omelia giovedì santo

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omelia giovedì santo
OMELIA DI GIOVEDì SANTO 2011
Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi. (Gv 13,15)
Se ripensiamo a tutte le cose che il Signore ha fatto per noi forse iniziamo ad imitarlo. Ecco
perché è così importante celebrare bene questo momento, non facciamo mai abbastanza
memoria di tutto l’amore che il Signore ha avuto per noi. Da lì il passo per diventare ingrati o
addirittura pretenziosi nei suoi confronti è minimo.
Fare memoria è il punto di partenza per non smettere di camminare lungo quella strada che
abbiamo intrapreso, è il punto di partenza per prendere l’esempio.
C’è un racconto piuttosto noto che ci può essere utile per renderci conto di come facilmente
dimentichiamo tutto quello che viene fatto per noi e non sappiamo donare con altrettanta
gratuità.
"Una sera, mentre la mamma preparava la cena, il figlio undicenne si presentò in cucina con
un foglietto in mano. Con aria stranamente ufficiale il bambino pose il pezzo di carta alla
mamma, che si asciugò le mani con il grembiule e lesse quanto vi era scritto:
- Per aver strappato le erbacce dal vialetto: 1 Euro
- Per aver riordinato la mia cameretta: 1,50 Euro
- Per essere andato a comprare il latte: 0,50 Euro
- Per aver badato alla sorellina (tre pomeriggi): 3 Euro
- Per ever preso due volte "ottimo" a scuola: 2 Euro
- Per aver portato fuori l'immondizia tutte le sere: 1 Euro
TOTALE: 9 Euro
La mamma fissò il figlio negli occhi teneramente. La sua mente si affollò di ricordi. Prese una
biro e, sul retro del foglietto, scrisse:
- Per averti portato in grembo 9 mesi: 0 Euro
- Per tutte le notti passate a vegliarti quando eri ammalato: 0 Euro
- Per tutte le volte che ti ho cullato quando eri triste: 0 Euro
- Per tutte le volte che ho asciugato le tue lacrime: 0 Euro
- Per tutto quello che ti ho insegnato giorno dopo giorno: 0 Euro
- Per tutte le colazioni, i pranzi, le merende, le cene, e i panini che ti ho preparato: 0 Euro
- Per la vita che ti do ogni giorno: 0 Euro
Quando ebbe terminato, sorridendo la mamma diede il foglietto al figlio. Quando il bambino
ebbe finito di leggere ciò che la mamma aveva scritto, due lacrimoni fecero capolino nei suoi
occhi. Girò il foglio e sul suo conto scrisse: "Pagato". Poi saltò al collo della madre e la sommerse
di baci. Quando nei rapporti personali e famigliari si cominciano a fare i conti, è tutto finito.
L'amore o è gratuito o non è amore."
Questa sera il Signore i piedi li lava ad ognuno di noi (dobbiamo immaginare di essere tutti
qui in presbiterio) per ricordarci di tutte le volte che a “costo zero” ci ha dato la vita, ci ha
perdonato, ci ha nutrito, ci ha dato la forza, ci ha esaudito. Ma noi lo abbiamo fatto agli altri? Il
Signore non ci chiede di farlo a lui ma di farlo gli uni agli altri.
Inoltre come si fa ad imitare questo servizio?
Se guardiamo alla lavanda dei piedi scopriamo che:
1. Si tratta di un servizio molto umile per chi lo compie, che non si sostituisce
all’impegno di chi lo riceve (infatti Gesù non li lava da capo a piedi). Ovvero Gesù non ci
chiede di servire le persone che ci stanno accanto sostituendoci al loro impegno. Quando i
nostri gesti di carità non lasciano spazio, chi lo riceve non matura, quel gesto d’amore soddisfa
solo chi lo compie mentre favorisce il disimpegno e la non crescita dell’altro.
2. Permette a chi lo riceve di acquistare una grande dignità. Lavare i piedi ad una persona
non può essere considerato un dovere di prima necessità (come il nutrirsi, il coprirsi, il
riposarsi e non era indispensabile per cenare assieme tra amici) eppure quella usanza
palestinese manifestava una finezza nell’accoglienza da parte di chi ospitava il quale metteva
l’ospite nella condizione di non sentirsi in imbarazzo, di essere ben presentabile, a proprio
agio; quasi come dire: tu in casa mia ci puoi stare a lungo, non mi disturbi, sei ospite gradito e
casomai non ti senti perfettamente degno a causa della tua condizione voglio permetterti di
ritrovare tutta la tua dignità. Un gesto di vera accoglienza che valorizza l’ospite, dandogli quel
di più che è necessario non per sopravvivere ma per sentirsi una persona amata, degna di
essere li.
Ecco com’è quel modello di servizio che ci ha mostrato Gesù e dal quale vuole che noi
prendiamo esempio: umile e valorizzante la persona.
Molto spesso nel servizio si ricerca il gesto che abbia un riconoscimento e che abbia una
grande utilità. Invece i gesti più belli nei nostri confronti li abbiamo ricevuti quando chi li ha
compiuti ci ha dato dimostrazione di vero amore per noi, ovvero quando non ricercava il
proprio interesse ma si preoccupava di ridarci valore. Questo gesto lo abbiamo percepito non
come qualcosa fatto per dovere, come un imperativo morale nei nostri confronti ma
semplicemente come amore. Così prima di compiere un servizio dovremmo preoccuparci non
tanto della richiesta ma del richiedente.
Gesù prima di guarire il paralitico gli dice: ti sono rimessi i tuoi peccati, perché per lui conta di
più la ricostruzione morale della persona che l’eliminazione dei suoi difetti fisici, o quando
moltiplica i pani e i pesci prima spezza per loro la Parola perché: non di solo pane vive l’uomo
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.
Oggi facciamo memoria di ogni volta che Gesù ha valorizzato la nostra umanità rendendola
pari alla sua e gli chiediamo di saperci fare imitatori di una tale umiltà e attenzione al valore
della persona.
Guardando ancora al modello che ci ha lasciato Gesù comprendiamo non soltanto che la sua
carità non si rivolge semplicemente a soddisfare i bisogni primari dell’uomo ma anche che la
sua spiritualità è legata alla vita concreta, non è una spiritualità disincarnata. Anzi è fatta di
gesti semplici e concreti, come quello della lavanda dei piedi, che però hanno il potere di
rendere quegli uomini più uomini, poiché quella carità è una carità viva, non un’opera morta,
che rende giustizia alla grandezza del soggetto che la riceve, una carità che fa pensare al
beneficiario quanto egli valga, una carità sacramento, ovvero, che mostra l’invisibile dietro al
visibile.
Probabilmente di gesti buoni in una giornata ne facciamo molti, a partire da quelli che
rivolgiamo alle persone care della nostra famiglia ma quanti di questi fanno sentire all’altro
che è per noi una persona che occupa un posto unico al mondo? Quanti gesti contribuiscono a
rivitalizzare la mia persona e non a toglierle semplicemente delle energie? Quanti gesti
materialisti, privi di spiritualità, quante parole vuote incapaci di dare vita. Rendi Signore i
nostri corpi ripieni del tuo Spirito perché il tuo Spirito genera e dona vita ad ogni nostro
gesto.