PUNTI SALIENTI PER UNA VISITA AL MUSEO
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PUNTI SALIENTI PER UNA VISITA AL MUSEO
PUNTI SALIENTI PER UNA VISITA AL MUSEO DEL RISORGIMENTO A MILANO Prima bandiera italiana proposta da Napoleone ai volontari lombardi nel 1796 : i tre colori sono quelli della Rivoluzione francese; il motto nel cartiglio è “ Eguaglianza o morte “; le foglie di quercia ornano e racchiudono i simboli dei pugnali di Cassio e Bruto, il berretto frigio, e l’archipendolo massonico. Ai tempi di Napoleone si diceva che un ussaro che arriva ai trent’anni è un codardo ! Fanteria – Infanteria : perché i famigli come tradizione feudale seguivano i loro ufficiali o a piedi o sui carri. Si può notare in qualche immagine dell’epoca che il soldato d’artiglieria ha le labbra annerite dal salnitro contenuto nella cartuccia di carta che veniva strappata coi denti; si tenga presente inoltre che soltanto una volta su cinque la scintilla accendeva la miccia. C’era bisogno dunque di un lungo apprendistato e ciò ha dato luogo alla frase : essere alle prime armi. E’ conservato il vestito di Napoleone per la incoronazione a re d’Italia, avvenuta a Milano nel 1805. Egli usô tre corone : a foglie d’alloro ( cfr. ritratto dell’Appiani ), la corona ferrea originale che perô era un oggetto di 30/60 cm di diametro e che fu dunque sostituita con un facsimile. A questo proposito si ricorda che Vittorio Emanuele II non potè cingerla perché scomunicato ( ben tre volte ! ). Nella tradizionale iconografia del Congresso di Vienna del 1815 si può notare come Wellington sia stato aggiunto a sinistra perché nel frattempo aveva sconfitto Napoleone a Waterloo dopo i cosiddetti 100 giorni; mentre l’ambasciatore inglese è significativamente al centro della immagine; Talleyrand invece porta la parrucca, sebbene fosse stato a suo tempo un uomo della Rivoluzione ! Questo è il proclama di Bellegarde del 5 aprile 1815. Affermava che “la Germania era scesa con numerose truppe a sola difesa d'Italia” ; filo austriaco egli usò per debellare gli ultimi focolai di resistenza francese l’armata austriaca in Italia (circa 50 000 uomini); una parte (circa 25 000 uomini) fu corpo di spedizione (affidato al generale viennese di padre comasco Federico Bianchi, sotto l’alto comando di Johann Maria Philipp Frimont) per attaccare Il 2 maggio Gioacchino Murat, che fu sconfitto nella battaglia di Tolentino e il 19 maggio si imbarcò per la Francia. Il 2 giugno gli Austriaci poterono far rientrare a Napoli Ferdinando IV di Borbone, sulla punta delle loro baionette. Di lì a pochi giorni, il 9 giugno si concluse il Congresso di Vienna: Napoleone era stato sconfitto a Waterloo (18 giugno), abdicò e partì per l’esilio a Sant’Elena (22 giugno). Il successivo 13 ottobre la partita con Murat, sopravvissuto a sé stesso ed alla storia, si concluse con la sua fucilazione a Pizzo Calabro, dove era sbarcato il 5 ottobre precedente. Si potrebbe leggere, a contrasto, il testo di Ugo Foscolo, Della servitù dell’Italia Io Ugo Foscolo mi sperava che voi, come vecchi, e sperimentati oggimai della indegnità de' clamori, avreste, dopo la rovina del Regno d'Italia, sagacissimamente taciuto; nè so ch'altri, se pur non era gazzettiere o sì fatto venditore di novelle, avrebbe mai rotto il silenzio. Perchè, e a chi mai sarebbe importato di professarsi storico dell'Italia presente? Non già agli stranieri, da che, paragonando le storie delle loro nazioni alle nostre, conoscerebbero le nostre di sì meschina curiosità in sè medesime, e sì indifferenti all'ordine dell'Europa, da non meritare le cure de' loro scrittori; e peggio assai dopo i termini a che voi pure avete ridotto la patria; nè degneranno di far parola mai dell'Italia, se non se forse per noverare le battaglie ch'ei v'hanno vinto o perduto, e i tributi che abbiamo pagato. E non a noi; a noi non toccava di sfasciare le piaghe nostre, e farne spettacolo di ribrezzo alle genti, e di scherno: giacchè, o avremmo tentato d' illudere con mentiti vanti l'Europa veggente, e l'onta nostra si sarebbe accresciuta; o avremmo narrato la verità, e che altro si sarebbe potuto conchiudere se non questo? « Gl'Italiani, quasi tutti concordi a bramare l'indipendenza, furono sì diffidenti fra loro, e sì discordi ne' mezzi, e si poco deliberati nel proponimento di racquistarla, che anzi hanno, e magistrati, e cittadini, e plebe, ed esercito, congiurato a riconfermare su la loro patria il servaggio. » E bastasse! ma, col somministrare la storia della loro propria stoltezza, giustificheranno quel principe che nel calpestarli dicesse: — E' sono pur nati a servire; e il confessano. — Vero è che alle volte una magnanima confessione redime il fallo; nè d'altra parte il tacere può menomare ne' potenti la naturale opinione che i deboli siano creati a obbedire; nè pare che i nostri nuovi dominatori si mostrino sì inumani da giovarsi delle nostre parole come di pretesto a tiranneggiare l'Italia, anzichè governarla; chi 'l niega? ma e chi non doveva altresì prevedere che le nostre parole non avrebbero già dato pretesto, bensì necessità vera agli Austriaci da tenerci sotto più rigida signoria? Si passa alle sale dove sono conservati documenti e cimeli delle Cinque Giornate di Milano ( 18 – 23 marzo 1848 ); ci si può soffermare sul plastico di Milano e in particolare osservare il Castello Sforzesco dove si asserragliarono Radetzky e le sue truppe; accenno alle barricate nei pressi del Lazzaretto e alle piccole mongolfiere che portavano messaggi dalla città alla campagna. Anche le vicende della Repubblica Romana ( 9 febbraio 1849 – 4 luglio 1849 ) sono ben evidenziate nel quadro di Filippo Vittori con la morte di Luciano Manara ( a 26 anni ) e di Goffredo Mameli ( a 22 anni ). Il verso Siam pronti alla morte lo si capisce se si riflette su questi dati anagrafici ! La prima guerra di Indipendenza si chiude con le testimonianze su Giuseppe Garibaldi. In particolare si può esaminare il quadro di Pietro Bouvier : La morte di Anita. Tre sono le figure del quadro : il maggiore Leggiero, che indica una casa sullo sfondo delle paludi di Comacchio, Garibaldi che sostiene ansiosamente la sua donna, ed Anita, pallida, con la febbre alta a causa della malaria ed incinta. L’immagine è congruente con quanto l’eroe dei due mondi ci racconta nelle sue Memorie, fatto salvo che i due vennero trasportati nella casupola su un carretto. In punto di morte, Garibaldi sfilerà l’anello dal dito di Anita e si vedrà costretto a lasciarla lì perché gli Austriaci sono nei paraggi. Altra figura del nostro Risorgimento ben rappresentata è quella di Giuseppe Mazzini, che negli anni Trenta aveva fondato la Giovane Italia, i cui motti erano “ Dio e popolo “ “Pensiero e azione”, e che aveva avuto una rapidissima espansione in tutti gli stati italiani. Nel 1848 Mazzini si adoperò per realizzare un fronte patriottico più vasto possibile, rimandando a vittoria conseguita lo scontro sulla questione politicoistituzionale. L’immagine conferma il giudizio dei contemporanei, cioè Cavour aveva il coraggio del giocatore più che il coraggio di un militare. In vista della II° guerra di Indipendenza lo statista piemontese operò con grande accortezza per arrivare pronto alla dichiarazione di guerra all’Austria; quando le truppe e i volontari furono concentrati sul Ticino ( primi di maggio del 1859 ) egli pronunciò queste parole : Alea iacta est ! Qua si vince! Ed adesso andiamo a mangiare ! Le prime battaglie si svolsero a Magenta ( 4 giugno ), dove morirono sul campo 10.000 austriaci e soltanto 5 francesi. A Solferino ( 24 giugno ) la battaglia durò 14 ore e morirono più di 30.000 uomini, secondo la testimonianza del medico svizzero, che dopo questa carneficina decise di costituire il primo nucleo della Croce Rossa. Infatti quando Jean Dunant arriva in Lombardia, nel pieno della II guerra d'indipendenza italiana, scoppia a Solferino, il 24 giugno del 1859, una delle battaglie più sanguinose che l'Europa abbia mai vissuto. Dunant rimane sconvolto dal numero impressionante dei feriti e dei morti, ma soprattutto dal fatto che essi vengano abbandonati a loro stessi: "Qui si svolge una lotta corpo a corpo, orribile, spaventosa; Austriaci ed Alleati si calpestano, si scannano sui cadaveri sanguinanti, s'accoppano con il calcio dei fucili, si spaccano il cranio, si sventrano con le sciabole o con le baionette; è una lotta senza quartiere, un macello, un combattimento di belve, furiose ed ebbre di sangue; anche i feriti si difendono sino all'ultimo: chi non ha più un'arma afferra l'avversario alla gola, dilaniandogliela con i denti." La battaglia di Magenta di Girolamo Induno La battaglia di Solferino La visita si conclude con le sale dedicate all’impresa dei Mille e alla proclamazione del Regno di Italia. Ecco alcune divise di garibaldini oppure l’incontro dopo l’ Unità fra Garibaldi e Vittorio Emanuele, dipinto dall’Induno nel 1875: