Nota Airi di approfondimento su Industria 4.0

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Nota Airi di approfondimento su Industria 4.0
Nota di Approfondimento
Su Industria 4.0
Aprile 2016
Viale Gorizia 25/C – 00198 Roma – Italia
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Aspetti Generali
Livello Europeo
L'Industria manifatturiera svolge un ruolo centrale nell’economica dell’Unione Europea in termini
di ricerca, innovazione, produttività, occupazione ed esportazioni.
Il suo fatturato aggegato pari a circa 7.000 Mld€ (dati Eurostat 2011) contribuisce attualmente alla
crescita economica dell'Europa per circa il 15 % del PIL (rispetto al 12 % degli USA) , genera un
valore aggiunto di circa 1.650 Mld€ (il 45% del valore aggiunto proviene dalle PMI), dà lavoro
direttamente a oltre 30 milioni di persone e, sostiene un indotto di oltre 60 milioni di addetti.
Il suo export, al di fuori dell’Unione, ammonta a oltre 1.500 Mld€ (più di Cina e Stati Uniti), con un
mercato interno costituito da 500 milioni di consumatori ; nelle aree di R&I delle diverse realtà
manifatturiere operano oltre 500.000 ricercatori e innovatori.
L’Unione Europea sta lentamente emergendo da una delle recessioni più lunghe che abbia mai
sperimentato e che ha determinato gravi ricadute sulle imprese, in termini di drastica riduzione
della domanda interna ed estera e vertiginosa contrazione del credito : diretta conseguenza di ciò
sono state il drammatico incremento della disoccupazione ed il repentino blocco di gran parte
degli investimenti produttivi.
La fase della ripresa, solo grazie alla presenza di alcuni fattori contingenti inequivocabilmente
favorevoli (riduzione dei costo dei combustibili fossili, politica iper espansiva della BCE,
svalutazione dell’euro), sta ora lentamente iniziando a manifestarsi, anche se con dinamiche molti
diverse tra i diversi Paesi dell’Unione.
ll rilancio della crescita e della competitività per sostenere e rafforzare la ripresa è quindi più che
mai una priorità essenziale per l'Europa e ciò deve avvenire attraverso una politica di sostegno
all’industria manifatturiera, fondata sulla ricerca, l’innovazione e la formazione per rafforzare,
consolidare e sviluppare imprese altamente competitive e pienamente sostenibili.
In tale quadro l’Europa intende sviluppare
- attraverso attività di ricerca e innovazione,
formazione - risposte altamente innovative, costituite da prodotti e servizi, processi e business
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models, nuove imprese altamente competitive e sostenibili. Si tratta quindi di promuovere e
rafforzare un nuovo Manifatturiero che, per la sua elevata sostenibilità e competitività fondata
sull’innovazione, possa contribuire significativamente alla crescita di una nuova economia sociale,
intelligente, sostenibile, inclusiva, che – tra l’altro - vede nelle grandi sfide nuovi mercati ad alto
valore aggiunto.
Attraverso la R&D, l’obiettivo generale di un Manifatturiero Innovativo sarà quello di realizzare:

una sostenibilità economica, coniugando la qualità con la produttività e generando ricchezza;

una sostenibilità sociale, integrando le capacità umane con la tecnologia e generando posti di
lavoro ad alto valore aggiunto;

una sostenibilità ambientale, riducendo il consumo di risorse e la generazione di rifiuti e favorendo
la riciclabilità dei materiali (Economia Circolare).
Questo processo, che si realizzerà a vari livelli, dovrà essere indirizzato e sostenuto da Policy
Instruments che vanno dalle piattaforme tecnologiche (che sviluppano visioni, agende strategiche
di ricerca e roadmaps) ai programmi di ricerca, innovazione e formazione, fondati su finanziamenti
pubblici e privati, ed operando a livello regionale, nazionale, europeo, internazionale.
E’ questo il contesto generale in cui si pone INDUSTRIA 4.0, caratterizzata dai “Cyber Physical
Systems” che rappresenteranno l’integrazione
estesa di produzione,sostenibilità e custome
satisfaction, formando la base della rete intelligente di di sistemi e processi.
E’ importante fare un raffronto tra il modello europeo e quello americano.
Il modello americano prende forma attraverso l’attività di consorzi e coalizioni private che
coinvolgono grandi imprese dell’ICT e delle telecomunicazioni (come Intel, Cisco Systems, IBM,
General Electrics e AT&T), della grande industria manifatturiera e di processo (General Motors,
General Electrics, Rockwell Automation) in collaborazione con prestigiose università (come UCLA e
West Virginia). Sul piano tecnologico, fra le molte tecnologie si privilegia l’Internet of Things
lavorando per favorire lo sviluppo di applicazioni, architetture di riferimento e standard aperti, utili
a facilitarne la diffusione nell’industria e nei servizi. Le attività si sviluppano anche senza il
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coinvolgimento delle amministrazioni pubbliche, grazie a investimenti del venture capital
aziendale come GE Ventures, Siemens Venture Capital, Cisco Investments, Qualcomm Ventures e
Intel Capital.
Mentre nel modello europeo si preferisce enfatizzare il ruolo della Smart Factory, nel modello
americano si privilegia la tecnologia Internet of Things: ne deriva che il modello europeo si
propone di ottimizzare soprattutto il settore manifatturiero, mentre nel caso statunitense gli
obiettivi di ricerca puntano a migliorare anche le attività dei servizi, ovvero il sistema economico
nel suo complesso. Il modello europeo preferisce individuare uno standard comune, a cui tutte le
imprese facciano riferimento per lo sviluppo delle tecnologie adeguate; il modello americano
intende definire piattaforme aperte a tutti gli operatori. Infine, come accennato, il modello
europeo prevede un intervento sostanziale da parte del pubblico, al contrario il modello
americano è molto sostenuto dalle imprese private e dalle fondazioni di ricerca.
Livello Nazionale
Il Manifatturiero italiano riveste un ruolo rilevante in termini economici-sociali per il Sistema
Paese. Esso, infatti - secondo i dati Eurostat 2011 - è costituito da 425.000 imprese, genera un
fatturato di 921 miliardi di euro e dà lavoro direttamente a 3,9 milioni di persone. L'Italia è il
secondo Paese manifatturiero industriale in Europa. Nel 2011 il valore aggiunto generato
direttamente dal settore manifatturiero italiano è stato di 208 miliardi di euro, dietro alla
Germania (490 miliardi) ma davanti alla Francia (195 miliardi) e al Regno Unito (178 miliardi).
In accordo con le priorità Horizon 2020 e le caratteristiche distintive per l’Italia, le aree di
Specializzazione Nazionale Intelligente per il nostro Paese sono state state identificate in:
1) Industria intelligente e sostenibile;
2) Salute, sicurezza, qualità della vita, alimentazione;
3) Agenda Digitale, Smart Communities, mobilità intelligente;
4) Patrimonio culturale, design, made in Italy, creatività;
5) Aerospazio e Difesa
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In questa ottica strategica del Paese orientata all’Europa, fondata sulle eccellenze a livello
nazionale e regionale, aperta ad una globalizzazione che consideri la sostenibilità accanto alla
competitività, uno strumento di rilievo è rappresentato dai Cluster Tecnologici Nazionali : essi
rappresentano un importante interlocutore per le istituzioni, in quanto realtà individuate come
propulsori della crescita economica sostenibile dei territori e dell’intero sistema economico
nazionale.
Un primo passo concreto della strategia italiana verso Industria 4.0 è sicuramente rappresentato
dal Cluster Fabbrica Intelligente, che ha elaborato una Roadmap strategica pluriennale. Tale
roadmap, muovendo dalla vocazione manifatturiera del nostro Paese e dai mega-trend in atto a
livello Europeo, ha elaborato le seguenti Linee di Intervento prioritarie:
•
Sistemi produttivi per la produzione personalizzata;
•
Strategie, metodi e strumenti per la sostenibilità industriale: verso le tre dimensioni
della sostenibilità (economica, ambientale e sociale) e verso l’Economia Circolare;
•
Sistemi per il miglioramento del benessere e la valorizzazione delle persone nelle
fabbriche;
•
Sistemi di produzione ad alta efficienza e riconfigurabilità;
•
Processi produttivi innovativi;
•
Sistemi di controllo e monitoraggio della produzione in tempo reale;
•
Strategie e management per i sistemi produttivi di prossima generazione;
dove proprio la settima ha l’obiettivo di sviluppare nuove strategie di produzione e di gestione di
reti industriali, grazie a soluzioni ICT di pianificazione, monitoraggio, previsione e misurazione.
L’estensione del concetto di “Internet of Things” – IoT al settore manifatturiero è l’elemento
fondante per la realizzazione del paradigma della Smart-Factory.
Attualmente, i dispositivi
presenti nello shopfloor presentano un’autonomia decisionale e una capacità di calcolo in costante
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miglioramento, nonché la possibilità di essere interconnessi l’uno all’altro. L’esistenza di questo
network di oggetti fisici interconnessi (in Internet), dotati di capacità di calcolo e di tecnologia
capace di percepire ed interagire con l’ambiente (comunemente definiti come Cyber-Physical
Systems - CPS), si concretizza nella convergenza del mondo fisico e di quello virtuale.
Lo scenario dove le tecnologie digitali rendono possibile lo sviluppo di un ambiente smart in cui
beni strumentali, magazzini, layout e processi presentano una integrazione, basata su un uso
pervasivo dell’ICT, dalla logistica inbound alla consegna dei prodotti, si sta già realizzando. Allo
stesso tempo, la connettività si sta diffondendo sempre più al veicolo, in qualità di peer verso altri
veicoli, di nodo verso l’infrastruttura e, attraverso questa, di cliente di servizi via via resi
disponibili.
In definitiva, l’IoT è la leva sulla quale si impernia la trasformazione digitale dell’Industria 4.0: dal
Product Development al Manufacturing, all’After Sales, fino ai servizi offerti anche mediante
partner commerciali, il tutto potraà essere connesso senza soluzione di continuità. L’IoT traccerà i
materiali consumati negli stabilimenti a partire dal sito di un supplier, così come traccerà un
veicolo, il suo utilizzo, le sue modifiche, i servizi utilizzati, fino all’End of Life.
Per i processi industriali, comunque, la vera ricchezza è costituita dai dati che l’IoT genera.
L’IoT genera una enorme mole di dati che confluiscono nel Data Lake della Industria 4.0. I processi
di produzione li useranno, per verificare la coerenza del funzionamento rispetto ai modelli virtuali,
attraverso applicazioni fruibili anche su wearable device, dispositivi touch, ambienti di realtà
aumentata; piattaforme di Business Intelligent li elaboreranno per individuare schemi di
informazione rilevanti in ottica statistica/previsiva e, quindi, per suggerire nuove opportunità di
miglioramento.
Allo stesso tempo, altri schemi informativi potranno evidenziare che clienti che utilizzano lo stesso
stile di guida accedono a stessi servizi, arricchiscono il prodotto con stessi accessori/optional in
After Sales, acquisiscono un nuovo veicolo contemporaneamente. Il Data Lake, in definitiva,
renderà l’organizzazione sempre più trasversale e trasparente; ogni funzione potrà alimentarsi dei
dati generati altrove per cogliere le opportunità di miglioramento, per reagire in tempo reale al
nuovo contesto, per sviluppare il business.
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Questo scenario permette una configurazione flessibile del sistema di produzione, capace di
gestire meglio i requisiti dei clienti e di presentare un elevato grado di resilienza a fattori esterni
ed interni.
In sintesi, il potenziale dell’implementazione del concetto di Smart-Factory, potrà permettere:
- il soddisfacimento dei requisiti individuali dei clienti, a fronte di lotti anche molto piccoli (anche
definita come “Customer Customisation”);
- la flessibilità e configurazione dinamica della fabbrica basata sullo sviluppo di soluzioni integrate
di collaborazione uomo robot e di tecnologie per il miglioramento della flessibilità e
riconfigurabilità dei sistemi di produzione ;
- l’implementazione di un meccanismo di gestione consapevole dello stato attuale, dove la
fabbrica, in ogni sua dimensione, diventa un oggetto trasparente per il decision-maker;
- l’ottimizzazione continua della produzione, caso per caso, producendo il massimo output per
volume di risorse impiegate integrate con sistemi di controllo della qualità in tempo reale;
- la possibilità di sviluppare nuovi servizi B2B e B2C che possano integrarsi con la Smart-Factory e
con i partner commerciali;
- lo sviluppo di nuovi ruoli operativi nelle fabbriche.
La probabilità di successo di questa transizione risiede nella rivisitazione dei modelli classici di
gestione dell’automazione di fabbrica, che sono oggi a base gerarchica. Tradizionalmente la
piramide dell’automazione è un paradigma utilizzato per descrivere i diversi livelli di una soluzione
manifatturiera. Questo approccio, presentato nella figura 1, è considerato inadeguato per
rappresentare una situazione dove l’esistenza stessa del CPS è in contrasto con la nozione di
“struttura rigidamente gerarchica”, in considerazione del fatto che ogni CPS è capace di funzioni
complesse ed articolate e che, quindi, partecipa a più livelli della piramide dell’automazione.
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Fig.1
Deve quindi essere implementato un nuovo modello, che deve piuttosto ispirarsi allo schema
riportato in figura 2, dove, pur preservando una struttura gerarchica, ogni elemento del sistema
produttivo è potenzialmente capace di funzioni su più livelli.
Fig.2
Per poter concretamente implementare macchine e sistemi di produzione intelligenti e
ecosostenibili, sviluppati in accordo con il paradigma della Smart-Factory, è quindi necessario agire
sulle fondamenta stesse dell’attuale approccio al sistema fabbrica.
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L’implementazione della Smart-Factory è destinata a cambiare il mercato del lavoro e delle skill. Le
Smart-Factory,
caratterizzate
da
elevata
automazione
e
flessibilità,
potranno
essere
costantemente allineate, e quindi configurate, rispetto alle esigenze dei clienti finali e al prodotto,
anche mediante soluzioni di simulazioni e ri-programmazioni, direttamente nei siti produttivi. È
quindi necessario promuovere, parallelamente all’introduzione della fabbrica intelligente, diverse
azioni volte ad adeguare i meccanismi di formazione, riqualificazione e collocamento dei
lavoratori.
Alla pari degli altri paesi europei, l’adozione acritica del modello “Industria 4.0” non è proponibile
senza tener nel debito conto il fatto dato che il tessuto imprenditoriale italiano è sostanzialmente
dominato da un elevato numero di PMI. A tali particolari esigenze dovranno guardare gli interventi
futuri in un contesto di manifattura collaborativa e distribuita, basato su una catena di fornitura
ampia e sempre più globale.
È questo un punto molto critico della trasformazione in atto: la manifattura collaborativa e
distribuita potrebbe realizzare un più alto livello di integrazione fra le imprese, formare ecosistemi
in cui si incontrano clienti e produttori, superare la propensione alla parcellizzazione dell’impresa
italiana. In caso contrario, imprese della subfornitura, pur competitive sul piano del prodotto,
saranno meno capaci di interagire con clienti sempre più infrastrutturati da modelli gestionali
sostenuti da software e media digitali. Si corre il rischio che imprese fornitrici e clienti business
non parlino la “stessa lingua digitale” (così come si corre il rischio, che i lavoratori non
acquisiscano le abilità necessarie ai nuovi luoghi della produzione).
In parallelo occorrerà tenere conto che probabilmente il modello di manifattura basato
sull’esportazione di beni completamente prodotti in una singola locazione permarrà solo per
poche tipologie di prodotti tipicamente “top class”, mentre per prodotti di fascia media si imporrà
sempre più la necessità di creare valore in prossimità del consumatore.
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Aspetti Specifici
Al fine di favorire l’evoluzione del sistema imprenditoriale nazionale verso il modello di Industria
4.0, si ritiene che le azioni da attuare con determinazione e in via prioritaria possano essere le
seguenti
a) Piano banda ultralarga. La possibilità di sviluppare su ampia base il modello CPS non può
ovviamente basarsi sulle potenzialità degli attuali network di comunicazione, in quanto
necessita di nuove architetture in grado di sostenere uno scambio di dati enormemente più
significativo in termini qualità e di quantità.
Ne consegue la necessità di un sistema a banda ultralarga, non solo per il sistema Industria
4.0 ma anche per le applicazioni CPS relative a settori strategici come quelli dell’Energia e
della Salute. Ad esempio, per quanto concerne il settore dell’Energia l’ICT gioca un suo
ruolo anche per quanto riguarda la flessibilità di carico delle reti elettriche, il
miglioramento dell’efficienza del parco di generazione nonché la stabilizzazione del sistema
elettrico nazionale; tutti temi di importanza crescente come conseguenza della
penetrazione della generazione elettrica da fonti rinnovabili, intrinsecamente discontinua.
Le caratteristiche salienti dell’infrastruttura a banda larga dovrebbero corrispondere a
semplicità, scalabilità, sicurezza e disponibilità, in modo da essere accessibile ad un ampio
numero di soggetti.
b) Sostegno alla R&D. In settori chiave per Industria 4.0 (Ingegneria dei Sistemi, Meccatronica,
Sistemi microelettronici integrati, Elettronica, Dispositivi M2M, Nanotecnologie, Sensori e
Attuatori a semiconduttore, ICT, Big Data e Sistemi di auto-apprendimento) si può
sicuramente affermare che la qualità della conoscenza presente nel nostro Paese è a livello
internazionale. Le iniziative già avviate (Clusters Tecnologici a livello nazionale, azioni
regionali in ambito FESR 2014-2020) costituiscono un primo ma importante passo verso la
Smart-Factory. In tema di R&D è essenziale la funzione svolta da istituti con specifica
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vocazione alla ricerca applicata (equivalenti della rete Fraunhofer tedesca), non molto
diffusi in Italia. Il rapporto fra Università e industrie resta problematico, poiché spesso
questi due mondi non condividono linguaggi, aspettative, prospettive e bisogni. I centri di
ricerca applicata sono un interlocutore operativo utile alle grandi imprese con attività di
R&D interna, ma soprattutto sono importantissimi per fare accedere all’innovazione le PMI,
accompagnandole verso le opportunità di ricerca finanziata, regionale ed europea.
Sebbene la conoscenza nei differenti domini precedentemente indicati sia di per sé
rilevante, per compiere un significativo passo in avanti è necessario che le azioni future, a
livello nazionale e territoriale, si concentrino sull’obiettivo di creare soluzioni tecnologiche
integrate, combinando lo stato dell’arte nei domini sopra indicati, , sulla base anche degli
scenari delineati dall’industria manifatturiera e della sua estensione nella Supply Chain e,
quindi, nelle PMI.
In questo modo sarebbe possibile per il nostro Paese far fronte alla mancanza di un vero e
proprio percorso di valorizzazione e capitalizzazione della conoscenza, sviluppata fin qui in
modo un po’ randomico e spesso non a livello tecnologico appropriato. Si avverte pertanto
l’esigenza di avviare interventi nazionali organici basati su tre livelli di sostegno alla ricerca,
sviluppo e innovazione orientati all'implementazione di Industria 4.0.
1. Strumenti di sostegno trasversale alle attività di R&D, di "primo livello", in grado di
stimolare la ricerca e l'innovazione in modo "automatico", su base fiscale, per tutte le
dimensioni d'impresa ed in tutti i settori industriali del manifatturiero, al fine di stimolare,
soprattutto nelle PMI, attività di costante innovazione e brevettazione dei propri prodotti
e/o processi, di ridotto respiro temporale;
2. Strumenti di "secondo livello" di tipo valutativo, dedicati al sostegno di settori industriali
e/o ambiti tecnologici specifici di prioritario interesse per il Paese, con accesso a sportello e
valutazione, individuati da una programmazione di alto livello, che includano anche
tematiche di R&D a tema libero (di frontiera o di nicchia tecnologica), le quali inglobino
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un'elevata potenzialità in termini di sviluppo di medio periodo per il Paese a livello
economico-industriale;
3. Strumenti di "terzo livello" di tipo negoziale con lo scopo di sostenere iniziative di grande
respiro e rilevante impatto socio-economico sul territorio, rivolti soprattutto a grandi gruppi
o ad imprese multinazionali, suscettibili di significative ricadute sia in termini di R&S che di
potenziali effetti a medio-lungo termine di natura industriale (consolidamento di grandi
gruppi industriali, attrazione di potenziali nuovi investitori esteri).
c) Sviluppo di opportuni standard e norme. Un tale intervento deve avere l’obiettivo di
permettere uno sviluppo responsabile delle tecnologie necessarie, che siano socialmente
accettabili e che nel contempo consentano un efficiente ed efficace risk management.
Da un punto di vista generale, lo sviluppo di norme obbligatorie e norme tecniche di
adozione volontaria hanno un impatto positivo sulla R&D: la loro applicazione conduce al
risultato di produrre anche benefici ambientali e prodotti/servizi socialmente utili e
desiderabili.
D’altra parte, va sottolineato che la definizione di un sistema regolatorio deve essere
opportunamente graduata e accompagnata nel tempo. Infatti, la Governance dei processi
di R&D può svilupparsi meglio in un contesto basato su norme flessibili e che evolvano in
maniera dinamica verso la ricerca del punto di compatibilità tra rischi, miglioramento della
qualità della vita, sviluppo economico e competitività. Solo quando il quadro delle
realizzazioni sarà stabilizzato, sarà possibile generare un vero e proprio sistema di
standards e regole cogenti.
d) Formazione. L’evoluzione verso Industria 4.0 non sarà una trasformazione qualsiasi. Ma
prima che tecnologica, quella che ci troviamo di fronte è una rivoluzione culturale: riguarda
cioè il rapporto fra l’uomo e i robot, ma anche il rapporto fra le imprese, poiché questa
trasformazione, nata nella grande industria, sta permeando anche le aziende piccole,
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modifica la catena di fornitura e il tipo di competenze, progettuali e professionali
necessarie per stare sul mercato.
Se guardiamo al sistema manifatturiero italiano ci troviamo di fronte ad una realtà
decisamente complessa: un tessuto industriale composto fondamentalmente da piccole e
medie imprese, in cui però l’orientamento verso innovazioni tecnologiche basate sulla
digitalizzazione appare diffuso e trasversale; una ampia varietà di mercati e prodotti; la
presenza di differenti livelli nella struttura di governo e negli assetti proprietari (vi sono
teste di filiera, divisioni o singoli stabilimenti di gruppi, multinazionali e aziende italiane);
ed infine differenti gradi di sviluppo tecnologico.
In un scenario così articolato, va detto che quasi la metà dei lavoratori dispone di
competenze tecnologiche basse (dati Ocse), ed appare problematico far decollare con
facilità il concetto di Industria 4.0. Ecco perché negli anni a venire sarà indispensabile poter
garantire
a
tutti
una
formazione
continua
che
possa
innalzare
i
livelli
d’istruzione: l’investimento nella Formazione sarà la condizione necessaria per governare
il cambiamento tecnologico in atto.
Nello specifico della ricerca industriale, l’enpowerment del Manager della R&D si rivela un
fattore cruciale per l’efficace valorizzazione del suo ruolo nell’ambito dello sviluppo della
ricerca e dell’innovazione tecnologica dell’azienda. Si prefigura una figura professionale
diversa dal passato, un Innovation Manager per il quale la gestione della R&D si dovrà
integrare sempre di più con le funzioni strategiche e finanziarie e con le strutture dedicate
a IPR e marketing. Questo largo respiro riflette il divenire della struttura della R&D
aziendale, ciclicamente soggetta ad assessment e rimodulazioni dovute ai frequenti
riposizionamenti dell’azienda stessa.
Inoltre, il focus sull’innovazione è tanto significativo da richiedere la crescita di attività di
scouting scientifico e tecnologico anche verso settori non tipici dell’azienda per alimentare
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un efficace outsourcing come base per una open innovation. Questo è oggi uno dei ruoli
più rilevanti del responsabile di R&D di una azienda innovativa.
La complessità dell’impresa moderna richiede capacità creativa e non solo forti
competenze tecniche, scientifiche o specialistiche (STEM) per gli operatori in ambito R&D.
In questo scenario, le aziende ritengono essenziale attivare processi di collaborazione con
le Università per cercare di indirizzare la formazione degli studenti ed in particolare dei
Ph.D. verso una preparazione utile per creare questo tipo di ricercatore industriale, che si
troverà spesso a percorrere una carriera professionale in osmosi con varie funzioni
aziendali, dalla ricerca tecnologica alla strategia aziendale, dalla gestione al marketing alla
proprietà industriale.
f) Safety e Security. Safety e Security rappresentano due elementi chiave per lo sviluppo del
nuovo Manifatturiero, dove con il primo termine si intende che l’insieme delle nuove
innovazioni tecnologiche (macchine, processi e prodotti) evolva verso soluzioni che non
rappresentino rischi per la popolazione e l’ambiente, mentre con il secondo ci si riferisce al
fatto che il sistema nelle sue componenti Cyber-Physical Systems, Internet of Things e
Internet of Services (con una quantità di dati sensibili generati e da gestire) necessita di una
adeguata protezione contro un cattivo uso o un accesso non autorizzato. Nel modello
Industria 4.0 si ritiene che sia necessario adottare un approccio globale: da una parte è
necessario considerare l’impatto delle misure di Security sulla Safety e viceversa.
La sfida globale è quella di poter investire significativamente in Safety e Security attraverso
l’impiego delle migliori tecnologie disponibili al fine di garantire gli standard più elevati e per
realizzare una Governance anticipatoria del rischio, con il monitoraggio della qualità degli
ambienti di lavoro, mentre al momento attuale il comportamento tipico è quello di cercare
soluzioni solo quando si presentano i problemi di Safety e Security.
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g) Public Engagement. Come detto in precedenza, Industria 4.0 prima di essere una
rivoluzione industriale è di per sé una rivoluzione culturale. In tale ottica l’integrazione degli
interessi e dei valori della società civile con la ricerca e l’innovazione aumenta la qualità, la
pertinenza, l’accettabilità sociale e la sostenibilità dei risultati nei vari settori di attività.
In questo quadro appare opportuno sviluppare un adeguato Piano di Comunicazione che si
rivolga ai cittadini e alle loro associazioni o gruppi, ai ricercatori e innovatori, alle
organizzazioni di ricerca, ai decisori politici a livello nazionale, regionale e locale, alle
strutture di istruzione secondaria e superiore, al sistema imprenditoriale nel suo complesso.
In questo senso si delinea un modello di comunicazione top-down che, in un’ottica
fortemente diffusionista, preveda il trasferimento delle conoscenze per risolvere alcuni dei
problemi che caratterizzano il rapporto tra Scienza, Innovazione e Società. La missione
principale diventa avvicinare la Società civile ai Contesti Innovativi, semplificando e
rafforzando le relative dinamiche di interazione.
Considerazioni finali
I cambiamenti che si prospettano all’interno di Industria 4.0 appaiono radicali e, pertanto,
non vanno solo a toccare aspetti tecnologici ma anche il concetto di lavoro, di produzione e
di fare imprenditoria.
Ne consegue che, pur partendo da un modello fondato sugli stessi principi generali, la sua
probabilità di successo è legata fortemente al modo in cui verrà calata nelle diverse realtà
socio-economiche. Il nostro Paese non possiede sicuramente un tessuto imprenditoriale
strutturalmente forte e, quindi, oggi si sta muovendo verso il modello non come un
movimento omogeneo ma piuttosto come un insieme di soggetti dotati di visione propria in
un contesto che invece si fonda sulla realizzazione di soluzioni integrate.
In considerazione di ciò si ritiene che lo sviluppo del modello possa avvenire nel nostro Paese
a fronte di quattro condizioni di carattere generale ma essenziali:
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1. Proseguire in un adeguato sostegno alla R&D nelle Tecnologie Abilitanti che sono
funzionali al modello e che, peraltro, sono oggi nella maggior parte dei casi allo stato
dell’arte. Quindi, con riferimento all’ampio quadro tecnologico dell’Industria 4.0, sostenere
allo stesso tempo sia i livelli più legati direttamente alle tecnologie, a partire da IoT e
Sistemi di Produzione a alta flessibilità, sia i livelli più orientati ai processi (Big Data,
Business Jntelligence, Cloud, Wearable Computing, Simulazioni Virtuali) che abiliteranno il
radicale change management dell’Industry 4.0;
2. Sviluppare un adeguato piano di Formazione e Comunicazione che prepari il mondo del
lavoro alle trasformazioni 4.0. Ciò in ragione non solo del fatto che nasceranno
professionalità totalmente nuove o come evoluzioni di quelle che esistono, ma anche per
governare una potenziale perdita sul fronte occupazionale. Secondo uno studio del World
Economic Forum (The future of Jobs – Gennaio 2016), l’Italia ne uscirebbe con un
sostanziale pareggio: in ogni caso ciò non esclude che in una prima fase si possa andare
incontro ad una contrazione, recuperabile in seguito per gli effetti positivi sull’indotto;
3. Sviluppare una adeguato intervento di Incentivi e Sostegni alla modernizzazione: si ritiene
non realizzabile un processo di trasformazione dei siti produttivi che sia a totale carico dei
soggetti privati.
4. Accanto al sostegno dello sviluppo tecnologico necessario per Industria 4.0, diventa
altrettanto importante sostenere un adeguamento/ rinnovamento dei sistemi giuridici,
regolamentativi e contrattuali applicati al mondo del lavoro, in modo da varare politiche
industriali e politiche sociali coordinate tra loro.
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In conclusione, si ritiene comunque che una via italiana a Industria 4.0 non possa essere possibile
se non pilotata dall’azione coalizzata delle industrie innovative, e dove la comunità scientifica
italiana vada a svolgere una funzione di valido supporto. La rivoluzione industriale viene scritta
quotidianamente dalle imprese, individuando le soluzioni possibili e sostenibili, che vengono poi
attuate e gestite nell’ambito di contesti aperti ed integrati. Le realizzazioni industriali devono,
quindi, costituire da una parte una storia giornalmente costruita e cumulata, dall’altra una cultura
che deve scendere nel tessuto industriale del Paese attraverso meccanismi semplici gestiti da
Industrie e Associazioni Industriali
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