
raggiungerlo. Alla base della collina su cui sorge la cittadina medioevale,
intessuta da filari di vitigni... cinque organizzatissimi parcheggi sono in
attesa di accogliere, dopo il pagamento di un lauto pedaggio, la massa
debordante dei turisti provenienti da ogni angolo sperduto della terra. Dopo
Venezia e San Marino - si scoprì troppo tardi - San Giminiano costituisce il
centro urbano italiano che ospita più persone al metro quadro. Le strade di
San Giminiano sono un unica scintillante vetrina. I più inutili manufatti creati
dal lavoro umano, sono lì esposti come osceni reperti di una cultura
fatiscente. Lo stesso angolo scenografico è fotografato da migliaia di
individui diversi. Cercare di indagare sulla sua originaria conformazione è
impossibile, lo struscio della gente trascina e travolge, è necessario porre
attenzione a dove si mettono i piedi.
Attraverso questo breve racconto - uno tra i moltissimi racconti di paesaggi
ad alta frequentazione - si vuole esemplificare il degrado, che il consumo di
massa e la monocultura del turismo, possono infliggere ai territori ed alle città
della storia. La cultura, spesso alienante, dell'industria dell'intrattenimento, ha
comportato sia la crescita dei livelli di occupazione e del benessere
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economico della popolazione locale, sia il degrado dei beni storico-culturali
portato ai limiti dell'irreversibile, un fatto che compromette non solo la
riconoscibiltà del loro senso, ma anche la loro stessa attrattività.
Non meno grave è il destino subito dai migliaia di chilometri di coste marine,
in varie parti del mondo. L'alterazione del senso dell'esistente si
accompagna al degrado ecologico dei ricchi biotopi ibridi tra terra e acqua. I
cordoni di dune sono diventate una "specie" in via di estinzione; la flora e la
fauna locale hanno perso la loro particolare nicchia ecologica. Le pinete
originarie, la flora adatta ai terreni sabbiosi, non hanno più la possibilità di
svilupparsi, interagire, a volte, di esistere.
L'importante settore economico e sociale del turismo, dovrà trovare i modi e i
mezzi per ri-calibrare la propria forza travolgente in accordo con la vitalità
dell'ambiente naturale sul quale si va ad "installare".
Le categorie dei luoghi dello scarto, dell'abbandono o del super
sfruttamento, sono numerose e oltrepassano l'elenco descrittivo appena
concluso. Esse costituiscono un'area di intervento sia pericolosa e
pericolante, sia un'opportunità ed un'occasione da non perdere, a causa dei
risvolti positivi che dietro alla rifunzionalizzazione di esse si possono celare.
Rifunzionalizzare, però, non basta. La recente disciplina dell'architettura del
paesaggio, propone qui il suo prezioso contributo. Proprio perché il
paesaggio è un' "entità polisemica", non si può agire in un'unica direzione.
"(...) la domanda di paesaggio - emersa in questi ultimi anni anche in Italia esprime in particolare una crescente attenzione alla qualità dei contesti di
vita ed ai problemi posti dallo snaturamento delle immagini e delle forme
fisiche ereditate dal nostro passato che ha modellato un territorio di
straordinaria bellezza. (...) non sono più infatti in gioco soltanto la forma
fisica e la funzionalità ecologica del mondo che ci circonda. E' il suo stesso
significato che fa problema, di fronte al collasso dei delicati equilibri che
fino al recente passato hanno legato le società locali alla produzione del
loro paesaggio di vita. (...) (Il paesaggio) è dunque propriamente un atto di
cultura, un investimento simbolico, ma anche un'invenzione sociale che
restituisce una visione del mondo piuttosto che una scienza da affidare
esclusivamente agli specialisti della biogeografia o dell'ecologia. (...) la
domanda che sta emergendo (...) è il bisogno di donare senso al nostro
ambiente di vita, reinterpretando creativamente l'incontro tra il patrimonio
ereditato e le attese proiettate verso il nostro futuro aperto a nuove ed
imprevedibili combinazioni tra processi di civilizzazione e forme
dell'ambiente fisico".11
11 Alberto Clementi (2000) La rigenerazione dei paesaggi italiani, in AA.VV. Il paesaggio
italiano. Idee, contributi, immagini, Touring editore, Milano, p. 213
GIARDINI. INDAGINE SUGLI SPAZI A VERDE DELLA CONTEMPORANEITÀ
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2.2 L’ARTIFICIO RIGENERA LA NATURA: USI E RIUSI DEI LUOGHI
SCARTATI
Per quanto i luoghi dell'abbandono e del degrado, costituiscano l'evidente
manifestazione di un epoca decaduta o in fase di decadenza e dunque di
una situazione sociale ed economica di crisi, la loro natura di spazi deprivati di senso e di finalità, comporta la massima espansione del loro
potenziale di significazione, il quale - se orientato verso scelte fondate sul
miglioramento della qualità della vita e degli aspetti paesaggistici e ecologici
del territorio - può rivelarsi una preziosa opportunità, “un'occasione da non
perdere”, per invertire la tendenza di decadimento in atto e dirigere la rotta
verso quegli obbiettivi primari che erano stati in precedenza scartati e
sottovalutati.
Questo brano della ricerca tenta di individuare, per l'appunto, le potenzialità
latenti di questi luoghi dell'abbandono, di quegli spazi che l'attuale fase di
transizione produttiva, ha lasciato alle proprie spalle come oggetti inutili,
relitti di una civiltà decaduta.
E' interessante notare come le parole con le quali questo argomento viene
descritto e spiegato, contengano spesso una particolare varietà di suffissi,
quali ad esempio: DE - (annullare, eliminare), RI - (indietro, di nuovo) e
TRANS - (attraverso e oltre).
Le parole utilizzate per descrivere questo fenomeno, evidenziano la natura di
questi spazi dello scarto, luoghi che si trovano in uno stato sospeso e
vacillante tra: la negazione della loro precedente identità (in parte o
completamente), la possibilità di “ri-tornare in vita” e ri-attivare le proprie
potenzialità latenti e, infine, la scelta di trasfigurazione totale della propria
immagine, proiettandola verso un nuovo assetto e scopo.
Il senso dei termini che tali suffissi sostengono, può co-esistere con altri nel
medesimo istante e nel medesimo luogo. Il passaggio tra uno stato all'altro è
repentino, la trans(izione) può essere rapida e bisogna coglierla al volo.
Quali sono di preciso questi spazi dell'abbandono? Sono in buona parte
quelli poco fa elencati, i quali contengono al proprio interno sottogruppi e
variazioni, che configurano nel complesso una tipologia ricca ed articolata di
"luoghi dell'opportunità" e del rinnovo.
E’ innanzi tutto necessario, disinnescare il processo che continuamente ripropone per quegli stessi luoghi, gli stessi ruoli, imprigionandoli in un oscuro
destino. Questo genere di spazi ri-attirano su di sé edizioni successive di
azioni distruttive: lo spazio concavo di una cava è certamente adatto ad
ospitare una grande discarica cittadina. Tuttavia, come evidenziano
numerosi progetti di architettura del paesaggio contemporanei, è necessario
spezzare questa eredità, il più possibile ed il prima possibile, cercando di
risolvere subito, lo stato di alterazione presente e - se questo non può
essere eliminato, come nel caso di una discarica attiva - fare in modo che il
tipo di processo in atto risulti il meno dannoso possibile, prevedendo sistemi
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innovativi di ri-cliclaggio e di ri-trasformazione dei cumuli scartati, in utili
biomasse.
Tra gli atteggiamenti progettuali più innovativi relativi ai progetti di recupero
di cave, discariche ed aree industriali dismesse, vi è quello che prevede un
processo di piena affermazione dell'identità presente del luogo scartato, il
quale - proprio in quanto confermato - sprigiona, "in segno di gratitudine",
un'incredibile gamma di qualità sia estetiche che ecologiche. Si tratta in
questo caso, non tanto di ri-convertire il luogo scartato in nuovo assetto che
lo rende completamente irriconoscibile; quanto piuttosto di riconoscerne il
valore per ciò che è, in questo momento e in quanto tale. Una simile
operazione non è sempre possibile; molto spesso è necessario
intraprendere ingenti lavori di ri-generazione dei suoli e delle acque.
Oltre agli stati di urgenza e di pericolo incombente per i quali il pronto
intervento è un atto dovuto, è il caso di ricordare la spesso sottovalutata
capacità di ri-generazione messa in moto dalla natura. Quando un terreno,
inquinato e corrotto da usi distruttivi precedenti, viene lasciato a sé stesso
dopo che le azioni di abuso hanno compiuto il loro corso, la natura si prende
carico di guarire le ferite di una parte di sé stessa. Numerose piante
pioniere, per la maggior parte "neofiti" - cioè specie migrate da altri luoghi arrivano sul terreno ammalato e lo colonizzano, dando in questo modo inizio
ad un processo di depurazione e rigenerazione del suolo affetto da
inquinanti tossici. Non vi è dubbio che un tale tipo di processo richieda un
certo lasso di tempo per compiersi e che quindi non è proponibile per terreni
coinvolti in progetti a breve termine di ri-utilizzo; tuttavia quando questa
urgenza viene a mancare - ad esempio perché si ha a disposizione una
vasta estensione di territorio - allora una parte di questi terreni inquinati
potranno essere lasciati a riposare. Questo tipo di atteggiamento è stato
adottato durante la realizzazione del grande Parco Paesaggistico
dell'Emscher, nel bacino della Ruhr. La decontaminazione dei suoli si rivelò
un'operazione troppo costosa, considerata la vastissima quantità ed
estensione dei territori contaminati. Non fu questo l'unico motivo che spinse
i dirigenti dell'IBA, a riservare numerose aree all'azione spontanea della
natura; nei lunghi venti anni di abbandono, nelle aree precedentemente
occupate dai grandi stabilimenti siderurgici, lungo i selciati delle linee
ferroviarie, nei terreni tra una fornace e l'altra, all'interno dei grandi stanzoni a
cielo aperto che contenevano il minerale grezzo, una variegata e rigogliosa
vegetazione si era sviluppata, creandosi delle brecce tra la muratura e le
strutture di metallo e donando all'insieme del complesso un aspetto
“estremamente pittoresco”. Questi luoghi erano già da tempo frequentati
dalla popolazione locale, ben prima degli interventi dell'IBA. Gli alberi
pionieri: querce e betulle, erano ormai diventati esemplari adulti e
prosperavano tra le rovine delle vecchie strutture industriali. Le numerose
specie "neofiti" per prime sopraggiunte, creavano distese di praterie fiorite,
dall'aspetto esotico-tropicale. Il nobile proposito dell'IBA di trasformare
parte di questi terreni in parco pubblico, non ottenne l'approvazione della
popolazione locale, la quale preferiva che essi fossero mantenuti nel loro
originario stato "inviolato". Sicuramente la poetica del "pittoresco" ha radici
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ben salde e radicate nella cultura del popolo germanico; oltre a questo
aspetto, è però utile accennare alla questione dell'iper-progettazione, che
appesantisce l'ambiente con funzioni e destinazioni che non sarebbero
strettamente necessarie.
"Non tutto dev'essere progettato", sostennero, in fine, i dirigenti dell’IBA, il
quali variarono a questo punto i loro programmi d'azione e "destinarono"
numerose aree selvagge al lavoro rigeneratore della natura, designandoli
come "nuovi boschi" della valle dell'Emscher, che - come tali - passarono
sotto la giurisdizione della guardia forestale che si prese cura di garantirne
lo sviluppo illimitato nel tempo. Questo tipo di efficienza non è facile da
riscontrare in molti altri paesi, nei quali è per lo più necessario fare
pressione sulle pubbliche istituzioni (nonché sugli interessi dei privati) e
spronarli a prendere provvedimenti riguardanti aree profondamente alterate.
Adriaan Geuze, il ben noto paesaggista olandese, a capo dello studio
associato WEST 8 di Amsterdam, propone una particolare, ma molto simile
scansione tipologica, che soprannomina: “Ordito industriale ed ecologico”.
Geuze comprende in questa lista di luoghi dello scarto:
aree industriali dismesse; impianti infrastrutturali; aree con macerie di
edifici; cave di sabbia e ghiaia, depositi di rifiuti, i nuovi boschi; qualsiasi
tipo di area in disuso; binari ferroviari dismessi, svincoli autostradali; cigli
stradali.
Geuze prende in considerazione anche quei numerosi ritagli di terreno, che
non si trovano per la precisione in un stato di abbandono, ma che sono stati
relegati ad una “vita ai margini”; aree-tampone di quegli spazi che svolgono
un ruolo ritenuto predominante, quali ad esempio le grandi infrastrutture
lineari di trasporto. Questi ritagli di aree residuo, possono svolgere un ruolo
interessante sia nel mitigare – se ben progettate – l’impatto delle grandi
infrastrutture sul paesaggio e sia in quando tasselli di vuoto, che, se
ricollegati ad un ordito maggiore e complessivo, possono collaborare nella
realizzazione di reti o corridoi verdi.
Il paesaggista olandese nell’articolo: Nuovi parchi per nuove città, (Lotus,
88) ci ricorda l’importanza che la libera iniziativa della popolazione gioca nel
processo di progettazione dell’architettura del paesaggio. Molti spazi –
seppure considerati luoghi dell’abbandono e dello scarto – sono da tempo
re-interpretati dagli usi “innovativi” che la popolazione ne fa; gli individui
decidono spontaneamente e liberamente di appropriarsi ed interpretare a
proprio modo questi luoghi, i quali, proprio perché non sono inseriti in
qualche “tipologia” funzionale o di altra natura, si offrono ad un’ampia
gamma di forme spontanee di appropriazione.
Attraverso l’analisi complessiva dei progetti selezionati e di altri conosciuti, è
emersa, nel corso del lavoro, una sorta di sotto-suddivisione interna alla
vasta tipologia dei luoghi dello scarto. Questa ulteriore scansione, delimitata
da margini molto indefiniti e variabili, potrebbe essere definita nei tre
seguenti gruppi:
1) spazi ai quali restituire
2) spazi nei quali non agire
3) spazi ai quali togliere e sottrarre
GIARDINI. INDAGINE SUGLI SPAZI A VERDE DELLA CONTEMPORANEITÀ
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Questa particolare scansione si riferisce all’atteggiamento che il progettista,
stimolato dalla situazione che si trova di fronte, decide di assumere. Dunque
l’appartenenza o no a uno di questi raggruppamenti dipende sia dalla scelta
personale di chi è in procinto di ri-considerare quel luogo e sia dalla natura e
dallo stato di fatto in cui lo spazio scartato si trova e che, un individuo attento,
deve sapere leggere e fare parlare.
Tra gli “spazi nei quali non agire” è possibile collocare il caso già descritto
dei nuovi boschi, aree inselvatichite trasformatesi in giovani foreste. In
questo caso l’agire umano può limitarsi alla tutela dei processi in atto, per
ripararli – in quanto ancora molto fragili – ed avviarli ad un autonomo
sostentamento. Sono in parte comprese in questa categoria i recuperi di
cave di marmo, pietra pomice ed altro ancora, che prevedono l’esaltazione
delle conformazioni determinate involontariamente dal lavoro dei cavatori. Il
faticoso lavoro di scavo ha, in certi casi prodotto, un’interessante
conformazione morfologica del sito, la quale, se ri-sistemata con interventi
minimali che ne sappiano esaltare la plasticità scultorea, può sprigionare un
potenziale estetico ed un potente senso di monumentalità, che non sempre è
possibile percepire nei luoghi e negli spazi della “normalità”.
Un caso particolare è costituito dagli “spazi ai quali togliere e sottrarre”. Ci si
riferisce in questo caso alla tipologia degli spazi a forte frequentazione; primi
fra tutti le fasce costiere marine. La legge del turismo di massa ha inflitto a
questi luoghi un destino fatto di degrado ecologico e paesaggistico,
provocato dai ben noti cordoni cementizi che serrano fra la propria stretta
morsa lunghissime fasce di coste. Il particolare biotopo delle zone ibride fra
terra e acqua, è in questi casi profondamente alterato, spesso annullato. Le
aree con pinete e vegetazione autoctona nelle fasce retrostanti non possono
“comunicare” con le fasce delle spiagge e della battigia. I meccanismi che
regolano questo particolare ecosistema non possono agire e manifestarsi. I
cordoni semplici o doppi di dune di sabbia, che un tempo caratterizzavano
l’ambiente naturale di questi biotopi, sono diventate delle “specie” da
salvaguardare poiché ormai rarissime. Nei casi degli spazi a forte
frequentazione, sicuramente non considerati luoghi di scarto e abbandono,
gli equilibri ecologici e paesaggistici sono sovente gravemente
compromessi; in questo caso l’azione di recupero è volta a sottrarre al luogo
quel surplus di infrastrutture (dighe, strade costiere asfaltate, aree
parcheggio, ecc.) che gli impedivano di mantenere in atto i processi
ecologici di rinnovo e crescita. Molto spesso, però, dopo aver “tolto” è
necessario “restituire”: le dune difficilmente si ri-formano da sole (in tempi
medio-brevi); si rende necessario ri-costruirle utilizzando tecniche particolari
che le fissano nella forma, per un certo periodo.
GIARDINI. INDAGINE SUGLI SPAZI A VERDE DELLA CONTEMPORANEITÀ
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2.3.
UN CASO ESEMPLARE: IL LAVORO DELL'IBA EMSCHER
PARK E LA REALIZZAZIONE DEL GRANDE PARCO
PAESAGGISTICO DELL'EMSCHER NEL DISTRETTO DELLA RUHR
2.3.1. IL BACINO DELLA RUHR: PROGETTO PER IL RECUPERO
DELLA PIU' VASTA AREA INDUSTRIALE D'EUROPA
Il bacino industriale della Ruhr, simbolo decaduto del potere economico della
Germania nel mondo, è stata l'oggetto di un ciclopico lavoro di recupero,
avviato negli anni tra il 1989 ed 1999 dal governo regionale (Land) della
Renania-Westfalia, in collaborazione con un organo d'intervento d'eccezione:
l'IBA Emscher Park.
Appena centocinquant'anni fa il bacino della Ruhr era un avvallamento
paludoso, con pochi abitanti e con nuclei urbani che non oltrepassavano i
500 residenti. Fu soltanto a partire dalla metà del 1800 che questo centro
divenne uno dei più importanti poli produttivi d'Europa, specializzato
nell'attività estrattiva e in quella siderurgica. Nel giro di poco più di un secolo
il territorio subì una profonda trasformazione: su una superficie di 4432
Kmq, gli abitanti passarono da circa 300 mila nel 1820, a 5,7 milioni nel
1965; le miniere esistenti arrivarono, nel 1956, ad estrarre circa 124 milioni
di tonnellate di carbone all'anno.
In questa regione, in cui tutto era funzionale all'attività estrattiva e siderurgica,
il sistema delle infrastrutture costituiva la spina dorsale indispensabile al
funzionamento del sistema industriale.
Sulle terre della Nord-Westfalia i percorsi autostradali si snodano per 451
km, le strade ad alta velocità per 839 km e le strade urbane per 15.200 km.
La rete dei canali navigabili raggiunge una lunghezza complessiva di 272
km, il trasporto via acqua può contare su 31 porti industriali.
Con l'aggiunta del sistema ferroviario, costruito con lo scopo di trasportare
merci e passeggeri sulle lunghe percorrenze, il panorama della consistenza
delle infrastrutture raggiunge complessivamente l'8,5% dell'intero territorio.
Il successivo periodo di declino che ha interessato una dopo l'altra, tra il
1960 e il 1980, tutte le grandi industrie minerarie e siderurgiche del bacino
della Ruhr, ha lasciato dietro di sé una scia di distruzione di immani
dimensioni.
La regione dell'Emscher si presentava in uno stato di massimo degrado
sotto tutti i punti di vista. L'iper-specializzazione del sistema produttivo
convogliato in maniera totalizzante verso la lavorazione siderurgica, aveva
conformato a questo scopo l'intera struttura sociale e territoriale della
regione; i nuclei urbani non crescevano attorno alla cattedrale o al municipio,
ma attorno agli stabilimenti ed alle miniere. Il paesaggio che ne rimaneva
era fittamente cosparso di colline di scorie industriali, tracciati ferroviari,
fabbriche dismesse, strade senza uscita, il tutto corredato da uno sviluppo
GIARDINI. INDAGINE SUGLI SPAZI A VERDE DELLA CONTEMPORANEITÀ
41
urbanistico generale assai disordinato e frammentario. Una delle più
pesanti eredità lasciate in "dote" al territorio della valle dell'Emscher dal
precedente passato industriale, era costituita dallo stato di avanzato e
diffuso inquinamento che rendeva l'ambiente simile ad un pericoloso campo
minato. Il degrado delle condizioni atmosferiche è ben esemplificato dalla
frase pronunciata dallo scrittore Willy Brandt nel 1961 : "Il cielo sopra il
Distretto della Ruhr deve tornare ad essere di nuovo blu!"
Prima dei grandi stravolgimenti, il corso meandreggiante del fiume Emscher,
costituiva la struttura naturale portante dell'intera regione. I numerosi corsi
d'acqua che affluivano in esso, collaboravano a formare il ricco assetto
idrologico del bacino fluviale. Il successivo destino del fiume Emscher,
divenne tristemente noto in tutto il mondo, a causa della gravità del livello
d'inquinamento raggiunto: il suo corso naturale, infatti, era stato trasformato
in lungo scarico pubblico a cielo aperto; anche i suoi diversi affluenti, tra cui
in particolare il trafficatissimo canale del Rhein-Hern, subirono una simile
sorte.
La devastazione territoriale, paesaggistica ed ecologica, fu ovviamente
accompagnata dal decadimento della struttura sociale, il cui funzionamento
era interamente fondato sui cicli di produzione dell'attività estrattiva e
siderurgica. Il sistema produttivo ed economico che garantiva la sussistenza
ai 5 milioni di abitanti, venne rapidamente a mancare, determinando negli
anni successivi, un tasso di disoccupazione tra i più allarmanti del Paese.
L'immensa problematica che opprimeva questa vasta regione da alcuni
decenni, di natura: urbanistica, territoriale, ecologico-naturalistica, sociale,
politica e culturale, è stata affrontata con grande coraggio e nella sua
globalità e complessità, dal "Land", il governo regionale del NordrheinWestfalen, che per l'occasione ha istituito un organo d'intervento
eccezionale: l'Internationale Bauausstellung Emscher Park o IBA Emscher
Park (Mostra Internazionale di costruzioni e architettura).
La veste tradizionale dell'organizzazione delle esposizioni internazionali di
architettura, venne completamente rivoluzionata, nel tentativo di adattarla alla
complessità del nuovo compito.
La natura giuridica, il tipo di organizzazione e di ruolo che l'IBA ha assunto e
svolto nel decennio della sua attività, presentano numerosi caratteri innovativi
e rivoluzionari, profondamente estranei non solo alle precedenti edizioni
dell'IBA, ma anche ad altri simili organismi operanti nel vasto panorama
internazionale.
L'IBA è una società a responsabilità limitata, sottoposta all'autorità di un
collegio sindacale. La sua struttura organizzativa è composta da un
consiglio di amministrazione - del quale fanno parte importanti esponenti del
mondo della politica, dell'economia, dei sindacati e delle associazioni
ambientaliste - e da un comitato di coordinamento, presieduto dal ministro
dell'urbanistica e dei trasporti e composto dai rappresentanti della regione,
dei comuni principali, degli ordini professionali e da singoli professionisti
quali, architetti, ingegneri, paesaggisti, artisti, naturalisti, ecc. Il personale
dipendente della S.r.L. non supera i trenta membri ed è capeggiata da un
GIARDINI. INDAGINE SUGLI SPAZI A VERDE DELLA CONTEMPORANEITÀ
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direttore esecutivo e da sei direttori scientifici a part-time. La sede della
società si trova a Gelsenkirchen, uno dei maggiori centri urbani del distretto
della Ruhr.
Ciò che rende particolare il ruolo e la natura istituzionale dell'IBA è la totale
mancanza di potere giuridico-legale; essa non ha né la possibilità di imporre
sanzioni, né di obbligare le diverse parti sociali a seguire gli orientamenti
proposti. L'IBA non è uno strumento nato per distribuire finanziamenti e non
corrisponde alla struttura di una "legge speciale" o di un "programma
straordinario"; il suo ruolo è stato quello di essere una piattaforma
d'incontro, di scambio e rilancio d'idee ed esperienze, al fine di promuovere
il dialogo fra gruppi sociali e soggetti del settore industriale attraverso
incontri nazionali ed internazionali. Per raggiungere i propri obbiettivi l'IBA
ha usato le armi del dialogo e di argomentazioni persuasive. A questo
proposito Wolfgang Pent, nell'articolo per la rivista "Topos": "Changes have
to take place in people's head first", ci spiega:
"L'IBA non è un'autorità per la pianificazione. Essa si strutturò piuttosto
come un'agenzia di consulenza. Come tale, indicò le direzioni verso le
quali le iniziative potevano svilupparsi, fornì consigli e suggerimenti, creò
un rapporto fra partner potenziali, esaminò i criteri qualitativi di ogni
progetto per evidenziarne le caratteristiche. Essa può aver posto degli
obbiettivi, fornito delle conoscenze, svolto il ruolo di "Public Relation", ma
pianificare è qualcosa che non ha mai fatto".12
L'avvio del programma di lavoro, fu varato dal governo del "Land", invitando
le diverse parti sociali a presentare progetti, idee ed opinioni riguardanti
l'area. I progetti raccolti in questa prima fase furono più di 350. Essi
provenivano dalle diverse città della regione (spesso organizzate in
associazioni transcomunali), da studi associati di ingegneria, architettura,
gruppi di studenti, associazioni ambientaliste e da gruppi di cittadini
interessati all'argomento. Molti di questi progetti (più di settanta) sono stati
inseriti nel calendario delle iniziative intraprese dall'IBA, la quale - unitamente
ad altri programmi d'intervento - ha varato, sotto il proprio patrocinio,
l'impressionante numero di 120 progetti.
L'obbiettivo principale e la linea guida dell'intera iniziativa è stata la
realizzazione del grande Parco Paesaggistico dell'Emscher ( Emscher
Landschaftspark ).
La tipologia del "parco" è stata utilizzata dai dirigenti dell'IBA come metafora
adatta a comunicare il significato di questa impresa ed a supportare il vasto
programma d'intervento. Il piano per il progetto dell'Emscher Park si propone
di inglobare sotto di sé e supervisionare, le fasi della progressiva
realizzazione dei progetti selezionati, al fine di coordinarli e mantenere
costantemente sotto controllo le diverse interazioni e reazioni innescate dalla
collaborazione tra le numerosissime parti sociali coinvolte.
12 Wolfgang Pent (1999) Changes have to take place in people's head first, in "Topos", n. 26,
marzo 1999, p. 19
GIARDINI. INDAGINE SUGLI SPAZI A VERDE DELLA CONTEMPORANEITÀ
43
2.3.2. IL PARCO PAESAGGISTICO DELL'EMSCHER: UNA
STRATEGIA PER IL RINNOVO COMPLESSIVO DELL'EX
BACINO INDUSTRIALE DELLA RUHR
Il Parco Paesaggistico dell'Emscher, oggi in fase di costruzione, ricopre
un'area di circa 320 Kmq, che rappresenta più di un terzo della superficie
complessiva della regione della Ruhr (800 Kmq). Esso si estende per circa
70 km, nella fascia est-ovest tra Duisburg, sul Reno e Bergkamen nella
Westfalia e, in altezza, per 10-12 km su entrambi i lati del fiume Emscher. Il
suo tessuto connettivo, ricongiunge e lega a sé le fasce di paesaggio che
separano i 17 comuni compresi dal progetto.
L'intera operazione è stata suddivisa in sette argomenti guida, o settori
principali di intervento. Essi coprono un'ampia gamma di problematiche che
partendo dalla riqualificazione ecologica del bacino del fiume Emscher,
arrivano ad affrontare la questione delle nuove forme dell'abitare, del lavoro
nel parco, della ricreazione lungo il fiume, dell'archeologia industriale nonché
delle questioni relative agli aspetti sociali e culturali del tempo libero.
La strategia a lungo termine dei sette progetti-guida, è così
schematizzabile:
PROGETTO GUIDA N. 1:
IL PARCO PAESAGGISTICO DELL'EMSCHER
Esso costituisce l'obbiettivo principale ed il tema conduttore del progetto
complessivo. Lo scopo perseguito dal suo programma d'intervento è di
realizzare un vastissimo parco lungo l'asse fluviale dell'Emscher. La sua
struttura portante si fonda sul sistema intercorrelato di aree e fasce verdi,
percorsi naturalistici, piste ciclo-pedonali, progettati in modo da collegare un
sistema di parchi articolato in varie tipologie (riserve naturali, parchi
naturalistici, parchi paesaggistici, parchi popolari, parchi ricreativi, parchi
culturali) ad un'altra serie di aree con attrezzature per lo sport ed il tempo
libero ed infine ad una ricca gamma di biotopi costituiti da aree umide,
specchi d'acqua, boschi, ecc.
I punti salienti che definiscono con più precisione gli obbiettivi del progetto
guida n. 1 sono stati così schematizzati:
1) riassetto del paesaggio mediante decontaminazione dei terreni e delle
acque inquinati, eliminazione delle barriere architettoniche e infrastrutturali e
arricchimento delle specie nelle zone depauperate;
GIARDINI. INDAGINE SUGLI SPAZI A VERDE DELLA CONTEMPORANEITÀ
2) ampliamento dello spazio, mediante l'incorporazione di
precedentemente abitate oppure già destinate all'edilizia residenziale;
44
aree
3) intercorrelazione delle potenzialità ecologiche rimaste finora isolate;
4) realizzazione di nuovi attributi estetici nell'architettura del paesaggio,
unitamente alla creazione di attrazioni ecologicamente tollerabili per il tempo
libero, sport e cultura.
Al fine di semplificare le diverse operazioni di ri-strutturazione ed
identificarle spazialmente, il Parco è stato suddiviso in sette "Corridoi Verdi
Regionali", denominati con lettere da A a G. Queste sette fasce verdi
(Grünzüge) si snodano parallelamente l'una all'altra in direzione nord-sud; la
loro forma e direzione fu causata dal progressivo spostamento, da sud verso
nord, degli impianti di estrazione del carbone. Quelle che un tempo erano
aree vuote dall'aspetto desolato, sono state trasformate oggi in fasce verdi,
costituite da parchi, percorsi, boschi e terreni agricoli, che - nel loro
progressivo allargarsi e dilatarsi - avviluppano, ricuciono e saldano i brani
vacanti di territorio e "avvicinano" l'uno all'altro i territori dei diversi comuni,
fondendo percettivamente e funzionalmente (con percorsi e strade verdi) i
loro rispettivi territori e paesaggi. I responsabili dell'IBA hanno calcolato che
per completare quest'operazione di "riconciliazione territoriale", sarà
necessario il lasso di tempo di un'intera generazione. Nell'articolo:
"Intercommunal co-operation in the Emscher Landscape Park", Michael
Schwarze-Rodrian, descrive la concezione strutturale sulla quale si fonda
l'organizzazione spaziale dell'Emscher Park:
"Lo speciale stratagemma del progetto di questo parco, è il modo in cui
esso congiunge lo sviluppo paesaggistico con quello urbano, il progetto
del paesaggio con l'estetica industriale, la pianificazione del paesaggio
con una politica strutturale. (...) Il progetto si basa sulla convinzione che lo
sviluppo integrale di questo parco regionale, diventa possibile se tutti i
soggetti coinvolti sono fin dall'inizio preparati a co-operare ed a
comunicare. (...) Dal punto di vista, interno alle città, (...) (i corridoi verdi)
sono percepiti come una specie di periferia. Dal punto di vista di chi
pianifica il paesaggio, però, i territori residuali ed i corridoi verdi formano il
cuore ed il punto di partenza di una nuova cultura urbana del paesaggio. I
sette corridoi verdi regionali sono il luogo della co-operazione sopramunicipale tra tre o cinque diversi comuni, in relazione al numero specifico
di città comprese in ogni singolo corridoio".13
Il programma prefissato dall'IBA, relativo alla realizzazione dei sette corridoi
verdi e dei numerosi interventi nel paesaggio ad essi correlati, è stato
formulato sotto forma di cinque obbiettivi-base:
13 Michael Schwarze-Rodrian (1999) Intercommunal co-operation in the Emscher Landscape Park,
in "Topos", n.26, 1999, p.53 - 59
GIARDINI. INDAGINE SUGLI SPAZI A VERDE DELLA CONTEMPORANEITÀ
45
1) preservare le rimanenti porzioni libere di paesaggio;
2) collegare in un unico insieme organico le aree isolate e separate;
3) trasformare in parchi alcune delle aree isolate;
4) raggiungere un accordo comune, sia a livello regionale che locale, su
progetti specifici a lungo termine;
5) mantenere ed integrare i nuovi spazi aperti realizzati nella struttura
permanente di tutela del parco.
PROGETTO GUIDA N.2:
IL
RIASSETTO
ECOLOGICO
DELL'EMSCHER
DEL
SISTEMA
IDROLOGICO
L'Emscher ed i corsi d'acqua che in esso confluiscono, costituiscono la
struttura portante naturale della regione; il loro progressivo recupero
ecologico ha funzionato da elemento cementante dei diversi tasselli del
progetto ed ha fornito e garantito una nuova identità territoriale e
geomorfologica all'ambiente devastato del bacino della Ruhr. L'importante
corso d'acqua, trasformatosi negli ultimi 150 anni in un vero e proprio
condotto fognario a cielo aperto, è stato coinvolto in un programma di
recupero a lungo termine, schematizzato dall'IBA in tre fasce di obbiettivi
principali:
1) raggiungere, attraverso impianti di depurazione più efficienti e decentrati,
un miglior livello di decontaminazione delle acque di scarico;
2) convogliare separatamente le acque di scarico da quelle piovane, in
modo da creare le premesse per una riconfigurazione naturale dei ruscelli
dell'Emscher e delle zone urbane ed agrarie adiacenti;
3) una parte rilevante di acqua piovana, raccolta separatamente, deve
essere convogliata nei corsi d'acqua pulita di recente realizzazione.
Questo progetto pilota è stato portato avanti in stretta collaborazione con la
Cooperativa dell'Emscher, responsabile dello smaltimento delle acque di
scarico dell'intera area. All'interno di questo programma d'intervento è stata
prevista la creazione di nuove aree umide, articolate in un sistema di
specchi d'acqua, paludi e piccoli corsi d'acqua, ricollegati a loro volta alla
rete degli affluenti dell'Emscher coinvolti in un processo di recupero
naturalistico. Il grande depuratore oggi collocato alla confluenza del Reno,
sarà prossimamente sostituito con impianti di più modeste dimensioni
decentrati in punti diversi del territorio.
Un'attenzione particolare è stata riservata alla sistemazione ecologica e
naturalistica delle sponde, trattate come organismi vitali e complessi, luoghi
di confine tra acqua e terra, potenzialmente ricchi forme di vita e di
numerose specie vegetali. Attraverso la predisposizione di basse fasce
perimetrali ricche di vegetazione, le "nuove" sponde ri-naturalizzate
GIARDINI. INDAGINE SUGLI SPAZI A VERDE DELLA CONTEMPORANEITÀ
46
funzionano da efficienti filtri biologici, attivati dal lavoro di trasformazione
organica svolto da particolari essenze adatte ad innescare processi di
fitodepurazione.
PROGETTO GUIDA N. 3:
IL RECUPERO DEL CANALE RHEIN-HERN
La funzione essenziale di questo canale è quella di rifornire - con acqua di
prima qualità - alcuni grandi serbatoi idrici collocati nei territori più
settentrionali della zona della Ruhr, particolarmente povera di riserve
d'acqua.
Il canale, oggi parte integrante del Parco Paesaggistico dell'Emscher, è
stato costruito tra il 1906 e il 1914; ha uno sviluppo di 46 km ed è dotato di
sei chiuse che regolano l'apporto idrico su un dislivello di 37 metri. Il canale,
un tempo utilizzato in modo massiccio per il trasporto via fiume di merci e
materiali vari, è stato in questi ultimi dieci anni re-interpretato dai progetti
dell'IBA, che lo hanno trasformato in un luogo per la ricreazione, il tempo
libero e lo sport, mantenendo, però, l'impatto di questo tipo di attività, al di
sotto dei livelli tollerati dai meccanismi di funzionamento biologico del canale
e delle sue sponde, particolarmente ricche di specie animali e di
vegetazione.
PROGETTO GUIDA N. 4
MONUMENTI INDUSTRIALI INTESI COME TESTIMONIANZE STORICHE
L'IBA ha eseguito in questi anni, un censimento numerico e qualitativo dei
complessi industriali, al fine di inserirli in un programma di restauro
conservativo ed innovativo. I grandi complessi industriali, molto spesso di
ottima qualità architettonica, sono - da molti decenni - parte integrante del
paesaggio della Ruhr. Essi costituiscono il riferimento spaziale, storico e
simbolico per la popolazione locale; abbatterli e demolirli completamente
sarebbe stato, oltre che incredibilmente costoso, anche un grave errore
strategico. L'identità di un'intera regione si sarebbe dissolta sotto le macerie
delle grandi macchine della produzione industriale. La fattura e la qualità di
alcuni edifici - databili tra la metà del 1800 ed l'inizio del 1900 - è di così alto
pregio da renderli degli autentici monumenti nazionali. Altoforni, sale
macchine, sale paghe, magazzini e depositi per lo stoccaggio dei minerali
grezzi ed un'incredibilmente variegato repertorio di infrastrutture per il
trasporto locale, sono stati censiti, vagliati ed avviati ad un recupero parziale
o totale. Agli edifici rinnovati sono state conferite nuove funzioni e nuove
destinazioni. La loro intrinseca monumentalità è stata abilmente sfruttata dai
GIARDINI. INDAGINE SUGLI SPAZI A VERDE DELLA CONTEMPORANEITÀ
47
progetti di restauro condotti dall'IBA, che li ha trasformati in moderne
cattedrali post-industriali, adatte ad ospitare un'ampia gamma di eventi
culturali ed artistici oltre che nuove attività economiche e produttive.
PROGETTO GUIDA N. 5:
LAVORARE NEL PARCO
Attraverso concorsi nazionali ed internazionali, workshop di progettazione e
concorsi d'idee, l'IBA ha convogliato all'interno del suo programma d'azione,
numerosi progetti riguardanti la costruzione ex-novo o la realizzazione
tramite recuperi e restauri, di alcuni "Parchi Commerciali" e "Parchi
Tecnologici". L'IBA si è fatta garante dell'alta qualità formale, estetica e
funzionale dei nuovi centri per il commercio e per uffici, costruiti soprattutto
nelle aree precedentemente occupate dagli antichi porti industriali.
Attraverso il programma: "Lavorare nel Parco", l'IBA ha compiuto una delle
operazioni più ardite e rischiose dell'intero progetto. Un incredibile somma
di denaro è stata investita nella realizzazione di queste grandi cattedrali per il
commercio. L'operazione ha condotto alla realizzazione di numerosi edifici
di alta qualità architettonica, autentici prototipi-modelli di architettura
contemporanea. La loro progettazione, molto spesso affidata a studi di
professionisti associati di chiara fama, è stata condotta senza risparmio di
risorse e di tempo. Queste recenti realizzazioni, in gran parte ancora
scoordinate dal tessuto produttivo e commerciale della regione, esprimono
l'obbiettivo più ambizioso dell'IBA:
trasformare l'immaginario della
popolazione locale e della massa di possibili futuri imprenditori ed
investitori, attraverso il rinnovo estetico, ecologico e funzionale degli
ambienti di vita e di lavoro, al fine di generare nel prossimo futuro una
spontanea ri-attivazione delle attività produttive, artigianali, commerciali e
industriali.
PROGETTO GUIDA N. 6:
EDILIZIA RESIDENZIALE E SVILUPPO DEI QUARTIERI: LE FORME
INNOVATIVE DELL'ABITARE
Il progetto relativo all'edilizia residenziale riguarda (come per gli altri
progetti) sia azioni di rinnovo e recupero degli antichi complessi di
abitazioni popolari, sia la realizzazione ex-novo di moderni quartieri
residenziali. Tra i progetti del primo tipo sono da considerare i lavori di
restauro e riqualificazione degli antichi quartieri operai, popolati dalle
famiglie dei minatori all'inizio del XX secolo. La loro fisionomia, ormai
divenuta familiare ed amata dalla popolazione locale, è stata oggetto di un
attento lavoro di recupero, che ha radialmente trasformato le capacità
GIARDINI. INDAGINE SUGLI SPAZI A VERDE DELLA CONTEMPORANEITÀ
48
funzionali di questi edifici, oggi adatti ad ospitare le nuove esigenze ed i
nuovi ritmi di vita degli abitanti. Il successo di quest'operazione di rinnovo è
testimoniata dalla lunga lista di attesa relativa a persone che ambiscono ad
abitare negli spazi rinnovati degli ex quartieri operai.
Le realizzazioni di nuovi insediamenti comprendono alcuni casi esemplari di
costruzione di moderne città-giardino. Le consolidate conoscenze di bioarchitettura, che qualificano l'operato di numerosi studi di architettura
tedeschi, hanno avuto occasione di essere applicate nella progettazione dei
nuovi quartieri residenziali. La caratteristica più rilevante che rende alcuni di
questi progetti degli autentici modelli "da catalogo", consiste nella
progettazione integrata, a più livelli e a differenti scale spaziali, delle diverse
componenti: architettoniche, tecnologiche, paesaggistiche ed ecologiche dei
nuovi complessi. L'obbiettivo prioritario perseguito dall'IBA, è stato quello di
ottenere la massima integrazione percettiva e funzionale tra edifici, aree
verdi (private, condominiali e pubbliche) e paesaggio circostante.
PROGETTO GUIDA N. 7:
NUOVE PROPOSTE PER ATTIVITA' SOCIALI E CULTURALI
La "filosofia operativa" dell'IBA ha affidato un ruolo di altissimo valore ai
molteplici aspetti sociali e culturali, presenti e potenziali, che costituiscono
la personalità caratteristica di questo territorio. L'intero progetto - del resto si fonda sull'incentivazione delle qualità "soft" della struttura territoriale
regionale. Essi sono, in sintesi, esprimibili attraverso le numerose attività ed
iniziative volte ad aumentare la qualità di vita della popolazione. Il recupero
ed il restauro dei grandi complessi industriali, ha prodotto una ricca serie di
locali adatti ad ospitare ogni genere di attività. Nuovi teatri, spazi espositivi,
centri sportivi, sale concerto, attrezzature per le più svariate attività culturali e
sociali, hanno trovato posto nelle sedi splendidamente rinnovate degli
immensi edifici industriali. Ma è anche e soprattutto l'ambiente ed il
paesaggio a segnare la svolta di qualità apportata dagli interventi dell'IBA:
una rete organica e diffusa di sentieri, percorsi ciclo-pedonali, strade e
passeggiate, legano e collegano tra loro, i numerosi parchi recentemente
realizzati, annettendoli alle aree naturalistiche, ai nuovi boschi ed alle
postazioni ricreative che scandiscono le lunghe rive dei canali e del fiume
Emscher.
GIARDINI. INDAGINE SUGLI SPAZI A VERDE DELLA CONTEMPORANEITÀ
2.3.3. IBA EMSCHER PARK - FINALE
CONSUNTIVO DEI DIECI ANNI DI LAVORO
1999:
49
BILANCIO
Il vasto progetto di recupero dell'ex bacino industriale della Ruhr, è ritenuto, a
ragione, un intervento unico nel suo genere; un programma d'azione che,
senza alcun dubbio, può assurgere al ruolo di modello e riferimento per altri
casi simili caratterizzanti numerose ex regioni industriali del mondo.
E' però necessario evidenziare come esso si sia calato in una realtà sociale,
politica e ambientale, dalle caratteristiche assolutamente uniche, che
rendono questo tipo di intervento, in buona parte non "esportabile" ed
applicabile genericamente ad altri casi apparentemente simili di altre
nazioni del mondo. A questo proposito Karl Ganser, direttore dell'IBA,
personaggio-chiave del progetto di recupero, invita a rimanere cauti e critici
nei confronti dell'applicazione generica dell'esperienza dell'IBA Emscher
Park, nel Bacino della Ruhr:
"(...) Nonostante le grandi similarità che ci possono essere, ogni regione è
caratterizzata da condizioni economiche molto diverse, sia presenti che
ereditate dal passato; oltre a ciò le condizioni finanziarie e legali
differiscono molto da paese a paese. Per questo motivo ogni regione deve
trovare il proprio modo di affrontare i suoi particolari problemi strutturali.
Molto poco può essere applicato altrove (...) Un alto grado di
interessamento per gli obbiettivi ecologici e culturali, soprattutto quando la
situazione occupazionale è particolarmente oppressa e la necessità di
investire forze e risorse extra, attraverso un approccio alternativo alla
pianificazione, possono essere alcuni degli aspetti applicabili a livello
mondiale".14
Il successo del ruolo di coordinamento svolto dall'organizzazione dell'IBA,
non avrebbe potuto avere luogo se a supportarlo non ci fosse stato un
tessuto sociale predisposto ad accogliere questa grande sfida.
Le suddivisioni politico-economiche e geomorfologiche che frammentano la
maggior parte delle regioni, determina, quasi sempre, l'impossibilità di
gestire in modo coerente e coordinato le diverse iniziative intraprese dalle
province e dai numerosissimi comuni contenuti in esse. La regione della
Ruhr, al contrario, era stata uniformata in ogni sua parte dalla onnipresente
industria mineraria ed estrattiva, che aveva conformato a quest'unico scopo i
diversi territori e la ragione stessa della fondazione delle città. Questo
destino comune, aveva reso "solidali" tra loro gli interessi dei principali
comuni della regione, desiderosi di intraprendere il necessario ed urgente
cammino verso la rinascita economica, sociale e culturale dell'intera regione.
Dopo dieci anni di lavoro, a partire dal 1989, l'IBA, alla fine dell'anno 1999,
ha deposto il proprio ruolo di agente catalizzatore di una grande rinascita.
14 Karl Ganser (intervistato da) Robert Schafer (1999) Emscher Park Building Exhibition: a motor
of structural change, in "Topos", n. 26, 1999, p.11
GIARDINI. INDAGINE SUGLI SPAZI A VERDE DELLA CONTEMPORANEITÀ
50
Essa è stata concepita come un organo d'intervento eccezionale,
indispensabile a innescare il grande processo di trasformazione della Ruhr,
senza mai, però, diventare parte integrante di esso. Il 1999 è stato un anno
di grandi feste per l'intera regione dell'Emscher, un anno ricco di eventi
spettacolari e dalla forte carica simbolica, che hanno avuto lo scopo di
fomentare negli animi della popolazione, la necessità di continuare il
processo di rinascita innescato dall'IBA.
La prosecuzione dei lavori è attualmente coordinata dal KVR,
Kommunalverband Ruhrgebiet (Associazione comunale della zona della
Ruhr) che è in procinto di riformulare la propria originaria impostazione
organizzativa, al fine di adattarla alle dimensioni del nuovo grande ruolo ad
essa conferito
La caratteristica che più connota il progetto del Parco Paesaggistico
dell'Emscher e che fa di esso un "evento storico" di particolare
importanza, è rappresentato dall'eccezionale ruolo strategico giocato dal
"paesaggio".
Il "paesaggio", la trasformazione della sua immagine, è stato il mezzo per
agire sull'immaginario, le aspettative ed i desideri dell'intera popolazione
dell'Emscher ed alimentare in essa la volontà di inserirsi nel processo di
rinnovo della loro regione. Più di 2 miliardi di Euro sono stati spesi per
intessere la trama di questo nuovo paesaggio;
un paesaggio che già
esiste e che si sta ogni giorno formando, ma che non corrisponde ancora
alla sostanza che lo supporta, in quanto esso è l'immagine del futuro che si
desidera raggiungere.