leggi - Juri Dal Dan

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Racconti e poesie di Solitudini
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Ieri ho incontrato S., un vecchio amico, abbiamo fatto insieme le scuole superiori, lui è stato
una delle poche persone che ho sentito veramente vicino.
Quando avevamo diciassette anni, prendevamo l'autobus e andavamo giù al mare con lo stesso
sentimento di due protagonisti di un romanzo di Kerouac. Passavamo ore sul bagnasciuga
fantasticando su tutto ciò che vedevamo passare comprese le scie d'areo.
S. era matto come un cavallo, si vestiva sempre a caso e portava sempre con se una borsa di carta
sudicia che conteneva il portafoglio e altri oggetti strambi.
- Io non farò la fine dei miei genitori - ripeteva spesso nei nostri interminabili discorsi da adulti.
Un pomeriggio, martoriati dal chiasso e dall'afa, dopo aver passato un po' di ore sulla spiaggia umida
con il vano intento di riposare, decidemmo di tornare a casa ma dopo un po' di cammino S. si accorse
che la sua borsa di carta sudicia era stata erosa dall'acqua e del portafoglio non c'era nessuna traccia.
Cominciò ad inveire come un indemoniato: "Fanculo! avevo trenta dollari guadagnati duramente
trasportando carriole di malta ...porca puttana! E poi la patente! E poi ..Fanculo! "
La frase non finì di disperdersi completamente tra la folla di bagnanti, quando dall'altoparlante del
servizio balneare una voce femminile nasale annunciò: "Il sig. S. G. è pregato di rivolgersi presso
l'ufficio informazioni.. ripeto... ".
Improvvisamente lo vidi scattare con le gambe che saltavano come fuochi d'artificio per via della
sabbia rovente nella direzione dell'ufficio informazioni, doveva attraversare più in là anche un
parcheggio appena asfaltato, lo sentii urlare in lontananza.
Aspettai con ansia in mezzo alla calura.
Dopo dieci minuti lo vidi tornare con il volto beato, privo del dolore dovuto alle ustioni ai piedi.
Mi rivelò di aver ritrovato il portafoglio con i soldi e i documenti ed in più un foglietto con una scritta
"Le auguro di cuore tutta la fortuna e la felicità di questo mondo".
Non so quanto questo gesto generoso abbia influito realmente sulla sua successiva brillante carriera,
- brillante almeno ai miei occhi - so solo che per lui quell'evento divenne fondamentale: una
lontana stella dell'universo gli aveva sorriso.
Ieri nel rivederlo mi è venuto il magone di gioia, era un sacco di tempo che non ci si vedeva per via
della sua vita, ormai così distante da me.
Mentre ci raccontavamo le storie, cercavo di allontanare il presentimento che molto probabilmente
non lo avrei più rivisto.
L'ho abbracciato e gli davo cazzotti affettuosi alle costole.
Lui è rimasto matto come un cavallo, ha sempre un lieve sorriso stampato sul volto.
Mi manca.
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Educato alla vecchia maniera, sono cresciuto a ceffoni e a domeniche solitarie. Da ragazzo andavo a
vedere le partite di calcio dei campionati juniores, non sapevo con chi divertirmi, così mi
intrufolavo tra la gente negli spalti per guardare la partita. L'atmosfera spesso era pesante per via dei
genitori che incitavano i loro figli urlando delle frasi di una volgarità inaudita.
Cominciai ad odiare il calcio sostituendo questo divertimento con l' idea di diventare un attore.
Trovavo straordinaria la possibilità di trasformarmi in un altro e vivere così una nuova identità. In
qualche maniera, combattendo la mia timidezza, riuscii all'età dieci anni a far parte di una
compagnia amatoriale che mi diede la possibilità quell'estate di provare intensamente e consolarmi
fantasticando sulla mia nascente carriera.
Quando venne il giorno del debutto ero molto emozionato, prima di entrare in scena mi tremavano
le gambe. Dietro la tenda delle quinte alla quale ero aggrappato, giungevano le voci confuse degli
attori mescolate con la luce accecante del palco, sentivo un gran caldo.
Ce la misi tutta quando fu il mio turno, dovevo pronunciare delle frasi abbastanza semplici ma
l'apparato fonetico andò fuori controllo e cominciai a sbagliare l'ordine delle lettere e delle parole
che dovevo pronunciare, il suggeritore cominciò a farmi dei gesti dalla botola ripetendomi con
crescente agitazione le frasi che dovevo dire ma la mia bocca era diventata calda e le parole
sembravano di gomma, poi ricordo un grande imbarazzo e qualche lieve risata dalla platea.
Quando arrivammo a casa avevo l'umore a terra, percepivo come un vero sensitivo l'imbarazzo dei
miei genitori, mentre dallo stomaco le prime macerie esistenziali facevano sentire il loro devastante
effetto.
Mi chiusi in camera e dopo un lento ritorno alla realtà, mi misi ad origliare una loro conversazione,
ad un certo punto una parola tra tutte venne pronunciata con estrema chiarezza, mi trafisse il cuore
facendomi letteralmente morire, la parola era: "Ridicolo!".
Non venne detta con cattiveria ma mi trafisse comunque!
La maestra delle elementari fu una delle poche persone che amai da bambino, venne a darmi un
bacio quando scrissi una poesia sulle rondini che migrano in autunno, quella volta mi sentii un vero
poeta e assaporai per la prima volta il gusto agrodolce dell'arte, ma soprattutto mi sentii per la prima
volta amato.
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Mi piaceva dire buongiorno alla vecchia signora delle pulizie e augurarle buon lavoro, mi faceva
stare bene, lei si interessava sempre del mio stato di salute e mi chiamava affettuosamente "nini".
Era un buon modo per iniziare la giornata e trovare la forza per pedalare sotto il cielo freddo del
mattino.
E così andavo contemplando quel breve momento di libertà assoluta che mi separava dal lavoro.
Ogni giorno, per un istante, l'illusione che alla fine della giornata sarei stato diverso avendo trovato
la soluzione ad ogni cosa si faceva largo tra i miei pensieri, oltre ad essere l'unico vero momento di
serenità.
Ma i miei sentimenti malinconici nei confronti del mondo erano solo una parte della mia identità,
A volte osservavo e cercavo qualcosa nelle vite degli altri e soprattutto di quelli che abitavano
nel mio condominio.
Alcuni di loro facevano un gran casino fino a tarda notte al bar di sotto e spesso si picchiavano a
sangue in preda ai fumi dell'alcol, come i cani!
Chiamai la polizia più di una volta, ma questi rispondevano che qualcun altro li aveva già chiamati,
evidentemente non ero il solo osservatore.
Una mattina scesi le scale trovandoci spalmate sui gradini di marmo vistose chiazze marroni,
pensai: "Ma chi è quell'imbecille che porta fuori la spazzatura senza badare al sacchetto che
perde?". Venni a conoscenza giorni dopo che quelle chiazze marroni erano sangue rappreso di una
che si prostituiva al 5b e che aveva tentato il suicidio tagliandosi le vene!
Avevo la sensazione di abitare in un penitenziario, spesso sentivo tra le mura una donna piangere e
disperarsi forse perché picchiata dal marito. Una domenica mattina dopo una sera buttata via in
bevute, venni svegliato all'improvviso dalle urla di un signore che stava litigando ferocemente con
qualcuno. Le grida erano assordanti latrati ed erano così violente che chiunque fosse il destinatario
di tale rabbia, non riusciva ad emettere nemmeno un fiato per ribattere. All'inizio pensai che stavo
sognando poi dopo un attimo capii che ero sveglio ed apersi di qualche centimetro la saracinesca
senza farmi vedere. L'uomo urlava frasi sconnesse alla sua ragazza, delirava letteralmente dando
sfogo a tutto ciò che aveva in pancia! Da quella bocca uscivano bestemmie feroci. Aveva la “r”
moscia e certi suoni erano purtroppo divertenti. "Io non vengo più da quella troia di tua madre hai
capito?" urlava ripetendo questa frase.
Pensai tra me che avesse qualche rotella scassata, abbassai la saracinesca, anche perché avevo un
terribile mal di testa che mi fece vomitare qualche minuto dopo!
Passò qualche giorno, ero seduto al bar di sotto con un amico, all'incrocio passò una bisarca carica
di macchine colorate facendo un chiasso infernale e dall'angolo sbucò a testa bassa l'uomo delirante
dalla “r” moscia, aveva il passo frettoloso e il volto abbassato quasi non volesse farsi notare.
- Vedi quello li? - mi disse il mio amico
- Si si quell'imbecille lo conosco - Ah! lo conosci?- Si, di vista- Beh quello lavora in ospedale e fa lo psicologo!- Ah si? e che fa? tortura i pazienti? - No – sorrise - aiuta i malati terminali! -.........
Rimasi in silenzio con gli occhi sbarrati, la risposta mi scosse, mi sentii piccolo ed imbecille. D'un
tratto, come se fossi venuto a contatto con la parte più intima della sua anima, ebbi comprensione
totale per quell'uomo, per il suo lavoro duro, per i suo sfoghi di rabbia ,per le bestemmie e i suoi
deliri, per la sua fidanzata che li subiva ! ebbi d'un tratto comprensione per gli ubriachi per la
prostituta, per la signora disperata, per la vecchia signora delle pulizie,... per tutta la gente che
abitava il mio piccolo mondo fatto a condominio!
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Avevo poco tempo prima di tornare al lavoro, dovevo mangiare in fretta e avevo fame.
La mattinata era appena trascorsa male per via di un collega fissato con la ragione che voleva
questionare e trovare ogni difetto possibile e immaginabile su tutto. Io ormai la testa non ce l'avevo
più e tanto meno le energie.
Tornai a casa, il tavolo di cucina era pieno di residui della colazione, la tovaglia era sudicia e mal
piegata con due capelli contorti distesi sopra.
Non mi importava un fico secco, misi a cuocere una bistecca in una padella che tirai fuori
dall'acquaio pieno di piatti, bevvi d'un fiato dalla bottiglia di plastica e si sentì poco dopo lo
schiocco della bottiglia che si dilatava, ruttai guardando con intensità la simpatica finestra dei
vicini.
La bistecca faceva un po' di fumo: la girai un paio di volte e poi me la versai nel piatto.
Da un sacchetto di plastica buttai sopra la carne dell'insalata e cominciai a mangiare, un po' con le
mani un po' con le forchette.
La tavola era un cumulo di macerie unte. Davanti a me: zucchero solidificato, macchie di caffè,
bicchieri di vecchie bevute, forbici con non so che appiccicato addosso, scontrini della spesa, borse
di plastica, delle aspirine, grani di pepe e qua e là qualche stuzzicadenti mangiucchiato.
Presi la macchina fotografica, scattai una foto: era il ritratto del mio spirito, non un disordine
lezioso, quello usato dai falsi artisti, era un disordine maledettamente autentico.
Mi spruzzai in bocca della panna spray e poi finii l'insalata e l'ultimo boccone di carne con muta
soddisfazione.
Misi la giacca per uscire, ma nello spostare un oggetto, uno scarafaggio nero e grosso come un
pollice uscì gettandosi sul pavimento al centro della cucina.
Era spaventato ed io pure.
Ci guardammo per un attimo, eravamo in due mondi completamente diversi eppure eravamo lì
insieme a condividere la stessa realtà cercando semplicemente di sopravvivere!
Presi la scopa, lo scaraventai fuori dalla porta.
Non morì, era vivo e vegeto, gli scarafaggi sono duri a morire del resto sono molto più antichi
dell'uomo!
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Chissà se anche il vagone del treno ha riposato nella notte fredda.
Dalla luce mattutina che avvolge i sedili direi di sì, non ricordavo fosse così bello viaggiare, tutto si
muove.
Le pupille dei passeggeri si muovono nervose alla ricerca dello sguardo perfetto, le mie anche.
Non penso alla meta, sono rapito da questa dimensione che mi porta da un luogo all'altro, perdo i
sensi per qualche ora e al risveglio è quasi mezzogiorno, fuori dai finestrini continua ad essere una
giornata di primavera: sole nuvole e vento, il suono ferroso della corsa mi ha cullato.
Gli alberi si agitano come ansiosi di qualcosa che non gli è stato dato, ho comprensione per loro.
L'uomo costruisce case solide che restano immobili mentre i pollini circondano vorticosi questi
monoliti che racchiudono chissà quali segreti. Che assedio!
Mentre le nuvole si manifestano con la loro danza, dal camino entra indisturbata la speranza che
tutto illude: me, gli alberi e il temporale che s'avvicina!
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E' notte ed è il momento migliore.
La giornata è finita: lei non ha più niente da dare a te ed io non ho più niente da dare a lei e così
siamo in pace.
E' tanto che non scrivo, questa volta perché il lavoro mi ha letteralmente inghiottito.
La notte tornavo a casa distrutto con la sola forza di mangiare un cracker e del formaggio secco per
avere così un alito terrificante il giorno successivo.
Dormire bene poi, non ne parliamo nemmeno.
Fuori dalla finestra c'è buio pesto, non un raggio di luna.
I pensieri finalmente possono fluire liberi e lenire questo assedio.
Sembra che tutto si fermi la notte.....tregua.
Vorrei vivere sempre in questo momento, il sole non mi è mai piaciuto più di tanto. Di notte striscia
fuori la vera anima di ogni cosa, ogni piccolo e rado rumore diventa un frastuono animato, dalle
orecchie scende giù come un brivido fino a contorcerti le budella.
Già, di notte tutto diventa più vero e tutto fa più paura.
Le anime libere si espandono e volano nell'oscurità nutrendosi di ciò che il giorno ha cercato di
bruciare.
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A chi vuoi che importi di un vecchio come me: burbero e confusionario che non riesce più
nemmeno a far le scale.
I condomini mi odiano perché lascio la spazzatura fuori dalla porta ma il dolore alle mie rotule è più
duro da sopportare di uno stupido odore di susina andata a male!
La signora del palazzo a fianco mi odia, vorrebbe vedermi impiccato, non la deluderò, la natura
senza il bisogno di corde, sta scrivendo l'epilogo di questa storia.
Alle riunioni condominiali cercano di zittirmi, gli stronzi del bar di sotto fanno casino fino alle due
del mattino e mi prendono per il culo quando li stramaledico! Al supermercato le cassiere sanno chi
sono, la polizia è venuta qualche volta da me: non sono un tipo sociale ecco tutto!
Per annientare il silenzio alzo il volume della radio e vai col waltzer e le mazzurche....felicità!
di tristezze ne ho avute fin troppe soprattutto da quando te ne sei andata. Ed ogni giorno mi alzo con
l'affanno e l'odio per l'ingiustizia divina! Poche cose mi fanno stare bene a parte il waltzer e le
mazzurche, ogni tanto incontro qualche persona gentile e rispettosa di un relitto come me e penso
che ci sarà comunque un futuro!
Io ho fatto il mio corso, sto saggiamente abbaiando al mondo come un cane stanco per potermene
andare sereno, senza rimpianti, è un trucco che si impara da vecchi.