2016 08 14_21 - Comunità Pastorale
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SETTIMANALE DELLA COMUNITA’ PASTORALE S. MARTINO E SS. NOME DI MARIA — MILANO Noi Anno XI, n. 470 Domenica 14 e 21 agosto 2016 Il vero Tempio e il vero Rivelatore di Dio La Liturgia della XIII domenica dopo Pentecoste mostra che l’esperienza drammatica conseguente all’esilio babilonese (586-538 a.c.) non fu l’ultima parola nella vicenda del popolo di Dio. Gerusalemme e il Tempio erano stati distrutti dagli Assiro—babilonesi (587 a.C.), e i notabili giudei erano stati deportati a Babilonia. Successivamente, l’Impero persiano aveva preso il posto di quello assiro-babilonese nella dominazione della terra di Israele. A sorpresa, Ciro, re di Persia (538 a.C.), con un editto aveva consentito ai notabili di fare ritorno a Gerusalemme. La prima lettura della XIII domenica d. P. (Neemia 1,1-4. 2, 1-8) ci porta qualche decennio più avanti, allorchè il Re persiano Artaserse nota la tristezza sul volto del suo collaboratore giudeo Neemia, gliene chiede ragione e, appreso che essa era causata dalla situazione di rovina in cui versava Gerusalemme, concede a Neemia di recarsi in Giudea per tentatare di ricostruire, in qualità di governatore, la capitale del Regno di Giuda. In questa vicenda emerge, ancora una volta, la fedeltà di Dio all’alleanza con Israele, nonostante le infedeltà del popolo. Egli suscita uomini che tentano di ricompattare Israele attorno alla Legge, che Dio stesso aveva dato al popolo come istruzione per un cammino di libertà. Saranno, in particolare, Esdra e Neemia a compiere quest’opera. Il brano evangelico (Matteo 21, 10-16) racconta l’ingresso di Gesù nel Tempio, ormai alla vigilia della sua passione, e la conseguente cosiddetta “purificazione”. L’intento della Liturgia è di presentarci Gesù come Colui che solo porterà a compimento il disegno di Neemia (e prima di lui di tutti gli altri inviati di Dio): radunare i figli dispersi di Dio. Ma anche il racconto evangelico non nasconde, anzi mette in evidenza la resi- stenza strenua che Gesù trova nei confronti della sua opera. Il Tempio da casa di preghiera, in quanto dimora di Dio sulla terra, era scaduto a luogo di mercato. Preso atto amaramente di questo ulteriore decadenza della religione di conta dei lavori di ricostruzione del secondo Tempio (520-515 a.C.), che iniziano con la gettata delle fondamenta e sono preparati da un ciclo di feste con l’offerta di olocausti e da una grande Israele, Gesù non desiste: continua a guarire quanti gli si avvicinano afflitti da varie infermità. Con ciò manifesta che Egli stesso è il nuovo e vero Tempio, nel quale Dio è presente e opera. Una schiera di fanciulli - i piccoli che Gesù esalta nel vangelo - lo acclamano come il Re Messia tanto atteso. I capi, però, non possono sopportare la gioia degli umili e dei semplici, capaci di riconoscere Gesù come Messia: essi perciò protestano, chiedendo a Gesù stesso che faccia tacere i piccoli, per non dare scandalo, ma Egli li smentisce citando il salmo secondo cui proprio gli ignari lodano Dio (nella versione di Luca Gesù afferma che se taceranno costoro, grideranno le pietre!). liturgia di lode e di ringraziamento. Il vangelo (Matteo 5,33-48) sembra proporre ancora una volta Gesù come il nuovo e vero Tempio, come Colui che solo consente di vivere in comunione con Dio, del quale il Tempio era considerato la sua abitazione sulla terra. E’ Gesù stesso a proporsi in modo molto autorevole come il nuovo Legislatore, colui che interpreta in modo definitivo la Legge di Mosè. Egli lo fa mediante sei antinomie (opposizioni) tra la legge antica o il modo farisaico di interpretarla e il suo modo di intenderla. La Liturgia ci propone due antinomie, quella riguardante il giuramento (a monte, la questione del nostro rapporto con la verità) e quella concernente il rapporto con il prossimo e il nemico. Gesù, nella sua contrapposizione al fariseismo, comanda non semplicemente di non giurare ma di non giurare affatto; in positivo, di Anche la Liturgia della XIV domenica dopo Pentecoste si concentra sul tema del Tempio. La lettura di Esdra ci rac- coltivare un rapporto con la verità tale per cui per accreditarsi come persone veraci sia sufficiente dire “sì, sì”, “no, no” poiché “il di più viene dal maligno. Ossia—pare di capire—rischia di essere un modo per camuffare la verità più che per testimoniarla. E a proposito del rapporto con il nemico, Gesù comanda di amarlo e di pregare per lui. I comandi perentori di Gesù sono motivati in maniera puntuale: affinchè siate figli del Padre vostro che è nei cieli, che fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. E’ proprio il riferimento esplicito di Gesù al Padre—e alla sua perfezione nell’amore, che si sintetizza nella gratuità assoluta— che qualifica la morale di Gesù in modo singolare. Essa si contrappone sia alla morale “religiosa” farisaica che alla “morale pagana”. In rapporto alla morale farisaica appare chiaro che Gesù intende e propone la pratica della Legge non come fine a se stessa, una sorta di feticcio, ma come una mediazione finalizzata ad amare. In rapporto alla “morale pagana”, Gesù chiama al superamento della logica utilitaristica che la contraddistingue, e che si riassume nella logica del do ut des. Attraverso la meditazione di queste pagine bibliche, il Signore ci aiuti a riconoscere la sua opera, compiuta e manifesta in Gesù. Ci doni, insieme, di far parte della schiera dei piccoli, per i quali Gesù stesso gioì profondamente riconoscendo che ad essi - e non a coloro che presumono di sé - il Padre che è nei cieli si rivela e fa conoscere il senso liberante dei suoi comandamenti. Don Luigi La Porta santa di San Pietro La Porta Santa ha un significato ben preciso: è il simbolo del passaggio che ogni cristiano deve fare dal peccato alla grazia, pensando a Gesù che dice «Io sono la porta» (Giovanni 10, 7). Nel 1949, quattro anni dopo la fine della seconda guerra mondiale e ormai agli albori della Guerra fredda, il vescovo di Basilea e Lugano, mons. Franz von Streng, insieme ai suoi fedeli donò al papa Pio XII le nuove valve bronzee della Porta Santa, che sostituirono le precedenti, in legno, inaugurate da Benedetto XIV nel 1748. L’iniziativa del vescovo, in carica dal 1936 e che sarebbe stato fra i padri del Concilio Vaticano II, fu motivata dalla volontà di ringraziare Dio per aver risparmiato alla popolazione svizzera gli orrori del conflitto mondiale appena conclusosi. In una iscrizione incisa sul retro dell’anta di sinistra si legge: “E bellorum flamis / patria feliciter servata / servatori Deo / devotus / Pio XII Pont. Max. / populorum pacis sequestro / gratus / Franciscus de Streng / Basileen. ac Luganen. Episc. / cum fidelium suorum grege / huius Portae Sanctae valvas / A. Iubilaei Maximi MCML / D.D.” (Francesco de Streng, vescovo di Basilea e Lugano, essendo stata felicemente risparmiata la sua patria dalle fiamme delle guerre, devoto a Dio che la preservò, grato a papa Pio XII mediatore di pace tra i popoli, insieme ai suoi fedeli donò le valve di questa Porta Santa nell’anno giubilare 1950). All’inizio del gennaio 1949 lo scultore toscano Vico Consorti, soprannominato “maestro degli usci” o “Vico dell’uscio” per le varie realizzazioni di porte celebrative, ricevette la committenza della Porta Santa da mons. Ludwig Kaas, amico personale di Pio XII e già membro di giuria nel concorso per la Porta di San Pietro. Il tema da rappresentare fu indicato dalle parole dello stesso Pontefice: che il Giubileo del 1950 – Anno Santo del dogma dell’Assunzione e delle canonizzazioni di Maria Goretti e Domenico Savio – fosse «l’anno del gran ritorno e del gran perdono, nella misura almeno che l’età nostra è stata, anche nel recente passato, epoca di apostasia e di colpa». Realizzata in solo undici mesi, la Porta Santa fu inaugurata la vigilia di Natale del 1949. Nel suo discorso ai rappresentanti delle arciconfraternite e confraternite dell’Urbe, pronunciato in occasione della cerimonia di apertura del Giubileo, Pio XII sottolineò come «le valve di bronzo, che abbiamo testé benedette, lodano con accento commovente le magnificenze della misericordia di Colui che è venuto a cercare ciò che si era perduto. La misericordia del Signore non si è stancata e il suo braccio non è divenuto troppo corto per salvare. Nessuno è escluso dalle sue promesse, né dalla soavità delle sue consolazioni». Il ciclo scultoreo della Porta, composto da sedici formelle, narra la storia dell’uomo dalla Creazione al tempo presente. Con particolare attenzione ai temi del peccato e della riconciliazione, di formella in formella si passa attraverso il Peccato la cacciata dal Paradiso terrestre, l’Annunciazione con Maria in una formella e l’Angelo Gabriele in un'altra, il Battesimo di Cristo nel Giordano, la parabola del Buon Pastore, e quella del Figliol prodigo, l’episodio del Paralitico, quello della Peccatrice, quello del Perdonare settanta volte sette, il Rinnegamento di Pietro il Buon ladrone, l’Apparizione di Cristo risorto a Tommaso e agli Apostoli riuniti, la Conversione di Saulo il Cristo come porta di salvezza, reso con lo stesso Pio XII, raffigurato nell’atto di bussare alla Porta Santa nel Giubileo del 1950. Misericordia tra “nuovo umanesimo e “pensiero di Cristo” (IV) Tra bisogno e desiderio Entriamo ora nello specifico delle singole opere di misericordia. Esse si riferiscono innanzitu o a bisogni molto concreti e oserei dire “carnali”. Segno che davvero siamo figli di un Dio incarnato. Fame, sete, fuga dalla propria terra, nudità, mala ia, carcere, morte sono situazioni che me ono in evidenza un bisogno umanissimo e condivisibile da tu i. In ciò vediamo rispecchiata una a enzione ed un metodo proprio di Gesù nella sua azione. Egli sempre parte dal bisogno che incontra nelle persone. Anzi, egli sa che il bisogno è la prima istanza che muove le persone ad uscire da se stesse; nel bisogno l’uomo si fa mendicante. Ed in effe i l’opera di misericordia corporale innanzitu o si fa carico di un bisogno concreto, ad imitazione di Cristo stesso. Tu avia l’opera di misericordia introduce nel bisogno lentamente un nuovo orizzonte. Il piegarsi sul bisogno fisico dell’altro apre il bisogno fisico stesso alla dinamica del desiderio e della domanda più profonda di senso. La misericordia, infa i, di fronte al bisogno si esprime in un’azione specifica, fru o di commozione per il bene dell’altro. Non isola il bisogno e non lo risolve meccanicamente. La misericordia umanizza il bisogno concreto, collocandolo nell’orizzonte integrale della persona come bene in se stessa. Infa i la misericordia, a raverso il bisogno, accoglie e promuove la persona stessa dell’altro. Per questo motivo in tu e le opere di misericordia corporale ci è possibile contemplare l’uomo, nel suo bisogno concreto, un bisogno che Cristo stesso assume su di sé; in questa assunzione avviene il dilatarsi dello stesso bisogno in desiderio, perme endo di prendere conta o con la domanda ultima di compimento, di felicità e di amore che alberga dentro ogni bisogno concreto. Dar da mangiare agli affamati Consideriamo così brevemente la prima opera di misericordia. La fame muove i popoli; di fame si muore; per la fame si fanno le guerre e le guerre moltiplicano la fame. L’accesso al cibo è bisogno originario dell’umanità. Gesù stesso insegna a pregare domandando al Padre celeste: “dacci oggi il nostro pane quotidiano” (Mt 6,11; cf. Lc 11,3). Dio stesso si prende cura di questo bisogno: egli è “colui che dà il pane a ogni vivente” (Sal 135,25); è colui che nutre il popolo nel deserto con la manna (Dt 8,16). Gesù stesso passa a raverso il deserto e il digiuno e prova fame; ma egli transita dal bisogno al desiderio quando afferma: “Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete” (Gv 4,32). Ed ancora: “mio cibo è fare la volontà del Padre” (Gv 4,34). Questa dinamica diviene emblematica nell’episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci in Giovanni 6. Ed a coloro che, dopo aver tentato inutilmente di farlo re, continuano a cercarlo giacché Cristo aveva risposto al bisogno di cibo, risponde: “voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà” (Gv 6,26s). Su questo passaggio Gesù insisterà a tal punto da non indietreggiare nemmeno di fronte alle incomprensioni deludenti delle folle che lo abbandonano, fino ad arrivare a dire ai suoi più intimi, ancora rimasti con lui: “volete andarvene anche voi?” (Gv 6,67). Gesù non potrebbe diminuire la sua pretesa di essere lui stesso questo pane di vita eterna; infa i, se ciò facesse, tradirebbe non solo la sua missione ma anche il bisogno più profondo dell’uomo, il quale non vive di solo pane ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio (Mt 4,4): questa Parola che esce dalla bocca di Dio è il sacramento dell’eucaristia, è il sacramentum caritatis, il sacramento dell’amore; giacché il desiderio ultimo dell’uomo è quello di essere amato ed amare. Per questo la stessa Eucaristia, nutrendoci di lui, torna a farci cercare il corpo di Cristo nei “più piccoli”. Il grande padre della Chiesa san Giovanni Crisostomo unisce so o un unico orizzonte l’eucaristia e le opere di misericordia, quando, nel suo commento a Ma eo 25 dice: “Vuoi onorare il corpo del Salvatore? Colui che disse “questo è il mio corpo” (Mt 26,26) è la stessa persona che disse “Mi avete visto affamato e mi avete dato da mangiare. Ciò che avete rifiutato ai più umili… è me che avete rifiutato (cf. Mt 25,31 -46). Quindi dà onore a Cristo, condividendo i suoi beni con i poveri”. VANGELO SECONDO MATTEO 25, 31-46 «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tu i gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tu i i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benede i del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tu o quello che avete fa o a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fa o a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, malede i, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tu o quello che non avete fa o a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fa o a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna». Decanato di Lambrate — Milano Giornata di apertura anno pastorale 2016 -17 per i Consigli pastorali parrocchiali e i collaboratori nella pastorale Sabato 17 settembre 2016 a Triuggio—Villa S. Cuore sul tema “Ricevere il Vangelo e annunciarlo: quale spiritualità? Quale Chiesa oggi?” Carissimi, l’anno pastorale 2016-17 sarà segnato dalla Visita pastorale decanale che avrà il suo momento fondamentale nell’incontro con il nostro Arcivescovo, cardinale Angelo Scola, il 17 febbraio 2017. Ogni parrocchia è chiamata a compiere un cammino di verifica e di rinnovamento, ispirandosi alle Lettere pastorali dell’Arcivescovo — in particolare Educarsi al pensiero di Cristo, valida per il biennio 2015-17 — e ad almeno due documenti fondamentali di Papa Francesco, Evangelii gaudium e Amoris laetitia. Il cammino parrocchiale può e deve trovare nel Decanato un aiuto a superare il rischio dell’autoreferenzialità che ogni parro cchia ed ogni altra aggregazione o associazione o movimento ecclesiale corrono. Per questa ragione, i sacerdoti del decanato hanno pensato di pro porre ai fedeli corresponsabili dell’evangelizzazione e della pastorale una giornata insieme, finalizzata ad una comunione “affettiva” ed effetti va nell’unica missione. Inizieremo dunque il nuovo anno pastorale mettendoci in ascolto della Parola di Dio, dell’insegnamento della Chiesa e delle “sfide” ch e la contemporaneità lancia alla fede, condividendo la preghiera, un momento prolungato di confronto tra noi e la celebrazione dell’Eucaristia. Vi chiedo di segnare in agenda questo appuntamento e di parteciparvi con slancio, convinto che ciascuno di noi e, di riflesso , le comunità per le quali ci spendiamo, ne trarranno beneficio e, intanto, vi auguro di trovare nel corso dell’ estate un tempo di riposo fisico e spirituale. Don Luigi Programma della Giornata Ore 8: partenza ; ore 9.15: Lodi e, a seguire, Meditazione; ore 10.30—11.15: Silenzio e meditazione personale. Pausa caffé 11.45 –12.45: confronto a gruppi 13.00: Pranzo; 14.30: ripresa comunitaria; 15.45: pausa; 16.15: S. Messa Iscrizioni: presso le segreterie parrocchiali entro venerdì 10 settembre versando euro 20,00 per il pranzo (le spese di viaggio verranno condivise) Sito della Comunità: Il matrimonio in Chiesa www. Lambrateortica.it Le coppie che scelgono di sposarsi in Chiesa (nella forma cioè del matrimonio concordatario: religioso con effetto civile), devono anzitutto prendere contatto con il parroco di domicilio, almeno sei mesi prima della data prescelta. Calendario liturgico —pastorale 14 15 17 20 22 22 24 27 28 29 DOMENICA - X P LUNEDI' - A B.V. M ( ) 9.00, Santuario: S. Messa; 10.00, S. Martino: S. Messa 11.15, SS. Nome di Maria: S. Messa; 18.00, S. Martino: S. Messa M S - S. M K Il punto di partenza per i nubendi è la partecipazione al Corso per fidanzati in preparazione al Matrimonio cristiano. Solo dopo la loro partecipazione al Corso, il parroco potrà effettuare il consenso che consente ai nubendi di procedere alle pubblicazioni in Comune. Il nostro Decanato ha già fissato i Corsi per fidanzati per il 2016-17: si veda in www.lambrateortica.it. - S. B 17.00 - 17.45, S. Martino: Confessioni DOMENICA - XV P L M M S -B V - S. B Sacerdoti a servizio della Comunità R Don Luigi Badi, Parroco Responsabile della CP, , 17.00 - 17,45, S. Martino e SS. Nome di Maria: DOMENICA L Via Dei Canzi, 33 tel. 02/26416283; fax 02/21598729; cell. 347/2978499; e-mail: [email protected] - S. M -M M S. G Confessioni S. G . B B (F ) Don Alessandro Repossi, Vicario della CP , Via Pitteri, 54. Tel. 02/49789957; cell. 349-6080388 ; e– mail: [email protected]