Substrati di coltivazione - Fertilitas Agrorum
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Substrati di coltivazione - Fertilitas Agrorum
Volume III · Gennaio 2009 · numero 1 Convegno Substrati di coltivazione: sviluppi qualitativi, tecnici, legislativi e commerciali 18-19 gennaio 2007 Sala Napoleonica - Università degli studi di Milano Fertilitas Agrorum Edizione a cura del CENTRO SCIENTIFICO ITALIANO DEI FERTILIZZANTI Via della Navicella, 2/4 - 00184 Roma Periodico registrato presso il Tribunale di Roma il 03-08-2006 al n. 322/2006 del Registro della Stampa ISSN 1971-0755 Direttore responsabile PAOLO SEQUI Segreteria scientifica ELVIRA REA Direttore editoriale ROSA FRANCAVIGLIA Grafica e impaginazione ELEONORA LOMBARDI Segreteria di redazione FILIPPO ILARDI Copertina a cura di GIOVANNI GREGO Copyright © 2009 by Centro Scientifico Italiano dei Fertilizzanti CRA - Centro di ricerca per lo studio delle relazioni tra pianta e suolo Via della Navicella, 2/4 - 00184 Roma - Italia Indice Presentazione Substrati di coltivazione: sviluppi qualitativi, tecnici, legislativi e commerciali E. Rea e P. Sequi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .4 Aspetti ambientali, tecnici e commerciali legati all’impiego della torba: presente e futuro del componente base dei substrati - C. Cattivello . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .7 Quali componenti aggiungere ai substrati per migliorarne le caratteristiche? - P. Frangi . . . . . . . . . . . . .16 I substrati e la coltivazione delle piante in contenitore A. Pardossi et al. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .22 Numeri e potenzialità del mercato italiano - M.Castelnuovo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .32 Aspetti legislativi per la normazione dei substrati di coltivazione - P. Sequi et al. . . . . . . . . . . . . . . . . . .36 Valorizzazione dei substrati di coltivazione nazionali mediante adozione di protocolli aziendali P. Zaccheo et al. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .43 Impiego dei biosaggi vegetali nella caratterizzazione dei substrati di coltivazione - L. Crippa et al. . . . .56 Caratterizzazione agronomica dei substrati di coltivazione: metodologie ed esperienze a confronto A. Pozzi e M. Valagussa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .50 Substrati alternativi a base di compost per l’allevamento in contenitore di specie ornamentali mediterranee - E. Rea et al. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .64 Nuovi substrati per la produzione di piantine e tappeti erbosi da rizollatura - S. Miele et al. . . . . . . . . . .74 Fertilitas Agrorum (3) 1 - 2009 3 Copyright © by Centro Scientifico Italiano dei Fertilizzanti Presentazione Substrati di coltivazione: sviluppi qualitativi, tecnici, legislativi e commerciali Elvira Rea, Paolo Sequi Il ruolo dell’Italia nella produzione di substrati di coltivazione ha raggiunto negli ultimi anni livelli tali da poter presupporre ormai una collocazione, per il nostro paese, fra i maggiori produttori a livello europeo. Infatti, la tecnica della coltivazione su substrato, assai diversificata per settori, è una realtà ormai consolidata, con una estensione delle zone di produzione floricole ed orticole in continua espansione. Il convegno ha voluto trattare, in modo organico, le problematiche relative ai substrati di coltivazione prendendo in considerazione le innovazioni degli aspetti qualitativi, tecnici, legislativi e commerciali. Articolato in tre sessioni, gli argomenti trattati hanno riguardato, nella prima“Quali materie prime? Tra esigenze tecniche, ambientali, mercato e innovazione”, l’aspetto riguardante l’impiego delle torbe: uno sguardo sulla situazione attuale e sul futuro di questo componente base dei substrati. La torba risulta essere il substrato più richiesto da coloro che operano nel settore del vivaismo. In Italia, a partire dagli anni ’60, con il forte sviluppo del settore, il fabbisogno di torba ha superato i 3 milioni di metri cubi, soddisfatti quasi interamente con prodotto importato. L’intenso sfruttamento delle torbiere ha indotto un progressivo esaurimento delle fonti di approvvigionamento non rinnovabili; l’ingresso sul mercato, negli ultimi anni, di torbe estratte da siti ancora non sfruttati situati nei paesi baltici e le limitazioni all’estrazione in alcune nazioni del nord-centro Europa per problemi ambientali, hanno portato diminuzione della qualità ed incremento del prezzo del prodotto. La lenta rinnovabilità di questa risorsa ha portato alla necessità di limitare i danni derivanti dall’estrazione e alla formulazione di substrati “peat free” per l’ottenimento del marchio Ecolabel. Fondamentali sono le diverse categorie di additivi dei substrati che vengono, in maniera più o meno diffusa, utilizzati nella loro formulazione, sottolineando in particolare i vantaggi che tali additivi possono apportare ai substrati in termini di riduzione dell’apporto di agrofarmaci di sintesi e di efficienza di uso dell’acqua e dei fertilizzanti da parte della pianta. La coltura in vaso si caratterizza per l’impiego di contenitori di varia forma e dimensione, e di un substrato artificiale, spesso preparato con materiali di varia natura, organica o minerale che condiziona il risultato della coltura. Importante è valutare le caratteristiche idrauliche e le modifiche dei substrati durante il ciclo di produzione. Nella seconda sessione “I substrati nell’anno della loro normazione”, è stato fatto il punto sui numeri e potenzialità del mercato italiano e sulla valorizzazione dei prodotti nazionali mediante l’adozione di protocolli aziendali. Il mercato italiano dei substrati di coltivazione ha visto negli ultimi anni la crescita dei prodotti formulati sul territorio nazionale e commercializzati insieme a prodotti esteri, che differentemente da quelli italiani sono frequentemente provvisti di marchi attestanti la qualità o la conformità a standard qualitativi messi a punto da organismi pubblici o privati. Per valorizzare i prodotti nazionali è necessario definire preliminarmente i parametri qualitativi di riferimento, prevedere la pianificazione e ottimizzazione del processo produttivo, e programmare un costante controllo analitico, effettuato dal produttore dei substrati in modo proprio o affidandosi a qualificati laboratori esterni. Il recente Decreto Legislativo 29 aprile 2006 n. 217 “Revisione della disciplina in materia di fertilizzanti”, inoltre, ha formalmente inserito i substrati di coltivazione tra i fertilizzanti dandone una definizione e riservando loro un intero allegato, senza però fornire alcuna specifica tecnica e limitandosi a ridotte ed opinabili indicazioni su soglie di metalli pesanti che non possono essere superate. Occorre perciò colmare tale vuoto legislativo definendo da un lato un elenco di matrici (minerali ed organiche) utilizzabili per la formulazione dei substrati al fine di garantire un’adeguata tracciabilità dei diversi componenti, dall’altro i relativi parametri di qualità dei substrati finali posti in commercio. Inoltre l’inserimento in legge dei substrati dovrà necessariamente prevedere la possibilità di sfruttare le proprietà di alcuni concimi che Fertilitas Agrorum 3 (1) 2009 4-5 4 possono essere addizionati per assicurare il necessario contenuto in elementi nutritivi, miscelare correttivi ed additivi in grado di migliorare consistentemente le caratteristiche finali del prodotto, utilizzare le proprietà biostimolanti di alcuni concimi solidi, approfondire l’aspetto che si ritiene legato alla soppressività (uso di compost). La terza sessione “Esperienze di ricerca”, ha valutato come la caratterizzazione agronomica di un substrato di coltivazione passa attraverso la conduzione di specifiche prove di laboratorio che hanno lo scopo di valutare le principali proprietà chimiche e fisiche delle matrici oggetto di approfondimento. La stesura e la successiva ratifica da parte della commissione tecnica CEN/TC 223 di metodi europei per la definizione delle suddette caratteristiche ha posto il problema della diffusione, dell’applicazione e del confronto tra le metodiche e gli esecutori dei metodi stessi. E’ stata infine valutato l’impiego dei biosaggi vegetali nella caratterizzazione dei substrati di coltivazione. L’introduzione dei biosaggi vegetali tra le determinazioni utili alla valutazione della qualità dei substrati di coltivazione risponde ad esigenze di conoscenza dei materiali che le analisi chimiche o fisiche routinarie non sono in grado di soddisfare. In questa ottica si propone l’applicazione dei biosaggi in senso positivo e innovativo, per fornire una risposta rapida e predittiva sull’attitudine di un prodotto a sostenere lo sviluppo delle piante nel breve e nel lungo periodo. Sono stati presentati infine, alcuni risultati di ricerche condotte su substrati alternativi a base di compost per l’allevamento in contenitore di specie ornamentali mediterranee e per la produzione di piantine e tappeti erbosi da razzolatura. 5 Copyright © by Centro Scientifico Italiano dei Fertilizzanti Aspetti ambientali, tecnici e commerciali legati all’impiego della torba: presente e futuro del componente base dei substrati. Costantino Cattivello ERSA FVG- Servizio ricerca e sperimentazione. Laboratorio substrati. Via Sabbatini, 5, 33050 Pozzuolo del Friuli (UD). Corresponding Author: Tel. +39 0432 529241, fax 0432-529202, e-mail: [email protected] Riassunto Nel mondo si calcola che 4.000.000 km2 siano occupati da torbiere, di questi 1.500.000 km2 sono coperti da depositi di sfagno localizzati quasi esclusivamente nell’emisfero boreale a nord del 50° parallelo. La torba viene estratta per gli impieghi più disparati anche se prevalgono gli usi a fini energetici. In Canada, Russia, Bielorussia, Finlandia, Svezia e Lettonia, stati nei quali viene estratto circa il 60% del volume complessivo, la quantità prelevata annualmente è inferiore a quanto si forma spontaneamente nello stesso intervallo di tempo. Le caratteristiche tecniche delle torbe sono influenzate dal tipo di deposito di provenienza, dal grado di decomposizione, dalle modalità di raccolta e dalla composizione botanica. Torbe di media decomposizione (H 4-6 nella scala di von Post) rappresentano un buon compromesso in termini di stabilità microbiologica e caratteristiche fisiche tanto da renderle sufficientemente affidabili per gli usi più disparati. Le torbe meno decomposte (H 1-3) eccellono per impieghi di breve periodo su specie ad elevato fabbisogno d’aria e/o acqua. Infine, i tipi più decomposti (H 7-10) sono più indicati per terricci da cubetto e per aumentare la densità apparente di torbe poco decomposte. La modalità di raccolta influenza soprattutto il volume d’aria, che è massimo allorché si procede alla zollatura e minimo con la fresatura e raschiatura. Per quanto riguarda la composizione botanica, le torbe a base di sfagno presentano stabilità e caratteristiche fisiche superiori a quelle provenienti da carice o da canna comune. Gli sfagni appartenenti al gruppo Acutifolia danno luogo a substrati con buona resistenza alla decomposizione microbiologica, e media o alta densità apparente. Invece, substrati con torba composta da sfagni del gruppo Cymbifolia producono terricci meno resistenti alla decomposizione ma con una maggiore ritenzione idrica e volume d’aria. Analizzando brevemente alcuni aspetti commerciali, si può osservare come il mercato europeo dei substrati impieghi annualmente più di 34.000.000 m3 dei quali il 77% è costituito da torba. La tendenza è verso una riduzione nell’impiego di questo materiale, anche se nell’immediato futuro la torba rappresenterà ancora una quota variabile fra il 50 e 70% del volume complessivo. Parole chiave: torba, sfagno, carice, Acutifolia, Cymbifolia, von Post Peat: an overview on the most important component of the substrates Abstract In the world about 4.000.000 km2 are occupied by peatlands. Most of them are located beyond the 50th north parallel. Many of the total peat resources are concentrated in Canada and Russia. Nowadays peat is extracted mainly for energy or horticultural purposes. In the European Community, some countries like Finland and Ireland satisfy a not negligible part of their energetic requirements burning peat. For the most part the peat extracted for horticultural use in the European Community comes from the Baltic Republics, Finland, Ireland, Canada, U.K. and Germany. In Canada, Finland, Russia, Belarus, Latvia and Sweden, where is obtained about the 60% of the total peat amount, the yearly rate of peat accumulation in mires is much higher than the extracted amount, unlike Ireland, U.K. and, above all, Germany. Peat is accumulated in three different types of bogs commonly known as fen bogs, blanket bogs and raised bogs, but only materials obtained by the raised bogs have the best characteristics for substrates production. The degree of decomposition, the harvest method adopted, and the botanical composition can play a very important role on the final characteristics of a peat based media. Degree of decomposition. Peat weakly decomposed presents a less bulk density, higher shrinkage, higher porosity and volume of air and better water capacity than the strongly decomposed types. The harvest methods influence mainly the air content: milled peats have a less air content than sod peats. Botanical composition. Peat, composed mainly by Sphagnum species, gives better results in cultivation compared with Carex peat based substrates. Also the different types of Sphagnum give huge differences in terms of water capacity, bulk density and resistance to the microbial decomposition. Regarding the latter aspect, the Acutifolia Sfagnum Fertilitas Agrorum 3 (1) 2009 7-11 7 Cattivello group (for instance S. fuscum, S. rubellum, S. plumulosum) resists better to the microbial decomposition than the Cymbifolia Sfagnum group (for instance S. imbricatum, S. magellanicum, S. papillosum). On the other hand the Sphagnum belonging to the Cymbifolia Sfagnum group presents the highest water capacity and air volume. Germany, Italy and Holland are the leaders of the European market for substrates that exceeds 34.000.000 m3. Till now approximately 77% of this volume is covered by peat but there is a clear reduction trend due to a strict legislation that promote a less frequent use in order to preserve the wetland areas. However in the next future peat will be still the most important component in professional substrates. More researches will be necessary mainly in order to improve the behaviour of peat based substrates in terms of microbial and physical stability and soil borne diseases management. Key words: peatlands, sphagnum peat, raised bogs, sedge bogs, blanket bogs, Cymbifolia group, Acutifolia group Localizzazione delle riserve mondiali Secondo Joosten e Clarke (2002) la torba è un materiale di origine autoctona con un contenuto in sostanza organica, sul peso secco, superiore al 30%. Altrettanto importante è la differenza fra peatlands e mires. In entrambi i casi si tratta di depositi con potenze superiori a 30 cm ma nel primo caso l’accumulo si è interrotto mentre nel secondo caso (mires) il processo di deposizione è tuttora in corso. Come si osserva dalla tab.1 (Lappalainen, 1996), le torbiere sono concentrate nell’area euroasiatica e nel nord America. Anche se gran parte dei depositi si trovano nell’emisfero boreale, a latitudini superiori al 50° parallelo, una quota non trascurabile delle riserve asiatiche è rappresentato da torbiere tropicali, localizzate nell’arcipelago indonesiano e nella penisola indocinese. Le torbiere tropicali sono localizzate in prevalenza nelle fasce costiere. Si differenziano da quelle presenti in ambienti temperati: per essere coperte da foreste pluviali anziché da vegetazione erbacea; per una prevalenza di residui legnosi; e per depositi di maggior potenza, in virtù di un processo di formazione più lungo che in alcuni casi risale a 40.000 anni fa (Rydin e Jeglum, 2006). Tabella 1. La distribuzione delle torbiere nel mondo. Table 1. The distribution of peatlands in the world (Lappalainen, 1996). Area geografica Nord America Asia Europa Centro e sud America Africa Australia ed Oceania Totale 8 km2 1.735.000 1.119.000 957.000 102.000 58.000 14.000 3.985.000 Le torbiere interessate dall’estrazione di materia prima per la produzione di terricci si trovano in prevalenza nell’emisfero boreale. Analizzando la localizzazione di questi depositi nei principali Paesi fornitori del mercato italiano ed europeo, si osserva come in Canada le aree di estrazione siano concentrate nelle regioni orientali (New Brunswick, Quebec) ed occidentali (British Columbia); in Germania, nella Bassa Sassonia e Baviera; in Finlandia nelle regioni meridionali e centro occidentali; in Irlanda nelle contee del nord (Ulster) e centrali (Offaly); in Lettonia nei territori orientali e meridionali, mentre nelle rimanenti Repubbliche Baltiche la distribuzione è sufficientemente omogenea sul territorio. Usi L’utilizzo della torba si perde nella notte dei tempi, tanto che Plinio il Vecchio nella sua “Naturalis Historia” racconta che gli abitanti delle coste settentrionali tedesche, circa 2000 anni fa, la “estraevano con le loro mani, la facevano essiccare al vento e, una volta asciutta, la bruciavano per riscaldare i loro cibi ed i corpi infreddoliti dai gelidi venti del nord”. Al giorno d’oggi la torba viene estratta ed usata in ambiti diversi da quello agricolo. Trova infatti applicazioni industriali nella fabbricazione di filtri, carboni attivi, fibre tessili, isolanti e come intensificatore di aromi nell’industria liquoristica. In medicina trova impiego nelle terapie riabilitative, nella cura di malattie reumatiche, dell’apparato motorio ed urogenitale. L’uso a fini energetici rappresenta, fra tutti gli impieghi extra agricoli, la voce più importante, soprattutto in certe aree geografiche. In alcuni Paesi dell’Unione Europea, l’impiego di torba a fini energetici soddisfa una percentuale non trascurabile dei fabbisogni. In Finlandia, Estonia ed Irlanda una quota variabile fra il 2 e 7% delle richieste energetiche è coperta con l’utilizzo di torba (Paappanen et al., 2006). Aspetti ambientali, tecnici e commerciali legati all’impiego della torba: presente e futuro del componente base dei substrati. In Paesi importanti nel mercato mondiale della torba quali Bielorussia, Finlandia, Ucraina, Irlanda, Russia e Svezia, l’estrazione a fini energetici rappresenta una quota variabile fra il 70 e 95% del totale annualmente consumato. In altri Paesi grandi produttori, invece, prevale l’impiego non energetico della torba che si estrae prevalentemente per la produzione di substrati come in Estonia, Regno Unito, Canada, USA e Germania, con una quota oscillante fra il 75 e 100% del totale (Paappanen et al., 2006). Analizzando più da vicino l’estrazione di torba per impieghi agricoli (rappresentati in massima parte dalla produzione di substrati), osserviamo come il Canada da solo estrae circa il 40% del volume complessivo mentre, fra i Paesi europei, spicca la Germania con oltre il 13% del volume globale. E’ interessante notare come l’Olanda, terzo paese nell’UE per volumi di substrati commercializzati (Schmilewski, 2008), non estragga dal proprio territorio nemmeno un m3 di torba! Dall’esame della tab. 2 va pure rilevato che il consumo annuale di torba per impieghi agricoli, rapportato all’ammontare delle riserve stimate (mires escluse), incida in maniera pressoché trascurabile. Inoltre, come si osserva in tab. 3, in alcuni grandi Paesi produttori, quali Russia, Canada, Finlandia, Bielorussia, Svezia e Lettonia (che complessivamente estraggono oltre il 60% dei volumi consumati), la quantità di torba estratta annualmente è inferiore a quanto accumulato nello stesso periodo di tempo nelle torbiere ancora intatte. In questi Paesi, ai ritmi attuali di estrazione, il processo sembra perciò sostenibile nel lungo periodo. In Germania invece, ed in minor misura in Irlanda e Regno Unito, la ridotta presenza di torbiere intatte, le sole dove il processo di accumulo continua tuttora, non compensa la quantità annualmente estratta. Va comunque rilevato che in questi Paesi i volumi estratti sono in contrazione e che nella sola Germania 15.000 ha di torbiere esaurite sono sottoposte ad un programma di naturalizzazione che sta portando al re-insediamento di varie specie di sfagno ed al riavvio del processo di accumulo. Tabella 2. Superfici, riserve, ed incidenza dei volumi estratti annualmente di torba per impiego in agricoltura (1996-2001) Table 2. Surfaces covered by peatlands, resources and amount of peat extracted each year for agricultural use (1996-2001) Paese Sup. torbiere (peatlands) Canada 1.235.000 Germania Estonia 13.000 Riserve x109 m3 1.67 0 21 10.000 15 3,4 0,02 Finlandia 85.000 101 2,4 0,002 Irlanda 12.000 20 2,4 0,012 Anonimo (2006), Lappalainen E. (1996) Anonimo (2006); Shier C. (1996) Regno Unito USA 18.000 26 1,5 0,006 Burton R. (1996) 625.000 659 1,4 0,0002 Svezia 66.000 113 1,4 0,0012 Russia europea Bielorussia Lituania 213.000 600 1,1 0,0002 Anonimo (2006) Reinikainen O. (2001) Anonimo (2006); Joosten H., Clarke D. (2002); Picken P., Ostlund S. (2006) Joosten H., Clarke D. (2002) 24.000 26 0,8 0,003 Anonimo (2006); Bambalov (1996) 4.000 5,2 0,8 0,015 Anonimo (2006); Reinikainen O. (2001) km2 Volume estratto Incidenza estrazione annualmente x106m3 13 annua su riserve % 0,00008 4 0,02 Fonti Anonimo (2006); Daigle J.K., Hood G. (2006); Rubec C. (1996) Anonimo (2006); Falkemberg H. (2006); Steffens P. (1996) Anonimo (2006); Orru M. (1996) 9 Cattivello Tabella 3. Comparazione fra estrazione ed accumulo annuo di torba in torbiere indisturbate. Table 3. Comparison between peat extraction and peat accumulation in mires. Paese Volume Superficie estratto torbiere Accumulo Volume acdi torba cumulato in torbiere inindisturbate annuo disturbate x106 m3 km2 mm Incidenza estrazione x106m3 su accumulo annuo % Canada 13 913.270 0,6-0,7 548 - 639 2,4 - 2 Germania 4 100 0,5-1 0,05 - 0,1 8.000 - 4.000 Estonia 3,4 3000 0,6-1,6 1,8 - 4,8 189 - 70,8 Finlandia 2,4 32.000 0,67-1,36 21,4 - 43,5 11,2 - 5,5 Irlanda 2,4 2.100 0,5-1,1 1,1 - 2,3 218 - 104 Regno Unito 1,5 1.000 0,5-1 0,5 - 1 300 - 150 Svezia 1,4 55.000 0,4-2,2 22 - 121 6,4 - 1,16 Russia europea 1,1 150.000 0,5-1 75 - 150 1,5 - 0,7 Bielorussia 0,8 11.412 0,5-1 5,7 - 11,4 14 - 7 Lituania 0,8 750 0,6-1,2 0,45 - 0,9 178 - 89 Lettonia 0,8 4.663 0,6 - 1,2 2,8 - 5,6 28,6 - 14,3 Le torbiere: genesi, tipi e caratteristiche Il processo di formazione di una torbiera ha inizio allorché gli apporti idrici di varia natura (meteorici e superficiali) superano le perdite per evapotraspirazione, per drenaggio superficiale e profondo, nonché i cambiamenti periodici nei volumi d’acqua trattenuti nel deposito. La genesi di una torbiera è influenzata dal tempo, dalla giacitura del deposito, dall’entità e tipo di apporto idrico, dalla temperatura media annua e dal- 10 Fonti Joosten H., Clarke D. (2002); Rubec C. (1996) Joosten H., Clarke D. (2002); Steffens P. (1996) Joosten H., Clarke D. (2002); Orru M. (1996) Joosten H., Clarke D. (2002); Lappalainen E. (1996) Joosten H., Clarke D. (2002); Shier C. (1996) Joosten H., Clarke D. (2002); Burton R. (1996) Fredriksson D.(1996); Joosten H., Clarke D. (2002) Kosov V.I. Kreshtapova V.N. (1996); Joosten H., Clarke D. (2002) Joosten H., Clarke D. (2002); Bambalov (1996) Joosten H., Clarke D. (2002); Reinikainen O. (2001); Tamosaitis V.et. al. (1996) Joosten H., Clarke D. (2002); Snore A. (1996) le specie vegetali presenti. L’azione concomitante di questi fattori porta alla formazione di tre tipologie ben distinte di depositi: le torbiere di palude o basse (fen peatlands o sedge bogs), le torbiere alte (raised bogs) e le torbiere di montagna (upland blanket bogs). Le torbiere basse rappresentano, in molti casi, la prima fase evolutiva di un processo che si conclude con la formazione delle torbiere alte. Sono tipiche di bassure e sono alimentate principalmente da Aspetti ambientali, tecnici e commerciali legati all’impiego della torba: presente e futuro del componente base dei substrati. due prerogative particolarmente importanti: la costanza di caratteristiche (dovuta alla maggiore uniformità botanica) e le buone proprietà fisiche apportate dallo sfagno. Ciò spiega il motivo per il quale queste torbe vengano preferite nella preparazione di mezzi di coltura. Le torbiere di montagna si formano su leggeri declivi in presenza di apporti meteorici non inferiori ai 1300 mm annui, distribuiti su un intervallo di tempo di almeno 200 giorni. Composizione botanica, pH e caratteristiche tecniche sono intermedie fra i due tipi precedenti. Queste torbe si impiegano prevalentemente a fini energetici a causa soprattutto della scarsa potenza dei depositi e della minore omogeneità rispetto al tipo precedente. Grado di decomposizione. Lungo il profilo di una torbiera, passando dagli strati superficiali a quelli profondi, aumenta l’età dei depositi e con essi anche il grado di decomposizione. Questo aspetto ha pesanti riflessi sulle caratteristiche fisiche e fisicochimiche. La migliore stabilità strutturale ed il potere tampone più elevato si rinvengono nelle torbe di media o alta decomposizione mentre la massima ritenzione idrica ed il più alto contenuto d’aria si ritrovano nei tipi poco decomposti (H 1-3). Tuttavia, il miglior compromesso tra le varie caratteristiche fisiche e chimico-fisiche si ha nelle torbe di media decomposizione (H 4-6), come si osserva in tabella 4. acque di ruscellamento, ricche in sali. La relativa abbondanza di elementi minerali, il pH neutro o sub acido, ed in genere le condizioni climatiche non particolarmente severe, portano ad una notevole diversificazione delle specie botaniche presenti, con prevalenza di Carex spp., Phragmites spp., Eriophorum spp.. A causa della variabilità botanica e delle intrinseche proprietà fisiche delle specie sedimentate, ne deriva una torba di caratteristiche tecniche mediocri per l’elevato restringimento e scarso contenuto d’aria. La torba che si ottiene è perciò più adatta all’utilizzo a fini energetici che per la formulazione di substrati. Le torbiere alte si sviluppano a partire dal tipo precedente e sono alimentate in prevalenza da acque di origine meteorica, quindi povere in elementi nutritivi. L’appellativo di torbiere alte deriva dal fatto che, con il tempo, le specie che si accrescono e accumulano sul precedente deposito tendono a produrre uno strato di forma lenticolare, alto in alcuni casi qualche metro sul piano di campagna. Questo innalzamento fa sì che la copertura vegetale si accresca, dapprima in parte e poi completamente, grazie all’apporto delle sole acque meteoriche. Il pH particolarmente acido e la scarsa disponibilità in sostanze minerali provocano una selezione delle specie presenti. Fra queste spiccano centinaia di specie di sfagno, spesso le sole che si adattano a queste condizioni difficili. Il materiale che ne deriva presenta Tabella 4. Principali caratteristiche fisiche e chimico-fisiche delle torbe provenienti da torbiere alte. Parametri rilevati secondo le metodiche UNI EN 13037, 13038, 13039, 13041 Table 4. Physical aspects of peat extracted from raised bogs. Caratteristiche fisiche Unità e fisico-chimiche misura Grado di decomposizione (sec. von Post) H Densità apparente Porosità totale Volume d'aria a pF1 Ritenzione idrica in volume a pF1 Capacità idrica in peso a pF1 Sostanza organica Ceneri su s.s. 1-3 4-6 7-10 kg/m (% v/v) (% v/v) < 89 95-98 10-60 90-149 91-96 10-40 >150 85-93 5-25 (% v/v) 38-88 56-86 68-88 (% w/w) (% w/w) (% w/w) 4-15 94-99 1-6 4-8 94-99 1-6 3-5 94-99 1-6 2,8-4 3-4 3-4 < 0,15 < 0,15 < 0,15 3 pH (H20) EC Poco Mediamente Molto decomposte decomposte decomposte mS/cm 25°C 11 Cattivello Modalità di raccolta I sistemi attualmente impiegati sono tre: fresatura, raschiatura e zollatura. La fresatura consiste nella rimozione, di volta in volta, di uno strato superficiale di torba di 2-3 cm. Il materiale fresato viene lasciato asciugare fino ad un tenore di umidità relativa del 60% circa e raccolto con appositi aspiratori. Nell’arco di una stagione lavorativa l’operazione può essere ripetuta più volte, in dipendenza dell’andamento climatico più o meno favorevole. E’ il sistema più economico e viene utilizzato prevalentemente per la torba poco decomposta. La zollatura è anch’essa utilizzata per torbe di scarsa o media decomposizione. Consiste nella raccolta della torba in mattonelle che, una volta asciugate, vengono macinate in fabbrica in frazioni granulometriche prestabilite. Rispetto alle torbe fresate presentano una migliore stabilità strutturale, un contenuto d’aria superiore ma una minor frazione in acqua facilmente disponibile per le piante. La raschiatura è un sistema adottato per torbe aventi grado di decomposizione medio-elevato o elevato. Una catenaria provvede alla raccolta lungo un profilo di lavoro di circa 2 m. Il materiale estratto viene depositato sul campo e qui lasciato durante la stagione invernale per sottoporlo all’azione disgregatrice del gelo (condizionamento). Il condizionamento è un passaggio obbligato per poter utilizzare questo materiale. L’azione del gelo, infatti, migliora in maniera determinante la stabilità, il contenuto d’aria, il volume d’acqua facilmente disponibile per le piante e nel contempo ne riduce considerevolmente la plasticità. Composizione botanica Carice e canna comune Le torbe provenienti da depositi costituiti in prevalenza da carice presentano caratteristiche inferiori rispetto a quelle a base di sfagno. La carice determina infatti una minore stabilità della struttura, una ridotta ritenzione idrica ed un basso volume d’aria. Sfagno Si calcola che sulla Terra il genere Sphagnum copra una superficie pari a 1.500.000 km2, un’ area equivalente alla somma delle estensioni di Germania, Francia, Spagna ed Austria. Questo successo competitivo si può spiegare con la capacità di acidificazione del mezzo, la capacità di tollerare basse concentrazioni dei soluti, una certa resistenza alla decomposizione (grazie alla presenza nei tessuti di vari composti fenolici) ed una abbondanza di specie talmente accentuata da permettere l’occupazione di nicchie ecologiche piuttosto diverse. La straordina- 10 ria capacità di ritenzione idrica dello sfagno (anche 15-20 volte il peso di partenza), si deve alla particolare struttura delle foglie e dei rachidi fogliari. Le foglie, a forma di cucchiaio (fig. 1), sono costituite da uno strato di cellule (clorocisti) di piccole dimensioni, alternate ad altre di grandi dimensioni (leucocisti) provviste di piccole aperture attraverso le quali fluisce l’acqua e l’aria. Fig. 1. Foglie di sfagno Fig. 1. Sfagnum leaflets In una torba giovane i rachidi sono completi di tutte le foglie (fig. 2). Il 70% dell’acqua è intrappolata tra le foglioline, il 20% è trattenuta all’interno dei leucocisti mentre il rimanente è assorbito dai restanti tessuti (Andrè, 1981). Fig. 2. Particolare di un rachide intatto Fig. 2. Sfagnum stem aspect La decomposizione del materiale comporta il graduale distacco delle foglie e la degradazione delle microstrutture fogliari. Questo fenomeno è alla base della minore ritenzione idrica, del ridotto contenuto d’aria e della maggiore densità riscontrabile nelle torbe più decomposte rispetto ai tipi più giovani (tab. 4). Le varie specie di sfagno possono impartire ai terricci caratteristiche tecniche ben diverse. Fra i vari raggruppamenti botanici presenti Aspetti ambientali, tecnici e commerciali legati all’impiego della torba: presente e futuro del componente base dei substrati. all’interno di questo genere, due rivestono una primaria importanza per la loro diffusione e le peculiari caratteristiche morfologiche che si riflettono sul substrato finale: il gruppo Cymbifolia e Acutifolia. Gli sfagni appartenenti al primo gruppo (S. imbricatum, S. magellanicum, S. papillosum, ecc.) danno luogo a torbe di bassa densità apparente, media stabilità meccanica e microbiologica, elevata ritenzione idrica, alto contenuto d’aria e medio potere tampone. I tipi appartenenti al gruppo Acutifolia (S. fuscum, S. rubellum, S. plumulosum, ecc.) si caratterizzano per il fatto di produrre torbe di maggiore densità apparente, buona stabilità meccanica e microbiologica, alto potere tampone ma minore ritenzione idrica e contenuto d’aria. La gestione delle torbiere esaurite In Germania, Canada, Regno Unito, Irlanda e Repubbliche Baltiche, paesi di più lunga tradizione nell’impiego di torba per la produzione di substrati, nel corso degli ultimi decenni si è evoluta una severa legislazione in materia. La concessione del nulla osta alla coltivazione di una torbiera è subordinata al rispetto di norme che regolano in maniera precisa le fasi di preparazione, coltivazione e rigenerazione: lo scopo è di riportare la torbiera, una volta conclusa l’estrazione, alle condizioni naturali presenti all’inizio dei lavori. Il processo avviene in tre fasi. Nella prima si procede al riallagamento dell’area interessata, nella seconda si attiva un graduale ripristino dell’habitat originario grazie ad un cambio radicale della composizione floristica indotta dalla saturazione idrica. Nella terza fase si ha la ricostituzione di uno strato più o meno uniforme di sfagno che avvia nuovamente il processo di accumulo. L’intero percorso ha una durata variabile di 15 - 20 anni. Negli ultimi anni in Canada e Germania sono stati sperimentati nuovi sistemi di recupero delle torbiere esaurite che permettono di ridurre notevolmente i tempi di ripristino. In questo caso si opera distribuendo sull’area da recuperare uno strato di circa un cm di sfagno vivo, che viene coperto con due - tre cm di paglia. Successivamente si esegue una concimazione in ragione di 20 kg/ha di P2O5, ed infine si procede al riallagamento della superficie. Questo sistema permette di ottenere una copertura del 50% della superficie con sfagno, in soli 4 anni. Esperimenti condotti presso l’Istituto di tecnologia del suolo di Brema fanno intravedere la possibilità, in un prossimo futuro, di poter coltivare direttamente le specie di sfagno da impiegare per la produzione di substrati, con intuibili benefici non solo in termini di una migliore percezione di sostenibilità, ma anche di miglioramento delle caratteristiche tecniche finali dei mezzi di coltura (Reinikainen e Haukioja,2005). Il mercato europeo: situazione attuale e tendenze future Considerazioni possono essere fatte soprattutto sulla base di stime in quanto in molti Paesi europei le statistiche ufficiali non fotografano in maniera adeguata il settore. Secondo Schmilewski (2008), nel 2006 nei Paesi dell’UE il consumo di substrati (sia professionali che amatoriali) ha superato i 34.000.000 m3 dei quali il 77% era rappresentato da torba. In questo mercato i substrati peat-free occupavano una quota di mercato molto limitata, compresa fra lo 0,1 e l’1%. Predire l’evoluzione futura del settore in Europa non è facile anche se può essere interessante esaminare il caso inglese, un mercato particolarmente evoluto e per molti aspetti anticipatore di tendenze future. Questo mercato è caratterizzato da una prevalenza del settore amatoriale (2.500.000 m3) su quello professionale (1.450.000 m3). Sotto la pressione del legislatore in questi ultimi anni la presenza di torba nei substrati è costantemente diminuita anche se resta di gran lunga il componente principale dei substrati e tale sarà anche nell’immediato futuro. Le previsioni riguardanti il mercato inglese dei terricci professionali, di qui al 2010, vedono la torba coprire il 72% dei fabbisogni, la corteccia un ulteriore 14-15%, mentre la quota occupata da compost verde dovrebbe salire al 6-7% (Waller, 2006) (fig.3). 11 Cattivello 100 90 80 1999-2001 70 60 2005 50 40 2007 30 20 2010 10 0 hobby torba hobby Corteccia hobby Deriv. Legn. hobby Compost v. hobby Cocco Fig. 3. Evoluzione del mercato inglese dei substrati (Waller, 2006) Fig. 3. The english substrates market evolution (Waller, 2006) Nell’ambito amatoriale la riduzione dell’impiego di torba sarà più consistente anche se la quota occupata da questo materiale non scenderà al di sotto del 50%. Anche in questo settore si prevede un incremento dell’impiego di corteccia dal 12,5 al 15% e di compost verde e derivati legnosi dal 6% al 10%. Conclusioni In molte nazioni con grandi riserve di torba come ad esempio Bielorussia, Finlandia, Ucraina, Irlanda, Russia e Svezia questa è utilizzata in larga parte per la produzione di energia. In questi paesi si calcola che l’estrazione a fini energetici rappresenti una quota variabile fra il 70 e 95% del totale annualmente consumato. Invece, in altri paesi come Canada, Germania ed Estonia prevale nettamente l’estrazione a fini agricoli. Va rilevato che il consumo annuale di torba per impieghi agricoli, rapportato all’ammontare delle riserve stimate su scala planetaria, incide in maniera pressoché trascurabile. Inoltre in alcuni grandi Paesi produttori quali Russia, Canada, Finlandia, Bielorussia, Svezia e Lettonia, la quantità di torba estratta annualmente è inferiore a quanto accumulato nello stesso periodo di tempo nei depositi ancora intatti, al contrario in Germania, Irlanda e Regno Unito, dove 12 il ritmo di estrazione supera la capacità di rigenerazione annua, i volumi estratti sono in netta contrazione e le torbiere esaurite sono sottoposte ad un programma di naturalizzazione sotto la supervisione delle autorità pubbliche. Il mercato europeo dei terricci è in costante crescita e nel 2006 ha superato i 34.000.000 m3 dei quali il 77% era rappresentato da torba. Le proiezioni per l’immediato futuro fanno intravedere un trend positivo dei volumi commercializzati ed un ruolo ancora di primo piano per la torba sia nei substrati professionali che amatoriali. L’evoluzione del mercato orticolo e floricolo negli ultimi decenni ha determinato un innalzamento degli standard qualitativi ed una migliore rispondenza delle torbe alle diverse esigenze degli utilizzatori. Questo è avvenuto grazie ad una approfondita conoscenza dei fattori che influenzano le caratteristiche tecniche delle torbe e che si possono riassumere nei seguenti punti: genesi del deposito di provenienza, grado di decomposizione, modalità di raccolta e vagliatura e infine composizione botanica. Il futuro dei terricci a base di torba si giocherà verosimilmente sugli aspetti microbiologici, al fine di ottimizzare la stabilità dei mezzi di coltura e la gestione fitopatologia e nutrizionale delle piante coltivate su substrati in vaso. Aspetti ambientali, tecnici e commerciali legati all’impiego della torba: presente e futuro del componente base dei substrati. Bibliografia André J. P. 1981. Structure morphologique des tourbes en relation avec leurs propriétés physiques. PHM – Revue horticole n° 221, pag 1921. Anonimo 2006. Harvesting Peat in Canada. In http://www.peatmoss.com/pm-harvest.php Bambalov N.N. 1996. Peatlands and peat resources of Belarus. In: Global Peat resources. IPS Jyvaskyla Finland, pp 57-60. Burton 1996. The status of peatland resources in Canada In: Global Peat resources. IPS Jyvaskyla Finland, pp 243-252. Daigle J.Y., Hood G. 2006. Rules and regulations governing peat extraction in Canada. In Proc. of the International Peat Symposium: Peat in horticulture-Peat in the stranglehold of interest groups. IPS Jyvaskyla Finland, pp 49-57. Falkenberg H. 2006. Peat extraction, permits and peat use in Germany. 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Piero Frangi Fondazione Minoprio–Centro MiRT - Viale Raimondi, 54 - 22070 - Vertemate con Minoprio (Como) Corresponding author: tel. +39 031 900224, fax +39 031 900248, e-mail: [email protected] Riassunto La torba è il costituente principale dei substrati, ma nelle miscele comunemente utilizzate nell’orto-floro-vivaismo essa viene miscelata con altre componenti che, in maniera più o meno determinante, influenzano le caratteristiche chimiche, fisiche e microbiologiche del substrato. La moderna industria dei substrati professionali offre ai coltivatori miscele di componenti e di additivi diversificate a seconda della specie, della dimensione del contenitore, dell’ambiente di coltivazione, allo scopo di ottimizzare le condizioni dello sviluppo dell’apparato radicale e - di conseguenza - dell’intera pianta. E’ importante conoscere bene le caratteristiche dei componenti e le loro interazioni, in quanto le proprietà favorevoli di un componente possono in qualche modo attenuare le meno positive proprietà di un altro componente, realizzando così un substrato di buona qualità. Tra i costituenti dei substrati, materie prime innovative sono reperibili sul mercato (fibra di cocco, fibre di legno, materiali organici compostati), generando nuove opportunità e qualche timore per il mantenimento della qualità e della omogeneità nelle miscele. Un possibile risvolto positivo legato all’utilizzo dei compost nei substrati è correlabile all’attività repressiva che questi possono svolgere nei confronti di microrganismi fitopatogeni. Nel presente lavoro si descrivono anche le diverse categorie di additivi dei substrati che vengono, in maniera più o meno diffusa, utilizzati nella loro formulazione, sottolineando in particolare i vantaggi che tali additivi possono apportare ai substrati in termini di riduzione dell’apporto di agrofarmaci di sintesi e di efficienza di uso dell’acqua e dei fertilizzanti da parte della pianta. Parole chiave: additivi, materie prime, qualità dei substrati, repressività, torba What are the additives that can improve quality in growing media? Abstract Peat is the main constituent of growing media, but mixtures commonly utilized in horticulture contain peat and other components that can influence chemical, physical and microbiological properties of the medium. Modern industry of professional growing media offers to growers some constituents and additives mixtures that differ each other according to species utilized, size of container, crop environment, in order to optimize growth of root system and, therefore, of the whole plant. It’s important to know thoroughly the characteristics of all the medium constituents and their interactions: the favourable properties of one constituent can somehow mitigate the critical aspects of another one, giving a well-balanced medium. Among the constituents of growing media, new materials are recently put on the market (coir, wood fibres, composted organic materials), giving birth to new chances, but also worry about keeping quality and homogeneity of blends. A promising inclusion of composts in growing media is related to their suppressive effect on soil-borne plant diseases. The present work describes the various categories of additives that are added to the mixes, taking into account, in particular, the advantages that these products can supply in terms of reduction of agrochemicals use and plants efficiency in water and fertilizers use. Keywords: additives, growing media quality, media constituents, peat, suppression Introduzione L’industria dei substrati di coltivazione deve affrontare nuove sfide che riguardano, da un lato, una sempre maggiore automazione delle operazioni Fertilitas Agrorum 3 (1) 2009 16-21 colturali, dall’altro una restrizione di uso della torba accanto ad una sempre maggiore disponibilità di nuovi materiali organici quali scarti dell’industria del legno o compost di differente origine. Le nuove 16 Frangi formulazioni di substrati devono tener conto di questi fattori e, poiché le proprietà chimiche, fisiche e microbiologiche di un substrato sono influenzate da tutte le materie prime che lo costituiscono, è importante disporre di componenti di cui sono note le proprietà, in modo da poter essere aggiunti nelle proporzioni ottimali. Le materie prime che compongono i substrati sono distinte in due categorie: i costituenti e gli additivi (Schmilewski, 2003). Alla prima categoria appartengono i componenti-base del substrato (torba, fibra di cocco, fibre di legno, compost, perlite, pomice, lolla di riso, ecc.), mentre alla categoria degli additivi appartengono i concimi, i correttivi, le sostanze tampone, i leganti, gli agenti umettanti, gli idrogel, i fitofarmaci, i coloranti, gli agenti biologici. La distinzione tra le due categorie risiede nel fatto che i costituenti vengono miscelati in base al loro volume, mentre gli additivi sono addizionati in peso rispetto al volume del substrato. Spesso la presenza degli additivi non può essere identificata visivamente a motivo delle relativamente piccole quantità aggiunte al substrato o della forma fisica dell’additivo (polvere fine oppure allo stato liquido); in questi casi solo un’analisi di laboratorio può riscontrare la presenza di un additivo. Compost quali costituenti dei substrati Parlare di compost nei substrati suscita spesso reazioni di rifiuto da parte dei coltivatori, peraltro anche giustificate da una non corretta conoscenza dei materiali e da una scarsa cura nella preparazione e nella caratterizzazione di un compost. D’altra parte, occorre tener presente la disponibilità relativamente abbondante di tale materia, grazie alla diffusione della raccolta differenziata della frazione organica degli RSU, degli scarti di manutenzione del verde, delle industrie alimentari, ecc., e quindi anche il costo può risultare conveniente. In realtà, le proprietà agronomiche dei compost trovano una più felice collocazione nel settore degli ammendanti, quali materiali che apportano sostanza organica ai suoli. Va comunque sottolineato che una parte del compost, derivato da materie prime selezionate e soggetto a un adeguato periodo di maturazione, può entrare a far parte dei substrati anche professionali. In particolare, ancora poco è stata valorizzata la caratteristica, posseduta da alcuni compost, di svolgere un’attività repressiva nei confronti di microrganismi fitopatogeni (Noble e Coventry, 2005; Zinati, 2005). La capacità repressiva può essere dipendente dalle caratteristiche chimico-fisiche del compost, dalla presenza di una microflora antagonista, o da una combinazione dei due fattori. I meccanismi tramite i quali la microflora di un compost è in grado di limitare l’azione dei patogeni terricoli sono: la competi- 17 zione tra patogeni e antagonisti per lo spazio e le sostanze nutritive; la produzione di antibiotici; il parassitismo; l’induzione di resistenza sistemica nella pianta ospite (Hoitink et al., 2001). Significativi risultati nel contenimento di patogeni terricoli con l’utilizzo di compost sono stati di recente presentati (Wohanka et al., 2005; Pugliese et al., 2006). Va sottolineato che l’attività repressiva è strettamente dipendente dalle matrici utilizzate e dalle tecnologie impiegate nel processo di compostaggio (Scheuerell et al., 2005). La capacità repressiva dei compost può essere accresciuta attraverso l’inoculazione di ceppi selezionati di microrganismi (Nakasaki et al., 1998). La messa a punto degli inoculi più efficienti per tale scopo è un argomento di ricerca relativamente recente e non ancora pienamente approfondito. Concimi Poiché la torba è povera di elementi nutritivi per la pianta, è essenziale aggiungere ai substrati un’adeguata quantità di macro e microelementi per venire incontro alle esigenze nutritive della coltura. La scelta del concime e la quantità da aggiungere al substrato è in funzione di diversi fattori: tipo di coltivazione, esigenze nutrizionali e tolleranza alla salinità, durata del ciclo di coltivazione, tipo e solubilità del concime. In genere ai substrati viene aggiunta una componente di base “di pronto effetto” per assicurare da subito una base nutritiva alla pianta. Poi, a seconda del sistema colturale adottato, si ricorre a fonti esterne (fertirrigazione), oppure si usano concimi con rilascio dilazionato nel tempo. In questo settore si è avuta una notevole evoluzione tecnologica, che ha portato alla costituzione di formulati nei quali la cessione degli elementi nutritivi avviene attraverso una membrana di resina biodegradabile che riveste il concime. La cessione è in funzione della temperatura e, a seconda delle esigenze della coltura, può essere maggiore all’inizio, verso la fase finale del ciclo o costante durante la coltivazione. L’aggiunta al substrato dei concimi a rilascio controllato deve avvenire poco prima del loro utilizzo per sfruttarne pienamente le caratteristiche. Correttivi Vengono utilizzati correttivi per innalzare il valore di pH dei substrati che, in generale, risulta assai basso per la presenza della torba. Nell’uso dei correttivi occorre tenere presente alcuni fattori, quali il pH dei costituenti del substrato, il grado di decomposizione della torba, il tipo e la composizione dei concimi aggiunti. Va poi tenuto presente che il pH del substrato è soggetto a modificazioni durante la coltivazione, a seconda della qualità dell’acqua di irrigazione, del tipo di concimi eventualmente ap- Quali componenti aggiungere ai substrati per migliorarne le caratteristiche? portati insieme all’acqua irrigua e alla durata del ciclo di coltivazione. La crescita delle piante può essere assai influenzata dal pH del substrato: Cattivello e Danielis (2004) hanno ottenuto significativi aumenti dei parametri qualitativi di giovani piante orticole innalzando il pH del substrato da 6,0 a 7,0. Sostanze tampone Le argille sono ampiamente utilizzate nei substrati; hanno progressivamente sostituito l’uso di suolo (terra sterilizzata) nei substrati a base di torba. Le argille sono aggiunte per ridurre il dilavamento di elementi nutritivi a motivo della loro elevata capacità di scambio cationico. Le argille a granulometria più fine riducono la quantità di acqua facilmente disponibile e possono essere utilizzate per mantenere le piante più compatte, limitando l’uso di regolatori di crescita (Verhagen, 2004). Le zeoliti sono silicati di alluminio di origine vulcanica; presentano elevata finezza e una buona capacità di scambio nei confronti degli ioni K+ e NH4+. L’uso di zeoliti nei substrati è piuttosto limitato: vengono aggiunte per aumentare la capacità di scambio cationico e per creare una sorta di lento rilascio degli elementi nutritivi. I risultati di prove recenti sull’aggiunta di zeoliti di diversa origine ai substrati per la coltivazione in vaso di piante ornamentali sono contrastanti: in Camelia japonica le zeoliti non hanno favorito la crescita, mentre in geranio hanno permesso una precocità di fioritura, associata ad un consistente risparmio di concimi (Martinetti, 2003; Passaglia et al., 2005). Per quanto riguarda gli ossidi di alluminio, attualmente è disponibile sul mercato un prodotto sviluppato da un gruppo di ricerca del Danish Institute of Agricultural Science di Aarslev. Si tratta di un ossido di alluminio attivato, con un’alta capacità di assorbimento e rilascio di fosforo, di altri elementi nutritivi (sia cationi che anioni) e di composti polari come gli acidi organici. La sua aggiunta al substrato permette di mantenere controllato il livello di fosforo, in modo da influenzare alcuni aspetti della crescita, in particolare: a) limitare la crescita della pianta, in alternativa all’uso dei brachizzanti, riducendo la disponibilità di fosforo; questo effetto si traduce anche in un maggior sviluppo dell’apparato radicale ed in una più lunga conservazione in fase di postproduzione (Hansen e Petersen, 2004); b) stimolare la crescita della pianta utilizzando un’alta quantità di tampone fosfatico. Leganti La necessità di aggiungere sostanze leganti ai substrati è limitata alla fase vivaistica, per mantene- re il più possibile compatto il pane di terra e migliorare l’efficienza delle operazioni di trapianto, soprattutto se operate meccanicamente. Come leganti vengono utilizzati amidi, cellulosa, argille, poliacrilati. E’ importante analizzare preventivamente le sostanze aggiunte al substrato per evitare fenomeni di fitotossicità o peggioramenti delle proprietà fisiche del mezzo di crescita. Agenti umettanti I substrati a base di torba possono presentare caratteristiche di idrofobicità, soprattutto quando l’umidità scende a valori sotto il 50%. L’aggiunta al substrato di additivi in grado di ridurre la tensione idrica dei substrati ha lo scopo di evitare stress alle piante, favorendo un veloce adsorbimento dell’acqua. Allo scopo possono venire utilizzati additivi minerali (sabbia, argilla, perlite, vermiculite, zeolite, …), oppure additivi organici naturali (estratti vegetali) o di sintesi (tensioattivi cationici, anionici o non ionici). Tra i prodotti di sintesi vengono utilizzati i tensioattivi non-ionici, in quanto sono ben tollerati dalle piante e non generano problemi di fitotossicità se dosati correttamente. Importante è la longevità dell’agente umettante; in commercio esistono prodotti in cui l’effetto è garantito per almeno 18 mesi. Recentemente è stato messo a punto un test per valutare l’efficacia degli agenti umettanti su differenti substrati a base di torba (Bragg e McCann, 2003). Idrogel Si tratta di gel costituiti da polimeri idrofobici, insolubili in acqua, che sono in grado di assorbire notevoli quantità di acqua. L’aggiunta di tali materiali ha lo scopo di aumentare la riserva idrica dei substrati, riducendo così la frequenza degli interventi irrigui. Il punto critico di questi materiali, sviluppati principalmente per applicazioni quali i pannolini per bambini, è il rilascio dell’acqua nel momento in cui la pianta ne ha bisogno. In assenza di irrigazione si è osservato che gli apparati radicali assorbenti non sono in grado di utilizzare le maggiori quantità di acqua presenti nella miscela di substrati torbosi e di ritentori idrici. Il substrato, asciugandosi più velocemente rispetto al ritentore, si mostra sempre più riluttante nei confronti dell’acqua rilasciata da quest’ultimo, la quale viene dispersa negli spazi liberi e resa inutilizzabile da parte degli apparati radicali delle piante, se non per casuali contatti diretti radice-ritentore. In commercio sono presenti prodotti che uniscono polimeri idroassorbenti, concimi a cessione controllata e attivatori di crescita (Dewever e Ottevaere, 2003). 18 Frangi Fitofarmaci L’aggiunta di fungicidi o insetticidi ai substrati è una pratica scarsamente diffusa e limitata a casi particolari. Il limite principale è rappresentato da vincoli di natura legislativa, in quanto un substrato contenente fitofarmaci dovrebbe essere commercializzato (almeno in Italia) come prodotto fitosanitario. I fitofarmaci vengono perciò aggiunti solo nel caso di substrati prodotti in azienda: nel vivaismo ornamentale si usa, ad esempio, aggiungere principi attivi come fosetyl-alluminio per la prevenzione dei marciumi radicali. Coloranti Un particolare tipo di additivi dei substrati è costituito dalla categoria dei coloranti, elementi che sono richiesti solamente per materie prime particolari, quali le fibre di legno che, nel loro aspetto naturale, sono molto chiare. Alcuni substrati contenenti fibre di legno vengono così colorati con polvere di carbone o torba di sfagno molto decomposta, in modo da ottenere un substrato di colore “simil-torba”. Prodotti biologici Il crescente interesse nell’aggiunta ai substrati di prodotti biologici, intesi sia come biopesticidi che come biostimolanti, è motivato da una ridotta efficacia dei trattamenti chimici tradizionali, in quanto compaiono fenomeni sempre più frequenti di resistenza. A questo vanno aggiunte le restrizioni d’uso di alcuni tra i più diffusi fitofarmaci. Molte aziende hanno perciò modificato le loro strategie di difesa, passando da una lotta chimica tradizionale a soluzioni più innovative: prevenzione, interesse e impor- 19 tanza del riconoscimento precoce delle malattie, maggiore disponibilità ad effettuare trattamenti alternativi a quelli chimici. Ad oggi i maggiori risultati applicativi ottenuti nel campo del biocontrollo sono stati ottenuti nei confronti dei patogeni terricoli, ma altri settori promettenti riguardano il contenimento dei patogeni fogliari e degli artropodi. Il meccanismo d’azione dei biofungicidi si basa su due modalità principali: la competizione e l’antibiosi. La competizione consiste nell’occupare lo spazio, utilizzare le sostanze nutritive o i fattori presenti in quantità limitata e necessari al patogeno per la sua sopravvivenza e crescita. Sia Trichoderma che Streptomyces competono per i nutrienti e per il sito. L’antibiosi consiste nella produzione di sostanze ad azione antibiotica. I due meccanismi d’azione si possono ritrovare anche nello stesso fungo: ad esempio è il caso di Trichoderma. Per ottenere un controllo biologico di alcune patologie fungine dell’apparato radicale occorrono 3 requisiti (Hoitink e Lewandowski, 2006): un’adeguata scelta di componenti del substrato, in modo da soddisfare le esigenze di crescita delle popolazioni microbiche antagoniste dei patogeni; l’inoculazione preliminare del substrato con uno o più microrganismi antagonisti; il controllo dei fattori ambientali, in particolare pH, temperatura e umidità, in modo da permettere la rapida colonizzazione del substrato da parte degli antagonisti. In Tabella 1 sono riportati i fungicidi biologici disponibili sul mercato nazionale per l’incorporazione ai substrati, unitamente al loro spettro di azione. Quali componenti aggiungere ai substrati per migliorarne le caratteristiche? Tabella 1. Elenco dei fungicidi biologici commercializzati in Italia per l’aggiunta ai substrati e relativo spettro d’azione. Table 1. List of organic fungicides marketed in Italy that can be added to growing media and their related spectrum activity. Nome Composizione Bactis Bacillus subtilis Mycostop Contans IF 23 Remedier RootShield Granules TV 1 Spettro d’azione Distributore Controllo malattie fungine dell’apparato radicale e del Agrimport colletto (Fusarium spp, Botrytis spp, Pythium spp., Sclerotinia spp., Rhizoctonia spp.) Streptomyces gri- Controllo dei patogeni terricoli (Fusarium spp, Pho- Bioplanet seoviridis K61 mopsis spp, Pythium spp., Phytophthora spp., Rhizoctonia spp.) Contenimento di Sclerotinia sclerotiorum e S. minor Intrachem Bio Coniothyrium minitans Agribiotec Fusarium o- Ceppo ipovirulento attivo, in via preventiva, nel conxysporum IF 23 tenimento dei marciumi causati da Fusarium oxysporum Prevenzione malattie fungine del terreno Isagro Italia Trichoderma harzianum ICC012 e T. viride ICC080 Prevenzione malattie fungine dell’apparato radicale Intrachem Bio Trichoderma harzianum T-22 Trichoderma vi- Contenimento dei marciumi radicali da Armillaria Agribiotec ride TV 1 spp., Fusarium spp, Verticillium spp, Pythium spp., Sclerotinia spp., Rhizoctonia spp. Per quanto riguarda i biostimolanti, sul mercato esistono attualmente due tipologie di prodotti: a) gli induttori di resistenza, i quali possono stimolare i recettori proteici situati sulla membrana cellulare facendo insorgere nella pianta alcuni meccanismi difensivi: rafforzamento della parete cellulare mediante l’accumulo di callosio, lignine, fenoli e glicoproteine; difesa biochimica mediante la produzione di fitoalessine ed enzimi idrolitici; b) gli stimolanti radicali che contengono, oltre a macro e microelementi, aminoacidi e polisaccaridi naturali in grado di stimolare la formazione di nuove radici e favorire la crescita e la protezione dell’apparato radicale. In una prova di confronto tra difesa tradizionale e difesa con mezzi biologici aggiunti al substrato per la lotta contro Rhizoctonia solani in poinsettia si è osservato un parziale contenimento della malattia da parte di alcuni ceppi di Trichoderma e di induttori di resistenza (Amoroso et al., 2006). L’utilizzo di tali prodotti deve perciò rientrare in un’ottica di di- fesa integrata. In una recente pubblicazione di Daughtrey e Benson (2005) viene riportato che un significativo contenimento delle malattie fungine delle piante ornamentali attraverso biofungicidi è stato ottenuto in 12 casi sui 54 test riportati. Ciò significa che c’è spazio per un miglioramento delle conoscenze di base e delle tecniche di applicazione. In particolare occorre selezionare nuovi e più efficienti ceppi di antagonisti dei patogeni, sviluppare test di valutazione e controlli di qualità nella produzione degli antagonisti, studiare le popolazioni microbiche naturalmente presenti nei componenti dei substrati utilizzati e le loro interazioni con gli antagonisti addizionati al mezzo di coltura. Va anche tenuto presente che è anche difficile riprodurre nei test l’ambiente favorevole allo sviluppo degli organismi di biocontrollo, in quanto spesso l’introduzione artificiale del patogeno nell’esperimento eccede quanto accade in condizioni di naturale sviluppo della malattia. Ciò significa che, in generale, le tecniche di controllo 20 Frangi biologico delle malattie si dimostrano efficaci quando le popolazioni dei patogeni sono basse e si è in presenza di substrati di coltura possedenti caratteristiche di repressività. Conclusioni Sono tutti necessari gli additivi descritti in precedenza per ottenere un substrato ottimale? Occorre sottolineare che se alcuni additivi come i correttivi e i concimi entrano in pratica in tutti i substrati di coltivazione, altri possono costituire un’opportunità per diversificare l’offerta da parte dell’industria dei substrati, essendo utili per risolvere un problema specifico di coltivazione. Nella valutazione della loro possibile introduzione in un substrato, occorre tener presente almeno tre fattori: efficacia, affidabilità e costo. Bibliografia Amoroso G., Frangi P., Beretta D., Tantardini A. 2006. Metodi alternativi alla chimica contro rizoctonia in poinsettia. Colture Protette, 35(2): 88-91. Bragg N., McCann A. 2003. The use of wetting agents in modern substrate production. In: Peat in Horticulture. Additives in Growing Media (G. Schmilewski ed., International Peat Society), pp. 83-88. Cattivello C., Danielis R. 2004. Ortive in vivaio e in campo. La gestione del pH per migliorarne il comportamento. Colture Protette, 33(5): 97104. Daughtrey M.L., Benson D.M. 2005. 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Hoitink H., Lewandowski D. 2006. Biological control of diseases of containerized plants. OFA Bulletin, 898: 1-10. Martinetti L. 2003. Impiego della zeolite nella produzione vivaistica della camelia. Italus Hortus, 10(4): 121-124. Nakasaki K., Hiraoka S., Nagata H. 1998. A new operation for producing disease-suppressive compost from grass clippings. Applied and Environmental Microbiology, 64(10): 40154020. Noble R., Coventry E. 2005. Suppression of soilborne plant diseases with composts: a review. Biocontrol Science and Technology, 15(1): 320. Passaglia E., Bellarmi T., Guidetti A., Merlotti F. 2005. Utilizzo di zeoliti italiane nella coltivazione di gerani. Flortecnica, 29(5): 88-94. Pugliese M., Gilardi G., Gullino M.L., Garibaldi A. 2006. La capacità repressiva di compost nei confronti delle tracheofusariosi del basilico. Informatore Fitopatologico, 56(12): 44-47. Scheuerell S. J., Sullivan D. M., Mahaffee W. F. 2005. Suppression of seedling damping-off caused by Pythium ultimum, P. irregulare, and Rhizoctonia solani in container media amended with a diverse range of Pacific Northwest compost sources. Phytopathology, 95: 306315. Schmilewski G. 2003. Fine-tuning growing media with additives – An introductory overview. In: Peat in Horticulture. Additives in Growing Media (G. Schmilewski ed., International Peat Society), pp. 6-10. Verhagen J.B.G.M. 2004. Effectiveness of clay in peat based growing media. Acta Horticulturae, 644: 115-122. Wohanka W., Bodenburg S., Molitor H-D. 2008. Disease suppressiveness and microbial communities of flax straw compost. Acta Horticulturae, 779: 51-57. Zinati G.M. 2005. Compost in the 20th century: a tool to control plant diseases in nursery and vegetable crops. HortTechnology, 15(1): 6166. Copyright © by Centro Scientifico Italiano dei Fertilizzanti I substrati e la coltivazione delle piante in contenitore Alberto Pardossi1*, Luca Incrocci1, Paolo Marzialetti2 e Carlo Bibbiani3 1 Dip. Biologia delle Piante Agrarie, Università di Pisa, Viale delle Piagge 23, 56124 Pisa Centro Sperimentale per il Vivaismo (Ce.Spe.Vi.), Via Ciliegiole 99, Pistoia 3 Dip. Produzioni Animali, Università di Pisa, Viale delle Piagge 2, 56124 Pisa *Corresponding author: tel +390502216526, fax +390502216524, e-mail: [email protected] 2 Riassunto Negli ultimi anni, il settore dell’ortoflorovivaismo, sia di serra che di piena aria, si è orientato verso lo sviluppo di tecnologie di coltivazione in grado di combinare l’efficienza produttiva con la sostenibilità ambientale. Tra queste, un ruolo importante è senza dubbio svolto dalle coltivazioni fuori suolo (o idroponica), e tra di esse soprattutto la coltivazione in contenitore. Uno dei fattori che più condizionano il risultato di una coltura in contenitore è certamente costituito dal substrato. Particolare importanza, soprattutto considerando l’irrigazione, assumono le caratteristiche idrologiche del cosiddetto sistema “substrato-contenitore”, che durante la coltivazione sono quelle più difficili da modificare con specifici interventi, come quelli utilizzabili per aggiustare le caratteristiche chimiche e biologiche (correzione del pH, concimazione, disinfezione,…..). Per i coltivatori, quindi, è fondamentale contare su fornitori qualificati presso i quali acquistare materiali e/o miscugli già pronti d’elevata qualità, includendo in questo termine anche la standardizzazione delle caratteristiche chimiche e fisiche. Di rilievo, inoltre, per una corretta gestione della coltivazione, appare anche l’applicazione di un sistematico monitoraggio in situ delle caratteristiche chimiche ed eventualmente della capacità di ritenzione idrica del substrato, al fine di prevenire o correggere eventuali squilibri nutrizionali e/o modificare opportunamente il regime irriguo, soprattutto per ridurre i rischi di stress provocati dall’asfissia radicale. Infine, per quanto riguarda i materiali alternativi alla torba, per molti versi il substrato di riferimento per l’ortoflorovivaismo professionale, la loro diffusione su larga scala richiede che non siano più considerati dei semplici “rifiuti riciclati”, ma che siano inseriti in una vera e propria filiera di produzione in grado di rifornire il mercato con prodotti di qualità standardizzata e certificata, più che a basso costo. Parole chiave: substrati, colture fuori suolo, irrigazione, fertirrigazione, proprietà idrauliche, analisi chimiche rapide. Growing media and container cultivation Abstract Soilless culture (or hydroponics) is one of the more innovative growing technologies that, in the last decade, has been increasingly applied for the intensive production of vegetables, cut flowers and pot ornamentals in greenhouse as well as in open air. In container culture, which is the most spread one among the various hydroponic techniques, the characteristics of the growing media and its management during cultivation has a deep influence on crop profitability and produce quality. Of major interest are the hydraulic properties of the “substrate-container system”, which are function of the physical characteristics of growing medium/a and the geometrical features of the container (pot, bag, slab,…..). Indeed, the physical characteristics of substrate tend to modify with plant growth and development and it is quite difficult their correction during cultivation with specific practices, likewise those used for adjusting pH, salinity and mineral supply. The application of suitable and affordable procedures for in situ substrate monitoring is essential for successful cultivations. The diffusion of materials alternative to the peat, reference substrate in professional greenhouses and nurseries, requires them not to be managed as low-cost waste products, but processed at industrial scale in order to market high-quality materials with standardised and documented characteristics. Keywords: substrate, soilless culture, irrigation, fertigation, hydraulic properties, quick analysis. Introduzione Negli ultimi anni, il settore dell’ortoflorovivaismo, sia di serra sia di piena aria, si è orientato verso lo sviluppo di tecnologie di coltivazione in grado di combinare l’efficienza produttiva Fertilitas Agrorum 3 (1) 2009 22-31 con la sostenibilità ambientale (Pardossi et al., 2005). Tra queste, un ruolo importante è senza dubbio svolto dalla coltivazione fuori suolo (o idroponica). I sistemi di coltivazione idroponici possono essere classificati secondo la presenza ed il tipo di 22 Pardossi et al. substrato (coltura in contenitore su substrato artificiale; coltura in soluzione nutritiva o idroponica propriamente detta), il metodo irriguo per apportare la soluzione nutritiva alla coltura (irrigazione a goccia, subirrigazione, nebulizzazione) ed il recupero o meno della soluzione di drenaggio (ciclo aperto, semi-chiuso o chiuso). Tra le varie tecniche, sicuramente le più diffuse sono le colture in contenitore, generalmente utilizzate per la produzione di ortaggi (pomodoro, peperone, melanzana, cetriolo, melone, zucchino, ecc), fragola, fiori recisi (rosa, gerbera, crisantemo, bulbose) e materiale di propagazione (piantine da seme, da talea, ex vitro). La coltivazione in contenitore interessa sempre più anche il vivaismo ornamentale e frutticolo (olivicolo, ad esempio) in piena aria. La coltura in contenitore La coltura in vaso si caratterizza per l’impiego di contenitori di varia forma e dimensione, e di un substrato artificiale, spesso preparato con materiali di varia natura, organica o minerale. Per la produzione di piante ornamentali si preferiscono in genere dei miscugli (come quelli a base di torba e perlite, usati soprattutto in serra, o di torba e pomice, di largo impiego nei vivai di pien’aria), mentre per la coltivazione (in bancali o in sacchi) delle specie ortive o da fiore reciso molto spesso si impiega un unico materiale (fibra di cocco, perlite, lana di roccia, ….). Tuttavia possono essere utilizzati anche altri tipi di substrati, la cui scelta è fortemente condizionata dalla disponibilità e dal loro costo. La torba presenta le caratteristiche ideali per un substrato di coltivazione: è leggera, omogenea, molto porosa, relativamente stabile, sicura dal punto di vista fitopatologico, ha in genere un pH acido, che però può essere facilmente aggiustato con l'aggiunta di carbonato di calcio. Queste caratteristiche la rendono adatta in pratica alla coltivazione di tutte le specie vegetali. D'altra parte, una serie di motivi spinge verso la ricerca di materiali alternativi alla torba. Infatti, i prezzi della torba crescono in continuazione in seguito all'incremento dei costi energetici che incidono su tutte le fasi del processo produttivo, compreso il trasporto dai paesi produttori del Nord-Europa o del Canada. Inoltre, aumenta la domanda di substrati peat-free a seguito di una campagna di stampo ambientalista condotta contro lo sfruttamento delle torbiere, in considerazione del valore naturalistico (in alcuni casi, anche archeologico) di questi particolari habitat e della natura di risorsa “non rinnovabile” di questo materiale, la cui formazione richiede in effetti migliaia di anni. Tale campagna è stata ed è tutt’oggi particolarmente aggressiva nel Regno Unito, dove molte catene della 23 grande distribuzione richiedono oggigiorno terricci peat-free e piante allevate in substrati praticamente privi di torba (Armstrong, 2004). Anche se a livello mondiale il consumo di torba per la coltivazione di piante è meno dell'0,4% del consumo totale di questo materiale (impiegato in larga misura per il riscaldamento, soprattutto in Scandinavia ed in Irlanda; Armstrong, 2004), la protezione delle torbiere ha indotto a misurarsi con tale problema anche i produttori di torba, che propongono soluzioni che, pur salvaguardando i siti di escavazione, ne consentano un oculato sfruttamento commerciale. Un'eventuale proibizione dell'uso della torba, in effetti, potrebbe avere sul settore vivaistico un impatto simile a quello provocato dalla proibizione del bromuro di metile per la sterilizzazione del terreno. Pertanto, in molte nazioni, come in Olanda (Armstrong, 2004) e anche nel nostro Paese (ad es. Progetto PROBIORN dell'ARSIA della Regione Toscana; www.cespevi.it/probiorn) si sono avviati progetti per ricercare materie alternative alla torba che associno il basso costo a qualità fisiche, chimiche e biologiche ottimali. Numerosi sono i materiali proposti in alternativa alla torba per la preparazione dei terricci. Anche sulla base delle esperienze condotte in Italia da centri di ricerca come quelli della Fondazione Minoprio di Vertemate e del Ce.Spe.Vi. di Pistoia, i materiali che sembrano suscitare maggiore interesse sono la fibra di cocco, i materiali ligneo-cellulosici preparati con gli scarti dell'industria del legno ed i compost di qualità. Funzioni e requisiti dei substrati di coltivazione Numerose sono le funzioni e i requisiti richiesti ai substrati di coltivazione, che devono garantire: i) l'ancoraggio della pianta; ii) un’adeguata porosità totale (non meno del 75-80%), ripartita in modo equilibrato tra macro- e micro-porosità, per una soddisfacente capacità di ritenzione idrica accoppiata ad una sufficiente areazione e un rapido drenaggio dell’acqua in eccesso; iii) una certa resistenza al compattamento e alla riduzione del volume durante la disidratazione; iv) l’assenza di patogeni, parassiti e sostanze tossiche; v) una buona capacità di tamponare il pH che deve essere sub-acido; vi) una certa capacità di scambio cationico; vii) omogeneità e stabilità (cioè, il substrato deve mantenere nel tempo le proprie caratteristiche, soprattutto quelle fisiche; viii) un costo contenuto e una facile reperibilità sul mercato. Le caratteristiche chimiche (pH, contenuto salino e nutritivo, capacità di scambio ionico e di fissazione dell'azoto e del fosforo) condizionano gli interventi di fertilizzazione, usualmente realizzata I substrati e la coltivazione delle piante in contenitore attraverso l'aggiunta preventiva al substrato di concimi (idrosolubili e/o a lenta cessione) e/o per mezzo della fertirrigazione. Le caratteristiche fisiche, invece, determinano l’attitudine del substrato posto in contenitore a sostenere le piante, nonché le sue proprietà idrauliche. Queste ultime assumono una particolare importanza, in quanto la comprensione dei rapporti tra acqua e substrato diventa determinante sia per la scelta dei materiali più idonei per una determinata coltura, sia per il controllo dell’irrigazione (Bibbiani e Pardossi, 2004). Ad esempio, per colture con radici particolarmente esigenti in termini di ossigeno e/o condotte in contenitori di piccole dimensioni (come le celle o plug dei contenitori alveolari impiegati nella produzione di piantine da seme e di talee radicate) occorre impiegare dei substrati con un’elevata capacità di drenaggio dell’acqua. Inoltre, la conoscenza di alcune proprietà idrauliche del cosiddetto sistema substratocontenitore (SSC), quali la capacità di contenitore e il contenuto di acqua facilmente disponibile (illustrate più avanti nel testo), è alla base della determinazione del volume d’adacquamento e, conseguentemente, della frequenza dell'irrigazione. Le caratteristiche idrauliche Le proprietà idrauliche sono legate alla densità apparente ed alla porosità del materiale e sono descritte dalla curva di ritenzione idrica, determinata sperimentalmente in laboratorio secondo protocolli standard, come quelli sviluppati e diffusi dall’ISHS, oppure metodi semplificati come quello proposto da Montesano et al. (2004). Densità apparente - La densità apparente (DA) è il rapporto fra il peso del materiale essiccato (in stufa a temperatura di 105°C) ed il volume occupato al momento del prelievo. La DA di un substrato di coltivazione è generalmente assai più bassa (0,10 – 0,80 Kg/L, quasi sempre inferiore comunque ad 1 Kg/L) di quello di un terreno agrario (1,2 – 1,6 Kg/L). Il volume apparente di un materiale può variare sotto l'influenza del costipamento e della tensione matriciale cui è ritenuta l’acqua. Il costipamento deriva dalla variazione della posizione reciproca delle particelle verso una situazione di maggiore compattezza; può essere causato ad esempio dai carichi applicati, dalla somministrazione d’acqua d’irrigazione o dalla crescita dell'apparato radicale. La tensione matriciale influenza la posizione delle particelle, perché essa è innescata da fenomeni di capillarità con la conseguente formazione di menischi acqua-aria fra le particelle stesse. I menischi sono caratterizzati dalla loro curvatura e quindi dalla loro tensione superficiale, che può instaurarsi solamente se le particelle su cui il menisco si appoggia sono in grado di esplicare la reazione necessaria all'equilibrio della tensione del menisco. Sotto tali azioni, le particelle di materiale sono attratte le une verso le altre con una forza tanto più grande quanto maggiore è la tensione del menisco, ovvero quanto minore è il contenuto d’umidità del materiale. Il substrato deformabile quando si prosciuga contrae, perciò, il proprio volume, in quanto le particelle sono libere di muoversi relativamente. Porosità - La porosità (P) totale indica, per un determinato volume di substrato, il volume degli spazi vuoti ed è definita come la differenza fra l'unità ed il volume totale occupato dalla materia solida, ed è fornita dall’equazione: P = 1 – (DA / DR), dove DA indica la densità apparente e DR quella reale del materiale. DA è facilmente misurabile a differenza di quella reale che può essere, comunque, stimata sulla base del contenuto percentuale di materia organica (SO) e ceneri (C) presente nella miscela: DR = 100 / [(SO)/1,65 + (C)/2,65)] La determinazione della porosità totale può essere stimata in base alla DA del materiale, secondo la seguente formula (Bibbiani e Pardossi, 2004): P = 98 – (36,2 x PSA). L’equazione precedente consente una buona stima della P nel caso di substrati organici, mentre tende a sovrastimarla nel caso di substrati minerali. P è costituita dalla somma di due classi di dimensioni di pori: i micropori ed i macropori. Per micropori s’intendono i pori di dimensioni inferiori ai 30-50 µm (micron). Solo la microporosità (o porosità libera, in quanto i macropori sono normalmente occupati dall’aria) è responsabile della ritenzione 'stabile' (per capillarità) dell'acqua dopo drenaggio libero. Un'altra suddivisione della porosità totale comprende quella interparticellare, costituita dagli spazi fra le particelle, e quella intraparticellare, costituita dagli spazi presenti all'interno dei granuli o delle fibre dei materiali esaminati. La pomice, ad esempio, ha un’elevata porosità intraparticellare. Rispetto al terreno agrario (talvolta, aggiunto in piccola quantità nei miscugli), i substrati utilizzati per il florovivaismo hanno un’elevata porosità (fino al 95% e più, come nel caso della lana di roccia, ed in genere non inferiore al 70-75%) ed anche una diversa ripartizione tra fase solida, liquida e gassosa (Tabella 1). 24 Pardossi et al. Tabella 1. Distribuzione volumetrica delle tre fasi presenti in un terreno agrario e in un substrato impiegato per colture in vaso. Table 1. Volumetric distribution of air-, water- and solid-phase in soil and artificial growing media for pot plants % Volume Terreno Substrato Fase solida 50 10 Fase liquida 25 - 30 60 Fase gassosa 20 - 25 30 La curva di ritenzione idrica - La ritenzione idrica di un substrato dipende da alcuni fattori principali, quali la natura dei materiale o dei materiali utilizzati per la sua preparazione, le caratteristiche geometriche del contenitore (volume, altezza e forma), l’irrigazione e la pianta stessa (cioè, l’azione esercitata dall’apparato radicale). Il potenziale idrico (ψw) è l’energia potenziale dell’acqua per unità di massa. Il potenziale idrico ψw è negativo in quanto assume valori negativi rispetto a quello dell'acqua libera e pura (ψw = 0), presa come sistema di riferimento. ψw determina la suzione necessaria per estrarre l'acqua dal sistema, cioè la forza necessaria alla radice per assorbire acqua dal substrato. Più è asciutto il substrato, maggiore sarà la forza necessaria per estrarre acqua (minore sarà ψw). Il potenziale idrico comprende tre diversi componenti: 1) potenziale matriciale (ψm ), legato alla capillarità, per pori di diametro inferiore a 30-50 µm; 2) potenziale gravitazionale (ψg), legato alla forza di gravità; 3) potenziale osmotico (ψo), determinato dal contenuto delle sostanze disciolte ed in genere trascurabile per valori tipici della concentrazione salina dell’acqua di irrigazione o fertirrigazione. La relazione tra il potenziale idrico e le sue componenti è descritta dalla seguente equazione: ψ w = ψ m + ψ g + ψo Sulla base di vari studi, si ritiene che fino a –25 ÷ -30 kPa di potenziale (o tensione) matriciale, le piante non siano influenzate dalla tensione con cui l'acqua è trattenuta dal substrato, ma piuttosto dal contenuto idrico. Pertanto, nel caso dei substrati, il campo di variazione della tensione per il quale si suole individuare la curva è molto ristretto, in generale fino a –30 kPa e più normalmente fra -1 e –10 kPa. 25 Il valore nullo di tensione definisce lo stato di saturazione del mezzo ed il relativo contenuto di acqua, che si avvicina al valore di P, rimanendone però al di sotto di un 10-15% ed anche più, come nel caso di materiali poco porosi e con ridotta ritenzione idrica (es. pomice), a causa della presenza di aria intrappolata durante la saturazione del materiale. I valori del contenuto idrico a saturazione sono molto elevati per i substrati, arrivando fino all’80-85% del volume apparente occupato dal substrato stesso. Tali contenuti decrescono molto rapidamente con la diminuzione di ψw, (o tensione) tanto che in alcuni casi viene rilasciata più del 50 percento dell'acqua ritenuta passando dalla saturazione (0 kPa) alla tensione -5 KPa. Nella Figura 1 si riporta una tipica curva per un substrato a base di torba. Dai valori relativi alla curva di ritenzione idrica possiamo ricavare alcuni indici utili per la comprensione del comportamento idrico del substrato (De Boodt & Verdonck, 1972): 1) la capacità per l’acqua (contenuto idrico o ritenzione idrica) misurata a –1 kPa; 2) la capacità per l’aria (CA) alla tensione di – 1 kPa, calcolata come differenza tra la porosità ed il contenuto idrico a –1 kPa; 4) l’acqua facilmente disponibile (AFD), cioè la differenza tra il contenuto idrico a -1 kPa e quello a -5 kPa; 3) l’acqua disponibile (AD), cioè la differenza tra il contenuto idrico a -1 kPa e quello a -10 kPa; 5) l’acqua di riserva (AR), cioè la differenza tra il contenuto idrico a -5 kPa e quello a -10 kPa. Figura 1. Curva di ritenzione idrica di un tipico substrato per colture in contenitore. Figure 1. Water retention curve of a substrate for container cultivation. I valori ottimali per un substrato sono i seguenti: P = 60–85%; CA = 10-30%; AD = 45-65%. I dati relativi ad alcuni materiali o miscele largamente impiegati nel florovivaismo sono riportati in Tabella 2. I substrati e la coltivazione delle piante in contenitore Tabella 2. Valori dei principali parametri fisici (espressi in % del volume apparente) di alcuni substrati impiegati nella coltivazione in contenitore. Abbreviazioni: P, porosità; CA, capacità per l’aria; AFD, acqua facilmente disponibile; AR, acqua di riserva; AD, acqua disponibile. Table 2. Main parameters (expressed as percentage of apparent volume) of a numbers of substrates used in container cultivation. Abbreviations: P, porosità; CA, air capacity; AFD, easily available water; AR; buffer capacity; AD, available water. P Torba di sfagno Torba bruna I Torba bruna II Torba:perlite 1:1 Torba:pomice 1:1 Lana di roccia Pomice Perlite 95 84 90 94 82 97 70 95 Contenuto idrico per valori di potenziale matriciale di -1 kPa -5 kPa -10 kPa 57 36 24 71 52 44 63 36 33 62 40 35 57 43 39 82 5 4 40 35 33 35 28 22 Come per il terreno, anche nelle colture su substrato si può parlare di ”capacità di campo” o, meglio ”capacità di contenitore” (CC). CC rappresenta il contenuto di acqua massimo per un substrato posto in un particolare contenitore, cioè la quantità d'acqua che il sistema trattiene dopo un'irrigazione fino a saturazione e successivo drenaggio (sgocciolamento). La CC non dovrebbe essere inferiore al 50% del volume del contenitore. CA AFD AR AD 38 13 27 32 25 15 30 60 21 19 27 22 14 77 5 7 12 8 3 5 4 1 2 5 33 27 30 27 18 78 7 12 In un contenitore, dopo irrigazione fino a saturazione e successivo drenaggio, quando l'acqua cessa di drenare significa che si è raggiunto un equilibrio di ψw, con ψw = 0, perché sul fondo permane uno strato d'acqua libera (a tensione nulla, assumendo come detto ψw = 0). Quindi, se ψw = 0, ψm = -ψg', s, sul fondo del vaso ψm = -ψg = 0, ma ad un’altezza ‘H’, ψm = -ψg = -H (Figura 2). Figura 2. Illustrazione schematica dei valori di potenziale idrico in un ipotetico punto ad altezza H di un vaso di coltura (V. testo per simboli e termini). Figure 2. Schematic representation of the water potential of growing medium in a pot at height H. 26 Pardossi et al. Il contenuto idrico all’altezza H, cioè al potenziale matriciale (o tensione) pari a –H, è determinato dalla curva di ritenzione idrica caratteristica del substrato contenuto dal vaso. Ciò significa che ad ogni strato di substrato situato ad altezza crescente dal fondo corrisponde un contenuto di umidità via via decrescente (quindi, un contenuto d’aria crescente) e pari al valore da leggersi sulla curva di ritenzione per la altezza (tensione) prescelta. I rapporti aria/acqua nel SSC, quindi, dipendono sia dalle caratteristiche idrologiche del substrato sia dalla dimensione e forma del contenitore. In generale, per qualsiasi substrato, minore è l'altezza del contenitore, maggiore è il rapporto acqua/aria (Tabella 3). Dunque, è l’altezza del contenitore che influenza la ripartizione fra aria/acqua dopo l’irrigazione. Nella Tabella 4 sono riportati i valori di alcune grandezze idrologiche per alcuni tipi di vaso e di substrato (quelli già descritti nella Tabella 3). Tabella 3. Distribuzione volumetrica delle tre fasi presenti in diversi tipi di contenitori: vaso diametro 16 e celle (plug) di contenitori alveolari; tra parentesi è riportato il numero di celle per contenitore) riempiti con lo stesso substrato (torba + vermiculite) (B. Fonteno, North Caroline State University www2.ncsu.edu:8010 /unity/ lockers/ project/ hortsublab). Table 3. Volumetric distribution of air-, water- and solid-phase in different containers filled up with the same substrate (peat-vermiculite mix): 10 cm-diameter pot and plug of different trays (number of plugs per tray is reported withing brackets). % volume Fase solida Fase liquida Fase gassosa Plug II (288) Vaso Ø 16 cm Plug I (48) 13 13 13 37 79 84 20 8 3 Tabella 4. Contenuto di acqua (CC) e di aria (CA) alla cosiddetta capacità idrica di contenitore, e contenuto di acqua disponibile (AD) per alcuni tipi di vaso in funzione del substrato impiegato e delle dimensioni del vaso stesso. Table 4. Water (CC) and air content (CA) at container capacity and available water (AD) in different pots as function of the type of substrate and pot dimensions. Diametro (cm) Volume Vt (mL) Altezza (cm) Torba Torba:pomice (1:1) Pomice Perlite Torba:perlite (1:1) 27 CC CA AD CC CA AD CC CA AD CC CA AD CC CA AD 12 980 12,0 ml 678 204 255 616 188 159 452 352 66 520 284 106 647 157 234 % v. (69) (21) (26) (63) (19) (16) (46) (36) (7) (53) (29) (11) (66) (16) (24) 15 1,603 12,5 ml 1,102 340 414 1,001 313 258 733 581 107 842 473 173 1,054 260 380 % v. (69) (21) (26) (62) (20) (16) (46) (36) (7) (53) (30) (11) (66) (16) (24) 18 2,896 15,5 ml 1,937 670 720 1,765 610 454 1,286 1,090 192 1,448 927 305 1,865 510 665 % v. (67) (23) (25) (61) (21) (16) (44) (38) (7) (50) (32) (11) (64) (18) (23) 22 7,278 22,0 ml 4,678 1,873 1,684 4,308 1,661 1,083 3,138 2,830 293 3,465 2,503 731 4,545 1,423 1,571 % v. (64) (26) (23) (59) (23) (15) (43) (39) (4) (48) (34) (10) (62) (20) (22) I substrati e la coltivazione delle piante in contenitore Substrato ed irrigazione Seguendo una classificazione di L.M. Riviére, ripresa successivamente da Brun (1993), in base ai valori di P, CA, AD e AR si possono distinguere quattro tipi di materiali, per i quali l’irrigazione deve seguire criteri diversi: 1. materiali ad elevata P (> 85%), CA (> 20%), AD (> 25%) e AR (≈10), come le migliori torbe (quelle molto fibrose); per questi substrati, l’irrigazione non è un grosso problema, anche in considerazione del tampone idrico elevato; 2. materiali poco porosi oppure molto porosi, ma con ridotta porosità aperta, caratterizzati da valori bassi di CA (< 20%) e medi di AD (< 20%) e AR (≈3-4), come le torbe brune o nere; questi materiali richiedono attenzione per ridurre i rischi di asfissia radicale; 3. materiali con elevata CA (>30%), ma con valori ridotti di AD (< 20-15%) e AR (<5%); sono tutti i substrati grossolani, spesso usati in miscela con la torba, come la perlite (quella grossolana), la pomice, l’argilla espansa, la corteccia, che richiedono irrigazioni frequenti ed in piccolo volume; 4. materiali con elevata AD, sufficiente CA e ridottissima (pressoché nulla) AR, come le lane minerali (v. lana di roccia in Tabella 3); per questi substrati, in considerazione del ridottissimo potere tampone, occorre mantenere sempre un elevato valore del contenuto idrico volumetrico. L’irrigazione giornaliera è data dal prodotto: (volume di adacquamento) × (frequenza di irrigazione). Per avere una migliore aerazione ed una buona disponibilità di acqua per la pianta, soprattutto per contenitori di piccole dimensioni, è bene applicare poca acqua ma più frequentemente. D’altra parte, occorre fare attenzione alle dimensioni ed alla velocità del flusso idrico per non rischiare dilavamenti o asportazioni di substrato. Nel caso dell’irrigazione a pioggia od a goccia, per calcolare il valore del volume di adacquamento (VA) si può operare i due modi distinti: uno teorico ed uno pratico. Nel primo caso, il VA è una frazione del volume di AD (o di AFD, per specie che non tollerano gli sbalzi di umidità) per un dato SSC, calcolato in base alla curva di ritenzione idrica del substrato e alle dimensioni del contenitore; la frazione oscilla, in genere, tra 0,30 e 0,50. Una via più semplice per stabilire il volume irriguo passa, invece, per la determinazione del peso di un contenitore portato alla sua CC (od altro valore) e del peso al momento dell’intervento irriguo, scelto in base dall’esperienza dell’operatore: la differenza fra i due valori fornisce il peso (volume) di acqua da somministrare, per il quale valgono le stesse considerazioni di cui sopra. Resta, però, da determinare quale percentuale dell’acqua fornita viene effettivamente immagazzinata nel substrato: questo dipende sia dal tipo di substrato che dal sistema irriguo. Da un punto di vista pratico, il substrato raramente raggiungerà le condizioni di saturazione dopo l’irrigazione, cosicché il valore dell’acqua ritenuta sarà inferiore a quella teorica calcolata. A questo riguardo, occorre ricordare l’importanza del sistema di irrigazione. Nel caso della subirrigazione, ad esempio, il contenuto idrico rimane al di sotto della CC del 20-30%. Infine, è bene ricordare che i substrati a base di torba, se lasciati asciugare troppo, sviluppano delle caratteristiche di idrorepellenza che ne rendono assai difficile la re-umidificazione; a tal scopo, potrebbero risultare utili degli agenti surfattanti. L’uso di microtensiometri o di sensori del contenuto idrico volumetrico del substrato può consentire un metodo per il controllo dell’irrigazione alternativo a quello basato sulla determinazione della CC per definire il volume irriguo e sulla stima dell’ET per stabilire la frequenza irrigua. In questo caso, di fatto, si regola attentamente l’apporto di acqua in modo da mantenere un livello di umidità nel substrato il più costante possibile e, possibilmente al di sotto della capacità idrica di contenitore, così da evitare la perdita di acqua per gravità, se non in minima parte, dal fondo del contenitore (cioè con una frazione di drenaggio inferiore al 5% contro un “normale” valore del 30-50%). Nel caso dei microtensiometri, l’irrigazione è regolata in genere in modo automatico sulla base della tensione d’umidità nel substrato di due o tre vasi rappresentativi, in modo da mantenere la tensione di umidità nel substrato tra 15-20 hPa (substrato con umidità vicina alla capacità di contenitore) e 70-80 hPa (Figura 3). 28 Pardossi et al. Figura 3. Rappresentazione schematica del controllo dell’irrigazione mediante un microtensiometro. Figure 3. The principle of irrigation control provided by the use of tensiometer. Le modifiche dei substrati durante la coltivazione Le modificazioni delle proprietà fisico chimiche nel sistema sono provocate dall’irrigazione, dalla concimazione, dall’accrescimento delle radici e dalle escursioni termiche. Tali trasformazioni consistono nel compattamento, nella perdita del materiale, nell’alterazione della dimensione delle particelle, nella modifica dei rapporti volumetrici tra i diversi materiali (deriva in basso delle particelle più piccole), nella diminuzione della porosità libera e nel conseguente aumento della capacità di ritenzione idrica, e nell’alterazione della dimensione delle particelle. Si hanno anche modifiche chimiche, costitui- 29 te in genere da un aumento del pH e della salinità, che sono comunque più facili da correggere attraverso opportuni aggiustamenti dell’acqua di irrigazione o di fertirrigazione. Nel grafico della Figura 4 è riportata la variazione della capacità per l’aria (CA) registrata ogni tre mesi in substrati a base di torba. Come si può notare, dopo i primi tre mesi, CA diminuisce notevolmente fino a diventare troppo bassa con conseguente rischio di asfissia radicale. Di fatto, l’unico intervento correttivo capace di contrastare questi fenomeni è la re-invasatura. La Figura 4 mostra anche che i materiali fibrosi tendono a mantenere meglio le proprie caratteristiche. I substrati e la coltivazione delle piante in contenitore Figura 4. Cambiamenti nella capacita' per l'aria di differenti tipi di torba dopo alcuni mesi di irrigazione a flussoriflusso (da Michiels et al., 1993). Figure 4. Changes in air capacity in different types of peat during pot cultivation with ebb-and-flow irrigation (da Michiels et al., 1993). Il monitoraggio in situ delle caratteristiche dei substrati In serra ed in vivaio è spesso necessario analizzare i substrati di coltura per meglio gestire l'irrigazione e la concimazione e chiarire, eventualmente, le cause di una crescita stentata delle piante o della comparsa di una fisiopatia d’incerta eziologia. Non sempre, però, è possibile ricorrere ad analisi di laboratorio, soprattutto quando occorre avere una risposta “in giornata”. Grazie alla ricerca scientifica ed allo sviluppo tecnologico nel campo del monitoraggio ambientale e industriale, oggigiorno sono disponibili in commercio dei veri e propri laboratori tascabili con i quali è possibile misurare, in pochi minuti ed in modo sufficientemente accurato, il pH, la EC ed il contenuto dei principali elementi nutritivi dei substrati di coltura (azoto, fosforo e potassio). Un'analisi di questo tipo, restringendo il campo d'indagine ai parametri sopra elencati, costa solo alcuni euro per campione. Esistono due protocolli principali per l’analisi rapida (on-farm) dei substrati: in entrambi i casi, comunque, le determinazioni analitiche interessano la soluzione acquosa derivata dall’estrazione del substrato (metodo dell’estratto acquoso) o recuperata dal fondo del vaso dopo una leggera innaffiatura con acqua deionizzata (metodo del percolato indotto). Qualunque sia il protocollo utilizzato, occorre campionare almeno un certo numero di 5-8 vasi e, quel che è più importante è provvedere ai campio- namenti fin dalle primissime fasi di coltivazione; in pratica, il primo campionamento deve essere fatto subito dopo il trapianto, quando presumibilmente i valori dei vari parametri sono quelli ottimali per la coltura in esame. In questo modo è possibile determinare per ogni coltura i valori di riferimento dei vari parametri. Più in generale, le analisi in azienda dei substrati e/o delle soluzioni nutritive (erogate e di drenaggio) dovrebbero essere inserite in un programma di monitoraggio della coltura, che prevede la registrazione dei risultati in una sorta di tracciato clinico. I dati raccolti durante la coltivazione sono confrontati con i valori ottimali, di attenzione e di allarme; questi ultimi sono pari, Indicativamente, al 10% e 20% in più o in meno rispetto ai valori ottimali, che sono scelti per ogni coltura sulla base di informazioni bibliografiche e delle precedenti esperienze di coltivazione. I motivi, se noti, delle eventuali anomalie e le misure correttive adottate devono anch’esse essere accuratamente annotate. Conclusioni Uno dei fattori che più condizionano il risultato di una coltura in contenitore è certamente costituito dal substrato. Particolare importanza, soprattutto considerando l’irrigazione, assumono le caratteristiche idrologiche che sono condizionate anche dalle caratteristiche geometriche del contenitore e sono inoltre quelle più difficili da modificare con specifici interventi come quelli utilizzabili per ag- 30 Pardossi et al. giustare le caratteristiche chimiche e biologiche (correzione del pH, concimazione, disinfezione,…..). Per i coltivatori, quindi, è fondamentale contare su fornitori qualificati da cui acquistare materiali e/o miscugli già pronti d’elevata qualità, includendo in questo termine anche la standardizzazione delle caratteristiche chimiche e fisiche. Per quanto riguarda i materiali alternativi alla torba, per molti versi il substrato di riferimento per l’ortoflorovivaismo professionale, la loro diffusione su larga scala richiede che non siano più considerati dei semplici “rifiuti riciclati”, ma che siano inseriti in una vera e propria filiera di produzione in grado di rifornire il mercato con prodotti di qualità standardizzata e certificata, più che a basso costo. Di rilievo, infine, per una corretta gestione della coltivazione, appare anche l’applicazione di un sistematico monitoraggio in situ delle caratteristiche chimiche ed eventualmente della capacità di ritenzione idrica del substrato, al fine di prevenire o correggere eventuali squilibri nutrizionali o modificare opportunamente il regime irriguo, soprattutto per ridurre i rischi di stress provocati dall’asfissia radicale. Bibliografia Armstrong H. (2004). No response to bio-alternative for peat. FlowerTech, 7 (3): 24-25. 31 Bibbiani C., Pardossi A. (2004). Le proprietà fisiche e idrauliche dei substrati di coltivazione. In: “Uso razionale delle risorse nel florovivaismo: l’acqua”, Quaderno ARSIA 5/2004 (Regione Toscana), Firenze, pp. 50-70. Brun R. (1993). Pour choisir un substrat de culture hors-sol: connaìtre ses caractéristiques. PHM, 334: 1. De Boodt M., Verdonck O. (1972). The physical properties of the substrates in horticulture. Acta Horticulturae, 26: 37-44. Michiels P., Hartmann R., Coussens C. (1993). Physical properties of peat substrates in an ebb/flood irrigation system. Acta Horticulture, 342: 205-219. Montesano F., Parente A., Santamaria P. (2004). La subirrigazione in serra. In: “Uso razionale delle risorse nel florovivaismo: l’acqua”, Quaderno ARSIA 5/2004 (Regione Toscana), Firenze, pp. 50-70. Pardossi A., Malorgio F., Incrocci L., Tognoni F. (2006). Hydroponic technologies for greenhouse crops. Contributo su invito per ‘’Crops: Quality, Growth and Biotechnology’’ Editor: Ramdane Dris (Ed.) WFL Publisher, MeriRastilan tie 3 C, 00980 Helsinki, Finland. ISBN: 9529186010 pp. 360-378. Copyright © by Centro Scientifico Italiano dei Fertilizzanti Numeri e potenzialità del mercato italiano Marco Castelnuovo Fondazione Minoprio – Regione Lombardia – Viale Raimondi, 54, 22070 Vertemate con Minoprio (CO) Corresponding author: tel. 02.6765.6562, fax 02.6765.2757, e- mail: [email protected]. Riassunto La definizione dei substrati di coltivazione è recentemente stata introdotta nella normativa italiana con il Decreto Legislativo n. 217 del 29 aprile 2006 che li nomina e li definisce quali: “i materiali diversi dai suoli in situ, dove sono coltivati vegetali”. Questa novità è significativa per molti aspetti, sia tecnico-scientifici sia formali-burocratici. In questa nuova situazione è fondamentale identificare i “numeri” significativi che siano un reale descrittore del substrato di coltivazione prima e del mercato poi, e che siano condivisi dai soggetti della filiera che ne sono a vario titolo coinvolti. I “numeri” assumono quindi un’importante funzione di strumento di comunicazione tra i soggetti della filiera dei substrati di coltivazione che sono: produttori (fabbricanti), distributori, consumatori, organismi normativi, organismi di controllo, organismi di rilevazione statistica, ricercatori, tecnici, divulgatori. Il mercato italiano dei substrati di coltivazione, in base ai “numeri” disponibili, risulta essere molto diversificato e complesso. Il lavoro mette in relazione i dati e il trend dell’evoluzione delle produzioni e dei consumi permettendo di evidenziare scenari di possibili sviluppi del settore. In conclusione si evidenzia che alla base di uno sviluppo che premi la qualità esiste oggi l’urgenza di avere a disposizione “numeri“ certi, significativi, semplici da monitorare e disponibili per un certo numero di anni. Parole chiave: substrati di coltivazione, florovivaismo, statistica, mercato Italian growing media’s market: data and potentiality Abstract Growing media’s definition has been recently introduced in Italian rules with the d.lgs. n. 217 – April 29th, 2006, which names/calls and defines them as “different materials from “in situ” soils, where vegetables are cultivated”. This innovation is important for both technical-scientific and formal-burocratic aspects. In this new situation it’s essential to identify the significant numbers/data which could really describe the growing media and also measure the market. On those numbers it’s necessary therefore to come to an agreement with the subjects of the substratumline/industry, who are involved at different levels. These data/numbers are a very important way of communication between producers, distributors, consumers, regulation’s organisms, control’s organisms, statistics survey organisms, researchers, technicians, experts, spreaders. Italian growing media’s market, according to available numbers-data, is very diverse and complicated. This work has analyzed the relationship between data and production and consumption evolution trend, in the aim of point out possible development’s sceneries in this field. Those data need to be sure, precise, significant, simple to be monitored, and available for quite a few years. Key words: growing media, horticultural, statistics, market, low Per la tematica dei substrati di coltivazione una prima tappa significativa è rappresentata nel 1995 da una riunione tra operatori del settore, concretizzata per iniziativa del laboratorio Minoprio Analisi e Fertilitas Agrorum 3(1) 2009 31-35 Certificazioni della Fondazione Minoprio, svoltosi il giorno 21 novembre 1995. La continua crescita delle produzioni florovivaistiche ha sempre più evidenziato la necessità di 32 Numeri e potenzialità del mercato italiano quantificare la qualità dei fattori di produzione, in particolare del substrato di coltivazione. La qualità è tale se è in certo modo quantificabile ed il tentativo è stato quello di misurarla, anche avvalendosi delle metodologie in uso nei Paesi del Nord Europa. L’esito di quel primo dibattito è stato quello di porre in evidenza, in modo pressante, la necessità di un riconoscimento formale della tipologia “substrati di coltivazione” da parte della normativa (allora la Legge 748/84 e successive modifiche ed integrazioni). Il percorso così iniziato portò ad una collaborazione tra alcuni produttori ed Assofertilizzanti – Federchimica che costituì, al suo interno, uno specifico gruppo di lavoro incaricato di raccogliere e coordinare le molteplici esigenze espresse inizialmente nel 1995. L’operosità del Gruppo di lavoro ebbe come esito la formulazione di una possibile proposta di modifica dell’”Allegato 1C - 2.3. Ammendanti e correttivi diversi” della allora vigente L. 748/84. La proposta di modifica fu seguita con attenzione anche da esperti della L. 748/84 che aiutarono a valutare limiti ed opportunità e permisero di giungere ad un’ultima versione il giorno 11 gennaio 2001. Tale proposta non ottenne l’esito sperato. Nel 2002 il tema substrati di coltivazione vide un approfondimento di indagine scientifica relativamente ai metodi analitici. La Direzione generale Agricoltura della Regione Lombardia ha sostenuto finanziariamente un lavoro di confronto tra specifici metodi analitici di substrati di coltivazione, metodi descritti ed utilizzati per caratterizzare i parametri più significativi dei substrati di coltivazione (vedasi Quaderno della ricerca n. 22). Anche il 2004 è stato segnato dallo svolgimento di lavori di altri gruppi scientifici riguardanti le identificazione di parametri descrittivi dei substrati: a conclusione di questo impegno fu organizzato uno specifico Convegno il 14-15 ottobre 2004 che vide quali attori principali l’Osservatorio Nazionale permanente per i Fertilizzanti e l’Università Cattolica – Sede di Piacenza. L’anno 2005 vide un crescente numero di attività che coinvolse nuovi soggetti che esprimevano tentativi di affrontare le nuove necessità del comparto. Fu costituito un Gruppo di lavoro “Substrati colturali”dell’Osservatorio Nazionale permanente per i Fertilizzanti a cui vennero invitate a partecipare persone con conoscenze in diverse discipline, maturate in anni di esperienza ne settore substrati e loro componenti. Una iniziativa del Dipartimento di Produzioni vegetali dell’Università degli studi di Milano si propose per definire un protocollo di produzione “certificata” di Substrati di coltivazione. Si avviò il percorso per la costituzione 33 di una Associazione produttori italiani di substrati colturali. La novità del 2006, ovvero l’emanazione del D.Lgs 217/2006, si pone come un primo traguardo raggiunto: la normativa nazionale ha accolto la richiesta di chiarezza espressa da numerosi attori del mercato introducendo la definizione di “Substrato di coltivazione”, ma ha lasciato la declinazione delle specifiche tecniche al lavoro della Commissione tecnico-consultiva prevista dal D.Lgs 217/2006 stesso. Questa opportunità segna l’inizio di un rinnovato cammino che fa intravedere obiettivi importanti ed urgenti. Oggi si impone la evidente necessità di individuare un linguaggio comune per porre fine ad interpretazioni e malintesi. Questo è palesato anche dal fatto che la tabella dell’allegato 4 del D.Lgs 217/2006 non contiene nessun tipo di substrato, è “vuota”: un primo obiettivo è quindi definire ”l’alfabeto” con cui scrivere, “segnare”, disegnare e descrivere le caratteristiche essenziali dei Substrato di coltivazione. La corretta descrizione (realizzabile da ricercatori e da tecnici specialistici) è indispensabile per poter far parlare e far dialogare in modo costruttivo i numerosi “attori” che contribuiscono a definire un mercato dei Substrati di coltivazione. Gli attori hanno funzioni diversi ed intervengono in punti della filiera tra loro distanti: produttori (fabbricanti), distributori, consumatori, organismi normativi, organismi di controllo, organismi di rilevazione statistica, ricercatori, tecnici, divulgatori, ecc. Considerando le precedenti esperienze, il dato riconosciuto come oggettivo dalla definizione del D.Lgs 217/2006 è la netta distinzione tra i Substrati di coltivazione da un lato e gli ammendati e gli altri materiali “riciclabili” dall’altro. Questo è il presupposto per continuare il dialogo tra i diversi attori della filiera. Gli attori quindi sono chiamati a un più intenso lavoro interdisciplinare per cui è auspicabile un “equilibrio” tra le parti coinvolte ed una disponibilità di dialogo. Basti pensare a quanto coordinamento necessiti per la risoluzione degli aspetti che giungano alla descrizione di “dichiarazione”, “titolo”, “tolleranza”, “imballaggio” ecc. per i tipi di “Substrato di coltivazione”. Dopo i numeri che evidenziano il tempo trascorso (e necessario) provo ad evidenziare i numeri disponibili per la descrizione tecnica dei substrati di coltivazione. Un riepilogo sintetico viene presentato in tabella 1, in base alle caratteristiche delle tecniche di utilizzo. Castelnuovo Tabella 1. Substrati di coltivazione: sintesi secondo il criterio di utilizzo Table 1. Growing media: synthesis by standard of utilization Uso Tecniche di utilizzo Il substrato di coltivazione è Professionale in serra parte del prodotto o coltura protetta Il substrato di coltivazione è da "riutilizzare" Substrato di coltivazione per verde sportivo Professionale per colture all'aperto Substrato di coltivazione per verde ornamentale Prodotto/settore - ornamentali in vaso - vivasmo orticolo - vivaismo ornamentale - vivaismo forestale - floricole da reciso - colture orticole e fragole - campi di calcio con tappeto naturale - campi di calcio con tappeto artificiale - campi da golf - arredo verde - parcheggi - tetti verdi Hobbistico in casa in vaso in vaso Hobbistico all'aperto per aiuole Una visione completa della commercializzazione dei substrati tramite dati quantitativi risulta ancor oggi impossibile anche per la constatazione che singole aziende florovivastiche possano realizzare in proprio i substrati miscelando singoli componenti acquistati da fornitori diversificati. Una stima ragionevole è data leggendo i “numeri” di quanto si conosce sulla commercializzazione delle torbe. Le torbe infatti sono il componente principale per i substrati ad uso professionale. Questi ultimi rappresentano a livello europeo, ma anche italiano, la maggioranza degli scambi commerciali. Dai dati resi disponibili da centri di studio tedeschi (Reinikainen, 2005) è possibile dire che in Europa si commercializzino 18,5 milioni di metri cubi di torba di cui il 23 % nella sola Germania. Il dettaglio dei singoli paesi è riportato in tabella 2. Un altro metodo di stima è basato sul valore dei substrati di coltivazione ad uso professionale: conoscendo statisticamente i dati della produzione florovivaistica ed ipotizzando la quota che di tale valore è attribuibile al substrato di coltivazione si deduce il valore dei substrati utilizzati in Italia. Ad esempio utilizzando i dati del 2005 (Casati e Pieri, 2006) si ottiene il seguente percorso sintetico e globale: -2800 milioni di euro è la produzione del florovivaismo in Italia (a prezzi di base anno 2005) -5 % è la stima dell’incidenza de costo del substrato sulla produzione; -140 milioni di euro risulta essere il valore del consumo annuo di substrati di coltivazione ad uso professionale in Italia. Tabella 2. Stime dell’uso di torba in ambito professionale in alcuni Paesi Europei. Table 2. Estimate of professional use of peat in European Country migliaia di metri cubi Germania 4.300 Olanda 3.400 Gran Bretagna 3.400 Francia 2.600 Svezia 1.000 Italia 1.000 Belgio 800 Danimarca 650 Finlandia 550 Irlanda 500 Spagna 250 totale 18.450 % 23,3 18,4 18,4 14,1 5,4 5,4 4,3 3,5 3,0 2,7 1,4 100,0 Considerando il caso dell’agricoltura in Lombardia possiamo considerare i dati che sono riportati nella tabella 3. 34 Numeri e potenzialità del mercato italiano Tabella 3. Produzione agricola complessiva (espressa in milioni di euro) di diversi comparti della Lombardia anno 2005 Table 3. Agricultural production (milion of euro) of Lombardia in the year 2005, for different typology allevamenti 3875 servizi annessi 448 attività secondarie 170 coltivazioni vegetali 1461 totale 5954(*) (*) di cui florovivaismo 217 milioni di euro pari al 14,9 % delle coltivazioni vegetali e pari al 3,6 del complessivo valore del comparto agricolo. Utilizzando ora i dati lombardi del 2005 otteniamo, seguendo il medesimo percorso per la stima nazionale, otteniamo un risultato sintetico della realtà produttiva lombarda: 35 -217 milioni di euro è la produzione del florovivaismo in Italia (a prezzi di base anno 2005); -5 % è la stima dell’incidenza de costo del substrato sulla produzione; -10,85 milioni di euro risulta essere il valore del consumo annuo di Substrati di coltivazione ad uso professionale in Lombardia. Da quanto esposto risulta evidente la necessità di rendere rapido il raggiungimento del chiarimento tecnico che completi il percorso di riconoscimento iniziato dal D.Lgs 217/2006 per quanti riguarda i Substrati di coltivazione. Bibliografia A.A. 2002. Confronto tra metodi di analisi dei substrati a base di compost. Quaderno della ricerca n. 22, Regione Lombardia – Fondazione Minoprio. Casati D., Pieri R. 2006. Il sistema agro-alimentare della Lombardia Rapporto 2006. Franco Angeli, Regione Lombardia, SMEA, UNIMI. Reinikainen O., Myllyla I. 2005. The role and characteristics of peat in horticulture are unique. Peatlands International 1/2005. Copyright © by Centro Scientifico Italiano dei Fertilizzanti Aspetti legislativi per la normazione dei substrati di coltivazione Paolo Sequi*, Elvira Rea, Alessandra Trinchera C.R.A. - Centro di ricerca per lo studio delle relazioni tra pianta e suolo Via della Navicella 2-4 Roma *Corresponding author: tel. +39067000720; fax +390677250172; [email protected] Riassunto La tecnica della coltivazione “fuori suolo” nel settore dell’orto-floricoltura rappresenta una realtà ormai consolidata, sia in ambito Europeo che in Italia. Sul mercato è presente un numero molto elevato di tipologie di substrati, in funzione delle diverse prestazioni ed applicazioni specifiche. Il recente Decreto Legislativo 29 aprile 2006 n. 217 “Revisione della disciplina in materia di fertilizzanti”, ha formalmente inserito i substrati di coltivazione tra i fertilizzanti dandone una definizione (art.2) e riservando loro un intero allegato (all. 4), senza però fornire alcuna specifica tecnica e limitandosi a ridotte ed opinabili indicazioni su soglie di metalli pesanti che non possono essere superate. Occorre perciò colmare tale vuoto legislativo definendo da un lato un elenco di matrici (minerali ed organiche) utilizzabili per la formulazione dei substrati al fine di garantire un’adeguata tracciabilità dei diversi componenti, dall’altro i relativi parametri di qualità dei substrati finali posti in commercio. Inoltre l’inserimento in legge dei substrati dovrà necessariamente prevedere la possibilità di sfruttare le proprietà di alcuni concimi che possono essere addizionati per assicurare il necessario contenuto in elementi nutritivi, miscelare correttivi ed additivi in grado di migliorare consistentemente le caratteristiche finali del prodotto, utilizzare le proprietà biostimolanti di alcuni concimi solidi, approfondire l’aspetto che si ritiene legato alla soppressività (uso di compost). Si rafforza inoltre l’esigenza di identificare e validare in tempi brevi un set minimo di metodi di analisi, da applicare per il controllo delle frodi in tale settore commerciale da parte degli organismi preposti. Ciò comporta l’esigenza, da parte del nostro Paese, di essere fortemente partecipe a tutte le iniziative inerenti la commercializzazione dei substrati di coltivazione, che si attiveranno in futuro in ambito Europeo, sia a livello normativo che più propriamente tecnicoanalitico: ciò è fortemente auspicabile, affinché l’Italia possa essere inserita nel più breve tempo possibile nel gruppo dei paesi comunitari leader di un settore in rapida ascesa. Parole chiave: substrati di coltivazione, legislazione, floricoltura, orticoltura, torba, compost. Legislative aspect for a correct standardization of growing media. Abstract Nowadays, the soilless culture techniques in horticulture and floriculture represent a consolidated reality, both in northern Europe and in Italy. A quite infinite number of growing media are put on the market, in relation to the different specific fields of application. The recent Italian legislation (D.Lgs. 29 april 2006 n. 217 “Revision of the Italian law on fertilizers”) for the first time gives a definition of growing media and foresees their insertion in a new Annex (Annex 4), without furnishing any technical specification; only some indications about some limits of heavy metals content are given. It should be a priority to fill this legislative empty by defining i) the list of matrices (mineral or organic ones) utilisable for growing media formulation, to guarantee their traceability and ii) the related quality parameters of final products put on the market. Besides, the insertion of growing media in this annex should pass through the chance to take advantage of the properties of some fertilisers which can be added in order to increase the nutrient content, mix soil improvers and additives to consistently improve the final performances of the product, use biostimulant properties of some solid fertilisers, deepen the aspect linked to the possible suppressiveness (utilisation of composts). Also the need to identify and validate a minimum data set of analytical methods on short term grows, since the Italian Inspectorate for Frauds Repression asks for effective control tools. This aspect complies with the importance, for Italy, to be strongly present in every European initiatives in relation to the commercialisation of growing media, both at a legislative level and at a technical-analytical level for the next future: this is a key point to obtain that Italy could be inserted, on a short term, in the European leader group of a sector now in fast rise. Keyword: growing media, legislation, floriculture, horticulture, peat, compost. Fertilitas Agrorum 3 (1): 36-42 36 Sequi et al. Introduzione La tecnica della coltivazione “fuori suolo” nel settore dell’orto-floricoltura rappresenta una realtà ormai consolidata, sia in ambito nord Europeo (Van Os e Stanghellini, 2001), che in Italia, specialmente nelle regioni della Liguria, Toscana, Lazio, Campania, Sicilia, Sardegna e Puglia (Tosco et al., 2000). Le motivazioni principali che hanno portato all’espansione di tale settore risiedono principalmente nella necessità di mantenere costante le produzioni per tutto l’arco dell’anno, garantendo altresì un elevato standard di qualità dei prodotti (Schnitzler e Gruda, 2003; Raffo et al., 2003). A tal fine, negli ultimi dieci anni si è assistito ad un’evoluzione costante della composizione dei substrati stessi, con l’intento di rispondere alle sempre più pressanti esigenze ambientali, migliorando parallelamente il livello qualitativo delle colture orto-florovivaistiche. Ad oggi sono numerosi gli utilizzatori dei substrati di coltivazione: da quelli del settore orticolo e ornamentale, a quelli delle colture in vaso, dei fiori recisi ed altri, fino a settori recentemente in ampia espansione quali quello dei tappeti erbosi, semina e radicazione, nonché dell’hobbistica. E’ perciò evidente che in un così ampio spettro di utilizzazione, la composizione dei substrati di coltivazione non può che essere mutata nel tempo. Nello specifico in Italia, così come in Germania, in relazione ai substrati principalmente utilizzati per le colture floricole, dal 1950 ad oggi si è verificata una progressiva diminuzione nell’utilizzo di terricci aziendali, a favore di substrati costituiti da torbe (nelle differenti tipologie disponibili sul mercato Europeo, particolarmente dai paesi dell’Est) ed argilla, nonché di substrati a base di ammendanti compostati di differente origine o comunque speciespecifici (ad esempio per specie acidofile) (Tab. 1). Negli anni ‘90 inizia in Italia una fase di forte espansione del settore vivaistico, con conseguente sviluppo della produzione locale di substrati. La necessità di rispondere all’esigenza di un mercato che deve rispettare standard produttivi alta qualità ha portato ad una forte competizione con l’estero, in particolare con i paesi tendenzialmente più avanzati in tale settore, come la Germania e l’Olanda. La torba risulta, ancora oggi, il substrato più richiesto da coloro che vi operano e tale esigenza ha determinato, nel corso degli anni, un intenso sfruttamento delle già limitate torbiere, con diminuzione della qualità, incremento del prezzo ed esaurimento progressivo delle fonti di approvvigionamento. Anche lo sfruttamento delle torbiere dell’ex URSS, che ha avuto un boom negli ultimi dieci anni, non potrà risolvere il problema; infatti per un materiale “povero” come la torba, i costi di movimentazione possono rappresentare anche il 70% del valore finale. In 37 Italia, a partire dagli anni ’60, con il forte sviluppo del settore ortoflorovivaistico, il fabbisogno di torba ha raggiunto i 3 milioni di metri cubi, soddisfatti quasi interamente con prodotto importato (De Lucia et al., 2006). La disponibilità di materiali estremamente eterogenei di origine animale e vegetale, di matrici organiche caratterizzate da elevati livelli di stabilità chimico-biologica, di processi produttivi atti all’implementazione della qualità della sostanza organica stessa, ha permesso di ipotizzare l’utilizzazione di materiali alternativi alla torba. L’uso dei compost di qualità quali substrati organici alternativi ai materiali fossili potrebbe infatti fornire la risposta vincente ad una sana esigenza di protezione e salvaguarda ambientale, unitamente alla necessità di riutilizzo di ingenti quantità di biomasse organiche di scarto, altrimenti non reintegrabili nel ciclo degli elementi nutritivi. La classificazione dei substrati di coltivazione Ciò che deve essere sempre tenuto in considerazione è che un substrato di coltivazione può difficilmente essere valutato indipendentemente dall’uso per il quale è stato ottimizzato: un substrato ottimale per una specie può risultare assolutamente inadeguato per un’altra, ed in tal senso anche il concetto di “qualità” di un substrato può assumere ben altro senso rispetto all’accezione comune. Possono infatti sussistere un numero pressoché infinito di tipologie di substrati, in funzione delle diverse applicazioni. I substrati utilizzati per l’allevamento di piante, che in senso generale dovrebbero possedere una scarsa dotazione di elementi nutritivi e proprietà costanti ed uniformi, possono essere suddivisi in base alla loro natura (organici o minerali) od in funzione della loro origine (naturali, sintetici od alternativi): - substrati naturali organici, in gran parte costituiti da torbe di importazione dai Paesi del Nord e dell’Est Europa; - substrati naturali inorganici, quali la sabbia (originata dalla frammentazione di rocce silicee), la pozzolana, la pomice, le argille, i materiali vulcanici, il tufo, le zeoliti, ecc.; - substrati organici sintetici, come il polistirolo derivato dalla polimerizzazione dello stirene o la schiuma poliuretanica, ottenuta per condensazione e polimerizzazione dell’isocianato; - substrati inorganici sintetici, quali la perlite (sabbie silicee di origine vulcanica) o la lana di roccia (che deriva dalla fusione di basalto effusivo); - substrati alternativi, come gli ammendanti compostati (verdi e misti) e vari materiali vegetali di scarto (fibra di cocco, fibra di legno, cortecce, ecc.). Per quel che riguarda la loro rispettiva utilizzazione, sussistono usi prevalenti dell’una o dell’altra tipolo- Aspetti legislativi per la normazione dei substrati di coltivazione Tabella 1. Evoluzione della composizione e produzione commerciali dei substrati per floricoltura in Germania ed in Italia (Rampinini, 2005). Table 1. Evolution of growing media composition and commercial production for floriculture in Germany and Italy (Rampinini, 2005). gia in funzione della coltura. Ad esempio, per tappeti erbosi e manutenzione del verde pubblico il mercato vede l’utilizzo prevalente di substrati di origine naturale, a base di alghe fossili miscelate a terra di diatomee, ceramica e zeoliti oppure, in alternativa, di substrati di origine sintetica come le fibre di polipropilene, la fibra di nylon o le gomme. Al contrario, i substrati più frequentemente utilizzati per la propagazione gamica/agamica sono quelli che non richiedono sistemazione in seminiere ed, in particolare, le zeoliti, la lana di roccia, la pozzolana, la pomice per la germinazione dei semi, mentre si preferiscono la vermiculite, la perlite e l’argilla espansa per la propagazione agamica, usualmente miscelati con torba aggregata. In taluni casi, quali materiali per la propagazione gamica/agamica vengono anche utilizzati la fibra di corteccia di eucalipto, le schiume di urea-formaldeide, la fibra di legno mista alle già citate schiume poliuretaniche, i derivati da pannelli di estrazione dell’olio di neem (anche per agricoltura biologica), i substrati addizionati di Tricoderma spp. In relazione alle attività hobbistiche, ovviamente i requisiti richiesti ad un substrato di coltivazione sono senz’altro diversi rispetto a quelli necessari per le applicazioni appena menzionate: la manipolabilità e la conservabilità delle confezioni, la qualità elevata tale da garantire risultati visibili, nonché la presenza di elementi della fertilità che possano svolgere il loro ruolo in tempi lunghi rappresentano alcune tra le più importanti caratteristiche richieste per queste tipologie di substrati. Un discorso a parte riguarda l’uso delle torbe: pur rappresentando il materiale più utilizzato quale substrato organico di origine naturale, essa è notoriamente una risorsa non rinnovabile, spesso osteggiata nel suo utilizzo da gruppi ambientalisti. Non a caso, al fine di limitare i danni dovuti all’estrazione e seguire un approccio eco-compatibile, la Commissione Europea, per l’apposizione del marchio comunitario di qualità ecologica ai substrati di coltivazione, richiede che i substrati non debbano contenere torba e la componente organica debba derivare dalla raccolta e/o dal trattamento di materiali di scarto. L’uso di compost di qualità, quali ammendanti in sostituzione parziale (20%-70%) o totale (100%) della torba può rappresentare una risposta efficace a tale esigenza di tutela ambientale, anche a fronte di molteplici positivi risultati ottenuti in tal senso nell’ambito della ricerca scientifica (Rea et al., 1999; Colla et al., 2001; Rea et al., 2002; Tittarelli et al., 2003; Calabretta et al., 2004). La normativa sui substrati di coltivazione Per molti anni, i substrati hanno atteso una regolamentazione legislativa, sia a livello comunitario 38 Sequi et al. che a livello nazionale. In ambito Europeo, come già accennato, è stato assegnato un marchio di qualità ecologica ai substrati di coltivazione (ECOLABEL – certificazione volontaria del prodotto) dalla Decisione 2001/688/CE, che ne ha dato anche una precisa definizione: “Materiali diversi dai suoli in situ, dove vengono coltivati i vegetali”, poi ripresa dalla più recente legislazione italiana. Per l’ottenimento del marchio ECOLABEL, i substrati devono soddisfare i seguenti criteri: - utilizzo e/o riutilizzo di sostanza organica derivata dalla raccolta e/o dal trattamento di materiale di scarto in modo da contribuire a ridurre al minimo i rifiuti solidi destinati allo smaltimento finale; - riduzione dei danni o dei rischi ambientali causati dai metalli pesanti e da altri composti pericolosi. Tuttavia, anche in tale approccio mirato prioritariamente alla tutela ambientale, non viene debitamente tenuta in conto l’importanza della qualità della componente organica dei substrati di coltivazione. E’ pur vero che, ad oggi, non esiste alcun metodo approvato dagli organismi internazionali di normazione (CEN/TC 223) che riguardi la valutazione del livello di stabilità della componente organica di un substrato (l’unico metodo è l’EN 13039, che prevede la quantificazione della sola sostanza organica totale), ma tale aspetto risulta fondamentale ai fini dell’eliminazione di rischi ambientali legati alla possibile geno e fitotossicità del materiale utilizzato nella formulazione del substrato stesso. A livello nazionale, l’ormai abrogata L. 748/1984 non prevedeva uno specifico allegato attinente i substrati di coltivazione, tanto che alcuni di essi venivano normalmente commercializzati quali ammendanti organici. Il D.M. del 27 marzo 1998, modificando parzialmente l’allegato C della L. 748/1984 relativamente alle denominazioni dei vari prodotti che possono essere ricompresi fra i compost, aveva reso prevedibile una rimodulazione della legge, con l’inserimento di un allegato a parte, che comprendesse nello specifico i substrati di coltivazione, anche alla luce della normativa europea e delle rinnovate esigenze di mercato. Il successivo Decreto Legislativo 29 aprile 2006 n. 217 “Revisione della disciplina in materia di fertilizzanti”, che ha abrogato la Legge 19 ottobre 1984 (n. 748/84), ha inteso collocare i substrati di coltivazione in un nuovo allegato 4 offrendo la possibilità di colmare, almeno da un certo punto di vista, un vuoto legislativo che perdurava da anni. Il decreto definisce i substrati di coltivazione come “materiali diversi dai suoli in situ dove sono coltivati vegetali”, riprendendo la definizione proposta in ambito comunitario, ma attualmente nell’allegato che li comprende non se ne fornisce alcuna specifica tecnica, dando 39 solo limitate e opinabili indicazioni sui contenuti dei metalli pesanti che non possono essere superati (Tab. 2). Tabella 2. Tenori massimi consentiti in metalli pesanti per i substrati di coltivazione (in mg/kg , riferiti alla sostanza secca). Table 2. Limits of heavy metals in growing media (in mg/kgdry matter) Metalli Substrati di coltivazione Piombo totale 100 Cadmio totale 1,5 Nichel totale 100 Zinco totale 500 Rame totale 230 Mercurio totale 1,5 Cromo esavalente totale 0,5 Tale lacuna dovrà essere rapidamente colmata tenendo conto che, per classificare e caratterizzare esaurientemente un substrato di coltivazione, dovranno essere tenuti in considerazione molteplici aspetti in relazione a. alle matrici di partenza, impiegate per la formulazione del substrato (tracciabilità); b. alle miscele finali poste in commercio (qualità del prodotto e controllo delle frodi). In riferimento alle matrici di partenza, occorre prevedere un elenco il più possibile completo di tutti i materiali ammissibili per la formulazione dei substrati di coltivazione, non solo gli ammendanti compostati già inseriti nell’allegato 2 del D. Lgs. 217/2006, ma anche altri materiali, organici e minerali, naturali e sintetici, che andrebbero riportati nell’allegato 4 “Substrati di coltivazione” quali matrici ammesse per la loro formulazione. Il riferimento alle caratteristiche riportate per gli ammendanti compostati, già inserite nell’allegato 2, garantirebbe l’imposizione dei medesimi criteri di qualità sia per gli ammendanti compostati propriamente detti, sia per quelli utilizzabili per la produzione di substrati di coltivazione, elemento di non poca importanza al fine di evitare il verificarsi di un “doppio binario” commerciale che permetta il silenzioso riciclo di rifiuti e/o compost di scarsa qualità attraverso la formulazione proprio dei substrati di coltivazione. Peraltro, un siffatto inquadramento legislativo dovrebbe fornire strumenti utili alla tracciabilità dei mate- Aspetti legislativi per la normazione dei substrati di coltivazione riali utilizzati per la formulazione dei substrati, fattore da tenere sempre presente alla luce dell’art. 8 del D. Lgs. 217/2006. Inoltre, tale elenco potrebbe essere modificato nel tempo in funzione della disponibilità ed opportunità di utilizzo di nuovi materiali presenti sul mercato, garantendo tuttavia il puntuale controllo dell’inserimento degli stessi attraverso l’attività svolta dalla Commissione tecnicoconsultiva per i fertilizzanti (art. 9 del D. Lgs. 217/2006). Per quel che riguarda invece i substrati di coltivazione da inserire nel sopracitato allegato 4, sarebbe necessario garantire da un lato la qualità del prodotto e dall’altro l’assenza di frodi. Ciò vuol dire caratterizzare il prodotto finale attraverso una serie di parametri di qualità che dovranno essere forniti dai produttori di substrati, prima fra tutte la dichiarazione obbligatoria di tutti i componenti del substrato di coltivazione (purché inseriti nell’elenco precedentemente predisposto), nonché la loro percentuale in volume (quale rapporto v/v), in ordine decrescente, dal momento che la presenza o meno di una matrice piuttosto che un’altra può modificare in maniera determinante la performance del substrato stesso. Quali sono invece le caratteristiche di un substrato di coltivazione da verificare e certificare? Le proprietà idrologiche costituiscono un aspetto senz’altro imprescindibile: la capacità di ritenzione idrica (a pF =1) e l’acqua facilmente disponibile (A.F.D. %) rappresentano a nostro avviso i parametri di base per la valutazione delle prestazioni del substrato posto in commercio. Oltre alla granulometria, anche altre proprietà chimico-fisiche, come il pH, la conducibilità e la densità apparente, dovrebbero rientrare in un intervallo di valori prestabiliti. Va precisato che infatti la qualità di un prodotto non può essere confusa con la corrispondenza di alcuni parametri a valori fissi in senso assoluto, ma può altresì identificarsi con valori di volta in volta variabili in funzione dell’utilizzazione finale del substrato (Farina, 2005). Inoltre, solo per i substrati a base organica che potrebbero contenere ammendanti compostati, dovrebbe essere dichiarato il valore del rapporto C/N, dal momento che l’utilizzazione di materiali organici non adeguatamente stabilizzati, con alto valore di tale rapporto, potrebbe comportare una elevata fermentescibilità della componente organica, con conseguenti fenomeni di fitotossicità (Rea, 2005). Infatti è noto che la stabilizzazione della sostanza organica di un compost comporta la mineralizzazione della componente labile della sostanza organica, con conseguente abbassamento del rapporto C/N a fronte di una serie di modificazioni di ordine chimico, fisico e biologico del materiale di partenza, come la diminuzione della porosità, l’aumento del pH e della CSC, aumento della compattezza, aumento della salinità e sintesi di nuovi composti organici più resistenti alla degradazione microbica (Lemaire, 1995). In relazione ai parametri sopra descritti, occorre precisare come vi sia l’esigenza che il substrato di coltivazione conservi le medesime caratteristiche nel tempo e nell’ambito dei differenti lotti produttivi. Le esigenze di mercato sono infatti molteplici, e se i produttori devono offrire qualità e costanza delle caratteristiche del substrato, gli utilizzatori richiedono una normativa che disponga di efficaci strumenti di controllo affinché tali requisiti vengano rispettati. Altro aspetto che si ritiene estremamente importante è quello relativo alla presenza nel substrato di elementi nutritivi minerali, in forma totale e solubile. Infatti, l’inserimento in legge dei substrati di coltivazione dovrà necessariamente passare attraverso la possibilità di: - sfruttare le proprietà di alcuni concimi che possono essere addizionati per implementare il contenuto in elementi nutritivi; - miscelare correttivi ed additivi in grado di migliorare consistentemente le caratteristiche finali del prodotto (pH, CSC, ecc.); - utilizzare le proprietà biostimolanti di alcuni concimi solidi; - approfondire l’aspetto legato alla soppressività (certamente collegato alla presenza di specifiche matrici organiche, quali i compost). Inoltre, in merito ai limiti di metalli pesanti attualmente riportati in legge per i substrati di coltivazione, bisogna tenere presente che tali limiti non sono altro che quelli già definiti per gli ammendanti dell’Allegato 2. Poiché un substrato di coltivazione dovrà essere costituito da una miscela di ammendanti tra quelli inseriti in legge, tutt’al più con aggiunta di concimi (aventi anch’essi limiti prestabiliti negli elementi indesiderati), va da sé che il contenuto in metalli pesanti finali non potrà superare quello dei materiali di partenza: per questa ragione, l’attuale inserimento dei limiti per i metalli pesanti nei substrati di coltivazione appare quanto meno ridondante. In un quadro così complesso, è evidente la necessità che qualsivoglia aggiunta di concimi in forma minerale od organica, a lento rilascio o con proprietà biostimolanti, nonché di correttivi od additivi venga dichiarata dal produttore, in quanto tale aspetto potrebbe influenzare fortemente le modalità di utilizzo del substrato stesso, le sue prestazioni nonché, conseguentemente, il suo specifico campo di applicazione. I metodi di analisi L’ammissione nell’allegato 4 del D. Lgs. 217/2006 dei substrati di coltivazione pone un ulte- 40 Sequi et al. riore problema inerente le modalità di controllo dei prodotti commercializzati, ossia la necessità di disporre di metodi di analisi opportunamente standardizzati proprio per i substrati di coltivazione. A livello europeo, il Comitato Europeo di Normalizzazione (CEN) – Technical Commettee 223 (TC 223) “Soil improvers and growing media”, ha prodotto una serie di specifiche tecniche e metodi di prova per la caratterizzazione degli ammendanti e dei substrati di coltivazione che riguardano le modalità di etichettatura e campionamento, la determinazione di parametri chimico-fisici di qualità (proprietà fisiche, pH, conducibilità, ceneri, sostanza organica, elementi nutritivi, ecc.). Tuttavia, prove interlaboratorio effettuate negli anni recenti confrontando tali metodi con altri usualmente applicati nei laboratori europei hanno evidenziato una situazione piuttosto confusa, o forse addirittura caotica, confermando ancor più la necessità di provvedere ad un serio lavoro di approfondimento a livello comunitario circa i metodi da ritenersi idonei al controllo dei substrati di coltivazione da parte dei laboratori europei accreditati secondo la norma UNI CEI EN ISO IEC 17025: 2005. Peraltro, gli stessi metodi ad oggi disponibili quali norme EN non risultano esaustivi al fine di caratterizzare in maniera completa i substrati stessi: poco si è fatto ad esempio, circa la standardizzazione di uno o più metodi atti alla verifica della stabilità chimica e biologica della componente organica dei substrati, così come non sono state ancora sufficientemente studiate le modalità analitiche per rilevare, nei substrati stessi, elementi e sostanze indesiderate (per es. metalli pesanti, diossine, PCB), derivanti da componenti non dichiarate. Conclusioni A fronte di quanto discusso, ci sembra importante sottolineare una serie di esigenze emergenti: - il ruolo del nostro Paese a livello europeo nella produzione di substrati di coltivazione è in rapida ascesa, tanto da poter presupporre per l’Italia una collocazione fra i paesi europei “leader” in tale ambito commerciale. Su tali presupposti, occorrerebbe incrementare per i prossimi anni l’impegno italiano (purtroppo ancora da realizzarsi su base volontaria) in ambito europeo, sia in relazione al settore normativo che in quello inerente la standardizzazione dei metodi di analisi; - affinché possa realizzarsi un incremento nell’impegno italiano a livello comunitario, sarebbe necessario un maggiore e più organizzato coordinamento a livello nazionale, che permetta di intervenire attivamente e costantemente ai lavori delle Commissioni coinvolte nei processi di normazione; - infine, gli enti di ricerca dovrebbero indirizzare parte delle loro attività alla messa a punto e 41 successiva validazione di metodi di analisi che possano applicabili per la valutazione della qualità di tutte le tipologie di substrato disponibili sul mercato. Pur comprendendo l’estrema complessità del lavoro ancora da svolgere, tuttavia esso si ritiene fondamentale affinché possa realizzarsi la piena corrispondenza tra la trasparenza normativa e la possibilità di un adeguato controllo di qualità di tale tipologia di prodotti. Bibliografia Calabretta ML., Tittarelli F., Trinchera A., Di Bartolomeo E., Giuffrida A., De Simone C., Pierandrei F., Salerno A., Rea E., Intrigliolo F. (2004). Citrus Waste As Matrix For Compost Production. Proceedings of the 10th International Citrus Congress. Agadir, Marocco. 1520 February 2004, pp. 663-667. Colla G., Rouphael Y., Pierandrei F. Rea E., Salerno A., Marucci A., Gusman A. Saccardo F. (2001). Produttività ed accrescimento dello zucchino in fuori suolo su diversi substrati a confronto con la coltivazione su suolo. Atti Convegno “La coltivazione degli ortaggi senza suolo” Italus Hortus, 8(6): 52-54. Decisione 2001/688/CE – Criteri per l’assegnazione di un marchio comunitario di qualità ecologica agli ammendanti del suolo ed ai substrati di coltivazione. Decreto Legislativo 29 aprile 2006, n. 217 “Revisione della disciplina in materia di fertilizzanti, pubblicato sul Supplemento Ordinario n. 64 alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 141 del 20 giugno 2006. De Lucia B., Rea E., Ventrelli A., Pierandrei F., Rinaldi S., Vecchietti L., Ventrelli V. (2006). Substrati alternativi a base di compost per l’allevamento in contenitore di alaterno (Rhamnus alaternus L.), 3° Convegno Nazionale “Piante Mediterranee”. In stampa. Farina E. (2005). Panoramica su substrati per ortofloro vivaismo. Bollettino della Società Italiana della Scienza del Suolo, 54(3):455-460. Legge 19 ottobre 1984, n. 748 “Nuove norme per la disciplina dei fertilizzanti”, pubblicata sul Supplemento Ordinario n. 64 alla Gazzetta Ufficia le della Repubblica Italiana n. 305 del 6 novembre 1984. Lemaire F. (1995). Physical, chemical and biological properties of growing medium. In: Hydroponics and transplant production (Ito T. et al.,Eds.), Proc. Inter. Symp., Kyoto (Japan), March 1995. Acta Horticol., 396:273-284. Raffo A., Salucci M., Azzimi E. Bertone A., Quaglia G.B., La Malfa G., Fogliano V., Graziani Aspetti legislativi per la normazione dei substrati di coltivazione G. (2003). Nutritional characteristics of greenhouse cherry tomatoes. Acta Horticol., 614, Vol. II:681-686. Rampinini G. (2005). Industria dei substrati: aspetti operativi, luci ed ombre. Bollettino della Società Italiana della Scienza del Suolo, 54(3):505509. Rea E., (2005). Panoramica su substrati per la coltivazione in “fuori suolo”. Bollettino della Società Italiana della Scienza del Suolo, 54(3):510-516. Rea E., Salerno A., Pierandrei F. (2002). Prove di allevamento di gerbera (gerbera jamesonii L.) su senza suolo in condizioni di limitata disponibilità di elementi nutritivi. Atti Conv. “Colture floricole fuori suolo: strategie per la riduzione dell’impatto ambientale” Ercolano, novembre 2000, 19:159-162. Schnitzler W.H. e Gruda G.B. (2002). Quality issues of Greenhouse production. In: Protected cultivation in mild winter climate: product and process innovation (La Malfa G. et al., Eds), Proc. Inter. Symp, Ragusa (Italy), 5-8 marzo 2002. Acta Horticol. 614, Vol. II:663-674. Tittarelli F., Trinchera A., Intrigliolo F., Calabretta M.L., De Simone C., Pierandrei F., Rea E. (2003). Production and utilization of compost from citrus wastes of industrial processing. Proceedings of the Fourth International Conference of Organic Recovery & Biological Treatment (ORBIT) Association on Biological Processing of Organics: Advances for a Sustainable Society. 30 April–2 May, Perth (Australia), 1:818-826. Tosco D., Di Donna A., Fontana N. (2000). Colture floricole fuori suolo in Campania: aspetti economici, agro-ambientali e normativi. Atti Convegno “Colture floricole fuori suolo: strategie per la riduzione dell’impatto ambientale” Ercolano, novembre 2000, 19:41-54. UNI CEI EN ISO IEC 17025: 2005 - Requisiti generali per la competenza dei laboratori di prova e di taratura. Vas Os E.A., Stanghellini C. (2001). Diffusion and Environmental Aspects of soilless growing systems. Atti Con. Naz. “La coltivazione degli ortaggi senza suolo”, Mola di Bari, Italia 15-16 novembre 2001, Italus hortus, Vol. 8, 6:9-23. 42 Copyright © by Centro Scientifico Italiano dei Fertilizzanti Valorizzazione dei substrati di coltivazione nazionali mediante adozione di protocolli aziendali Patrizia Zaccheo*, Laura Crippa, Daria Orfeo Dipartimento di Produzione Vegetale, Università degli Studi di Milano, Via Celoria 2, 20133 Milano *Corresponding Author: tel. +390250316536, fax. +390250316521, e-mail: [email protected] Riassunto Il mercato italiano dei substrati di coltivazione ha visto negli ultimi anni la crescita dei prodotti formulati sul territorio nazionale e commercializzati insieme a prodotti esteri, che differentemente da quelli italiani sono frequentemente provvisti di marchi attestanti la qualità o la conformità a standard qualitativi messi a punto da organismi pubblici o privati. Per valorizzare i prodotti nazionali è necessario definire preliminarmente i parametri qualitativi di riferimento, prevedere la pianificazione e ottimizzazione del processo produttivo, e programmare un costante controllo analitico, effettuato dal produttore dei substrati in modo proprio o affidandosi a qualificati laboratori esterni. Con questo obiettivo è stato svolto, nel periodo 2005-2006 in collaborazione con due aziende del settore, uno studio finalizzato alla definizione di procedure in grado di assicurare la produzione di substrati di qualità controllata e garantita. In particolare, è stato analizzato il processo produttivo di quattro substrati di coltivazione a base di torba, ed è stato campionato un numero di lotti di produzione in funzione del volume totale annuo. I parametri analitici più consoni a descrivere la qualità di un substrato (volume commerciale, umidità, pH, conducibilità, porosità totale, porosità libera, volume acqua pF1e pF 1.7, densità apparente) sono stati determinati impiegando i metodi UNI-EN. Al termine del lavoro sono stati redatti quattro Documenti Tecnici, che possono costituire la base per una certificazione volontaria di prodotto. I risultati ottenuti sono stati elaborati statisticamente per valutare la costanza nelle proprietà dei prodotti lungo un anno di produzione. Inoltre, l’osservazione dei dati complessivi ha consentito di valutare la variabilità delle caratteristiche di prodotti costituiti dalla stessa matrice organica. Queste informazioni potranno essere utili per una eventuale definizione di tipologie di prodotti, all’interno della recente normativa dei fertilizzanti che, pur prevedendo la categoria dei substrati di coltivazione, non ne definisce al momento tipi differenti. Parole chiave: substrati di coltivazione italiani, parametri analitici, controllo di qualità, certificazione volontaria Adoption of rules of procedures for the exploitation of Italian growing media Abstract The Italian market for growing media is nowadays shared among national and foreign manifacturers, the latter often providing growing media certified by public and private organisms that control their conformity to quality standard, showed by a quality mark. In order to increase the value of national growing media some rules of procedure must be followed. Firstly the analytical parameters more appropriate to describe the quality of growing media must be identified; then the planning of the industrial process is to be done in order to identify the key steps for the optimization of the production; finally the quality control of the products must be defined, with the analysis of samples representatives of the whole annual production, made by in-house or external laboratories. At this aim a research has been carried out in 2005-2006 by the Department of Crop Production of the University of Milan in cooperation with two companies. In particular, the industrial processes for the production of four peat based growing media constituted by peats alone or mixed with inorganic materials (pumice, perlite) were analyzed and samples from lots of products were chemically and physically characterized. The analytical parameters more appropriate to describe the quality of growing media (umidity, pH, conductivity, total porosity, bulk density, hydrological characteristics and quantity) were determined using EN methods. At the end of the work four Technical Reports were prepared, essential for a certification scheme. All results were statistically analyzed in order to evaluate the fluctuations in chemical and physical properties of the 4 growing media along a year of production. Moreover comparison among the products, made by the same organic material, allows to learn something about the variability in the properties of peat based growing media representative of the Italian products. This knowledge might be very useful in the definition of new types of growing media, in the recently enacted Italian law 217/07. Key words: Italian growing media, analytical parameters, quality control, certification Fertilitas Agrorum 3 (1) 2009 43-49 43 Zaccheo et al. Introduzione Il mercato italiano dei substrati di coltivazione è stato in questi ultimi cinque anni oggetto di grandi mutamenti, conseguenza da un lato della crescente richiesta di prodotti sempre più standardizzati e diversificati in funzione della tecnica di coltivazione delle piante in serra e in vivaio e dall’altro dalla concorrenza di prodotti esteri, spesso maggiormente forniti di specifiche tecniche, suggerimenti d’uso e garanzie di qualità del prodotto. Se si considera che il settore è caratterizzato dalla presenza sul territorio nazionale di un elevato numero di aziende, spesso di dimensioni medio-piccole, che producono con livelli tecnologici molto differenti tra loro, si può comprendere come l’offerta di prodotti nazionali risulti disomogenea e non sempre rispondente alle richieste del mercato. La conoscenza delle caratteristiche e della composizione dei substrati nazionali è affidata a poche informazioni reperibili sulle confezioni dei prodotti e sulle schede tecniche, che tuttavia non rispondono a indicazioni standard, né obbligatorie né su base volontaria. La confusione causata, fino al giugno 2006, dalla necessità di commercializzare i substrati di coltivazione come ammendanti, ha costretto i produttori a indicare per i loro prodotti caratteristiche chimiche e fisiche di scarsa importanza ai fini della valutazione dei prodotti. La recente abrogazione della Legge 19 ottobre 1984, n. 748, sostituita dal Decreto Legislativo 29 aprile 2006, n.217, ha costituito il momento di ufficializzazione dell’esistenza dei substrati di coltivazione, anche se ad oggi resta da compilare l’Allegato 4, che definisce i tipi di substrati ammessi. In un tale contesto economico e normativo, pertanto, si sta facendo sempre più chiara l’esigenza dei produttori italiani di vedere riconosciuti e valorizzati i propri prodotti, anche per vie parallele a quelle indicate dalle nuove normative. Un possibile strumento volontario per raggiungere l’obiettivo della riconoscibilità da parte del mercato di standard qualitativi è rappresentato dalla certificazione di prodotto, che attesta la conformità del prodotto a requisiti preventivamente specificati. Questi possono riguardare sia le caratteristiche del prodotto sia le modalità di produzione e commercializzazione dello stesso, e sono definiti in norme tecniche descritte in opportuni protocolli messi a punto da organismi di certificazione (enti, associazioni, ecc.). La predisposizione di un iter certificativo prevede una fase di messa a punto dello schema di certificazione, con la definizione dei requisiti che i prodotti devono soddisfare, la definizione delle modalità di verifica e controllo della conformità a suddetti requisiti, e la validazione dello schema elabora- 44 to. Successivamente, lo schema di certificazione viene applicato ai prodotti, con una loro valutazione iniziale, una attestazione visibile di conformità e una fase di sorveglianza del mantenimento della conformità. L’attestazione visibile della conformità può essere rappresentata da un marchio che indica in modo semplice e chiaro la rispondenza del prodotto ai requisiti coperti dal marchio stesso. Applicazione di un protocollo gestionaleanalitico per i substrati colturali a base di torba Nel 2005-2006 il Dipartimento di Produzione Vegetale dell’Università degli Studi di Milano ha condotto, in collaborazione con due aziende produttrici, una ricerca dal titolo “Applicazione di un protocollo gestionale-analitico per i substrati colturali a base di torba”, nel corso della quale è stato messo a punto e applicato a quattro prodotti commerciali uno schema di certificazione articolato in sei fasi: 1. 2. ACQUISIZIONE DELLE INFORMAZIONI che identificano il prodotto (volume/anno prodotto, periodo di produzione, volumi lavorati giornalmente, costituenti principali, provenienza delle materie prime) PIANIFICAZIONE DEL SISTEMA DI GESTIONE: redazione di schede di gestione materie prime e prodotto 3. REDAZIONE DI FTP (fascicolo tecnico di produzione) 4. CAMPIONAMENTO dimensionato sulla base del volume annuo prodotto (EN 12579) ; 5. CARATTERIZZAZIONE ANALITICA: Umidità (EN 13040), pH (EN 13037), Conducibilità (EN 13038), Porosità totale (EN 13041), Porosità libera (EN 13041),Volume acqua pF1, pF 1.7 (EN 13041), Densità apparente (EN 13041),Volume commerciale (EN 12580) 6. STESURA DI UN DOCUMENTO TECNICO FINALE contenente il Fascicolo Tecnico di Produzione, tutti i risultati analitici ottenuti e l’analisi statistica dei dati raccolti. La tipologia di prodotti ai quali applicare il protocollo (“substrati colturali a base di torba”) è stata scelta per la sua ampia diffusione, soprattutto tra i prodotti destinati al settore professionale, e perché la valorizzazione di substrati all’interno di categorie ristrette, identificate sulla base dei costituenti, può rappresentare una ulteriore garanzia di qualità. In dettaglio, i prodotti ai quali è stato applicato il protocollo sono stati: Valorizzazione dei substrati di coltivazione nazionali mediante adozione di protocolli aziendali T1 miscela di torba bruna e bionda, integrata da una piccola quota di argilla. Il substrato e` completato da una concimazione NPK a lento rilascio e da aggiunta di correttivo calcico. T2 miscela di torba bionda e bruna, con aggiunta di carbonato di calcio e magnesio e concime minerale NPK. T3 miscela di torbe bionde a differente pezzatura, con aggiunta di perlite, carbonato di calcio e magnesio, concime minerale NPK. T4 miscela di torbe, pomice, argilla. Il substrato è completato da una concimazione NPK + microelementi e da aggiunta di correttivo calcico. Le informazioni necessarie alla stesura del Fascicolo Tecnico di Produzione sono state raccolte direttamente presso le aziende, unitamente al prelievo di campioni rappresentativi di lotti di produzione dei quattro prodotti. I campioni sono stati analizzati per le caratteristiche che meglio descrivono la qualità dei substrati, adottando le relative metodiche EN. I dati analitici sono stati valutati sia nel loro valore medio, confrontato con quanto atteso o quanto dichiarato dal produttore, sia soprattutto nei loro valori individuali, utili per la descrizione di una variabilità delle caratteristiche nel corso di un anno di produzione. La costanza nelle proprietà di un substrato, infatti, costituisce elemento base per la sua certificazione di qualità, e fino ad ora si disponeva di scarse informazioni relative alle oscillazioni possibili nei parametri analitici (Zaccheo et al., 2005). Tali oscillazioni possono essere causate da molteplici fattori (approvvigionamento di materie prime in diverse forniture, variazioni di processo di produzione, fattori ambientali, analisi effettuate in laboratori diversi..), e la loro conoscenza consente di prevedere, con un ristretto margine di errore, tutti i valori possibili che il parametro può assumere negli universi studiati (ad esempio nella intera produzione annuale, o nell’intera produzione commercializzata con una tipologia di materia prima,ecc.). In taluni casi è possibile contenere la variabilità (attraverso interventi sul processo produttivo, controlli delle materie pri- me ecc.) ma risulta già molto utile la sua conoscenza e indicazione. Studio della variabilità delle caratteristiche qualitative di quattro substrati del commercio, nel corso di un intero anno di produzione (giugno 2005-luglio 2006). Un punto nodale di uno schema di certificazione di substrati di coltivazione è la definizione di intervalli di valori all’interno dei quali si deve collocare la variabilità di un prodotto certificato. Non esiste infatti un substrato di coltivazione ideale, ma un substrato adatto per le diverse esigenze (di pianta, di tecnica colturale), e quindi è indispensabile che venga fornita, con il prodotto, una informazione completa circa le sue caratteristiche e proprietà. In tal senso è importante che ciascun parametro analitico dichiarato sia accompagnato dalla sua incertezza (probabilità che il dato vero ricada in un intervallo di valori) e che un substrato certificato sia accompagnato da una variabilità contenuta, nei limiti delle reali possibilità. Nasce da ciò l’importanza di uno studio conoscitivo delle realtà aziendali italiane, per identificare la variabilità associata a ciascun parametro in una situazione reale. Di seguito si riportano alcuni tra i risultati ottenuti per i quattro prodotti esaminati presso il Laboratorio Substrati del DiProVe, scelti sulla base del grado di variabilità associato al parametro indagato. Parametro a elevata variabilità: conducibilità elettrica (Tab.1, Fig.1) Il valore della conducibilità elettrica di un substrato risente sia delle materie prime costituenti il substrato, sia del grado di solubilizzazione dei correttivi e dei concimi aggiunti, dipendente a sua volta da fattori diversi quali umidità, temperatura e tempo intercorso tra la preparazione e l’analisi del materiale. Inoltre, l’eventuale presenza di concimi a lento effetto può ulteriormente aumentare la variabilità del dato. 45 Zaccheo et al. Figura 1. Conducibilità elettrica: valori riscontrati nei lotti analizzati di ciascun prodotto Figure 1. Electrical conductivity: data from batches of each studied growing media Tabella 1. Conducibilità Elettrica: statistiche descrittive Table 1. Electrical conductivity : descriptive statistics Media Deviazione std Coefficiente di variazione n. campioni mS/m mS/m % T1 T2 T3 T4 75.3 18.6 27.6 7.0 25.3 9.8 57.8 9.1 25 25 39 16 10 13 6 29 Tutto questo spiega i valori elevati del coefficiente di variabilità (mediamente 26%), benché il dato relativo al substrato T3 debba essere considerato eccessivo, ed è probabilmente da imputare al numero ridotto di campioni che sono stati analizzati. Quando la dimensione del campionamento è esigua, infatti, la presenza anche di un solo dato anomalo 46 può influenzare fortemente la variabilità complessiva. Ai fini di un controllo di qualità del prodotto, è pienamente giustificato determinare la conducibilità su tutti i lotti di produzione, e, nell’ottica di limitare la variabilità ad esso associate, è necessario individuare i punti deboli del processo di miscelazione e/o di inumidimento dei materiali. Parametro a ridotta variabilità: porosità totale (Tab.2, Fig. 2) La variabilità della porosità totale è praticamente nulla, in quanto le oscillazioni rilevate sono di piccolissima entità rispetto al valore medio. Trattandosi di prodotti nei quali la torba rappresenta il componente volumetricamente predominante, infatti, la sua densità apparente imprime al materiale una elevata e costante porosità. L’analisi non richiede pertanto di essere ripetuta frequentemente nel corso della stagione produttiva, con un evidente risparmio di tempo e di costi. Valorizzazione dei substrati di coltivazione nazionali mediante adozione di protocolli aziendali Tabella 2. Porosità totale: statistiche descrittive Table 2. Total porosity : descriptive statistics T1 T2 T3 T4 Media % 91.9 93.1 93.9 88.3 Deviazione std % 0.7 1.1 1.0 1.1 Coefficiente di variazione n. campioni % 0.7 1.2 1.1 1.3 10 13 6 28 Confronto tra le variabilità dei parametri analitici (Fig.3) Analizzando le variabilità relative a tutti i parametri considerati, non depurati di dati anomali, si osserva una dipendenza della variabilità dal tipo di parametro, più che dal prodotto esaminato, ad eccezione di alcuni casi, come la conducibilità per T3, le ceneri per T1, AFD per T4 e aria a pF 1 per T1, per lo più riconducibili alla presenza nel set di osservazioni, di valori anomali. Va considerato, tuttavia, che la presenza di dati anomali non è da imputare a problemi di tipo analitico, ma a condizioni di produzione (errati dosaggi volumetrici, malfunzionamento del nastro trasportatore, errori di caricamento delle materie prime, ecc.), che hanno determinato un prodotto non conforme. I parametri che appaiono variare maggiormente nel corso dell’anno di indagine sono la conducibilità e il tenore in ceneri, la prima per l’effettiva variabilità del contenuto in sali solubili, la seconda in relazione alla dimensione del dato; infatti, appare chiara una dipendenza delle oscillazioni dall’entità delle ceneri, che quando, come nel substrato T1, sono basse (14%), sono associate al maggior grado di variabilità. Le caratteristiche fisiche maggiormente utili a prevedere il comportamento dei prodotti (aria a pF1 e 1.7 e AFD) hanno mostrato valori più fluttuanti nei prodotti ad alta predominanza minerale (T4) o interamente a base di torba (T1) (Fig.4). Lo studio della variabilità associata ai parametri analitici può portare a una più completa scheda informativa di cui potrebbe disporre l’utilizzatore di substrati, soprattutto nel caso di una certificazione di prodotto, come esemplificato in tab.3. Accompagnando il valore medio dei differenti parametri analizzati con la variabilità ad essi associata si consente infatti una valutazione più precisa delle potenzialità e dei limiti di adattamento del substrato alla specie coltivata e alle tecniche colturali adottate. Comparazione tra i prodotti I quattro substrati presi in esame sono a base di torba, da sola o con l’aggiunta di diverse tipologie di composti minerali, e provengono da due aziende di produzione; il confronto tra i valori medi dei parametri analitici fornisce una utile, seppur limitata, informazione circa questa tipologia di prodotti presenti sul mercato italiano. Come mostrato in Fig.4, i prodotti si differenziano maggiormente per il grado di reazione e la conducibilità, conseguenza della differente aggiunta di correttivi e concimi, nonché, per il prodotto T4, della elevata presenza di pomice. Tale substrato, inoltre, rivela una maggiore densità apparente secca e minore umidità. I substrati esaminati, di contro, non si differenziano per quanto riguarda le proprietà idrologiche. 47 Zaccheo et al. Figura 2. Porosità totale: valori riscontrati nei lotti analizzati di ciascun prodotto Figure 2. Total porosity: data from batches of each studied growing media Figura 3. Variabilità dei parametri analitici nei substrati di coltivazione esaminati, espressa come coefficiente di variazione percentuale (CV%) Figure 3. Variability of the analitycal parameters in the studied growing media (coefficient of variation CV%) 48 Valorizzazione dei substrati di coltivazione nazionali mediante adozione di protocolli aziendali Figura 4. Valori medi e intervallo di confidenza della media per i substrati esaminati Figure 4. Mean values and mean confidence intervals for the studied growing media Considerazioni conclusive Lo studio effettuato contribuisce a creare una prima conoscenza della qualità dei substrati di coltivazione di produzione nazionale, attraverso i dati analitici ottenuti seguendo per un anno la produzione di quattro substrati a base di torba. I dati relativi ai valori medi e alla variabilità delle caratteristiche analitiche, infatti, solitamente rimangono negli archivi dei laboratori delle aziende, e sono per lo più limitati ai quei parametri di semplice e rapida determinazione, e di importanza pratica per il controllo del prodotto in uscita (pH e conducibilità, soprattutto). Inoltre, i metodi analitici non sempre sono scelti sulla base di indicazioni di organismi ufficiali e la qualità del dato analitico è raramente controllata con test interlaboratorio o con controlli interni. La peculiarità del presente lavoro deriva dal fatto che i campionamenti, le analisi e le elaborazioni successive sono procedure effettuate nello stesso laboratorio, con identiche metodologie e i risultati ottenuti sono pertanto comparabili tra loro. In particolare, è stato possibile effettuare lo studio della variabilità di ciascun substrato nei lotti campionati durante l’anno di produzione, e confrontare le variabilità ottenute per i diversi parametri nei quattro prodotti diversi. Le informazioni ottenute possono essere di aiuto al produttore, che può individuare i punti deboli del processo, sui quali intervenire nel caso volesse aumentare la costanza del prodotto, ma anche al legislatore, nel momento in cui dovrà stabilire dei limiti, e delle tolleranze ad essi associate, sui parametri analitici che potranno essere dichiarati obbligatori ai sensi del nuovo decreto legislativo 217/2006. Ringraziamenti Lo studio è stato possibile per la collaborazione fattiva delle aziende Terflor s.n.c e Turco Silvestro s.n.c., che hanno fornito i materiali e hanno finanziato la ricerca. Bibliografia Zaccheo P., L.Crippa, D. Orfeo, V. Messa, P. L. Genevini. (2005). Variabilità nelle caratteristiche delle torbe in commercio. Informatore Agrario, 35: 27-30. 49 Copyright © by Centro Scientifico Italiano dei Fertilizzanti Caratterizzazione agronomica dei substrati di coltivazione: metodologie ed esperienze a confronto Alessandro Pozzi*, Massimo Valagussa MAC – Minoprio Analisi e Certificazioni S.r.l. – V.le Raimondi, 54 – 22070 Vertemate con Minoprio (Como) *Corresponding author: tel. +39031887127, fax +39 031887834, e-mail: [email protected] Riassunto La caratterizzazione agronomica di un substrato di coltivazione passa attraverso la conduzione di specifiche prove di laboratorio che hanno lo scopo di valutare le principali proprietà chimiche e fisiche delle matrici oggetto di approfondimento. La stesura e la successiva ratifica da parte della commissione tecnica CEN/TC 223 di metodi europei per la definizione delle suddette caratteristiche ha posto il problema della diffusione, dell’applicazione e del confronto tra le metodiche e gli esecutori dei metodi stessi. Il confronto tra le principali metodologie applicate sul territorio nazionale e le nuove norme europee ha evidenziato differenze in relazione agli aspetti procedurali, diversità nell’espressione dei risultati e aspetti di criticità delle singole metodiche, non solo relativamente la valutazione delle caratteristiche chimico-fisiche della matrice, ma anche in relazione ad aspetti salienti del processo analitico, quali ad esempio il campionamento, o ancora, relativamente la definizione del volume commerciale. La partecipazione del laboratorio MAC a un programma di ring test internazionale sulle norme CEN/TC 223, nonché l’organizzazione da parte dello stesso di un analoga iniziativa nazionale, ha inoltre permesso di valutare, per gli esecutori dei metodi, l’importanza di agire sulla base dell’esperienza e della necessità del confronto e dello scambio di informazioni tra centri di analisi al fine di comprendere gli errori commessi e rendere minima l’incertezza legata al dato analitico finale. Parole chiave: proprietà chimiche, proprietà fisiche, norme europee, programmi di ring test Agronomic characterization of growing media: a comparison between laboratory tests and experiences Abstract The agronomic characterization of growing media is carried out through laboratory tests that have the aim of evaluating the most important chemical and physical properties of raw materials. The writing and endorsement of European methods for soil improvers growing media by the Technical Committee CEN/TC 223 has brought up the issue of diffusion, application and comparison between different standards and laboratories. A comparison between principal methods used in Italy and new European standards has showed differences in the working modalities as well as results expression and critical aspect, not only regarding chemical and physical tests, but also about sampling and commercial volume measure. The participation of laboratory MAC to the international interlaboratory trial for the CEN/TC 223 analysis of growing media and soil improvers as well as the organization of a similar national program has enabled us to understand the importance of working on the base of experience and comparison, in order to evaluate possible outliers and understate the uncertainty linked to final analytical results. Key words: chemical properties, physical properties, european standards, inter-laboratory trials Introduzione La valutazione delle caratteristiche agronomiche dei substrati colturali viene condotta mediante l’effettuazioni di prove di laboratorio che hanno l’obiettivo di mettere in luce le proprietà fisiche e chimiche della matrice analizzata. Tali caratteristiche nulla hanno a che fare con i parametri di legge, fissati dal recente D.Lg. n° 217 del 29 aprile 2006 Fertilitas Agrorum 3 (1) 2009 50-55 (revisione della Legge 748/84) per i substrati di coltivazione, o per gli ammendanti compostati (categoria di legge nella quale ancora oggi tali prodotti vengono inseriti in attesa della stesura dell’allegato relativo ai substrati di coltivazione) e relativi a caratteristiche di sanità e stabilità delle matrici. La definizione delle proprietà chimiche di un substrato di coltivazione permette la valutazione 50 Pozzi e Valagussa delle capacità nutrizionali di un prodotto nei confronti della coltura che intende ospitare o già ospita. Gli elementi minerali indispensabili alla vita della pianta vengono sottratti dagli organismi vegetali alla fase liquida trattenuta nei pori della fase solida della matrice utilizzata come substrato. Tale valutazione risulta importante, anche se la concimazione permette di modificare il contenuto di elementi minerali solubili nel substrato in relazione ai fabbisogni specifici della coltura. La valutazione delle caratteristiche fisiche di un substrato di coltivazione risulta invece di fondamentale importanza per la corretta gestione del ciclo colturale e per il successo delle produzioni finali. Tali caratteristiche sono, a differenza di quelle chimiche, intrinseche della matrice considerata, quindi non modificabili nel corso della fase di coltivazione. La completa definizione delle caratteristiche di un substrato in coltivazione può inoltre prevedere la conduzione di specifiche prove di campo (o di serra), allo scopo di testare direttamente su materiale vegetale il comportamento della matrice. La caratterizzazione agronomica di un substrato ha lo scopo di individuarne il migliore utilizzo in coltivazione, ottimizzando le produzioni finali. Non esiste pertanto un substrato ottimale, ma un sistema ideale costituito da una matrice con caratteristiche idonee alla specie coltivata e alla tecnica di coltivazione adottata, come ad esempio la modalità di somministrazione della soluzione nutritiva, la forma e il volume del vaso. Caratterizzazione agronomica dei substrati di coltivazione La prima fase del processo analitico è costituita dal campionamento, cioè dalla definizione di una quantità rappresentativa di prodotto da indirizzare alle prove di laboratorio. Tale operazione richiede particolare attenzione da parte dell’operatore e risulta assai delicata in quei casi in cui il prodotto finale risulta disomogeneo, costituito da una miscela di materie prime di caratteristiche, granulometria e contenuto percentuale diverso. Per far fronte a tali difficoltà e garantire un grado di accuratezza sufficiente ad assicurare la rappresentatività del campione, sono stati fissati alcuni standards a livello nazionale ed europeo. In Italia indicazioni per il campionamento sono fornite in riferimento agli ammendanti compostati dall’Istituto per le Piante da Legno e l’Ambiente (IPLA) – Regione Piemonte nella pubblicazione “Metodi di analisi dei compost – determinazioni chimiche, fisiche, biologiche e microbiologiche” (1998); a livello europeo la norma CEN/TC 223 di riferimento risulta la EN 12579. 51 Entrambi i metodi definiscono il numero dei punti di campionamento, almeno 7 per la metodica IPLA, variabili, in relazione al volume totale della massa da campionare, per la metodica EN 12579. I sottocampioni sono riuniti e miscelati nel campione da avviare al laboratorio; variano le quantità finali, circa 3 kg secondo IPLA e 5 litri per ognuna delle tipologie di analisi (chimica, fisica) per l’EN 12579. Relativamente alla caratterizzazione chimica dei substrati di coltivazione, le metodologie analitiche principalmente utilizzate dai laboratori italiani sono ad oggi due, una di vecchia introduzione (1974), il metodo di Sonneveld, l’altra di recente approvazione, il complesso di norme CEN/TC 223. Queste ultime sono state formalizzate (tra il 1999 e il 2001) e ratificate all’interno del Comitato Europeo per la Standardizzazione (CEN), dalla Commissione Tecnica 223, con lo scopo di definire e sviluppare metodi di riferimento per la determinazione delle proprietà chimico-fisiche di materie prime e prodotti finiti utilizzati quali substrati di coltivazione. Le differenze tra le due metodologie risiedono in una diversa definizione del volume di prodotto da estrarre in soluzione e in un differente rapporto di estrazione del substrato in acqua demineralizzata. Il metodo di Sonneveld prevede, in relazione al primo aspetto, la preliminare empirica valutazione del grado di umidità del campione (umidità valutata al tatto); il metodo En 13652 prevede invece la determinazione della densità apparente di laboratorio (“laboratory compacted bulk density”) secondo la norma EN 13040. Tale norma consente di misurare in condizioni standardizzate (i substrati sono materiali comprimibili) il peso specifico apparente del campione tal quale come pervenuto presso il centro di analisi. In relazione al rapporto di estrazione, il metodo di Sonneveld prevede una minore diluizione rispetto al metodo EN (1:1,5 il primo, 1:5 il secondo), ciò porta a risultati assai differenti, che necessitano di specifiche considerazioni. Principale aspetto di criticità relativo al metodo di Sonneveld risulta proprio l’empirica definizione del grado di umidità iniziale dove, pur a fronte di una metodica chiara, l’attività di laboratorio porta spesso all’eccessiva semplificazione di tale valutazione. Il metodo EN, mediante la valutazione della densità apparente di laboratorio permette di far fronte a tale problema; tuttavia la maggior diluizione dell’estratto rende il metodo, come è ovvio, meno sensibile e potrebbe, pertanto, essere meno preciso per substrati relativamente poveri di elementi nutritivi ed in generale per i microelementi. Caratterizzazione agronomica dei substrati di coltivazione: metodologie ed esperienze a confronto Relativamente alla caratterizzazione fisica dei substrati di coltivazione, è necessario chiarire il principio fisico su cui si basano i metodi. Un substrato di coltivazione risulta costituito da un sistema trifasico, una fase solida che assicura l’ancoraggio dell’apparato radicale e garantisce la stabilità della pianta, una fase liquida che assicura alla pianta l’approvvigionamento idrico e nutritivo e una fase gassosa che permette la respirazione radicale e la vita della flora microbica. I metodi analitici ad oggi utilizzati si basano sullo stesso principio fisico, quello per cui in un sistema trifasico si determina un equilibrio tra le forze agenti sulla massa idrica. I metodi si differenziano solo per gli strumenti utilizzati, i risultati ottenuti sono pertanto similari. Ad oggi le metodiche utilizzate in laboratorio per la determinazione dei principali parametri fisici sono il metodo De Boodt e il metodo EN 13041. Il metodo De Boodt prevede l’utilizzo di imbuti di vetro con setto poroso in materiale ceramico e rubinetto a due vie, collegati ad un sistema di tubi tramite il quale si imposta la forza di suzione desiderata. Tale sistema permette di definire, a partire dalla completa imbibizione del campione, il contenuto d’acqua a tensioni crescenti di 10, 50 e 100 centimetri di colonna d’acqua. La determinazione della densità apparente e della porosità totale viene condotta mediante il ricorso ad un apposito bacino di sabbia tensiometrico. Il metodo EN 13041 nella sua “final version” prevedeva di sottoporre il campione di substrato alla sola forza di suzione di 10 centimetri di colonna d’acqua (pF1), limitandosi a valutare la capacità di ritenzione idrica ed il volume d’aria a pF1 (10 cm di colonna d’acqua). La CEN/TC 223 ha successivamente riconosciuto l’importanza della curva di ritenzione idrica estendendo le misure del contenuto idrico del substrato a pF 1,7 e pF 2 (50 e 100 cm di colonna d’acqua). Il metodo EN 13041 si applica facendo ricorso per la determinazione di tutti i parametri fisici ad un apposito bacino di sabbia tensiometrico. Per il metodo De Boodt risulta critica la standardizzazione dei setti porosi degli imbuti a due vie, in relazione alla possibile parziale occlusione dei pori legata al continuo riutilizzo degli imbuti in laboratorio, nonché alcuni aspetti procedurali quali l’imbibizione del campione dall’alto che causa una successiva disomogenea precipitazione degli aggregati (stratificazione). Un parametro non qualitativo ma certamente di primaria importanza, spesso controverso, legato alla commercializzazione di un substrato di coltivazione è la definizione del suo volume apparente (volume commerciale). Per le caratteristiche di tali materiali i fattori che incidono su tale parametro sono il grado di compressione, la forma dei recipienti di misura e la densità di stratificazione del prodotto all’interno di questi ultimi. Anche in questo caso si pone l’attenzione su due differenti metodologie: la norma tedesca DIN 11540 “Peats and peat products for horticulture and horticultural and agricultural engineering - test methods, properties, specifications” e il metodo EN 12580 “Soil improvers and growing media – determination of a quantity”. La prima prevede un dissodamento mediante setaccio con maglie da 16 mm e l’utilizzo di un recipiente di misura a forma di parallelepipedo retto della capacità di 40 litri; la seconda il ricorso a tre setacci con maglie differenti, 20, 40 e 60 mm, in funzione della granulometria del prodotto (fine, media e grossa) e un recipiente di misura cilindrico della capacità di 20 litri. Le maglie di maggiori dimensioni utilizzate per il metodo EN provocano un minore dissodamento della matrice analizzata; inoltre la forma cilindrica del recipiente misuratore provoca una densità di stratificazione maggiore e più omogenea nel corso del riempimento. Di conseguenza si ottiene un aumento del peso specifico apparente del prodotto e quindi una diminuzione del volume apparente rispetto a quello ottenuto con la norma DIN. Evidenti le ripercussioni di tale cambiamento sul mercato, ove l’utilizzatore finale vede modificata al ribasso l’indicazione sul sacco del volume, pur ritrovando all’interno di quest’ultimo la stessa quantità di prodotto fornita. Interpretazione delle analisi chimico-fisiche L’interpretazione dei risultati analitici è un’operazione complessa che richiede un buon grado di competenza ed esperienza da parte del tecnico preposto, anche per la possibilità di un duplice approccio. Uno più complesso che tiene in considerazione differenti fattori valutando sempre il sistema vaso/specie colturale ed uno più semplice che valuta il substrato indipendentemente dagli altri fattori di produzione lasciando a posteriori successive considerazioni sul sistema. In tabella 1 e tabella 2 vengono riportate le griglie di interpretazione dei risultati, relative alla seconda possibilità che, va sottolineato, non preclude la valutazione a posteriori del sistema “vaso/specie colturale”, ma permette di semplificare l’attività del laboratorio. I giudizi espressi non devono essere intesi quali categorie di merito, bensì quali classi di dotazione, da valutare in relazione alla composizione del substrato. 52 Pozzi e Valagussa Tabella 1. Guida all’interpretazione dei principali parametri chimici dei substrati colturali (metodo di Sonneveld). Table 1. Interpretation guideline to the chemical properties of growing media (Sonneveld method). PARAMETRO basso normale EC mS/cm < 0,6 0,6 – 1,5 N-NO3 (mg/l) < 40 40 – 80 N-NH4 (mg/l) < 25 25 – 35 K (mg/l) < 12 12 – 43 Na (mg/l) < 40 40 – 60 Ca (mg/l) < 40 40 – 80 Mg (mg/l) < 25 25 – 45 Cl (mg/l) < 60 < 60-100 SO4 (mg/l) < 115 115 – 150 P2O5 (mg/l) < 50 50 – 70 Fe (mg/l) < 0,1 0,1 - 1,4 Mn (mg/l) < 0,01 0,01 - 0,3 Zn (mg/l) < 0,01 0,01 – 0,3 B (mg/l) < 0,01 0,01 – 0,3 Cu (mg/l) < 0,01 0,01 – 0,06 Mo (mg/l) < 0,01 0,01 – 0,05 Fonte MAC – Minoprio Analisi e Certificazioni S.r.l. (valori riferiti all’estratto acquoso) alto > 1,5 > 80 35 43 – 70 > 60 > 80 > 45 > 100 > 150 > 70 > 1,4 > 0,3 > 0,3 > 0,3 > 0,06 > 0,05 Tabella 2. Guida all’interpretazione dei principali parametri chimici dei substrati colturali (metodo En 13652). Table 2. Interpretation guideline to the chemical properties of growing media (EN 13652 method). PARAMETRO basso normale EC mS/m < 20 20 – 50 N-NO3 (mg/l) < 11 11 – 23 N-NH4 (mg/l) <8 8 – 12 K (mg/l) <4 4 – 14 Na (mg/l) < 11 11 – 16 Ca (mg/l) < 10 10 – 19 Mg (mg/l) <6 6 – 10 Cl (mg/l) < 18 18 – 30 SO4 (mg/l) < 35 35 – 45 P2O5 (mg/l) < 14 14 – 19 Fe (mg/l) < 0,1 0,1 – 0.5 Mn (mg/l) < 0,01 0,01 - 0,1 Zn (mg/l) < 0,01 0,01 – 0,1 B (mg/l) < 0,01 0,01 – 0,1 Cu (mg/l) < 0,01 0,01 – 0,03 Mo (mg/l) < 0,01 0,01 – 0,02 Fonte MAC – Minoprio Analisi e Certificazioni S.r.l. (valori riferiti all’estratto acquoso) 53 alto > 50 > 23 12 14 – 23 > 16 > 19 > 10 > 30 > 45 > 19 > 0,5 > 0,1 > 0,1 > 0,1 > 0,03 > 0,02 Caratterizzazione agronomica dei substrati di coltivazione: metodologie ed esperienze a confronto L’analisi chimica dei substrati di coltivazione risulta legata a minori fattori variabili rispetto la fisica (sostanzialmente alla coltura ed alla materia prima, torba, compost, etc.), anche se il differente rapporto di diluizione dei due metodi indicati, il metodo di Sonneveld (tab. 1) ed il metodo EN 13652 (tab. 2), pone un problema di confronto dei risultati ottenuti. Particolarmente delicata risulta invece l’interpretazione dei parametri fisici (tab. 3), poiché la qualità di un substrato, cioè la capacità del prodotto di ospitare una coltura garantendo non solo l’ancoraggio ma anche lo sviluppo e la respirazione radicale e l’assorbimento di elementi nutritivi, dipende da diversi fattori, tra cui la specie coltivata e la tecnica di coltivazione con particolare riferimento alle modalità di irrigazione e fertirrigazione. Tabella 3. Guida all’interpretazione dei principali parametri fisici dei substrati colturali (metodo De Boodt – metodo EN 13041). Table 3. Interpretation guideline to the physical properties of growing media. leggero basso normale pesante elevato densità apparente (kg/m3) < 60 60–250 250 porosità totale (%v/v) < 80 80–95 > 95 volume d’aria a pF1 (%v/v) < 15 15–35 > 35 volume d’acqua a pF1 (%v/v) < 50 50–80 > 80 volume d’acqua facilmente disponibile (%v/v) < 30 30–40 > 40 PARAMETRO Fonte MAC – Minoprio Analisi e Certificazioni S.r.l. Come anticipato nel paragrafo relativo alle analisi fisiche l’applicazione dei due metodi indicati, il metodo De Boodt ed il metodo EN 13040, restituiscono valori identici, essendo entrambi i metodi basati sullo stesso principio fisico. Esperienze di confronto tra laboratori sull’applicazione delle norme CEN/TC 223 A livello europeo a partire dal 2000 sono stati organizzati, sotto la direzione dell’istituto Applied Plant Research dell’Università di Wageningen in Olanda, quattro successivi programmi di ring test per le analisi di substrati colturali e ammendanti compostati, che hanno visto la partecipazione di la- boratori europei ed extraeuropei, impegnati nel confronto sulle norme CEN/TC 223. Il programma ha preso avvio a fronte dell’esigenza di diffusione, di applicazione e confronto tra i laboratori di tali metodi, messi a punto e ratificati dalla CEN/TC 223 tra il 1999 e il 2001, ma fino a quel momento testati su piccola scala. La prima edizione risultò assai limitata nei contenuti (ristretta alla sola analisi fisica) e solo nel 2002 il programma assunse la connotazione attuale. A partire dal 2004, a seguito di uno specifico emendamento CEN, l’analisi fisica si completò della curva di ritenzione. Il laboratorio MAC ha partecipato attivamente al programma fin dal 2002, per tre edizioni successive, l’ultima nel corso del 2006. In un rapporto pubblicato su Soil Science and Plant Analysis da De Kreij C. e Wever G. dal titolo “Proficiency testing of growing media, soil improvers, soil and nutrient solutions” in cui si analizzano nel complesso i risultati dei successivi programmi di ring test, gli autori puntualizzano come le metodiche CEN/TC 223, anche se in apparenza di semplice attuazione, nascondono in realtà un buon grado di incertezza. I successivi programmi di ring test hanno messo in luce una serie di errori procedurali e strumentali che hanno portato all’espressione di dati outliers e di valori non statisticamente correlati. In particolare i ricercatori olandesi hanno evidenziato maggiori problematiche sulla valutazione delle caratteristiche chimiche, legate ad errori intercorsi nella fase di estrazione dei campioni. L’inesperienza, a detta dei ricercatori olandesi, sembra essere la primaria fonte di errore e a tal proposito essi stessi auspicavano a livello europeo la costituzione di un sistema di certificazione per gli esecutori del metodo. Nell’inverno del 2006 MAC ha organizzato un ring test nazionale sulle stesse tematiche già affrontate a livello europeo; il numero di partecipanti (3), identificati nel corso del 2005, è stato esiguo. La proposta ha perseguito lo scopo primario di istituire un percorso di confronto, di discussione tecnico a livello nazionale sulle norme CEN/TC 223. I risultati ottenuti rispecchiano in termini generali quanto già espresso a livello europeo. Il ring test italiano ha mostrato, a differenza di quest’ultimo, una maggiore incidenza di dati outliers sui parametri fisici, in particolare in relazione alla definizione dei volumi di acqua e di aria a tensioni elevate. Il laboratorio MAC ha inoltre partecipato nel corso del 2005 ad uno specifico programma di ring test sulla identificazione della granulometria dei substrati di coltivazione (suddivisione in classi dimensionali delle particelle costituenti). Si trattava di una seconda edizione a seguito dell’annullamento di una prima per i numerosi errori registrati nei risulta- 54 Pozzi e Valagussa ti, dovuti a problemi intercorsi nella fase di campionamento in laboratorio. Tale aspetto sottolinea pertanto l’importanza per gli esecutori dei metodi di agire sulla base dell’esperienza, nonché la necessità di confronto allo scopo di comprendere gli errori commessi e minimizzare l’incertezza legata al risultato analitico. Bibliografia AA.VV. 1999-2001 – CEN/TC 223 Ammendanti e substrati di coltivazione. Norme Uni-En. De Boodt M., Verdonck O., Cappaert I. 1974 Method for measuring the Water release curve 55 of organic substrates. Acta Horticolturae, 37: 2054-2062. De Kreij C., Wever G. 2005. Proficiency testing of growing media, soil improvers, soil, and nutrient solutions. Soil Science and Plant Analysis, 36: 81-88. Sonneveld C., Ende J. 1974. Analysis of growing media by means of a 1:1,5 volume extract. Comm. Soil Sci. Plant Anal., 5: 183-202. Pozzi A., Valagussa M. 2005. Orientarsi nel mondo dei substrati di coltivazione. Quaderni per l’agricoltura sostenibile. Regione Lombardia – Agricoltura. Copyright © by Centro Scientifico Italiano dei Fertilizzanti Impiego dei biosaggi vegetali nella caratterizzazione dei substrati di coltivazione Laura Crippa*, Patrizia Zaccheo, Daria Orfeo Dipartimento di Produzione Vegetale - Università degli Studi di Milano - Via Celoria 2, 20133 Milano *Corresponding Author: Laura Crippa Tel. +390250316536 Fax. +390250316521, e-mail [email protected] Riassunto L’introduzione dei biosaggi vegetali tra le determinazioni utili alla valutazione della qualità dei substrati di coltivazione, risponde ad esigenze di conoscenza dei materiali che le analisi chimiche o fisiche routinarie non sono in grado di soddisfare. In questa ottica si propone l’applicazione dei biosaggi in senso positivo e innovativo, quindi non per evidenziare aspetti legati alla fitotossicità, ma per fornire una risposta rapida e predittiva sull’attitudine di un prodotto a sostenere lo sviluppo delle piante nel breve e nel lungo periodo. Tale capacità è strettamente legata alle caratteristiche fisico-idrologiche dei materiali e per quanto riguarda il lungo periodo, alla loro stabilità nel tempo. L’esperienza maturata dal DI.PRO.VE. di Milano su alcuni biosaggi descritti da metodiche ufficiali nazionali ed internazionali (germinazione, allungamento radicale, accrescimento), sviluppati per la valutazione della qualità di suoli, acque, biomasse, e della tossicità di xenobiotici e non, ha messo in luce le specificità di ciascun test. In particolare, il test di allungamento radicale ha dimostrato una particolare attitudine a rilevare gli effetti correlabili a specifiche caratteristiche fisiche dei materiali. Per questo motivo il test di allungamento radicale ISO 11269-1 è stato testato su 19 diversi campioni di substrati di coltivazione a base di torba, dimostrando di essere in grado di fornire risultati compresi in un ampio range di risposte (da valori di allungamento inferiori al 70% fino a valori superiori al 90% rispetto al testimone). Lo stesso test è stato applicato ad otto campioni pretrattati per ottenere un “invecchiamento” fisico in grado di simulare gli effetti della coltivazione (cicli alterni di essiccazione e reumidificazione). I primi risultati sembrano essere promettenti e meritano una prosecuzione della sperimentazione che coinvolga anche verifiche di serra e correlazioni con i dati analitici. Parole chiave: test di allungamento radicale ISO 11269-1, test di crescita, test di germinazione, stabilità fisica dei substrati. Plant bioassay for testing the characteristics of growing media Abstract The success of greenhouse cultivation is strictly linked to the good quality of growing media. Chemical and physical routine analyses are not always enough responsive to growing media quality and sometimes it could be useful to support them with bioassays. Our experiences on bioassays with plants (germination, root elongation, growth) showed the sensitivity of root elongation test (ISO 11269-1) to physical characteristics of substrates. The aim of this study was to evaluate if root elongation bioassay is able to screen among growing media, specially on the basis of their physical properties. Results obtained from the application of the ISO 11269-1 test on 19 peat-based growing media showed a wide range of values (from -70% of root elongation to +90% vs. the control), indicating the high sensitivity of the bioassay to the root environment. Furthermore, we developed a fast and simple method to carry out reproducible procedure (treatment of substrate and successive bioassay), responsive to physical/structural stability of growing media during cultivation. In this aim the ISO 11269-1 root elongation test was carried out on eight growing media before and after they had been subjected to alternate drying and rewetting cycles, in order to simulate growing conditions. The preliminary data look promising for the development of the proposed procedure (treatment and bioassay) to estimate the impact of cultivation on physical/structural stability of growing media. Keywords: root elongation test ISO 11269-1, germination test, growth test, physical stability of growing media. Introduzione L’esito positivo della coltivazione fuori suolo di specie orticole ed ornamentali è strettamente lega- Fertilitas Agrorum 3 (1) 2009 56-63 to alla qualità dei substrati di coltivazione impiegati. Le analisi chimiche e fisiche che di routine vengono condotte non sempre sono sufficienti a definire la 56 Crippa et al. qualità dei substrati, che verrebbe più esaurientemente descritta con l’ausilio di test biologici (Kemppainen et al., 2004). Solitamente l’uso dei test è finalizzato ad evidenziare l’eventuale comportamento negativo del substrato durante l’impiego (componenti/residui fitotossici eventualmente presenti, cattiva sinergia di alcune caratteristiche ecc.). Tuttavia, soprattutto nel caso dei substrati professionali, per i quali il dubbio di fitotossicità non dovrebbe sussistere, i test biologici potrebbero avere un significato positivo e “innovativo”, ovvero fornire una risposta rapida e predittiva sull’attitudine di un prodotto a sostenere lo sviluppo delle piante nel breve e nel lungo periodo. L’esperienza maturata presso il DI.PRO.VE. di Milano, lavorando su alcuni biosaggi descritti da metodiche ufficiali nazionali ed internazionali (germinazione con crescione, allungamento radicale con orzo, accrescimento con lattuga), sviluppati per la valutazione della tossicità di xenobiotici e non, della qualità di suoli, acque, biomasse ecc., ha messo in luce le specificità di ciascun test. In particolare, mentre il test di germinazione (Regione Piemonte, 1992) rileva la tossicità dovuta a xenobiotici idrosolubili od a eccessi/squilibri nutrizionali e quello di accrescimento (B.U.R.L., 2003) risponde con grande sensibilità alla presenza di composti tossici e fertilizzanti, il test di allungamento radicale (ISO, 1993) ha dimostrato una peculiare attitudine a rilevare gli effetti legati a specifiche caratteristiche fisicostrutturali dei materiali. In particolare (Zaccheo et al., 2006) in un sito pesantemente contaminato da ceneri di pirite e caratterizzato da una tessitura molto scadente dovuta alla forte preponderanza della componente limosa, è stato in grado di evidenziare, contrariamente agli altri biosaggi, il miglioramento fisico indotto da interventi agronomici di ammendamento previsti dal progetto di fitorisanamento (fig. 1). Per questo motivo il test ISO 11269-1 è stato applicato a 19 diversi substrati di coltivazione a base di torba provenienti dal mercato hobbistico e professionale italiano: si voleva infatti verificarne la capacità di discriminazione qualitativa che, a inizio coltura e salvo casi di fitotossicità, è principalmente attribuibile allo stato fisico-strutturale. Successivamente è stata studiata la possibilità di sviluppare una procedura in grado di prevedere gli effetti della coltivazione e cioè il mantenimento/scadimento delle caratteristiche fisiche e strutturali del substrato nel tempo. Figura 1. Conducibilità elettrica: valori riscontrati nei lotti analizzati di ciascun prodotto Figure 1. Electrical conductivity: data from batches of each studied growing media 57 Impiego dei biosaggi vegetali nella caratterizzazione dei substrati di coltivazione Poiché uno dei fattori che influenzano la stabilità delle proprietà fisiche e idrologiche dei substrati è rappresentato dall’alternanza umido/secco, conseguente all’irrigazione ed all’evapotraspirazione, si è simulato un ciclo di coltivazione sottoponendo i materiali a cicli alterni di essiccazione e reumidificazione. Alcuni dei substrati già testati tal quali sono stati sottoposti a 4 cicli di essiccazione ed inumidimento e l’eventuale deterioramento della qualità fisica è stato rilevato nuovamente tramite il test di allungamento radicale. Materiali e metodi Campioni e analisi - Nello studio sono stati utilizzati 19 substrati a base di torba: 14 professionali, forniti direttamente dalle aziende produttrici e 5 hobbistici, acquistati in garden-centers e supermercati (tab. 1). Tabella 1. Composizione dichiarata dai produttori (H = Hobbistici; P = Professionali) Table 1. Ingredients declared by producers (H = Hobby; P = Professional) Sigla H1 H2 H3 H4 H5 P1 P2 P3 P4 P5 P6 P7 P8 P9 P 10 P 11 P 12 P 13 P 14 Substrato di coltivazione Amm. torboso composto: miscela torbe, ammendante compostato verde Amm. torboso composto: torbe di sfagno, ammendante compostato verde, cortecce umificate Amm. torboso composto: miscela torbe, ammendante compostato verde Amm. torboso misto: miscela torbe bionde, matrice organica umificata Amm. torboso composto: torbe bionde e brune, fibre lignee, stallatico bovino ed equino, fertilizzanti organici naturali Torba bruna, torba bionda Torba bruna, torba bionda, pomice Torba bionda, torba bruna Torba bionda, torba bruna Torba bruna, sabbia Torba neutra, argilla Torba bionda, compost verde, torba bruna Torba neutra Torba neutra, torba di sfagno e cortecce umificate Miscela torbe acide, argilla, cornunghia Torba neutra - torba bionda, bruna, sabbia Torba neutra - alginite Torba neutra, sabbia Sabbia silicea, argilla, torba bionda 58 Crippa et al. Tabella 2. Caratteristiche analitiche dei substrati esaminati (H = Hobbistici; P = Professionali) Table 2. Analytical characteristics of the studied growing media (H = Hobby; P = Professional) pH H1 H2 H3 H4 H5 P1 P2 P3 P4 P5 P6 P7 P8 P9 P 10 P 11 P 12 P 13 P 14 7,4 4,4 5,2 7,4 6.9 7,0 7,2 5,4 8,2 6,1 5,6 6,9 5,3 5,7 6,7 7,3 6,9 7,9 7,2 Volume aria pF 1,7 (% v/v) (% v/v) (% v/v) 85,0 90,9 90,8 81,8 92,6 88,0 91,0 91,2 91,9 88,0 90,0 90,0 89,0 86,0 80,0 89,0 80,0 - 12 14 14 11 10 30 14 24 15 8 13 9 8 6 7 8 7 - 34 44 43 32 49 45 43 51 58 40 49 41 43 38 39 44 39 - EC Volume acqua pF 1 A.F.D. Porosità totale (µS/cm) (g/cm3) (% v/v) (% v/v) 768 392 398 2633 695 555 376 359 231 253 423 593 60 452 552 448 229 159 355 0,334 0,154 0,173 0,386 0,516 0,123 0,277 0,150 0,166 0,150 0,233 0,189 0,157 0,201 0,296 0,401 0,217 0,490 0,785 73 77 77 70 51 83 58 77 67 77 80 78 83 80 80 83 83 78 82 23 30 29 21 29 38 16 29 27 43 32 36 34 34 33 35 37 39 - Le determinazioni di pH, conducibilità elettrica (EC) e delle caratteristiche fisico-idrologiche (tab. 2) sono state effettuate secondo i metodi EN per “Soil improvers and growing media” (EN 13037:1999; EN 13038:1999; EN 13039:1999; EN 13040:1999; EN 13041:1999). Test di allungamento radicale - Il test ISO 11269-1 viene di seguito sinteticamente illustrato: Controllo: sabbia Campione: 500 cm3 posti in vasi cilindrici a fondo chiuso (h 150mm; Ø 80mm) Organismo test: Hordeum vulgare L., semi pregerminati (radichetta ca. 1 mm) Repliche: 3 vasi, 6 semi pregerminati/vaso Condizioni: camera di crescita; notte/giorno 8/16 ore; 16/21°C; umidità substrato 70% pF1 Durata: 5 giorni End-point: lunghezza radice 59 Volume aria pF 1 Densità app. Simulazione effetti coltivazione - I substrati, posti nei vasi utilizzati per il test di allungamento radicale, vengono portati ad una umidità pari al 100% del valore riscontrato a pF1 (capacità di ritenzione idrica) e quindi essiccati in stufa ventilata a 40°C fino a raggiungere il 30% dell’umidità a pF1; il trattamento viene ripetuto per 4 volte. Il tempo necessario per effettuare i 4 cicli di inumidimento/essiccazione, secondo le modalità illustrate, è di 1 settimana ±1 giorno, in funzione del tipo di materiale in esame. Al termine del trattamento di “invecchiamento” si procede all’esecuzione del test ISO 11269-1. Analisi statistica e grafici - Il confronto tra i campioni analizzati tal quali è stato effettuato con il test di Dunnett a due vie, mentre gli effetti sulla stabilità fisico-stutturale dei substrati prodotti dal trattamento di simulazione della coltivazione, sono stati verificati applicando il test Tukey-b. Nei grafici i risultati sono stati trasformati in “indici di allungamento”, ottenuti dal rapporto risultato campione/risultato testimone. Impiego dei biosaggi vegetali nella caratterizzazione dei substrati di coltivazione Risultati e discussione I risultati, illustrati nella fig. 2 ed elaborati in fig. 3, mostrano che i 19 substrati hanno indotto un ampio range di valori di lunghezza radicale che, rispetto al testimone, spaziano tra – 70% e +90% indicando una buona sensibilità del test ISO 11269-1 nel differenziare i materiali in funzione dell’ambiente circostante le radici. Gli esiti ottenuti utilizzando substrati professionali sono stati uguali (P1 e P6) o migliori di quelli ottenuti con il substrato di controllo: 8 casi compresi tra +20 e +40% e 4 casi tra +40 e +90%. I materiali destinati al mercato hobbistico hanno evidenziato risultati medio-scarsi, compresi cioè tra -70% e +30%. Il valore peggiore è stato ottenuto dall’unico prodotto la cui formulazione com- prendeva compost misto (H4); i risultati migliori si sono riscontrati in substrati professionali costituiti da miscele di torbe e sabbia. Il biosaggio di allungamento radicale ha mostrato inoltre una buona riproducibilità di risposta. Sono state infatti effettuate repliche di medesimi campioni in tempi diversi, o di campioni diversi provenienti da medesimi lotti di produzione, ottenendo risultati pienamente confrontabili. Si fa inoltre notare che il test è caratterizzato da tempi brevi di allestimento ed estrema semplicità esecutiva; per tali motivi il test si presta benissimo ad essere introdotto tra le verifiche analitiche che di routine vengono effettuate sui substrati di coltivazione. Figura 2. Alcuni esempi dei risultati del test ISO 11269-1 con Hordeum vulgare L.ottenuti sui substrati tal quali Figure 2. Examples of the results of ISO 11269-1 test with Hordeum vulgare L on no treated sustrates 60 Crippa et al. Figura 3. Risultati del test ISO 11269-1 su 19 substrati espressi come Indice di allungamento radicale. Campioni con l’asterisco (*) sono significativamente diversi per P=0.05 rispetto al controllo rappresentato dalla sabbia (Test di Dunnett). Le barre bianche H1bis, P1bis, P13bis sono repliche dello stesso campione in tempi diversi; la barra bianca P3bis è campione diverso di un medesimo lotto di produzione. Figure 3. Results of ISO 11260-1 root elongation test on 19 growing media. The mean differences is significant at 0.05 level (Dunnett t-test 2-sided, sand is control group against the other groups); white bars H1bis, P1bis, P13bis are test repetitions in different times and white bar P3bis is a different sample of the same batch of P3 sample. I fattori principali che influenzano le proprietà fisiche e idrologiche dei substrati nel corso della coltivazione sono la crescita radicale e l’alternanza umido/secco conseguenti all’irrigazione ed all’ evapotraspirazione. Questi ultimi soprattutto sono responsabili del fenomeno dell’alternarsi di restringimento / espansione che influenza la porosità, la distribuzione della forma e della dimensione dei pori e, di conseguenza, la capacità per l’aria e per l’acqua dei substrati. Ampiezza e reversibilità di questi effetti dipendono dalla “resistenza” o stabilità fisico-strutturale dei substrati, per saggiare la quale è stata messa a punto la procedura di simulazione di coltivazione illustrata nei ma- 61 teriali e metodi accompagnata dall’esecuzione del test di allungamento radicale prima e dopo il trattamento. Otto substrati, di cui 2 hobbistici e 6 professionali, sono stati sottoposti a 4 cicli di essiccazione ed inumidimento e l’eventuale deterioramento fisico rilevato tramite allungamento radicale. I risultati sono sintetizzati nella fig. 4: in quattro casi i risultati del test sono stati gli stessi prima e dopo il trattamento di essiccazione/reidratazione, mentre negli altri quattro casi si è osservata una riduzione più o meno marcata della crescita delle radici di orzo dopo il trattamento, segno di un avvenuto deterioramento della qualità del materiale. Impiego dei biosaggi vegetali nella caratterizzazione dei substrati di coltivazione P1 P 11 2 Elongation Index Elongation Index 2 NS 1 0 c a 1 0 Prima Dopo Sabbia Prima P 13 2 b a 1 0 b a a 1 Dopo Sabbia Prima Dopo Sabbia H4 H1 2 b b a 1 Elongation Index 2 Elongation Index Sabbia 0 Prima b 1 a a Prima Dopo 0 0 Prima Dopo Sabbia Sabbia P 10 P3 2 b b a 1 Elongation Index 2 Elongation Index Dopo P 14 c Elongation Index Elongation Index 2 b b b a 1 0 0 Prima Dopo Sabbia Prima Dopo Sabbia Figura 4. Risultati espressi come Indice di allungamento radicale del test ISO 11269-1 su 8 substrati prima e dopo essere stati sottoposti al trattamento di inumidimento/essicazione. In ciascun grafico barre seguite da lettere uguali non differiscono significativamente per P=0.05 (Tukey-B test). Figure 4. Results of the ISO 11269-1 bioassay on 8 growing media expressed as Root Elongation Index performed before and after drying/wetting treatment. In each graph bars followed by same letter do not differ according Tukey-b test (p<0.05). 62 Crippa et al. Conclusioni Questi primi risultati indicano che il tipo di procedura di simulazione colturale sviluppata è stata in grado di influire negativamente sulla qualità di alcuni materiali e che il saggio di allungamento radicale è stato in grado di rilevare sensibilmente le alterazioni subite dai substrati. Bibliografia B.U.R.L. 2003. Linee guida relative alla costruzione e all’esercizio di impianti di produzione di compost. Allegato B. Test di fitotossicità – Effetto di matrici complesse sulla crescita della piante superiori. 26/05/2003 N. 22:1839-1842. Kemppainen R., Avikainen H., Herranen M., Reinikainen O., Tahvonen R. 2004. Plant bioassay for sustrates. Acta Hort., 644:211-215. ISO 11296-1 1993. Soil quality - Determination of effects of pollutants on soil flora. Part 1: method for the measurament of inhibition of root growth. Maher M. J., Prasad M. 2004. The effect of peat type and lime on growing medium pH and structure and on growth of Hebe pinguifolia 'Sutherlandii'. Acta Hort. 644:131-137. Prasad M., Maher M. J. 2004. Stability of peat alternatives and use of moderately decomposed peat as a structure builder in growing media. Proc. of the South Pacific Soilless Culture Conf. 63 (SPSCC), Palmerston North, New Zealand, 1013 February 2003. Acta Hort. 648:145-151. Regione Piemonte 1992. Saggio di fitotossicità: test di germinazione. In: Metodi di analisi dei compost (a cura di Di.Va.Pra. e I.P.L.A.). Collana Ambiente n. 6, pp. 71-72. Wever G., van Leeuwen A.A. 1995. Measuring mechanical properties of growing media and the influence of cucumber cultivation on these properties. Acta Hort. 401:27-35. Wever G., Eymar E. 1999. Characterisation of the hydrophysical and mechanical properties of pressed blocks for transplanting. Acta Hort. 481:111-119. Wever G. 2004. Comparison of different bioassays for testing phytotoxicity of growing media. Acta Hort. 644:473-477. Zaccheo P., Crippa L., Azzali G., Palestra I. 2003. Application of ISO 11269-1 root elongation test on 21 soils for the evaluation of soil health. Proc. 7th Intern. Conf. on the Biogeochem. of Trace Elements. Uppsala, Sweden 15-19 June. Vol. 4: 45-47. Zaccheo P., Crippa L., Marchiol L., Dell’Amico E., Colombo M., Andreoni V. 2007. Valutazione della compromissione biologica di un suolo contenente ceneri di pirite in un progetto di fitorisanamento. Bollettino Atti Convegno Nazionale SISS, Imola 27-30 Giugno 2006, pp. 196203. Copyright © by Centro Scientifico Italiano dei Fertilizzanti Substrati alternativi a base di compost per l’allevamento in contenitore di specie ornamentali mediterranee Elvira Rea1*, Barbara De Lucia2, Antonio Ventrelli2, Fernando Pierandrei1, Simona Rinaldi1, Anna Salerno1, LorenzoVecchietti2, Valeria Ventrelli2 1 CRA-Centro di Ricerca per lo Studio delle Relazioni tra Pianta e Suolo. Via della Navicella 2-4 00184 Roma Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali. Università degli Studi di Bari Via Amendola 165/A Bari * Corresponding author: tel. 06 7002636; fax 06 70005711;e mail: [email protected] 2 Riassunto Scopo della presente ricerca è stato quello di verificare l’utilizzo come componente dei substrati, di otto diversi tipi di compost sia verdi che misti, prodotti nella regione Puglia, ed individuare la percentuale ottimale di sostituzione della torba. Sono state messe a punto diverse miscele costituite da compost e torba (30:40, 50:20 v:v), solo compost e solo torba (controllo) addizionate a materiale inerte mantenuto invariato (15% pomice + 10% nocciolo mandorla + 5% pozzolana). Al fine di verificare la possibilità di una sostituzione totale della torba, sono stati formulati anche altri substrati, a base di ciascun compost al 60% con il restante 40% inerte costituito da nocciolo di mandorla. Le prove sono state condotte su Rosmarinus officinalis L. in pien’aria. Parallelamente è stata condotta una prova in serra su Aloe vera L. impiegando il compost di sansa ed il compost verde, per la preparazione di miscele con percentuali crescenti di compost e contenenti tutte materiale inerte per il 30% del volume (15% di pomice + 15% di pozzolana). Tutti i substrati impiegati sono stati caratterizzati mediante analisi fisico-chimica e l’andamento della prove è stato monitorato con rilievi biometrici durante il periodo colturale. I substrati formulati con compost al 30% sono risultati i più simili al controllo per la maggior parte dei parametri fisici e chimici. La crescita delle piante di Rosmarinus officinalis L. è risultata assai diversificata a seconda del tipo di compost e della sua percentuale di impiego, i parametri biometrici sono risultati confrontabili rispetto al controllo per i substrati al 30% di compost. La crescita di Aloe vera è stata favorita dall’utilizzo di compost verde nel substrato indipendentemente dalla concentrazione, mentre il compost di sansa ha avuto un effetto depressivo sulla crescita quando sostituito totalmente alla torba. I risultati ottenuti mostrano buone potenzialità di utilizzo dei compost non solo verdi ma anche misti, per l’allevamento in vaso di piante ornamentali, tenendo conto che la percentuale ottimale di sostituzione alla torba è strettamente dipendente dalla specie considerata e dal materiale di partenza del compost impiegato. Parole chiave: piante ornamentali, fanghi urbani, residui verdi, inerti, florovivaismo Use of compost as component in soilless growing media of Mediterranean ornamental plants Abstract Soil-less substrates are used for growing potted ornamental plants. The most common substrate for such cultures is prepared with peat but the depletion of a non-renewable resource and environmental problems have favoured the utilization of alternative materials as growing media. Organic residues as green wastes or urban solid wastes, after proper composting, can be used with very good results as growing media instead of peat. The objective of this work was to study the use of eight different composts as growing media for ornamental plants. The substrates were obtained by mixing each compost whit peat in different proportions in volumes (30:40, 50:20 v:v) and using only peat or only compost added of constant inert material for 30% (15% pumice + 10% kernel shells + 5% pozzolan). In order to evaluate the total substitution of peat and the use of kernel shells, other substrates were obtained with the same composts at 60% and the inert kernel shells (40%). The substrates were tested on Rosmarinus officinalis L. Another test was conducted in greenhouse on Aloe vera L. plants using two composts obtained by olive mill and green waste, in different proportions in volumes (0, 30, 50, 70 %). All the substrates contained inert material for 30% constant (15% pumice + 15% pozzolan). The main physical and chemical characteristics of substrates and biometrical parameters of plants during growing cycle were measured. The obtained results showed that substrates with 30% compost have the most of the physical and chemical parameters comparable to the control. The plant growth differed considerably according to the compost and to the substitution percentages of peat. First quality plants were obtained substituting peat with the 30% of compost. The green compost was efficient for Aloe vera plants development, independently of dose, but the growth was reduced in compost obtained by olive mill, at the higher doses. The experiments show that all the proposed composts can be used as growing media but the best peat substitution dose is highly dependent on the species and starting material of used compost. Fertilitas Agrorum 3 (1) 2009 64-73 64 Rea et al. Key works: ornamental plant, substrates, urban mud, pruning waste, inert, floriculture Introduzione L’allevamento di piante in vaso richiede l’impiego di substrati di coltivazione con i quali si intende sostituire completamente il terreno; un substrato di qualità deve presentare caratteristiche fisico - chimiche adeguate per la crescita della pianta garantendo buone condizioni di aerazione e giusto apporto di elementi nutritivi alle radici. L’argomento substrati risulta particolarmente importante nel florovivaismo, si presenta l’esigenza di allevare in vaso anche piante di grandi dimensioni per lunghi periodi oppure specie ornamentali non adatte a vivere normalmente in determinate condizioni ambientali e climatiche (Farina, 2005). Le caratteristiche da considerare sono molteplici, una struttura sufficientemente fine, un giusto grado di porosità, un adeguato drenaggio dell’acqua in eccesso, una buona ritenzione idrica, la capacità di ribagnarsi dopo un periodo di disidratazione e di fornire un apporto di elementi nutritivi da bilanciare con i quantitativi di microelementi della soluzione nutritiva. La torba risulta essere il substrato più richiesto da coloro che operano nel settore del vivaismo. In Italia, a partire dagli anni ’60, con il forte sviluppo del settore, il fabbisogno di torba ha superato i 3 milioni di metri cubi, soddisfatti quasi interamente con prodotto importato. L’intenso sfruttamento delle torbiere ha indotto un progressivo esaurimento delle fonti non rinnovabili di approvvigionamento determinando, l’ingresso sul mercato, di torbe estratte da siti ancora non sfruttati situati nei paesi baltici. Le limitazioni all’estrazione in alcune nazioni del nord-centro Europa per problemi ambientali, hanno portato inoltre ad una diminuzione della qualità ed un incremento del prezzo del prodotto, i costi di trasporto infatti, possono rappresentare anche il 70% del valore finale (Rea, 2005). Si è presentata quindi l’esigenza di mettere a punto substrati alternativi alla torba ed altrettanto validi per la produzione di piante in vivaio (Lamanna et al., 1991; Pinamonti and Centemero, 1997). L’utilizzo del compost in sostituzione della torba nel florovivaismo è una tematica di rilevante interesse ed attualità. Esistono un gran numero di rifiuti organici industriali (residui delle preparazioni alimentari) che possono essere impiegati, in combinazione con rifiuti vegetali (scarti della 65 potatura), per la produzione di compost utilizzabili, con buoni risultati, come substrati di crescita in alternativa alla torba (Benito et al., 2005; Frangi and Pozzi, 2005). La gestione degli scarti industriali è un problema concreto per molte aziende sia per aspetti ambientali che economici, per cui la possibilità di recuperare rifiuti organici e trasformarli in risorse potenzialmente compostabili, appare un sistema efficace per far fronte allo smaltimento dei rifiuti. La possibilità di recupero e riutilizzo di matrici organiche interessa in particolare tali aziende ma anche tutta la società che potrebbe essere indirizzata verso uno smaltimento differenziato dei rifiuti organici (Verdonck, 1988; Parente et al., 2000; Minuto et al., 2007) Quando si parla di substrati a base di compost sono molti gli aspetti da valutare: - il materiale di partenza destinato al compostaggio, la messa a punto di opportune miscele tra rifiuti organici industriali o urbani e matrice verde (Minuto et al., 2007), - le tecniche di compostaggio, corretta gestione del processo e controllo della qualità, - una buona omogeneità del prodotto nell’ambito della stessa fornitura e di quelle successive per la sua standardizzazione (Lima et al., 2004; Frangi and Pozzi, 2005; Benito et al., 2006). In questo filone si inserisce la presente ricerca che si propone di valutare le possibilità di impiego di diversi tipi di compost, in sostituzione parziale o totale alla torba, per la realizzazione di substrati da impiegare nel settore del florovivaismo per l’allevamento di specie ornamentali in contenitore. Materiali e Metodi Sono state allestite prove di allevamento in vaso, sia in pien’aria presso i Vivai Piante Stefano Capitanio di Monopoli (Ba), che in serra presso il Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali della Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Bari. I compost utilizzati sono stati realizzati presso l’azienda Eden ‘94 di Manduria (Ta) impiegando biomasse disponibili localmente e scarti provenienti da attività tipicamente mediterranee. Le matrici di partenza utilizzate in diverse combinazioni, sono state: sanse dell’attività olearia, raspi e vinacce dell’attività enologica, residui dell’industria lattiero casearia, scarti vegetali e dell’industria del legno, in Substrati alternativi a base di compost per l’allevamento in contenitore di specie ornamentali mediterranee alcuni casi mescolati con fanghi urbani biologici ottenuti dalla depurazione delle acque reflue o con materiale organico proveniente da raccolta differenziata locale. Le sperimentazioni hanno previsto l’utilizzo di otto diversi compost: - C1 compost ottenuto da fanghi urbani (30%) e scarti della manutenzione del verde (70%), - C2 compost ottenuto da fanghi urbani (30%) e fanghi di aziende vinicole contenenti raspi (70%), - C3 compost di sansa, - C4 compost di materia organica della raccolta differenziata, - C5 compost verde, - C6 compost di fanghi lattiero caseari (50%) e verde (50%), - C7 compost di materia organica da raccolta differenziata (35%), fanghi urbani (30%) e verde (35%), - C8 compost di materia organica da raccolta differenziata (35%), fanghi urbani (30%) e raspi (35%). Con gli otto compost sono state formulate diverse miscele, sostituendo parzialmente o totalmente la torba, come descritto per le specifiche prove. Tutti i substrati utilizzati sono stati sottoposti ad analisi chimico-fisiche (D’Angelo et al., 1992). Il pH e la conducibilità elettrica (CE) sono stati determinati secondo la norma EN 13038 del 1999. La densità apparente è stata determinata secondo Bibbiani e Pardossi, 2004. La misura del volume di acqua totale (%) a pF1 è stata effettuata secondo il metodo UNI EN 13041. Il contenuto dei macro e microelementi, dei metalli pesanti nei diversi substrati è stato determinato mediante ICP. Prove in pien’aria La prova (prova 1) è stata condotta in vaso, in pien’aria dal 20 aprile al 20 agosto 2006, in un vivaio privato in agro di Monopoli, caratterizzato da un clima tipicamente mediterraneo con aridità accentuata. La specie scelta è stata il rosmarino ad habitus prostrato (Rosmarinus officinalis cv Tuscan Blue), arbusto sclerofillo sempreverde, usato nella realizzazione di spazi verdi con tecniche di xeriscaping, poiché dotato di notevole rusticità, lungo periodo di fioritura e tappezzante. Ciascun compost è stato miscelato in diverse proporzioni con torba e materiali inerti per costituite 25 diverse miscele, 24 a base di compost e una a base di torba (testimone). Sono state preparate le seguenti miscele: 30% compost e 40% torba, 50% compost e 20% torba, 70% compost (sostituzione totale della torba) e il controllo con sola torba (70%); in tutte le miscele il restante 30% era costituito da materiale inerte mantenuto invariato in ogni miscela (15% pomice + 10% nocciolo mandorla + 5% pozzolana). Sono stati utilizzati contenitori tronco-conici (volume 2,1 L) in PE, color terracotta, con una densità di 16 vasi/m 2; complessivamente il numero di piante in coltivazione è stato di 972. Nell’intero periodo di prova sono state assicurate alle piante le comuni cure colturali. Il disegno sperimentale è stato a parcelle suddivise con tre ripetizioni, ciascuna di sei piante. Al fine di dilavare l’eccesso di sali nel substrato, per circa un mese, le piante sono state irrigate con sola acqua, successivamente e sino al termine della prova è stata utilizzata una soluzione nutritiva completa di macro e microelementi. I venticinque substrati sono stati utilizzati in combinazione fattoriale con due volumi irrigui: 150 e 300 mL di acqua/vaso/giorno, frazionati in due interventi. Il volume 300 mL è quello normalmente utilizzato in vivaio per la crescita delle piante in contenitore con ciclo primaverile-estivo; si è optato di confrontarlo con la dose 150 mL allo scopo di verificare la possibilità di coltivazione con un risparmio idrico. Sempre su Rosmarinus officinalis L. è stata condotta un’ulteriore prova (prova 2) utilizzando nove miscele formulate utilizzando gli otto compost descritti al 60%, il restante 40% era costituito da nocciolo di mandorla. Il controllo era costituito da sola torba al 60% e 40% nocciolo di mandorla. Le caratteristiche del piano sperimentale sono state le stesse della prova precedente. Le piante utilizzate in prova sono state irrigate con volume d’acqua di 300 mL/vaso/giorno, la concimazione ha previsto la somministrazione di 3,2 g/L di substrato di un concime a lenta cessione (Osmocote). Tutte le prove sono state monitorate con rilievi biometrici sulla pianta intera effettuati durante ed al termine del ciclo colturale. Prova in serra La prova è stata condotta su Aloe vera L., pianta succulenta, poco esigente e resistente allo stress idrico, comunemente utilizzata nei giardini in ambiente mediterraneo. Due degli otto compost precedentemente descritti, compost di sansa (C3) e compost verde (C5), sono stati utilizzati per la preparazione di sei diverse miscele contenenti tutte materiale inerte per il 30% del volume, ripartito tra il 15% di pomice e il restante 15% di pozzolana. I sei substrati sono stati messi a confronto con un substrato tradizionale torboso nel quale la percentuale di inerti rimaneva fissa al 30%. E’ stata utilizzata torba bionda, comunemente utilizzata dai vivaisti per la coltivazione dell’ Aloe vera, di provenienza lituana. Sono state formulate diverse miscele: 66 Rea et al. controllo = 70% Torba (T) + 30% inerte (I); C3-30 = 40% T + 30% C3 + 30% I; C3-50 = 20% T + 50% C3 + 30% I; C3-70 = 0% T + 70% C3 + 30% I; C5-30 = 40% T + 30% C5 + 30% I; C5-50 = 20% T + 50% C5 + 30% I; C5-70 = 0% T + 70% C5 + 30% I. La prova iniziata l’11 aprile 2006, è stata allestita in serra presso la Facoltà di Agraria di Bari (coordinate geografiche 41° 7’ 33,79’’ N; 16° 52’ 09,44’’ E; 3,35m s.l.m.). La serra aveva una struttura in ferro-vetro ed era provvista di un sistema di climatizzazione che permetteva di mantenere temperature notturne minime di 18±1°C. Piante radicate di Aloe vera L. sono state trapiantate singolarmente in contenitori in PE di forma troncoconica con diametro di 16 cm e capacità di 2,5 L. Il 26 ottobre 2006 su tre ripetizioni sono stati determinati i seguenti parametri biometrici: altezza, larghezza, numero di germogli secondari, numero delle foglie, peso fresco della pianta e dei germogli. Il disegno sperimentale adottato è stato a blocco randomizzato con tre ripetizioni. Per tutte le prove i risultati dei descrittori biometrici sono stati sottoposti ad analisi della varianza per individuare l’influenza della percentuale di compost sulla crescita delle piante. Le differenze statistiche tra le medie sono state determinate mediante il test di Student-Newman-Keuls (S.N.K.) al livello di significatività P ≤ 0,05. Risultati e Discussione Prove in pien’aria Le principali caratteristiche chimico-fisiche determinate sui substrati utilizzati nella prima prova su Rosmarinus officinalis L. sono riportate in tabella1. Incrementando la quota di ciascun compost si riscontra un aumento del pH, della conducibilità elettrica e della densità apparente. Questi parametri raggiungono valori più elevati rispetto al controllo a base di torba, in nessun caso comunque sono stati riscontrati fenomeni di fitotossicità. Tabella 1 Caratteristiche fisico-chimiche dei substrati utilizzati nella prova 1 condotta su Rosmarinus officinalis L. T=70% torba, C1-30=30% compost 1 e 40% torba, C1-50=50% compost 1 e 20% torba, C1-70=70% compost 1 (sostituzione totale della torba), ripetuto per gli otto compost (C1-C8), il restante 30% è invariato in ogni miscela (15% pomice + 10% nocciolo mandorla + 5% pozzolana). Table 1 Physical and chemical characteristics of substrates used in experiment 1 on Rosmarinus officinalis L. T=70% peat, C1-30=30% compost 1 and 40% peat, C1 50=50% compost 1 and 20% peat, C1 70=70% compost 1, repeated for eight composts (C1-C8), 30% inert material is constant in each substrate (15% pomice + 10% kernel shells + 5% pozzolan). Substrato Densità apparente (g/cm3) Volume acqua (%) a pF1 pH CE (µS/cm) Substrato Densità apparente (g/cm3) Volume acqua (%) a pF1 pH CE (µS/cm) 67 T C130 C150 C170 C230 C250 C270 C330 C350 C370 C430 C450 C470 0,356 0,745 0,995 1,34 0,79 0,96 1,29 0,79 0,85 1,03 0,79 0,96 1,25 36,8 41,2 59,4 49,9 59,0 51,5 48,1 37,3 54,8 49,8 62,6 67,6 61,0 5,9 77 6,6 425 6,9 654 7,4 796 6,7 702 6,7 1018 6,9 1883 6,5 183 6,5 242 7,2 485 7,0 1092 7,3 1556 7,8 2620 T C530 C550 C570 C630 C650 C670 C730 C750 C770 C830 C850 C870 0,356 0,80 0,96 1,28 0,90 1,02 1,27 0,78 1,08 1,34 0,63 0,77 0,85 36,80 47,3 51,7 45,4 57,7 61,7 63,5 50,1 55,7 44,1 31,7 35,5 36,1 5,9 77 6,9 368 7,3 873 6,5 383 6,7 535 7,1 790 6,3 468 7,0 765 7,4 1234 7,4 1158 7,2 2720 6,9 1734 7,1 522 Substrati alternativi a base di compost per l’allevamento in contenitore di specie ornamentali mediterranee I substrati contenenti totalmente compost, presentavano le caratteristiche fisico-chimiche riportati in tabella 2. E’ stato riscontrato un sensibile aumento della densità apparente, del pH, e della conducibilità elettrica rispetto al controllo. L’influenza dei compost sulle proprietà fisicochimiche dei substrati è stata oggetto di diverse ricerche ed è attualmente ben documentata in letteratura. Questo a causa dei problemi che può comportare l’allontanamento dei suddetti parametri, dai valori ottimali di crescita delle piante (GarciaGomez et al., 2002; Frangi and Pozzi, 2005; Benito et al. 2006; Minuto et al., 2007). Il compost influenza anche lo sviluppo dell’ apparato radicale determinando una distribuzione delle radici tendenzialmente nella parte superiore del vaso, ciò è dovuto probabilmente ad una compattazione del substrato dovuta al compost, confermato dal valore più alto della densità apparente in tutti i substrati che prevedono il 6070% di compost. La crescita e la qualità delle piante di rosmarino è stata alquanto eterogenea a seconda del tipo di trattamento. I parametri biometrici, al termine del ciclo colturale nella prima prova, evidenziano differenze significative in funzione del tipo di compost ed alla sua percentuale di sostituzione rispetto al controllo a base di torba (tab. 3). Tra tutti i substrati impiegati, comunque quelli al 30% di compost e 40% torba hanno portato all’ottenimento di piante confrontabili a quelle del controllo. Sia il diametro che il numero di fusti secondari delle piante sono risultati simili a quelli del controllo nei casi di sostituzione della torba con i compost C1, C5, C6, C7 e C8 fino al 50% e con C2 e C4 solo al 30%. L’uso del solo compost C3, C4 e C7, ha provocato una significativa riduzione di tali parametri. Il peso fresco delle piante, parametro che può riassumerne il livello di crescita, conferma che tutti i compost al 30% di sostituzione, tranne il C3, hanno fatto registrare valori medi eccellenti, da 132g a 154g, significativamente maggiori di quelli ottenuti con C3 al 30% e C5, C6, C7 e C8 al 50%. Valori medi ancora minori sono stati ottenuti con l’uso di C3 al 50 e 70% di sostituzione (circa 60 g) denotando un suo effetto depressivo di questo compost sulla crescita. Tabella 2 Caratteristiche fisico-chimiche di substrati utilizzati nella prova 2, condotta su Rosmarinus officinalis L.. T= 60% torbae 40% inerte, C1-8 60 = 60% compost 1-8 e 40% inerte. L’inerte in tutte le miscele compresa torba è costituito da 40% nocciolo di mandorla. Table 2 Physical and chemical characteristics of substrates used in experiment 2 on Rosmarinus officinalis L. T=60% peat, C1-8 60=60% compost 1-8 and 40% inert material constant in each substrate (40% kernel shells). Substrato Densità apparente (g/cm3) Volume acqua (%) a pF1 pH CE (µS/cm) T C1-60 C2-60 C3-60 C4-60 C5-60 C6-60 C7-60 C8-60 0,413 1,251 1,189 1,043 1,213 1,185 1,136 1,219 0,720 27,6 40,8 45,0 32,3 37,4 38,7 57,1 40,8 35,0 5,6 87 7,3 811 7,2 1644 7,5 601 7,9 2630 7,7 936 7,4 783 7,7 1354 7,3 2600 68 Rea et al. Tabella 3. Valori medi dei parametri biometrici delle piante di rosmarino (prova 1) al termine del ciclo colturale. Le medie lungo le righe seguite da lettere diverse sono significativamente diverse (P< 0,05) secondo il test SNK. Categorie di qualità: I = prima categoria, II = seconda categoria, NO = non commerciabili. Table 3 Mean values of biometrical parameters of plants at growing cycle end in experiment 1. Means with different letters indicate significant differences (P< 0,05) in each line using SNK test. I = Fest category, II = second category, NO = no commercially Substrato Diametro (cm) Fusti secondari (n) Peso fresco (g) Sostanza secca (%) Categoria di qualità Substrato Diametro (cm) Fusti secondari (n) Peso fresco (g) Sostanza secca (%) Categoria di qualità 49,7 ab 29,3 ab 141,3 a 28,54 bd C130 47,8 ad 27,7 ac 134,4 ab 28,05 cd C150 45,9 af 22,7 be 95,5 cf 37,08 ab C170 43,7 bg 20,5 cf 86,3 cg 32,99 ab C230 48,6 ac 30,8 a 145,9 a 26,67 d C250 42,5 cg 21,2 ce 104,8 cd 33,34 ad C270 40,6 eg 21,5 ce 78,6 dg 35,10 ad C330 44,0 bg 23,8 bd 104,0 cd 26,94 d C350 41,6 dg 19,3 df 61,6 g 37,89 a C370 37,7 g 14,2 f 63,1 g 36,58 ac C430 48,3 ad 25,0 ad 132,4 ab 30,58 ad C450 42,6 cg 20,8 cf 76,8 dg 33,32 ad C470 39,6 fg 16,7 ef 66,8 g 34,76 ad I I II II I II II II NO NO I I II 49,7 ab 29,3 ab 141,3 a 28,54 bd C530 51,1 a 25,0 ad 134,8 ab 30,42 ad C550 45,7 af 25,7 ad 104,5 cd 34,52 ad C570 42,5 cg 20,5 cf 84,6 cg 34,05 ad C630 50,3 ab 27,5 ac 144,5 a 30,57 ad C650 47,5 ad 23,7 bd 102,7 ce 34,56 ad C670 40,6 eg 19,7 df 74,6 eg 37,10 ab C730 51,2 a 25,0 ad 154,1 a 32,27 ad C750 49,8 ab 25,0 ad 108,6 bc 35,88 ac C770 39,6 fg 18,5 df 67,9 fg 37,26 a C830 46,7 ae 25,0 ad 134,0 ab 35,76 ac C850 45,8 af 24,2 ad 100,6 ce 34,49 ad C870 40,5 eg 23,3 be 83,1 cg 33,90 ad I I I II I I II I I NO I I II T T Considerando gli standards di qualità comunemente adottati sul mercato nazionale, la sostituzione della torba con ciascun compost per il 30% del volume, ad eccezione del compost di sansa (C3), ha prodotto piante di prima qualità. Sono risultate ugualmente di prima qualità le piante ottenute con compost C5, C6, C7 e C8 al 50%. Utilizzando i compost C3 al 50% ed i compost C3, C4, C7 alla dose più alta, la riduzione dello sviluppo ha portato a piante non commerciabili. E’ interessante sottolineare, però, che alcuni compost hanno prodotto piante commerciabili anche con una sostituzione totale della torba, sebbene di seconda qualità. Questi risultati confermano quanto ottenuto da altri autori sull’utilizzo di compost per l’allevamento in vaso su substrato (Chen et al., 1988; Piamonti et al., 1997; Ingelmo et al., 1998; Frangi, 2002; Lima et al., 2004; Benito et al., 2006). Passando ad esaminare l’effetto medio del volume irriguo (tab.4), raddoppiando la quantità d’acqua fornita giornalmente, si registrano differenze 69 altamente significative in tutti i valori dei caratteri bio-morfologici osservati. E’ interessante notare che anche i valori medi conseguiti con il volume di 150 mL sono soddisfacenti favorendo un risparmio idrico del 50%. Tabella 4. Valori medi dei parametri biometrici delle piante al termine del ciclo colturale a diverso volume irriguo. (Livello di significatività: ** P<0,01). Table 4 Mean values of biometrical parameters of plants at growing cycle end at different volumes irrigation. (Significant level: ** P<0,01). Volume irriguo (mL) Diametr o (cm) Fusti secondar i (n) Peso fresc o (g) Sostanz a secca (%) 150 42,3 21,3 80,1 36,0 300 47,2 ** 25,0 ** 125,5 ** 30,4 ** Substrati alternativi a base di compost per l’allevamento in contenitore di specie ornamentali mediterranee L’impiego di substrati costituiti da compost, in sostituzione totale della torba e contenenti gusci di mandorla come inerte, sulla specie Rosmarinus officinalis L., ha prodotto piante di buona qualità per tutti i compost tranne con il compost di sansa che provoca una notevole riduzione della crescita (Fig. 1). I buoni risultati ottenuti con l’impiego di gusci di mandorla come inerte sono di indubbio interesse, si tratta infatti, di materiale di scarto prodotto localmente. h max cm 180 largh max cm 160 fusti secondari (n) 140 Peso fresco g 120 100 80 60 40 20 0 T C1 C2 C3 C4 C5 C6 C7 C8 Figura 1. Dati biometrici relativi al rilievo finale della prova 2 condotta su Rosmarinus officinalis L.. T=60% torba, C1=60% compost 1, (sostituzione totale della torba), per gli otto compost (C1-C8), il restante 40% inerte, invariato in ogni miscela, è costituito da nocciolo di mandorla. Figure 1. Biometrical parameters of plants at growing cycle end in experiment 2. T=60% peat, C1-8 60% compost (18) and 40% inert material constant in each substrate (40% kernel shells). 70 Rea et al. Prova in serra I substrati impiegati per l’allevamento in serra di Aloe vera, contenenti compost di sansa (C3) o compost verde (C5), hanno mostrato una densità apparente e conducibilità elettrica maggiori rispetto al controllo, all’aumentare della percentuale di compost presente nella miscela (tab.5). I valori più alti sono stati ottenuti con la sostituzione totale della torba (C3-70 e C5-70). Il volume d’acqua a pF1 generalmente aumenta con la presenza di compost. La prova in serra su Aloe vera ha prodotto piante con altezza e larghezza, nella maggior parte dei casi confrontabili con quelle allevate in sola torba (tab. 6, fig. 2). Dopo sei mesi dal trapianto sono risultate significativamente ridotte solo le dimensioni delle piante allevate su substrato a base di compost di sansa ad alte concentrazioni (C3-50 e C3-70). Il numero di foglie è risultato più alto nelle piante allevate in compost rispetto a quelle allevate in sola torba. Si è riscontrato un effetto positivo sulla crescita, espressa come peso fresco, per le piante allevate su compost verde (C5) indipendentemente dalla sua concentrazione mentre il compost di sansa ad alte concentrazioni ha provocato una riduzione della crescita rispetto al controllo. Tabella 5 Caratteristiche fisico-chimiche dei substrati utilizzati nella prova condotta su Aloe vera. T=70% torba, C3-30=30% compost 3 e 40% torba, C3-50=50% compost 3 e 20% torba, C170=70% compost e 0% torba. Lo stesso vale per il compost 5. Il restante 30% è invariato in ogni miscela (15% pomice + 15% pozzolana). Table 5 Physical and chemical characteristics of substrates used in experiment on Aloe vera. T=70% peat, C3-30=30% compost 3 and 40% peat, C3-50=50% compost 3 and 20% peat, C370=70% compost end 0% peat, The same repeated for compost 5. 30% inert material is constant in each substrate (15% pomice + 15% pozzolan). Substrato Densità apparente (g/cm3) Volume acqua (%) a pF1 pH CE (µS/cm) T C3-30 C3-50 C3-70 C5-30 C5-50 C5-70 0.645 0.703 0.894 1.228 0.933 1.190 1.448 38,6 65,0 50,9 34,4 41,5 42,2 44,2 6,7 68 6,2 185 6,2 238 7,1 436 5,8 362 6,6 536 7,0 843 Tabella 6 Valori medi dei parametri biometrici delle piante di Aloe alla 24^ settimana. Le medie lungo le righe seguite da lettere diverse sono significativamente diverse (P< 0,05) secondo il test SNK. Per le abbreviazioni vedere Tabella 5. Table 6 Mean values of biometrical parameters of Aloe after 24 weeks. Means with different letters indicate significant differences (P< 0,05) in each line using SNK test. For abbreviation see table 5. Substrato Altezza pianta (cm) Diametro pianta (cm) Foglie / pianta (n) Germoglio / pianta (n) 71 T C3-30 C3-50 C3-70 C5-30 C5-50 C5-70 53 a 56 a 17 b 52 a 56 a 21 a 49 b 52 b 20 a 49 b 49 b 19 ab 53 a 55 a 20 a 53 a 60 a 20 a 55 a 56 a 21 a 12 a 12 a 12 a 9b 13 a 11 a 12 a Substrati alternativi a base di compost per l’allevamento in contenitore di specie ornamentali mediterranee. Peso fresco pianta madre Peso fresco germogli Peso fresco totale pianta (g) 4500 b b a a a C5-30 C5-50 C5-70 b c 3000 1500 0 T C3-30 C3-50 C3-70 Substrato Figura 2. Valori medi del peso fresco (g) delle piante di Aloe alla 24^ settimana. Per le abbreviazioni vedere Tabella 5. Figure 2. Mean values of fresh weight of Aloe after 24 weeks. For abbreviation see table 5. Poiché nella specie Rosmarinus officinalis L. lo stesso compost C3 ha causato una riduzione nella crescita rispetto al controllo già al 30% di sostituzione, è da evidenziare una variabilità dell’effetto del compost legato, oltre che alla sua composizione, anche alla specie in osservazione come descritto da altri autori (Ferrini and Nicese, 2002, Frangi and Pozzi, 2005). Conclusioni Dallo studio delle principali caratteristiche fisiche e chimiche dei differenti substrati a base di compost formulati si può concludere che tutti mostrano valori di pH, conducibilità e densità apparente compatibili con l’allevamento di piante in vaso nelle condizioni sperimentali adottate, senza problemi di fitotossicità. Gli otto compost prodotti localmente da scarti della manutenzione del verde, residui dell’ industria agro-alimentare, fanghi urbani e materiale organico della raccolta differenziata, possono essere tutti accettati come componenti di substrati in sostituzione parziale della torba, per la coltivazione in vaso delle specie considerate, con vantaggi sia ambientali che economici. La risposta è risultata diversificata in funzione della specie vegetale e del materiale di origine del compost con influenza sullo sviluppo e sull’architettura della pianta. Soltanto il compost di sansa (C3) ha causato una crescita ridotta in particolare nella specie Rosmarinus, ma ha dato risultati migliori su Aloe facendo pensare alla possibilità di formulare substrati dedicati. I buoni risultati ottenuti con l’impiego di gusci di mandorla come inerte sono di indubbio interesse in quanto si tratta di materiale di scarto prodotto localmente. Considerando i risultati ottenuti dalle prove sperimentali, possiamo affermare che ci sono buone potenzialità di utilizzo dei compost nel florovivaismo e tale pratica andrebbe incoraggiata tenendo conto della variabilità legata alle specie utilizzate. Ringraziamenti Si ringrazia la ditta Eden ’94 di Manduria (Ta) per la fornitura dei compost. Questa ricerca è stata finanziata dal MiPAF “Programma di sviluppo per il Mezzogiorno d’Italia: ricerca ed innovazione tecnologica” (Progetto 205/7303/05 Valorizzazione delle produzioni florovivaistiche del meridione) Pubblicazione n 14. Bibliografia Benito M., Masaguer A., De Antonio R., Moliner A. 2005. Use of pruning waste compost as a component in soilless growing media. Bioresource Technology 96: 597-603. Benito M., Masaguer A., Moliner A., De Antonio R. 2006. Chemical and physical properties of pruning waste compost and their seasonal 72 Rea et al. variability. Bioresource Technology 97: 20712076. Bibbiani L., Pardossi A., 2004. 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Copyright © by Centro Scientifico Italiano dei Fertilizzanti Nuovi substrati per la produzione di piantine e tappeti erbosi da rizollatura Sergio Miele1*, Simone Magni1, Enrica Bargiacchi2 1 Università di Pisa, Dipartimento di Agronomia e Gestione dell’Agroecosistema, via S. Michele degli Scalzi 2, 56124 Pisa 2 Consorzio I.N.S.T.M., via Giusti 9, 50121 Firenze *Corresponding author: tel. 050 2218 939, Fax 050 2218 970,e-mail: [email protected] Riassunto A fronte dei noti vantaggi, la tecnica del float system per la produzione di piantine da trapianto presenta gli inconvenienti di richiedere torba di qualità standardizzata ed elevati costi di acquisto, movimentazione e smaltimento dei vassoi alveolari in polistirene. Al fine di ridurre la dipendenza da fonti non rinnovabili di materie prime, contenere i costi e ridurre l’impatto ambientale dovuti all’uso dei suddetti vassoi, è stato sviluppato e brevettato un nuovo substrato di crescita. Tale substrato, detto “torba aggregata” è costituito (p/p) per l’80% da acqua, per il 12-15% da torba e per il 5-8% da poliuretano MDI ed è caratterizzato da porosità aperta, rapporto costante tra macro- e microporosità, densità apparente di 0,524 kg×dm-3, pH 6,2, CE 213 µS×cm-1, azoto totale 4,52% e carbonio totale 8,01%. Le caratteristiche peculiari della torba aggregata sono la stabilità del suo stato di aggregazione, e quindi la possibilità di realizzare manufatti morfologicamente definiti e stabili, e la biodegradabilità dei componenti, che ne costituisce la premessa per un impiego ecocompatibile. Con tale materiale sono stati realizzati pannelli di dimensioni simili ai convenzionali vassoi in polistirene, sia suddivisi in “cubetti” che svolgono la funzione degli alveoli dei vassoi tradizionali, sia in unico pezzo non suddiviso. L’attività sperimentale relativa a questo nuovo substrato si è sviluppata su più linee. Una linea di ricerca ha riguardato la determinazione dell’effettiva biodegradazione della torba aggregata, sia secondo i test di biodegradabilità e compostabilità previsti dalle norme europee, sia come studio della degradazione che si verifica a seguito dell’incubazione nel terreno in condizioni di pieno campo. Una seconda linea di ricerca ha valutato l’impiego della torba aggregata nel ciclo di produzione di piantine di tabacco ed i riflessi di questa tecnica sull’impiego di torba, i tempi di produzione, lo stress post-trapianto, l’impiego di manufatti in polistirene e la predisposizione al trapianto completamente meccanizzato. Una terza linea di ricerca ha affrontato l’uso di questo substrato per la produzione di tappeti erbosi precostituiti indagando alcuni aspetti della nuova tecnica rispetto a quella convenzionale attuata in piena terra. Parole chiave: Float system, torba aggregata, poliuretano, biodegradabilità, tappeti erbosi, tabacco. Novel growing media for the production of transplant seedlings and turfgrass sod Abstract Float system (FS) transplant seedling production is widely used for its clear advantages. However, it has some major drawbacks: it needs a standardized quality peat source and has high costs of purchase, handling and disposal of the polystyrene foam (PSF) trays. In order to overcome the dependence upon non-renewable sources and reduce the economic and environmental costs due to the after service disposal of the PSF trays, a new growing medium was developed and patented. The composition of this “aggregated peat” is (w/w): 80% water, 12-15% peat and 5-8% MDI polyurethane. It has an open porosity, a constant macro- e micro-porosity ratio, a bulk density of 0.524 kg×dm-3, pH 6.2, EC 213 µS×cm-1, total nitrogen content 4.52% and total carbon content 8.01%. The key characteristics of the aggregated peat are the stability of its aggregation, allowing to shape definite and stable objects, and the biodegradability of its components, which is the basis for its environmentally friendly use in the field. The aggregated peat was used to make seeding units, with length and width similar to those of PSF trays. Each unit is made of several cubic plugs set together, each one intended for receiving one seed. In order to enhance floating, each unit was laid on a polystyrene foam panel of the same dimensions. The experimental activity on this growing medium focused on three main issues. The first one consisted in the study of the degradation occurring after soil incubation under open field conditions and in the investigation of the actual biodegradation of the aggregated peat, according both to the biodegradability and compostability tests, as specified by the EC’s norms. The second research activity has been carried out to assess the practical implications of the use of this new growing medium in the production of tobacco transplant seedlings. In this respect, in comparison with a conventional peat medium, the aggregated peat induced a quicker growth of the seedlings in the nursery and a reduced transplant stress in the field. Peat and PSF consumptions were reduced and the system allowed to exploit fully automatic transplanting. A third research area concerned the evaluation of alternative applications for the new growing medium in FS conditions, i.e. the production of turfgrass sods. The current sod production is carried out in open field and the new technique could achieve a longer production season, a prolonged shelf life of the sod and the possibility of growing - however only for a determined elapse of time - a soilless turf with reduced or no maintenance. Fertilitas Agrorum 3 (1) 2009 74-80 74 Miele et al. Keywords: Float system, aggregated peat, polyurethane, biodegradability, turf, tobacco. Torba aggregata: caratteristiche e modalità di utilizzo La tecnica di produzione di piantine in float system è ampiamente adottata per i suoi numerosi vantaggi. Nel caso del tabacco, consente di ottenere piantine di elevata qualità, uniformi nello sviluppo, con elevata velocità di affrancamento dopo la messa a dimora, ed al contempo di ridurre considerevolmente l’impiego di manodopera in tutte le fasi del ciclo produttivo che precedono il trapianto. Alcuni aspetti del sistema suscitano però perplessità, in particolare l’uso di torba, di qualità standardizzata in quantità consistenti, che mal si concilia con la crescente scarsità di una risorsa non rinnovabile, i cui costi dipendono in maniera crescente dal trasporto dai siti di produzione. A tale riguardo, nel tempo, si sono succeduti numerosi studi sull’uso di materiali diversi da utilizzare in miscela con la torba e tra questi si possono ricordare la vermiculite, la perlite, la fibra di cocco (coir), la corteccia di pino compostata ed altri (Carrasco et al., 2000; Hensley, 2003; Pearce et al. 1999 ; Ross et al., 1998). Un ulteriore aspetto di crescente preoccupazione è legato all’uso dei contenitori alveolari in polistirene espanso che, oltre ai costi di acquisto e movimentazione, pongono questioni economiche ed ambientali di rilievo al momento dello smaltimento a fine ciclo produttivo. Il miglioramento della tecnica di produzione basata sul float system, tuttavia, non può prescindere dal considerare congiuntamente i problemi relativi al substrato di crescita e quelli riconducibili ai contenitori alveolari e pertanto, per l’innovazione del sistema, sono stati individuati come prioritari molteplici obiettivi, tra i quali la formulazione di un substrato di crescita economico ed affidabile per la produzione di piantine di qualità, la riduzione dell’impiego di torba e, in prospettiva, la conversione della tecnica all’uso di materiali rinnovabili, la riduzione o eliminazione dell’uso di manufatti in polistirene ed, infine, la completa meccanizzazione del trapianto. Sulla base di tali premesse, è stato concepito e brevettato un nuovo substrato di crescita, denominato “torba aggregata”. Il substrato è costituito da torba, il cui stato di aggregazione è ottenuto mediante l’uso di un polimero appartenente alla categoria chimica dei poliuretani (da solo o in miscela a metilenurea), ed in particolare il prepolimero metilen difenil diisocianato (MDI), la cui polimerizzazione avviene in presenza di acqua. Al fine di ottenere un 75 materiale con i necessari requisiti di sicurezza di impiego ed ecocompatibilità, le materie prime che concorrono alla sua formulazione, ed in particolare la componente polimerica, sono stati scelti per la loro atossicità e biodegradabilità. Le principali caratteristiche chimico-fisiche del prodotto risultante sono state determinate, secondo quanto prescritto dall’Allegato 2 “Ammendanti” al D.Lgs. n° 217 del 29-04-2006 utilizzando i Metodi Ufficiali di Analisi per i Fertilizzanti; i risultati ottenuti sono riportati in Tabella 1. Tabella 1. Caratteristiche chimico-fisiche della torba aggregata (analisi previste dal D.Lgs. n° 217 of 29-04-2006 per la categoria “ammendanti” compostati). Table 1. Chemical-physical characteristics of aggregated peat (analyses as prescribed by D.Lgs. n° 217 of 29-042006 for composted amendments). Parametro Umidità Umidità dopo centrifugazione Densità apparente pH (1:2,5 acqua, a 25°C) Conducibilità elettrica (1:2,5 acqua, a 25°C) Azoto totale (N) (con umidità 80%) Carbonio totale (C) (con umidità 80%) Potassio (K2O) (nel lisciviato) Fosforo (P2O5) (nel lisciviato) Cloruri (Cl) (nel lisciviato) Nitrati (N) (nel lisciviato) Solfati (S) (nel lisciviato) Sodio (Na) (nel lisciviato) Magnesio (Mg) (nel lisciviato) Calcio (Ca) (nel lisciviato) Ferro (Fe) (nel lisciviato) Manganese (Mn) (nel lisciviato) Zinco (Zn) (nel lisciviato) Rame totale (Cu) Unità di misura % p/p % p/p kg×L-1 Valore µS×cm-1 80,60 0,00 0,524 6,2 213 % p/p 4,52 % p/p 8,01 mg×kg-1 mg×kg-1 mg×kg-1 mg×kg-1 mg×kg-1 mg×kg-1 mg×kg-1 mg×kg-1 mg×kg-1 mg×kg-1 50,82 25,09 72,68 12,41 187,51 23,82 16,86 79,98 tracce tracce mg×kg-1 mg×kg-1 0,028 0,014 Dai dati analitici risulta che i principali componenti sono il carbonio e l’azoto, in rapporto circa Nuovi substrati per la produzione di piantine e tappeti erbosi da rizollatura di 2:1. Non si riscontra nessun rischio da salinità e precedenti indagini (dati non riportati) indicano che molta dell’acqua presente nel substrato è disponibile per le piante. Grazie alla innovativa formulazione ed al processo di produzione (Bargiacchi et al., 2004a; 2004b) il substrato di crescita si dimostra autoportante, idoneo cioè a costituire manufatti di forma e dimensioni stabili ed in grado di sostenere la crescita delle piante in un sistema float senza l’uso di contenitori alveolari e mantenendo al contempo invariate due importanti prerogative di valore agronomico, quali la porosità di tipo aperto ed il rapporto tra macro- e micro-porosità. Con tale materiale possono essere realizzati pannelli continui o pannelli suddivisi in cubetti, analoghi per volume e funzione agli alveoli dei contenitori alveolari. Allo scopo di effettuare confronti con i convenzionali contenitori alveolari sono stati realizzati pannelli di dimensioni uguali a quelle dei contenitori di polistirene, detti “unità di trapianto”. Le unità di trapianto sono state realizzate con suddivisioni in cubetti di dimensioni diverse (cubetto grande = 3×3×4,5 cm; cubetto piccolo = 2×2×3 cm) e, per ciascuna dimensione, sono state messe a confronto tre diverse sedi di alloggiamento del seme (forma a “X”, a “U” ed a “V”). Per poter impiegare il nuovo substrato di crescita nel sistema float è stato necessario conferirgli una sufficiente galleggiabilità e a tale scopo le unità di trapianto sono state adagiate su fogli di polistirene di uguali dimensioni. Al fine di impedire alle radici di colonizzare il materiale deputato al galleggiamento, e per conferire all’unità di trapianto una maggiore rigidità per facilitarne la manipolazione, fra il substrato di crescita ed il pannello di polistirene è stato interposto un foglio di materiale plastico. L’attività sperimentale relativa alla applicazione di questo nuovo substrato si è sviluppata su più linee. Una linea di ricerca ha riguardato la determinazione della biodegradazione della torba aggregata, una seconda linea di ricerca ha valutato le ricadute pratiche ed operative nel ciclo di produzione di piantine di tabacco ed infine, una terza linea di ricerca ha considerato applicazioni diverse da quella della produzione di piantine, tra cui l’uso di pannelli di torba aggregata per la produzione di tappeti erbosi precostituiti, da rizollatura. Biodegradazione della torba aggregata. Al fine di determinare al biodegradabilità della torba aggregata sono in corso i test di compostabilità dei materiali condotti secondo la normativa europea (EN2000:13432) ed i test di biodegradabilità dei materiali plastici (metodo SMT 4 CT97-2167), in collaborazione con l’unità di ricerca del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa. In parallelo a tali determinazioni, è stata condotta una prova di biodegradazione sottoponendo alcuni cubetti di torba aggregata ad una incubazione di 75 giorni nel terreno, in pieno campo, presso la Fattoria Autonoma Tabacchi di Città di Castello (PG). Mediante analisi spettrometriche e gascromatografiche è stato possibile effettuare una prima valutazione qualitativa delle modificazioni indotte dall’incubazione a carico della struttura chimica del materiale in analisi. A tale proposito si riportano in Figura 1 gli spettri registrati sul materiale integro e sul materiale incubato. Le analisi mostrano che alcune delle specie chimiche rilevate sul campione iniziale non sono più reperibili nel campione incubato e tali modificazioni della natura chimica dei composti in prova costituiscono una prima indicazione sull’esistenza di processi di trasformazione della torba aggregata quando questa viene esposta alle condizioni di impiego in campo. Figura 1. Spettri gascromatografici registrati sul materiale integro e sul materiale incubato 75 giorni nel terreno in condizioni di pieno campo. Figure 1. Gaschromatograms of the material before and after 75 days of incubation in soil at field conditions. 76 Miele et al. Le analisi di compostabilità e di biodegradabilità potranno completare il quadro delle informazioni al riguardo, fornendo indicazioni sui processi di trasformazione della torba aggregata in ambiente aerobio e consentendo di stimare la velocità e l’efficienza con cui la torba aggregata potrebbe mineralizzarsi nel terreno. Produzione di piantine di tabacco. Le unità di trapianto realizzate con il nuovo substrato di crescita sono state utilizzate in alcuni cicli di produzione di piantine di tabacco e confrontate con i convenzionali contenitori alveolari. In particolare, come contenitori di confronto sono stati utilizzati i tipici vassoi a 190 alveoli, riempiti di torba, con peso specifico di 307 g×L-1 al 61% di umidità in peso. I vassoi convenzionali e le unità di semina sperimentali sono stati seminati con seme confettato di tabacco “Virginia Bright” della varietà K326 e quindi immessi nella vasca di allevamento, nella quale è stato successivamente aggiunto un fertilizzante idrosolubile avente titolo 18.10.18+2 MgO alla concentrazione di 180 ppm N. Un secondo intervento di concimazione è stato effettuato 20 giorni più tardi con nitrato di ammonio 33/34 alla concentrazione di 100 mg×kg N. Le unità di semina ed i vassoi alveolari sono stati distribuiti nelle vasche di allevamento secondo un disegno sperimentale a blocco randomizzato con quattro replicazioni. Sono stati studiati due cicli produttivi: a partire dalla prima settimana di aprile nell’anno 2004 e a partire dalla prima settimana di maggio nell’anno 2005. Nella prova del primo anno sono state utilizzate unità di trapianto con cubetti di dimensioni “grande “ e “piccola” aventi la sede di semina conformata “x”. Nel secondo anno sono state inserite nel confronto anche le sedi di semina conformate a “V” e a “U”. Tra i 15 e i 18 giorni dalla semina sono state determinate la percentuale di germinazione e di piantine mancanti e l’incidenza di radici spiralate (come percentuale sul totale delle celle seminate). A 5 e 8 settimane dalla semina è stato valutato il numero di piante utili, prelevando le piante giudicate idonee al trapianto per taglia e condizione fitosanitaria. La tosatura delle piante è avvenuta quando queste avevano raggiunto l’altezza media di 5-7 cm. Metà delle piante ottenute in vivaio (due delle quattro repliche di ciascun trattamento) è stata messa a dimora in campo per studiare la velocità di superamento della crisi da trapianto e il tempo di affrancamento. I risultati hanno indicato che la germinazione del tabacco non è stata significativamente influenzata dalla dimensione dei cubetti di torba aggregata, con valori superiori al 92% nella maggioranza dei trattamenti e nel testimone. Un valore minore del 90% è stato rilevato solo nel caso in cui la torba ag- 77 gregata aveva una sede di alloggiamento del seme ad “U” e ciò è da attribuire all’uscita dei semi dal loro alloggiamento durante la semina o la manipolazione delle unità di semina (Tabella 2). Tabella 2. Percentuale di germinazione a 15-18 giorni dalla semina. Per la torba aggregata i valori riportati rappresentano l’effetto medio delle dimensioni “grande” e “piccolo”. Table 2. Percentage of seed germination at 15-18 days after sowing. Values reported for aggregated peat represent the mean effect observed for “big” and “small” cube size. Trattamenti 2004 2005 ____________ Controllo Torba aggregata, sede seme a “X” Torba aggregata, sede seme a “U” Torba aggregata, sede seme a “V” DMS (P ≤0.05) 94 96 % _____________ 92 95 - 88 - 94 n.s. 4 Nei due anni di prova si sono avute fallanze successive alla germinazione, per effetto di idrofobicità del substrato, in misura del 3-4% e solo nel caso dei vassoi alveolari convenzionali (dati non riportati). Tali valori sono da ritenere molto bassi. L’incidenza di radici spiralate è stata significativamente (P ≤0.05) più elevata in corrispondenza della sede di semina a “U”, rispetto a quelle a ”V” e ad “X” (Tabella 3). Tale comportamento è probabilmente da attribuire al processo di formazione della sede di semina stessa: nel caso della forma a “U” la parete interna della cavità risulta infatti rivestita da una sottile pellicola. Tabella 3. Percentuale di radici spiralate a 15-18 giorni dalla semina. Per la torba aggregata i valori riportati rappresentano l’effetto medio delle dimensioni “grande” e “piccolo”. Table 3. Percentage of spiralized roots at 15-18 days after sowing. Values reported for aggregated peat represent the mean effect observed for “big” and “small” cube size. Trattamenti 2004 _______ Controllo Torba aggregata, sede seme a “X” Torba aggregata, sede seme a “U” Torba aggregata, sede seme a “V” DMS (P ≤0.05) 3 1 2005 % _______ 4 2 - 12 - 4 2 5 Nuovi substrati per la produzione di piantine e tappeti erbosi da rizollatura La tosatura delle piante è stata effettuata a 25 e 30 giorni dalla semina nel 2004 e a 32 e 38 giorni dalla semina l’anno seguente, rispettivamente nel substrato innovativo e in quello convenzionale, in modo del tutto indipendente dalla dimensione dei cubetti e dalla forma delle sede di deposizione del seme. I risultati ottenuti hanno mostrato che con la torba aggregata lo stadio di sviluppo al quale si rende necessario l’intervento è stato raggiunto con cinque giorni di anticipo rispetto al sistema convenzionale in entrambi gli anni di prova (dati non riportati). Relativamente al numero di piante utilizzabili ottenute a otto settimane dalla semina, le sedi di semina ad ”X” ed a “V” ed il controllo hanno fatto registrare i migliori risultati, confermando che l’apparato radicale spiralato ed il corrispettivo portamento a spirale del fusto (condizioni piuttosto frequenti con la sede ad “U”) sono tra le cause più importanti della scarsa qualità delle piantine (Tabella 4). La percentuale di piante utilizzabili è variata in rapporto alla dimensione dei cubetti a 5 settimane dalla semina in entrambi gli anni di prova. In particolare il cubetto “grande” ha fatto registrare un numero di piante utilizzabili significativamente superiore a quello “piccolo” (tipo a “X” nel 2004 e tipi a “X” e “V” nel 2005). Inoltre il cubetto “grande” mostra, nei due anni, valori percentuali di piante utili a 5 settimane dalla semina non diversi da quelli fatti registrare a 8 settimane. In sintesi, un cubetto di torba aggregata di dimensione “grande” sembra più vantaggioso rispetto al tipo “piccolo” in quanto con una permanenza in semenzaio più breve (5 settimane anziché 8) può consentire di ottenere un più elevato numero di piante utilizzabili. Optando per permanenze più lunghe, 8 settimane, il cubetto “piccolo” produce comunque risultati analoghi a quello “grande”. Il comportamento delle piante dopo il trapianto è stato significativamente influenzato dal tipo di tecnica di produzione in vivaio. Sia la dimensione “grande” che “piccola” del cubetto, indipendentemente dalla forma di alloggiamento del seme, hanno determinato una minore perdita di piante rispetto al controllo. Inoltre, la velocità di recupero dalla crisi da trapianto registrata con le piante ottenute con torba aggregata in cubetti di dimensioni maggiori è risultata più elevata rispetto alle altre tecniche a confronto. Le differenze sono rimaste evidenti nella successiva crescita delle piante fino alla fase della cimatura. I dati relativi all’allevamento delle piante in campo non sono riportati nel presente lavoro e costituiranno oggetto di una futura pubblicazione. Tabella 4. Percentuale di piante utilizzabili a 5 e 8 settimane dalla semina. Effetto della interazione tra dimensione del cubetto (“grande” e “piccolo”) e forma della sede di semina (“X”, “U” e “V”). Table 4. Percentage of usable plants at 5 and 8 weeks after sowing. Effect of interaction between cube size (“big” and “small”) and seed niche shape (“X”, “U” and “V”). Trattamenti 2004 5 settimane 2005 8 settimane ________________________________ Controllo TA† “grande” “X” TA “grande” “U” TA “grande” “V” TA “piccolo” “X” TA “piccolo” “U” TA “piccolo” “V” DMS (P ≤0.05) † TA = torba aggregata 49 84 58 - 88 93 90 11 5 settimane 8 settimane % ________________________________ 41 86 81 93 63 74 80 90 55 88 48 72 52 87 14 78 Miele et al. Produzione di tappeti erbosi. La torba aggregata si presta ad essere prodotta in pannelli di dimensioni e spessori variabili. Il processo di produzione industriale è inoltre condotto a temperatura ambiente e con materiali non fitotossici. Organi di riproduzione gamica ed agamica delle piante possono pertanto essere incorporati al materiale al momento della sua preparazione o in una fase immediatamente successiva, senza comprometterne la vitalità. Al fine di sviluppare applicazioni alternative del materiale, sono state realizzati dei pannelli di torba aggregata contenenti semi o stoloni di specie graminacee da tappeto erboso. Tali pannelli sono stati successivamente immessi nel ciclo di allevamento in float system, in modo analogo a quanto avviene per la produzione delle piantine di tabacco. Le specie da tappeto erboso sono state considerate sia in funzione delle analogie che presentano con altre piante allevate in vivaio, successivamente destinate alla messa a dimora in piena terra, sia per la possibilità di valorizzare le strutture produttive del float system dedicate al tabacco o ad altre specie orticole in quanto, data la scarsa affinità botanica con queste due ultime categorie di piante, non vi è aumento della pressione di fitopatie sulle colture che si alternano nell’uso della stessa struttura. La produzione di piante non destinate al consumo alimentare, inoltre, non presenta problemi di incompatibilità relativi ad eventuali residui di fitofarmaci che dovessero provenire dal tabacco. L’attuale tecnica di produzione di tappeto erboso da trapianto (operazione che nel caso specifico prende il nome di “rizollatura”) si realizza su superfici di pieno campo e la raccolta del prodotto avviene asportando il cotico (costituito da piante ed un sottile strato di terreno) che è successivamente messo a dimora nella sede definitiva. La tecnica di produzione basata sull’uso di torba aggregata e sull’allevamento in float system consente di operare in modo svincolato dalla stagionalità delle condizioni ambientali e di ottenere un prodotto privo di residui di terreno, più leggero a parità di superficie, e con una capacità di sopravvivenza molto maggiore rispetto al convenzionale cotico di prato precostituito. Inoltre, mancando una vera e propria fase di espianto con taglio delle radici, il tappeto erboso su torba aggregata non è soggetto a stress da trapianto e dà luogo ad una pronta radicazione, una volta messo a dimora sul terreno. L’allevamento su substrato artificiale ed in ambiente protetto garantiscono, inoltre, una presenza pressoché nulla di infestanti e di residui di fitofarmaci, conferendo così al prodotto un particolare pregio. Sotto il profilo tecnicologistico, la tecnica di reimpianto attualmente adottata per i tappeti erbosi precostituiti necessita poi di particolare tempestività nelle fasi di espianto, tra- 79 sporto e successiva messa a dimora, compresa la disponibilità della frigoconservazione in lunghi periodi dell’anno. La vitalità del prodotto ed il successo delle operazioni dipendono largamente dalla sopravvivenza limitata del tappeto erboso una volta privato dell’apparato radicale. Il tappeto erboso radicato in torba aggregata, al contrario, non teme periodi di trasporto o di stoccaggio, potendo contare su un substrato ad elevata ritenzione idrica e su un apparato radicale integro e attivo. Queste prerogative consentono, per determinati periodi di tempo, l’allevamento fuori suolo del tappeto erboso stesso, a vantaggio delle numerose applicazioni nel settore dei servizi e dell’arredo urbano che si prospettano sempre più nelle economie avanzate. I dati relativi alla applicazione della torba aggregata nella produzione di tappeti erbosi da trapianto non sono qui riportati e saranno pubblicati in successivo lavoro. In conclusione si può affermare che la torba aggregata rappresenta un promettente strumento per la riduzione dell’uso di torba tal quale nella produzione di piantine da trapianto sia di tabacco che di altre specie orticole. Il principale vantaggio agronomico di questo substrato di crescita può essere individuato nella stabilità del rapporto tra macro- e microporosità che favorisce la radicazione, la precoce crescita delle plantule in semenzaio ed il loro pronto affrancamento dopo il trapianto, con significativo vantaggio osservato su tabacco a carico della crescita e della precocità delle piante. Tutte queste caratteristiche sono di notevole importanza in aree come quelle dell’Europa, nelle quali la stagione di crescita in campo di questa coltura risulta particolarmente ridotta. Con la tecnica della torba aggregata viene evitato l’uso dei vassoi di polistirene, mentre i pannelli dello stesso materiale, impiegati per garantire il galleggiamento del substrato di crescita, sono ampiamente riutilizzabili in più cicli produttivi. Il film plastico interposto tra il substrato ed il pannello di galleggiamento garantisce infatti che le radici non colonizzino tale pannello, a tutto vantaggio non solo della sua integrità, ma anche degli aspetti fitosanitari. La completa automazione della fase di trapianto, a cui la nuova tecnica è particolarmente vocata, potrebbe costituire un ulteriore vantaggio nella adozione della torba aggregata e un valido mezzo per la riduzione dei costi dell’intero processo produttivo. Diversi aspetti della nuova tecnica meritano ulteriori indagini. In particolare, la sostituzione della torba con materiali meno costosi e ottenuti da fonti rinnovabili e l’adozione di pannelli per il galleggiamento realizzati con materiali più ecocompatibili, rispetto al polistirene attualmente impiegato. Un al- Nuovi substrati per la produzione di piantine e tappeti erbosi da rizollatura tro aspetto di interesse per la ricerca futura riguarda la possibilità di ridurre la profondità dell’acqua nelle vasche di allevamento, dal momento che la funzione di volano termico espletata dall’acqua potrebbe essere di minore importanza in presenza di un materiale, come la torba aggregata, i cui scambi gassosi (e termici) con l’atmosfera dipendono in larga misura dalla stabilità dei macropori. Ringraziamenti Si ringraziano per la collaborazione la Società Martini S.p.A. di Coenzo (PR) per la fornitura del materiale sperimentale; il sig. Massimiliano Brachelente e lo staff tecnico della Fattoria Autonoma Tabacchi di Città di Castello (PG) per la realizzazione delle prove. Bibliografia Bargiacchi E., Foschi L., Magni S., Martini F., Martini N., Miele S., Volterrani M. (2004). Processo per la preparazione di un substrato composito biodegradabile per lo sviluppo di piante a propagazione gamica o agamica. Appl. Pat. No. MI2004A001786, 17-09-04. Bargiacchi E., Foschi L., Magni S., Martini F., Martini N., Miele S., Volterrani M. (2004b). Substrato composito biodegradabile per lo sviluppo di piante a propagazione gamica e agamica. Appl. Pat. No. MI2004A001777, 17-09-04. Carrasco G., Rebolledo P., Valverde P., Urrestarazu M. (2000). Substrates for Tabacco Transplants Production in Float System. World Congress on Soilless Culture: Agriculture in the Coming Millennium. ISHS Acta Horticulturae, 554. EN 2000. Requirements for packaging recoverable trough composting and biodegradation – Test scheme and evaluation criteria for the final acceptance of packaging. Method No. 13432. Hensley R. A. (2003). Burley. The Float System for Producing Tobacco Transplants. http://www.utextension.utk.edu/tobaccoinfo/, ch.5.a. Martini F., Miele S., Bargiacchi E., Brugnoni D., Onofri A., Volterrani M., Martini N., Magni S., Foschi L. (2004). Metodo per la germinazione di semi e lo sviluppo di parti vegetative di piantine in coltivazione idroponica. Domanda di brevetto per invenzione industriale N° MI2004A 002318 del 02-12-04. Pearce B., Zeleznik J. (1999). Evaluation of Soilless Media Used in Tobacco Float Systems. Univ. of Kentucky, Agronomy Notes, 31, 5. Ross D., Teffean K.M. (1998). Greenhouse Float Systems for Transplant production. Univ. of MD, FS-690. Smith D. W., Fisher L. R., Spears J. F. (2004). Transplant Production in the Float System. North Carolina State University. http://ipm.ncsu.edu/Production_Guides/Fluecured/2003/chptr4.pdf. SMT 4 CT97-2167. Labelling biodegradable products. Final Consolidated Report, Volume 1: Main Report. Partners: Cemagref, ATO DLO, VTT, GBF, CATAR, CreeD, Novamont, Dangerous Good Management. 80