favole di michelangelo avignone
Transcript
favole di michelangelo avignone
L'elefante e il leone Sembra davvero impossibile, eppure un vecchio elefante, in tutti i suoi anni vissuti nella savana, non aveva mai visto un leone, soltanto delle tranquille leonesse. Gli anziani compagni del possente pachiderma dicevano sempre a questo che il leone maschio, quando è adulto, possiede una splendida criniera. Una mattina d'incontrare l'arzillo un elefante leone ebbe maturo finalmente dalla la criniera fortuna maestosa. Il povero proboscidato però, strano per la proverbiale memoria di un elefante, dimenticò quello che i suoi amici gli ripetevano sul leone maschio, « e al Signora, re che degli animali magnifica parrucca parlò in vi siete questo modo: messa oggi! Così, vostro marito il leone vi trova senz'altro più bella, non è vero?». ----------------------------------------------------------------------------------------Il ghepardo e la tartaruga Un bel dì un ghepardo ebbe l'insolita stravaganza di stuzzicare un tantino una tartaruga, per di più di parecchi anni. Il fantastico felino aveva richiamato l'attenzione della creatura con la corazza facendo una considerazione assai evidente: lui era l'animale terrestre più veloce, lei quello più lento insieme a qualche altro». La al tartaruga, maculato dopo questa ghepardo valutazione, rivolse le ma senza seguenti fretta, parole: « Dimmi un pò, superbo gattone, ospite di corti rinascimentali, non penso che ti sia accorto dell'enorme differenza di velocità tra te e me soltanto adesso». Il ghepardo, che nel frattempo si era pentito di aver scherzato con il venerando animale, alla tartaruga proferì subito queste parole: « Ti chiedo scusa, o saggia creatura, se poco fa ti ho mancato di rispetto. Poi hai proprio ragione nel pensare che io so bene di essere più veloce di te, ma conosco purtroppo anche un altro divario tra noi due: che tu puoi vivere persino dieci volte più di me». ------------------------------------------------------------------------------------L'orso e le api Nel tepore di un bosco uno sciame era sul punto di dichiarare guerra a un orso. Le api provavano da tempo una rabbia infinita nei confronti del plantigrado. Il motivo era semplice da trovare: ogni tronco d'albero su cui i laboriosi insetti si erano impegnati per produrre del miele veniva passato come in rassegna da quell'orso troppo goloso. L'ira delle prodigiose api aveva raggiunto il culmine, così si fecero coraggio e al gigante in pelliccia diedero una sorta di ultimatum:« Grande orso, sei stato scoperto più volte da noi abbracciato alle piante sulle quali abbiamo lavorato incessantemente, e tu con avidità hai portato via il nostro bene più prezioso. Adesso basta! Sei avvisato! Alla prossima Con mille delle nostre punture, anche se ti assaliamo! sei grosso e forte, altro che letargo! Quindi sei stato avvertito: lascia il nostro miele o saranno guai seri per te!». L'orso, dopo un discorso del genere, rimase un po’ impressionato, tuttavia non gli mancò l'ironia per rispondere alle api, e a queste parlò così:« D'accordo, dolcissime creaturine, ho capito, ma sappiate una cosa: se io amo il miele, è perché alle vostre punture preferisco il suo sciroppo». ------------------------------------------------------------------------------------------Il coniglio Un docile coniglio, disteso sul prato di una fattoria, si mise a pensare alle ottime carote che i suoi generosi padroni gli avevano dopo il loro pranzo. Il timido roditore però non riusciva a dimenticare soprattutto quell'appetitosa pasta che gli era stata offerta accanto alle fresche radici arancione. Diciamo che il mite orecchiuto stava apprezzando tanto quella gustosa pasta, quel primo a lui bizzarramente presentato. Per sua disgrazia, al buon coniglio non venne proprio in mente quel secondo, fatto di carne, che un fatidico giorno, sempre i suoi premurosi proprietari, avrebbero preparato grazie a lui. ------------------------------------------------------------------------------------------La rondine e il rondone Volando per il cielo illuminato un lucente rondone volle vedere, molto maliziosamente, se una rondine sapeva di essere chiamata così, allora le chiese:« Ehi! tu che voli quasi come me, si può sapere quale uccello sei?». La rondine, alquanto irritata, rispose in questa maniera: « Nero rondone, io non sono né una rondine né tanto meno un pettirosso, ma sicuramente un 'pettibianco'». ------------------------------------------------------------------------------------------L'usignolo e il pappagallo Non succede spesso, ma un pomeriggio d’estate un vivido usignolo aveva arrestato il suo volo in uno splendido giardino pubblico. L’uccello della dai bellezza gorgheggi del posto, melodiosissimi, decise di ancora addentrarsi meravigliato dolcemente nel rosaio che lambiva una squadrata voliera. L’usignolo si deliziò subito delle rose profumate, però dopo un po’ ebbe voglia di vedere quali dei suoi simili si trovassero in quella gabbia così vicina. L’eccellente cantatore vi scoprì soltanto un pappagallo appollaiato su di un posatoio. All’usignolo vanne comunque presto il desiderio di dire qualcosa al variopinto beccuto, e quindi parlò in questo modo:« Caro amico, vedo che hai un bel piumaggio». Il pappagallo, sentendo ciò, da buon pappagallo, non tardò a ripetere la stessa cosa, e dunque disse:« Caro amico, vedo che hai un bel piumaggio». L’usignolo, udendo questo, si guardò le piume e pensò che in fondo anche le sue erano belle, ma senza perdere tempo, al coloratissimo pennuto chiese:« Caro amico, da quanto tempo ti trovi in questa voliera?». Il pappagallo, sempre da buon pappagallo, ripeté nuovamente quello che gli aveva appena chiesto l’altro uccello, e quindi fece:« Caro amico, da quanto tempo ti trovi in questa voliera?». Dopo una domanda del genere, il volatile dal canto inebriante, essendo libero come l’aria, rimase molto perplesso. Poi però si ricordò finalmente che il pappagallo ripete volentieri quello che sente. Per questo motivo allora l’usignolo smise di parlare ed eseguì un vigorosissimo canto e lì il povero pappagallo non poté ripetere proprio nulla. ------------------------------------------------------------------------------------------Il canarino e il cardellino Un canarino giallo ed uno screziato cardellino erano vicini di gabbia, poiché venivano tenuti nella stessa stanza dal loro padrone. Quando questo metteva le due prigioni metalliche nel balcone di casa, le gabbiette si trovavano ancora più vicine. Oltre a cantare benissimo, e non per rabbia, perché sia il canarino che il cardellino erano nati in cattività, i due uccellini durante il giorno trovavano anche il tempo per parlare tra di loro. Erano sicuramente dei buoni amici questi due esserini dalla sorte comune, ma una mattina l’osservazione fatta dal canarino sul cardellino non piacque assolutamente a quest’ultimo. Cosa era successo di preciso? Il canarino aveva detto al cardellino che la sua faccia piena di rosso gli ricordava quella di un diavoletto. Offeso da ciò che aveva dovuto sentirsi dire, il cardellino si chiuse in un silenzio che durò un paio di giorni; infatti nella casa in cui vivevano i due uccellini si sentì soltanto il loro canto, non più il loro cordiale conversare di prima. Un’altra mattina, il cardellino, ancora urtato con il suo simile, volle vendicarsi, e al bel canarino srotolò le seguenti espressioni all’insegna del colore giallo:« Canarino, sei giallo come lo zafferano, giallo come lo zolfo, giallo come un girasole, giallo come un tuorlo d’uovo». Dopo queste parole a lui indirizzate, il canarino non fece una piega e bollò subito il compagno volatile in questo modo: « Smemorato cardellino, dopo ‘giallo come un tuorlo d’uovo’, hai dimenticato ‘pulcino giallo’». ------------------------------------------------------------------------------------------Il gallo e il gallo cedrone « Abbiamo quasi lo stesso nome e ci somigliamo abbastanza», disse un giorno un gallo cedrone a un gallo. E sempre il cedrone, il gallo di brughiera o di montagna, proseguì con una sorta di sermone. « Si può dire che siamo parenti prossimi, fratello gallo, ma, senza offenderti, io sono stato certamente più fortunato di te. Come puoi ben notare, tu sei rinchiuso in un pollaio, io invece sono libero di andare dove preferisco: sono proprio un ‘uccel di bosco’. Oggi, infatti, sono sceso a valle soprattutto per farti questo discorso; e, credimi, sono davvero mortificato per te, visto che dopo diversi anni di prigionia ti tireranno per giunta il collo». Dopo il lungo ragionamento del gallo cedrone, fu la volta del gallo che, molto seccato, sentenziò in questo modo:« Senti un po’, orgoglioso alpino o bersagliere, pensa per te e cerca di non vantarti troppo con la tua libertà; perché, se a me tireranno il collo, ma dopo una vita da pascià, a te qualche cacciatore potrebbe tirare una schioppettata anche adesso». ------------------------------------------------------------------------------------------Il delfino e il pescecane Nel più ricco dei mari, di primo mattino, un delfino e un pescecane s'incrociarono. Le due affascinanti creature acquatiche si guardarono a lungo, ma non successe nulla di crudele. Non per presunzione, però il pacifico delfino si stupì dell'atteggiamento addirittura socievole del pescecane. Tanto è vero che il temibile predatore degli abissi, sazio o meno, al grazioso delfino confidò ciò:« O giocoso compagno dei flutti, non è la prima volta che ti osservo e desidero dirti con grande franchezza che sei un pesce molto più bello di me: sei un pesce magnifico!». « Illustre pescecane, o squalo, ti ringrazio infinitamente per il complimento, ma non posso essere d’accordo con te», fece il delfino. « Non riesco a capire», mormorò il pescecane piuttosto dispiaciuto. « Dai, non preoccuparti, la verità è che non sono assolutamente un pesce ma un cetaceo, un mammifero», precisò il delfino. E lo squalo «ignorantello» venne tuttavia consolato dal garbato e intelligente cetaceo, il quale gli spiegò che perfino tra gli umani, suoi lontani parenti, molti considerano ancora il delfino un pesce. -----------------------------------------------------------------------------------------Breve curriculum: Avignone Michelangelo Gabriele, nato a Casteltermini (AG) il 10/11/1956, laureato in lingue e letterature straniere moderne nel 1997 presso l’università di Palermo. Ha insegnato francese nella scuola media del suo paese d’origine e a Mirandola (MO). Dal 2004 si trova nell’operosa provincia di Pordenone, sia come docente di francese che di spagolo alle medie. E’ stato così a Claut, nel capoluogo, a Sacile, a Maniago. Ultimamente ha prestato servizio nel bel liceo scientifico E. Torricelli, ancora a Maniago, e nella scuola media B. Partenio di Spilimbergo. -----------------------------------------------------------------------------------------Michelangelo Avignone Buone cose.