Libia, il mestiere delle armi - 3

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Libia, il mestiere delle armi - 3
Libia, il mestiere delle armi - 3
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Come Finmeccanica ha riammodernato gli apparecchi militari italiani del raìs.
Sfumato - causa guerra - l'accordo per vendere a Gheddafi i droni di Galileo
Avionica
"Eravamo stanziati nell'oasi di Sebha, e ai ragazzi libici abbiamo dato un addestramento
completo, basico, avanzato e operativo". A parlare - dalle pagine del mensile Aermacchi World
del settembre 2006 - è Clemente Fazzini, pilota italiano, in Libia dal 1981 al 1985
per addestrare i militari delle Forze Aeree Libiche. I piloti libici utilizzavano uno degli
aerei più maneggevoli al mondo per l'addestramento: il Siai Marchetti SF-260. Nel 1978,
l'Italia ha fornito ai libici sessanta apparecchi e 180 kit per l'assemblaggio della versione
militare, l'SF-260 W (dove la 'W' sta per warrior). L'impianto di assemblaggio fu costruito a
Sebha, capitale del Fezzan e feudo di Gheddafi. "La nostra versione - prosegue Fazzini sul
mensile dell'Aermacchi, società proprietaria della Siai Marchetti dagli anni '80 - poteva portare
come carico massimo fino a 300 chili. Sostanzialmente due mini-gun in 'pod'(supporti, ndr)
alari, oppure razzi". Allora la Libia era impegnata in una guerra contro il Ciad. Vi furono
voci di una presunta partecipazione al conflitto da parte di piloti italiani, ma lo stesso Fazzini le
smentisce: "L'unica nostra partecipazione era condurre le loro formazioni attraverso il deserto
fino agli aeroporti di rischieramento avanzato. Poi le azioni belliche vere e proprie venivano
effettuate dai loro piloti". L'intervista conferma due fatti: che gli aerei venduti alla Libia erano
armati, e che vennero utilizzati per bombardare il territorio ciadiano. Alcuni SF-260 persi in
combattimento vennero riutilizzati dalle Forze aeree ciadiane (nella foto in alto a destra, ribelli
ugandesi attorniano un SF-260 W del Ciad precipitato nel corso di una missione). Gheddafi
vendette anche alcuni apparecchi a Paesi amici come il Nicaragua e ilBurkhina Faso.
Oltre trent'anni dopo la fornitura, molti SF-260
erano ancora in uso dall'aviazione libica. Tuttavia, necessitavano di riammodernamento. Il 28
luglio 2007 veniva firmato un accordo per larimessa in efficienza gli SF-260 W, dei loro
impianti e sistemi, oltre alla revisione dei motori e delle eliche. Finmeccanica, che fa capo
adAermacchi, il 24 febbraio 2011 scriveva: "In merito alle notizie di diversa fonte che
attribuiscono all'industria italiana e in particolare a Finmeccanica la vendita di armi alla Libia,
Finmeccanica precisa che gli ordini acquisiti non sono in ambito militare". E' importante
quest'ultima frase, perché nel 2008, nella relazione della presidenza del consiglio
sull'esportazione di armamenti per il 2007, figura un'autorizzazione alla vendita di 48.832
ricambi per velivolo SF-260W, oltre a 60 mesi di corsi di addestramento e 80 mesi di
assistenza tecnica. Ammontare: 3.050.806 euro. La conferma sul sito di Finmeccanica, dove si
riporta che "Alenia Aermacchi, una società del gruppo Finmeccanica, ha firmato il 28 luglio a
Tripoli un contratto, del valore di 3 milioni di euro, con il Ministero della Difesa Libico per la
rimessa in servizio di 12 velivoli da addestramento primario SF-260, già in dotazione alla
Forza Aerea Libica". Stessa cosa nella relazione del 2009: 958 parti di ricambio per l'SF-260W,
72 tra manuali di volo, cataloghi, pubblicazioni tecniche e 85 mesi di addestramento ad uso e
manutenzione. Ammontare 2.705.078 euro. Conclusione: dovendo
riammodernare apparecchi militari, gli 'ordini acquisiti' non possono che essere in ambito
militare. Finmeccanica, nella sua precisazione, ha quindi dichiarato il falso.
Ma gli affari militari di Finmeccanica con la Libia
non si fermano qui. Nel 2007, la Agusta Spa, di Finmeccanica, ha incassato 54 milioni di euro
per manutenzione, riparazione e ammodernamento degli aeromobili CH47, i famosi elicotteri
per il trasporto truppe 'Chinook', di disegno americano ma di produzione italiana. Costruiti
dalla Elicotteri Meridionali(oggi Agusta-Westland) nello stabilimento di Vergiate (Varese) ne
furono acquistati venti (numero seriale da LC-001 a LC-0020) dalle Forze armate libiche. Uno
di questi è stato fotografato nel 1980 proprio a Vergiate (a destra), prima della consegna alla
Libia. Si tratta dell'ultimo esemplare, con numero seriale LC-0020.
Il 29 aprile 2010 è stato inaugurato presso l'aeroporto
di Abou Aisha, a pochi chilometri da Tripoli, un impianto gestito dalla Liatec (Libyan Italian
Advanced Technology Company, società per azioni creata nel 2006 e composta al 50 percento
dall'Industria per l'aviazione libica, al 25 percento da Finmeccanica e al 25 percento da
AgustaWestland). E' una struttura di assemblaggio per elicotteri (già operativa dal 2007) e
svolge servizi di manutenzione di elicotteri e aeroplani, oltre alle attività di addestramento "in
missione". E' qui che sono stati ammodernati gli elicotteri Chinook, come si vede dalla foto
a sinistra, espunta da un videogirato nel 2009. Come per gli SF-260 W, si tratta di una
ristrutturazione eseguita su un velivolo militare, utilizzato per il trasporto truppe.
Purtroppo, tra un recentissimo
passato divacche grasse per Finmeccanica, e un futuro foriero di nuove esportazioni, è
intercorso il conflitto. Altrimenti il colosso italiano avrebbe portato a compimento ulteriori
operazioni in ambito strettamente militare. Come la fornitura del nuovo
addestratore Aermacchi M-311, presentato in livrea desertica alla Lavex (la fiera
dell'aviazione) del 2006 con la finalità di "coprire le necessità di addestramento della Forza
Aerea libica, che ha già in linea l'SF-260". Al Lavex del 2007 si è invece esibita in volo una
pattuglia di SF-260 W dell'aeronautica libica. In uno di questi, nella foto a destra, con il
numero '604', si nota un supporto (il 'mini-pod') alare. A cosa serve? Il suo utilizzo è
eloquentemente rappresentato nelle due foto piccole sotto, dove un Siai Marchetti italiano è
fotografato con un lanciarazzi agganciato all'ala per mezzo dell'identico piloncino di supporto.
Un altro prodotto di interesse nelle transazioni
commerciali militari tra Italia e Libia era costituito da un apparecchio a tecnologia avanzata: il
drone 'Falco' della Selex Galileo. Velivolo tattico senza pilota (Uav), è stato venduto alla
Forza aerea pakistana nel 2009 ed è in trattativa per la fornitura alla Giordania. Svolge compiti
di sorveglianza e sicurezza, ma è abbastanza grande per alloggiare un sistema di puntamento
e trasporto missilistico. La versione venduta al Paese asiatico non è armata, ma nell'impianto
di produzione di Kamra, nel Punjab, dove verranno costruiti i droni in co-produzione con la
Selex Galileo, il Pakistan ha in mente di attrezzare i suoi Falco con sistemi missilistici laser, per
condurre operazioni offensive analoghe a quelle condotte dai droni Usa che pattugliano e
bombardano le aree tribali al confine con l'Afghanistan, causando un numero elevato di vittime
civili.
Il negoziato con la Libia per la vendita dei Falco è iniziato nel 2007, quando l'apparecchio è
stato presentato ai libici, mentre nel 2009 le manifestazioni di interesse da parte di Tripoli per
il controllo delle frontiere sud (dove Selex ha già installato un sistema di sicurezza radar a
terra) facevano già fregare la mani a Finmeccanica, che aveva in progetto di vendere fino a
50 apparecchi, (fonte: Flight International, marzo 2009) forse nella loro versione più
recente, chiamata 'Evo' Poi, si diceva, è intervenuta la guerra. Ma non è detto che per le
industrie della difesa italiane ciò non sia un bene. Anzi.
Luca Galass