Chiesa e comunicazione in Iraq
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Chiesa e comunicazione in Iraq
Pontifical University of the Holy Cross - School of Church Communications 10th Professional Seminar for Church Communication Offices Participation and sharing: managing Church communication in a digital environment Rome, April 26-28, 2016 Church and Communication: Learning from Christians in Difficult Environments By Bishop Basel YALDO Chiesa e comunicazione in Iraq Prima di parlare della comunicazione e chiesa, dobbiamo sapere qualcosa sulla Chiesa Cattolica Caldea. Il cristianesimo è entrato in Mesopotamia, la "Terra tra i due fiumi", l'attuale Iraq, entro la fine del primo secolo dell'era cristiana. Secondo la tradizione, l'apostolo Tommaso è stato il primo a evangelizzare quelle regioni nel suo cammino verso l'India. Sappiamo che gli apostoli predicarono dappertutto e incontrarono comunità ebraica, greca e aramaica che parlavano la stessa lingua semitica, per questo la nostra lingua oggi è l'aramaico, l'antica lingua di Gesù. I cristiani caldei, mercanti laici e monaci, hanno viaggiato per annunciare il Vangelo anche nelle regioni più remote della Cina. Avevano una fede profonda. Quando l'Islam è arrivato nel settimo secolo, i cristiani costituivano la maggioranza della popolazione in Iraq ed in Persia. Uno dei padri della nostra chiesa chiamato Abdisho († 1318), metropolita di Nisibi, elencò 20 sede metropolitane per un totale di circa 200 diocesi. Oggi, purtroppo, siamo dei “resti". Il martirio è carisma della nostra Chiesa, fin dall'inizio perseguitata dai persiani, arabi, mongoli e ottomani. La nostra liturgia contiene, al mattino ed alla sera, molti inni in onore dei nostri martiri. E’ questa spiritualità che ci dà la forza di perseverare e rimanere dove siamo. Oggi tutti gli iracheni stanno soffrendo per la situazione attuale ma i cristiani in particolare perché sono una minoranza nel paese, non hanno alcun potere o autorità e quindi soffrono per il fenomeno dell’emigrazione che divide le loro famiglie in diverse parti del mondo al di fuori dall'Iraq: Giordania, Siria, Libano, Turchia, ecc. Dal 2004, dopo la caduta del regime di Saddam, i cristiani in Iraq hanno subito gravi persecuzioni: minacce, rapimenti, e persino la morte. La comunità cristiana, che è profondamente radicata in questo paese sin dall'inizio del primo secolo, è ora ridotta al numero di 400.000 persone, quando, prima del 2003, ne contava più di 1.000.000. Molti cristiani sono stati uccisi o sono morti nelle esplosioni, 53 chiese sono state attaccate ed è per questo che i cristiani hanno paura di rimanere e lasciano l'Iraq per salvarsi la vita. Né il governo né la comunità internazionale hanno fatto abbastanza per fermare questa situazione. Dopo la conferenza del Papa Benedetto XVI in Germania nel 2006, per esempio, ci sono stati forti reazioni da parte dei musulmani radicali alle sue parole: hanno fatto esplodere il Patriarcato Assiro a Baghdad, hanno attaccato molte chiese tra cui la Chiesa del Santo Spirito -‐ 1/2 -‐ a Mosul, hanno rapito molte ragazze cristiane a Baghdad, obbligando le altre ad indossare il velo islamico. E infine hanno ucciso il Rev. Paul Alexander della Chiesa siro-ortodossa a Mosul, e molti altri martiri del clero, come il mio amico padre Ragheed che è stato mio compagno di studi a Roma per 5 anni, o il nostro Vescovo di Mosul, Mons. Faraj Rahho, rapito e ucciso. Penso che tutti voi sappiate dell'attacco alla chiesa siro cattolica di Baghdad, la Cattedrale, dove 57 persone e due sacerdoti sono stati uccisi nella chiesa durante la celebrazione della Santa Messa. Per quanto riguarda i tempi più recenti si sa che cosa sta succedendo nel nord dell'Iraq a causa di ISIS (lo stato del califfato islamico), dove più di 120.000 cristiani sono stati costretti a fuggire da Mosul e nella piana di Ninive, a rischio della vita. Molti di loro ora vivono in piccole stanze o dentro furgoni o tende! Hanno lasciato la loro casa, le famiglie e la loro terra. Ora stanno aspettando di tornare alle loro case. Dalla caduta del regime di Saddam nel 2003, il nostro popolo non era preparato per la democrazia. Perché il paese era sotto la dittatura per molti anni più di 30 anni, quindi ci voleva tempo per imparare come è la democrazia. Detto questo per mostrare che ci vuole una via di comunicazione per risolvere tutti questi problemi tramite il dialogo e sedere a tavola rotonda e la media che porta la voce della gente che soffre e sta morendo. La comunicazione per avere una soluzione in Iraq: 1- Usare le vie di comunicazioni, per migliorare la vita della gente e non il contrario! Perché Isis si usa anche le vie di comunicazioni, cioè social medie (Video, Youtube), per mostrare come uccidano le persone in nome di Dio. 2- Chiedere i leader delle religioni per dare un tipo di fattua (discorso) per vivere tutti nello stesso livello della dignità! Non considerare la minoranza come una seconda classe che non ha nessun diritto. 3- Incoraggiare i vari gruppi (Sunniti, Sciiti, Curdi, e Cristiani) a collaborare e impegnarsi in un dialogo costruttivo. 4- Riconoscimento giuridico e costituzionale di tutte le religioni che esistono nel paese, e dare loro la possibilità di praticare liberamente tutte le loro attività culturali, religiose e sociali. 5- Promuovere il ruolo della comunicazione e la media, per stabilire una cultura che si basa sul rispetto del pluralismo e dei diritti umani. -‐ 2/2 -‐