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Allegri,
lo stile del vincitore
PROTAGONISTA INDISCUSSO DELLE ULTIME DUE STAGIONI CALCISTICHE, CON LA CONQUISTA DI DUE
CAMPIONATI E DUE COPPE ITALIA, L’ALLENATORE BIANCONERO – NELL’INTERVISTA ESCLUSIVA
A TORINO MAGAZINE – CI RIVELA IL SUO AMORE PER LA CITTÀ CHE LO OSPITA E RIPERCORRE
IL CAMMINO VINCENTE DELLO SCUDETTO 2016
di GUIDO BAROSIO
foto FRANCO BORRELLI e LAPRESSE
S
tile anglosassone e humor livornese, eleganza in campo e fuori, Max Allegri esibisce
il fascino del vincente. Arrivato a Torino ha
saputo raccogliere la non semplice eredità
di Conte con un unico obiettivo: continuare
a vincere. E non si è più fermato, diventando
l’unico mister italiano della storia in grado di assicurarsi
per due anni di fila le massime competizioni nazionali.
Nel salotto del Caffè Guglielmo Pepe, uno dei suoi locali
preferiti, ci parla assai bene di Torino e riflette sul percorso
di una stagione sportiva eccezionale.
Due anni di vita sportiva, ma anche due anni di
esperienza in città. Come si trova a Torino?
«Mi trovo benissimo. Ho scoperto una città stupenda,
straordinariamente cambiata da quanto ci sono venuto
come giocatore, ormai trent’anni fa. Mi piace vivere il
centro storico, ho conosciuto molte persone e mi piacciono i torinesi. Mi trovo bene con loro, sono riservati
come me. Rispettano la tua privacy».
Un confronto tra Torino e Milano, dove ha lavorato
molto…
«Le trovo due città molto diverse tra loro. Torino ha la
“
Mi piace vivere
il centro storico,
ho conosciuto molte
persone e mi piacciono
i torinesi. Mi trovo bene
con loro, sono riservati
come me. Rispettano la
tua privacy
“
Occorre insegnare il calcio dalle basi,
perché il calcio è una cosa molto semplice e alla fine non è altro
che un gioco. Ora si sta rendendo questo gioco
una scienza e stiamo andando a complicare troppo la realtà
Max Allegri solleva la Coppa del campionato 2015-2016
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”
sua cultura sabauda, Milano è decisamente più fashion,
anche più ‘internazionale’, per la gente che ci passa o
ci risiede per lavoro. Torino è molto più vissuta e frequentata dai turisti, che vengono a conoscere opere
architettoniche bellissime, dai palazzi alle piazze e ai
musei. Soprattutto, Torino è particolarmente viva nel
creare brillanti attività culturali».
Un uomo di calcio riesce ad approfittare di questo
patrimonio?
«Pochissimo. Purtroppo devo dire pochissimo. Comunque, almeno il Museo Egizio sono riuscito a visitarlo. Mi
piacerebbe conoscere culturalmente la città in misura
maggiore, ma, con il poco tempo che ho a disposizione,
riesco solo ad ammirarne esternamente la bellezza».
Come passa il suo tempo libero in città?
«Innanzitutto dedico tempo alla mia compagna Claudia
e ai miei figli, in particolare esco a giocare nei parchi
con il piccolo, che ha cinque anni. E poi adoro passeggiare in centro; anche se Torino ha una collina fantastica,
mi piace percorrere il cuore della città, dove trovo maggiore contatto umano. In centro ogni muro ti racconta
qualcosa e la storia di Torino mi affascina».
Galeone dice che Allegri era già un allenatore
quando giocava, lei cosa ne pensa?
«Lui magari afferma queste cose perché è un po’ di
parte, visto il rapporto che ci lega. Ma, riavvolgendo il
nastro e rivedendo il mio percorso di calciatore all’indietro,
in effetti avevo già iniziato quello da allenatore ancor
prima di rendermene conto».
Oggi i grandi allenatori dello scenario internazionale
sono sovente ex calciatori: Guardiola, Zidane,
Simeone…
«Non mi metterei tra loro. Io ero un giocatore normale,
con una modesta carriera tra Serie B e Serie A. Per me
è stato importante iniziare dal basso per fare esperienza,
perché poi nella vita quello che conta è la pratica. Puoi
aver studiato, essere stato il migliore all’università, ma
è dopo, nel lavoro, che si vedono i veri valori, i più
concreti. Il calciatore che decide di fare l’allenatore deve
saper crescere, infatti sono molti a provarci e pochi a
riuscire nel compito».
La Juventus sta facendo molto lavoro nei settori
giovanili. Cosa vuol dire ‘insegnare calcio’?
«Occorre insegnare il calcio dalle basi, perché il calcio
è una cosa molto semplice e alla fine non è altro che un
gioco. Ora si sta rendendo questo gioco una scienza e
stiamo andando a complicare troppo la realtà. È molto
importante il ruolo degli insegnanti di calcio, che deve
anche essere quello di educatori di vita. Il ruolo più
importante non ce l’ho io, che alleno la prima squadra
e devo portare il risultato a casa, ma ce l’hanno gli allenatori di tutto il settore giovanile. Sta a loro intervenire
sotto l’aspetto tecnico, tattico, ma soprattutto umano.
Alla fine, dopo queste esperienze, pochi ragazzi arrivano
a giocare in Serie A, e molti di più prendono una via
diversa rispetto al calcio. Ma se sono formati, se hanno
principi giusti, credo che sia molto più facile per loro
affrontare la vita».
Qualche volta i genitori esagerano, caricando i
figli di troppe responsabilità…
«Nella famiglia di oggi il calcio non è più quello di trent’anni fa, e in casa si consuma solo pane e calcio.
Questo fatto può portare a conseguenze pesanti, quando il bambino inizia il suo percorso. I genitori intravedono
nel ragazzino il futuro suo e quello della famiglia, anche
da un punto di vista economico. Dato che arrivano in
pochi, il rischio è che il ragazzo avverta troppo la pressione, si annoi e non abbia più voglia di andare in
campo. Ma non è perché si è stufato del calcio, si è
stufato dei genitori».
La definiscono spesso un allenatore aziendalista.
Come valuta questo giudizio? Lo accetta? Le dà
fastidio?
«Fastidio no, assolutamente. È un complimento quello
che mi fanno, perché essere ‘aziendalista’ vuol dire
portare risultati non solo calcistici, ma anche sotto il
profilo della valorizzazione dei giocatori. Io faccio parte
della società, sono un dipendente della società e quindi
devo essere in condivisione con la società in tutto e per
tutto. L’allenatore di oggi non è più quello di trent’anni
fa, ma deve conoscere le dinamiche aziendali e non
può essere un corpo estraneo».
ALLEGRI E I BIMBI
DI LIVORNO
Oltre centocinquanta bambini, in prevalenza di Livorno – città natale del mister – hanno avuto l'opportunità
di essere allenati da Massimiliano Allegri per un'intera settimana: dal 13 al 17 giugno, si è infatti svolta la
seconda edizione del Mr Allegri Junior Camp, l'iniziativa a sfondo benefico fortemente voluta dall'allenatore
della Juventus, da sempre legato al suo territorio. I bambini, divisi per categorie dai sette agli undici anni,
hanno ‘invaso’ il Centro Sportivo Picchi della città toscana per cinque giorni, dieci ore al giorno: Allegri è
stato sul campo ogni pomeriggio, a trasmettere i suoi insegnamenti tecnici e soprattutto comportamentali.
«È bello restituire ciò che la tua città ti ha dato – ha detto il mister – Non mi crederete, ma dopo due ore con
i pulcini sono molto più stanco fisicamente che dopo due ore di allenamento con Pogba e gli altri...». Molte
le novità rispetto alla prima edizione: le più significative sono state le lezioni di scherma con Aldo Montano
e quelle sugli stili di vita corretti con il professor Francesco Cognetti del progetto ‘Allenatore, alleato di salute’, di cui Allegri è testimonial. Il ricavato delle quote d’iscrizione è stato devoluto in beneficenza a Dynamo
Camp e Agbalt, due strutture del territorio che lavorano da anni con i bambini. Nel corso del camp è stato
inoltre presentato il libro ‘L’Abc del calcio di Massimiliano Allegri’, volume per bambini edito da Sillabe e
realizzato in collaborazione con la giornalista della Gazzetta dello Sport Alessandra Bocci.
E poi, oggi, ogni giocatore è un’azienda…
«Certo, e ognuno di loro è un’azienda che può valere un
milione, cinque oppure dieci, ma hanno tutti il medesimo
obiettivo: tutelare la propria azienda. Io devo tutelare
l’azienda Juventus e portare i risultati, far crescere i giocatori e far rendere al meglio il team».
Ci sono alcuni campionati esteri che continuano a
essere irraggiungibili per il nostro calcio. Come mai?
«È un dato di fatto che si lega a logiche economiche. La
La Juventus festeggia la conquista
del titolo
Durante l’allenamento
“
Quando sono arrivato
alla Juventus ho subito
capito che la società ha
una tradizione che non
si può cambiare, e che
nessuno deve cambiare,
che porta a lottare fino
alla fine e a vincere.
Per ottenere questo,
dobbiamo portare il
giocatore al massimo
delle sue possibilità
tecniche e caratteriali
”
forbice purtroppo tende ad allargarsi. Il campionato italiano viene venduto per 1 miliardo e 500 milioni di euro,
il campionato inglese per 3 miliardi e 400 milioni. Immagino che nei prossimi anni la situazione non migliorerà,
anzi…».
Come mai negli anni ’80 da noi giocavano Zico,
Platini e Maradona? Questo era il miglior campionato del mondo, ma dopo…
«La vita è una ruota fatta di cicli; in quel momento non
c’erano diritti televisivi, c’era più ricchezza e i grandi
imprenditori italiani potevano investire nel calcio. Oggi
ci sono i cinesi, gli arabi e i russi... Anche se, va detto,
il calcio italiano mantiene una sua forza e una sua
peculiarità».
Come si forma un gruppo vincente?
«È stato fondamentale avere un nucleo forte di giocatori
italiani, abituati a giocare insieme e determinati. Poi
conta inserire gli stranieri giusti e serve un buon allenatore,
in grado di trasformare il gruppo in una vera squadra».
Il segreto della determinazione, della ‘garra’ bianconera che porta a risultati anche in situazioni di
forte criticità?
«Quando sono arrivato alla Juventus, ho subito capito
che la società ha una tradizione che non si può cambiare,
e che nessuno deve cambiare, che porta a lottare fino
alla fine e a vincere. Per ottenere questo, dobbiamo
portare il giocatore al massimo delle sue possibilità
tecniche e caratteriali».
Quando si è accorto che quest’anno era fatta?
Che lo scudetto era di nuovo vostro?
«Dopo che abbiamo battuto il Napoli, siamo andati a
Bologna e abbiamo pareggiato. Così il Napoli aveva
una fondamentale occasione per il controsorpasso,
che però non ha sfruttato. Quando non ci è passato
davanti, ho capito che non ci poteva più riprendere.
Nel calcio ci sono dei segnali, e questo per me è stato
il segnale determinante».
Max Allegri e i social media…
«Li uso a livello professionale e personalmente. I social
esistono, ma vanno usati con parsimonia, ed è un consiglio che do sia ai ragazzini che agli adulti. Talvolta vedi
a tavola famiglie intere che comunicano solo con lo
smartphone, come fossero a cena da soli. Sono pessimi
atteggiamenti che occorre evitare».
Dove trascorrerà le sue vacanze?
«A Livorno, a casa, dove ho un sacco di amici di
vecchia data e passo giornate di cazzeggio magnifico.
Da loro non vengo trattato come l’allenatore della Juventus, ma come Massimiliano Allegri e basta».
Dello spirito livornese in Max Allegri cosa rimane?
«Tutto. Ogni tanto mi devo dare una regolata, perché
non sempre vengono comprese le mie battute. Però
non le ho accantonate, perché costituiscono la mia
forza, la nostra forza». wwI
PER SEGUIRE LE ORME DI MAX ALLEGRI
Per essere l'allenatore della Juventus, in fin dei conti basta un videogioco. Per diventare Massimiliano
Allegri, un'app, costanza, impegno e nessuna scorciatoia. Sui mercati digitali, da inizio 2016, Mr Allegri
Tactics è la soluzione innovativa per tutti gli allenatori amatoriali o dilettanti che vogliono avere a
disposizione gli strumenti del professionista. L'allenatore della Juventus e il suo staff l'hanno sviluppata per
renderla un tool di lavoro attraverso cui imparare non solo la tattica (che c'è) ma anche per seguire la
propria squadra passo dopo passo e stagione dopo stagione, da luglio a maggio; ogni argomento, infatti, è
affrontato per capacità e fasce d'età, spiegato su una pratica lavagna tattica interattiva che permette di
modificare le esercitazioni a piacimento e a seconda delle proprie necessità. Oltre a questo, un'ampia
sezione dedicata alla propria squadra con schede per ogni giocatore e, soprattutto, tre aspetti su cui Allegri
pone grande attenzione: alimentazione, psicologia e stili di vita. L'area dedicata alla nutrizione è curata dal
nutrizionista della Juventus Matteo Pincella, mentre quella mentale dal collaboratore di Allegri ai tempi del
Milan, Andrea Pecciarini. Mr Allegri Tactics è disponibile per iPad e tablet con sistema operativo Android: la
versione pro, con contenuti aggiornati settimanalmente, costa in abbonamento 9,99 euro al mese.
Durante l’intervista
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