L`evoluzione nella disciplina delle unioni omosessuali in Italia e in

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L`evoluzione nella disciplina delle unioni omosessuali in Italia e in
L’evoluzione nella disciplina delle
unioni omosessuali in Italia e in
Francia
Il binomio Italia-Francia è da sempre sinonimo di confronto in vari ambiti.
In questo articolo abbiamo voluto riproporre questa comparazione riguardo la
scottante tematica dei matrimoni omosessuali, cercando di mettere in luce
l’importanza di una disciplina garantistica in materia.
Come possono due ordinamenti, così vicini geograficamente e culturalmente,
essere tanto lontani a livello legislativo su questo tema? A che punto è il
nostro ordinamento?
Sempre di più negli ultimi anni, anche nel nostro paese, il dibattito sulle
unioni omosessuali è diventato acceso e incalzante, dividendo le opinioni del
mondo giuridico – politico e dell’opinione pubblica. A differenza di come è
avvenuto in Francia, il nostro legislatore non è ancora intervenuto in
materia, malgrado i palesi cambiamenti socio-culturali in atto e le sempre
più insistenti pressioni internazionali abbiano posto l’accento sul problema.
Molto importante è la sentenza n° 138/2010, con cui la Corte Costituzionale
si è espressa sul punto in maniera decisa, chiarendo la sua posizione a
riguardo (simile a quella espressa dal Consiglio Costituzionale francese
nella sentenza 2010-92 del 2011). La Corte viene chiamata a giudicare sulla
illegittimità costituzionale di alcune norme del codice civile in quanto,
secondo il giudice remittente, non consentano che persone di orientamento
omosessuale possano contrarre matrimonio con persone dello stresso sesso. La
Corte reputa la questione inammissibile poiché non spetta a essa decidere, ma
soltanto il legislatore, nella sua piena discrezionalità, può intervenire
disciplinando i modi in cui le unioni omosessuali possano avvenire. Il
Giudice costituzionale infatti si trova di fronte a una lacuna reale
dell’ordinamento, poiché né l’articolo 29 della Costituzione né le norme del
codice civile indicano in maniera chiara e univoca il significato di “
matrimonio” e di “famiglia”. Dunque le unioni omosessuali non risultano né
totalmente escluse né ammesse. Tuttavia la Corte, pur ammettendo la necessità
di aprirsi all’evoluzione della società, esclude che l’istituto del
matrimonio, così come l’Assemblea Costituente lo aveva originariamente
inteso, possa essere esteso alle unioni omosessuali, in quando elemento
essenziale dell’art 29 cost. è l’unione tra un uomo e una donna. Dunque
un’estensione sarebbe una forzatura, un’interpretazione creativa più che
evolutiva. Il Giudice costituzionale ,piuttosto, individua le unioni
omosessuali, intese come convivenza stabile e duratura tra due persone dello
stesso sesso, tra le formazioni sociali idonee a favorire il libero sviluppo
della persona nella vita di relazione di cui all’articolo 2 della
Costituzione, invitando il legislatore a intervenire a garantire loro
riconoscimento e a indicarne le modalità e i limiti, ma riservandosi la
competenza a giudicare in casi specifici per garantire l’omogeneità tra
coppie eterosessuali e coppie omossessuali.
Alla luce della sentenza 130/2010, bisogna ricordare il fondamentale e
interessante intervento della Suprema Corte di Cassazione, la quale, con la
sentenza n°4184/2012, ha aperto le porte a una concezione di diritto alla
“vita familiare” non più subordinata all’idea di unione tra due conviventi di
diverso sesso, ma universale e aperta anche a conviventi dello stesso sesso .
La Suprema corte, pur avendo dei punti in comune con la sentenza della Corte
Costituzionale, sembra in un certo senso contraddirla. Essa infatti segue
espressamente l’orientamento della Corte Europea per i diritti dell’uomo, la
quale, nella sentenza del 24 giugno del 2010, ha innovato la sua
giurisprudenza, proponendo una nuova interpretazione dell’art. 12 della CEDU,
non solo riconoscendo il diritto a una “vita famigliare” alle coppie
omosessuali, ma estendendo loro anche il diritto al matrimonio garantito dal
suddetto art. 12. Sebbene la Corte Europea per i diritti dell’uomo riservi
alle legislazioni nazionali la decisione di concedere o meno il diritto al
matrimonio a coppie composte da persone dello stesso sesso, la Corte di
Cassazione ritiene che la nuova interpretazione dell’art 12 sia comunque
vigente poiché le norme della CEDU sono state recepite e ratificate nel
nostro ordinamento. Dispiegando i suoi effetti in concreto all’interno del
nostro ordinamento, l’articolo 12, così interpretato, fa cadere, a opinione
della Suprema Corte, quel nucleo essenziale che vede come requisito
fondamentale del matrimonio l’unione tra un uomo e una donna.
Il 12 aprile 2013 la Corte Costituzionale è tornata a far sentire la sua
voce. Nella sua relazione riguardo la riunione straordinaria della Corte,
tenutasi lo stesso giorno, il Presidente Franco Gallo ha apertamente
rimproverato il Parlamento, in quanto non è intervenuto a dare disciplina e
garanzie fondamentali alle unioni omosessuali, come invece gli era stato
vivamente intimato dalla Corte nella su detta sentenza n° 138/2010. Il
silenzio del legislatore appare ormai inammissibile.
In Francia invece l’ok ai matrimoni omosessuali arriva dopo una lunga e
travagliata storia costituzionale e legislativa.
Si è infatti reso necessario un cambiamento prima a livello politico con
l’elezione a presidente della repubblica del socialista François Hollande per
arrivare ad un cambiamento anche giuridico che cominciò a prospettarsi fin
dal 2009 dopo dieci anni dall’introduzione dei Patti Civili di Solidarietà
(PACS).
Con una maggioranza schiacciante di 249 sì e 97 no l’Assemblea nazionale
francese a fine gennaio 2013 ha approvato il disegno di legge che nel
febbraio è divenuto la legge n.344 del 2013 che consente il matrimonio
omosessuale.
Durante l’Ancien Régime l’omosessualità in Francia era un crimine. E’ stata
poi depenalizzata con la rivoluzione francese, anche se tuttavia condanne più
o meno velate agli omosessuali continuarono ad essere comminate con
l’applicazione del reato di oltraggio al pudore ex art. 331 del codice
penale.
Addirittura durante la seconda guerra mondiale venne imposta un’età minima
per il consenso ai rapporti omosessuali più alta di quella richiesta per
quelli eterosessuali.
Si dovette attendere la legge 82-683 del 4 agosto 1982 che eliminando il
secondo comma dell’articolo 331 codice penale, abrogò il relativo oltraggio
al pudore e l’età minima richiesta per il consenso agli atti omosessuali.
Successivamente tutta una serie di leggi permise di giungere ad una
concezione dell’omosessualità come una delle forme in cui può manifestarsi la
sessualità insieme all’eterosessualità. La necessità di una normazione che
andasse a regolare le situazioni giuridiche sia tra le coppie omosessuali che
tra quelle di non coniugati derivava anche e soprattutto da esigenze di
carattere pratico come l’alloggio, la copertura sociale, la successione e
anche il desiderio di vedersi riconosciuti come coppie.
Prima della legge n.344 del 2013 infatti il matrimonio era appannaggio delle
sole coppie eterosessuali, come confermato anche dalla sentenza n° 2010-92
del 2011 del Consiglio Costituzionale, mentre per le coppie omosessuali e per
quelle eterosessuali erano previsti i PACS, i Patti Civili di Solidarietà
introdotti dalla legge 99-944 del 1999 e disciplinati dal Libro I del Codice
civile al capitolo I integrato nel titolo XII ove all’articolo 515 il PACS
viene definito come “un contratto concluso da due persone fisiche
maggiorenni, di sesso diverso o dello stesso sesso, per organizzare la loro
vita in comune”. Le modalità di perfezionamento e scioglimento dei PACS
prevedono sicuramente meno formalismi rispetto al regime matrimoniale.
Infatti il PACS è perfezionato o sciolto semplicemente presentandosi presso
la cancelleria del tribunale del luogo di residenza del comune.
Possono essere sciolti unilateralmente, bilateralmente, per morte o
matrimonio di uno dei due partner che hanno doveri di solidarietà reciproca
ma a differenza del matrimonio sono tenuti ad una partecipazione solidale ai
soli debiti contratti per soddisfare i bisogni della vita quotidiana e non
per quelli di spese manifestamente eccessive (tra questi per esempio i
mutui). In caso di successione il partner superstite deve essere
necessariamente nominato erede. Non dispone dell’usufrutto vitalizio della
casa comune ma solo del diritto di poterla occupare per un anno dalla morte
del partner. Il partner superstite non gode della reversibilità della
pensione. E infine il PACS è solo tenuto in considerazione per il rilascio
del permesso di soggiorno e non consente l’automatico rilascio come nel caso
del matrimonio. I PACS vennero previsti per disciplinare sia le unioni tra le
coppie omosessuali che quelle eterosessuali per non creare una normativa
“ghettizzante”, mentre con la legge 344/ 2013 si va oltre questa idea
consentendo la possibilità del matrimonio anche per le persone dello stesso
sesso.
Anche in Italia sono stati proposti due disegni di legge (n° 91/2008 e n°
2142/2010) rispettivamente volti a disciplinare, il primo, sia le unioni
omosessuali che eterosessuali, il secondo specificamente le unioni
omosessuali, garantendo loro la possibilità di sottoscrivere patti civili a
tutela dei rapporti personali e patrimoniali derivanti dalla loro unione.
Questi tentativi tuttavia non hanno riscosso successo e non hanno avuto
seguito.
Ad avviso di chi scrive le vie indicate sia dalla recente e nuova
legislazione francese sia dall’orientamento della Corte Costituzionale e
della Corte di Cassazione italiana sembrano essere scelte doverose per
garantire l’uguaglianza sostanziale a tutti gli individui. Riteniamo che, pur
non volendo tangere la tipicità del matrimonio, si dovrebbe comunque
prevedere un istituto capace di garantire alle coppie omosessuali gli stessi
diritti e doveri garantiti dal matrimonio.
Per quanto riguarda la situazione in Italia è sempre più sentita la necessità
di un intervento del legislatore in modo tale da far chiarezza sul punto e
per garantire un’uniformità di trattamento.
ANNALISA CAPPALONGA e CHIARA CHIANTARETTO
Bibliografia
Legge n° 344/2013 dell’Assemblea Nazionale francese sul matrimonio
omosessuale
Legge n° 99-944 / 1999 sui PACS in Francia
Sentenza n° 2010-92 / 2011 del Consiglio Costituzionale francese
Disegno di legge n° 91/2008
Disegno di legge n° 2142/2010
Corte Costituzionale italiana – sentenza n° 138/2010
Suprema Corte di Cassazione – sentenza n° 4184/ 2012
Corte Costituzionale, Riunione straordinaria del 12 aprile 2013 –
Relazione del Presidente prof. Franco Gallo
Roberto Romboli, La sentenza 138/2010 della Corte Costituzionale sul
matrimonio tra omosessuali e le sue interpretazioni, Associazione
Italiana dei Costituzionalisti, rivista n° 3/2011
Michele Di Bari, Considerazioni a margine della sentenza 4184/2012 della
corte di Cassazione: la cassazione prende atto di un trend europeo
consolidato nel contesto delle coppie same-sex anche alla luce della
sentenza 138/2010 della corte Costituzionale, Associazione Italiana dei
Costituzionalisti, rivista n° 1/2012
Matrimonio tra persone dello stesso sesso in vari Stati europei , a cura
di Paolo Passaglia, con riguardo alla sezione francese
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