1) Struttura, dimensioni e tendenze dell`agroalimentare

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1) Struttura, dimensioni e tendenze dell`agroalimentare
L’agroalimentare nell’economia
del Paese: occupazione,
innovazione, qualità, consumi,
export
Roberto Monducci
Istituto nazionale di statistica
Direttore del Dipartimento per i conti nazionali e le statistiche economiche
Intervento al convegno su “La valorizzazione delle filiere agroalimentari del
Paese Italia”
CIBUS - Fiere di Parma - Padiglione 4. Parma, 9 maggio 2012
L’insieme dei settori economici che costituiscono il comparto
agroalimentare rappresenta uno dei punti di forza del sistema
produttivo italiano, con una dimensione estremamente rilevante sia
in termini assoluti che nel confronto con le altre economie europee.
I dati statistici prodotti dall’Istat consentono di delineare un quadro
strutturale e dinamico del comparto in grado di evidenziarne i punti
di forza e di debolezza e le specificità nel contesto europeo.
Contenuto della presentazione:
a) Analisi delle informazioni statistiche diffuse correntemente
b) Focus analitico su due fattori critici della competitività delle
imprese dell’industria alimentarie innovazione ed esportazioni.
1. Struttura, dimensioni e tendenze dell’agroalimentare
2. Domanda interna, prezzi e domanda estera
3. Fattori critici della competitività delle imprese dell’industria
alimentare: innovazione e penetrazione sui mercati estero
2
1) Struttura, dimensioni e tendenze dell’agroalimentare
(1)
Dimensioni e principali tendenze del comparto agroalimentare
 Nel 2011 la dimensione complessiva del settore è pari ad oltre 1,6
milioni di unità lavoro ed oltre 52 miliardi di euro di valore aggiunto.
 Il peso del comparto sull’intera economia è pari a circa il 3,7% del
valore aggiunto nel 2011 (era del 4,8% circa nel 2000).
 In termini d unità di lavoro il peso è di circa il 7% (l’8,5% nel 2000).
 Rispetto al 2000, il settore agricolo ha perso circa il 17% delle unità
di lavoro, mentre l’industria alimentare ha limitato la perdita all’1%, in
un contesto di riduzione dell’occupazione manifatturiera ben più
marcata (oltre il 13%).
 Sempre rispetto al 2000, in termini di valore aggiunto reale, i due
comparti hanno mostrato riduzioni di oltre il 5% per l’agricoltura e di
oltre il 6% per l’industria alimentare.
 Nel 2011 il livello di valore aggiunto reale è, rispetto al 2008, anno
immediatamente precedente la crisi globale del 2009, ancora
ampiamente inferiore per l’agricoltura (il gap è superiore al 3%),
mentre l’industria alimentare ha sostanzialmente completato il
recupero (per il complesso dell’industria manifatturiera il gap è
invece ancora ampio, e pari al 10%). 3
1) Struttura, dimensioni e tendenze dell’agroalimentare
(2)
Il censimento rappresenta un benchmark insostituibile per la
definizione della dimensione e della struttura del settore
dell’agricoltura.
Il quadro strutturale al 2010
 1.630.420 aziende agricole e zootecniche
di cui 209.996 con allevamento di bestiame destinato alla vendita.
 17.277.023 ettari di Superficie Aziendale Totale (SAT)
 12.885.186 ettari di Superficie Agricola Utilizzata (SAU)
 5,7 milioni di bovini
 9,6 milioni di suini
 7,5 milioni di ovini e caprini
 195,4 milioni di avicoli .
4
1) Struttura, dimensioni e tendenze dell’agroalimentare
(3)
L’agricoltura in Italia e negli altri grandi paesi europei
 Aziende (mgl): 1.630 in Italia, 515 in Francia, 990 in Spagna, 299 in
Germania
 Superficie Agricola Utilizzata (mgl ha): 12.885 in Italia, 27.090 in
Francia, 23.753 in Spagna, 16.704 in Germania
 Numero di bovini (mgl): 6.036 in Italia, 19.511 in Francia, 5.841 in
Spagna, 12.535 in Germania
Le tendenze rispetto al 2000:
 Aziende: -24% in Italia, -22% in Francia, -23% in Spagna, -37% in
Germania
 Superficie Agricola Utilizzata: -1.4% in Italia, -2.7% in Francia, 9.2% in Spagna, -2.4% in Germania
 Numero di bovini: -3.1% in Italia, -3.7 in Francia, -8% in Spagna, 15% in Germania.
5
1) Struttura, dimensioni e tendenze dell’agroalimentare
(4)
L’evoluzione della struttura dimensionale delle aziende agricole
 Complessivamente, il profilo che emerge dal Censimento
dell’agricoltura deriva da un processo pluriennale di concentrazione
dei terreni agricoli e degli allevamenti.
 Nonostante questo processo, l’agricoltura italiana continua a
caratterizzarsi, in ambito europeo, per una elevata frammentazione
delle aziende e una loro dimensione media particolarmente ridotta.
Aziende per classi di SAU (2000-2010)
1400000
1200000
1000000
800000
600000
400000
200000
0
0-2
2-5
5-10
2000
10-20
2003
2005
6
20-30
2007
30-50
2010
50-100
+100
1) Struttura, dimensioni e tendenze dell’agroalimentare
(5)
Il peso economico dell’agricoltura italiana in Europa
 Nello media dello scorso decennio l’Italia è stato il paese con il
maggiore peso del settore agricolo in termini di valore aggiunto.
 Nel 2010 la Francia diventa il paese con la maggiore rilevanza
economica (ma un “sorpasso” temporaneo si era verificato nel 2007):
nel 2011 il peso italiano è del 16,8%.
 In Italia la ripresa,
Valore aggiunto (valori ai prezzi al produttore)
30000
28000
26000
24000
Germany
Spain
20000
France
18000
Italy
16000
14000
12000
2011
2010
2009
2008
2007
2006
2005
2004
2003
2002
2001
10000
2000
mio Euro
22000
Anni
7
debole dopo la crisi
del 2009, si è rafforzata
nel 2011.
 Circa il 30% del
valore aggiunto
dell’agricoltura deriva
dall’economia
sommersa. Un peso,
crescente nel tempo,
pari a quasi il doppio
di quello medio (circa
il 17%).
1) Struttura, dimensioni e tendenze dell’agroalimentare
(6)
La dinamica del reddito reale agricolo in Italia e in Europa
 Netta tendenza alla diminuzione del reddito reale dell’Italia, in
termini sia relativi sia assoluti.
Indicatore A di reddito agricolo: valore aggiunto al costo dei
fattori per unità di lavoro, in termini reali (2005=100)
150
EU (27
countries)
140
130
Euro area (16
countries)
120
Germany
110
100
Spain
90
80
France
70
Italy
8
2010
2009
2008
2007
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
60
1) Struttura, dimensioni e tendenze dell’agroalimentare
(7)
I prodotti di qualità
 L’Italia è al primo posto nell’UE per numero di certificazioni di
qualità nel settore agroalimentare.
Prodotti agroalimentari di qualità Dop, Igp e Stg al 31 dicembre nei paesi Ue (N di
marchi registrati, Anno 2010) (a)
219
200
182
175
146
150
116
125
88
100
78
75
36
50
25
25
23
13
13
9
7
7
6
6
5
4
4
3
1
IT
AL
IA
Fr
an
cia
Sp
ag
na
Po
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ga
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ca
Lit
ua
ni
a
Ci
pr
o
0
9
1
1) Struttura, dimensioni e tendenze dell’agroalimentare
(10)
Dimensione dell’industria alimentare italiana nel contesto europeo
 In Italia, l’industria alimentare rappresenta il quarto comparto per
numero di imprese (circa 57mila, oltre il 13% del totale
manifatturiero), dopo la fabbricazione di prodotti in metallo, il tessileabbigliamento e il legno-mobile, e impiega oltre 400.000 addetti.
 Il peso dell’industria alimentare italiana sull’industria alimentare
europea è del 21,5% per numero di imprese, del 12,2% per fatturato,
del 10,5% per valore aggiunto, del 9,4% per numero di addetti.
25,0
20,0
15,0
10,0
5,0
0,0
Imprese
Italia
Fatturato
Francia
Germania
10
VAG
R.Unito
Addetti
Spagna
1) Struttura, dimensioni e tendenze dell’agroalimentare
(11)
La struttura del settore per dimensione delle imprese
 L’industria alimentare italiana è fortemente caratterizzata dal punto
di vista dimensionale: l’incidenza delle imprese con meno di 50
addetti è del 63% per gli addetti (36% nella Ue), del 39% in termini di
fatturato (22% nella Ue), al 45% per valore aggiunto (24% nella Ue).
Struttura dimensionale dell’industria alimentare in Italia e nei principali paesi europei
100%
1 30
8
41
6
20
10
80%
51
17
60%
13
88
79
20%
14
36
12
14
9
11
15
14
UE
Italia
0%
Italia
UE
52
24
28
27
40%
32
32
37
Italia
N° imprese
N° addetti
0-9
10-19
27
12
10
5
7
19
UE
Italia
Fatturato
20-49
50-249
11
250+
14
24
9
6
9
UE
Valore aggiunto
1) Struttura, dimensioni e tendenze dell’agroalimentare
(12)
La dinamica del valore aggiunto dell’industria alimentare
 La crisi ha penalizzato l’industria alimentare in misura inferiore
rispetto al totale manifatturiero (sebbene in precedenza avesse
registrato una performance peggiore)
Valore aggiunto ai prezzi base in termini reali (2000=100=)
120
110
100
90
80
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011
industria manifatturiera
Alimentari, bevande e tabacco
12
1) Struttura, dimensioni e tendenze dell’agroalimentare
(13)
Il grado di internazionalizzazione dell’industria alimentare italiana è
inferiore a quello medio manifatturiero:
Le imprese residenti all’estero controllate dalle multinazionali
italiane
 Le multinazionali italiane dell’industria alimentare controllano 334
imprese all’estero. L’incidenza delle attività realizzate all’estero sul
totale di quelle svolte in Italia è di circa il 9% in termini di fatturato e
circa l’11% in termini di addetti.
 Queste incidenze sono inferiori a quelle medie manifatturiere, pari
al 17,1% per il fatturato ed al 15,8% per gli addetti.
Le imprese residenti in Italia controllate da multinazionali estere
 Le imprese estere controllano 173 imprese dell’industria
alimentare residenti in Italia. L’incidenza delle attività controllate
dall’estero sul totale di quelle svolte in Italia è pari al 13,7% in
termini di fatturato e del 6,7% in termini di addetti.
 Queste incidenze sono inferiori a quelle medie manifatturiere, pari
al 19,3% in termini di fatturato ed al 10,7% di addetti.
13
2) Domanda interna, prezzi e domanda estera
(1)
Gli impieghi dell’agricoltura nell’industria alimentare italiana
 L’agricoltura cede all’industria alimentare circa il 50% dei propri
impieghi; di questi il 12,8% proviene dall’estero. I reimpieghi nello
stesso settore agricolo si attestano sul 10%.
 Gli impieghi agricoli destinati ai consumi finali delle famiglie sono
arrivati al 17% degli impieghi agricoli totali.
 Nell’ultimo decennio si è mantenuta elevata, ed è diminuita solo di
poco, la quota di aziende che commercializzano i propri prodotti
(seminativi, produzioni legnose o prodotti animali) senza alcun
vincolo contrattuale, sia tra le imprese individuali che tra le società
di capitali.
Gli impieghi dell’industria alimentare italiana
 Il comparto agricolo rappresenta circa il 31% dei consumi intermedi
complessivi dell’industria alimentare e circa il 25% in termini di
valore complessivo della produzione dell’industria alimentare.
 Circa il 78% degli impieghi finali dell’industria alimentare è
destinato ai consumi delle famiglie; il 22% è destinato alle
esportazioni.
14
2) Domanda interna, prezzi e domanda estera
(2)
L’industria alimentare italiana attiva sempre meno input agricoli di
origine interna
 Nel corso dell’ultimo ventennio la quota di input di origine interna
sul totale degli input agricoli utilizzati dall’industria alimentare è
diminuita di quasi 9 punti (dall’86% al 78%), con una intensificazione
del calo dal 2005.
15
2) Domanda interna, prezzi e domanda estera
(3)
Le spese per consumi alimentari delle famiglie
 Nel corso dell’ultimo decennio l’incidenza della spesa per consumi
alimentari sul totale della spesa per consumi a prezzi correnti è stata
mediamente al 18-19%, dopo aver subito forti diminuzioni nei decenni
precedenti: era pari al 35,9% nel 1973, al 31,6% nel 1980, al 23,5% nel
1990, al 18,6% nel 2000.
 Considerando i dati di contabilità nazionale al netto dell’aumento
dei prezzi, tra il 2000 e il 2011 la spesa reale per beni alimentari è
diminuita del 2,8%, a fronte di un aumento del 4,1% di quella totale.
 Nel 2011 la spesa reale delle famiglie per prodotti alimentari è
diminuita dell’1,3% sul 2010, mentre la spesa totale è aumentata dello
0,4%.
L’aumento dei prezzi al consumo dei prodotti alimentari
 Tra il 2000 e il 2011 i prezzi al consumo sono aumentati del 27,4%.
 I prezzi dei prodotti alimentari sono cresciuti del 31% (32% se si
escludono le bevande analcoliche).
 I prezzi dei prodotti alimentari lavorati sono aumentati del 28,5%;
quelli dei non lavorati del 34,1%.
16
2) Domanda interna, prezzi e domanda estera
(5)
La domanda estera: i flussi di export
 Nel 2011 il comparto agricolo ha esportato prodotti per un valore di
circa 11 miliardi di euro, in crescita dell’8% rispetto al 2008. In un
contesto di forte crescita delle importazioni (+20% circa su 2008), il
settore conferma un ampio e strutturale deficit commerciale, che nel
2011 ha superato i 6 miliardi di euro.
 Il contributo all’export è molto rilevante per l’industria alimentare,
che nel 2011 ha venduto all’estero beni per oltre 24 miliardi di euro
(quasi 19 per i prodotti alimentari e quasi 6 per le bevande),
mostrando una crescita rispetto al 2008 rispettivamente del 15,8% e
del 19,5%, particolarmente intensa verso i mercati extra-europei
(+21% e +24,9%).
 Nonostante una performance delle esportazioni superiore a quella
delle importazioni, il comparto conferma un deficit commerciale con
l’estero di oltre 5 miliardi di euro per i prodotti alimentari, mentre le
bevande esibiscono un ampio attivo commerciale (oltre 4 miliardi di
euro).
17
2) Domanda interna, prezzi e domanda estera
(4)
La domanda estera: le quote di mercato
 In un contesto di sempre maggiore apertura delle economie e
soprattutto di strutturale debolezza della domanda interna di
consumo, fortemente condizionata dalla bassa crescita economica
del Paese e da politiche fiscali restrittive, la domanda estera
rappresenta un fattore di crescita di fondamentale importanza per lo
sviluppo del settore agroalimentare, così come per molti altri settori
dell’economia italiana.
 Nel 2010 la quota dell’Italia sulle esportazioni mondiali era pari al
2% per i prodotti dell’agricoltura, silvicoltura e pesca, al 3,5% per i
prodotti alimentari, all’8,9% per le bevande.
 Per l’industria alimentare quote relativamente elevate si riscontrano
per i prodotti da forno e farinacei (14,6%), per le bevande (8,9%), per
la frutta e ortaggi lavorati e conservati (5,2%), per i prodotti lattierocaseari (4,5%).
 Rispetto al 2001, in generale, si rileva una sostanziale tenuta delle
quote per l’industria alimentare e delle bevande ed una diminuzione
per il comparto agricolo.
18
2) Domanda interna, prezzi e domanda estera
(6)
La domanda estera: il grado di apertura internazionale
 L’esposizione esterna del settore agroalimentare sembra ancora
relativamente bassa se paragonata a quella di altri settori economici.
 La propensione all’esportazione dei prodotti dell’agricoltura,
silvicoltura e pesca era pari, nel 2010, a poco più del 10% del valore
della produzione, in lieve aumento rispetto agli anni precedenti.
 Per l’industria alimentare l’incidenza delle esportazioni sulla
produzione era pari a circa il 17%, con una tendenza all’aumento.
Questi valori risultano nettamente inferiori a quelli medi dell’industria
manifatturiera, che mostra una propensione all’export pari a circa il
36% della produzione, con numerosi settori che superano
ampiamente il 50%.
19
3) Fattori critici della competitività delle imprese dell’industria
alimentare: innovazione
(1)
Diffusione e caratteristiche dell’innovazione nell’industria alimentare
 Secondo l’indagine Istat sull’innovazione nelle imprese, nel triennio
2006-2008 il 51,2% delle imprese con almeno 10 addetti del settore
alimentare ha innovato (il 54,4% nella media dell’industria
manifatturiera).
 Più di un terzo
Diffusione e dimensione dell'innovazione - Anni 2006-2008
delle imprese (il
35,1%) ha
Imprese innovatrici nel triennio (% sul totale)
introdotto
Spesa per almeno
Di cui con
Di cui con
l'innovazione un’innovazione
Totale
Attività economica
innovazioni innovazioni non
nel 2008 per
imprese
di prodotto o
Totale tecnologiche
tecnologiche
addetto (in
(prodotto o (organizzative o migliaia di euro) processo e il
42,5% forme di
processo)
di marketing)
innovazione
organizzativa o
Industria alimentare
6.699
51,2
35,1
42,5
7.125 di marketing.
Totale manifattura
85.694
54,4
41,5
41,6
Fonte: Istat, Rilevazione sull'innovazione nelle imprese. Anni 2006-2008
20
8.029
3) Fattori critici della competitività delle imprese dell’industria
alimentare: innovazione
(2)
 Oltre
il 40% delle imprese alimentari ha associato l’innovazione nel
design (o packaging) ad almeno un’innovazione tecnologica.
 Maggiore vocazione alla sola innovazione di processo: il 36,1%
delle imprese alimentari innovatrici ha scelto di adottare sistemi di
produzione tecnologicamente più avanzati, macchinari ad elevato
contenuto innovativo, tecnologie che garantiscono una maggiore
produttività e migliori prestazioni in termini di rapidità, precisione e
flessibilità (la percentuale è del 25,7% nella media manifatturiera).
 Maggiore propensione agli investimenti nel design e nel packaging
dei prodotti: il 61,1% delle imprese ha scelto come strategia di
diversificazione e miglioramento dell’offerta produttiva lo sviluppo di
innovazioni nel design e l’adozione di nuove soluzioni nel campo del
confezionamento e imballaggio dei prodotti (la percentuale scende al
43,6% nell’intero comparto manifatturiero).
 Modello innovativo prevalente nel settore alimentare: capacità di
integrare e adattare le tecnologie “incorporate” in macchinari
avanzati (acquisiti all’esterno) ai propri processi di produzione: oltre
il 40% delle imprese innovative ha utilizzato unicamente questo
canale per innovare e i due terzi della spesa per innovazione sono
per investimenti in macchinari tecnologicamente più evoluti.
21
3) Fattori critici della competitività delle imprese dell’industria
alimentare: penetrazione sui mercati esteri
(1)
Il profilo delle imprese esportatrici dell’industria alimentare: le
imprese che esportano prodotti di gamma medio-alta
 Il posizionamento delle imprese esportatrici dell’industria
alimentare su segmenti qualitativamente elevati rappresenta un tema
di grande rilevanza per valutare la performance ed il potenziale
competitivo e di crescita del settore.
 Le analisi effettuate hanno consentito di individuare 3.700 imprese
esportatrici (1.730 microimprese, con meno di 10 addetti; 1.504
piccole imprese, con 10-49 addetti; 424 medie imprese, con 50-249
addetti; 74 grandi imprese (con 250 e più addetti).
 Le imprese esportatrici di gamma medio-alta dell’industria
alimentare mostrano un livello di export per addetto di circa 87mila
euro e un’incidenza di fatturato esportato sul fatturato totale del
20,3%.
 La propensione all’export è massima (23,3%) per le medie imprese e
minima (17%) per le grandi imprese.
 In questo contesto, appare significativa l’esposizione estera delle
micro e piccole imprese, con valori superiori al 20%.
22
3) Fattori critici della competitività delle imprese dell’industria
alimentare: penetrazione sui mercati esteri
(2)
 Oltre un terzo delle imprese esportatrici di gamma media-alta è
localizzata nel Mezzogiorno, il 26,7% nel Nord-est, il 25,5% nel nordovest ed il 13,3% al Centro.
 Il numero di prodotti mediamente esportati è pari a 8, con valori che
passano da 3 prodotti nelle microimprese a 32 nelle grandi.
 Il numero medio di paesi di esportazione è pari a 9 (da 3 nelle
microimprese a 42 nelle grandi).
 Emerge una rilevante concentrazione dell’export nei mercati
tradizionali, che assorbono circa il 70% delle vendite all’estero,
contro il 52% del complesso dell’industria manifatturiera.
 Quasi il 70% delle imprese alimentari esportatrici mostra nel
secondo semestre del 2011 un valore di export superiore a quello del
primo semestre del 2008, picco di massima espansione pre-crisi.
 Tra i due semestri il valore dell’export è cresciuto del 31,4%, valore
superiore, seppure di poco, a quello complessivo delle imprese
manifatturiere (+29,6%).
23
Considerazioni conclusive
 Le informazioni statistiche presentate consentono sia di misurare
dimensione, struttura e performance del settore agroalimentare
italiano nel contesto europeo, sia di cogliere le potenzialità di
crescita e le criticità che caratterizzano il settore.
 I dati mostrano la persistenza di una elevata frammentazione del
settore agricolo e seri problemi di competitività del comparto, su cui
grava un’ampia area di economia sommersa. D’altra parte, emerge un
notevole potenziale per accelerare l’orientamento verso le produzioni
di qualità e la valorizzazione delle filiere.
 Il quadro statistico conferma che l’industria alimentare rappresenta
uno dei punti di forza della manifattura italiana nel contesto europeo,
con risultati economici ed occupazionali di rilievo anche negli ultimi
anni, caratterizzati dalla crisi globale, un originale profilo innovativo,
una notevole vitalità delle piccole e medie imprese, una significativa
diffusione territoriale delle attività.
 D’altra parte, si conferma una debole apertura internazionale e
soprattutto una scarsa penetrazione commerciale sui mercati
emergenti, che potrebbe rappresentare un serio ostacolo alla crescita
in uno scenario sempre più caratterizzato da una strutturale
debolezza della domanda interna, non solo a livello nazionale ma
24
anche nell’area comunitaria.