Substrati di coltivazione - Fertilitas Agrorum

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Substrati di coltivazione - Fertilitas Agrorum
Volume III · Gennaio 2009 · numero 1
Convegno
Substrati di coltivazione:
sviluppi qualitativi, tecnici, legislativi e commerciali
18-19 gennaio 2007
Sala Napoleonica - Università degli studi di Milano
Fertilitas Agrorum
Edizione a cura del
CENTRO SCIENTIFICO ITALIANO
DEI FERTILIZZANTI
Via della Navicella, 2/4 - 00184 Roma
Periodico registrato presso il Tribunale di Roma il 03-08-2006
al n. 322/2006 del Registro della Stampa
ISSN 1971-0755
Direttore responsabile
PAOLO SEQUI
Segreteria scientifica
ELVIRA REA
Direttore editoriale
ROSA FRANCAVIGLIA
Grafica e impaginazione
ELEONORA LOMBARDI
Segreteria di redazione
FILIPPO ILARDI
Copertina a cura di
GIOVANNI GREGO
Copyright © 2009 by Centro Scientifico Italiano dei Fertilizzanti
CRA - Centro di ricerca per lo studio delle relazioni tra pianta e suolo
Via della Navicella, 2/4 - 00184 Roma - Italia
Indice
Presentazione
Substrati di coltivazione: sviluppi qualitativi, tecnici, legislativi e commerciali
E. Rea e P. Sequi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .4
Aspetti ambientali, tecnici e commerciali legati all’impiego della torba: presente e futuro
del componente base dei substrati - C. Cattivello . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .7
Quali componenti aggiungere ai substrati per migliorarne le caratteristiche? - P. Frangi . . . . . . . . . . . . .16
I substrati e la coltivazione delle piante in contenitore A. Pardossi et al. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .22
Numeri e potenzialità del mercato italiano - M.Castelnuovo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .32
Aspetti legislativi per la normazione dei substrati di coltivazione - P. Sequi et al. . . . . . . . . . . . . . . . . . .36
Valorizzazione dei substrati di coltivazione nazionali mediante adozione di protocolli aziendali
P. Zaccheo et al. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .43
Impiego dei biosaggi vegetali nella caratterizzazione dei substrati di coltivazione - L. Crippa et al. . . . .56
Caratterizzazione agronomica dei substrati di coltivazione: metodologie ed esperienze a confronto
A. Pozzi e M. Valagussa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .50
Substrati alternativi a base di compost per l’allevamento in contenitore di specie ornamentali
mediterranee - E. Rea et al. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .64
Nuovi substrati per la produzione di piantine e tappeti erbosi da rizollatura - S. Miele et al. . . . . . . . . . .74
Fertilitas Agrorum (3) 1 - 2009
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Presentazione
Substrati di coltivazione: sviluppi qualitativi, tecnici, legislativi e
commerciali
Elvira Rea, Paolo Sequi
Il ruolo dell’Italia nella produzione di substrati di coltivazione ha raggiunto negli ultimi anni livelli tali
da poter presupporre ormai una collocazione, per il nostro paese, fra i maggiori produttori a livello europeo.
Infatti, la tecnica della coltivazione su substrato, assai diversificata per settori, è una realtà ormai consolidata,
con una estensione delle zone di produzione floricole ed orticole in continua espansione.
Il convegno ha voluto trattare, in modo organico, le problematiche relative ai substrati di
coltivazione prendendo in considerazione le innovazioni degli aspetti qualitativi, tecnici, legislativi
e commerciali.
Articolato in tre sessioni, gli argomenti trattati hanno riguardato, nella prima“Quali materie
prime? Tra esigenze tecniche, ambientali, mercato e innovazione”, l’aspetto riguardante l’impiego
delle torbe: uno sguardo sulla situazione attuale e sul futuro di questo componente base dei
substrati. La torba risulta essere il substrato più richiesto da coloro che operano nel settore del
vivaismo. In Italia, a partire dagli anni ’60, con il forte sviluppo del settore, il fabbisogno di torba ha
superato i 3 milioni di metri cubi, soddisfatti quasi interamente con prodotto importato. L’intenso
sfruttamento delle torbiere ha indotto un progressivo esaurimento delle fonti di approvvigionamento
non rinnovabili; l’ingresso sul mercato, negli ultimi anni, di torbe estratte da siti ancora non sfruttati
situati nei paesi baltici e le limitazioni all’estrazione in alcune nazioni del nord-centro Europa per
problemi ambientali, hanno portato diminuzione della qualità ed incremento del prezzo del
prodotto. La lenta rinnovabilità di questa risorsa ha portato alla necessità di limitare i danni
derivanti dall’estrazione e alla formulazione di substrati “peat free” per l’ottenimento del marchio
Ecolabel. Fondamentali sono le diverse categorie di additivi dei substrati che vengono, in maniera
più o meno diffusa, utilizzati nella loro formulazione, sottolineando in particolare i vantaggi che tali
additivi possono apportare ai substrati in termini di riduzione dell’apporto di agrofarmaci di sintesi
e di efficienza di uso dell’acqua e dei fertilizzanti da parte della pianta. La coltura in vaso si
caratterizza per l’impiego di contenitori di varia forma e dimensione, e di un substrato artificiale, spesso
preparato con materiali di varia natura, organica o minerale che condiziona il risultato della coltura.
Importante è valutare le caratteristiche idrauliche e le modifiche dei substrati durante il ciclo di produzione.
Nella seconda sessione “I substrati nell’anno della loro normazione”, è stato fatto il punto sui numeri e
potenzialità del mercato italiano e sulla valorizzazione dei prodotti nazionali mediante l’adozione di
protocolli aziendali. Il mercato italiano dei substrati di coltivazione ha visto negli ultimi anni la crescita dei
prodotti formulati sul territorio nazionale e commercializzati insieme a prodotti esteri, che differentemente
da quelli italiani sono frequentemente provvisti di marchi attestanti la qualità o la conformità a standard
qualitativi messi a punto da organismi pubblici o privati.
Per valorizzare i prodotti nazionali è necessario definire preliminarmente i parametri qualitativi di
riferimento, prevedere la pianificazione e ottimizzazione del processo produttivo, e programmare un
costante controllo analitico, effettuato dal produttore dei substrati in modo proprio o affidandosi a qualificati
laboratori esterni.
Il recente Decreto Legislativo 29 aprile 2006 n. 217 “Revisione della disciplina in materia di
fertilizzanti”, inoltre, ha formalmente inserito i substrati di coltivazione tra i fertilizzanti dandone una
definizione e riservando loro un intero allegato, senza però fornire alcuna specifica tecnica e limitandosi a
ridotte ed opinabili indicazioni su soglie di metalli pesanti che non possono essere superate. Occorre perciò
colmare tale vuoto legislativo definendo da un lato un elenco di matrici (minerali ed organiche) utilizzabili
per la formulazione dei substrati al fine di garantire un’adeguata tracciabilità dei diversi componenti,
dall’altro i relativi parametri di qualità dei substrati finali posti in commercio. Inoltre l’inserimento in legge
dei substrati dovrà necessariamente prevedere la possibilità di sfruttare le proprietà di alcuni concimi che
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possono essere addizionati per assicurare il necessario contenuto in elementi nutritivi, miscelare correttivi ed
additivi in grado di migliorare consistentemente le caratteristiche finali del prodotto, utilizzare le proprietà
biostimolanti di alcuni concimi solidi, approfondire l’aspetto che si ritiene legato alla soppressività (uso di
compost).
La terza sessione “Esperienze di ricerca”, ha valutato come la caratterizzazione agronomica di un
substrato di coltivazione passa attraverso la conduzione di specifiche prove di laboratorio che hanno lo scopo
di valutare le principali proprietà chimiche e fisiche delle matrici oggetto di approfondimento.
La stesura e la successiva ratifica da parte della commissione tecnica CEN/TC 223 di metodi europei
per la definizione delle suddette caratteristiche ha posto il problema della diffusione, dell’applicazione e del
confronto tra le metodiche e gli esecutori dei metodi stessi.
E’ stata infine valutato l’impiego dei biosaggi vegetali nella caratterizzazione dei substrati di
coltivazione. L’introduzione dei biosaggi vegetali tra le determinazioni utili alla valutazione della qualità dei
substrati di coltivazione risponde ad esigenze di conoscenza dei materiali che le analisi chimiche o fisiche
routinarie non sono in grado di soddisfare. In questa ottica si propone l’applicazione dei biosaggi in senso
positivo e innovativo, per fornire una risposta rapida e predittiva sull’attitudine di un prodotto a sostenere lo
sviluppo delle piante nel breve e nel lungo periodo.
Sono stati presentati infine, alcuni risultati di ricerche condotte su substrati alternativi a base di compost
per l’allevamento in contenitore di specie ornamentali mediterranee e per la produzione di piantine e tappeti
erbosi da razzolatura.
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Aspetti ambientali, tecnici e commerciali legati all’impiego della torba:
presente e futuro del componente base dei substrati.
Costantino Cattivello
ERSA FVG- Servizio ricerca e sperimentazione. Laboratorio substrati. Via Sabbatini, 5, 33050 Pozzuolo del Friuli
(UD).
Corresponding Author: Tel. +39 0432 529241, fax 0432-529202, e-mail: [email protected]
Riassunto
Nel mondo si calcola che 4.000.000 km2 siano occupati da torbiere, di questi 1.500.000 km2 sono coperti da depositi di sfagno localizzati quasi esclusivamente nell’emisfero boreale a nord del 50° parallelo.
La torba viene estratta per gli impieghi più disparati anche se prevalgono gli usi a fini energetici.
In Canada, Russia, Bielorussia, Finlandia, Svezia e Lettonia, stati nei quali viene estratto circa il 60% del volume
complessivo, la quantità prelevata annualmente è inferiore a quanto si forma spontaneamente nello stesso intervallo di
tempo.
Le caratteristiche tecniche delle torbe sono influenzate dal tipo di deposito di provenienza, dal grado di decomposizione, dalle modalità di raccolta e dalla composizione botanica.
Torbe di media decomposizione (H 4-6 nella scala di von Post) rappresentano un buon compromesso in termini di
stabilità microbiologica e caratteristiche fisiche tanto da renderle sufficientemente affidabili per gli usi più disparati. Le
torbe meno decomposte (H 1-3) eccellono per impieghi di breve periodo su specie ad elevato fabbisogno d’aria e/o acqua. Infine, i tipi più decomposti (H 7-10) sono più indicati per terricci da cubetto e per aumentare la densità apparente
di torbe poco decomposte.
La modalità di raccolta influenza soprattutto il volume d’aria, che è massimo allorché si procede alla zollatura e
minimo con la fresatura e raschiatura.
Per quanto riguarda la composizione botanica, le torbe a base di sfagno presentano stabilità e caratteristiche fisiche superiori a quelle provenienti da carice o da canna comune.
Gli sfagni appartenenti al gruppo Acutifolia danno luogo a substrati con buona resistenza alla decomposizione microbiologica, e media o alta densità apparente. Invece, substrati con torba composta da sfagni del gruppo Cymbifolia
producono terricci meno resistenti alla decomposizione ma con una maggiore ritenzione idrica e volume d’aria.
Analizzando brevemente alcuni aspetti commerciali, si può osservare come il mercato europeo dei substrati impieghi annualmente più di 34.000.000 m3 dei quali il 77% è costituito da torba. La tendenza è verso una riduzione
nell’impiego di questo materiale, anche se nell’immediato futuro la torba rappresenterà ancora una quota variabile fra il
50 e 70% del volume complessivo.
Parole chiave: torba, sfagno, carice, Acutifolia, Cymbifolia, von Post
Peat: an overview on the most important component of the substrates
Abstract
In the world about 4.000.000 km2 are occupied by peatlands. Most of them are located beyond the 50th north parallel. Many of the total peat resources are concentrated in Canada and Russia. Nowadays peat is extracted mainly for
energy or horticultural purposes. In the European Community, some countries like Finland and Ireland satisfy a not negligible part of their energetic requirements burning peat.
For the most part the peat extracted for horticultural use in the European Community comes from the Baltic Republics, Finland, Ireland, Canada, U.K. and Germany. In Canada, Finland, Russia, Belarus, Latvia and Sweden, where
is obtained about the 60% of the total peat amount, the yearly rate of peat accumulation in mires is much higher than the
extracted amount, unlike Ireland, U.K. and, above all, Germany.
Peat is accumulated in three different types of bogs commonly known as fen bogs, blanket bogs and raised bogs,
but only materials obtained by the raised bogs have the best characteristics for substrates production.
The degree of decomposition, the harvest method adopted, and the botanical composition can play a very important role on the final characteristics of a peat based media.
Degree of decomposition. Peat weakly decomposed presents a less bulk density, higher shrinkage, higher porosity
and volume of air and better water capacity than the strongly decomposed types.
The harvest methods influence mainly the air content: milled peats have a less air content than sod peats.
Botanical composition. Peat, composed mainly by Sphagnum species, gives better results in cultivation compared
with Carex peat based substrates. Also the different types of Sphagnum give huge differences in terms of water capacity, bulk density and resistance to the microbial decomposition. Regarding the latter aspect, the Acutifolia Sfagnum
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Cattivello
group (for instance S. fuscum, S. rubellum, S. plumulosum) resists better to the microbial decomposition than the Cymbifolia Sfagnum group (for instance S. imbricatum, S. magellanicum, S. papillosum). On the other hand the Sphagnum
belonging to the Cymbifolia Sfagnum group presents the highest water capacity and air volume.
Germany, Italy and Holland are the leaders of the European market for substrates that exceeds 34.000.000 m3. Till
now approximately 77% of this volume is covered by peat but there is a clear reduction trend due to a strict legislation
that promote a less frequent use in order to preserve the wetland areas.
However in the next future peat will be still the most important component in professional substrates. More researches will be necessary mainly in order to improve the behaviour of peat based substrates in terms of microbial and
physical stability and soil borne diseases management.
Key words: peatlands, sphagnum peat, raised bogs, sedge bogs, blanket bogs, Cymbifolia group, Acutifolia group
Localizzazione delle riserve mondiali
Secondo Joosten e Clarke (2002) la torba è un
materiale di origine autoctona con un contenuto in
sostanza organica, sul peso secco, superiore al 30%.
Altrettanto importante è la differenza fra peatlands e
mires. In entrambi i casi si tratta di depositi con potenze superiori a 30 cm ma nel primo caso
l’accumulo si è interrotto mentre nel secondo caso
(mires) il processo di deposizione è tuttora in corso.
Come si osserva dalla tab.1 (Lappalainen,
1996), le torbiere sono concentrate nell’area euroasiatica e nel nord America. Anche se gran parte dei
depositi si trovano nell’emisfero boreale, a latitudini
superiori al 50° parallelo, una quota non trascurabile
delle riserve asiatiche è rappresentato da torbiere
tropicali, localizzate nell’arcipelago indonesiano e
nella penisola indocinese. Le torbiere tropicali sono
localizzate in prevalenza nelle fasce costiere. Si differenziano da quelle presenti in ambienti temperati:
per essere coperte da foreste pluviali anziché da vegetazione erbacea; per una prevalenza di residui legnosi; e per depositi di maggior potenza, in virtù di
un processo di formazione più lungo che in alcuni
casi risale a 40.000 anni fa (Rydin e Jeglum, 2006).
Tabella 1. La distribuzione delle torbiere nel mondo.
Table 1. The distribution of peatlands in the world (Lappalainen, 1996).
Area geografica
Nord America
Asia
Europa
Centro e sud America
Africa
Australia ed Oceania
Totale
8
km2
1.735.000
1.119.000
957.000
102.000
58.000
14.000
3.985.000
Le torbiere interessate dall’estrazione di materia prima per la produzione di terricci si trovano in
prevalenza nell’emisfero boreale. Analizzando la
localizzazione di questi depositi nei principali Paesi
fornitori del mercato italiano ed europeo, si osserva
come in Canada le aree di estrazione siano concentrate nelle regioni orientali (New Brunswick, Quebec) ed occidentali (British Columbia); in Germania, nella Bassa Sassonia e Baviera; in Finlandia
nelle regioni meridionali e centro occidentali; in Irlanda nelle contee del nord (Ulster) e centrali (Offaly); in Lettonia nei territori orientali e meridionali,
mentre nelle rimanenti Repubbliche Baltiche la distribuzione è sufficientemente omogenea sul territorio.
Usi
L’utilizzo della torba si perde nella notte dei
tempi, tanto che Plinio il Vecchio nella sua “Naturalis Historia” racconta che gli abitanti delle coste settentrionali tedesche, circa 2000 anni fa, la “estraevano con le loro mani, la facevano essiccare al vento
e, una volta asciutta, la bruciavano per riscaldare i
loro cibi ed i corpi infreddoliti dai gelidi venti del
nord”.
Al giorno d’oggi la torba viene estratta ed usata
in ambiti diversi da quello agricolo. Trova infatti
applicazioni industriali nella fabbricazione di filtri,
carboni attivi, fibre tessili, isolanti e come intensificatore di aromi nell’industria liquoristica. In medicina trova impiego nelle terapie riabilitative, nella
cura di malattie reumatiche, dell’apparato motorio
ed urogenitale. L’uso a fini energetici rappresenta,
fra tutti gli impieghi extra agricoli, la voce più importante, soprattutto in certe aree geografiche.
In alcuni Paesi dell’Unione Europea, l’impiego
di torba a fini energetici soddisfa una percentuale
non trascurabile dei fabbisogni. In Finlandia, Estonia ed Irlanda una quota variabile fra il 2 e 7% delle
richieste energetiche è coperta con l’utilizzo di torba
(Paappanen et al., 2006).
Aspetti ambientali, tecnici e commerciali legati all’impiego della torba: presente e futuro del componente base dei
substrati.
In Paesi importanti nel mercato mondiale della
torba quali Bielorussia, Finlandia, Ucraina, Irlanda,
Russia e Svezia, l’estrazione a fini energetici rappresenta una quota variabile fra il 70 e 95% del totale annualmente consumato. In altri Paesi grandi produttori, invece, prevale l’impiego non energetico
della torba che si estrae prevalentemente per la produzione di substrati come in Estonia, Regno Unito,
Canada, USA e Germania, con una quota oscillante
fra il 75 e 100% del totale (Paappanen et al., 2006).
Analizzando più da vicino l’estrazione di torba
per impieghi agricoli (rappresentati in massima parte dalla produzione di substrati), osserviamo come il
Canada da solo estrae circa il 40% del volume complessivo mentre, fra i Paesi europei, spicca la Germania con oltre il 13% del volume globale. E’ interessante notare come l’Olanda, terzo paese nell’UE
per volumi di substrati commercializzati (Schmilewski, 2008), non estragga dal proprio territorio
nemmeno un m3 di torba! Dall’esame della tab. 2 va
pure rilevato che il consumo annuale di torba per
impieghi agricoli, rapportato all’ammontare delle
riserve stimate (mires escluse), incida in maniera
pressoché trascurabile. Inoltre, come si osserva in
tab. 3, in alcuni grandi Paesi produttori, quali Russia, Canada, Finlandia, Bielorussia, Svezia e Lettonia (che complessivamente estraggono oltre il 60%
dei volumi consumati), la quantità di torba estratta
annualmente è inferiore a quanto accumulato nello
stesso periodo di tempo nelle torbiere ancora intatte.
In questi Paesi, ai ritmi attuali di estrazione, il processo sembra perciò sostenibile nel lungo periodo.
In Germania invece, ed in minor misura in Irlanda e
Regno Unito, la ridotta presenza di torbiere intatte,
le sole dove il processo di accumulo continua tuttora, non compensa la quantità annualmente estratta.
Va comunque rilevato che in questi Paesi i volumi
estratti sono in contrazione e che nella sola Germania 15.000 ha di torbiere esaurite sono sottoposte ad
un programma di naturalizzazione che sta portando
al re-insediamento di varie specie di sfagno ed al
riavvio del processo di accumulo.
Tabella 2. Superfici, riserve, ed incidenza dei volumi estratti annualmente di torba per impiego in agricoltura
(1996-2001)
Table 2. Surfaces covered by peatlands, resources and amount of peat extracted each year for agricultural use
(1996-2001)
Paese
Sup. torbiere
(peatlands)
Canada
1.235.000
Germania
Estonia
13.000
Riserve
x109
m3
1.67
0
21
10.000
15
3,4
0,02
Finlandia
85.000
101
2,4
0,002
Irlanda
12.000
20
2,4
0,012
Anonimo (2006), Lappalainen E.
(1996)
Anonimo (2006); Shier C. (1996)
Regno
Unito
USA
18.000
26
1,5
0,006
Burton R. (1996)
625.000
659
1,4
0,0002
Svezia
66.000
113
1,4
0,0012
Russia
europea
Bielorussia
Lituania
213.000
600
1,1
0,0002
Anonimo (2006) Reinikainen O.
(2001)
Anonimo (2006); Joosten H., Clarke
D. (2002); Picken P., Ostlund S.
(2006)
Joosten H., Clarke D. (2002)
24.000
26
0,8
0,003
Anonimo (2006); Bambalov (1996)
4.000
5,2
0,8
0,015
Anonimo (2006); Reinikainen O.
(2001)
km2
Volume estratto
Incidenza
estrazione
annualmente
x106m3
13
annua su riserve %
0,00008
4
0,02
Fonti
Anonimo (2006); Daigle J.K., Hood
G. (2006); Rubec C. (1996)
Anonimo (2006); Falkemberg H.
(2006); Steffens P. (1996)
Anonimo (2006); Orru M. (1996)
9
Cattivello
Tabella 3. Comparazione fra estrazione ed accumulo annuo di torba in torbiere indisturbate.
Table 3. Comparison between peat extraction and peat accumulation in mires.
Paese
Volume Superficie
estratto torbiere
Accumulo Volume acdi torba
cumulato in
torbiere inindisturbate annuo
disturbate
x106 m3
km2
mm
Incidenza estrazione
x106m3
su accumulo
annuo %
Canada
13
913.270
0,6-0,7
548 - 639
2,4 - 2
Germania
4
100
0,5-1
0,05 - 0,1
8.000 - 4.000
Estonia
3,4
3000
0,6-1,6
1,8 - 4,8
189 - 70,8
Finlandia
2,4
32.000
0,67-1,36
21,4 - 43,5
11,2 - 5,5
Irlanda
2,4
2.100
0,5-1,1
1,1 - 2,3
218 - 104
Regno Unito
1,5
1.000
0,5-1
0,5 - 1
300 - 150
Svezia
1,4
55.000
0,4-2,2
22 - 121
6,4 - 1,16
Russia europea
1,1
150.000
0,5-1
75 - 150
1,5 - 0,7
Bielorussia
0,8
11.412
0,5-1
5,7 - 11,4
14 - 7
Lituania
0,8
750
0,6-1,2
0,45 - 0,9
178 - 89
Lettonia
0,8
4.663
0,6 - 1,2
2,8 - 5,6
28,6 - 14,3
Le torbiere: genesi, tipi e caratteristiche
Il processo di formazione di una torbiera ha inizio allorché gli apporti idrici di varia natura (meteorici e superficiali) superano le perdite per evapotraspirazione, per drenaggio superficiale e profondo,
nonché i cambiamenti periodici nei volumi d’acqua
trattenuti nel deposito.
La genesi di una torbiera è influenzata dal tempo, dalla giacitura del deposito, dall’entità e tipo di
apporto idrico, dalla temperatura media annua e dal-
10
Fonti
Joosten H., Clarke D.
(2002); Rubec C.
(1996)
Joosten H., Clarke D.
(2002); Steffens P.
(1996)
Joosten H., Clarke D.
(2002); Orru M.
(1996)
Joosten H., Clarke D.
(2002); Lappalainen
E. (1996)
Joosten H., Clarke D.
(2002); Shier C.
(1996)
Joosten H., Clarke D.
(2002); Burton R.
(1996)
Fredriksson D.(1996);
Joosten H., Clarke D.
(2002)
Kosov V.I. Kreshtapova V.N. (1996); Joosten H., Clarke D.
(2002)
Joosten H., Clarke D.
(2002); Bambalov
(1996)
Joosten H., Clarke D.
(2002); Reinikainen
O. (2001); Tamosaitis
V.et. al. (1996)
Joosten H., Clarke D.
(2002); Snore A.
(1996)
le specie vegetali presenti. L’azione concomitante di
questi fattori porta alla formazione di tre tipologie
ben distinte di depositi: le torbiere di palude o basse
(fen peatlands o sedge bogs), le torbiere alte (raised
bogs) e le torbiere di montagna (upland blanket
bogs).
Le torbiere basse rappresentano, in molti casi,
la prima fase evolutiva di un processo che si conclude con la formazione delle torbiere alte. Sono tipiche di bassure e sono alimentate principalmente da
Aspetti ambientali, tecnici e commerciali legati all’impiego della torba: presente e futuro del componente base dei
substrati.
due prerogative particolarmente importanti: la costanza di caratteristiche (dovuta alla maggiore uniformità botanica) e le buone proprietà fisiche apportate dallo sfagno. Ciò spiega il motivo per il quale
queste torbe vengano preferite nella preparazione di
mezzi di coltura.
Le torbiere di montagna si formano su leggeri
declivi in presenza di apporti meteorici non inferiori
ai 1300 mm annui, distribuiti su un intervallo di
tempo di almeno 200 giorni. Composizione botanica, pH e caratteristiche tecniche sono intermedie fra
i due tipi precedenti. Queste torbe si impiegano prevalentemente a fini energetici a causa soprattutto
della scarsa potenza dei depositi e della minore omogeneità rispetto al tipo precedente.
Grado di decomposizione. Lungo il profilo di
una torbiera, passando dagli strati superficiali a
quelli profondi, aumenta l’età dei depositi e con essi
anche il grado di decomposizione. Questo aspetto ha
pesanti riflessi sulle caratteristiche fisiche e fisicochimiche. La migliore stabilità strutturale ed il potere tampone più elevato si rinvengono nelle torbe di
media o alta decomposizione mentre la massima
ritenzione idrica ed il più alto contenuto d’aria si ritrovano nei tipi poco decomposti (H 1-3). Tuttavia,
il miglior compromesso tra le varie caratteristiche
fisiche e chimico-fisiche si ha nelle torbe di media
decomposizione (H 4-6), come si osserva in tabella
4.
acque di ruscellamento, ricche in sali. La relativa
abbondanza di elementi minerali, il pH neutro o sub
acido, ed in genere le condizioni climatiche non particolarmente severe, portano ad una notevole diversificazione delle specie botaniche presenti, con prevalenza di Carex spp., Phragmites spp., Eriophorum
spp.. A causa della variabilità botanica e delle intrinseche proprietà fisiche delle specie sedimentate,
ne deriva una torba di caratteristiche tecniche mediocri per l’elevato restringimento e scarso contenuto d’aria. La torba che si ottiene è perciò più adatta
all’utilizzo a fini energetici che per la formulazione
di substrati.
Le torbiere alte si sviluppano a partire dal tipo
precedente e sono alimentate in prevalenza da acque
di origine meteorica, quindi povere in elementi nutritivi. L’appellativo di torbiere alte deriva dal fatto
che, con il tempo, le specie che si accrescono e accumulano sul precedente deposito tendono a produrre uno strato di forma lenticolare, alto in alcuni casi
qualche metro sul piano di campagna. Questo innalzamento fa sì che la copertura vegetale si accresca,
dapprima in parte e poi completamente, grazie
all’apporto delle sole acque meteoriche. Il pH particolarmente acido e la scarsa disponibilità in sostanze
minerali provocano una selezione delle specie presenti. Fra queste spiccano centinaia di specie di sfagno, spesso le sole che si adattano a queste condizioni difficili. Il materiale che ne deriva presenta
Tabella 4. Principali caratteristiche fisiche e chimico-fisiche delle torbe provenienti da torbiere alte.
Parametri rilevati secondo le metodiche UNI EN 13037, 13038, 13039, 13041
Table 4. Physical aspects of peat extracted from raised bogs.
Caratteristiche fisiche Unità
e fisico-chimiche
misura
Grado di decomposizione (sec. von Post)
H
Densità apparente
Porosità totale
Volume d'aria a pF1
Ritenzione idrica in volume a pF1
Capacità idrica in peso a
pF1
Sostanza organica
Ceneri su s.s.
1-3
4-6
7-10
kg/m
(% v/v)
(% v/v)
< 89
95-98
10-60
90-149
91-96
10-40
>150
85-93
5-25
(% v/v)
38-88
56-86
68-88
(% w/w)
(% w/w)
(% w/w)
4-15
94-99
1-6
4-8
94-99
1-6
3-5
94-99
1-6
2,8-4
3-4
3-4
< 0,15
< 0,15
< 0,15
3
pH (H20)
EC
Poco
Mediamente Molto
decomposte decomposte decomposte
mS/cm
25°C
11
Cattivello
Modalità di raccolta
I sistemi attualmente impiegati sono tre: fresatura, raschiatura e zollatura.
La fresatura consiste nella rimozione, di volta
in volta, di uno strato superficiale di torba di 2-3 cm.
Il materiale fresato viene lasciato asciugare fino ad
un tenore di umidità relativa del 60% circa e raccolto con appositi aspiratori. Nell’arco di una stagione
lavorativa l’operazione può essere ripetuta più volte,
in dipendenza dell’andamento climatico più o meno
favorevole. E’ il sistema più economico e viene utilizzato prevalentemente per la torba poco decomposta.
La zollatura è anch’essa utilizzata per torbe di
scarsa o media decomposizione. Consiste nella raccolta della torba in mattonelle che, una volta asciugate, vengono macinate in fabbrica in frazioni granulometriche prestabilite. Rispetto alle torbe fresate
presentano una migliore stabilità strutturale, un contenuto d’aria superiore ma una minor frazione in acqua facilmente disponibile per le piante.
La raschiatura è un sistema adottato per torbe
aventi grado di decomposizione medio-elevato o elevato. Una catenaria provvede alla raccolta lungo
un profilo di lavoro di circa 2 m. Il materiale estratto
viene depositato sul campo e qui lasciato durante la
stagione invernale per sottoporlo all’azione disgregatrice del gelo (condizionamento). Il condizionamento è un passaggio obbligato per poter utilizzare
questo materiale. L’azione del gelo, infatti, migliora
in maniera determinante la stabilità, il contenuto
d’aria, il volume d’acqua facilmente disponibile per
le piante e nel contempo ne riduce considerevolmente la plasticità.
Composizione botanica
Carice e canna comune
Le torbe provenienti da depositi costituiti in
prevalenza da carice presentano caratteristiche inferiori rispetto a quelle a base di sfagno. La carice determina infatti una minore stabilità della struttura,
una ridotta ritenzione idrica ed un basso volume
d’aria.
Sfagno
Si calcola che sulla Terra il genere Sphagnum
copra una superficie pari a 1.500.000 km2, un’ area
equivalente alla somma delle estensioni di Germania, Francia, Spagna ed Austria. Questo successo
competitivo si può spiegare con la capacità di acidificazione del mezzo, la capacità di tollerare basse
concentrazioni dei soluti, una certa resistenza alla
decomposizione (grazie alla presenza nei tessuti di
vari composti fenolici) ed una abbondanza di specie
talmente accentuata da permettere l’occupazione di
nicchie ecologiche piuttosto diverse. La straordina-
10
ria capacità di ritenzione idrica dello sfagno (anche
15-20 volte il peso di partenza), si deve alla particolare struttura delle foglie e dei rachidi fogliari. Le
foglie, a forma di cucchiaio (fig. 1), sono costituite
da uno strato di cellule (clorocisti) di piccole dimensioni, alternate ad altre di grandi dimensioni (leucocisti) provviste di piccole aperture attraverso le quali
fluisce l’acqua e l’aria.
Fig. 1. Foglie di sfagno
Fig. 1. Sfagnum leaflets
In una torba giovane i rachidi sono completi di
tutte le foglie (fig. 2). Il 70% dell’acqua è intrappolata tra le foglioline, il 20% è trattenuta all’interno
dei leucocisti mentre il rimanente è assorbito dai restanti tessuti (Andrè, 1981).
Fig. 2. Particolare di un rachide intatto
Fig. 2. Sfagnum stem aspect
La decomposizione del materiale comporta il
graduale distacco delle foglie e la degradazione delle microstrutture fogliari. Questo fenomeno è alla
base della minore ritenzione idrica, del ridotto contenuto d’aria e della maggiore densità riscontrabile
nelle torbe più decomposte rispetto ai tipi più giovani (tab. 4). Le varie specie di sfagno possono impartire ai terricci caratteristiche tecniche ben diverse.
Fra i vari raggruppamenti botanici presenti
Aspetti ambientali, tecnici e commerciali legati all’impiego della torba: presente e futuro del componente base dei
substrati.
all’interno di questo genere, due rivestono una primaria importanza per la loro diffusione e le peculiari
caratteristiche morfologiche che si riflettono sul
substrato finale: il gruppo Cymbifolia e Acutifolia.
Gli sfagni appartenenti al primo gruppo (S. imbricatum, S. magellanicum, S. papillosum, ecc.) danno
luogo a torbe di bassa densità apparente, media stabilità meccanica e microbiologica, elevata ritenzione
idrica, alto contenuto d’aria e medio potere tampone. I tipi appartenenti al gruppo Acutifolia (S. fuscum, S. rubellum, S. plumulosum, ecc.) si caratterizzano per il fatto di produrre torbe di maggiore
densità apparente, buona stabilità meccanica e microbiologica, alto potere tampone ma minore ritenzione idrica e contenuto d’aria.
La gestione delle torbiere esaurite
In Germania, Canada, Regno Unito, Irlanda e
Repubbliche Baltiche, paesi di più lunga tradizione
nell’impiego di torba per la produzione di substrati,
nel corso degli ultimi decenni si è evoluta una severa legislazione in materia. La concessione del nulla
osta alla coltivazione di una torbiera è subordinata al
rispetto di norme che regolano in maniera precisa le
fasi di preparazione, coltivazione e rigenerazione: lo
scopo è di riportare la torbiera, una volta conclusa
l’estrazione, alle condizioni naturali presenti
all’inizio dei lavori. Il processo avviene in tre fasi.
Nella prima si procede al riallagamento dell’area interessata, nella seconda si attiva un graduale ripristino dell’habitat originario grazie ad un cambio radicale della composizione floristica indotta dalla saturazione idrica. Nella terza fase si ha la ricostituzione
di uno strato più o meno uniforme di sfagno che avvia nuovamente il processo di accumulo. L’intero
percorso ha una durata variabile di 15 - 20 anni.
Negli ultimi anni in Canada e Germania sono
stati sperimentati nuovi sistemi di recupero delle
torbiere esaurite che permettono di ridurre notevolmente i tempi di ripristino. In questo caso si opera
distribuendo sull’area da recuperare uno strato di
circa un cm di sfagno vivo, che viene coperto con
due - tre cm di paglia. Successivamente si esegue
una concimazione in ragione di 20 kg/ha di P2O5, ed
infine si procede al riallagamento della superficie.
Questo sistema permette di ottenere una copertura
del 50% della superficie con sfagno, in soli 4 anni.
Esperimenti condotti presso l’Istituto di tecnologia
del suolo di Brema fanno intravedere la possibilità,
in un prossimo futuro, di poter coltivare direttamente le specie di sfagno da impiegare per la produzione
di substrati, con intuibili benefici non solo in termini
di una migliore percezione di sostenibilità, ma anche
di miglioramento delle caratteristiche tecniche finali
dei mezzi di coltura (Reinikainen e Haukioja,2005).
Il mercato europeo: situazione attuale e tendenze future
Considerazioni possono essere fatte soprattutto
sulla base di stime in quanto in molti Paesi europei
le statistiche ufficiali non fotografano in maniera
adeguata il settore. Secondo Schmilewski (2008),
nel 2006 nei Paesi dell’UE il consumo di substrati
(sia professionali che amatoriali) ha superato i
34.000.000 m3 dei quali il 77% era rappresentato da
torba. In questo mercato i substrati peat-free occupavano una quota di mercato molto limitata, compresa fra lo 0,1 e l’1%.
Predire l’evoluzione futura del settore in Europa non è facile anche se può essere interessante esaminare il caso inglese, un mercato particolarmente
evoluto e per molti aspetti anticipatore di tendenze
future. Questo mercato è caratterizzato da una prevalenza del settore amatoriale (2.500.000 m3) su
quello professionale (1.450.000 m3). Sotto la pressione del legislatore in questi ultimi anni la presenza
di torba nei substrati è costantemente diminuita anche se resta di gran lunga il componente principale
dei substrati e tale sarà anche nell’immediato futuro.
Le previsioni riguardanti il mercato inglese dei terricci professionali, di qui al 2010, vedono la torba
coprire il 72% dei fabbisogni, la corteccia un ulteriore 14-15%, mentre la quota occupata da compost
verde dovrebbe salire al 6-7% (Waller, 2006)
(fig.3).
11
Cattivello
100
90
80
1999-2001
70
60
2005
50
40
2007
30
20
2010
10
0
hobby
torba
hobby
Corteccia
hobby
Deriv. Legn.
hobby
Compost v.
hobby
Cocco
Fig. 3. Evoluzione del mercato inglese dei substrati (Waller, 2006)
Fig. 3. The english substrates market evolution (Waller, 2006)
Nell’ambito amatoriale la riduzione dell’impiego di torba sarà più consistente anche se la quota
occupata da questo materiale non scenderà al di
sotto del 50%. Anche in questo settore si prevede un
incremento dell’impiego di corteccia dal 12,5 al
15% e di compost verde e derivati legnosi dal 6% al
10%.
Conclusioni
In molte nazioni con grandi riserve di torba
come ad esempio Bielorussia, Finlandia, Ucraina,
Irlanda, Russia e Svezia questa è utilizzata in larga
parte per la produzione di energia. In questi paesi si
calcola che l’estrazione a fini energetici rappresenti
una quota variabile fra il 70 e 95% del totale annualmente consumato. Invece, in altri paesi come
Canada, Germania ed Estonia prevale nettamente
l’estrazione a fini agricoli.
Va rilevato che il consumo annuale di torba per
impieghi agricoli, rapportato all’ammontare delle
riserve stimate su scala planetaria, incide in maniera
pressoché trascurabile. Inoltre in alcuni grandi Paesi
produttori quali Russia, Canada, Finlandia, Bielorussia, Svezia e Lettonia, la quantità di torba estratta
annualmente è inferiore a quanto accumulato nello
stesso periodo di tempo nei depositi ancora intatti, al
contrario in Germania, Irlanda e Regno Unito, dove
12
il ritmo di estrazione supera la capacità di rigenerazione annua, i volumi estratti sono in netta contrazione e le torbiere esaurite sono sottoposte ad un
programma di naturalizzazione sotto la supervisione delle autorità pubbliche.
Il mercato europeo dei terricci è in costante
crescita e nel 2006 ha superato i 34.000.000 m3 dei
quali il 77% era rappresentato da torba. Le proiezioni per l’immediato futuro fanno intravedere un trend
positivo dei volumi commercializzati ed un ruolo
ancora di primo piano per la torba sia nei substrati
professionali che amatoriali. L’evoluzione del mercato orticolo e floricolo negli ultimi decenni ha determinato un innalzamento degli standard qualitativi
ed una migliore rispondenza delle torbe alle diverse
esigenze degli utilizzatori. Questo è avvenuto grazie
ad una approfondita conoscenza dei fattori che influenzano le caratteristiche tecniche delle torbe e
che si possono riassumere nei seguenti punti: genesi
del deposito di provenienza, grado di decomposizione, modalità di raccolta e vagliatura e infine
composizione botanica.
Il futuro dei terricci a base di torba si giocherà
verosimilmente sugli aspetti microbiologici, al fine
di ottimizzare la stabilità dei mezzi di coltura e la
gestione fitopatologia e nutrizionale delle piante coltivate su substrati in vaso.
Aspetti ambientali, tecnici e commerciali legati all’impiego della torba: presente e futuro del componente base dei
substrati.
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15
Copyright © by Centro Scientifico Italiano dei Fertilizzanti
Quali componenti aggiungere ai substrati per migliorarne le caratteristiche?
Piero Frangi
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Corresponding author: tel. +39 031 900224, fax +39 031 900248, e-mail: [email protected]
Riassunto
La torba è il costituente principale dei substrati, ma nelle miscele comunemente utilizzate nell’orto-floro-vivaismo
essa viene miscelata con altre componenti che, in maniera più o meno determinante, influenzano le caratteristiche chimiche, fisiche e microbiologiche del substrato. La moderna industria dei substrati professionali offre ai coltivatori miscele di componenti e di additivi diversificate a seconda della specie, della dimensione del contenitore, dell’ambiente di
coltivazione, allo scopo di ottimizzare le condizioni dello sviluppo dell’apparato radicale e - di conseguenza - dell’intera
pianta. E’ importante conoscere bene le caratteristiche dei componenti e le loro interazioni, in quanto le proprietà favorevoli di un componente possono in qualche modo attenuare le meno positive proprietà di un altro componente, realizzando così un substrato di buona qualità.
Tra i costituenti dei substrati, materie prime innovative sono reperibili sul mercato (fibra di cocco, fibre di legno,
materiali organici compostati), generando nuove opportunità e qualche timore per il mantenimento della qualità e della
omogeneità nelle miscele. Un possibile risvolto positivo legato all’utilizzo dei compost nei substrati è correlabile
all’attività repressiva che questi possono svolgere nei confronti di microrganismi fitopatogeni. Nel presente lavoro si
descrivono anche le diverse categorie di additivi dei substrati che vengono, in maniera più o meno diffusa, utilizzati nella loro formulazione, sottolineando in particolare i vantaggi che tali additivi possono apportare ai substrati in termini di
riduzione dell’apporto di agrofarmaci di sintesi e di efficienza di uso dell’acqua e dei fertilizzanti da parte della pianta.
Parole chiave: additivi, materie prime, qualità dei substrati, repressività, torba
What are the additives that can improve quality in growing media?
Abstract
Peat is the main constituent of growing media, but mixtures commonly utilized in horticulture contain peat and
other components that can influence chemical, physical and microbiological properties of the medium. Modern industry
of professional growing media offers to growers some constituents and additives mixtures that differ each other according to species utilized, size of container, crop environment, in order to optimize growth of root system and, therefore, of
the whole plant. It’s important to know thoroughly the characteristics of all the medium constituents and their interactions: the favourable properties of one constituent can somehow mitigate the critical aspects of another one, giving a
well-balanced medium.
Among the constituents of growing media, new materials are recently put on the market (coir, wood fibres, composted organic materials), giving birth to new chances, but also worry about keeping quality and homogeneity of
blends. A promising inclusion of composts in growing media is related to their suppressive effect on soil-borne plant
diseases. The present work describes the various categories of additives that are added to the mixes, taking into account,
in particular, the advantages that these products can supply in terms of reduction of agrochemicals use and plants efficiency in water and fertilizers use.
Keywords: additives, growing media quality, media constituents, peat, suppression
Introduzione
L’industria dei substrati di coltivazione deve
affrontare nuove sfide che riguardano, da un lato,
una sempre maggiore automazione delle operazioni
Fertilitas Agrorum 3 (1) 2009 16-21
colturali, dall’altro una restrizione di uso della torba
accanto ad una sempre maggiore disponibilità di
nuovi materiali organici quali scarti dell’industria
del legno o compost di differente origine. Le nuove
16
Frangi
formulazioni di substrati devono tener conto di questi fattori e, poiché le proprietà chimiche, fisiche e
microbiologiche di un substrato sono influenzate da
tutte le materie prime che lo costituiscono, è importante disporre di componenti di cui sono note le
proprietà, in modo da poter essere aggiunti nelle
proporzioni ottimali.
Le materie prime che compongono i substrati
sono distinte in due categorie: i costituenti e gli additivi (Schmilewski, 2003). Alla prima categoria appartengono i componenti-base del substrato (torba,
fibra di cocco, fibre di legno, compost, perlite, pomice, lolla di riso, ecc.), mentre alla categoria degli
additivi appartengono i concimi, i correttivi, le sostanze tampone, i leganti, gli agenti umettanti, gli
idrogel, i fitofarmaci, i coloranti, gli agenti biologici. La distinzione tra le due categorie risiede nel fatto che i costituenti vengono miscelati in base al loro
volume, mentre gli additivi sono addizionati in peso
rispetto al volume del substrato. Spesso la presenza
degli additivi non può essere identificata visivamente a motivo delle relativamente piccole quantità aggiunte al substrato o della forma fisica dell’additivo
(polvere fine oppure allo stato liquido); in questi casi solo un’analisi di laboratorio può riscontrare la
presenza di un additivo.
Compost quali costituenti dei substrati
Parlare di compost nei substrati suscita spesso
reazioni di rifiuto da parte dei coltivatori, peraltro
anche giustificate da una non corretta conoscenza
dei materiali e da una scarsa cura nella preparazione
e nella caratterizzazione di un compost. D’altra parte, occorre tener presente la disponibilità relativamente abbondante di tale materia, grazie alla diffusione della raccolta differenziata della frazione organica degli RSU, degli scarti di manutenzione del
verde, delle industrie alimentari, ecc., e quindi anche
il costo può risultare conveniente. In realtà, le proprietà agronomiche dei compost trovano una più felice collocazione nel settore degli ammendanti, quali
materiali che apportano sostanza organica ai suoli.
Va comunque sottolineato che una parte del compost, derivato da materie prime selezionate e soggetto a un adeguato periodo di maturazione, può entrare
a far parte dei substrati anche professionali. In particolare, ancora poco è stata valorizzata la caratteristica, posseduta da alcuni compost, di svolgere
un’attività repressiva nei confronti di microrganismi
fitopatogeni (Noble e Coventry, 2005; Zinati, 2005).
La capacità repressiva può essere dipendente dalle
caratteristiche chimico-fisiche del compost, dalla
presenza di una microflora antagonista, o da una
combinazione dei due fattori. I meccanismi tramite i
quali la microflora di un compost è in grado di limitare l’azione dei patogeni terricoli sono: la competi-
17
zione tra patogeni e antagonisti per lo spazio e le sostanze nutritive; la produzione di antibiotici; il parassitismo; l’induzione di resistenza sistemica nella
pianta ospite (Hoitink et al., 2001). Significativi risultati nel contenimento di patogeni terricoli con
l’utilizzo di compost sono stati di recente presentati
(Wohanka et al., 2005; Pugliese et al., 2006). Va
sottolineato che l’attività repressiva è strettamente
dipendente dalle matrici utilizzate e dalle tecnologie
impiegate nel processo di compostaggio (Scheuerell
et al., 2005). La capacità repressiva dei compost può
essere accresciuta attraverso l’inoculazione di ceppi
selezionati di microrganismi (Nakasaki et al., 1998).
La messa a punto degli inoculi più efficienti per tale
scopo è un argomento di ricerca relativamente recente e non ancora pienamente approfondito.
Concimi
Poiché la torba è povera di elementi nutritivi
per la pianta, è essenziale aggiungere ai substrati
un’adeguata quantità di macro e microelementi per
venire incontro alle esigenze nutritive della coltura.
La scelta del concime e la quantità da aggiungere al substrato è in funzione di diversi fattori: tipo
di coltivazione, esigenze nutrizionali e tolleranza
alla salinità, durata del ciclo di coltivazione, tipo e
solubilità del concime. In genere ai substrati viene
aggiunta una componente di base “di pronto effetto”
per assicurare da subito una base nutritiva alla pianta. Poi, a seconda del sistema colturale adottato, si
ricorre a fonti esterne (fertirrigazione), oppure si usano concimi con rilascio dilazionato nel tempo. In
questo settore si è avuta una notevole evoluzione
tecnologica, che ha portato alla costituzione di formulati nei quali la cessione degli elementi nutritivi
avviene attraverso una membrana di resina biodegradabile che riveste il concime. La cessione è in
funzione della temperatura e, a seconda delle esigenze della coltura, può essere maggiore all’inizio,
verso la fase finale del ciclo o costante durante la
coltivazione. L’aggiunta al substrato dei concimi a
rilascio controllato deve avvenire poco prima del
loro utilizzo per sfruttarne pienamente le caratteristiche.
Correttivi
Vengono utilizzati correttivi per innalzare il
valore di pH dei substrati che, in generale, risulta
assai basso per la presenza della torba. Nell’uso dei
correttivi occorre tenere presente alcuni fattori, quali
il pH dei costituenti del substrato, il grado di decomposizione della torba, il tipo e la composizione
dei concimi aggiunti. Va poi tenuto presente che il
pH del substrato è soggetto a modificazioni durante
la coltivazione, a seconda della qualità dell’acqua di
irrigazione, del tipo di concimi eventualmente ap-
Quali componenti aggiungere ai substrati per migliorarne le caratteristiche?
portati insieme all’acqua irrigua e alla durata del ciclo di coltivazione. La crescita delle piante può essere assai influenzata dal pH del substrato: Cattivello e
Danielis (2004) hanno ottenuto significativi aumenti
dei parametri qualitativi di giovani piante orticole
innalzando il pH del substrato da 6,0 a 7,0.
Sostanze tampone
Le argille sono ampiamente utilizzate nei substrati; hanno progressivamente sostituito l’uso di
suolo (terra sterilizzata) nei substrati a base di torba.
Le argille sono aggiunte per ridurre il dilavamento
di elementi nutritivi a motivo della loro elevata capacità di scambio cationico. Le argille a granulometria più fine riducono la quantità di acqua facilmente
disponibile e possono essere utilizzate per mantenere le piante più compatte, limitando l’uso di regolatori di crescita (Verhagen, 2004).
Le zeoliti sono silicati di alluminio di origine
vulcanica; presentano elevata finezza e una buona
capacità di scambio nei confronti degli ioni K+ e
NH4+. L’uso di zeoliti nei substrati è piuttosto limitato: vengono aggiunte per aumentare la capacità di
scambio cationico e per creare una sorta di lento rilascio degli elementi nutritivi. I risultati di prove recenti sull’aggiunta di zeoliti di diversa origine ai
substrati per la coltivazione in vaso di piante ornamentali sono contrastanti: in Camelia japonica le
zeoliti non hanno favorito la crescita, mentre in geranio hanno permesso una precocità di fioritura, associata ad un consistente risparmio di concimi (Martinetti, 2003; Passaglia et al., 2005).
Per quanto riguarda gli ossidi di alluminio, attualmente è disponibile sul mercato un prodotto sviluppato da un gruppo di ricerca del Danish Institute
of Agricultural Science di Aarslev. Si tratta di un
ossido di alluminio attivato, con un’alta capacità di
assorbimento e rilascio di fosforo, di altri elementi
nutritivi (sia cationi che anioni) e di composti polari
come gli acidi organici. La sua aggiunta al substrato
permette di mantenere controllato il livello di fosforo, in modo da influenzare alcuni aspetti della crescita, in particolare:
a) limitare la crescita della pianta, in alternativa all’uso dei brachizzanti, riducendo la disponibilità di fosforo; questo effetto si traduce anche in
un maggior sviluppo dell’apparato radicale ed in
una più lunga conservazione in fase di postproduzione (Hansen e Petersen, 2004);
b) stimolare la crescita della pianta utilizzando
un’alta quantità di tampone fosfatico.
Leganti
La necessità di aggiungere sostanze leganti ai
substrati è limitata alla fase vivaistica, per mantene-
re il più possibile compatto il pane di terra e migliorare l’efficienza delle operazioni di trapianto, soprattutto se operate meccanicamente. Come leganti vengono utilizzati amidi, cellulosa, argille, poliacrilati.
E’ importante analizzare preventivamente le sostanze aggiunte al substrato per evitare fenomeni di fitotossicità o peggioramenti delle proprietà fisiche del
mezzo di crescita.
Agenti umettanti
I substrati a base di torba possono presentare
caratteristiche di idrofobicità, soprattutto quando
l’umidità scende a valori sotto il 50%. L’aggiunta al
substrato di additivi in grado di ridurre la tensione
idrica dei substrati ha lo scopo di evitare stress alle
piante, favorendo un veloce adsorbimento
dell’acqua. Allo scopo possono venire utilizzati additivi minerali (sabbia, argilla, perlite, vermiculite,
zeolite, …), oppure additivi organici naturali (estratti vegetali) o di sintesi (tensioattivi cationici, anionici o non ionici). Tra i prodotti di sintesi vengono utilizzati i tensioattivi non-ionici, in quanto sono ben
tollerati dalle piante e non generano problemi di fitotossicità se dosati correttamente. Importante è la
longevità dell’agente umettante; in commercio esistono prodotti in cui l’effetto è garantito per almeno
18 mesi. Recentemente è stato messo a punto un test
per valutare l’efficacia degli agenti umettanti su differenti substrati a base di torba (Bragg e McCann,
2003).
Idrogel
Si tratta di gel costituiti da polimeri idrofobici,
insolubili in acqua, che sono in grado di assorbire
notevoli quantità di acqua. L’aggiunta di tali materiali ha lo scopo di aumentare la riserva idrica dei
substrati, riducendo così la frequenza degli interventi irrigui. Il punto critico di questi materiali, sviluppati principalmente per applicazioni quali i pannolini per bambini, è il rilascio dell’acqua nel momento
in cui la pianta ne ha bisogno. In assenza di irrigazione si è osservato che gli apparati radicali assorbenti non sono in grado di utilizzare le maggiori
quantità di acqua presenti nella miscela di substrati
torbosi e di ritentori idrici. Il substrato, asciugandosi
più velocemente rispetto al ritentore, si mostra sempre più riluttante nei confronti dell’acqua rilasciata
da quest’ultimo, la quale viene dispersa negli spazi
liberi e resa inutilizzabile da parte degli apparati radicali delle piante, se non per casuali contatti diretti
radice-ritentore. In commercio sono presenti prodotti che uniscono polimeri idroassorbenti, concimi a
cessione controllata e attivatori di crescita (Dewever
e Ottevaere, 2003).
18
Frangi
Fitofarmaci
L’aggiunta di fungicidi o insetticidi ai substrati
è una pratica scarsamente diffusa e limitata a casi
particolari. Il limite principale è rappresentato da
vincoli di natura legislativa, in quanto un substrato
contenente fitofarmaci dovrebbe essere commercializzato (almeno in Italia) come prodotto fitosanitario. I fitofarmaci vengono perciò aggiunti solo nel
caso di substrati prodotti in azienda: nel vivaismo
ornamentale si usa, ad esempio, aggiungere principi
attivi come fosetyl-alluminio per la prevenzione dei
marciumi radicali.
Coloranti
Un particolare tipo di additivi dei substrati è
costituito dalla categoria dei coloranti, elementi che
sono richiesti solamente per materie prime particolari, quali le fibre di legno che, nel loro aspetto naturale, sono molto chiare. Alcuni substrati contenenti
fibre di legno vengono così colorati con polvere di
carbone o torba di sfagno molto decomposta, in modo da ottenere un substrato di colore “simil-torba”.
Prodotti biologici
Il crescente interesse nell’aggiunta ai substrati
di prodotti biologici, intesi sia come biopesticidi che
come biostimolanti, è motivato da una ridotta efficacia dei trattamenti chimici tradizionali, in quanto
compaiono fenomeni sempre più frequenti di resistenza. A questo vanno aggiunte le restrizioni d’uso
di alcuni tra i più diffusi fitofarmaci. Molte aziende
hanno perciò modificato le loro strategie di difesa,
passando da una lotta chimica tradizionale a soluzioni più innovative: prevenzione, interesse e impor-
19
tanza del riconoscimento precoce delle malattie,
maggiore disponibilità ad effettuare trattamenti alternativi a quelli chimici.
Ad oggi i maggiori risultati applicativi ottenuti nel
campo del biocontrollo sono stati ottenuti nei confronti dei patogeni terricoli, ma altri settori promettenti riguardano il contenimento dei patogeni fogliari e degli artropodi. Il meccanismo d’azione dei biofungicidi si basa su due modalità principali: la competizione e l’antibiosi. La competizione consiste
nell’occupare lo spazio, utilizzare le sostanze nutritive o i fattori presenti in quantità limitata e necessari al patogeno per la sua sopravvivenza e crescita.
Sia Trichoderma che Streptomyces competono per i
nutrienti e per il sito. L’antibiosi consiste nella produzione di sostanze ad azione antibiotica. I due
meccanismi d’azione si possono ritrovare anche nello stesso fungo: ad esempio è il caso di Trichoderma.
Per ottenere un controllo biologico di alcune
patologie fungine dell’apparato radicale occorrono 3
requisiti (Hoitink e Lewandowski, 2006):
un’adeguata scelta di componenti del substrato, in
modo da soddisfare le esigenze di crescita delle popolazioni microbiche antagoniste dei patogeni;
l’inoculazione preliminare del substrato con uno o
più microrganismi antagonisti; il controllo dei fattori
ambientali, in particolare pH, temperatura e umidità,
in modo da permettere la rapida colonizzazione del
substrato da parte degli antagonisti.
In Tabella 1 sono riportati i fungicidi biologici
disponibili
sul
mercato
nazionale
per
l’incorporazione ai substrati, unitamente al loro
spettro di azione.
Quali componenti aggiungere ai substrati per migliorarne le caratteristiche?
Tabella 1. Elenco dei fungicidi biologici commercializzati in Italia per l’aggiunta ai substrati e relativo spettro
d’azione.
Table 1. List of organic fungicides marketed in Italy that can be added to growing media and their related spectrum activity.
Nome
Composizione
Bactis
Bacillus subtilis
Mycostop
Contans
IF 23
Remedier
RootShield
Granules
TV 1
Spettro d’azione
Distributore
Controllo malattie fungine dell’apparato radicale e del Agrimport
colletto (Fusarium spp, Botrytis spp, Pythium spp.,
Sclerotinia spp., Rhizoctonia spp.)
Streptomyces gri- Controllo dei patogeni terricoli (Fusarium spp, Pho- Bioplanet
seoviridis K61
mopsis spp, Pythium spp., Phytophthora spp., Rhizoctonia spp.)
Contenimento di Sclerotinia sclerotiorum e S. minor
Intrachem Bio
Coniothyrium
minitans
Agribiotec
Fusarium
o- Ceppo ipovirulento attivo, in via preventiva, nel conxysporum IF 23
tenimento dei marciumi causati da Fusarium oxysporum
Prevenzione malattie fungine del terreno
Isagro Italia
Trichoderma
harzianum
ICC012 e T. viride ICC080
Prevenzione malattie fungine dell’apparato radicale
Intrachem Bio
Trichoderma
harzianum T-22
Trichoderma vi- Contenimento dei marciumi radicali da Armillaria Agribiotec
ride TV 1
spp., Fusarium spp, Verticillium spp, Pythium spp.,
Sclerotinia spp., Rhizoctonia spp.
Per quanto riguarda i biostimolanti, sul mercato esistono attualmente due tipologie di prodotti:
a) gli induttori di resistenza, i quali possono
stimolare i recettori proteici situati sulla membrana
cellulare facendo insorgere nella pianta alcuni meccanismi difensivi: rafforzamento della parete cellulare mediante l’accumulo di callosio, lignine, fenoli
e glicoproteine; difesa biochimica mediante la produzione di fitoalessine ed enzimi idrolitici;
b) gli stimolanti radicali che contengono, oltre
a macro e microelementi, aminoacidi e polisaccaridi
naturali in grado di stimolare la formazione di nuove
radici e favorire la crescita e la protezione
dell’apparato radicale.
In una prova di confronto tra difesa tradizionale e difesa con mezzi biologici aggiunti al substrato
per la lotta contro Rhizoctonia solani in poinsettia si
è osservato un parziale contenimento della malattia
da parte di alcuni ceppi di Trichoderma e di induttori di resistenza (Amoroso et al., 2006). L’utilizzo di
tali prodotti deve perciò rientrare in un’ottica di di-
fesa integrata.
In una recente pubblicazione di Daughtrey e
Benson (2005) viene riportato che un significativo
contenimento delle malattie fungine delle piante ornamentali attraverso biofungicidi è stato ottenuto in
12 casi sui 54 test riportati. Ciò significa che c’è
spazio per un miglioramento delle conoscenze di
base e delle tecniche di applicazione. In particolare
occorre selezionare nuovi e più efficienti ceppi di
antagonisti dei patogeni, sviluppare test di valutazione e controlli di qualità nella produzione degli
antagonisti, studiare le popolazioni microbiche naturalmente presenti nei componenti dei substrati utilizzati e le loro interazioni con gli antagonisti addizionati al mezzo di coltura. Va anche tenuto presente che è anche difficile riprodurre nei test l’ambiente
favorevole allo sviluppo degli organismi di biocontrollo, in quanto spesso l’introduzione artificiale del
patogeno nell’esperimento eccede quanto accade in
condizioni di naturale sviluppo della malattia. Ciò
significa che, in generale, le tecniche di controllo
20
Frangi
biologico delle malattie si dimostrano efficaci quando le popolazioni dei patogeni sono basse e si è in
presenza di substrati di coltura possedenti caratteristiche di repressività.
Conclusioni
Sono tutti necessari gli additivi descritti in precedenza per ottenere un substrato ottimale? Occorre
sottolineare che se alcuni additivi come i correttivi e
i concimi entrano in pratica in tutti i substrati di coltivazione, altri possono costituire un’opportunità per
diversificare l’offerta da parte dell’industria dei substrati, essendo utili per risolvere un problema specifico di coltivazione. Nella valutazione della loro
possibile introduzione in un substrato, occorre tener
presente almeno tre fattori: efficacia, affidabilità e
costo.
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Copyright © by Centro Scientifico Italiano dei Fertilizzanti
I substrati e la coltivazione delle piante in contenitore
Alberto Pardossi1*, Luca Incrocci1, Paolo Marzialetti2 e Carlo Bibbiani3
1
Dip. Biologia delle Piante Agrarie, Università di Pisa, Viale delle Piagge 23, 56124 Pisa
Centro Sperimentale per il Vivaismo (Ce.Spe.Vi.), Via Ciliegiole 99, Pistoia
3
Dip. Produzioni Animali, Università di Pisa, Viale delle Piagge 2, 56124 Pisa
*Corresponding author: tel +390502216526, fax +390502216524, e-mail: [email protected]
2
Riassunto
Negli ultimi anni, il settore dell’ortoflorovivaismo, sia di serra che di piena aria, si è orientato verso lo sviluppo di
tecnologie di coltivazione in grado di combinare l’efficienza produttiva con la sostenibilità ambientale. Tra queste, un
ruolo importante è senza dubbio svolto dalle coltivazioni fuori suolo (o idroponica), e tra di esse soprattutto la coltivazione in contenitore. Uno dei fattori che più condizionano il risultato di una coltura in contenitore è certamente costituito dal substrato. Particolare importanza, soprattutto considerando l’irrigazione, assumono le caratteristiche idrologiche
del cosiddetto sistema “substrato-contenitore”, che durante la coltivazione sono quelle più difficili da modificare con
specifici interventi, come quelli utilizzabili per aggiustare le caratteristiche chimiche e biologiche (correzione del pH,
concimazione, disinfezione,…..). Per i coltivatori, quindi, è fondamentale contare su fornitori qualificati presso i quali
acquistare materiali e/o miscugli già pronti d’elevata qualità, includendo in questo termine anche la standardizzazione
delle caratteristiche chimiche e fisiche. Di rilievo, inoltre, per una corretta gestione della coltivazione, appare anche
l’applicazione di un sistematico monitoraggio in situ delle caratteristiche chimiche ed eventualmente della capacità di
ritenzione idrica del substrato, al fine di prevenire o correggere eventuali squilibri nutrizionali e/o modificare opportunamente il regime irriguo, soprattutto per ridurre i rischi di stress provocati dall’asfissia radicale. Infine, per quanto riguarda i materiali alternativi alla torba, per molti versi il substrato di riferimento per l’ortoflorovivaismo professionale,
la loro diffusione su larga scala richiede che non siano più considerati dei semplici “rifiuti riciclati”, ma che siano inseriti in una vera e propria filiera di produzione in grado di rifornire il mercato con prodotti di qualità standardizzata e certificata, più che a basso costo.
Parole chiave: substrati, colture fuori suolo, irrigazione, fertirrigazione, proprietà idrauliche, analisi chimiche rapide.
Growing media and container cultivation
Abstract
Soilless culture (or hydroponics) is one of the more innovative growing technologies that, in the last decade, has
been increasingly applied for the intensive production of vegetables, cut flowers and pot ornamentals in greenhouse as
well as in open air. In container culture, which is the most spread one among the various hydroponic techniques, the
characteristics of the growing media and its management during cultivation has a deep influence on crop profitability
and produce quality. Of major interest are the hydraulic properties of the “substrate-container system”, which are function of the physical characteristics of growing medium/a and the geometrical features of the container (pot, bag,
slab,…..). Indeed, the physical characteristics of substrate tend to modify with plant growth and development and it is
quite difficult their correction during cultivation with specific practices, likewise those used for adjusting pH, salinity
and mineral supply. The application of suitable and affordable procedures for in situ substrate monitoring is essential
for successful cultivations. The diffusion of materials alternative to the peat, reference substrate in professional greenhouses and nurseries, requires them not to be managed as low-cost waste products, but processed at industrial scale in
order to market high-quality materials with standardised and documented characteristics.
Keywords: substrate, soilless culture, irrigation, fertigation, hydraulic properties, quick analysis.
Introduzione
Negli ultimi anni, il settore dell’ortoflorovivaismo, sia di serra sia di piena aria, si è orientato verso lo sviluppo di tecnologie di coltivazione in grado di combinare l’efficienza produttiva
Fertilitas Agrorum 3 (1) 2009 22-31
con la sostenibilità ambientale (Pardossi et al.,
2005). Tra queste, un ruolo importante è senza dubbio svolto dalla coltivazione fuori suolo (o idroponica). I sistemi di coltivazione idroponici possono essere classificati secondo la presenza ed il tipo di
22
Pardossi et al.
substrato (coltura in contenitore su substrato artificiale; coltura in soluzione nutritiva o idroponica
propriamente detta), il metodo irriguo per apportare
la soluzione nutritiva alla coltura (irrigazione a goccia, subirrigazione, nebulizzazione) ed il recupero o
meno della soluzione di drenaggio (ciclo aperto,
semi-chiuso o chiuso).
Tra le varie tecniche, sicuramente le più diffuse sono le colture in contenitore, generalmente utilizzate
per la produzione di ortaggi (pomodoro, peperone,
melanzana, cetriolo, melone, zucchino, ecc), fragola,
fiori recisi (rosa, gerbera, crisantemo, bulbose) e
materiale di propagazione (piantine da seme, da talea, ex vitro). La coltivazione in contenitore interessa sempre più anche il vivaismo ornamentale e frutticolo (olivicolo, ad esempio) in piena aria.
La coltura in contenitore
La coltura in vaso si caratterizza per l’impiego
di contenitori di varia forma e dimensione, e di un
substrato artificiale, spesso preparato con materiali
di varia natura, organica o minerale.
Per la produzione di piante ornamentali si preferiscono in genere dei miscugli (come quelli a base
di torba e perlite, usati soprattutto in serra, o di torba
e pomice, di largo impiego nei vivai di pien’aria),
mentre per la coltivazione (in bancali o in sacchi)
delle specie ortive o da fiore reciso molto spesso si
impiega un unico materiale (fibra di cocco, perlite,
lana di roccia, ….). Tuttavia possono essere utilizzati anche altri tipi di substrati, la cui scelta è fortemente condizionata dalla disponibilità e dal loro costo.
La torba presenta le caratteristiche ideali per un
substrato di coltivazione: è leggera, omogenea, molto porosa, relativamente stabile, sicura dal punto di
vista fitopatologico, ha in genere un pH acido, che
però può essere facilmente aggiustato con l'aggiunta
di carbonato di calcio. Queste caratteristiche la rendono adatta in pratica alla coltivazione di tutte le
specie vegetali. D'altra parte, una serie di motivi
spinge verso la ricerca di materiali alternativi alla
torba. Infatti, i prezzi della torba crescono in continuazione in seguito all'incremento dei costi energetici che incidono su tutte le fasi del processo produttivo, compreso il trasporto dai paesi produttori del
Nord-Europa o del Canada. Inoltre, aumenta la domanda di substrati peat-free a seguito di una campagna di stampo ambientalista condotta contro lo
sfruttamento delle torbiere, in considerazione del
valore naturalistico (in alcuni casi, anche archeologico) di questi particolari habitat e della natura di
risorsa “non rinnovabile” di questo materiale, la cui
formazione richiede in effetti migliaia di anni. Tale
campagna è stata ed è tutt’oggi particolarmente aggressiva nel Regno Unito, dove molte catene della
23
grande distribuzione richiedono oggigiorno terricci
peat-free e piante allevate in substrati praticamente
privi di torba (Armstrong, 2004).
Anche se a livello mondiale il consumo di torba per la coltivazione di piante è meno dell'0,4% del
consumo totale di questo materiale (impiegato in
larga misura per il riscaldamento, soprattutto in
Scandinavia ed in Irlanda; Armstrong, 2004), la protezione delle torbiere ha indotto a misurarsi con tale
problema anche i produttori di torba, che propongono soluzioni che, pur salvaguardando i siti di escavazione, ne consentano un oculato sfruttamento
commerciale. Un'eventuale proibizione dell'uso della torba, in effetti, potrebbe avere sul settore vivaistico un impatto simile a quello provocato dalla
proibizione del bromuro di metile per la sterilizzazione del terreno. Pertanto, in molte nazioni, come
in Olanda (Armstrong, 2004) e anche nel nostro Paese (ad es. Progetto PROBIORN dell'ARSIA della
Regione Toscana; www.cespevi.it/probiorn) si sono
avviati progetti per ricercare materie alternative alla
torba che associno il basso costo a qualità fisiche,
chimiche e biologiche ottimali.
Numerosi sono i materiali proposti in alternativa alla torba per la preparazione dei terricci. Anche
sulla base delle esperienze condotte in Italia da centri di ricerca come quelli della Fondazione Minoprio
di Vertemate e del Ce.Spe.Vi. di Pistoia, i materiali
che sembrano suscitare maggiore interesse sono la
fibra di cocco, i materiali ligneo-cellulosici preparati
con gli scarti dell'industria del legno ed i compost di
qualità.
Funzioni e requisiti dei substrati di coltivazione
Numerose sono le funzioni e i requisiti richiesti
ai substrati di coltivazione, che devono garantire: i)
l'ancoraggio della pianta; ii) un’adeguata porosità
totale (non meno del 75-80%), ripartita in modo equilibrato tra macro- e micro-porosità, per una soddisfacente capacità di ritenzione idrica accoppiata ad
una sufficiente areazione e un rapido drenaggio
dell’acqua in eccesso; iii) una certa resistenza al
compattamento e alla riduzione del volume durante
la disidratazione; iv) l’assenza di patogeni, parassiti
e sostanze tossiche; v) una buona capacità di tamponare il pH che deve essere sub-acido; vi) una certa
capacità di scambio cationico; vii) omogeneità e
stabilità (cioè, il substrato deve mantenere nel tempo
le proprie caratteristiche, soprattutto quelle fisiche;
viii) un costo contenuto e una facile reperibilità sul
mercato.
Le caratteristiche chimiche (pH, contenuto salino e nutritivo, capacità di scambio ionico e di fissazione dell'azoto e del fosforo) condizionano gli
interventi di fertilizzazione, usualmente realizzata
I substrati e la coltivazione delle piante in contenitore
attraverso l'aggiunta preventiva al substrato di concimi (idrosolubili e/o a lenta cessione) e/o per mezzo della fertirrigazione. Le caratteristiche fisiche,
invece, determinano l’attitudine del substrato posto
in contenitore a sostenere le piante, nonché le sue
proprietà idrauliche. Queste ultime assumono una
particolare importanza, in quanto la comprensione
dei rapporti tra acqua e substrato diventa determinante sia per la scelta dei materiali più idonei per
una determinata coltura, sia per il controllo
dell’irrigazione (Bibbiani e Pardossi, 2004). Ad esempio, per colture con radici particolarmente esigenti in termini di ossigeno e/o condotte in contenitori di piccole dimensioni (come le celle o plug dei
contenitori alveolari impiegati nella produzione di
piantine da seme e di talee radicate) occorre impiegare dei substrati con un’elevata capacità di drenaggio dell’acqua. Inoltre, la conoscenza di alcune proprietà idrauliche del cosiddetto sistema substratocontenitore (SSC), quali la capacità di contenitore e
il contenuto di acqua facilmente disponibile (illustrate più avanti nel testo), è alla base della determinazione del volume d’adacquamento e, conseguentemente, della frequenza dell'irrigazione.
Le caratteristiche idrauliche
Le proprietà idrauliche sono legate alla densità
apparente ed alla porosità del materiale e sono descritte dalla curva di ritenzione idrica, determinata
sperimentalmente in laboratorio secondo protocolli
standard, come quelli sviluppati e diffusi dall’ISHS,
oppure metodi semplificati come quello proposto da
Montesano et al. (2004).
Densità apparente - La densità apparente
(DA) è il rapporto fra il peso del materiale essiccato
(in stufa a temperatura di 105°C) ed il volume occupato al momento del prelievo. La DA di un substrato
di coltivazione è generalmente assai più bassa (0,10
– 0,80 Kg/L, quasi sempre inferiore comunque ad 1
Kg/L) di quello di un terreno agrario (1,2 – 1,6
Kg/L). Il volume apparente di un materiale può variare sotto l'influenza del costipamento e della tensione matriciale cui è ritenuta l’acqua. Il costipamento deriva dalla variazione della posizione reciproca delle particelle verso una situazione di maggiore compattezza; può essere causato ad esempio
dai carichi applicati, dalla somministrazione d’acqua
d’irrigazione o dalla crescita dell'apparato radicale.
La tensione matriciale influenza la posizione delle
particelle, perché essa è innescata da fenomeni di
capillarità con la conseguente formazione di menischi acqua-aria fra le particelle stesse. I menischi
sono caratterizzati dalla loro curvatura e quindi dalla
loro tensione superficiale, che può instaurarsi solamente se le particelle su cui il menisco si appoggia
sono in grado di esplicare la reazione necessaria all'equilibrio della tensione del menisco. Sotto tali azioni, le particelle di materiale sono attratte le une
verso le altre con una forza tanto più grande quanto
maggiore è la tensione del menisco, ovvero quanto
minore è il contenuto d’umidità del materiale. Il
substrato deformabile quando si prosciuga contrae,
perciò, il proprio volume, in quanto le particelle sono libere di muoversi relativamente.
Porosità - La porosità (P) totale indica, per un
determinato volume di substrato, il volume degli
spazi vuoti ed è definita come la differenza fra l'unità ed il volume totale occupato dalla materia solida,
ed è fornita dall’equazione: P = 1 – (DA / DR), dove
DA indica la densità apparente e DR quella reale del
materiale.
DA è facilmente misurabile a differenza di
quella reale che può essere, comunque, stimata sulla
base del contenuto percentuale di materia organica
(SO) e ceneri (C) presente nella miscela:
DR = 100 / [(SO)/1,65 + (C)/2,65)]
La determinazione della porosità totale può essere stimata in base alla DA del materiale, secondo
la seguente formula (Bibbiani e Pardossi, 2004): P =
98 – (36,2 x PSA). L’equazione precedente consente
una buona stima della P nel caso di substrati organici, mentre tende a sovrastimarla nel caso di substrati
minerali.
P è costituita dalla somma di due classi di dimensioni di pori: i micropori ed i macropori. Per
micropori s’intendono i pori di dimensioni inferiori
ai 30-50 µm (micron). Solo la microporosità (o porosità libera, in quanto i macropori sono normalmente occupati dall’aria) è responsabile della ritenzione 'stabile' (per capillarità) dell'acqua dopo drenaggio libero. Un'altra suddivisione della porosità
totale comprende quella interparticellare, costituita
dagli spazi fra le particelle, e quella intraparticellare,
costituita dagli spazi presenti all'interno dei granuli
o delle fibre dei materiali esaminati. La pomice, ad
esempio, ha un’elevata porosità intraparticellare.
Rispetto al terreno agrario (talvolta, aggiunto
in piccola quantità nei miscugli), i substrati utilizzati
per il florovivaismo hanno un’elevata porosità (fino
al 95% e più, come nel caso della lana di roccia, ed
in genere non inferiore al 70-75%) ed anche una diversa ripartizione tra fase solida, liquida e gassosa
(Tabella 1).
24
Pardossi et al.
Tabella 1. Distribuzione volumetrica delle tre fasi presenti in un terreno agrario e in un substrato impiegato per
colture in vaso.
Table 1. Volumetric distribution of air-, water- and
solid-phase in soil and artificial growing media for pot
plants
% Volume
Terreno
Substrato
Fase solida
50
10
Fase liquida
25 - 30
60
Fase gassosa
20 - 25
30
La curva di ritenzione idrica - La ritenzione idrica di un substrato dipende da alcuni fattori principali, quali la natura dei materiale o dei materiali
utilizzati per la sua preparazione, le caratteristiche
geometriche del contenitore (volume, altezza e forma), l’irrigazione e la pianta stessa (cioè, l’azione
esercitata dall’apparato radicale).
Il potenziale idrico (ψw) è l’energia potenziale
dell’acqua per unità di massa. Il potenziale idrico ψw
è negativo in quanto assume valori negativi rispetto
a quello dell'acqua libera e pura (ψw = 0), presa come sistema di riferimento. ψw determina la suzione
necessaria per estrarre l'acqua dal sistema, cioè la
forza necessaria alla radice per assorbire acqua dal
substrato. Più è asciutto il substrato, maggiore sarà
la forza necessaria per estrarre acqua (minore sarà
ψw).
Il potenziale idrico comprende tre diversi componenti: 1) potenziale matriciale (ψm ), legato alla
capillarità, per pori di diametro inferiore a 30-50
µm; 2) potenziale gravitazionale (ψg), legato alla
forza di gravità; 3) potenziale osmotico (ψo), determinato dal contenuto delle sostanze disciolte ed in
genere trascurabile per valori tipici della concentrazione salina dell’acqua di irrigazione o fertirrigazione. La relazione tra il potenziale idrico e le sue
componenti è descritta dalla seguente equazione:
ψ w = ψ m + ψ g + ψo
Sulla base di vari studi, si ritiene che fino a –25
÷ -30 kPa di potenziale (o tensione) matriciale, le
piante non siano influenzate dalla tensione con cui
l'acqua è trattenuta dal substrato, ma piuttosto dal
contenuto idrico. Pertanto, nel caso dei substrati, il
campo di variazione della tensione per il quale si
suole individuare la curva è molto ristretto, in generale fino a –30 kPa e più normalmente fra -1 e –10
kPa.
25
Il valore nullo di tensione definisce lo stato di
saturazione del mezzo ed il relativo contenuto di acqua, che si avvicina al valore di P, rimanendone però al di sotto di un 10-15% ed anche più, come nel
caso di materiali poco porosi e con ridotta ritenzione
idrica (es. pomice), a causa della presenza di aria
intrappolata durante la saturazione del materiale. I
valori del contenuto idrico a saturazione sono molto
elevati per i substrati, arrivando fino all’80-85% del
volume apparente occupato dal substrato stesso. Tali
contenuti decrescono molto rapidamente con la diminuzione di ψw, (o tensione) tanto che in alcuni casi viene rilasciata più del 50 percento dell'acqua ritenuta passando dalla saturazione (0 kPa) alla tensione -5 KPa.
Nella Figura 1 si riporta una tipica curva per un
substrato a base di torba. Dai valori relativi alla curva di ritenzione idrica possiamo ricavare alcuni indici utili per la comprensione del comportamento
idrico del substrato (De Boodt & Verdonck, 1972):
1) la capacità per l’acqua (contenuto idrico o
ritenzione idrica) misurata a –1 kPa;
2) la capacità per l’aria (CA) alla tensione di –
1 kPa, calcolata come differenza tra la porosità ed il
contenuto idrico a –1 kPa;
4) l’acqua facilmente disponibile (AFD), cioè
la differenza tra il contenuto idrico a -1 kPa e quello
a -5 kPa;
3) l’acqua disponibile (AD), cioè la differenza
tra il contenuto idrico a -1 kPa e quello a -10 kPa;
5) l’acqua di riserva (AR), cioè la differenza
tra il contenuto idrico a -5 kPa e quello a -10 kPa.
Figura 1. Curva di ritenzione idrica di un tipico
substrato per colture in contenitore.
Figure 1. Water retention curve of a substrate for
container cultivation.
I valori ottimali per un substrato sono i seguenti: P = 60–85%; CA = 10-30%; AD = 45-65%. I dati
relativi ad alcuni materiali o miscele largamente impiegati nel florovivaismo sono riportati in Tabella 2.
I substrati e la coltivazione delle piante in contenitore
Tabella 2. Valori dei principali parametri fisici (espressi in % del volume apparente) di alcuni substrati impiegati nella
coltivazione in contenitore. Abbreviazioni: P, porosità; CA, capacità per l’aria; AFD, acqua facilmente disponibile; AR,
acqua di riserva; AD, acqua disponibile.
Table 2. Main parameters (expressed as percentage of apparent volume) of a numbers of substrates used in container
cultivation. Abbreviations: P, porosità; CA, air capacity; AFD, easily available water; AR; buffer capacity; AD, available water.
P
Torba di sfagno
Torba bruna I
Torba bruna II
Torba:perlite 1:1
Torba:pomice 1:1
Lana di roccia
Pomice
Perlite
95
84
90
94
82
97
70
95
Contenuto idrico per valori di
potenziale matriciale di
-1 kPa
-5 kPa
-10 kPa
57
36
24
71
52
44
63
36
33
62
40
35
57
43
39
82
5
4
40
35
33
35
28
22
Come per il terreno, anche nelle colture su
substrato si può parlare di ”capacità di campo” o,
meglio ”capacità di contenitore” (CC). CC rappresenta il contenuto di acqua massimo per un substrato posto in un particolare contenitore, cioè la quantità d'acqua che il sistema trattiene dopo un'irrigazione fino a saturazione e successivo drenaggio (sgocciolamento). La CC non dovrebbe essere inferiore al
50% del volume del contenitore.
CA
AFD
AR
AD
38
13
27
32
25
15
30
60
21
19
27
22
14
77
5
7
12
8
3
5
4
1
2
5
33
27
30
27
18
78
7
12
In un contenitore, dopo irrigazione fino a saturazione e successivo drenaggio, quando l'acqua cessa di drenare significa che si è raggiunto un equilibrio di ψw, con ψw = 0, perché sul fondo permane
uno strato d'acqua libera (a tensione nulla, assumendo come detto ψw = 0).
Quindi, se ψw = 0, ψm = -ψg', s, sul fondo del
vaso ψm = -ψg = 0, ma ad un’altezza ‘H’, ψm = -ψg
= -H (Figura 2).
Figura 2. Illustrazione schematica dei valori di potenziale idrico in un ipotetico punto ad altezza H di un vaso di
coltura (V. testo per simboli e termini).
Figure 2. Schematic representation of the water potential of growing medium in a pot at height H.
26
Pardossi et al.
Il contenuto idrico all’altezza H, cioè al potenziale matriciale (o tensione) pari a –H, è determinato dalla curva di ritenzione idrica caratteristica del
substrato contenuto dal vaso. Ciò significa che ad
ogni strato di substrato situato ad altezza crescente
dal fondo corrisponde un contenuto di umidità via
via decrescente (quindi, un contenuto d’aria crescente) e pari al valore da leggersi sulla curva di ritenzione per la altezza (tensione) prescelta.
I rapporti aria/acqua nel SSC, quindi, dipendono sia dalle caratteristiche idrologiche del substrato
sia dalla dimensione e forma del contenitore. In generale, per qualsiasi substrato, minore è l'altezza del
contenitore, maggiore è il rapporto acqua/aria (Tabella 3). Dunque, è l’altezza del contenitore che influenza la ripartizione fra aria/acqua dopo
l’irrigazione.
Nella Tabella 4 sono riportati i valori di alcune
grandezze idrologiche per alcuni tipi di vaso e di
substrato (quelli già descritti nella Tabella 3).
Tabella 3. Distribuzione volumetrica delle tre fasi presenti in diversi tipi di contenitori: vaso diametro 16 e celle (plug) di contenitori alveolari; tra parentesi è riportato
il numero di celle per contenitore) riempiti con lo stesso
substrato (torba + vermiculite) (B. Fonteno, North Caroline State University www2.ncsu.edu:8010 /unity/ lockers/ project/ hortsublab).
Table 3. Volumetric distribution of air-, water- and
solid-phase in different containers filled up with the same
substrate (peat-vermiculite mix): 10 cm-diameter pot and
plug of different trays (number of plugs per tray is reported withing brackets).
%
volume
Fase
solida
Fase
liquida
Fase
gassosa
Plug II
(288)
Vaso Ø 16 cm Plug I (48)
13
13
13
37
79
84
20
8
3
Tabella 4. Contenuto di acqua (CC) e di aria (CA) alla cosiddetta capacità idrica di contenitore, e contenuto di acqua
disponibile (AD) per alcuni tipi di vaso in funzione del substrato impiegato e delle dimensioni del vaso stesso.
Table 4. Water (CC) and air content (CA) at container capacity and available water (AD) in different pots as function of
the type of substrate and pot dimensions.
Diametro (cm)
Volume Vt (mL)
Altezza (cm)
Torba
Torba:pomice (1:1)
Pomice
Perlite
Torba:perlite (1:1)
27
CC
CA
AD
CC
CA
AD
CC
CA
AD
CC
CA
AD
CC
CA
AD
12
980
12,0
ml
678
204
255
616
188
159
452
352
66
520
284
106
647
157
234
% v.
(69)
(21)
(26)
(63)
(19)
(16)
(46)
(36)
(7)
(53)
(29)
(11)
(66)
(16)
(24)
15
1,603
12,5
ml
1,102
340
414
1,001
313
258
733
581
107
842
473
173
1,054
260
380
% v.
(69)
(21)
(26)
(62)
(20)
(16)
(46)
(36)
(7)
(53)
(30)
(11)
(66)
(16)
(24)
18
2,896
15,5
ml
1,937
670
720
1,765
610
454
1,286
1,090
192
1,448
927
305
1,865
510
665
% v.
(67)
(23)
(25)
(61)
(21)
(16)
(44)
(38)
(7)
(50)
(32)
(11)
(64)
(18)
(23)
22
7,278
22,0
ml
4,678
1,873
1,684
4,308
1,661
1,083
3,138
2,830
293
3,465
2,503
731
4,545
1,423
1,571
% v.
(64)
(26)
(23)
(59)
(23)
(15)
(43)
(39)
(4)
(48)
(34)
(10)
(62)
(20)
(22)
I substrati e la coltivazione delle piante in contenitore
Substrato ed irrigazione
Seguendo una classificazione di L.M. Riviére,
ripresa successivamente da Brun (1993), in base ai
valori di P, CA, AD e AR si possono distinguere
quattro tipi di materiali, per i quali l’irrigazione deve seguire criteri diversi:
1. materiali ad elevata P (> 85%), CA (> 20%),
AD (> 25%) e AR (≈10), come le migliori torbe
(quelle molto fibrose); per questi substrati,
l’irrigazione non è un grosso problema, anche in
considerazione del tampone idrico elevato;
2. materiali poco porosi oppure molto porosi, ma
con ridotta porosità aperta, caratterizzati da valori bassi di CA (< 20%) e medi di AD (< 20%) e
AR (≈3-4), come le torbe brune o nere; questi
materiali richiedono attenzione per ridurre i rischi di asfissia radicale;
3. materiali con elevata CA (>30%), ma con valori
ridotti di AD (< 20-15%) e AR (<5%); sono tutti
i substrati grossolani, spesso usati in miscela con
la torba, come la perlite (quella grossolana), la
pomice, l’argilla espansa, la corteccia, che richiedono irrigazioni frequenti ed in piccolo volume;
4. materiali con elevata AD, sufficiente CA e ridottissima (pressoché nulla) AR, come le lane
minerali (v. lana di roccia in Tabella 3); per questi substrati, in considerazione del ridottissimo
potere tampone, occorre mantenere sempre un
elevato valore del contenuto idrico volumetrico.
L’irrigazione giornaliera è data dal prodotto:
(volume di adacquamento) × (frequenza di irrigazione). Per avere una migliore aerazione ed una
buona disponibilità di acqua per la pianta, soprattutto per contenitori di piccole dimensioni, è bene applicare poca acqua ma più frequentemente. D’altra
parte, occorre fare attenzione alle dimensioni ed alla
velocità del flusso idrico per non rischiare dilavamenti o asportazioni di substrato.
Nel caso dell’irrigazione a pioggia od a goccia,
per calcolare il valore del volume di adacquamento
(VA) si può operare i due modi distinti: uno teorico
ed uno pratico.
Nel primo caso, il VA è una frazione del volume di AD (o di AFD, per specie che non tollerano
gli sbalzi di umidità) per un dato SSC, calcolato in
base alla curva di ritenzione idrica del substrato e
alle dimensioni del contenitore; la frazione oscilla,
in genere, tra 0,30 e 0,50.
Una via più semplice per stabilire il volume irriguo passa, invece, per la determinazione del peso
di un contenitore portato alla sua CC (od altro valore) e del peso al momento dell’intervento irriguo,
scelto in base dall’esperienza dell’operatore: la differenza fra i due valori fornisce il peso (volume) di
acqua da somministrare, per il quale valgono le stesse considerazioni di cui sopra.
Resta, però, da determinare quale percentuale
dell’acqua fornita viene effettivamente immagazzinata nel substrato: questo dipende sia dal tipo di
substrato che dal sistema irriguo. Da un punto di vista pratico, il substrato raramente raggiungerà le
condizioni di saturazione dopo l’irrigazione, cosicché il valore dell’acqua ritenuta sarà inferiore a
quella teorica calcolata. A questo riguardo, occorre
ricordare l’importanza del sistema di irrigazione.
Nel caso della subirrigazione, ad esempio, il contenuto idrico rimane al di sotto della CC del 20-30%.
Infine, è bene ricordare che i substrati a base di torba, se lasciati asciugare troppo, sviluppano delle caratteristiche di idrorepellenza che ne rendono assai
difficile la re-umidificazione; a tal scopo, potrebbero risultare utili degli agenti surfattanti.
L’uso di microtensiometri o di sensori del contenuto idrico volumetrico del substrato può consentire un metodo per il controllo dell’irrigazione alternativo a quello basato sulla determinazione della
CC per definire il volume irriguo e sulla stima
dell’ET per stabilire la frequenza irrigua.
In questo caso, di fatto, si regola attentamente
l’apporto di acqua in modo da mantenere un livello
di umidità nel substrato il più costante possibile e,
possibilmente al di sotto della capacità idrica di contenitore, così da evitare la perdita di acqua per gravità, se non in minima parte, dal fondo del contenitore (cioè con una frazione di drenaggio inferiore al
5% contro un “normale” valore del 30-50%). Nel
caso dei microtensiometri, l’irrigazione è regolata in
genere in modo automatico sulla base della tensione
d’umidità nel substrato di due o tre vasi rappresentativi, in modo da mantenere la tensione di umidità
nel substrato tra 15-20 hPa (substrato con umidità
vicina alla capacità di contenitore) e 70-80 hPa (Figura 3).
28
Pardossi et al.
Figura 3. Rappresentazione schematica del controllo dell’irrigazione mediante un microtensiometro.
Figure 3. The principle of irrigation control provided by the use of tensiometer.
Le modifiche dei substrati durante la coltivazione
Le modificazioni delle proprietà fisico chimiche nel sistema sono provocate dall’irrigazione, dalla concimazione, dall’accrescimento delle radici e
dalle escursioni termiche. Tali trasformazioni consistono nel compattamento, nella perdita del materiale, nell’alterazione della dimensione delle particelle,
nella modifica dei rapporti volumetrici tra i diversi
materiali (deriva in basso delle particelle più piccole), nella diminuzione della porosità libera e nel
conseguente aumento della capacità di ritenzione
idrica, e nell’alterazione della dimensione delle particelle. Si hanno anche modifiche chimiche, costitui-
29
te in genere da un aumento del pH e della salinità,
che sono comunque più facili da correggere attraverso opportuni aggiustamenti dell’acqua di irrigazione o di fertirrigazione.
Nel grafico della Figura 4 è riportata la variazione della capacità per l’aria (CA) registrata ogni
tre mesi in substrati a base di torba. Come si può notare, dopo i primi tre mesi, CA diminuisce notevolmente fino a diventare troppo bassa con conseguente rischio di asfissia radicale. Di fatto, l’unico intervento correttivo capace di contrastare questi fenomeni è la re-invasatura. La Figura 4 mostra anche
che i materiali fibrosi tendono a mantenere meglio
le proprie caratteristiche.
I substrati e la coltivazione delle piante in contenitore
Figura 4. Cambiamenti nella capacita' per l'aria di differenti tipi di torba dopo alcuni mesi di irrigazione a flussoriflusso (da Michiels et al., 1993).
Figure 4. Changes in air capacity in different types of peat during pot cultivation with ebb-and-flow irrigation (da
Michiels et al., 1993).
Il monitoraggio in situ delle caratteristiche
dei substrati
In serra ed in vivaio è spesso necessario analizzare i substrati di coltura per meglio gestire l'irrigazione e la concimazione e chiarire, eventualmente, le cause di una crescita stentata delle piante o
della comparsa di una fisiopatia d’incerta eziologia.
Non sempre, però, è possibile ricorrere ad analisi di
laboratorio, soprattutto quando occorre avere una
risposta “in giornata”.
Grazie alla ricerca scientifica ed allo sviluppo
tecnologico nel campo del monitoraggio ambientale
e industriale, oggigiorno sono disponibili in commercio dei veri e propri laboratori tascabili con i
quali è possibile misurare, in pochi minuti ed in
modo sufficientemente accurato, il pH, la EC ed il
contenuto dei principali elementi nutritivi dei substrati di coltura (azoto, fosforo e potassio). Un'analisi di questo tipo, restringendo il campo d'indagine ai
parametri sopra elencati, costa solo alcuni euro per
campione. Esistono due protocolli principali per
l’analisi rapida (on-farm) dei substrati: in entrambi i
casi, comunque, le determinazioni analitiche interessano
la
soluzione
acquosa
derivata
dall’estrazione del substrato (metodo dell’estratto
acquoso) o recuperata dal fondo del vaso dopo una
leggera innaffiatura con acqua deionizzata (metodo
del percolato indotto).
Qualunque sia il protocollo utilizzato, occorre
campionare almeno un certo numero di 5-8 vasi e,
quel che è più importante è provvedere ai campio-
namenti fin dalle primissime fasi di coltivazione; in
pratica, il primo campionamento deve essere fatto
subito dopo il trapianto, quando presumibilmente i
valori dei vari parametri sono quelli ottimali per la
coltura in esame. In questo modo è possibile determinare per ogni coltura i valori di riferimento dei
vari parametri.
Più in generale, le analisi in azienda dei substrati e/o delle soluzioni nutritive (erogate e di drenaggio) dovrebbero essere inserite in un programma
di monitoraggio della coltura, che prevede la registrazione dei risultati in una sorta di tracciato clinico. I dati raccolti durante la coltivazione sono confrontati con i valori ottimali, di attenzione e di allarme; questi ultimi sono pari, Indicativamente, al
10% e 20% in più o in meno rispetto ai valori ottimali, che sono scelti per ogni coltura sulla base di
informazioni bibliografiche e delle precedenti esperienze di coltivazione. I motivi, se noti, delle eventuali anomalie e le misure correttive adottate devono
anch’esse essere accuratamente annotate.
Conclusioni
Uno dei fattori che più condizionano il risultato di una coltura in contenitore è certamente costituito dal substrato. Particolare importanza, soprattutto considerando l’irrigazione, assumono le caratteristiche idrologiche che sono condizionate anche
dalle caratteristiche geometriche del contenitore e
sono inoltre quelle più difficili da modificare con
specifici interventi come quelli utilizzabili per ag-
30
Pardossi et al.
giustare le caratteristiche chimiche e biologiche
(correzione del pH, concimazione, disinfezione,…..). Per i coltivatori, quindi, è fondamentale
contare su fornitori qualificati da cui acquistare materiali e/o miscugli già pronti d’elevata qualità, includendo in questo termine anche la standardizzazione delle caratteristiche chimiche e fisiche.
Per quanto riguarda i materiali alternativi alla
torba, per molti versi il substrato di riferimento per
l’ortoflorovivaismo professionale, la loro diffusione
su larga scala richiede che non siano più considerati
dei semplici “rifiuti riciclati”, ma che siano inseriti
in una vera e propria filiera di produzione in grado
di rifornire il mercato con prodotti di qualità standardizzata e certificata, più che a basso costo. Di rilievo, infine, per una corretta gestione della coltivazione, appare anche l’applicazione di un sistematico
monitoraggio in situ delle caratteristiche chimiche
ed eventualmente della capacità di ritenzione idrica
del substrato, al fine di prevenire o correggere eventuali squilibri nutrizionali o modificare opportunamente il regime irriguo, soprattutto per ridurre i rischi di stress provocati dall’asfissia radicale.
Bibliografia
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31
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Pardossi A., Malorgio F., Incrocci L., Tognoni F.
(2006). Hydroponic technologies for greenhouse crops. Contributo su invito per ‘’Crops:
Quality, Growth and Biotechnology’’ Editor:
Ramdane Dris (Ed.) WFL Publisher, MeriRastilan tie 3 C, 00980 Helsinki, Finland.
ISBN: 9529186010 pp. 360-378.
Copyright © by Centro Scientifico Italiano dei Fertilizzanti
Numeri e potenzialità del mercato italiano
Marco Castelnuovo
Fondazione Minoprio – Regione Lombardia – Viale Raimondi, 54, 22070 Vertemate con Minoprio (CO)
Corresponding author: tel. 02.6765.6562, fax 02.6765.2757, e- mail: [email protected].
Riassunto
La definizione dei substrati di coltivazione è recentemente stata introdotta nella normativa italiana con il Decreto
Legislativo n. 217 del 29 aprile 2006 che li nomina e li definisce quali: “i materiali diversi dai suoli in situ, dove sono
coltivati vegetali”.
Questa novità è significativa per molti aspetti, sia tecnico-scientifici sia formali-burocratici.
In questa nuova situazione è fondamentale identificare i “numeri” significativi che siano un reale descrittore del
substrato di coltivazione prima e del mercato poi, e che siano condivisi dai soggetti della filiera che ne sono a vario titolo coinvolti.
I “numeri” assumono quindi un’importante funzione di strumento di comunicazione tra i soggetti della filiera dei
substrati di coltivazione che sono: produttori (fabbricanti), distributori, consumatori, organismi normativi, organismi di
controllo, organismi di rilevazione statistica, ricercatori, tecnici, divulgatori.
Il mercato italiano dei substrati di coltivazione, in base ai “numeri” disponibili, risulta essere molto diversificato e
complesso. Il lavoro mette in relazione i dati e il trend dell’evoluzione delle produzioni e dei consumi permettendo di
evidenziare scenari di possibili sviluppi del settore.
In conclusione si evidenzia che alla base di uno sviluppo che premi la qualità esiste oggi l’urgenza di avere a disposizione “numeri“ certi, significativi, semplici da monitorare e disponibili per un certo numero di anni.
Parole chiave: substrati di coltivazione, florovivaismo, statistica, mercato
Italian growing media’s market: data and potentiality
Abstract
Growing media’s definition has been recently introduced in Italian rules with the d.lgs. n. 217 – April 29th, 2006,
which names/calls and defines them as “different materials from “in situ” soils, where vegetables are cultivated”.
This innovation is important for both technical-scientific and formal-burocratic aspects.
In this new situation it’s essential to identify the significant numbers/data which could really describe the growing
media and also measure the market.
On those numbers it’s necessary therefore to come to an agreement with the subjects of the substratumline/industry, who are involved at different levels.
These data/numbers are a very important way of communication between producers, distributors, consumers,
regulation’s organisms, control’s organisms, statistics survey organisms, researchers, technicians, experts, spreaders.
Italian growing media’s market, according to available numbers-data, is very diverse and complicated.
This work has analyzed the relationship between data and production and consumption evolution trend, in the aim
of point out possible development’s sceneries in this field.
Those data need to be sure, precise, significant, simple to be monitored, and available for quite a few years.
Key words: growing media, horticultural, statistics, market, low
Per la tematica dei substrati di coltivazione una
prima tappa significativa è rappresentata nel 1995 da
una riunione tra operatori del settore, concretizzata
per iniziativa del laboratorio Minoprio Analisi e
Fertilitas Agrorum 3(1) 2009 31-35
Certificazioni della Fondazione Minoprio, svoltosi il
giorno 21 novembre 1995.
La continua crescita delle produzioni florovivaistiche ha sempre più evidenziato la necessità di
32
Numeri e potenzialità del mercato italiano
quantificare la qualità dei fattori di produzione, in
particolare del substrato di coltivazione. La qualità è
tale se è in certo modo quantificabile ed il tentativo
è stato quello di misurarla, anche avvalendosi delle
metodologie in uso nei Paesi del Nord Europa.
L’esito di quel primo dibattito è stato quello di porre
in evidenza, in modo pressante, la necessità di un
riconoscimento formale della tipologia “substrati di
coltivazione” da parte della normativa (allora la
Legge 748/84 e successive modifiche ed integrazioni). Il percorso così iniziato portò ad una collaborazione tra alcuni produttori ed Assofertilizzanti – Federchimica che costituì, al suo interno, uno specifico
gruppo di lavoro incaricato di raccogliere e coordinare le molteplici esigenze espresse inizialmente nel
1995. L’operosità del Gruppo di lavoro ebbe come
esito la formulazione di una possibile proposta di
modifica dell’”Allegato 1C - 2.3. Ammendanti e
correttivi diversi” della allora vigente L. 748/84. La
proposta di modifica fu seguita con attenzione anche
da esperti della L. 748/84 che aiutarono a valutare
limiti ed opportunità e permisero di giungere ad
un’ultima versione il giorno 11 gennaio 2001. Tale
proposta non ottenne l’esito sperato.
Nel 2002 il tema substrati di coltivazione vide
un approfondimento di indagine scientifica relativamente ai metodi analitici. La Direzione generale
Agricoltura della Regione Lombardia ha sostenuto
finanziariamente un lavoro di confronto tra specifici
metodi analitici di substrati di coltivazione, metodi
descritti ed utilizzati per caratterizzare i parametri
più significativi dei substrati di coltivazione (vedasi
Quaderno della ricerca n. 22).
Anche il 2004 è stato segnato dallo svolgimento di lavori di altri gruppi scientifici riguardanti le
identificazione di parametri descrittivi dei substrati:
a conclusione di questo impegno fu organizzato uno
specifico Convegno il 14-15 ottobre 2004 che vide
quali attori principali l’Osservatorio Nazionale permanente per i Fertilizzanti e l’Università Cattolica –
Sede di Piacenza. L’anno 2005 vide un crescente
numero di attività che coinvolse nuovi soggetti che
esprimevano tentativi di affrontare le nuove necessità del comparto. Fu costituito un Gruppo di lavoro
“Substrati colturali”dell’Osservatorio Nazionale
permanente per i Fertilizzanti a cui vennero invitate
a partecipare persone con conoscenze in diverse discipline, maturate in anni di esperienza ne settore
substrati e loro componenti. Una iniziativa del Dipartimento di Produzioni vegetali dell’Università
degli studi di Milano si propose per definire un protocollo di produzione “certificata” di Substrati di
coltivazione. Si avviò il percorso per la costituzione
33
di una Associazione produttori italiani di substrati
colturali. La novità del 2006, ovvero l’emanazione
del D.Lgs 217/2006, si pone come un primo traguardo raggiunto: la normativa nazionale ha accolto
la richiesta di chiarezza espressa da numerosi attori
del mercato introducendo la definizione di “Substrato di coltivazione”, ma ha lasciato la declinazione
delle specifiche tecniche al lavoro della Commissione tecnico-consultiva prevista dal D.Lgs 217/2006
stesso.
Questa opportunità segna l’inizio di un rinnovato cammino che fa intravedere obiettivi importanti
ed urgenti.
Oggi si impone la evidente necessità di individuare un linguaggio comune per porre fine ad interpretazioni e malintesi. Questo è palesato anche dal
fatto che la tabella dell’allegato 4 del D.Lgs
217/2006 non contiene nessun tipo di substrato, è
“vuota”: un primo obiettivo è quindi definire
”l’alfabeto” con cui scrivere, “segnare”, disegnare e
descrivere le caratteristiche essenziali dei Substrato
di coltivazione.
La corretta descrizione (realizzabile da ricercatori e da tecnici specialistici) è indispensabile per
poter far parlare e far dialogare in modo costruttivo i
numerosi “attori” che contribuiscono a definire un
mercato dei Substrati di coltivazione. Gli attori hanno funzioni diversi ed intervengono in punti della
filiera tra loro distanti: produttori (fabbricanti), distributori, consumatori, organismi normativi, organismi di controllo, organismi di rilevazione statistica, ricercatori, tecnici, divulgatori, ecc.
Considerando le precedenti esperienze, il dato
riconosciuto come oggettivo dalla definizione del
D.Lgs 217/2006 è la netta distinzione tra i Substrati
di coltivazione da un lato e gli ammendati e gli altri
materiali “riciclabili” dall’altro. Questo è il presupposto per continuare il dialogo tra i diversi attori
della filiera. Gli attori quindi sono chiamati a un più
intenso lavoro interdisciplinare per cui è auspicabile
un “equilibrio” tra le parti coinvolte ed una disponibilità di dialogo. Basti pensare a quanto coordinamento necessiti per la risoluzione degli aspetti che
giungano alla descrizione di “dichiarazione”, “titolo”, “tolleranza”, “imballaggio” ecc. per i tipi di
“Substrato di coltivazione”.
Dopo i numeri che evidenziano il tempo trascorso (e necessario) provo ad evidenziare i numeri
disponibili per la descrizione tecnica dei substrati di
coltivazione.
Un riepilogo sintetico viene presentato in tabella 1, in base alle caratteristiche delle tecniche di utilizzo.
Castelnuovo
Tabella 1. Substrati di coltivazione: sintesi secondo il criterio di utilizzo
Table 1. Growing media: synthesis by standard of utilization
Uso
Tecniche di utilizzo
Il substrato di coltivazione è
Professionale in serra parte del prodotto
o coltura protetta
Il substrato di coltivazione è
da "riutilizzare"
Substrato di coltivazione per
verde sportivo
Professionale per colture all'aperto
Substrato di coltivazione per
verde ornamentale
Prodotto/settore
- ornamentali in vaso
- vivasmo orticolo
- vivaismo ornamentale
- vivaismo forestale
- floricole da reciso
- colture orticole e fragole
- campi di calcio con tappeto naturale
- campi di calcio con tappeto artificiale
- campi da golf
- arredo verde
- parcheggi
- tetti verdi
Hobbistico in casa
in vaso
in vaso
Hobbistico all'aperto
per aiuole
Una visione completa della commercializzazione dei substrati tramite dati quantitativi risulta
ancor oggi impossibile anche per la constatazione
che singole aziende florovivastiche possano realizzare in proprio i substrati miscelando singoli componenti acquistati da fornitori diversificati.
Una stima ragionevole è data leggendo i “numeri” di quanto si conosce sulla commercializzazione delle torbe. Le torbe infatti sono il componente
principale per i substrati ad uso professionale. Questi ultimi rappresentano a livello europeo, ma anche
italiano, la maggioranza degli scambi commerciali.
Dai dati resi disponibili da centri di studio tedeschi
(Reinikainen, 2005) è possibile dire che in Europa si
commercializzino 18,5 milioni di metri cubi di torba
di cui il 23 % nella sola Germania. Il dettaglio dei
singoli paesi è riportato in tabella 2.
Un altro metodo di stima è basato sul valore
dei substrati di coltivazione ad uso professionale:
conoscendo statisticamente i dati della produzione
florovivaistica ed ipotizzando la quota che di tale
valore è attribuibile al substrato di coltivazione si
deduce il valore dei substrati utilizzati in Italia. Ad
esempio utilizzando i dati del 2005 (Casati e Pieri,
2006) si ottiene il seguente percorso sintetico e globale:
-2800 milioni di euro è la produzione del florovivaismo in Italia (a prezzi di base anno 2005)
-5 % è la stima dell’incidenza de costo del substrato sulla produzione;
-140 milioni di euro risulta essere il valore del
consumo annuo di substrati di coltivazione ad uso
professionale in Italia.
Tabella 2. Stime dell’uso di torba
in
ambito professionale in alcuni Paesi Europei.
Table 2. Estimate of professional use of
peat in European Country
migliaia di
metri cubi
Germania
4.300
Olanda
3.400
Gran Bretagna
3.400
Francia
2.600
Svezia
1.000
Italia
1.000
Belgio
800
Danimarca
650
Finlandia
550
Irlanda
500
Spagna
250
totale
18.450
%
23,3
18,4
18,4
14,1
5,4
5,4
4,3
3,5
3,0
2,7
1,4
100,0
Considerando il caso dell’agricoltura in Lombardia possiamo considerare i dati che sono riportati
nella tabella 3.
34
Numeri e potenzialità del mercato italiano
Tabella 3. Produzione agricola complessiva (espressa in milioni di euro) di diversi
comparti della Lombardia anno 2005
Table 3. Agricultural production (milion of euro) of Lombardia in the year
2005, for different typology
allevamenti
3875
servizi annessi
448
attività secondarie
170
coltivazioni vegetali
1461
totale
5954(*)
(*) di cui florovivaismo 217 milioni di euro pari al 14,9 % delle
coltivazioni vegetali e pari al
3,6 del complessivo valore del
comparto agricolo.
Utilizzando ora i dati lombardi del 2005 otteniamo, seguendo il medesimo percorso per la stima
nazionale, otteniamo un risultato sintetico della realtà produttiva lombarda:
35
-217 milioni di euro è la produzione del florovivaismo in Italia (a prezzi di base anno 2005);
-5 % è la stima dell’incidenza de costo del substrato sulla produzione;
-10,85 milioni di euro risulta essere il valore
del consumo annuo di Substrati di coltivazione ad
uso professionale in Lombardia.
Da quanto esposto risulta evidente la necessità
di rendere rapido il raggiungimento del chiarimento
tecnico che completi il percorso di riconoscimento
iniziato dal D.Lgs 217/2006 per quanti riguarda i
Substrati di coltivazione.
Bibliografia
A.A. 2002. Confronto tra metodi di analisi dei substrati a base di compost. Quaderno della ricerca
n. 22, Regione Lombardia – Fondazione Minoprio.
Casati D., Pieri R. 2006. Il sistema agro-alimentare
della Lombardia Rapporto 2006. Franco Angeli, Regione Lombardia, SMEA, UNIMI.
Reinikainen O., Myllyla I. 2005. The role and characteristics of peat in horticulture are unique.
Peatlands International 1/2005.
Copyright © by Centro Scientifico Italiano dei Fertilizzanti
Aspetti legislativi per la normazione dei substrati di coltivazione
Paolo Sequi*, Elvira Rea, Alessandra Trinchera
C.R.A. - Centro di ricerca per lo studio delle relazioni tra pianta e suolo Via della Navicella 2-4 Roma
*Corresponding author: tel. +39067000720; fax +390677250172; [email protected]
Riassunto
La tecnica della coltivazione “fuori suolo” nel settore dell’orto-floricoltura rappresenta una realtà ormai consolidata, sia in ambito Europeo che in Italia. Sul mercato è presente un numero molto elevato di tipologie di substrati, in funzione delle diverse prestazioni ed applicazioni specifiche.
Il recente Decreto Legislativo 29 aprile 2006 n. 217 “Revisione della disciplina in materia di fertilizzanti”, ha
formalmente inserito i substrati di coltivazione tra i fertilizzanti dandone una definizione (art.2) e riservando loro un intero allegato (all. 4), senza però fornire alcuna specifica tecnica e limitandosi a ridotte ed opinabili indicazioni su soglie
di metalli pesanti che non possono essere superate. Occorre perciò colmare tale vuoto legislativo definendo da un lato
un elenco di matrici (minerali ed organiche) utilizzabili per la formulazione dei substrati al fine di garantire un’adeguata
tracciabilità dei diversi componenti, dall’altro i relativi parametri di qualità dei substrati finali posti in commercio. Inoltre l’inserimento in legge dei substrati dovrà necessariamente prevedere la possibilità di sfruttare le proprietà di alcuni
concimi che possono essere addizionati per assicurare il necessario contenuto in elementi nutritivi, miscelare correttivi
ed additivi in grado di migliorare consistentemente le caratteristiche finali del prodotto, utilizzare le proprietà biostimolanti di alcuni concimi solidi, approfondire l’aspetto che si ritiene legato alla soppressività (uso di compost).
Si rafforza inoltre l’esigenza di identificare e validare in tempi brevi un set minimo di metodi di analisi, da applicare per il controllo delle frodi in tale settore commerciale da parte degli organismi preposti. Ciò comporta l’esigenza,
da parte del nostro Paese, di essere fortemente partecipe a tutte le iniziative inerenti la commercializzazione dei substrati di coltivazione, che si attiveranno in futuro in ambito Europeo, sia a livello normativo che più propriamente tecnicoanalitico: ciò è fortemente auspicabile, affinché l’Italia possa essere inserita nel più breve tempo possibile nel gruppo
dei paesi comunitari leader di un settore in rapida ascesa.
Parole chiave: substrati di coltivazione, legislazione, floricoltura, orticoltura, torba, compost.
Legislative aspect for a correct standardization of growing media.
Abstract
Nowadays, the soilless culture techniques in horticulture and floriculture represent a consolidated reality, both in
northern Europe and in Italy. A quite infinite number of growing media are put on the market, in relation to the different
specific fields of application.
The recent Italian legislation (D.Lgs. 29 april 2006 n. 217 “Revision of the Italian law on fertilizers”) for the first
time gives a definition of growing media and foresees their insertion in a new Annex (Annex 4), without furnishing any
technical specification; only some indications about some limits of heavy metals content are given. It should be a priority to fill this legislative empty by defining i) the list of matrices (mineral or organic ones) utilisable for growing media
formulation, to guarantee their traceability and ii) the related quality parameters of final products put on the market. Besides, the insertion of growing media in this annex should pass through the chance to take advantage of the properties of
some fertilisers which can be added in order to increase the nutrient content, mix soil improvers and additives to consistently improve the final performances of the product, use biostimulant properties of some solid fertilisers, deepen the
aspect linked to the possible suppressiveness (utilisation of composts).
Also the need to identify and validate a minimum data set of analytical methods on short term grows, since the
Italian Inspectorate for Frauds Repression asks for effective control tools. This aspect complies with the importance, for
Italy, to be strongly present in every European initiatives in relation to the commercialisation of growing media, both at
a legislative level and at a technical-analytical level for the next future: this is a key point to obtain that Italy could be
inserted, on a short term, in the European leader group of a sector now in fast rise.
Keyword: growing media, legislation, floriculture, horticulture, peat, compost.
Fertilitas Agrorum 3 (1): 36-42
36
Sequi et al.
Introduzione
La tecnica della coltivazione “fuori suolo” nel
settore dell’orto-floricoltura rappresenta una realtà
ormai consolidata, sia in ambito nord Europeo (Van
Os e Stanghellini, 2001), che in Italia, specialmente
nelle regioni della Liguria, Toscana, Lazio, Campania, Sicilia, Sardegna e Puglia (Tosco et al., 2000).
Le motivazioni principali che hanno portato
all’espansione di tale settore risiedono principalmente nella necessità di mantenere costante le produzioni per tutto l’arco dell’anno, garantendo altresì un
elevato standard di qualità dei prodotti (Schnitzler e
Gruda, 2003; Raffo et al., 2003). A tal fine, negli ultimi dieci anni si è assistito ad un’evoluzione costante della composizione dei substrati stessi, con
l’intento di rispondere alle sempre più pressanti esigenze ambientali, migliorando parallelamente il livello qualitativo delle colture orto-florovivaistiche.
Ad oggi sono numerosi gli utilizzatori dei substrati di coltivazione: da quelli del settore orticolo e
ornamentale, a quelli delle colture in vaso, dei fiori
recisi ed altri, fino a settori recentemente in ampia
espansione quali quello dei tappeti erbosi, semina e
radicazione, nonché dell’hobbistica. E’ perciò evidente che in un così ampio spettro di utilizzazione,
la composizione dei substrati di coltivazione non
può che essere mutata nel tempo.
Nello specifico in Italia, così come in Germania, in relazione ai substrati principalmente utilizzati
per le colture floricole, dal 1950 ad oggi si è verificata una progressiva diminuzione nell’utilizzo di terricci aziendali, a favore di substrati costituiti da torbe (nelle differenti tipologie disponibili sul mercato
Europeo, particolarmente dai paesi dell’Est) ed argilla, nonché di substrati a base di ammendanti
compostati di differente origine o comunque speciespecifici (ad esempio per specie acidofile) (Tab. 1).
Negli anni ‘90 inizia in Italia una fase di forte
espansione del settore vivaistico, con conseguente
sviluppo della produzione locale di substrati. La necessità di rispondere all’esigenza di un mercato che
deve rispettare standard produttivi alta qualità ha
portato ad una forte competizione con l’estero, in
particolare con i paesi tendenzialmente più avanzati
in tale settore, come la Germania e l’Olanda. La
torba risulta, ancora oggi, il substrato più richiesto
da coloro che vi operano e tale esigenza ha determinato, nel corso degli anni, un intenso sfruttamento
delle già limitate torbiere, con diminuzione della
qualità, incremento del prezzo ed esaurimento progressivo delle fonti di approvvigionamento. Anche
lo sfruttamento delle torbiere dell’ex URSS, che ha
avuto un boom negli ultimi dieci anni, non potrà risolvere il problema; infatti per un materiale “povero” come la torba, i costi di movimentazione possono rappresentare anche il 70% del valore finale. In
37
Italia, a partire dagli anni ’60, con il forte sviluppo
del settore ortoflorovivaistico, il fabbisogno di torba
ha raggiunto i 3 milioni di metri cubi, soddisfatti
quasi interamente con prodotto importato (De Lucia
et al., 2006). La disponibilità di materiali estremamente eterogenei di origine animale e vegetale, di
matrici organiche caratterizzate da elevati livelli di
stabilità chimico-biologica, di processi produttivi
atti all’implementazione della qualità della sostanza
organica stessa, ha permesso di ipotizzare
l’utilizzazione di materiali alternativi alla torba.
L’uso dei compost di qualità quali substrati organici
alternativi ai materiali fossili potrebbe infatti fornire
la risposta vincente ad una sana esigenza di protezione e salvaguarda ambientale, unitamente alla necessità di riutilizzo di ingenti quantità di biomasse
organiche di scarto, altrimenti non reintegrabili nel
ciclo degli elementi nutritivi.
La classificazione dei substrati di coltivazione
Ciò che deve essere sempre tenuto in considerazione è che un substrato di coltivazione può difficilmente essere valutato indipendentemente dall’uso
per il quale è stato ottimizzato: un substrato ottimale
per una specie può risultare assolutamente inadeguato per un’altra, ed in tal senso anche il concetto di
“qualità” di un substrato può assumere ben altro
senso rispetto all’accezione comune. Possono infatti
sussistere un numero pressoché infinito di tipologie
di substrati, in funzione delle diverse applicazioni.
I substrati utilizzati per l’allevamento di piante, che
in senso generale dovrebbero possedere una scarsa
dotazione di elementi nutritivi e proprietà costanti ed
uniformi, possono essere suddivisi in base alla loro
natura (organici o minerali) od in funzione della loro
origine (naturali, sintetici od alternativi):
- substrati naturali organici, in gran parte costituiti da torbe di importazione dai Paesi del Nord e
dell’Est Europa;
- substrati naturali inorganici, quali la sabbia
(originata dalla frammentazione di rocce silicee), la
pozzolana, la pomice, le argille, i materiali vulcanici, il tufo, le zeoliti, ecc.;
- substrati organici sintetici, come il polistirolo
derivato dalla polimerizzazione dello stirene o la
schiuma poliuretanica, ottenuta per condensazione e
polimerizzazione dell’isocianato;
- substrati inorganici sintetici, quali la perlite
(sabbie silicee di origine vulcanica) o la lana di roccia (che deriva dalla fusione di basalto effusivo);
- substrati alternativi, come gli ammendanti
compostati (verdi e misti) e vari materiali vegetali di
scarto (fibra di cocco, fibra di legno, cortecce, ecc.).
Per quel che riguarda la loro rispettiva utilizzazione,
sussistono usi prevalenti dell’una o dell’altra tipolo-
Aspetti legislativi per la normazione dei substrati di coltivazione
Tabella 1. Evoluzione della composizione e produzione commerciali dei substrati per floricoltura in Germania ed in
Italia (Rampinini, 2005).
Table 1. Evolution of growing media composition and commercial production for floriculture in Germany and Italy
(Rampinini, 2005).
gia in funzione della coltura. Ad esempio, per tappeti erbosi e manutenzione del verde pubblico il mercato vede l’utilizzo prevalente di substrati di origine
naturale, a base di alghe fossili miscelate a terra di
diatomee, ceramica e zeoliti oppure, in alternativa,
di substrati di origine sintetica come le fibre di polipropilene, la fibra di nylon o le gomme. Al contrario, i substrati più frequentemente utilizzati per la
propagazione gamica/agamica sono quelli che non
richiedono sistemazione in seminiere ed, in particolare, le zeoliti, la lana di roccia, la pozzolana, la pomice per la germinazione dei semi, mentre si preferiscono la vermiculite, la perlite e l’argilla espansa
per la propagazione agamica, usualmente miscelati
con torba aggregata. In taluni casi, quali materiali
per la propagazione gamica/agamica vengono anche
utilizzati la fibra di corteccia di eucalipto, le schiume di urea-formaldeide, la fibra di legno mista alle
già citate schiume poliuretaniche, i derivati da pannelli di estrazione dell’olio di neem (anche per agricoltura biologica), i substrati addizionati di Tricoderma spp.
In relazione alle attività hobbistiche, ovviamente i requisiti richiesti ad un substrato di coltivazione sono senz’altro diversi rispetto a quelli necessari per le applicazioni appena menzionate: la manipolabilità e la conservabilità delle confezioni, la
qualità elevata tale da garantire risultati visibili,
nonché la presenza di elementi della fertilità che
possano svolgere il loro ruolo in tempi lunghi rappresentano alcune tra le più importanti caratteristiche richieste per queste tipologie di substrati.
Un discorso a parte riguarda l’uso delle torbe:
pur rappresentando il materiale più utilizzato quale
substrato organico di origine naturale, essa è notoriamente una risorsa non rinnovabile, spesso osteggiata nel suo utilizzo da gruppi ambientalisti. Non a
caso, al fine di limitare i danni dovuti all’estrazione
e seguire un approccio eco-compatibile, la Commissione Europea, per l’apposizione del marchio comunitario di qualità ecologica ai substrati di coltivazione, richiede che i substrati non debbano contenere
torba e la componente organica debba derivare dalla
raccolta e/o dal trattamento di materiali di scarto.
L’uso di compost di qualità, quali ammendanti in
sostituzione parziale (20%-70%) o totale (100%)
della torba può rappresentare una risposta efficace a
tale esigenza di tutela ambientale, anche a fronte di
molteplici positivi risultati ottenuti in tal senso
nell’ambito della ricerca scientifica (Rea et al.,
1999; Colla et al., 2001; Rea et al., 2002; Tittarelli
et al., 2003; Calabretta et al., 2004).
La normativa sui substrati di coltivazione
Per molti anni, i substrati hanno atteso una regolamentazione legislativa, sia a livello comunitario
38
Sequi et al.
che a livello nazionale. In ambito Europeo, come già
accennato, è stato assegnato un marchio di qualità
ecologica ai substrati di coltivazione (ECOLABEL
– certificazione volontaria del prodotto) dalla Decisione 2001/688/CE, che ne ha dato anche una precisa definizione: “Materiali diversi dai suoli in situ,
dove vengono coltivati i vegetali”, poi ripresa dalla
più recente legislazione italiana. Per l’ottenimento
del marchio ECOLABEL, i substrati devono soddisfare i seguenti criteri:
- utilizzo e/o riutilizzo di sostanza organica derivata dalla raccolta e/o dal trattamento di materiale
di scarto in modo da contribuire a ridurre al minimo
i rifiuti solidi destinati allo smaltimento finale;
- riduzione dei danni o dei rischi ambientali
causati dai metalli pesanti e da altri composti pericolosi.
Tuttavia, anche in tale approccio mirato prioritariamente alla tutela ambientale, non viene debitamente tenuta in conto l’importanza della qualità della componente organica dei substrati di coltivazione.
E’ pur vero che, ad oggi, non esiste alcun metodo
approvato dagli organismi internazionali di normazione (CEN/TC 223) che riguardi la valutazione del
livello di stabilità della componente organica di un
substrato (l’unico metodo è l’EN 13039, che prevede la quantificazione della sola sostanza organica
totale), ma tale aspetto risulta fondamentale ai fini
dell’eliminazione di rischi ambientali legati alla
possibile geno e fitotossicità del materiale utilizzato
nella formulazione del substrato stesso.
A livello nazionale, l’ormai abrogata L.
748/1984 non prevedeva uno specifico allegato attinente i substrati di coltivazione, tanto che alcuni di
essi venivano normalmente commercializzati quali
ammendanti organici. Il D.M. del 27 marzo 1998,
modificando parzialmente l’allegato C della L.
748/1984 relativamente alle denominazioni dei vari
prodotti che possono essere ricompresi fra i compost, aveva reso prevedibile una rimodulazione della
legge, con l’inserimento di un allegato a parte, che
comprendesse nello specifico i substrati di coltivazione, anche alla luce della normativa europea e delle rinnovate esigenze di mercato. Il successivo Decreto Legislativo 29 aprile 2006 n. 217 “Revisione
della disciplina in materia di fertilizzanti”, che ha
abrogato la Legge 19 ottobre 1984 (n. 748/84), ha
inteso collocare i substrati di coltivazione in un
nuovo allegato 4 offrendo la possibilità di colmare,
almeno da un certo punto di vista, un vuoto legislativo che perdurava da anni. Il decreto definisce i
substrati di coltivazione come “materiali diversi dai
suoli in situ dove sono coltivati vegetali”, riprendendo la definizione proposta in ambito comunitario, ma attualmente nell’allegato che li comprende
non se ne fornisce alcuna specifica tecnica, dando
39
solo limitate e opinabili indicazioni sui contenuti dei
metalli pesanti che non possono essere superati
(Tab. 2).
Tabella 2. Tenori massimi consentiti in metalli pesanti
per i substrati di coltivazione
(in mg/kg , riferiti alla sostanza secca).
Table 2. Limits of heavy metals in growing media (in
mg/kgdry matter)
Metalli
Substrati di
coltivazione
Piombo totale
100
Cadmio totale
1,5
Nichel totale
100
Zinco totale
500
Rame totale
230
Mercurio totale
1,5
Cromo esavalente totale
0,5
Tale lacuna dovrà essere rapidamente colmata
tenendo conto che, per classificare e caratterizzare
esaurientemente un substrato di coltivazione, dovranno essere tenuti in considerazione molteplici
aspetti in relazione
a. alle matrici di partenza, impiegate per la
formulazione del substrato (tracciabilità);
b. alle miscele finali poste in commercio (qualità del prodotto e controllo delle frodi).
In riferimento alle matrici di partenza, occorre
prevedere un elenco il più possibile completo di tutti
i materiali ammissibili per la formulazione dei substrati di coltivazione, non solo gli ammendanti compostati già inseriti nell’allegato 2 del D. Lgs.
217/2006, ma anche altri materiali, organici e minerali, naturali e sintetici, che andrebbero riportati
nell’allegato 4 “Substrati di coltivazione” quali matrici ammesse per la loro formulazione. Il riferimento alle caratteristiche riportate per gli ammendanti
compostati, già inserite nell’allegato 2, garantirebbe
l’imposizione dei medesimi criteri di qualità sia per
gli ammendanti compostati propriamente detti, sia
per quelli utilizzabili per la produzione di substrati
di coltivazione, elemento di non poca importanza al
fine di evitare il verificarsi di un “doppio binario”
commerciale che permetta il silenzioso riciclo di rifiuti e/o compost di scarsa qualità attraverso la formulazione proprio dei substrati di coltivazione. Peraltro, un siffatto inquadramento legislativo dovrebbe fornire strumenti utili alla tracciabilità dei mate-
Aspetti legislativi per la normazione dei substrati di coltivazione
riali utilizzati per la formulazione dei substrati, fattore da tenere sempre presente alla luce dell’art. 8
del D. Lgs. 217/2006. Inoltre, tale elenco potrebbe
essere modificato nel tempo in funzione della disponibilità ed opportunità di utilizzo di nuovi materiali presenti sul mercato, garantendo tuttavia il puntuale controllo dell’inserimento degli stessi attraverso l’attività svolta dalla Commissione tecnicoconsultiva per i fertilizzanti (art. 9 del D. Lgs.
217/2006).
Per quel che riguarda invece i substrati di coltivazione da inserire nel sopracitato allegato 4, sarebbe necessario garantire da un lato la qualità del
prodotto e dall’altro l’assenza di frodi. Ciò vuol dire
caratterizzare il prodotto finale attraverso una serie
di parametri di qualità che dovranno essere forniti
dai produttori di substrati, prima fra tutte la dichiarazione obbligatoria di tutti i componenti del substrato di coltivazione (purché inseriti nell’elenco
precedentemente predisposto), nonché la loro percentuale in volume (quale rapporto v/v), in ordine
decrescente, dal momento che la presenza o meno di
una matrice piuttosto che un’altra può modificare in
maniera determinante la performance del substrato
stesso.
Quali sono invece le caratteristiche di un substrato di coltivazione da verificare e certificare? Le
proprietà idrologiche costituiscono un aspetto
senz’altro imprescindibile: la capacità di ritenzione
idrica (a pF =1) e l’acqua facilmente disponibile
(A.F.D. %) rappresentano a nostro avviso i parametri di base per la valutazione delle prestazioni del
substrato posto in commercio. Oltre alla granulometria, anche altre proprietà chimico-fisiche, come il
pH, la conducibilità e la densità apparente, dovrebbero rientrare in un intervallo di valori prestabiliti.
Va precisato che infatti la qualità di un prodotto non
può essere confusa con la corrispondenza di alcuni
parametri a valori fissi in senso assoluto, ma può altresì identificarsi con valori di volta in volta variabili in funzione dell’utilizzazione finale del substrato
(Farina, 2005). Inoltre, solo per i substrati a base organica che potrebbero contenere ammendanti compostati, dovrebbe essere dichiarato il valore del rapporto C/N, dal momento che l’utilizzazione di materiali organici non adeguatamente stabilizzati, con
alto valore di tale rapporto, potrebbe comportare una
elevata fermentescibilità della componente organica,
con conseguenti fenomeni di fitotossicità (Rea,
2005). Infatti è noto che la stabilizzazione della sostanza organica di un compost comporta la mineralizzazione della componente labile della sostanza
organica, con conseguente abbassamento del rapporto C/N a fronte di una serie di modificazioni di ordine chimico, fisico e biologico del materiale di partenza, come la diminuzione della porosità,
l’aumento del pH e della CSC, aumento della compattezza, aumento della salinità e sintesi di nuovi
composti organici più resistenti alla degradazione
microbica (Lemaire, 1995).
In relazione ai parametri sopra descritti, occorre precisare come vi sia l’esigenza che il substrato di
coltivazione conservi le medesime caratteristiche nel
tempo e nell’ambito dei differenti lotti produttivi. Le
esigenze di mercato sono infatti molteplici, e se i
produttori devono offrire qualità e costanza delle caratteristiche del substrato, gli utilizzatori richiedono
una normativa che disponga di efficaci strumenti di
controllo affinché tali requisiti vengano rispettati.
Altro aspetto che si ritiene estremamente importante è quello relativo alla presenza nel substrato
di elementi nutritivi minerali, in forma totale e solubile. Infatti, l’inserimento in legge dei substrati di
coltivazione dovrà necessariamente passare attraverso la possibilità di:
- sfruttare le proprietà di alcuni concimi che
possono essere addizionati per implementare il contenuto in elementi nutritivi;
- miscelare correttivi ed additivi in grado di
migliorare consistentemente le caratteristiche finali
del prodotto (pH, CSC, ecc.);
- utilizzare le proprietà biostimolanti di alcuni
concimi solidi;
- approfondire l’aspetto legato alla soppressività (certamente collegato alla presenza di specifiche matrici organiche, quali i compost).
Inoltre, in merito ai limiti di metalli pesanti attualmente riportati in legge per i substrati di coltivazione, bisogna tenere presente che tali limiti non sono altro che quelli già definiti per gli ammendanti
dell’Allegato 2. Poiché un substrato di coltivazione
dovrà essere costituito da una miscela di ammendanti tra quelli inseriti in legge, tutt’al più con aggiunta di concimi (aventi anch’essi limiti prestabiliti
negli elementi indesiderati), va da sé che il contenuto in metalli pesanti finali non potrà superare quello
dei materiali di partenza: per questa ragione,
l’attuale inserimento dei limiti per i metalli pesanti
nei substrati di coltivazione appare quanto meno ridondante. In un quadro così complesso, è evidente
la necessità che qualsivoglia aggiunta di concimi in
forma minerale od organica, a lento rilascio o con
proprietà biostimolanti, nonché di correttivi od additivi venga dichiarata dal produttore, in quanto tale
aspetto potrebbe influenzare fortemente le modalità
di utilizzo del substrato stesso, le sue prestazioni
nonché, conseguentemente, il suo specifico campo
di applicazione.
I metodi di analisi
L’ammissione nell’allegato 4 del D. Lgs.
217/2006 dei substrati di coltivazione pone un ulte-
40
Sequi et al.
riore problema inerente le modalità di controllo dei
prodotti commercializzati, ossia la necessità di disporre di metodi di analisi opportunamente standardizzati proprio per i substrati di coltivazione. A livello europeo, il Comitato Europeo di Normalizzazione (CEN) – Technical Commettee 223 (TC 223)
“Soil improvers and growing media”, ha prodotto
una serie di specifiche tecniche e metodi di prova
per la caratterizzazione degli ammendanti e dei substrati di coltivazione che riguardano le modalità di
etichettatura e campionamento, la determinazione di
parametri chimico-fisici di qualità (proprietà fisiche,
pH, conducibilità, ceneri, sostanza organica, elementi nutritivi, ecc.). Tuttavia, prove interlaboratorio effettuate negli anni recenti confrontando tali
metodi con altri usualmente applicati nei laboratori
europei hanno evidenziato una situazione piuttosto
confusa, o forse addirittura caotica, confermando
ancor più la necessità di provvedere ad un serio lavoro di approfondimento a livello comunitario circa
i metodi da ritenersi idonei al controllo dei substrati
di coltivazione da parte dei laboratori europei accreditati secondo la norma UNI CEI EN ISO IEC
17025: 2005. Peraltro, gli stessi metodi ad oggi disponibili quali norme EN non risultano esaustivi al
fine di caratterizzare in maniera completa i substrati
stessi: poco si è fatto ad esempio, circa la standardizzazione di uno o più metodi atti alla verifica della
stabilità chimica e biologica della componente organica dei substrati, così come non sono state ancora
sufficientemente studiate le modalità analitiche per
rilevare, nei substrati stessi, elementi e sostanze indesiderate (per es. metalli pesanti, diossine, PCB),
derivanti da componenti non dichiarate.
Conclusioni
A fronte di quanto discusso, ci sembra importante sottolineare una serie di esigenze emergenti:
- il ruolo del nostro Paese a livello europeo nella produzione di substrati di coltivazione è in rapida
ascesa, tanto da poter presupporre per l’Italia una
collocazione fra i paesi europei “leader” in tale ambito commerciale. Su tali presupposti, occorrerebbe
incrementare per i prossimi anni l’impegno italiano
(purtroppo ancora da realizzarsi su base volontaria)
in ambito europeo, sia in relazione al settore normativo che in quello inerente la standardizzazione dei
metodi di analisi;
- affinché possa realizzarsi un incremento
nell’impegno italiano a livello comunitario, sarebbe
necessario un maggiore e più organizzato coordinamento a livello nazionale, che permetta di intervenire attivamente e costantemente ai lavori delle Commissioni coinvolte nei processi di normazione;
- infine, gli enti di ricerca dovrebbero indirizzare parte delle loro attività alla messa a punto e
41
successiva validazione di metodi di analisi che possano applicabili per la valutazione della qualità di
tutte le tipologie di substrato disponibili sul mercato.
Pur comprendendo l’estrema complessità del lavoro
ancora da svolgere, tuttavia esso si ritiene fondamentale affinché possa realizzarsi la piena corrispondenza tra la trasparenza normativa e la possibilità di un adeguato controllo di qualità di tale tipologia di prodotti.
Bibliografia
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42
Copyright © by Centro Scientifico Italiano dei Fertilizzanti
Valorizzazione dei substrati di coltivazione nazionali mediante adozione di
protocolli aziendali
Patrizia Zaccheo*, Laura Crippa, Daria Orfeo
Dipartimento di Produzione Vegetale, Università degli Studi di Milano, Via Celoria 2, 20133 Milano
*Corresponding Author: tel. +390250316536, fax. +390250316521, e-mail: [email protected]
Riassunto
Il mercato italiano dei substrati di coltivazione ha visto negli ultimi anni la crescita dei prodotti formulati sul territorio nazionale e commercializzati insieme a prodotti esteri, che differentemente da quelli italiani sono frequentemente
provvisti di marchi attestanti la qualità o la conformità a standard qualitativi messi a punto da organismi pubblici o privati.
Per valorizzare i prodotti nazionali è necessario definire preliminarmente i parametri qualitativi di riferimento,
prevedere la pianificazione e ottimizzazione del processo produttivo, e programmare un costante controllo analitico, effettuato dal produttore dei substrati in modo proprio o affidandosi a qualificati laboratori esterni.
Con questo obiettivo è stato svolto, nel periodo 2005-2006 in collaborazione con due aziende del settore, uno studio finalizzato alla definizione di procedure in grado di assicurare la produzione di substrati di qualità controllata e garantita. In particolare, è stato analizzato il processo produttivo di quattro substrati di coltivazione a base di torba, ed è
stato campionato un numero di lotti di produzione in funzione del volume totale annuo. I parametri analitici più consoni
a descrivere la qualità di un substrato (volume commerciale, umidità, pH, conducibilità, porosità totale, porosità libera,
volume acqua pF1e pF 1.7, densità apparente) sono stati determinati impiegando i metodi UNI-EN. Al termine del lavoro sono stati redatti quattro Documenti Tecnici, che possono costituire la base per una certificazione volontaria di prodotto.
I risultati ottenuti sono stati elaborati statisticamente per valutare la costanza nelle proprietà dei prodotti lungo un
anno di produzione. Inoltre, l’osservazione dei dati complessivi ha consentito di valutare la variabilità delle caratteristiche di prodotti costituiti dalla stessa matrice organica. Queste informazioni potranno essere utili per una eventuale definizione di tipologie di prodotti, all’interno della recente normativa dei fertilizzanti che, pur prevedendo la categoria dei
substrati di coltivazione, non ne definisce al momento tipi differenti.
Parole chiave: substrati di coltivazione italiani, parametri analitici, controllo di qualità, certificazione volontaria
Adoption of rules of procedures for the exploitation of Italian growing media
Abstract
The Italian market for growing media is nowadays shared among national and foreign manifacturers, the latter
often providing growing media certified by public and private organisms that control their conformity to quality standard, showed by a quality mark.
In order to increase the value of national growing media some rules of procedure must be followed. Firstly the
analytical parameters more appropriate to describe the quality of growing media must be identified; then the planning
of the industrial process is to be done in order to identify the key steps for the optimization of the production; finally the
quality control of the products must be defined, with the analysis of samples representatives of the whole annual production, made by in-house or external laboratories.
At this aim a research has been carried out in 2005-2006 by the Department of Crop Production of the University
of Milan in cooperation with two companies. In particular, the industrial processes for the production of four peat based
growing media constituted by peats alone or mixed with inorganic materials (pumice, perlite) were analyzed and samples from lots of products were chemically and physically characterized. The analytical parameters more appropriate to
describe the quality of growing media (umidity, pH, conductivity, total porosity, bulk density, hydrological characteristics and quantity) were determined using EN methods. At the end of the work four Technical Reports were prepared,
essential for a certification scheme.
All results were statistically analyzed in order to evaluate the fluctuations in chemical and physical properties of
the 4 growing media along a year of production. Moreover comparison among the products, made by the same organic
material, allows to learn something about the variability in the properties of peat based growing media representative of
the Italian products. This knowledge might be very useful in the definition of new types of growing media, in the recently enacted Italian law 217/07.
Key words: Italian growing media, analytical parameters, quality control, certification
Fertilitas Agrorum 3 (1) 2009 43-49
43
Zaccheo et al.
Introduzione
Il mercato italiano dei substrati di coltivazione
è stato in questi ultimi cinque anni oggetto di grandi
mutamenti, conseguenza da un lato della crescente
richiesta di prodotti sempre più standardizzati e diversificati in funzione della tecnica di coltivazione
delle piante in serra e in vivaio e dall’altro dalla
concorrenza di prodotti esteri, spesso maggiormente
forniti di specifiche tecniche, suggerimenti d’uso e
garanzie di qualità del prodotto. Se si considera che
il settore è caratterizzato dalla presenza sul territorio
nazionale di un elevato numero di aziende, spesso di
dimensioni medio-piccole, che producono con livelli
tecnologici molto differenti tra loro, si può comprendere come l’offerta di prodotti nazionali risulti
disomogenea e non sempre rispondente alle richieste
del mercato.
La conoscenza delle caratteristiche e della
composizione dei substrati nazionali è affidata a poche informazioni reperibili sulle confezioni dei prodotti e sulle schede tecniche, che tuttavia non rispondono a indicazioni standard, né obbligatorie né
su base volontaria. La confusione causata, fino al
giugno 2006, dalla necessità di commercializzare i
substrati di coltivazione come ammendanti, ha costretto i produttori a indicare per i loro prodotti caratteristiche chimiche e fisiche di scarsa importanza
ai fini della valutazione dei prodotti. La recente abrogazione della Legge 19 ottobre 1984, n. 748, sostituita dal Decreto Legislativo 29 aprile 2006,
n.217, ha costituito il momento di ufficializzazione
dell’esistenza dei substrati di coltivazione, anche se
ad oggi resta da compilare l’Allegato 4, che definisce i tipi di substrati ammessi.
In un tale contesto economico e normativo,
pertanto, si sta facendo sempre più chiara l’esigenza
dei produttori italiani di vedere riconosciuti e valorizzati i propri prodotti, anche per vie parallele a
quelle indicate dalle nuove normative.
Un possibile strumento volontario per raggiungere l’obiettivo della riconoscibilità da parte del
mercato di standard qualitativi è rappresentato dalla
certificazione di prodotto, che attesta la conformità
del prodotto a requisiti preventivamente specificati.
Questi possono riguardare sia le caratteristiche del
prodotto sia le modalità di produzione e commercializzazione dello stesso, e sono definiti in norme tecniche descritte in opportuni protocolli messi a punto
da organismi di certificazione (enti, associazioni,
ecc.).
La predisposizione di un iter certificativo prevede una fase di messa a punto dello schema di certificazione, con la definizione dei requisiti che i
prodotti devono soddisfare, la definizione delle modalità di verifica e controllo della conformità a suddetti requisiti, e la validazione dello schema elabora-
44
to. Successivamente, lo schema di certificazione
viene applicato ai prodotti, con una loro valutazione
iniziale, una attestazione visibile di conformità e una
fase di sorveglianza del mantenimento della conformità. L’attestazione visibile della conformità può
essere rappresentata da un marchio che indica in
modo semplice e chiaro la rispondenza del prodotto
ai requisiti coperti dal marchio stesso.
Applicazione di un protocollo gestionaleanalitico per i substrati colturali a base di torba
Nel 2005-2006 il Dipartimento di Produzione
Vegetale dell’Università degli Studi di Milano ha
condotto, in collaborazione con due aziende produttrici, una ricerca dal titolo “Applicazione di un protocollo gestionale-analitico per i substrati colturali a
base di torba”, nel corso della quale è stato messo a
punto e applicato a quattro prodotti commerciali uno
schema di certificazione articolato in sei fasi:
1.
2.
ACQUISIZIONE DELLE INFORMAZIONI che identificano il prodotto (volume/anno prodotto, periodo di produzione,
volumi lavorati giornalmente, costituenti
principali, provenienza delle materie prime)
PIANIFICAZIONE DEL SISTEMA DI
GESTIONE: redazione di schede di gestione materie prime e prodotto
3. REDAZIONE DI FTP (fascicolo tecnico di
produzione)
4. CAMPIONAMENTO dimensionato sulla
base del volume annuo prodotto (EN
12579) ;
5. CARATTERIZZAZIONE
ANALITICA:
Umidità (EN 13040), pH (EN 13037), Conducibilità (EN 13038), Porosità totale (EN
13041), Porosità libera (EN 13041),Volume
acqua pF1, pF 1.7 (EN 13041), Densità apparente (EN 13041),Volume commerciale
(EN 12580)
6. STESURA DI UN DOCUMENTO TECNICO FINALE contenente il Fascicolo
Tecnico di Produzione, tutti i risultati analitici ottenuti e l’analisi statistica dei dati raccolti.
La tipologia di prodotti ai quali applicare il
protocollo (“substrati colturali a base di torba”) è
stata scelta per la sua ampia diffusione, soprattutto
tra i prodotti destinati al settore professionale, e
perché la valorizzazione di substrati all’interno di
categorie ristrette, identificate sulla base dei costituenti, può rappresentare una ulteriore garanzia di
qualità.
In dettaglio, i prodotti ai quali è stato applicato
il protocollo sono stati:
Valorizzazione dei substrati di coltivazione nazionali mediante adozione di protocolli aziendali
T1 miscela di torba bruna e bionda, integrata da
una piccola quota di argilla. Il substrato e` completato da una concimazione NPK a lento rilascio e da
aggiunta di correttivo calcico.
T2 miscela di torba bionda e bruna, con aggiunta di carbonato di calcio e magnesio e concime minerale NPK.
T3 miscela di torbe bionde a differente pezzatura, con aggiunta di perlite, carbonato di calcio e magnesio, concime minerale NPK.
T4 miscela di torbe, pomice, argilla. Il substrato
è completato da una concimazione NPK + microelementi e da aggiunta di correttivo calcico.
Le informazioni necessarie alla stesura del Fascicolo Tecnico di Produzione sono state raccolte
direttamente presso le aziende, unitamente al prelievo di campioni rappresentativi di lotti di produzione
dei quattro prodotti. I campioni sono stati analizzati
per le caratteristiche che meglio descrivono la qualità dei substrati, adottando le relative metodiche EN.
I dati analitici sono stati valutati sia nel loro valore
medio, confrontato con quanto atteso o quanto dichiarato dal produttore, sia soprattutto nei loro valori individuali, utili per la descrizione di una variabilità delle caratteristiche nel corso di un anno di produzione.
La costanza nelle proprietà di un substrato, infatti, costituisce elemento base per la sua certificazione di qualità, e fino ad ora si disponeva di scarse
informazioni relative alle oscillazioni possibili nei
parametri analitici (Zaccheo et al., 2005). Tali oscillazioni possono essere causate da molteplici fattori
(approvvigionamento di materie prime in diverse
forniture, variazioni di processo di produzione, fattori ambientali, analisi effettuate in laboratori diversi..), e la loro conoscenza consente di prevedere, con
un ristretto margine di errore, tutti i valori possibili
che il parametro può assumere negli universi studiati (ad esempio nella intera produzione annuale, o
nell’intera produzione commercializzata con una tipologia di materia prima,ecc.). In taluni casi è possibile contenere la variabilità (attraverso interventi
sul processo produttivo, controlli delle materie pri-
me ecc.) ma risulta già molto utile la sua conoscenza
e indicazione.
Studio della variabilità delle caratteristiche
qualitative di quattro substrati del commercio,
nel corso di un intero anno di produzione (giugno
2005-luglio 2006).
Un punto nodale di uno schema di certificazione di substrati di coltivazione è la definizione di intervalli di valori all’interno dei quali si deve collocare la variabilità di un prodotto certificato. Non esiste
infatti un substrato di coltivazione ideale, ma un
substrato adatto per le diverse esigenze (di pianta, di
tecnica colturale), e quindi è indispensabile che
venga fornita, con il prodotto, una informazione
completa circa le sue caratteristiche e proprietà. In
tal senso è importante che ciascun parametro analitico dichiarato sia accompagnato dalla sua incertezza (probabilità che il dato vero ricada in un intervallo di valori) e che un substrato certificato sia accompagnato da una variabilità contenuta, nei limiti
delle reali possibilità.
Nasce da ciò l’importanza di uno studio conoscitivo delle realtà aziendali italiane, per identificare
la variabilità associata a ciascun parametro in una
situazione reale.
Di seguito si riportano alcuni tra i risultati ottenuti per i quattro prodotti esaminati presso il Laboratorio Substrati del DiProVe, scelti sulla base del
grado di variabilità associato al parametro indagato.
Parametro a elevata variabilità: conducibilità
elettrica (Tab.1, Fig.1)
Il valore della conducibilità elettrica di un substrato risente sia delle materie prime costituenti il
substrato, sia del grado di solubilizzazione dei correttivi e dei concimi aggiunti, dipendente a sua volta
da fattori diversi quali umidità, temperatura e tempo
intercorso tra la preparazione e l’analisi del materiale. Inoltre, l’eventuale presenza di concimi a lento
effetto può ulteriormente aumentare la variabilità
del dato.
45
Zaccheo et al.
Figura 1. Conducibilità elettrica: valori riscontrati nei lotti analizzati di ciascun prodotto
Figure 1. Electrical conductivity: data from batches of each studied growing media
Tabella 1. Conducibilità Elettrica: statistiche descrittive
Table 1. Electrical conductivity : descriptive statistics
Media
Deviazione
std
Coefficiente
di variazione
n. campioni
mS/m
mS/m
%
T1
T2
T3
T4
75.3
18.6
27.6
7.0
25.3
9.8
57.8
9.1
25
25
39
16
10
13
6
29
Tutto questo spiega i valori elevati del coefficiente di variabilità (mediamente 26%), benché il
dato relativo al substrato T3 debba essere considerato eccessivo, ed è probabilmente da imputare al numero ridotto di campioni che sono stati analizzati.
Quando la dimensione del campionamento è esigua,
infatti, la presenza anche di un solo dato anomalo
46
può influenzare fortemente la variabilità complessiva. Ai fini di un controllo di qualità del prodotto, è
pienamente giustificato determinare la conducibilità
su tutti i lotti di produzione, e, nell’ottica di limitare
la variabilità ad esso associate, è necessario individuare i punti deboli del processo di miscelazione e/o
di inumidimento dei materiali.
Parametro a ridotta variabilità: porosità totale
(Tab.2, Fig. 2)
La variabilità della porosità totale è praticamente nulla, in quanto le oscillazioni rilevate sono
di piccolissima entità rispetto al valore medio.
Trattandosi di prodotti nei quali la torba rappresenta il componente volumetricamente predominante, infatti, la sua densità apparente imprime al
materiale una elevata e costante porosità. L’analisi
non richiede pertanto di essere ripetuta frequentemente nel corso della stagione produttiva, con un
evidente risparmio di tempo e di costi.
Valorizzazione dei substrati di coltivazione nazionali mediante adozione di protocolli aziendali
Tabella 2. Porosità totale: statistiche descrittive
Table 2. Total porosity : descriptive statistics
T1
T2
T3
T4
Media
%
91.9
93.1
93.9
88.3
Deviazione std
%
0.7
1.1
1.0
1.1
Coefficiente di
variazione
n. campioni
%
0.7
1.2
1.1
1.3
10
13
6
28
Confronto tra le variabilità dei parametri analitici (Fig.3)
Analizzando le variabilità relative a tutti i parametri considerati, non depurati di dati anomali, si
osserva una dipendenza della variabilità dal tipo di
parametro, più che dal prodotto esaminato, ad eccezione di alcuni casi, come la conducibilità per T3, le
ceneri per T1, AFD per T4 e aria a pF 1 per T1, per
lo più riconducibili alla presenza nel set di osservazioni, di valori anomali. Va considerato, tuttavia,
che la presenza di dati anomali non è da imputare a
problemi di tipo analitico, ma a condizioni di produzione (errati dosaggi volumetrici, malfunzionamento
del nastro trasportatore, errori di caricamento delle
materie prime, ecc.), che hanno determinato un prodotto non conforme.
I parametri che appaiono variare maggiormente
nel corso dell’anno di indagine sono la conducibilità
e il tenore in ceneri, la prima per l’effettiva variabilità del contenuto in sali solubili, la seconda in relazione alla dimensione del dato; infatti, appare chiara
una dipendenza delle oscillazioni dall’entità delle
ceneri, che quando, come nel substrato T1, sono
basse (14%), sono associate al maggior grado di variabilità. Le caratteristiche fisiche maggiormente utili a prevedere il comportamento dei prodotti (aria a
pF1 e 1.7 e AFD) hanno mostrato valori più fluttuanti nei prodotti ad alta predominanza minerale
(T4) o interamente a base di torba (T1) (Fig.4).
Lo studio della variabilità associata ai parametri analitici può portare a una più completa scheda
informativa di cui potrebbe disporre l’utilizzatore di
substrati, soprattutto nel caso di una certificazione di
prodotto, come esemplificato in tab.3. Accompagnando il valore medio dei differenti parametri analizzati con la variabilità ad essi associata si consente infatti una valutazione più precisa delle potenzialità e dei limiti di adattamento del substrato alla specie coltivata e alle tecniche colturali adottate.
Comparazione tra i prodotti
I quattro substrati presi in esame sono a base di
torba, da sola o con l’aggiunta di diverse tipologie di
composti minerali, e provengono da due aziende di
produzione; il confronto tra i valori medi dei parametri analitici fornisce una utile, seppur limitata, informazione circa questa tipologia di prodotti presenti sul mercato italiano. Come mostrato in Fig.4, i
prodotti si differenziano maggiormente per il grado
di reazione e la conducibilità, conseguenza della differente aggiunta di correttivi e concimi, nonché, per
il prodotto T4, della elevata presenza di pomice. Tale substrato, inoltre, rivela una maggiore densità apparente secca e minore umidità. I substrati esaminati, di contro, non si differenziano per quanto riguarda le proprietà idrologiche.
47
Zaccheo et al.
Figura 2. Porosità totale: valori riscontrati nei lotti analizzati di ciascun prodotto
Figure 2. Total porosity: data from batches of each studied growing media
Figura 3. Variabilità dei parametri analitici nei substrati di coltivazione esaminati, espressa come coefficiente di
variazione percentuale (CV%)
Figure 3. Variability of the analitycal parameters in the studied growing media (coefficient of variation CV%)
48
Valorizzazione dei substrati di coltivazione nazionali mediante adozione di protocolli aziendali
Figura 4. Valori medi e intervallo di confidenza della media per i substrati esaminati
Figure 4. Mean values and mean confidence intervals for the studied growing media
Considerazioni conclusive
Lo studio effettuato contribuisce a creare una
prima conoscenza della qualità dei substrati di coltivazione di produzione nazionale, attraverso i dati
analitici ottenuti seguendo per un anno la produzione di quattro substrati a base di torba. I dati relativi
ai valori medi e alla variabilità delle caratteristiche
analitiche, infatti, solitamente rimangono negli archivi dei laboratori delle aziende, e sono per lo più
limitati ai quei parametri di semplice e rapida determinazione, e di importanza pratica per il controllo
del prodotto in uscita (pH e conducibilità, soprattutto). Inoltre, i metodi analitici non sempre sono scelti
sulla base di indicazioni di organismi ufficiali e la
qualità del dato analitico è raramente controllata con
test interlaboratorio o con controlli interni. La peculiarità del presente lavoro deriva dal fatto che i campionamenti, le analisi e le elaborazioni successive
sono procedure effettuate nello stesso laboratorio,
con identiche metodologie e i risultati ottenuti sono
pertanto comparabili tra loro. In particolare, è stato
possibile effettuare lo studio della variabilità di ciascun substrato nei lotti campionati durante l’anno di
produzione, e confrontare le variabilità ottenute per i
diversi parametri nei quattro prodotti diversi. Le informazioni ottenute possono essere di aiuto al produttore, che può individuare i punti deboli del processo, sui quali intervenire nel caso volesse aumentare la costanza del prodotto, ma anche al legislatore, nel momento in cui dovrà stabilire dei limiti, e
delle tolleranze ad essi associate, sui parametri analitici che potranno essere dichiarati obbligatori ai
sensi del nuovo decreto legislativo 217/2006.
Ringraziamenti
Lo studio è stato possibile per la collaborazione fattiva delle aziende Terflor s.n.c e Turco Silvestro s.n.c., che hanno fornito i materiali e hanno finanziato la ricerca.
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49
Copyright © by Centro Scientifico Italiano dei Fertilizzanti
Caratterizzazione agronomica dei substrati di coltivazione:
metodologie ed esperienze a confronto
Alessandro Pozzi*, Massimo Valagussa
MAC – Minoprio Analisi e Certificazioni S.r.l. – V.le Raimondi, 54 – 22070 Vertemate con Minoprio (Como)
*Corresponding author: tel. +39031887127, fax +39 031887834, e-mail: [email protected]
Riassunto
La caratterizzazione agronomica di un substrato di coltivazione passa attraverso la conduzione di specifiche prove
di laboratorio che hanno lo scopo di valutare le principali proprietà chimiche e fisiche delle matrici oggetto di approfondimento.
La stesura e la successiva ratifica da parte della commissione tecnica CEN/TC 223 di metodi europei per la definizione delle suddette caratteristiche ha posto il problema della diffusione, dell’applicazione e del confronto tra le metodiche e gli esecutori dei metodi stessi.
Il confronto tra le principali metodologie applicate sul territorio nazionale e le nuove norme europee ha evidenziato differenze in relazione agli aspetti procedurali, diversità nell’espressione dei risultati e aspetti di criticità delle singole
metodiche, non solo relativamente la valutazione delle caratteristiche chimico-fisiche della matrice, ma anche in relazione ad aspetti salienti del processo analitico, quali ad esempio il campionamento, o ancora, relativamente la definizione del volume commerciale.
La partecipazione del laboratorio MAC a un programma di ring test internazionale sulle norme CEN/TC 223,
nonché l’organizzazione da parte dello stesso di un analoga iniziativa nazionale, ha inoltre permesso di valutare, per gli
esecutori dei metodi, l’importanza di agire sulla base dell’esperienza e della necessità del confronto e dello scambio di
informazioni tra centri di analisi al fine di comprendere gli errori commessi e rendere minima l’incertezza legata al dato
analitico finale.
Parole chiave: proprietà chimiche, proprietà fisiche, norme europee, programmi di ring test
Agronomic characterization of growing media: a comparison between laboratory tests and experiences
Abstract
The agronomic characterization of growing media is carried out through laboratory tests that have the aim of
evaluating the most important chemical and physical properties of raw materials.
The writing and endorsement of European methods for soil improvers growing media by the Technical Committee
CEN/TC 223 has brought up the issue of diffusion, application and comparison between different standards and laboratories.
A comparison between principal methods used in Italy and new European standards has showed differences in the
working modalities as well as results expression and critical aspect, not only regarding chemical and physical tests, but
also about sampling and commercial volume measure.
The participation of laboratory MAC to the international interlaboratory trial for the CEN/TC 223 analysis of
growing media and soil improvers as well as the organization of a similar national program has enabled us to understand the importance of working on the base of experience and comparison, in order to evaluate possible outliers and
understate the uncertainty linked to final analytical results.
Key words: chemical properties, physical properties, european standards, inter-laboratory trials
Introduzione
La valutazione delle caratteristiche agronomiche dei substrati colturali viene condotta mediante
l’effettuazioni di prove di laboratorio che hanno
l’obiettivo di mettere in luce le proprietà fisiche e
chimiche della matrice analizzata. Tali caratteristiche nulla hanno a che fare con i parametri di legge,
fissati dal recente D.Lg. n° 217 del 29 aprile 2006
Fertilitas Agrorum 3 (1) 2009 50-55
(revisione della Legge 748/84) per i substrati di coltivazione, o per gli ammendanti compostati (categoria di legge nella quale ancora oggi tali prodotti
vengono inseriti in attesa della stesura dell’allegato
relativo ai substrati di coltivazione) e relativi a caratteristiche di sanità e stabilità delle matrici.
La definizione delle proprietà chimiche di un
substrato di coltivazione permette la valutazione
50
Pozzi e Valagussa
delle capacità nutrizionali di un prodotto nei confronti della coltura che intende ospitare o già ospita.
Gli elementi minerali indispensabili alla vita della
pianta vengono sottratti dagli organismi vegetali alla
fase liquida trattenuta nei pori della fase solida della
matrice utilizzata come substrato. Tale valutazione
risulta importante, anche se la concimazione permette di modificare il contenuto di elementi minerali
solubili nel substrato in relazione ai fabbisogni specifici della coltura.
La valutazione delle caratteristiche fisiche di
un substrato di coltivazione risulta invece di fondamentale importanza per la corretta gestione del ciclo
colturale e per il successo delle produzioni finali.
Tali caratteristiche sono, a differenza di quelle chimiche, intrinseche della matrice considerata, quindi
non modificabili nel corso della fase di coltivazione.
La completa definizione delle caratteristiche di
un substrato in coltivazione può inoltre prevedere la
conduzione di specifiche prove di campo (o di serra), allo scopo di testare direttamente su materiale
vegetale il comportamento della matrice.
La caratterizzazione agronomica di un substrato ha lo scopo di individuarne il migliore utilizzo in
coltivazione, ottimizzando le produzioni finali. Non
esiste pertanto un substrato ottimale, ma un sistema
ideale costituito da una matrice con caratteristiche
idonee alla specie coltivata e alla tecnica di coltivazione adottata, come ad esempio la modalità di
somministrazione della soluzione nutritiva, la forma
e il volume del vaso.
Caratterizzazione agronomica dei substrati
di coltivazione
La prima fase del processo analitico è costituita
dal campionamento, cioè dalla definizione di una
quantità rappresentativa di prodotto da indirizzare
alle prove di laboratorio. Tale operazione richiede
particolare attenzione da parte dell’operatore e risulta assai delicata in quei casi in cui il prodotto finale
risulta disomogeneo, costituito da una miscela di
materie prime di caratteristiche, granulometria e
contenuto percentuale diverso.
Per far fronte a tali difficoltà e garantire un
grado di accuratezza sufficiente ad assicurare la rappresentatività del campione, sono stati fissati alcuni
standards a livello nazionale ed europeo.
In Italia indicazioni per il campionamento sono
fornite in riferimento agli ammendanti compostati
dall’Istituto per le Piante da Legno e l’Ambiente (IPLA) – Regione Piemonte nella pubblicazione “Metodi di analisi dei compost – determinazioni chimiche, fisiche, biologiche e microbiologiche” (1998);
a livello europeo la norma CEN/TC 223 di riferimento risulta la EN 12579.
51
Entrambi i metodi definiscono il numero dei
punti di campionamento, almeno 7 per la metodica
IPLA, variabili, in relazione al volume totale della
massa da campionare, per la metodica EN 12579.
I sottocampioni sono riuniti e miscelati nel
campione da avviare al laboratorio; variano le quantità finali, circa 3 kg secondo IPLA e 5 litri per ognuna delle tipologie di analisi (chimica, fisica) per
l’EN 12579.
Relativamente alla caratterizzazione chimica
dei substrati di coltivazione, le metodologie analitiche principalmente utilizzate dai laboratori italiani
sono ad oggi due, una di vecchia introduzione
(1974), il metodo di Sonneveld, l’altra di recente
approvazione, il complesso di norme CEN/TC 223.
Queste ultime sono state formalizzate (tra il 1999 e
il 2001) e ratificate all’interno del Comitato Europeo per la Standardizzazione (CEN), dalla Commissione Tecnica 223, con lo scopo di definire e sviluppare metodi di riferimento per la determinazione
delle proprietà chimico-fisiche di materie prime e
prodotti finiti utilizzati quali substrati di coltivazione.
Le differenze tra le due metodologie risiedono
in una diversa definizione del volume di prodotto da
estrarre in soluzione e in un differente rapporto di
estrazione del substrato in acqua demineralizzata.
Il metodo di Sonneveld prevede, in relazione al
primo aspetto, la preliminare empirica valutazione
del grado di umidità del campione (umidità valutata
al tatto); il metodo En 13652 prevede invece la determinazione della densità apparente di laboratorio
(“laboratory compacted bulk density”) secondo la
norma EN 13040. Tale norma consente di misurare
in condizioni standardizzate (i substrati sono materiali comprimibili) il peso specifico apparente del
campione tal quale come pervenuto presso il centro
di analisi.
In relazione al rapporto di estrazione, il metodo
di Sonneveld prevede una minore diluizione rispetto
al metodo EN (1:1,5 il primo, 1:5 il secondo), ciò
porta a risultati assai differenti, che necessitano di
specifiche considerazioni.
Principale aspetto di criticità relativo al metodo
di Sonneveld risulta proprio l’empirica definizione
del grado di umidità iniziale dove, pur a fronte di
una metodica chiara, l’attività di laboratorio porta
spesso all’eccessiva semplificazione di tale valutazione. Il metodo EN, mediante la valutazione della
densità apparente di laboratorio permette di far fronte a tale problema; tuttavia la maggior diluizione
dell’estratto rende il metodo, come è ovvio, meno
sensibile e potrebbe, pertanto, essere meno preciso
per substrati relativamente poveri di elementi nutritivi ed in generale per i microelementi.
Caratterizzazione agronomica dei substrati di coltivazione: metodologie ed esperienze a confronto
Relativamente alla caratterizzazione fisica dei
substrati di coltivazione, è necessario chiarire il
principio fisico su cui si basano i metodi. Un substrato di coltivazione risulta costituito da un sistema
trifasico, una fase solida che assicura l’ancoraggio
dell’apparato radicale e garantisce la stabilità della
pianta, una fase liquida che assicura alla pianta
l’approvvigionamento idrico e nutritivo e una fase
gassosa che permette la respirazione radicale e la
vita della flora microbica.
I metodi analitici ad oggi utilizzati si basano
sullo stesso principio fisico, quello per cui in un sistema trifasico si determina un equilibrio tra le forze
agenti sulla massa idrica. I metodi si differenziano
solo per gli strumenti utilizzati, i risultati ottenuti
sono pertanto similari.
Ad oggi le metodiche utilizzate in laboratorio
per la determinazione dei principali parametri fisici
sono il metodo De Boodt e il metodo EN 13041.
Il metodo De Boodt prevede l’utilizzo di imbuti di vetro con setto poroso in materiale ceramico e
rubinetto a due vie, collegati ad un sistema di tubi
tramite il quale si imposta la forza di suzione desiderata. Tale sistema permette di definire, a partire
dalla completa imbibizione del campione, il contenuto d’acqua a tensioni crescenti di 10, 50 e 100
centimetri di colonna d’acqua. La determinazione
della densità apparente e della porosità totale viene
condotta mediante il ricorso ad un apposito bacino
di sabbia tensiometrico.
Il metodo EN 13041 nella sua “final version”
prevedeva di sottoporre il campione di substrato alla
sola forza di suzione di 10 centimetri di colonna
d’acqua (pF1), limitandosi a valutare la capacità di
ritenzione idrica ed il volume d’aria a pF1 (10 cm di
colonna d’acqua). La CEN/TC 223 ha successivamente riconosciuto l’importanza della curva di ritenzione idrica estendendo le misure del contenuto
idrico del substrato a pF 1,7 e pF 2 (50 e 100 cm di
colonna d’acqua).
Il metodo EN 13041 si applica facendo ricorso
per la determinazione di tutti i parametri fisici ad un
apposito bacino di sabbia tensiometrico.
Per il metodo De Boodt risulta critica la standardizzazione dei setti porosi degli imbuti a due vie,
in relazione alla possibile parziale occlusione dei
pori legata al continuo riutilizzo degli imbuti in laboratorio, nonché alcuni aspetti procedurali quali
l’imbibizione del campione dall’alto che causa una
successiva disomogenea precipitazione degli aggregati (stratificazione).
Un parametro non qualitativo ma certamente di primaria importanza, spesso controverso, legato alla commercializzazione di un
substrato di coltivazione è la definizione del suo
volume apparente (volume commerciale). Per le
caratteristiche di tali materiali i fattori che incidono su tale parametro sono il grado di compressione, la forma dei recipienti di misura e la
densità di stratificazione del prodotto all’interno
di questi ultimi.
Anche in questo caso si pone l’attenzione su
due differenti metodologie: la norma tedesca DIN
11540 “Peats and peat products for horticulture and
horticultural and agricultural engineering - test methods, properties, specifications” e il metodo EN
12580 “Soil improvers and growing media – determination of a quantity”.
La prima prevede un dissodamento mediante
setaccio con maglie da 16 mm e l’utilizzo di un recipiente di misura a forma di parallelepipedo retto
della capacità di 40 litri; la seconda il ricorso a tre
setacci con maglie differenti, 20, 40 e 60 mm, in
funzione della granulometria del prodotto (fine, media e grossa) e un recipiente di misura cilindrico della capacità di 20 litri.
Le maglie di maggiori dimensioni utilizzate per
il metodo EN provocano un minore dissodamento
della matrice analizzata; inoltre la forma cilindrica
del recipiente misuratore provoca una densità di
stratificazione maggiore e più omogenea nel corso
del riempimento. Di conseguenza si ottiene un aumento del peso specifico apparente del prodotto e
quindi una diminuzione del volume apparente rispetto a quello ottenuto con la norma DIN. Evidenti
le ripercussioni di tale cambiamento sul mercato,
ove l’utilizzatore finale vede modificata al ribasso
l’indicazione sul sacco del volume, pur ritrovando
all’interno di quest’ultimo la stessa quantità di prodotto fornita.
Interpretazione delle analisi chimico-fisiche
L’interpretazione dei risultati analitici è
un’operazione complessa che richiede un buon grado di competenza ed esperienza da parte del tecnico
preposto, anche per la possibilità di un duplice approccio. Uno più complesso che tiene in considerazione differenti fattori valutando sempre il sistema
vaso/specie colturale ed uno più semplice che valuta
il substrato indipendentemente dagli altri fattori di
produzione lasciando a posteriori successive considerazioni sul sistema. In tabella 1 e tabella 2 vengono riportate le griglie di interpretazione dei risultati,
relative alla seconda possibilità che, va sottolineato,
non preclude la valutazione a posteriori del sistema
“vaso/specie colturale”, ma permette di semplificare
l’attività del laboratorio. I giudizi espressi non devono essere intesi quali categorie di merito, bensì
quali classi di dotazione, da valutare in relazione alla composizione del substrato.
52
Pozzi e Valagussa
Tabella 1. Guida all’interpretazione dei principali parametri chimici dei substrati colturali (metodo di Sonneveld).
Table 1. Interpretation guideline to the chemical properties of growing media (Sonneveld method).
PARAMETRO
basso
normale
EC mS/cm
< 0,6
0,6 – 1,5
N-NO3 (mg/l)
< 40
40 – 80
N-NH4 (mg/l)
< 25
25 – 35
K (mg/l)
< 12
12 – 43
Na (mg/l)
< 40
40 – 60
Ca (mg/l)
< 40
40 – 80
Mg (mg/l)
< 25
25 – 45
Cl (mg/l)
< 60
< 60-100
SO4 (mg/l)
< 115
115 – 150
P2O5 (mg/l)
< 50
50 – 70
Fe (mg/l)
< 0,1
0,1 - 1,4
Mn (mg/l)
< 0,01
0,01 - 0,3
Zn (mg/l)
< 0,01
0,01 – 0,3
B (mg/l)
< 0,01
0,01 – 0,3
Cu (mg/l)
< 0,01
0,01 – 0,06
Mo (mg/l)
< 0,01
0,01 – 0,05
Fonte MAC – Minoprio Analisi e Certificazioni S.r.l. (valori riferiti all’estratto acquoso)
alto
> 1,5
> 80
35
43 – 70
> 60
> 80
> 45
> 100
> 150
> 70
> 1,4
> 0,3
> 0,3
> 0,3
> 0,06
> 0,05
Tabella 2. Guida all’interpretazione dei principali parametri chimici dei substrati colturali (metodo En 13652).
Table 2. Interpretation guideline to the chemical properties of growing media (EN 13652 method).
PARAMETRO
basso
normale
EC mS/m
< 20
20 – 50
N-NO3 (mg/l)
< 11
11 – 23
N-NH4 (mg/l)
<8
8 – 12
K (mg/l)
<4
4 – 14
Na (mg/l)
< 11
11 – 16
Ca (mg/l)
< 10
10 – 19
Mg (mg/l)
<6
6 – 10
Cl (mg/l)
< 18
18 – 30
SO4 (mg/l)
< 35
35 – 45
P2O5 (mg/l)
< 14
14 – 19
Fe (mg/l)
< 0,1
0,1 – 0.5
Mn (mg/l)
< 0,01
0,01 - 0,1
Zn (mg/l)
< 0,01
0,01 – 0,1
B (mg/l)
< 0,01
0,01 – 0,1
Cu (mg/l)
< 0,01
0,01 – 0,03
Mo (mg/l)
< 0,01
0,01 – 0,02
Fonte MAC – Minoprio Analisi e Certificazioni S.r.l. (valori riferiti all’estratto acquoso)
53
alto
> 50
> 23
12
14 – 23
> 16
> 19
> 10
> 30
> 45
> 19
> 0,5
> 0,1
> 0,1
> 0,1
> 0,03
> 0,02
Caratterizzazione agronomica dei substrati di coltivazione: metodologie ed esperienze a confronto
L’analisi chimica dei substrati di coltivazione
risulta legata a minori fattori variabili rispetto la fisica (sostanzialmente alla coltura ed alla materia
prima, torba, compost, etc.), anche se il differente
rapporto di diluizione dei due metodi indicati, il metodo di Sonneveld (tab. 1) ed il metodo EN 13652
(tab. 2), pone un problema di confronto dei risultati
ottenuti.
Particolarmente
delicata
risulta
invece
l’interpretazione dei parametri fisici (tab. 3), poiché
la qualità di un substrato, cioè la capacità del prodotto di ospitare una coltura garantendo non solo
l’ancoraggio ma anche lo sviluppo e la respirazione
radicale e l’assorbimento di elementi nutritivi, dipende da diversi fattori, tra cui la specie coltivata e
la tecnica di coltivazione con particolare riferimento
alle modalità di irrigazione e fertirrigazione.
Tabella 3. Guida all’interpretazione dei principali
parametri fisici dei substrati colturali (metodo De Boodt –
metodo EN 13041).
Table 3. Interpretation guideline to the physical
properties of growing media.
leggero
basso
normale
pesante
elevato
densità apparente
(kg/m3)
< 60
60–250
250
porosità totale
(%v/v)
< 80
80–95
> 95
volume d’aria a pF1
(%v/v)
< 15
15–35
> 35
volume d’acqua a
pF1 (%v/v)
< 50
50–80
> 80
volume d’acqua
facilmente disponibile (%v/v)
< 30
30–40
> 40
PARAMETRO
Fonte MAC – Minoprio Analisi e Certificazioni S.r.l.
Come anticipato nel paragrafo relativo alle
analisi fisiche l’applicazione dei due metodi indicati,
il metodo De Boodt ed il metodo EN 13040, restituiscono valori identici, essendo entrambi i metodi
basati sullo stesso principio fisico.
Esperienze di confronto tra laboratori
sull’applicazione delle norme CEN/TC 223
A livello europeo a partire dal 2000 sono stati
organizzati, sotto la direzione dell’istituto Applied
Plant Research dell’Università di Wageningen in
Olanda, quattro successivi programmi di ring test
per le analisi di substrati colturali e ammendanti
compostati, che hanno visto la partecipazione di la-
boratori europei ed extraeuropei, impegnati nel confronto sulle norme CEN/TC 223.
Il programma ha preso avvio a fronte
dell’esigenza di diffusione, di applicazione e confronto tra i laboratori di tali metodi, messi a punto e
ratificati dalla CEN/TC 223 tra il 1999 e il 2001, ma
fino a quel momento testati su piccola scala. La
prima edizione risultò assai limitata nei contenuti
(ristretta alla sola analisi fisica) e solo nel 2002 il
programma assunse la connotazione attuale. A partire dal 2004, a seguito di uno specifico emendamento
CEN, l’analisi fisica si completò della curva di ritenzione. Il laboratorio MAC ha partecipato attivamente al programma fin dal 2002, per tre edizioni
successive, l’ultima nel corso del 2006.
In un rapporto pubblicato su Soil Science and
Plant Analysis da De Kreij C. e Wever G. dal titolo
“Proficiency testing of growing media, soil improvers, soil and nutrient solutions” in cui si analizzano
nel complesso i risultati dei successivi programmi di
ring test, gli autori puntualizzano come le metodiche
CEN/TC 223, anche se in apparenza di semplice attuazione, nascondono in realtà un buon grado di incertezza.
I successivi programmi di ring test hanno messo in luce una serie di errori procedurali e strumentali che hanno portato all’espressione di dati outliers
e di valori non statisticamente correlati. In particolare i ricercatori olandesi hanno evidenziato maggiori
problematiche sulla valutazione delle caratteristiche
chimiche, legate ad errori intercorsi nella fase di estrazione dei campioni. L’inesperienza, a detta dei
ricercatori olandesi, sembra essere la primaria fonte
di errore e a tal proposito essi stessi auspicavano a
livello europeo la costituzione di un sistema di certificazione per gli esecutori del metodo.
Nell’inverno del 2006 MAC ha organizzato un
ring test nazionale sulle stesse tematiche già affrontate a livello europeo; il numero di partecipanti (3),
identificati nel corso del 2005, è stato esiguo. La
proposta ha perseguito lo scopo primario di istituire
un percorso di confronto, di discussione tecnico a
livello nazionale sulle norme CEN/TC 223.
I risultati ottenuti rispecchiano in termini generali quanto già espresso a livello europeo. Il ring test
italiano ha mostrato, a differenza di quest’ultimo,
una maggiore incidenza di dati outliers sui parametri
fisici, in particolare in relazione alla definizione dei
volumi di acqua e di aria a tensioni elevate.
Il laboratorio MAC ha inoltre partecipato nel
corso del 2005 ad uno specifico programma di ring
test sulla identificazione della granulometria dei
substrati di coltivazione (suddivisione in classi dimensionali delle particelle costituenti). Si trattava di
una seconda edizione a seguito dell’annullamento di
una prima per i numerosi errori registrati nei risulta-
54
Pozzi e Valagussa
ti, dovuti a problemi intercorsi nella fase di campionamento in laboratorio. Tale aspetto sottolinea pertanto l’importanza per gli esecutori dei metodi di agire sulla base dell’esperienza, nonché la necessità
di confronto allo scopo di comprendere gli errori
commessi e minimizzare l’incertezza legata al risultato analitico.
Bibliografia
AA.VV. 1999-2001 – CEN/TC 223 Ammendanti e
substrati di coltivazione. Norme Uni-En.
De Boodt M., Verdonck O., Cappaert I. 1974 Method for measuring the Water release curve
55
of organic substrates. Acta Horticolturae, 37:
2054-2062.
De Kreij C., Wever G. 2005. Proficiency testing of
growing media, soil improvers, soil, and nutrient solutions. Soil Science and Plant Analysis,
36: 81-88.
Sonneveld C., Ende J. 1974. Analysis of growing
media by means of a 1:1,5 volume extract.
Comm. Soil Sci. Plant Anal., 5: 183-202.
Pozzi A., Valagussa M. 2005. Orientarsi nel mondo
dei substrati di coltivazione. Quaderni per
l’agricoltura sostenibile. Regione Lombardia –
Agricoltura.
Copyright © by Centro Scientifico Italiano dei Fertilizzanti
Impiego dei biosaggi vegetali nella caratterizzazione dei substrati di
coltivazione
Laura Crippa*, Patrizia Zaccheo, Daria Orfeo
Dipartimento di Produzione Vegetale - Università degli Studi di Milano - Via Celoria 2, 20133 Milano
*Corresponding Author: Laura Crippa Tel. +390250316536 Fax. +390250316521, e-mail [email protected]
Riassunto
L’introduzione dei biosaggi vegetali tra le determinazioni utili alla valutazione della qualità dei substrati di coltivazione, risponde ad esigenze di conoscenza dei materiali che le analisi chimiche o fisiche routinarie non sono in grado
di soddisfare. In questa ottica si propone l’applicazione dei biosaggi in senso positivo e innovativo, quindi non per evidenziare aspetti legati alla fitotossicità, ma per fornire una risposta rapida e predittiva sull’attitudine di un prodotto a sostenere lo sviluppo delle piante nel breve e nel lungo periodo. Tale capacità è strettamente legata alle caratteristiche fisico-idrologiche dei materiali e per quanto riguarda il lungo periodo, alla loro stabilità nel tempo. L’esperienza maturata
dal DI.PRO.VE. di Milano su alcuni biosaggi descritti da metodiche ufficiali nazionali ed internazionali (germinazione,
allungamento radicale, accrescimento), sviluppati per la valutazione della qualità di suoli, acque, biomasse, e della tossicità di xenobiotici e non, ha messo in luce le specificità di ciascun test. In particolare, il test di allungamento radicale ha
dimostrato una particolare attitudine a rilevare gli effetti correlabili a specifiche caratteristiche fisiche dei materiali. Per
questo motivo il test di allungamento radicale ISO 11269-1 è stato testato su 19 diversi campioni di substrati di coltivazione a base di torba, dimostrando di essere in grado di fornire risultati compresi in un ampio range di risposte (da valori
di allungamento inferiori al 70% fino a valori superiori al 90% rispetto al testimone). Lo stesso test è stato applicato ad
otto campioni pretrattati per ottenere un “invecchiamento” fisico in grado di simulare gli effetti della coltivazione (cicli
alterni di essiccazione e reumidificazione). I primi risultati sembrano essere promettenti e meritano una prosecuzione
della sperimentazione che coinvolga anche verifiche di serra e correlazioni con i dati analitici.
Parole chiave: test di allungamento radicale ISO 11269-1, test di crescita, test di germinazione, stabilità fisica dei substrati.
Plant bioassay for testing the characteristics of growing media
Abstract
The success of greenhouse cultivation is strictly linked to the good quality of growing media. Chemical and physical routine analyses are not always enough responsive to growing media quality and sometimes it could be useful to support them with bioassays. Our experiences on bioassays with plants (germination, root elongation, growth) showed the
sensitivity of root elongation test (ISO 11269-1) to physical characteristics of substrates. The aim of this study was to
evaluate if root elongation bioassay is able to screen among growing media, specially on the basis of their physical properties. Results obtained from the application of the ISO 11269-1 test on 19 peat-based growing media showed a wide range of
values (from -70% of root elongation to +90% vs. the control), indicating the high sensitivity of the bioassay to the root environment.
Furthermore, we developed a fast and simple method to carry out reproducible procedure (treatment of substrate
and successive bioassay), responsive to physical/structural stability of growing media during cultivation. In this aim the
ISO 11269-1 root elongation test was carried out on eight growing media before and after they had been subjected to alternate drying and rewetting cycles, in order to simulate growing conditions. The preliminary data look promising for the
development of the proposed procedure (treatment and bioassay) to estimate the impact of cultivation on physical/structural stability of growing media.
Keywords: root elongation test ISO 11269-1, germination test, growth test, physical stability of growing media.
Introduzione
L’esito positivo della coltivazione fuori suolo
di specie orticole ed ornamentali è strettamente lega-
Fertilitas Agrorum 3 (1) 2009 56-63
to alla qualità dei substrati di coltivazione impiegati.
Le analisi chimiche e fisiche che di routine vengono
condotte non sempre sono sufficienti a definire la
56
Crippa et al.
qualità dei substrati, che verrebbe più esaurientemente descritta con l’ausilio di test biologici (Kemppainen et al., 2004). Solitamente l’uso dei test è finalizzato ad evidenziare l’eventuale comportamento
negativo del substrato durante l’impiego (componenti/residui fitotossici eventualmente presenti, cattiva
sinergia di alcune caratteristiche ecc.). Tuttavia, soprattutto nel caso dei substrati professionali, per i
quali il dubbio di fitotossicità non dovrebbe sussistere, i test biologici potrebbero avere un significato
positivo e “innovativo”, ovvero fornire una risposta
rapida e predittiva sull’attitudine di un prodotto a sostenere lo sviluppo delle piante nel breve e nel lungo
periodo.
L’esperienza maturata presso il DI.PRO.VE. di
Milano, lavorando su alcuni biosaggi descritti da
metodiche ufficiali nazionali ed internazionali (germinazione con crescione, allungamento radicale con
orzo, accrescimento con lattuga), sviluppati per la
valutazione della tossicità di xenobiotici e non, della
qualità di suoli, acque, biomasse ecc., ha messo in
luce le specificità di ciascun test. In particolare,
mentre il test di germinazione (Regione Piemonte,
1992) rileva la tossicità dovuta a xenobiotici idrosolubili od a eccessi/squilibri nutrizionali e quello di
accrescimento (B.U.R.L., 2003) risponde con grande
sensibilità alla presenza di composti tossici e fertilizzanti, il test di allungamento radicale (ISO, 1993) ha
dimostrato una peculiare attitudine a rilevare gli effetti legati a specifiche caratteristiche fisicostrutturali dei materiali. In particolare (Zaccheo et
al., 2006) in un sito pesantemente contaminato da
ceneri di pirite e caratterizzato da una tessitura molto
scadente dovuta alla forte preponderanza della componente limosa, è stato in grado di evidenziare, contrariamente agli altri biosaggi, il miglioramento fisico indotto da interventi agronomici di ammendamento previsti dal progetto di fitorisanamento (fig.
1).
Per questo motivo il test ISO 11269-1 è stato
applicato a 19 diversi substrati di coltivazione a base
di torba provenienti dal mercato hobbistico e professionale italiano: si voleva infatti verificarne la capacità di discriminazione qualitativa che, a inizio coltura e salvo casi di fitotossicità, è principalmente attribuibile allo stato fisico-strutturale. Successivamente
è stata studiata la possibilità di sviluppare una procedura in grado di prevedere gli effetti della coltivazione e cioè il mantenimento/scadimento delle caratteristiche fisiche e strutturali del substrato nel tempo.
Figura 1. Conducibilità elettrica: valori riscontrati nei lotti analizzati di ciascun prodotto
Figure 1. Electrical conductivity: data from batches of each studied growing media
57
Impiego dei biosaggi vegetali nella caratterizzazione dei substrati di coltivazione
Poiché uno dei fattori che influenzano la stabilità
delle proprietà fisiche e idrologiche dei substrati è
rappresentato dall’alternanza umido/secco, conseguente all’irrigazione ed all’evapotraspirazione, si è
simulato un ciclo di coltivazione sottoponendo i materiali a cicli alterni di essiccazione e reumidificazione. Alcuni dei substrati già testati tal quali sono stati
sottoposti a 4 cicli di essiccazione ed inumidimento e
l’eventuale deterioramento della qualità fisica è stato
rilevato nuovamente tramite il test di allungamento
radicale.
Materiali e metodi
Campioni e analisi - Nello studio sono stati utilizzati 19 substrati a base di torba: 14 professionali,
forniti direttamente dalle aziende produttrici e 5
hobbistici, acquistati in garden-centers e supermercati (tab. 1).
Tabella 1. Composizione dichiarata dai produttori (H = Hobbistici; P = Professionali)
Table 1. Ingredients declared by producers (H = Hobby; P = Professional)
Sigla
H1
H2
H3
H4
H5
P1
P2
P3
P4
P5
P6
P7
P8
P9
P 10
P 11
P 12
P 13
P 14
Substrato di coltivazione
Amm. torboso composto: miscela torbe, ammendante compostato verde
Amm. torboso composto: torbe di sfagno, ammendante compostato verde, cortecce umificate
Amm. torboso composto: miscela torbe, ammendante compostato verde
Amm. torboso misto: miscela torbe bionde, matrice organica umificata
Amm. torboso composto: torbe bionde e brune, fibre lignee, stallatico bovino ed equino,
fertilizzanti organici naturali
Torba bruna, torba bionda
Torba bruna, torba bionda, pomice
Torba bionda, torba bruna
Torba bionda, torba bruna
Torba bruna, sabbia
Torba neutra, argilla
Torba bionda, compost verde, torba bruna
Torba neutra
Torba neutra, torba di sfagno e cortecce umificate
Miscela torbe acide, argilla, cornunghia
Torba neutra - torba bionda, bruna, sabbia
Torba neutra - alginite
Torba neutra, sabbia
Sabbia silicea, argilla, torba bionda
58
Crippa et al.
Tabella 2. Caratteristiche analitiche dei substrati esaminati (H = Hobbistici; P = Professionali)
Table 2. Analytical characteristics of the studied growing media (H = Hobby; P = Professional)
pH
H1
H2
H3
H4
H5
P1
P2
P3
P4
P5
P6
P7
P8
P9
P 10
P 11
P 12
P 13
P 14
7,4
4,4
5,2
7,4
6.9
7,0
7,2
5,4
8,2
6,1
5,6
6,9
5,3
5,7
6,7
7,3
6,9
7,9
7,2
Volume
aria pF 1,7
(% v/v)
(% v/v)
(% v/v)
85,0
90,9
90,8
81,8
92,6
88,0
91,0
91,2
91,9
88,0
90,0
90,0
89,0
86,0
80,0
89,0
80,0
-
12
14
14
11
10
30
14
24
15
8
13
9
8
6
7
8
7
-
34
44
43
32
49
45
43
51
58
40
49
41
43
38
39
44
39
-
EC
Volume
acqua pF 1
A.F.D.
Porosità
totale
(µS/cm)
(g/cm3)
(% v/v)
(% v/v)
768
392
398
2633
695
555
376
359
231
253
423
593
60
452
552
448
229
159
355
0,334
0,154
0,173
0,386
0,516
0,123
0,277
0,150
0,166
0,150
0,233
0,189
0,157
0,201
0,296
0,401
0,217
0,490
0,785
73
77
77
70
51
83
58
77
67
77
80
78
83
80
80
83
83
78
82
23
30
29
21
29
38
16
29
27
43
32
36
34
34
33
35
37
39
-
Le determinazioni di pH, conducibilità elettrica
(EC) e delle caratteristiche fisico-idrologiche (tab. 2)
sono state effettuate secondo i metodi EN per “Soil
improvers and growing media” (EN 13037:1999; EN
13038:1999; EN 13039:1999; EN 13040:1999; EN
13041:1999).
Test di allungamento radicale - Il test ISO
11269-1 viene di seguito sinteticamente illustrato:
Controllo:
sabbia
Campione:
500 cm3 posti in vasi cilindrici
a fondo chiuso (h 150mm; Ø 80mm)
Organismo test: Hordeum vulgare L., semi
pregerminati (radichetta ca. 1 mm)
Repliche:
3 vasi, 6 semi pregerminati/vaso
Condizioni:
camera di crescita; notte/giorno 8/16 ore; 16/21°C; umidità substrato
70% pF1
Durata:
5 giorni
End-point:
lunghezza radice
59
Volume
aria pF 1
Densità
app.
Simulazione effetti coltivazione - I substrati, posti nei vasi utilizzati per il test di allungamento radicale, vengono portati ad una umidità pari al 100%
del valore riscontrato a pF1 (capacità di ritenzione
idrica) e quindi essiccati in stufa ventilata a 40°C fino a raggiungere il 30% dell’umidità a pF1; il trattamento viene ripetuto per 4 volte. Il tempo necessario per effettuare i 4 cicli di inumidimento/essiccazione, secondo le modalità illustrate, è
di 1 settimana ±1 giorno, in funzione del tipo di materiale in esame. Al termine del trattamento di “invecchiamento” si procede all’esecuzione del test ISO
11269-1.
Analisi statistica e grafici - Il confronto tra i
campioni analizzati tal quali è stato effettuato con il
test di Dunnett a due vie, mentre gli effetti sulla stabilità fisico-stutturale dei substrati prodotti dal trattamento di simulazione della coltivazione, sono stati
verificati applicando il test Tukey-b. Nei grafici i
risultati sono stati trasformati in “indici di allungamento”, ottenuti dal rapporto risultato campione/risultato testimone.
Impiego dei biosaggi vegetali nella caratterizzazione dei substrati di coltivazione
Risultati e discussione
I risultati, illustrati nella fig. 2 ed elaborati in
fig. 3, mostrano che i 19 substrati hanno indotto un
ampio range di valori di lunghezza radicale che, rispetto al testimone, spaziano tra – 70% e +90% indicando una buona sensibilità del test ISO 11269-1 nel
differenziare i materiali in funzione dell’ambiente
circostante le radici. Gli esiti ottenuti utilizzando
substrati professionali sono stati uguali (P1 e P6) o
migliori di quelli ottenuti con il substrato di controllo: 8 casi compresi tra +20 e +40% e 4 casi tra +40 e
+90%. I materiali destinati al mercato hobbistico
hanno evidenziato risultati medio-scarsi, compresi
cioè tra -70% e +30%. Il valore peggiore è stato ottenuto dall’unico prodotto la cui formulazione com-
prendeva compost misto (H4); i risultati migliori si
sono riscontrati in substrati professionali costituiti da
miscele di torbe e sabbia. Il biosaggio di allungamento radicale ha mostrato inoltre una buona riproducibilità di risposta. Sono state infatti effettuate repliche di medesimi campioni in tempi diversi, o di
campioni diversi provenienti da medesimi lotti di
produzione, ottenendo risultati pienamente confrontabili.
Si fa inoltre notare che il test è caratterizzato da
tempi brevi di allestimento ed estrema semplicità esecutiva; per tali motivi il test si presta benissimo ad
essere introdotto tra le verifiche analitiche che di
routine vengono effettuate sui substrati di coltivazione.
Figura 2. Alcuni esempi dei risultati del test ISO 11269-1 con Hordeum vulgare L.ottenuti sui substrati tal quali
Figure 2. Examples of the results of ISO 11269-1 test with Hordeum vulgare L on no treated sustrates
60
Crippa et al.
Figura 3. Risultati del test ISO 11269-1 su 19 substrati espressi come Indice di allungamento radicale. Campioni con
l’asterisco (*) sono significativamente diversi per P=0.05 rispetto al controllo rappresentato dalla sabbia (Test di Dunnett). Le barre bianche H1bis, P1bis, P13bis sono repliche dello stesso campione in tempi diversi; la barra bianca P3bis è
campione diverso di un medesimo lotto di produzione.
Figure 3. Results of ISO 11260-1 root elongation test on 19 growing media. The mean differences is significant at 0.05
level (Dunnett t-test 2-sided, sand is control group against the other groups); white bars H1bis, P1bis, P13bis are test
repetitions in different times and white bar P3bis is a different sample of the same batch of P3 sample.
I fattori principali che influenzano le proprietà
fisiche e idrologiche dei substrati nel corso della coltivazione sono la crescita radicale e l’alternanza umido/secco conseguenti all’irrigazione ed all’ evapotraspirazione.
Questi ultimi soprattutto sono responsabili del
fenomeno dell’alternarsi di restringimento / espansione che influenza la porosità, la distribuzione della
forma e della dimensione dei pori e, di conseguenza,
la capacità per l’aria e per l’acqua dei substrati. Ampiezza e reversibilità di questi effetti dipendono dalla
“resistenza” o stabilità fisico-strutturale dei substrati,
per saggiare la quale è stata messa a punto la procedura di simulazione di coltivazione illustrata nei ma-
61
teriali e metodi accompagnata dall’esecuzione del
test di allungamento radicale prima e dopo il trattamento.
Otto substrati, di cui 2 hobbistici e 6 professionali, sono stati sottoposti a 4 cicli di essiccazione ed
inumidimento e l’eventuale deterioramento fisico rilevato tramite allungamento radicale. I risultati sono
sintetizzati nella fig. 4: in quattro casi i risultati del
test sono stati gli stessi prima e dopo il trattamento di
essiccazione/reidratazione, mentre negli altri quattro
casi si è osservata una riduzione più o meno marcata
della crescita delle radici di orzo dopo il trattamento,
segno di un avvenuto deterioramento della qualità
del materiale.
Impiego dei biosaggi vegetali nella caratterizzazione dei substrati di coltivazione
P1
P 11
2
Elongation Index
Elongation Index
2
NS
1
0
c
a
1
0
Prima
Dopo
Sabbia
Prima
P 13
2
b
a
1
0
b
a
a
1
Dopo
Sabbia
Prima
Dopo
Sabbia
H4
H1
2
b
b
a
1
Elongation Index
2
Elongation Index
Sabbia
0
Prima
b
1
a
a
Prima
Dopo
0
0
Prima
Dopo
Sabbia
Sabbia
P 10
P3
2
b
b
a
1
Elongation Index
2
Elongation Index
Dopo
P 14
c
Elongation Index
Elongation Index
2
b
b
b
a
1
0
0
Prima
Dopo
Sabbia
Prima
Dopo
Sabbia
Figura 4. Risultati espressi come Indice di allungamento radicale del test ISO 11269-1 su 8 substrati prima e dopo essere
stati sottoposti al trattamento di inumidimento/essicazione. In ciascun grafico barre seguite da lettere uguali non differiscono significativamente per P=0.05 (Tukey-B test).
Figure 4. Results of the ISO 11269-1 bioassay on 8 growing media expressed as Root Elongation Index performed before and after drying/wetting treatment. In each graph bars followed by same letter do not differ according Tukey-b test
(p<0.05).
62
Crippa et al.
Conclusioni
Questi primi risultati indicano che il tipo di
procedura di simulazione colturale sviluppata è stata
in grado di influire negativamente sulla qualità di
alcuni materiali e che il saggio di allungamento radicale è stato in grado di rilevare sensibilmente le
alterazioni subite dai substrati.
Bibliografia
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e all’esercizio di impianti di produzione di
compost. Allegato B. Test di fitotossicità – Effetto di matrici complesse sulla crescita della
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root growth.
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Proc. 7th Intern. Conf. on the Biogeochem. of
Trace Elements. Uppsala, Sweden 15-19 June.
Vol. 4: 45-47.
Zaccheo P., Crippa L., Marchiol L., Dell’Amico E.,
Colombo M., Andreoni V. 2007. Valutazione
della compromissione biologica di un suolo
contenente ceneri di pirite in un progetto di fitorisanamento. Bollettino Atti Convegno Nazionale SISS, Imola 27-30 Giugno 2006, pp. 196203.
Copyright © by Centro Scientifico Italiano dei Fertilizzanti
Substrati alternativi a base di compost per l’allevamento in contenitore di
specie ornamentali mediterranee
Elvira Rea1*, Barbara De Lucia2, Antonio Ventrelli2, Fernando Pierandrei1, Simona Rinaldi1, Anna
Salerno1, LorenzoVecchietti2, Valeria Ventrelli2
1
CRA-Centro di Ricerca per lo Studio delle Relazioni tra Pianta e Suolo. Via della Navicella 2-4 00184 Roma
Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali. Università degli Studi di Bari Via Amendola 165/A Bari
*
Corresponding author: tel. 06 7002636; fax 06 70005711;e mail: [email protected]
2
Riassunto
Scopo della presente ricerca è stato quello di verificare l’utilizzo come componente dei substrati, di otto diversi
tipi di compost sia verdi che misti, prodotti nella regione Puglia, ed individuare la percentuale ottimale di sostituzione
della torba. Sono state messe a punto diverse miscele costituite da compost e torba (30:40, 50:20 v:v), solo compost e
solo torba (controllo) addizionate a materiale inerte mantenuto invariato (15% pomice + 10% nocciolo mandorla + 5%
pozzolana). Al fine di verificare la possibilità di una sostituzione totale della torba, sono stati formulati anche altri
substrati, a base di ciascun compost al 60% con il restante 40% inerte costituito da nocciolo di mandorla. Le prove sono
state condotte su Rosmarinus officinalis L. in pien’aria.
Parallelamente è stata condotta una prova in serra su Aloe vera L. impiegando il compost di sansa ed il compost
verde, per la preparazione di miscele con percentuali crescenti di compost e contenenti tutte materiale inerte per il 30%
del volume (15% di pomice + 15% di pozzolana). Tutti i substrati impiegati sono stati caratterizzati mediante analisi
fisico-chimica e l’andamento della prove è stato monitorato con rilievi biometrici durante il periodo colturale.
I substrati formulati con compost al 30% sono risultati i più simili al controllo per la maggior parte dei parametri
fisici e chimici. La crescita delle piante di Rosmarinus officinalis L. è risultata assai diversificata a seconda del tipo di
compost e della sua percentuale di impiego, i parametri biometrici sono risultati confrontabili rispetto al controllo per i
substrati al 30% di compost. La crescita di Aloe vera è stata favorita dall’utilizzo di compost verde nel substrato
indipendentemente dalla concentrazione, mentre il compost di sansa ha avuto un effetto depressivo sulla crescita
quando sostituito totalmente alla torba.
I risultati ottenuti mostrano buone potenzialità di utilizzo dei compost non solo verdi ma anche misti, per
l’allevamento in vaso di piante ornamentali, tenendo conto che la percentuale ottimale di sostituzione alla torba è
strettamente dipendente dalla specie considerata e dal materiale di partenza del compost impiegato.
Parole chiave: piante ornamentali, fanghi urbani, residui verdi, inerti, florovivaismo
Use of compost as component in soilless growing media of Mediterranean ornamental plants
Abstract
Soil-less substrates are used for growing potted ornamental plants. The most common substrate for such cultures
is prepared with peat but the depletion of a non-renewable resource and environmental problems have favoured the
utilization of alternative materials as growing media. Organic residues as green wastes or urban solid wastes, after
proper composting, can be used with very good results as growing media instead of peat.
The objective of this work was to study the use of eight different composts as growing media for ornamental
plants. The substrates were obtained by mixing each compost whit peat in different proportions in volumes (30:40,
50:20 v:v) and using only peat or only compost added of constant inert material for 30% (15% pumice + 10% kernel
shells + 5% pozzolan).
In order to evaluate the total substitution of peat and the use of kernel shells, other substrates were obtained with
the same composts at 60% and the inert kernel shells (40%). The substrates were tested on Rosmarinus officinalis L.
Another test was conducted in greenhouse on Aloe vera L. plants using two composts obtained by olive mill and
green waste, in different proportions in volumes (0, 30, 50, 70 %). All the substrates contained inert material for 30%
constant (15% pumice + 15% pozzolan).
The main physical and chemical characteristics of substrates and biometrical parameters of plants during growing
cycle were measured.
The obtained results showed that substrates with 30% compost have the most of the physical and chemical
parameters comparable to the control. The plant growth differed considerably according to the compost and to the
substitution percentages of peat. First quality plants were obtained substituting peat with the 30% of compost.
The green compost was efficient for Aloe vera plants development, independently of dose, but the growth was
reduced in compost obtained by olive mill, at the higher doses.
The experiments show that all the proposed composts can be used as growing media but the best peat substitution
dose is highly dependent on the species and starting material of used compost.
Fertilitas Agrorum 3 (1) 2009 64-73
64
Rea et al.
Key works: ornamental plant, substrates, urban mud, pruning waste, inert, floriculture
Introduzione
L’allevamento di piante in vaso richiede
l’impiego di substrati di coltivazione con i quali si
intende sostituire completamente il terreno; un
substrato di qualità deve presentare caratteristiche
fisico - chimiche adeguate per la crescita della
pianta garantendo buone condizioni di aerazione e
giusto apporto di elementi nutritivi alle radici.
L’argomento substrati risulta particolarmente
importante nel florovivaismo, si presenta l’esigenza
di allevare in vaso anche piante di grandi dimensioni
per lunghi periodi oppure specie ornamentali non
adatte a vivere normalmente in determinate
condizioni ambientali e climatiche (Farina, 2005).
Le caratteristiche da considerare sono molteplici,
una struttura sufficientemente fine, un giusto grado
di porosità, un adeguato drenaggio dell’acqua in
eccesso, una buona ritenzione idrica, la capacità di
ribagnarsi dopo un periodo di disidratazione e di
fornire un apporto di elementi nutritivi da bilanciare
con i quantitativi di microelementi della soluzione
nutritiva.
La torba risulta essere il substrato più richiesto
da coloro che operano nel settore del vivaismo. In
Italia, a partire dagli anni ’60, con il forte sviluppo
del settore, il fabbisogno di torba ha superato i 3
milioni di metri cubi, soddisfatti quasi interamente
con prodotto importato. L’intenso sfruttamento delle
torbiere ha indotto un progressivo esaurimento delle
fonti non rinnovabili di approvvigionamento
determinando, l’ingresso sul mercato, di torbe
estratte da siti ancora non sfruttati situati nei paesi
baltici. Le limitazioni all’estrazione in alcune
nazioni del nord-centro Europa per problemi
ambientali, hanno portato inoltre ad una
diminuzione della qualità ed un incremento del
prezzo del prodotto, i costi di trasporto infatti,
possono rappresentare anche il 70% del valore
finale (Rea, 2005). Si è presentata quindi l’esigenza
di mettere a punto substrati alternativi alla torba ed
altrettanto validi per la produzione di piante in
vivaio (Lamanna et al., 1991; Pinamonti and
Centemero, 1997).
L’utilizzo del compost in sostituzione della
torba nel florovivaismo è una tematica di rilevante
interesse ed attualità. Esistono un gran numero di
rifiuti organici industriali (residui delle preparazioni
alimentari) che possono essere impiegati, in
combinazione con rifiuti vegetali (scarti della
65
potatura), per la produzione di compost utilizzabili,
con buoni risultati, come substrati di crescita in
alternativa alla torba (Benito et al., 2005; Frangi and
Pozzi, 2005). La gestione degli scarti industriali è un
problema concreto per molte aziende sia per aspetti
ambientali che economici, per cui la possibilità di
recuperare rifiuti organici e trasformarli in risorse
potenzialmente compostabili, appare un sistema
efficace per far fronte allo smaltimento dei rifiuti.
La possibilità di recupero e riutilizzo di matrici
organiche interessa in particolare tali aziende ma
anche tutta la società che potrebbe essere indirizzata
verso uno smaltimento differenziato dei rifiuti
organici (Verdonck, 1988; Parente et al., 2000;
Minuto et al., 2007)
Quando si parla di substrati a base di compost
sono molti gli aspetti da valutare:
- il materiale di partenza destinato al
compostaggio, la messa a punto di opportune
miscele tra rifiuti organici industriali o urbani e
matrice verde (Minuto et al., 2007),
- le tecniche di compostaggio, corretta gestione
del processo e controllo della qualità,
- una buona omogeneità del prodotto
nell’ambito della stessa fornitura e di quelle
successive per la sua standardizzazione (Lima et al.,
2004; Frangi and Pozzi, 2005; Benito et al., 2006).
In questo filone si inserisce la presente ricerca
che si propone di valutare le possibilità di impiego
di diversi tipi di compost, in sostituzione parziale o
totale alla torba, per la realizzazione di substrati da
impiegare nel settore del florovivaismo per
l’allevamento di specie ornamentali in contenitore.
Materiali e Metodi
Sono state allestite prove di allevamento in
vaso, sia in pien’aria presso i Vivai Piante Stefano
Capitanio di Monopoli (Ba), che in serra presso il
Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali
della Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi
di Bari.
I compost utilizzati sono stati realizzati presso
l’azienda Eden ‘94 di Manduria (Ta) impiegando
biomasse disponibili localmente e scarti provenienti
da attività tipicamente mediterranee. Le matrici di
partenza utilizzate in diverse combinazioni, sono
state: sanse dell’attività olearia, raspi e vinacce
dell’attività enologica, residui dell’industria lattiero
casearia, scarti vegetali e dell’industria del legno, in
Substrati alternativi a base di compost per l’allevamento in contenitore di specie ornamentali mediterranee
alcuni casi mescolati con fanghi urbani biologici
ottenuti dalla depurazione delle acque reflue o con
materiale organico proveniente da raccolta
differenziata locale.
Le sperimentazioni hanno previsto l’utilizzo di
otto diversi compost:
- C1 compost ottenuto da fanghi urbani (30%)
e scarti della manutenzione del verde (70%),
- C2 compost ottenuto da fanghi urbani (30%)
e fanghi di aziende vinicole contenenti raspi (70%),
- C3 compost di sansa,
- C4 compost di materia organica della raccolta
differenziata,
- C5 compost verde,
- C6 compost di fanghi lattiero caseari (50%) e
verde (50%),
- C7 compost di materia organica da raccolta
differenziata (35%), fanghi urbani (30%) e verde
(35%),
- C8 compost di materia organica da raccolta
differenziata (35%), fanghi urbani (30%) e raspi
(35%).
Con gli otto compost sono state formulate
diverse miscele, sostituendo parzialmente o
totalmente la torba, come descritto per le specifiche
prove. Tutti i substrati utilizzati sono stati sottoposti
ad analisi chimico-fisiche (D’Angelo et al., 1992). Il
pH e la conducibilità elettrica (CE) sono stati
determinati secondo la norma EN 13038 del 1999.
La densità apparente è stata determinata secondo
Bibbiani e Pardossi, 2004. La misura del volume di
acqua totale (%) a pF1 è stata effettuata secondo il
metodo UNI EN 13041. Il contenuto dei macro e
microelementi, dei metalli pesanti nei diversi
substrati è stato determinato mediante ICP.
Prove in pien’aria
La prova (prova 1) è stata condotta in vaso, in
pien’aria dal 20 aprile al 20 agosto 2006, in un
vivaio privato in agro di Monopoli, caratterizzato da
un clima tipicamente mediterraneo con aridità
accentuata.
La specie scelta è stata il rosmarino ad habitus
prostrato (Rosmarinus officinalis cv Tuscan Blue),
arbusto sclerofillo sempreverde, usato nella
realizzazione di spazi verdi con tecniche di
xeriscaping, poiché dotato di notevole rusticità,
lungo periodo di fioritura e tappezzante. Ciascun
compost è stato miscelato in diverse proporzioni con
torba e materiali inerti per costituite 25 diverse
miscele, 24 a base di compost e una a base di torba
(testimone). Sono state preparate le seguenti
miscele: 30% compost e 40% torba, 50% compost e
20% torba, 70% compost (sostituzione totale della
torba) e il controllo con sola torba (70%); in tutte le
miscele il restante 30% era costituito da materiale
inerte mantenuto invariato in ogni miscela (15%
pomice + 10% nocciolo mandorla + 5% pozzolana).
Sono stati utilizzati contenitori tronco-conici
(volume 2,1 L) in PE, color terracotta, con una
densità di 16 vasi/m 2; complessivamente il numero
di piante in coltivazione è stato di 972. Nell’intero
periodo di prova sono state assicurate alle piante le
comuni cure colturali. Il disegno sperimentale è
stato a parcelle suddivise con tre ripetizioni,
ciascuna di sei piante. Al fine di dilavare l’eccesso
di sali nel substrato, per circa un mese, le piante
sono state irrigate con sola acqua, successivamente e
sino al termine della prova è stata utilizzata una
soluzione nutritiva completa di macro e
microelementi. I venticinque substrati sono stati
utilizzati in combinazione fattoriale con due volumi
irrigui: 150 e 300 mL di acqua/vaso/giorno,
frazionati in due interventi. Il volume 300 mL è
quello normalmente utilizzato in vivaio per la
crescita delle piante in contenitore con ciclo
primaverile-estivo; si è optato di confrontarlo con la
dose 150 mL allo scopo di verificare la possibilità di
coltivazione con un risparmio idrico.
Sempre su Rosmarinus officinalis L. è stata
condotta un’ulteriore prova (prova 2) utilizzando
nove miscele formulate utilizzando gli otto compost
descritti al 60%, il restante 40% era costituito da
nocciolo di mandorla. Il controllo era costituito da
sola torba al 60% e 40% nocciolo di mandorla. Le
caratteristiche del piano sperimentale sono state le
stesse della prova precedente. Le piante utilizzate in
prova sono state irrigate con volume d’acqua di 300
mL/vaso/giorno, la concimazione ha previsto la
somministrazione di 3,2 g/L di substrato di un
concime a lenta cessione (Osmocote).
Tutte le prove sono state monitorate con rilievi
biometrici sulla pianta intera effettuati durante ed al
termine del ciclo colturale.
Prova in serra
La prova è stata condotta su Aloe vera L.,
pianta succulenta, poco esigente e resistente allo
stress idrico, comunemente utilizzata nei giardini in
ambiente mediterraneo.
Due degli otto compost precedentemente
descritti, compost di sansa (C3) e compost verde
(C5), sono stati utilizzati per la preparazione di sei
diverse miscele contenenti tutte materiale inerte per
il 30% del volume, ripartito tra il 15% di pomice e il
restante 15% di pozzolana. I sei substrati sono stati
messi a confronto con un substrato tradizionale
torboso nel quale la percentuale di inerti rimaneva
fissa al 30%. E’ stata utilizzata torba bionda,
comunemente utilizzata dai vivaisti per la
coltivazione dell’ Aloe vera, di provenienza lituana.
Sono state formulate diverse miscele:
66
Rea et al.
controllo = 70% Torba (T) + 30% inerte (I);
C3-30 = 40% T + 30% C3 + 30% I; C3-50 = 20% T
+ 50% C3 + 30% I; C3-70 = 0% T + 70% C3 + 30%
I; C5-30 = 40% T + 30% C5 + 30% I; C5-50 = 20%
T + 50% C5 + 30% I; C5-70 = 0% T + 70% C5 +
30% I.
La prova iniziata l’11 aprile 2006, è stata
allestita in serra presso la Facoltà di Agraria di Bari
(coordinate geografiche 41° 7’ 33,79’’ N; 16° 52’
09,44’’ E; 3,35m s.l.m.). La serra aveva una
struttura in ferro-vetro ed era provvista di un sistema
di climatizzazione che permetteva di mantenere
temperature notturne minime di 18±1°C. Piante
radicate di Aloe vera L. sono state trapiantate
singolarmente in contenitori in PE di forma troncoconica con diametro di 16 cm e capacità di 2,5 L.
Il 26 ottobre 2006 su tre ripetizioni sono stati
determinati i seguenti parametri biometrici: altezza,
larghezza, numero di germogli secondari, numero
delle foglie, peso fresco della pianta e dei germogli.
Il disegno sperimentale adottato è stato a blocco
randomizzato con tre ripetizioni. Per tutte le prove i
risultati dei descrittori biometrici sono stati
sottoposti ad analisi della varianza per individuare
l’influenza della percentuale di compost sulla
crescita delle piante. Le differenze statistiche tra le
medie sono state determinate mediante il test di
Student-Newman-Keuls (S.N.K.) al livello di
significatività P ≤ 0,05.
Risultati e Discussione
Prove in pien’aria
Le principali caratteristiche chimico-fisiche
determinate sui substrati utilizzati nella prima prova
su Rosmarinus officinalis L. sono riportate in
tabella1. Incrementando la quota di ciascun compost
si riscontra un aumento del pH, della conducibilità
elettrica e della densità apparente. Questi parametri
raggiungono valori più elevati rispetto al controllo a
base di torba, in nessun caso comunque sono stati
riscontrati fenomeni di fitotossicità.
Tabella 1 Caratteristiche fisico-chimiche dei substrati utilizzati nella prova 1 condotta su Rosmarinus officinalis L.
T=70% torba, C1-30=30% compost 1 e 40% torba, C1-50=50% compost 1 e 20% torba, C1-70=70% compost 1
(sostituzione totale della torba), ripetuto per gli otto compost (C1-C8), il restante 30% è invariato in ogni miscela (15%
pomice + 10% nocciolo mandorla + 5% pozzolana).
Table 1 Physical and chemical characteristics of substrates used in experiment 1 on Rosmarinus officinalis L. T=70%
peat, C1-30=30% compost 1 and 40% peat, C1 50=50% compost 1 and 20% peat, C1 70=70% compost 1, repeated for
eight composts (C1-C8), 30% inert material is constant in each substrate (15% pomice + 10% kernel shells + 5%
pozzolan).
Substrato
Densità
apparente
(g/cm3)
Volume
acqua (%) a
pF1
pH
CE (µS/cm)
Substrato
Densità
apparente
(g/cm3)
Volume
acqua (%) a
pF1
pH
CE (µS/cm)
67
T
C130
C150
C170
C230
C250
C270
C330
C350
C370
C430
C450
C470
0,356
0,745
0,995
1,34
0,79
0,96
1,29
0,79
0,85
1,03
0,79
0,96
1,25
36,8
41,2
59,4
49,9
59,0
51,5
48,1
37,3
54,8
49,8
62,6
67,6
61,0
5,9
77
6,6
425
6,9
654
7,4
796
6,7
702
6,7
1018
6,9
1883
6,5
183
6,5
242
7,2
485
7,0
1092
7,3
1556
7,8
2620
T
C530
C550
C570
C630
C650
C670
C730
C750
C770
C830
C850
C870
0,356
0,80
0,96
1,28
0,90
1,02
1,27
0,78
1,08
1,34
0,63
0,77
0,85
36,80
47,3
51,7
45,4
57,7
61,7
63,5
50,1
55,7
44,1
31,7
35,5
36,1
5,9
77
6,9
368
7,3
873
6,5
383
6,7
535
7,1
790
6,3
468
7,0
765
7,4
1234
7,4
1158
7,2
2720
6,9
1734
7,1
522
Substrati alternativi a base di compost per l’allevamento in contenitore di specie ornamentali mediterranee
I substrati contenenti totalmente compost,
presentavano le caratteristiche fisico-chimiche
riportati in tabella 2. E’ stato riscontrato un sensibile
aumento della densità apparente, del pH, e della
conducibilità elettrica rispetto al controllo.
L’influenza dei compost sulle proprietà fisicochimiche dei substrati è stata oggetto di diverse
ricerche ed è attualmente ben documentata in
letteratura. Questo a causa dei problemi che può
comportare l’allontanamento dei suddetti parametri,
dai valori ottimali di crescita delle piante (GarciaGomez et al., 2002; Frangi and Pozzi, 2005; Benito
et al. 2006; Minuto et al., 2007).
Il compost influenza anche lo sviluppo dell’
apparato radicale determinando una distribuzione
delle radici tendenzialmente nella parte superiore
del vaso, ciò è dovuto probabilmente ad una
compattazione del substrato dovuta al compost,
confermato dal valore più alto della densità
apparente in tutti i substrati che prevedono il 6070% di compost. La crescita e la qualità delle piante
di rosmarino è stata alquanto eterogenea a seconda
del tipo di trattamento. I parametri biometrici, al
termine del ciclo colturale nella prima prova,
evidenziano differenze significative in funzione del
tipo di compost ed alla sua percentuale di
sostituzione rispetto al controllo a base di torba (tab.
3). Tra tutti i substrati impiegati, comunque quelli al
30% di compost e 40% torba hanno portato
all’ottenimento di piante confrontabili a quelle del
controllo. Sia il diametro che il numero di fusti
secondari delle piante sono risultati simili a quelli
del controllo nei casi di sostituzione della torba con
i compost C1, C5, C6, C7 e C8 fino al 50% e con
C2 e C4 solo al 30%. L’uso del solo compost C3,
C4 e C7, ha provocato una significativa riduzione di
tali parametri. Il peso fresco delle piante, parametro
che può riassumerne il livello di crescita, conferma
che tutti i compost al 30% di sostituzione, tranne il
C3, hanno fatto registrare valori medi eccellenti, da
132g a 154g, significativamente maggiori di quelli
ottenuti con C3 al 30% e C5, C6, C7 e C8 al 50%.
Valori medi ancora minori sono stati ottenuti con
l’uso di C3 al 50 e 70% di sostituzione (circa 60 g)
denotando un suo effetto depressivo di questo
compost sulla crescita.
Tabella 2 Caratteristiche fisico-chimiche di substrati utilizzati nella prova 2, condotta su Rosmarinus officinalis L..
T= 60% torbae 40% inerte, C1-8 60 = 60% compost 1-8 e 40% inerte. L’inerte in tutte le miscele compresa torba è
costituito da 40% nocciolo di mandorla.
Table 2 Physical and chemical characteristics of substrates used in experiment 2 on Rosmarinus officinalis L.
T=60% peat, C1-8 60=60% compost 1-8 and 40% inert material constant in each substrate (40% kernel shells).
Substrato
Densità
apparente
(g/cm3)
Volume
acqua (%) a
pF1
pH
CE (µS/cm)
T
C1-60 C2-60 C3-60 C4-60 C5-60 C6-60 C7-60 C8-60
0,413
1,251
1,189
1,043
1,213
1,185
1,136
1,219
0,720
27,6
40,8
45,0
32,3
37,4
38,7
57,1
40,8
35,0
5,6
87
7,3
811
7,2
1644
7,5
601
7,9
2630
7,7
936
7,4
783
7,7
1354
7,3
2600
68
Rea et al.
Tabella 3. Valori medi dei parametri biometrici delle piante di rosmarino (prova 1) al termine del ciclo colturale. Le
medie lungo le righe seguite da lettere diverse sono significativamente diverse (P< 0,05) secondo il test SNK. Categorie
di qualità: I = prima categoria, II = seconda categoria, NO = non commerciabili.
Table 3 Mean values of biometrical parameters of plants at growing cycle end in experiment 1. Means with different
letters indicate significant differences (P< 0,05) in each line using SNK test.
I = Fest category, II = second category, NO = no commercially
Substrato
Diametro
(cm)
Fusti
secondari (n)
Peso fresco
(g)
Sostanza
secca (%)
Categoria di
qualità
Substrato
Diametro
(cm)
Fusti
secondari (n)
Peso fresco
(g)
Sostanza
secca (%)
Categoria di
qualità
49,7
ab
29,3
ab
141,3
a
28,54
bd
C130
47,8
ad
27,7
ac
134,4
ab
28,05
cd
C150
45,9
af
22,7
be
95,5
cf
37,08
ab
C170
43,7
bg
20,5
cf
86,3
cg
32,99
ab
C230
48,6
ac
30,8
a
145,9
a
26,67
d
C250
42,5
cg
21,2
ce
104,8
cd
33,34
ad
C270
40,6
eg
21,5
ce
78,6
dg
35,10
ad
C330
44,0
bg
23,8
bd
104,0
cd
26,94
d
C350
41,6
dg
19,3
df
61,6
g
37,89
a
C370
37,7
g
14,2
f
63,1
g
36,58
ac
C430
48,3
ad
25,0
ad
132,4
ab
30,58
ad
C450
42,6
cg
20,8
cf
76,8
dg
33,32
ad
C470
39,6
fg
16,7
ef
66,8
g
34,76
ad
I
I
II
II
I
II
II
II
NO
NO
I
I
II
49,7
ab
29,3
ab
141,3
a
28,54
bd
C530
51,1
a
25,0
ad
134,8
ab
30,42
ad
C550
45,7
af
25,7
ad
104,5
cd
34,52
ad
C570
42,5
cg
20,5
cf
84,6
cg
34,05
ad
C630
50,3
ab
27,5
ac
144,5
a
30,57
ad
C650
47,5
ad
23,7
bd
102,7
ce
34,56
ad
C670
40,6
eg
19,7
df
74,6
eg
37,10
ab
C730
51,2
a
25,0
ad
154,1
a
32,27
ad
C750
49,8
ab
25,0
ad
108,6
bc
35,88
ac
C770
39,6
fg
18,5
df
67,9
fg
37,26
a
C830
46,7
ae
25,0
ad
134,0
ab
35,76
ac
C850
45,8
af
24,2
ad
100,6
ce
34,49
ad
C870
40,5
eg
23,3
be
83,1
cg
33,90
ad
I
I
I
II
I
I
II
I
I
NO
I
I
II
T
T
Considerando gli standards di qualità
comunemente adottati sul mercato nazionale, la
sostituzione della torba con ciascun compost per il
30% del volume, ad eccezione del compost di sansa
(C3), ha prodotto piante di prima qualità. Sono
risultate ugualmente di prima qualità le piante
ottenute con compost C5, C6, C7 e C8 al 50%.
Utilizzando i compost C3 al 50% ed i compost C3,
C4, C7 alla dose più alta, la riduzione dello sviluppo
ha portato a piante non commerciabili. E’
interessante sottolineare, però, che alcuni compost
hanno prodotto piante commerciabili anche con una
sostituzione totale della torba, sebbene di seconda
qualità. Questi risultati confermano quanto ottenuto
da altri autori sull’utilizzo di compost per
l’allevamento in vaso su substrato (Chen et al.,
1988; Piamonti et al., 1997; Ingelmo et al., 1998;
Frangi, 2002; Lima et al., 2004; Benito et al., 2006).
Passando ad esaminare l’effetto medio del volume
irriguo (tab.4), raddoppiando la quantità d’acqua
fornita giornalmente, si registrano differenze
69
altamente significative in tutti i valori dei caratteri
bio-morfologici osservati. E’ interessante notare che
anche i valori medi conseguiti con il volume di 150
mL sono soddisfacenti favorendo un risparmio
idrico del 50%.
Tabella 4. Valori medi dei parametri biometrici delle
piante al termine del ciclo colturale a diverso volume
irriguo. (Livello di significatività: ** P<0,01).
Table 4 Mean values of biometrical parameters of plants
at growing cycle end at different volumes irrigation.
(Significant level: ** P<0,01).
Volume
irriguo
(mL)
Diametr
o
(cm)
Fusti
secondar
i
(n)
Peso
fresc
o
(g)
Sostanz
a secca
(%)
150
42,3
21,3
80,1
36,0
300
47,2
**
25,0
**
125,5
**
30,4
**
Substrati alternativi a base di compost per l’allevamento in contenitore di specie ornamentali mediterranee
L’impiego di substrati costituiti da compost, in
sostituzione totale della torba e contenenti gusci di
mandorla come inerte, sulla specie Rosmarinus
officinalis L., ha prodotto piante di buona qualità
per tutti i compost tranne con il compost di sansa
che provoca una notevole riduzione della crescita
(Fig. 1). I buoni risultati ottenuti con l’impiego di
gusci di mandorla come inerte sono di indubbio
interesse, si tratta infatti, di materiale di scarto
prodotto localmente.
h max cm
180
largh max cm
160
fusti secondari (n)
140
Peso fresco g
120
100
80
60
40
20
0
T
C1
C2
C3
C4
C5
C6
C7
C8
Figura 1. Dati biometrici relativi al rilievo finale della prova 2 condotta su Rosmarinus officinalis L..
T=60% torba, C1=60% compost 1, (sostituzione totale della torba), per gli otto compost (C1-C8), il restante 40%
inerte, invariato in ogni miscela, è costituito da nocciolo di mandorla.
Figure 1. Biometrical parameters of plants at growing cycle end in experiment 2. T=60% peat, C1-8 60% compost (18) and 40% inert material constant in each substrate (40% kernel shells).
70
Rea et al.
Prova in serra
I substrati impiegati per l’allevamento in serra
di Aloe vera, contenenti compost di sansa (C3) o
compost verde (C5), hanno mostrato una densità
apparente e conducibilità elettrica maggiori rispetto
al controllo, all’aumentare della percentuale di
compost presente nella miscela (tab.5).
I valori più alti sono stati ottenuti con la
sostituzione totale della torba (C3-70 e C5-70). Il
volume d’acqua a pF1 generalmente aumenta con la
presenza di compost. La prova in serra su Aloe vera
ha prodotto piante con altezza e larghezza, nella
maggior parte dei casi confrontabili con quelle
allevate in sola torba (tab. 6, fig. 2). Dopo sei mesi
dal trapianto sono risultate significativamente
ridotte solo le dimensioni delle piante allevate su
substrato a base di compost di sansa ad alte
concentrazioni (C3-50 e C3-70). Il numero di foglie
è risultato più alto nelle piante allevate in compost
rispetto a quelle allevate in sola torba. Si è
riscontrato un effetto positivo sulla crescita, espressa
come peso fresco, per le piante allevate su compost
verde
(C5)
indipendentemente
dalla
sua
concentrazione mentre il compost di sansa ad alte
concentrazioni ha provocato una riduzione della
crescita rispetto al controllo.
Tabella 5 Caratteristiche fisico-chimiche dei substrati utilizzati nella prova condotta su Aloe vera.
T=70% torba, C3-30=30% compost 3 e 40% torba, C3-50=50% compost 3 e 20% torba, C170=70% compost e 0% torba. Lo stesso vale per il compost 5. Il restante 30% è invariato in ogni
miscela (15% pomice + 15% pozzolana).
Table 5 Physical and chemical characteristics of substrates used in experiment on Aloe vera.
T=70% peat, C3-30=30% compost 3 and 40% peat, C3-50=50% compost 3 and 20% peat, C370=70% compost end 0% peat, The same repeated for compost 5. 30% inert material is constant in
each substrate (15% pomice + 15% pozzolan).
Substrato
Densità apparente
(g/cm3)
Volume acqua
(%) a pF1
pH
CE (µS/cm)
T
C3-30
C3-50
C3-70
C5-30
C5-50
C5-70
0.645
0.703
0.894
1.228
0.933
1.190
1.448
38,6
65,0
50,9
34,4
41,5
42,2
44,2
6,7
68
6,2
185
6,2
238
7,1
436
5,8
362
6,6
536
7,0
843
Tabella 6 Valori medi dei parametri biometrici delle piante di Aloe alla 24^ settimana. Le
medie lungo le righe seguite da lettere diverse sono significativamente diverse (P< 0,05)
secondo il test SNK. Per le abbreviazioni vedere Tabella 5.
Table 6 Mean values of biometrical parameters of Aloe after 24 weeks. Means with different
letters indicate significant differences (P< 0,05) in each line using SNK test. For abbreviation
see table 5.
Substrato
Altezza pianta (cm)
Diametro pianta (cm)
Foglie / pianta (n)
Germoglio / pianta
(n)
71
T
C3-30
C3-50
C3-70
C5-30
C5-50
C5-70
53 a
56 a
17 b
52 a
56 a
21 a
49 b
52 b
20 a
49 b
49 b
19 ab
53 a
55 a
20 a
53 a
60 a
20 a
55 a
56 a
21 a
12 a
12 a
12 a
9b
13 a
11 a
12 a
Substrati alternativi a base di compost per l’allevamento in contenitore di specie ornamentali mediterranee.
Peso fresco pianta madre
Peso fresco germogli
Peso fresco totale pianta (g)
4500
b
b
a
a
a
C5-30
C5-50
C5-70
b
c
3000
1500
0
T
C3-30
C3-50
C3-70
Substrato
Figura 2. Valori medi del peso fresco (g) delle piante di Aloe alla 24^ settimana.
Per le abbreviazioni vedere Tabella 5.
Figure 2. Mean values of fresh weight of Aloe after 24 weeks. For abbreviation see table 5.
Poiché nella specie Rosmarinus officinalis L.
lo stesso compost C3 ha causato una riduzione nella
crescita rispetto al controllo già al 30% di
sostituzione, è da evidenziare una variabilità
dell’effetto del compost legato, oltre che alla sua
composizione, anche alla specie in osservazione
come descritto da altri autori (Ferrini and Nicese,
2002, Frangi and Pozzi, 2005).
Conclusioni
Dallo studio delle principali caratteristiche
fisiche e chimiche dei differenti substrati a base di
compost formulati si può concludere che tutti
mostrano valori di pH, conducibilità e densità
apparente compatibili con l’allevamento di piante in
vaso nelle condizioni sperimentali adottate, senza
problemi di fitotossicità.
Gli otto compost prodotti localmente da scarti
della manutenzione del verde, residui dell’ industria
agro-alimentare, fanghi urbani e materiale organico
della raccolta differenziata, possono essere tutti
accettati come componenti di substrati in
sostituzione parziale della torba, per la coltivazione
in vaso delle specie considerate, con vantaggi sia
ambientali che economici.
La risposta è risultata diversificata in funzione
della specie vegetale e del materiale di origine del
compost con influenza sullo sviluppo e
sull’architettura della pianta.
Soltanto il compost di sansa (C3) ha causato
una crescita ridotta in particolare nella specie
Rosmarinus, ma ha dato risultati migliori su Aloe
facendo pensare alla possibilità di formulare
substrati dedicati. I buoni risultati ottenuti con
l’impiego di gusci di mandorla come inerte sono di
indubbio interesse in quanto si tratta di materiale di
scarto prodotto localmente.
Considerando i risultati ottenuti dalle prove
sperimentali, possiamo affermare che ci sono buone
potenzialità di utilizzo dei compost nel
florovivaismo e tale pratica andrebbe incoraggiata
tenendo conto della variabilità legata alle specie
utilizzate.
Ringraziamenti
Si ringrazia la ditta Eden ’94 di Manduria (Ta)
per la fornitura dei compost.
Questa ricerca è stata finanziata dal MiPAF
“Programma di sviluppo per il Mezzogiorno
d’Italia: ricerca ed innovazione tecnologica”
(Progetto 205/7303/05 Valorizzazione delle
produzioni
florovivaistiche
del
meridione)
Pubblicazione n 14.
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Copyright © by Centro Scientifico Italiano dei Fertilizzanti
Nuovi substrati per la produzione di piantine e tappeti erbosi da rizollatura
Sergio Miele1*, Simone Magni1, Enrica Bargiacchi2
1
Università di Pisa, Dipartimento di Agronomia e Gestione dell’Agroecosistema, via S. Michele degli Scalzi 2,
56124 Pisa
2
Consorzio I.N.S.T.M., via Giusti 9, 50121 Firenze
*Corresponding author: tel. 050 2218 939, Fax 050 2218 970,e-mail: [email protected]
Riassunto
A fronte dei noti vantaggi, la tecnica del float system per la produzione di piantine da trapianto presenta gli inconvenienti di richiedere torba di qualità standardizzata ed elevati costi di acquisto, movimentazione e smaltimento dei vassoi alveolari in polistirene. Al fine di ridurre la dipendenza da fonti non rinnovabili di materie prime, contenere i costi e
ridurre l’impatto ambientale dovuti all’uso dei suddetti vassoi, è stato sviluppato e brevettato un nuovo substrato di crescita. Tale substrato, detto “torba aggregata” è costituito (p/p) per l’80% da acqua, per il 12-15% da torba e per il 5-8%
da poliuretano MDI ed è caratterizzato da porosità aperta, rapporto costante tra macro- e microporosità, densità apparente di 0,524 kg×dm-3, pH 6,2, CE 213 µS×cm-1, azoto totale 4,52% e carbonio totale 8,01%. Le caratteristiche peculiari della torba aggregata sono la stabilità del suo stato di aggregazione, e quindi la possibilità di realizzare manufatti morfologicamente definiti e stabili, e la biodegradabilità dei componenti, che ne costituisce la premessa per un impiego ecocompatibile. Con tale materiale sono stati realizzati pannelli di dimensioni simili ai convenzionali vassoi in polistirene, sia suddivisi in “cubetti” che svolgono la funzione degli alveoli dei vassoi tradizionali, sia in unico pezzo non suddiviso. L’attività sperimentale relativa a questo nuovo substrato si è sviluppata su più linee. Una linea di ricerca ha riguardato la determinazione dell’effettiva biodegradazione della torba aggregata, sia secondo i test di biodegradabilità e
compostabilità previsti dalle norme europee, sia come studio della degradazione che si verifica a seguito
dell’incubazione nel terreno in condizioni di pieno campo. Una seconda linea di ricerca ha valutato l’impiego della torba aggregata nel ciclo di produzione di piantine di tabacco ed i riflessi di questa tecnica sull’impiego di torba, i tempi di
produzione, lo stress post-trapianto, l’impiego di manufatti in polistirene e la predisposizione al trapianto completamente meccanizzato. Una terza linea di ricerca ha affrontato l’uso di questo substrato per la produzione di tappeti erbosi
precostituiti indagando alcuni aspetti della nuova tecnica rispetto a quella convenzionale attuata in piena terra.
Parole chiave: Float system, torba aggregata, poliuretano, biodegradabilità, tappeti erbosi, tabacco.
Novel growing media for the production of transplant seedlings and turfgrass sod
Abstract
Float system (FS) transplant seedling production is widely used for its clear advantages. However, it has some major drawbacks: it needs a standardized quality peat source and has high costs of purchase, handling and disposal of the
polystyrene foam (PSF) trays. In order to overcome the dependence upon non-renewable sources and reduce the economic and environmental costs due to the after service disposal of the PSF trays, a new growing medium was developed
and patented. The composition of this “aggregated peat” is (w/w): 80% water, 12-15% peat and 5-8% MDI polyurethane. It has an open porosity, a constant macro- e micro-porosity ratio, a bulk density of 0.524 kg×dm-3, pH 6.2, EC
213 µS×cm-1, total nitrogen content 4.52% and total carbon content 8.01%. The key characteristics of the aggregated
peat are the stability of its aggregation, allowing to shape definite and stable objects, and the biodegradability of its
components, which is the basis for its environmentally friendly use in the field. The aggregated peat was used to make
seeding units, with length and width similar to those of PSF trays. Each unit is made of several cubic plugs set together,
each one intended for receiving one seed. In order to enhance floating, each unit was laid on a polystyrene foam panel
of the same dimensions. The experimental activity on this growing medium focused on three main issues. The first one
consisted in the study of the degradation occurring after soil incubation under open field conditions and in the investigation of the actual biodegradation of the aggregated peat, according both to the biodegradability and compostability tests,
as specified by the EC’s norms. The second research activity has been carried out to assess the practical implications of
the use of this new growing medium in the production of tobacco transplant seedlings. In this respect, in comparison
with a conventional peat medium, the aggregated peat induced a quicker growth of the seedlings in the nursery and a
reduced transplant stress in the field. Peat and PSF consumptions were reduced and the system allowed to exploit fully
automatic transplanting. A third research area concerned the evaluation of alternative applications for the new growing
medium in FS conditions, i.e. the production of turfgrass sods. The current sod production is carried out in open field
and the new technique could achieve a longer production season, a prolonged shelf life of the sod and the possibility of
growing - however only for a determined elapse of time - a soilless turf with reduced or no maintenance.
Fertilitas Agrorum 3 (1) 2009 74-80
74
Miele et al.
Keywords: Float system, aggregated peat, polyurethane, biodegradability, turf, tobacco.
Torba aggregata: caratteristiche e modalità
di utilizzo
La tecnica di produzione di piantine in float
system è ampiamente adottata per i suoi numerosi
vantaggi. Nel caso del tabacco, consente di ottenere
piantine di elevata qualità, uniformi nello sviluppo,
con elevata velocità di affrancamento dopo la messa
a dimora, ed al contempo di ridurre considerevolmente l’impiego di manodopera in tutte le fasi del
ciclo produttivo che precedono il trapianto. Alcuni
aspetti del sistema suscitano però perplessità, in particolare l’uso di torba, di qualità standardizzata in
quantità consistenti, che mal si concilia con la crescente scarsità di una risorsa non rinnovabile, i cui
costi dipendono in maniera crescente dal trasporto
dai siti di produzione. A tale riguardo, nel tempo, si
sono succeduti numerosi studi sull’uso di materiali
diversi da utilizzare in miscela con la torba e tra
questi si possono ricordare la vermiculite, la perlite,
la fibra di cocco (coir), la corteccia di pino compostata ed altri (Carrasco et al., 2000; Hensley, 2003;
Pearce et al. 1999 ; Ross et al., 1998).
Un ulteriore aspetto di crescente preoccupazione è legato all’uso dei contenitori alveolari in polistirene espanso che, oltre ai costi di acquisto e movimentazione, pongono questioni economiche ed
ambientali di rilievo al momento dello smaltimento
a fine ciclo produttivo.
Il miglioramento della tecnica di produzione
basata sul float system, tuttavia, non può prescindere
dal considerare congiuntamente i problemi relativi
al substrato di crescita e quelli riconducibili ai contenitori alveolari e pertanto, per l’innovazione del
sistema, sono stati individuati come prioritari molteplici obiettivi, tra i quali la formulazione di un
substrato di crescita economico ed affidabile per la
produzione di piantine di qualità, la riduzione
dell’impiego di torba e, in prospettiva, la conversione della tecnica all’uso di materiali rinnovabili, la
riduzione o eliminazione dell’uso di manufatti in
polistirene ed, infine, la completa meccanizzazione
del trapianto.
Sulla base di tali premesse, è stato concepito e
brevettato un nuovo substrato di crescita, denominato “torba aggregata”. Il substrato è costituito da
torba, il cui stato di aggregazione è ottenuto mediante l’uso di un polimero appartenente alla categoria
chimica dei poliuretani (da solo o in miscela a metilenurea), ed in particolare il prepolimero metilen difenil diisocianato (MDI), la cui polimerizzazione
avviene in presenza di acqua. Al fine di ottenere un
75
materiale con i necessari requisiti di sicurezza di
impiego ed ecocompatibilità, le materie prime che
concorrono alla sua formulazione, ed in particolare
la componente polimerica, sono stati scelti per la loro atossicità e biodegradabilità.
Le principali caratteristiche chimico-fisiche del
prodotto risultante sono state determinate, secondo
quanto prescritto dall’Allegato 2 “Ammendanti” al
D.Lgs. n° 217 del 29-04-2006 utilizzando i Metodi
Ufficiali di Analisi per i Fertilizzanti; i risultati ottenuti sono riportati in Tabella 1.
Tabella 1. Caratteristiche chimico-fisiche della torba aggregata (analisi previste dal D.Lgs. n° 217 of 29-04-2006
per la categoria “ammendanti” compostati).
Table 1. Chemical-physical characteristics of aggregated
peat (analyses as prescribed by D.Lgs. n° 217 of 29-042006 for composted amendments).
Parametro
Umidità
Umidità dopo centrifugazione
Densità apparente
pH (1:2,5 acqua, a 25°C)
Conducibilità elettrica (1:2,5
acqua, a 25°C)
Azoto totale (N) (con umidità
80%)
Carbonio totale (C) (con umidità 80%)
Potassio (K2O) (nel lisciviato)
Fosforo (P2O5) (nel lisciviato)
Cloruri (Cl) (nel lisciviato)
Nitrati (N) (nel lisciviato)
Solfati (S) (nel lisciviato)
Sodio (Na) (nel lisciviato)
Magnesio (Mg) (nel lisciviato)
Calcio (Ca) (nel lisciviato)
Ferro (Fe) (nel lisciviato)
Manganese (Mn) (nel lisciviato)
Zinco (Zn) (nel lisciviato)
Rame totale (Cu)
Unità di
misura
% p/p
% p/p
kg×L-1
Valore
µS×cm-1
80,60
0,00
0,524
6,2
213
% p/p
4,52
% p/p
8,01
mg×kg-1
mg×kg-1
mg×kg-1
mg×kg-1
mg×kg-1
mg×kg-1
mg×kg-1
mg×kg-1
mg×kg-1
mg×kg-1
50,82
25,09
72,68
12,41
187,51
23,82
16,86
79,98
tracce
tracce
mg×kg-1
mg×kg-1
0,028
0,014
Dai dati analitici risulta che i principali componenti sono il carbonio e l’azoto, in rapporto circa
Nuovi substrati per la produzione di piantine e tappeti erbosi da rizollatura
di 2:1. Non si riscontra nessun rischio da salinità e
precedenti indagini (dati non riportati) indicano che
molta dell’acqua presente nel substrato è disponibile
per le piante.
Grazie alla innovativa formulazione ed al processo di produzione (Bargiacchi et al., 2004a;
2004b) il substrato di crescita si dimostra autoportante, idoneo cioè a costituire manufatti di forma e
dimensioni stabili ed in grado di sostenere la crescita delle piante in un sistema float senza l’uso di contenitori alveolari e mantenendo al contempo invariate due importanti prerogative di valore agronomico,
quali la porosità di tipo aperto ed il rapporto tra macro- e micro-porosità. Con tale materiale possono
essere realizzati pannelli continui o pannelli suddivisi in cubetti, analoghi per volume e funzione agli
alveoli dei contenitori alveolari. Allo scopo di effettuare confronti con i convenzionali contenitori alveolari sono stati realizzati pannelli di dimensioni uguali a quelle dei contenitori di polistirene, detti “unità di trapianto”. Le unità di trapianto sono state
realizzate con suddivisioni in cubetti di dimensioni
diverse (cubetto grande = 3×3×4,5 cm; cubetto piccolo = 2×2×3 cm) e, per ciascuna dimensione, sono
state messe a confronto tre diverse sedi di alloggiamento del seme (forma a “X”, a “U” ed a “V”).
Per poter impiegare il nuovo substrato di crescita nel sistema float è stato necessario conferirgli
una sufficiente galleggiabilità e a tale scopo le unità
di trapianto sono state adagiate su fogli di polistirene di uguali dimensioni. Al fine di impedire alle radici di colonizzare il materiale deputato al galleggiamento, e per conferire all’unità di trapianto una
maggiore rigidità per facilitarne la manipolazione,
fra il substrato di crescita ed il pannello di polistirene è stato interposto un foglio di materiale plastico.
L’attività sperimentale relativa alla applicazione di questo nuovo substrato si è sviluppata su più
linee. Una linea di ricerca ha riguardato la determinazione della biodegradazione della torba aggregata,
una seconda linea di ricerca ha valutato le ricadute
pratiche ed operative nel ciclo di produzione di
piantine di tabacco ed infine, una terza linea di ricerca ha considerato applicazioni diverse da quella
della produzione di piantine, tra cui l’uso di pannelli
di torba aggregata per la produzione di tappeti erbosi precostituiti, da rizollatura.
Biodegradazione della torba aggregata.
Al fine di determinare al biodegradabilità della
torba aggregata sono in corso i test di compostabilità
dei materiali condotti secondo la normativa europea
(EN2000:13432) ed i test di biodegradabilità dei
materiali plastici (metodo SMT 4 CT97-2167), in
collaborazione con l’unità di ricerca del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università
di Pisa. In parallelo a tali determinazioni, è stata
condotta una prova di biodegradazione sottoponendo alcuni cubetti di torba aggregata ad una incubazione di 75 giorni nel terreno, in pieno campo, presso la Fattoria Autonoma Tabacchi di Città di Castello (PG). Mediante analisi spettrometriche e gascromatografiche è stato possibile effettuare una prima valutazione qualitativa delle modificazioni indotte dall’incubazione a carico della struttura chimica del materiale in analisi. A tale proposito si riportano in Figura 1 gli spettri registrati sul materiale
integro e sul materiale incubato.
Le analisi mostrano che alcune delle specie
chimiche rilevate sul campione iniziale non sono più
reperibili nel campione incubato e tali modificazioni
della natura chimica dei composti in prova costituiscono una prima indicazione sull’esistenza di processi di trasformazione della torba aggregata quando
questa viene esposta alle condizioni di impiego in
campo.
Figura 1. Spettri gascromatografici registrati sul materiale integro e sul materiale incubato 75 giorni nel terreno in condizioni di pieno campo.
Figure 1. Gaschromatograms of the material before and after 75 days of incubation in soil at field conditions.
76
Miele et al.
Le analisi di compostabilità e di biodegradabilità potranno completare il quadro delle informazioni al riguardo, fornendo indicazioni sui processi di
trasformazione della torba aggregata in ambiente aerobio e consentendo di stimare la velocità e
l’efficienza con cui la torba aggregata potrebbe mineralizzarsi nel terreno.
Produzione di piantine di tabacco.
Le unità di trapianto realizzate con il nuovo
substrato di crescita sono state utilizzate in alcuni
cicli di produzione di piantine di tabacco e confrontate con i convenzionali contenitori alveolari. In particolare, come contenitori di confronto sono stati utilizzati i tipici vassoi a 190 alveoli, riempiti di torba,
con peso specifico di 307 g×L-1 al 61% di umidità in
peso. I vassoi convenzionali e le unità di semina
sperimentali sono stati seminati con seme confettato
di tabacco “Virginia Bright” della varietà K326 e
quindi immessi nella vasca di allevamento, nella
quale è stato successivamente aggiunto un fertilizzante idrosolubile avente titolo 18.10.18+2 MgO alla concentrazione di 180 ppm N. Un secondo intervento di concimazione è stato effettuato 20 giorni
più tardi con nitrato di ammonio 33/34 alla concentrazione di 100 mg×kg N. Le unità di semina ed i
vassoi alveolari sono stati distribuiti nelle vasche di
allevamento secondo un disegno sperimentale a
blocco randomizzato con quattro replicazioni. Sono
stati studiati due cicli produttivi: a partire dalla prima settimana di aprile nell’anno 2004 e a partire
dalla prima settimana di maggio nell’anno 2005.
Nella prova del primo anno sono state utilizzate unità di trapianto con cubetti di dimensioni “grande “ e
“piccola” aventi la sede di semina conformata “x”.
Nel secondo anno sono state inserite nel confronto
anche le sedi di semina conformate a “V” e a “U”.
Tra i 15 e i 18 giorni dalla semina sono state determinate la percentuale di germinazione e di piantine
mancanti e l’incidenza di radici spiralate (come percentuale sul totale delle celle seminate). A 5 e 8 settimane dalla semina è stato valutato il numero di
piante utili, prelevando le piante giudicate idonee al
trapianto per taglia e condizione fitosanitaria. La tosatura delle piante è avvenuta quando queste avevano raggiunto l’altezza media di 5-7 cm. Metà delle
piante ottenute in vivaio (due delle quattro repliche
di ciascun trattamento) è stata messa a dimora in
campo per studiare la velocità di superamento della
crisi da trapianto e il tempo di affrancamento.
I risultati hanno indicato che la germinazione
del tabacco non è stata significativamente influenzata dalla dimensione dei cubetti di torba aggregata,
con valori superiori al 92% nella maggioranza dei
trattamenti e nel testimone. Un valore minore del
90% è stato rilevato solo nel caso in cui la torba ag-
77
gregata aveva una sede di alloggiamento del seme
ad “U” e ciò è da attribuire all’uscita dei semi dal
loro alloggiamento durante la semina o la manipolazione delle unità di semina (Tabella 2).
Tabella 2. Percentuale di germinazione a 15-18 giorni
dalla semina. Per la torba aggregata i valori riportati rappresentano l’effetto medio delle dimensioni “grande” e
“piccolo”.
Table 2. Percentage of seed germination at 15-18 days
after sowing. Values reported for aggregated peat represent the mean effect observed for “big” and “small” cube
size.
Trattamenti
2004
2005
____________
Controllo
Torba aggregata,
sede seme a “X”
Torba aggregata,
sede seme a “U”
Torba aggregata,
sede seme a “V”
DMS (P ≤0.05)
94
96
% _____________
92
95
-
88
-
94
n.s.
4
Nei due anni di prova si sono avute fallanze successive alla germinazione, per effetto di
idrofobicità del substrato, in misura del 3-4% e
solo nel caso dei vassoi alveolari convenzionali
(dati non riportati). Tali valori sono da ritenere
molto bassi. L’incidenza di radici spiralate è
stata significativamente (P ≤0.05) più elevata in
corrispondenza della sede di semina a “U”, rispetto a quelle a ”V” e ad “X” (Tabella 3). Tale
comportamento è probabilmente da attribuire al
processo di formazione della sede di semina
stessa: nel caso della forma a “U” la parete interna della cavità risulta infatti rivestita da una
sottile pellicola.
Tabella 3. Percentuale di radici spiralate a 15-18 giorni
dalla semina. Per la torba aggregata i valori riportati rappresentano l’effetto medio delle dimensioni “grande” e
“piccolo”.
Table 3. Percentage of spiralized roots at 15-18 days after sowing. Values reported for aggregated peat represent
the mean effect observed for “big” and “small” cube size.
Trattamenti
2004
_______
Controllo
Torba aggregata,
sede seme a “X”
Torba aggregata,
sede seme a “U”
Torba aggregata,
sede seme a “V”
DMS (P ≤0.05)
3
1
2005
% _______
4
2
-
12
-
4
2
5
Nuovi substrati per la produzione di piantine e tappeti erbosi da rizollatura
La tosatura delle piante è stata effettuata a 25 e 30
giorni dalla semina nel 2004 e a 32 e 38 giorni dalla
semina l’anno seguente, rispettivamente nel substrato innovativo e in quello convenzionale, in modo del
tutto indipendente dalla dimensione dei cubetti e
dalla forma delle sede di deposizione del seme. I risultati ottenuti hanno mostrato che con la torba aggregata lo stadio di sviluppo al quale si rende necessario l’intervento è stato raggiunto con cinque giorni
di anticipo rispetto al sistema convenzionale in entrambi gli anni di prova (dati non riportati). Relativamente al numero di piante utilizzabili ottenute a
otto settimane dalla semina, le sedi di semina ad
”X” ed a “V” ed il controllo hanno fatto registrare i
migliori risultati, confermando che l’apparato radicale spiralato ed il corrispettivo portamento a spirale
del fusto (condizioni piuttosto frequenti con la sede
ad “U”) sono tra le cause più importanti della scarsa
qualità delle piantine (Tabella 4).
La percentuale di piante utilizzabili è variata in rapporto alla dimensione dei cubetti a 5 settimane dalla
semina in entrambi gli anni di prova. In particolare
il cubetto “grande” ha fatto registrare un numero di
piante utilizzabili significativamente superiore a
quello “piccolo” (tipo a “X” nel 2004 e tipi a “X” e
“V” nel 2005). Inoltre il cubetto “grande” mostra,
nei due anni, valori percentuali di piante utili a 5
settimane dalla semina non diversi da quelli fatti
registrare a 8 settimane. In sintesi, un cubetto di
torba aggregata di dimensione “grande” sembra più
vantaggioso rispetto al tipo “piccolo” in quanto con
una permanenza in semenzaio più breve (5
settimane anziché 8) può consentire di ottenere un
più elevato numero di piante utilizzabili. Optando
per permanenze più lunghe, 8 settimane, il cubetto
“piccolo” produce comunque risultati analoghi a
quello “grande”. Il comportamento delle piante dopo
il trapianto è stato significativamente influenzato dal
tipo di tecnica di produzione in vivaio. Sia la dimensione “grande” che “piccola” del cubetto,
indipendentemente dalla forma di alloggiamento del
seme, hanno determinato una minore perdita di
piante rispetto al controllo. Inoltre, la velocità di
recupero dalla crisi da trapianto registrata con le
piante ottenute con torba aggregata in cubetti di
dimensioni maggiori è risultata più elevata rispetto
alle altre tecniche a confronto. Le differenze sono
rimaste evidenti nella successiva crescita delle
piante fino alla fase della cimatura. I dati relativi
all’allevamento delle piante in campo non sono
riportati nel presente lavoro e costituiranno oggetto
di una futura pubblicazione.
Tabella 4. Percentuale di piante utilizzabili a 5 e 8 settimane dalla semina. Effetto della interazione tra dimensione del cubetto (“grande” e “piccolo”) e forma della sede di semina (“X”, “U” e “V”).
Table 4. Percentage of usable plants at 5 and 8 weeks after sowing. Effect of interaction between cube size (“big”
and “small”) and seed niche shape (“X”, “U” and “V”).
Trattamenti
2004
5 settimane
2005
8 settimane
________________________________
Controllo
TA† “grande” “X”
TA “grande” “U”
TA “grande” “V”
TA “piccolo” “X”
TA “piccolo” “U”
TA “piccolo” “V”
DMS (P ≤0.05)
† TA = torba aggregata
49
84
58
-
88
93
90
11
5 settimane
8 settimane
% ________________________________
41
86
81
93
63
74
80
90
55
88
48
72
52
87
14
78
Miele et al.
Produzione di tappeti erbosi.
La torba aggregata si presta ad essere prodotta
in pannelli di dimensioni e spessori variabili. Il processo di produzione industriale è inoltre condotto a
temperatura ambiente e con materiali non fitotossici.
Organi di riproduzione gamica ed agamica delle
piante possono pertanto essere incorporati al materiale al momento della sua preparazione o in una fase immediatamente successiva, senza comprometterne la vitalità. Al fine di sviluppare applicazioni
alternative del materiale, sono state realizzati dei
pannelli di torba aggregata contenenti semi o stoloni
di specie graminacee da tappeto erboso. Tali pannelli sono stati successivamente immessi nel ciclo di
allevamento in float system, in modo analogo a
quanto avviene per la produzione delle piantine di
tabacco. Le specie da tappeto erboso sono state considerate sia in funzione delle analogie che presentano con altre piante allevate in vivaio, successivamente destinate alla messa a dimora in piena terra,
sia per la possibilità di valorizzare le strutture produttive del float system dedicate al tabacco o ad altre
specie orticole in quanto, data la scarsa affinità botanica con queste due ultime categorie di piante, non
vi è aumento della pressione di fitopatie sulle colture che si alternano nell’uso della stessa struttura. La
produzione di piante non destinate al consumo alimentare, inoltre, non presenta problemi di incompatibilità relativi ad eventuali residui di fitofarmaci che
dovessero provenire dal tabacco.
L’attuale tecnica di produzione di tappeto erboso da trapianto (operazione che nel caso specifico
prende il nome di “rizollatura”) si realizza su superfici di pieno campo e la raccolta del prodotto avviene asportando il cotico (costituito da piante ed un
sottile strato di terreno) che è successivamente messo a dimora nella sede definitiva. La tecnica di produzione basata sull’uso di torba aggregata e
sull’allevamento in float system consente di operare
in modo svincolato dalla stagionalità delle condizioni ambientali e di ottenere un prodotto privo di residui di terreno, più leggero a parità di superficie, e
con una capacità di sopravvivenza molto maggiore
rispetto al convenzionale cotico di prato precostituito. Inoltre, mancando una vera e propria fase di espianto con taglio delle radici, il tappeto erboso su
torba aggregata non è soggetto a stress da trapianto e
dà luogo ad una pronta radicazione, una volta messo
a dimora sul terreno. L’allevamento su substrato artificiale ed in ambiente protetto garantiscono, inoltre, una presenza pressoché nulla di infestanti e di
residui di fitofarmaci, conferendo così al prodotto
un particolare pregio. Sotto il profilo tecnicologistico, la tecnica di reimpianto attualmente adottata per i tappeti erbosi precostituiti necessita poi di
particolare tempestività nelle fasi di espianto, tra-
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sporto e successiva messa a dimora, compresa la disponibilità della frigoconservazione in lunghi periodi dell’anno. La vitalità del prodotto ed il successo
delle operazioni dipendono largamente dalla sopravvivenza limitata del tappeto erboso una volta
privato dell’apparato radicale. Il tappeto erboso radicato in torba aggregata, al contrario, non teme periodi di trasporto o di stoccaggio, potendo contare su
un substrato ad elevata ritenzione idrica e su un apparato radicale integro e attivo. Queste prerogative
consentono, per determinati periodi di tempo,
l’allevamento fuori suolo del tappeto erboso stesso,
a vantaggio delle numerose applicazioni nel settore
dei servizi e dell’arredo urbano che si prospettano
sempre più nelle economie avanzate.
I dati relativi alla applicazione della torba aggregata nella produzione di tappeti erbosi da trapianto non sono qui riportati e saranno pubblicati in successivo lavoro.
In conclusione si può affermare che la torba
aggregata rappresenta un promettente strumento per
la riduzione dell’uso di torba tal quale nella produzione di piantine da trapianto sia di tabacco che di
altre specie orticole. Il principale vantaggio agronomico di questo substrato di crescita può essere individuato nella stabilità del rapporto tra macro- e
microporosità che favorisce la radicazione, la precoce crescita delle plantule in semenzaio ed il loro
pronto affrancamento dopo il trapianto, con significativo vantaggio osservato su tabacco a carico della
crescita e della precocità delle piante. Tutte queste
caratteristiche sono di notevole importanza in aree
come quelle dell’Europa, nelle quali la stagione di
crescita in campo di questa coltura risulta particolarmente ridotta.
Con la tecnica della torba aggregata viene evitato l’uso dei vassoi di polistirene, mentre i pannelli
dello stesso materiale, impiegati per garantire il galleggiamento del substrato di crescita, sono ampiamente riutilizzabili in più cicli produttivi. Il film
plastico interposto tra il substrato ed il pannello di
galleggiamento garantisce infatti che le radici non
colonizzino tale pannello, a tutto vantaggio non solo
della sua integrità, ma anche degli aspetti fitosanitari.
La completa automazione della fase di trapianto, a cui la nuova tecnica è particolarmente vocata,
potrebbe costituire un ulteriore vantaggio nella adozione della torba aggregata e un valido mezzo per la
riduzione dei costi dell’intero processo produttivo.
Diversi aspetti della nuova tecnica meritano ulteriori indagini. In particolare, la sostituzione della
torba con materiali meno costosi e ottenuti da fonti
rinnovabili e l’adozione di pannelli per il galleggiamento realizzati con materiali più ecocompatibili,
rispetto al polistirene attualmente impiegato. Un al-
Nuovi substrati per la produzione di piantine e tappeti erbosi da rizollatura
tro aspetto di interesse per la ricerca futura riguarda
la possibilità di ridurre la profondità dell’acqua nelle
vasche di allevamento, dal momento che la funzione
di volano termico espletata dall’acqua potrebbe essere di minore importanza in presenza di un materiale, come la torba aggregata, i cui scambi gassosi (e
termici) con l’atmosfera dipendono in larga misura
dalla stabilità dei macropori.
Ringraziamenti
Si ringraziano per la collaborazione la Società
Martini S.p.A. di Coenzo (PR) per la fornitura del
materiale sperimentale; il sig. Massimiliano Brachelente e lo staff tecnico della Fattoria Autonoma Tabacchi di Città di Castello (PG) per la realizzazione
delle prove.
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