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Fosse un film, sarebbe un *1305"(0/*45* 463&16##-*$"*5 %BMMBMUP$JO[JB .BTDPMJ/FSJ .BSDPSÒF$MBVEJP 4BOUBNBSJB 0HHJ TV3FQVCCMJDBJU MBWJEFPJOUFSWJTUB BHMJBSUJTUJ EFMMBDPPQFSBUJWB *MHJPSOPEJDFNCSFTJÒTQFOUB .BSJB-VJTB(SJP$BHMJOJ -PBOOVODJBOPQSPGPOEBNFOUFBEEPMP SBUJMFGJHMJF'SBODFTDBF$FDJMJBJMHFOF SP'SBODFTDPMFOJQPUJ*EB/JDPMFUUBF 7JUUPSJB -BDFSJNPOJBTJTWPMHFSËJMEJDFNCSF BMMFPSFQSFTTPMB1BSSPDDIJB4BDSP $VPSF*NNBDPMBUPEJ.BSJBQJB[[B&VDMJ EF3PNB 3PNBEJDFNCSF -BTPSFMMB"OOB.BSJBFMFOJQPUJ"MFTTBO ESBF#BSCBSBDPOMFMPSPGBNJHMJFSJDPSEB OPDPODPNNP[JPOFEPMPSFFHSBOEFBG GFUUP .BTTJNP1JODIFSB VPNPJOUFHSPFGFEFMFBJTVPJJEFBMJQFS UVUUBMBWJUB "CCSBDDJBOP'SBODFTDB-BVSBF"OUP OJPFMFMPSPGBNJHMJF 3PNBEJDFNCSF (JPWBOOB"OESFB'SBODFTDPF4JMWJB 1JODIFSBDPO%BOJFMB1BPMBF4BOESPTJ TUSJOHPOPBGGFUUVPTBNFOUFB'SBODFTDB -BVSBF"OUPOJPFSJDPSEBOPJMDBSP .BTTJNP1JODIFSB 3PNBEJDFNCSF 1BPMPF(FNNB#BSBUUBTPOPQSPGPOEB NFOUF BEEPMPSBUJ QFS MB TDPNQBSTB EFMMBNJDP .BTTJNP1JODIFSB FQBSUFDJQBOPDPOBGGFUUPBMEPMPSFEFJGB NJMJBSJ 3PNBEJDFNCSF -BOGSBODP#PMJTF(VJEP$SBJO[DPO(JV MJBF"OOBCFMMBSJDPSEBOP .BTTJNP1JODIFSB BNJDPEJVOBWJUB 3PNBEJDFNCSF $IJDDIJ.JDIFMFDPO4PPLZ7BMFSJBDPO %BOJFMFF(SFUBBCCSBDDJBOPDPNNPTTJ 'SBODFTDBF-BVSBQFSMBQFSEJUBEFMQB QË .BTTJNP1JODIFSB 1JTBEJDFNCSF legal thriller ambientato tra salotti romani, politica e spettacolo. E scorrerebbe sui volti di un cast affascinante: Elio Germano, Valeria Golino, Neri Marcoré, Michele Riondino, Claudio Santamaria e altri, capitanati dalla collega Cinzia Mascoli. Peccato che attori di rango, allenati ai ruoli scomodi e nella vita inclini all’impegno, qui non recitino: raccontano invece un pezzo di zona grigia, una battaglia per il riconoscimento di tutele e compensi, i cosiddetti “diritti connessi” ai passaggi di opere cinematografiche, musicali o audiovisive su network radio e tv (Rai, Mediaset, Sky, La 7). Una storia vera, con fiumi di denaro. E con un titolo ostico: che fine ha fatto la massa di fondi mai distribuiti dal vecchio Imaie, l’ex istituto mutualistico, alla folla di artisti interpreti ed esecutori che ne avevano diritto? Quasi cento milioni: in un cantuccio da anni. Perché? È la domanda a cui ora un’inchiesta della Procura di Roma sui vertici del nuovo Imaie proverà a rispondere. Misteri che hanno spinto questi artisti, caduto l’opaco monopolio del vecchio Imaie, a costituirsi in una società di distribuzione dei profitti, la Artisti 7607, guidata dalla Mascoli. I riflettori si riaccendono così sulla vicenda che qualcuno voleva sepolta. Ed è rabbia per quello che Marcoré chiama «un triste garbuglio», che Germano indica come «una storia piena di zone d’ombra», e che la Mascoli definisce «una commedia italiana che "MCFSUPF1BUSJ[JB4UBODBOFMMJTPOPWJDJOJ DPOBGGFUUPB'VMWJPFB1BPMBQFSMBQFSEJ UBEFMMPSPDBSPQBESF %PUU .JDIFMF1BEVBOP 3PNBEJDFNCSF */13*."'*-" &MJP(FSNBOP OBUPB3PNB BOOJGBDPOMB NBHMJFUUBEFMMB DPPQ -"#6'&3" 4VJDFOUPNJMJPOJ EJDPNQFOTJOPO QBHBUJJOEBHBOP JQNEJ3PNB *QPUFTJBCVTP EVGGJDJPEFMM*NBJF non fa ridere», sebbene per questa definizione sia stato chiesto loro un risarcimento di mezzo milione. Perché quel tesoro è rimasto lì congelato? Per quale scopo o convenienze si è consumato un abuso? Tra le motivazioni, una grottesca: non si trovavano i destinatari da pagare. Intanto dilagavano sprechi, assunzioni clientelari, truffe. E ancora: come mai i commissari liquidatori di oggi (3 milioni di parcelle, in tutto) hanno affidato alla stessa struttura operativa del vecchio Imaie il compito di ricalcolare le quote degli artisti, considerata l’incapacità del passato? L’inchiesta penale è in mano al pm Paolo D’Ovidio, indaga la Gdf. Tra gli indagati, i commissari liquidatori Giovanni Galloppi, Enrico Laghi e Giuseppe Tepedino. E il nuovo cda: Sabino Mogavero, Andrea Marco Ricci, Silvano Picardi, Franco Trevisi, con il presi- /FMNJSJOPJMOVPWPDEB EFMMJTUJUVUP-JQPUFTJ ÒBCVTPEJVGGJDJP $FOUPNJMJPOJJOCBMMP dente, l’avvocato Andrea Micciché (in lieve conflitto d’interesse, essendo anche stimato consulente di Emi, Raitrade e Fox Italia). L’ipotesi: abuso d’ufficio. Tra i primi ad essere sentiti, il professor Laghi, assistito dall’avvocato Carlo Longari. Il quale, interpellato, non ha tempo: «Nessuna opacità, siamo sereni». Sarcasmo: «Hanno costretto gli attori a ragionare, incredibile», accusa Elio Germano, l’attore pluripremiato in versione capelli rasati, dal set francese dove veste i panni di Francesco d’Assisi. «E poiché quello che scoprivamo sul sistema Imaie non ci piaceva per niente, appena c’è sta- ta la liberalizzazione, ci siamo organizzati senza intermediazioni: per distribuire con trasparenza ed efficienza». Risorse e criteri che ormai vedono radicalizzarsi lo scontro. Da un lato il nuovo Imaie nato nel 2010 dalle ceneri del vecchio, estinto dal prefetto di Roma per «incapacità gestionale» un anno prima e messo in liquidazione. Dall’altro, appunto, la 7607, ormai sotto attacco con sei contenziosi. L’ultimo duello ha visto prevalere il nuovo Imaie. «Ma non è vero che ci hanno bloccato 3 milioni – sostiene la Mascoli – la controparte ha ottenuto una inibitoria per quei soldi che restano da distribuire della cosiddetta copia privata 2012-2013, somme di molto inferiori, su cui abbiamo promosso reclamo. E ci auguriamo che i giudici esamineranno accuratamente gli atti». Un Marcoré affilato aggiunge: «A peggiorare tutto, ci si è messo il decreto 2014 che invece di riordinare la materia, ha interrotto la liberalizzazione, assegnando singolari vantaggi all’ex monopolista Imaie». Anche Santamaria va giù duro: «Abbiamo registrato conflitti di interessi, anomalie, è bene se ne occupino i pm». Prossima udienza al civile, tra due giorni. E intanto si apre il nuovo filone, nella Procura guidata da Giuseppe Pignatone. Mentre quelli di 7607 non mollano, neanche di fronte a condizionamenti e «ricatti» sui set. Tenacia. Germano e Marcoré: «In questo clima avvelenato, ci sono pressioni e boicottaggi: con l’obiettivo di penalizzare, nelle produzioni, gli attori iscritti alla nostra cooperativa». Cinzia Mascoli: «Può sembrare noioso, ma se fosse un film, gli spettatori, vi assicuro, starebbero con noi». Un cast di livello, e un legal thriller non indolore. ª3*130%6;*0/&3*4&37"5" -"10-&.*$"30."%*4&(/*3*/6/$*""--"3"44&(/"%&--&%*503*"$)&041*5"6/"6503&"/5**43"&-*"/0 i-JCSPBOUJTFNJUBwFJMSBCCJOPEJTFSUBMBGJFSB "OOBNBSJB$BQSBSJDB $JIBJMBTDJBUPUSPQQPQSFTUP.BNNB BEPSBUBNBOPODÒNPNFOUPDIFOPO 5JTFOUJBNPWJDJOBDPOJM5VPBNPSFJN NFOTPFJM5VPTPSSJTPTFNQSFQSPOUP QFSOPJ2VFTUPEPMDFSJDPSEPDJBJVUBB TPQQPSUBSFJMEPMPSFDPTUBOUFEFMMB5VB BTTFO[B 4FSFOFMMBF"OUPOJPDPO*PMBOUB/BUB TIBF.BOSJDP 3PNBEJDFNCSF i)PQFOTBUPQFSUF IPSJDPSEBUPQFSUVUUJw .POUBMF 1SFGFUUP 4FSHJP#PSSJ .BOPFMBFE&NBOVFMF 3PNBEJDFNCSF &VHFOJPF4FSFOB4DBMGBSJSJDPSEBOPDPO BGGFUUP .BSJVDDJB.BOEFMMJ FTPOPWJDJOJBMNBSJUP"MEP1JOUPFBMMBOJ QPUFEBMFJUBOUPBNBUB$BSPMJOB3PTJ 'VVOBEFMMFMVDJEFMMBNPEBJUBMJBOBFGF DFEJ.JMBOPVOPEFJQVOUJQJáJNQPSUBOUJ E&VSPQBEJRVFMMBUUJWJUËDIFGBQBSUFEFM DPTUVNFFEFMMBHFOJBMJUËDSFBUJWBEFMOP TUSPQBFTF 3PNBEJDFNCSF %BOJFMB)BNBVJQBSUFDJQBBMEPMPSFEFMMB GBNJHMJBFSJDPSEBDPOQSPGPOEPBGGFUUPF TUJNBMBHFOJBMF .BSJVDDJB.BOEFMMJ .JMBOPEJDFNCSF .BSJVDDJB.BOEFMMJ &TUBUPVOPOPSFDPOPTDFSUJFQPUFSDPM MBCPSBSFDPOUF.BSJVDDJB (JBOMVDB$BQBOOPMP .JMBOPEJDFNCSF 7*0-"(*"//0-* Un libro antisionista presentato alla Fiera della piccola e media editoria “Più libri più liberi” fa infuriare la comunità ebraica. E il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, diserta l’evento a cui era stato invitato. A scatenare la polemica, il testo 4JPOJTNPJMWFSPOF NJDPEFHMJFCSFJ del giornalista inglese Alan Hart, fortemente critico sulla politica di Israele, fino a ritenere, ad esempio, che dietro l’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre ci possa essere stato un complotto dei servizi segreti israeliani. Alla Fiera sono arrivate le richieste di cancellare l’evento da parte di un consigliere della Comunità ebraica. «Delirante povero ebreo» l’ha definito, su Facebook, il curatore del volume Diego Siragusa, che ieri mattina, con l’editore Zambon, ha presentato il libro al Palazzo dei Congressi dell’Eur. Lo stesso giorno in cui, cinque ore più tardi, doveva andare in scena l’incontro tra Di Segni, la storica Anna Foa e il giornalista Fabio Isman su “Gli abitanti del Ghetto di Roma” di Angela Groppi, censimento della popolazione ebraica tra il 1555 e il 1796. Ma il rabbino ha deciso di rinunciare all’appuntamento organizzato da mesi: «La manifestazione dell’editoria è libera di presentare quel che vuole, io sono altrettanto libero di fare le mie scelte» spiega. Ad annunciare alla sala piena il forfait è stata la Foa: «La comunità ebraica ha deROMA. -"(6*%"41*3*56"-& 3JDDBSEP%J4FHOJBOOJÒVONFEJDP SBEJPMPHP%BMÒSBCCJOP DBQPEFMMBDPNVOJUËFCSBJDBEJ3PNB ciso di dissociarsi dall’evento e il Rabbino per protesta non verrà». La querelle a Roma era già scoppiata il giorno prima: il 7 doveva essere la sezione dell’Anpi Don Pappagallo dell’Esquilino a presentare il volume di Hart. Doveva, perché l’iniziativa è stata revocata dopo la durissima reazione del presidente dell’Ucei, Renzo Gattegna: «È sconcertante che l’Anpi, che dovrebbe tutelare e diffondere ben altri valori, si faccia promotrice di un’iniziativa di aperto odio antiebraico e antisraeliano» aveva tuonato. «Non sapevamo nulla» si è scusato il presidente nazionale Carlo Smuraglia. Ed Ernesto Nassi, resposanbile locale, ha aggiunto: «Il volume non è in linea con i nostri principi che rifiutano qualsiasi forma di antisemitismo». Scelta diversa per la Fiera dei piccoli editori. «Dopo la richieste di annullare la presentazione - spiega la coordinatrice Silvia Barbagallo - abbiamo verificato il contenuto del libro per accertarci che, al di là delle posizioni rigide sul sionismo e la questione palestinese, non ci fosse nulla di antisemita. Abbiamo invitato i rappresentanti della comunità a confrontarsi con noi perché le critiche ci sono sembrate eccessive e politiche. Abbiamo seguito l’incontro e non c’è stata alcuna allusione razzista. Nulla di offensivo nemmeno nel libro a nostro avviso, e così abbiamo deciso di andare avanti». ª3*130%6;*0/&3*4&37"5" Repubblica Nazionale 2015-12-09