CREDITI INESIGIBILI e detrazioni fiscali E` possibile portare a
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CREDITI INESIGIBILI e detrazioni fiscali E` possibile portare a
CREDITI INESIGIBILI e detrazioni fiscali E’ possibile portare a perdita i crediti irrecuperati. Per definire quali sono i costi fiscalmente deducibili, Il Testo Unico sulle Imposte sui Redditi (T.U.I.R.), aggiornato dal primo gennaio 2004 (che riprende sostanzialmente quanto prevedeva l’art. 75 del D.P.R. n. 917/1986 - T.U. a sua volta in aggiornamento del vecchio D.P.R. n. 597/1973) dispone che i costi deducibili devono essere inerenti all’attività svolta dall’azienda e alle finalità di gestione della stessa; avere una data certa, non potendo essersi verificati in un periodo d’imposta diverso da quello fiscalmente imputato. Deve essere dimostrata la loro esistenza, e devono essere certi nell’ammontare e nella quantità. Infine essere debitamente registrati nei modi richiesti dalla legge. D’altra parte, le perdite sui crediti - secondo quanto dispone il 5° comma dell’articolo 101 del nuovo T.U.I.R - sono deducibili soltanto quando risultino da elementi certi e precisi oppure quando il debitore sia sottoposto a procedura concorsuale. Il credito viene considerato irrecuperabile quando il debitore è sottoposto a procedura concorsuale; ovvero quando la perdita del credito sia provata da adeguata documentazione; infine, nel caso in cui tale perdita sia accertata da apposito organo, magari rafforzata da una successiva cessione prosoluto. Per quanto riguarda le procedure concorsuali, vengono prese in considerazione il fallimento, la liquidazione coatta amministrativa, il concordato preventivo e l’amministrazione straordinaria delle grandi aziende in crisi. In uno stato di fallimento, fino al 1988 era possibile portare a perdita solo una parte del credito relativo al fallito, ed esattamente un 1/5 l’anno; attualmente, è possibile portare a perdita tutto il credito dalla data in cui il debitore è sottoposto alla procedura concorsuale (art. 11 D.P.R. 42/88), salvo riportare nell’attivo la parte del credito che eventualmente, alla fine della procedura, dovesse essere ripartita. In tale contesto, il credito, per poter essere portato correttamente a perdita, dovrà essere iscritto al passivo fallimentare e perciò potrà essere portato in deduzione solo per l’esercizio dell’anno in cui è stato iscritto al passivo. Può capitare che, a causa di una gestione amministrativa “disordinata”, un creditore venga lasciato fuori dallo stato passivo. Il periodo prestabilito entro cui i creditori possono iscriversi tempestivamente al passivo è relativamente ristretto, passato il quale, quelli rimasti fuori hanno la sola possibilità, quando vengono a sapere del fallimento del loro debitore, di fare domanda “tardiva” di insinuazione nello stato passivo. La procedura è piuttosto costosa, ed è sottoposta a precisi requisiti e termini di decadenza. L’iscrizione tempestiva allo stato passivo ha invece un costo abbastanza modesto, ma, per diverse ragioni, può non essere economicamente conveniente rilevare il fallimento del proprio debitore (per esempio per una moltitudine di crediti, ma di media e modesta entità; in caso di insinuazioni tardive; quando il creditore, nell’anno del fallimento, non ha necessità di portare a perdita crediti). In relazione al concordato preventivo, il presupposto della sua omologazione da parte del Tribunale è che il debitore sia in grado di far fronte al 100% dei crediti privilegiati e ad almeno il 40% dei chirografari. Dal punto di vista fiscale sarà possibile portare a perdita il 60% del credito chirografario; lo 0% del credito privilegiato. Restano invariate le altre considerazioni circa i tempi della deduzione. Vi sono poi varie circostanze in cui il credito, seppur inesigibile, non può rientrare nelle ipotesi sopra riferite poiché il debitore non può essere sottoposto a procedure concorsuali, oppure perché la procedura stessa non è economicamente conveniente. Avviene in tutti i casi di BtoC (debitore privato), aziende artigiane e piccoli imprenditori, aziende agricole, imprese cessate da oltre un anno, comitati, fondazioni e associazioni, debitori residenti all’estero, professionisti. Ci sono infine le ipotesi che riguardano i soggetti potenzialmente idonei alla procedura concorsuale, ma non ancora assoggettati ad essa. In questo caso, assume rilevanza l’indagine attuata da parte del service di recupero, che accerti l’impossibilità di tali soggetti di adempiere alle proprie obbligazioni. E’ comunque necessario produrre le prove documentali relative alla certezza e alla precisione dei crediti. Occorre poi rilevare che con risoluzione ministeriale del 6 agosto 1976 n. 9/124 è stato chiarito che nell’ipotesi di crediti commerciali di modesto importo non è richiesta la ricerca di rigorose prove formali. In questi ristretti casi e possibile che l’imprenditore rinunci alla riscossione del credito, per un calcolo di convenienza economica, e l’amministrazione allora riconosca fiscalmente la perdita. Il discorso è diverso quando l’imprenditore porta a perdita dei normali crediti, sulla base di non specificate condizioni di insolvibilità del debitore. Tra le prove documentali che consentono di dimostrare la certezza e la precisione della perdita, possiamo includere tutta l’attività legale compiuta dal creditore e priva di risultati; la documentazione attestante il decesso del debitore e l’assenza di eredi la documentazione relativa alla rinuncia all’eredità o l’accettazione con beneficio d’inventario; Ia documentazione comprovante l’irreperibilità del debitore; la sentenza passata in giudicato che condanna il debitore per truffa ai danni del creditore; atti di pubblica confisca e contratti registrati, purché avvenuti nel territorio nazionale. Nei casi in cui sia fondamentale verificare se il credito sia effettivamente stato oggetto di recupero, la certezza della perdita può derivare anche da certificazioni di organismi che istituzionalmente si occupano dei crediti (per il recupero o la loro valutazione), quali le società di recupero, le società di certificazione e revisione, il legale del creditore. Per rispondere al principio di detraibilità ai sensi dell’art. 101 nuovo T.U.I.R., tale certificazione deve anche dimostrare l’inesigibilità dei crediti. Le cosiddette perizie di inesigibilità devono rispettare alcuni requisiti: documentare correttamente il credito, la sua origine e la sua esistenza; dimostrare l’attività svolta dal creditore per recuperare il suo credito; descrìvere cronologicamente l’attività svolta dal service di recupero; produrre la documentazione che la società di recupero ha cumulato nel corso della lavorazione della pratica; motivare le ragioni per le quali il credito è divenuto definitivamente inesigibile. Queste perizie possono essere eseguite da soggetti che abbiano effettivamente tentato il recupero, vista la giurisprudenza che considera deducibile la perdita su crediti ”la cui certezza anche nell’ammontare è da ritenersi probatoria supportata in maniera completa e determinante dalla lettera del legale o del service di recupero che attesta la vanità di ogni tentativo di recupero da lui tentato...” (Comm. Tri. 1° grado di Reggio Emilia, 25 maggio 1990 n. 2314). Lettere generiche e prive di documentazione, come anche i cosiddetti giudizi di portafoglio”, non hanno invece alcuna rilevanza. La normativa richiede, infatti, l’esistenza di elementi certi e precisi. Come specifica la più recente circolare n. 39/E/2002, le perdite in questione divengono deducibili solo quando sono definitive, escludendo quindi ogni elemento legato ad ipotesi e valutazioni.