su commessa

Transcript

su commessa
OPERATIONS
Il Master Planning nelle
imprese che “finiscono”
su commessa
Riuscire a ridurre i tempi senza
incrementare i costi e
decrementare le qualità è “il”
modo per affrontare la crisi nelle
aziende MTO. Ma… come fare?
E ancora, riuscire a prosperare
con prodotti dal ciclo di vita
brevissimo e dalla
differenziazione molto spinta è
“il” modo per affrontare la crisi
nelle aziende MTS. Ma daccapo…
come fare? Vediamolo attraverso
il caso Stelvio Kontek
di M. Oleotto
• Massimiliano Oleotto, European
Senior Logistician certified by European Logistics Association
Immagine Stelvio Kontek
Con la crisi tutto è diventato
più veloce
Con la crisi non è cambiato nulla, tranne
che tutto è diventato dannatamente più
veloce. È la frase che sento più spesso
girovagando per le piccole e medie
aziende italiane, specie se a parlare è un
“vecchio” imprenditore, uno di quelli che
fa impresa da venti o trent’anni. La
velocità di cui si parla, però, ha due
significati ben distinti a seconda che –
come vuole l’accademia dell’Operations
Management e come presentato nella
Figura 1 – l’azienda produca su commessa
o per il magazzino.
Nelle aziende che producono su
commessa, alias MTO = Make To Order, la
velocità sta nell’esecuzione delle attività
operative. In queste aziende agisce infatti
il postponement, ossia il fatto che si
aspetta a produrre sino a che non arriva un
Logistica Management >gennaio/febbraio 2012<
77
>> Il Master Planning nelle imprese che “finiscono” su commessa
ordine da parte del cliente pianificando
indi la capacità produttiva – che è la
controindicazione al vantaggio di
attendere prima di produrre. Il tempo che
intercorre tra l’arrivo dell’ordine e la
consegna è il lead time di produzione, ed è
proprio tale tempo che si sta riducendo
spaventosamente. Ora, se si riduce il lead
time, appare chiaro che è necessario
ridurre la durata di ogni processo senza
che ciò abbia minimamente effetto sugli
altri due elementi chiave della
performance operativa, vale a dire il costo
e la qualità. Ecco, riuscire a ridurre i tempi
senza incrementare i costi e decrementare
le qualità è “il” modo per affrontare la crisi
nelle aziende MTO. Ma… come fare?
Invece, nelle aziende che producono per il
magazzino, alias MTS = Make To Stock, la
questione si pone in maniera
completamente diversa perché non si
aspetta l’ordine del cliente per produrre
ma si produce in anticipo, facendo
previsioni di vendita e creando scorte di
magazzino – che sono le controindicazioni
al vantaggio di avere tutto il tempo che si
vuole per produrre. Non interessa quindi il
lead time di produzione – di fatto azzerato
– bensì il ciclo di vita dei prodotti e la loro
differenziazione. In questo caso, pertanto,
la velocità sta in prodotti che ormai vivono
lo spazio di un amen e che nel contempo
assumono caratteristiche sempre più
specifiche, alle volte addirittura
individuali. Facile comprendere che in
questa situazione le controindicazioni –
previsioni e scorte – diventano
intollerabili, in quanto aumenta
vertiginosamente sia la percentuale di
errore delle previsioni che il rischio di
obsolescenza delle scorte. Ecco ancora,
riuscire a prosperare con prodotti dal ciclo
di vita brevissimo e dalla differenziazione
spintissima è “il” modo per affrontare la
crisi nelle aziende MTS. Ma daccapo…
come fare?
Finire su commessa
Due problemi, quindi. Anzi, a ben vedere
uno solo. Perché come la moneta ha due
facce, così l’attuale necessità delle aziende
di essere più veloci può interessare sia i
processi – è il caso MTO – che i prodotti – è
Figura 1
Le possibili modalità produttive di un’azienda. Si riportano prima in sequenza le attività
operative di progettazione, acquisto, produzione, produzione finale e spedizione, poi quali
attività operative sono innescate dalla ricezione dell’ordine cliente per ciascuna delle
modalità produttive, dando indicazione di cosa deve essere presente come scorta a
magazzino prima di tale ricezione; tali attività operative sono dette To Order (su commessa),
mentre le rimanenti sono dette To Stock (per il magazzino).
78
>gennaio/febbraio 2012< Logistica Management
il caso MTS. Non può allora sorprendere
che la soluzione sia una sola, vale a dire…
finire su commessa. Tale espressione
traduce l’acronimo FTO = Finish To Order,
che ha ormai soppiantato l’acronimo ATO
= Assemble to Order, in quanto le fasi finali
di una produzione non sono sempre degli
assemblaggi. FTO consente alle imprese
MTO di essere più reattive e alle imprese
MTS di essere più flessibili. Possibile? Sì,
vediamo in che modo.
Il problema del MTO è ridurre i tempi. La
soluzione “classica” è diminuire tutti i
tempi delle operazioni, cioè coda,
attrezzaggio, lavorazione, attesa e
movimentazione. Esiste però un limite
fisiologico a continue diminuzioni dato
dalla tecnologia, e ormai, in questi anni
Dieci, tale limite è stato ampiamente
raggiunto dalle aziende. Serve pertanto
un’altra soluzione, una soluzione “nuova”,
che è diminuire il lead time di produzione
producendo in anticipo i semilavorati. Così
facendo, nel momento in cui arriva l’ordine
del cliente, non si inizia a produrre dai
materiali eseguendo le prime lavorazioni
ma si inizia a produrre dai semilavorati
eseguendo le lavorazioni
finali. Insomma, si finisce il prodotto dopo
la ricezione dell’ordine, non lo si produce
tout court, che equivale a dire che si passa
dal MTO al FTO.
Il problema del MTS, invece, è avere cicli di
vita brevissimi e differenziazioni
spintissime. In questo caso non esiste una
soluzione “classica” ma un approccio
“classico”, che non è risolvere il problema
ma negarlo, liquidandolo il tutto come la
“solita” esigenza dei commerciali di
disporre di un catalogo infinito per avere
infinite possibilità di vendita. Se poteva
essere vero anni fa, oggi non lo è affatto
perché oggi il cliente è diventato oltremodo
esigente, al punto da affermare: voglio
esattamente quello che voglio e lo voglio
avere adesso. In questa situazione la
soluzione non può che essere
modularizzare il prodotto, progettandolo
per basi ed opzioni: le basi caratterizzano il
prodotto, le opzioni lo personalizzano.
Ovviamente sia le basi che le opzioni
hanno una minore volatilità e una
maggiore generalità rispetto ai prodotti che
si ottengono dalle loro combinazioni, tanto
che una certa configurazione venduta
potrebbe anche risultare unica allorquando
quel prodotto sarà ritirata dal mercato. Ora,
basi ed opzioni altro non sono che
semilavorati, e quindi la soluzione è ancora
produrre in anticipo i semilavorati,
passando così dal MTS al FTO.
>> Il Master Planning nelle imprese che “finiscono” su commessa
Figura 2
La sede della Stelvio Kontek ad Oggiono, in provincia di Lecco.
erano doppi se non tripli rispetto a quelli
richiesti dai clienti – anche perché sovente,
in un’azienda che produceva soprattutto
per il magazzino, tutto ciò che era
personalizzato veniva vissuto più come un
problema che come un’opportunità.
Qual è stata la soluzione adottata un paio
di anni fa? Per quanto appena visto,
passare in entrambi i casi alla modalità
produttiva FTO, facendo sì che
l’assemblaggio finale fosse innescato dalla
ricezione dell’ordine cliente. La scelta di
assemblare su commessa è stata dettata da
un lato dal lead time di consegna richiesto
dal cliente, che era e rimane un mese, cioè
esattamente il tempo di assemblaggio
finale, dall’altro lato da un prodotto che sia
nella versione standard che in quella
Figura 3
Alcuni esempi dei prodotti della Stelvio Kontek.
Detto dell’identità della soluzione, rimane
da osservare che questa soluzione – il
passaggio al FTO – porta in una modalità
produttiva gestioni tipiche dell’altra, e
viceversa: nel MTO che diventa FTO
compaiono le previsioni di vendita e le
scorte di magazzino per i semilavorati; nel
MTS che diventa FTO compare la
pianificazione della capacità produttiva
della produzione finale.
Il caso Stelvio Kontek
Stelvio Kontek è un’azienda che produce
morsetti e connettori elettrici. Più in
dettaglio, per farla facile, i morsetti sono
quelli utilizzati nei circuiti stampati dei
pannelli di controllo di macchine ed
impianti, mentre i connettori sono quelli
utilizzati nei cruscotti delle automobili. La
sede principale mostrata in Figura 2 è ad
Oggiono, in provincia di Lecco, ma la
Stelvio Kontek dispone di altri due siti
produttivi, uno in Romania e uno in
Ungheria. Come si evince dalla Figura 3, il
connettore elettrico è un prodotto
assemblato. Le basi si ottengono mediante
lo stampaggio di granuli plastici e di inserti
metallici, inserti a loro volta ottenuti
mediante la tranciatura di nastri metallici.
Le opzioni sono contatti, perni, viti e altri
componenti metallici, anch’essi ottenuti
mediante la tranciatura di nastri metallici.
L’assemblaggio di basi ed opzioni avviene
con speciali macchine di montaggio, che
rappresentano il principale know-how
dell’azienda in quanto progettate e
costruite internamente. I lead time sono
grossomodo dal mese ai tre mesi per
l’approvvigionamento di plastica e
metallo, un mese per la produzione di basi
ed opzioni, ed un altro mese per
l’assemblaggio finale.
Le modalità produttive adottate in passato
dalla Stelvio Kontek erano il MTS per i
prodotti standard a catalogo – 80% del
fatturato – e il MTO per i prodotti
personalizzati su specifica cliente – 20%
del fatturato. Un paio di anni fa entrambe
le modalità sono divenute insostenibili. Da
un lato, si ammassavano scorte di prodotti
standard caratterizzati da un sempre più
alto rischio di obsolescenza – si pensi al
numero di connettori a stock che la Stelvio
Kontek ha dovuto smaltire nel momento
in cui gli schermi dei televisori sono
passati dalla tecnologia tubo catodico alle
tecnologie cristalli liquidi, plasma e LED.
Dall’altro lato, si davano tempi di
consegna per i prodotti personalizzati che
personalizzata da lungo tempo e con
lungimiranza è stato progettato per basi ed
opzioni. Il passaggio al FTO comportava
una serie di innegabili vantaggi quali:
non tenere scorte di prodotto finito ma di
semilavorato, che è una scorta che ha un
minore valore e un minore rischio di
obsolescenza perché più flessibile e meno
specializzata;
tenere scorte più “precise” perché ricavate
da previsioni di vendita più accurate in
quanto più aggregate essendo fatte sui
semilavorati e non sui prodotti finiti – in
Stelvio Kontek da pochi semilavorati si
ottengono molti prodotti finiti;
ogni assemblaggio di prodotto finito può
essere associato biunivocamente ad un
ordine cliente perché messo in produzione
non per lotti ma per quantità esatte,
associazione che consente il monitoraggio
dell’ordine cliente dalla sua ricezione sino
alla sua fatturazione.
Chiaramente, l’adozione del FTO ha
comportato anche una significativa
controindicazione, che è la pianificazione
della capacità produttiva della produzione
finale, una pianificazione non
semplice perché mescola logiche proprie
del MTO e del MTS.
Logistica Management >gennaio/febbraio 2012<
79
>> Il Master Planning nelle imprese che “finiscono” su commessa
Figura 4
Lo Hierarchical Produtction Planning – visione funzionale.
Come pianificare la produzione
finale: il modello della doppia
azienda
Si è appena detto che pianificare la
produzione finale non è semplice. Inoltre,
bisogna aggiungere che spesso la “teoria”
presente in letteratura è molto vaga al
riguardo e che altrettanto spesso la
“pratica” presente negli ERP è molto
lacunosa. In letteratura e negli ERP c’è
molto riguardo al MTS, un po’ riguardo al
MTO, pochissimo riguardo al FTO. Nel
prosieguo, dunque, vedremo come è stato
Figura 5
Il modello della doppia azienda.
possibile colmare vaghezze e lacune per
approdare ad un nuovo e vincente
paradigma produttivo.
Chi parla di pianificazione negli anni
Dieci non può non partire dallo
straordinario modello HPP, alias
Hierarchical Production Planning,
proposto da Hax e Meal nel lontanissimo
1975. L’HPP è ormai il modello di
riferimento ed è mostrato nella Figura 4.
Non si starà qui a spiegarlo, i testi che lo
fanno sono decine e alcuni molto
autorevoli.
Figura 6 Il SOP e il RRP di JflexPwE.
Qui si vogliono tuttavia evidenziare due
caratteristiche di tale modello utili al caso
Stelvio Kontek. La prima è che il Master
Planning da un lato è conosciutissimo in
ambito MTS perché necessario, e
dall’altro misconosciuto in ambito MTO
perché non strettamente necessario – e
infatti in genere non lo si utilizza. La
seconda è che il Detailed Planning in
ambito MTS è innescato dal sistema MPS/
ATP, mentre in ambito MTO è innescato
dal sistema FAS/CTP, non mostrato nella
Figura 4 per non complicarla
ulteriormente. La differenza tra i due
sistemi è duplice: intanto che il MPS è
alimentato anche dalle previsioni di
vendita e il FAS solo dagli ordini cliente;
poi che se il MPS ha come output l’ATP – si
può vendere solo ciò che si è già prodotto,
il FAS – che formalmente è un MPS – ha
come input il CTP – si può vendere solo
ciò che se si sarà capaci di produrre. Tutto
questo per dire che sino a che si rimane in
ambito MTS e MTO non ci sono problemi
nell’interpretazione dell’HPP.
I problemi ci sono nel momento in cui si
ha a che fare con il FTO in quanto c’è una
“commistione” tra le due pianificazioni.
Le vaghezze e le lacune di cui si è parlato
poc’anzi riguardano proprio il fatto che si
evidenzia sempre questa commistione ma
non si indica mai come gestirla. La
proposta di gestione fatta in questo testo e
implementata in Stelvio Kontek è il
80
>gennaio/febbraio 2012< Logistica Management
>> Il Master Planning nelle imprese che “finiscono” su commessa
Figura 7
Il tipo di pianificazione di un item in base a rilevanza, impiego e lead time imploso.
modello della doppia azienda – ecco il
nuovo paradigma produttivo – illustrato
nella Figura 5.
Il modello della doppia azienda sdoppia
un’azienda che ha adottato la modalità
produttiva FTO in due aziende: la prima
“vede” il cliente e svolge la modalità MTO,
la seconda “vede” i fornitori e svolge la
modalità MTS. Le due aziende “si
incontrano” al livello dei semilavorati, che
sono items di acquisto per la prima
azienda e items di vendita per la seconda.
La produzione dei semilavorati della
seconda azienda è innescata dalle
previsioni di vendita dei prodotti finiti
della prima azienda. Di fatto siamo in un
ambito proprio del Supply Chain
Management, che è il CPFR, alias
Collaborative Planning, Forecasting and
Replenishment, perché un’azienda cliente
può sempre fornire ad un’azienda
fornitrice le proprio previsioni se… è la
stessa azienda!
Accorgimenti operativi
Implementare il modello della doppia
azienda richiede una serie di
accorgimenti operativi nello svolgimento
del Master Planning. Per comprenderli,
chiaramente, si devono conoscere bene le
modalità di tale svolgimento, e al riguardo
possono sicuramente bastare i testi del
guru mondiale Thomas Wallace. Questi
accorgimenti richiedono però un
software adeguato che li supporti – ce ne
sono pochissimi a disposizione, e tra
questi è stato scelto JFlexPwE della
Tecnest di Udine, mostrato in Figura 6 – e
una procedura operativa adeguata – sono
fondamentali i ruoli del demand planner
e del master planner.
Un primo accorgimento, e si veda al
riguardo la Figura 7, è l’attribuzione a ogni
item del tipo di pianificazione a cui è
soggetto, attribuzione che avviene in base
a: 1) criticità, esprimibile sia in relazione
ai livelli di disponibilità, sia in relazione
all’ABC sulla produzione e/o acquisto, 2)
impiego per attività To Stock o To Order, 3)
lead time imploso in relazione al Planning
Time Fence e all’End Of Horizon – il lead
time imploso di un item è il lead time che
si ottiene implodendo la sua distinta base
dal suo livello fino al livello dei prodotti
finiti. In JFlexPwE tale attribuzione è
preliminare e si ottiene intervenendo sui
planning data degli item.
>> Il Master Planning nelle imprese che “finiscono” su commessa
Figura 8
La cella SOP di JflexPwE.
produzione e/o acquisto per l’Operations
Department, e vale la relazione MP = BP +
OP + IP. Tutto questo per dire che, in tempi
di domanda instabile e volatile è
necessario pianificare a livello tattico – e
non subire a livello operativo – la porzione
di domanda che non si riuscirà a
soddisfare tout court o che non si riuscirà
a soddisfare in tempo. Ovviamente tale
pianificazione diverrà un possibile
vincolo commerciale, ma non un vincolo
operativo.
Un terzo accorgimento prevede che la
prima azienda usi il FAS per i prodotti
finiti, mentre la seconda azienda usi il
MPS per i semilavorati e che tale MPS sia
collegato al SOP della prima azienda
perché il SOP riguarda sempre i prodotti
finiti – e dunque non esiste un SOP per la
seconda azienda. Ciò implica che quando
la domanda del SOP data dal MP viene
disaggregata nella domanda del MPS è
necessario sia tenere conto di un delay
temporale che è dato dal lead time della
produzione finale – coincide con il
Demand Time Fence – e sia tenere conto
che tale domanda va “aggiustata”
considerando gli impegni di produzione/
acquisto derivanti dagli ordini cliente del
FAS. Non basta. Se il vincolo che il SOP dà
al MPS è tradizionalmente il rispetto
dell’OP, il vincolo che il SOP dà al FAS –
ecco una novità, presente in JFlexPwE – è
il rispetto del MP comprensivo del BP, che
significa che non si potrebbero prendere
ordini clienti oltre MP e che all’interno di
quegli ordini una quota pari a BP andrà in
ritardo. Si usa il condizionale in
“potrebbero” in quanto l’ambito è
commerciale, e pertanto i vincoli vanno
sostituiti con degli allarmi o delle
raccomandazioni…
Figura 9
Lo HPP nelle imprese FTO – visione temporale conforme al modello presente in JFlexPwE;
circa i Fence, rispetto alla visione canonica, si aggiungono il Lead Time Fence, che equivale
al lead time dei semilavorati e il Cumulative Lead Time Fence, che equivale al lead time dei
prodotti finiti.
Un secondo accorgimento è
l’introduzione all’interno del SOP di due
nuovi piani. Il primo piano introdotto è il
piano dell’invenduto (ED, alias Excess
Demand in Figura 8, in cui viene
schematizza la cella SOP di JFlexPwE) che
rappresenta la parte di previsione di
vendita (MF + SS, alias Marketing Forecast
e Safety Stock) che, non essendo
supportata dal piano del venduto (MP,
alias Marketing Plan), non sarà venduta.
In altre parole, il piano del venduto è il
82
vero impegno alla vendita per il Sales
Department, e vale la relazione MF + SS =
ED + MP. Il secondo piano introdotto è il
piano dei ritardi (BP, alias Backorder Plan)
che rappresenta la parte di piano del
venduto che, non essendo supportata dal
piano delle operations (OP, alias
Operations Plan, comprende sia la
produzione che l’acquisto) e dal piano
delle scorte (IP, alias Inventory Plan) non
sarà venduta. In altre parole, il piano delle
operations è il vero impegno alla
>gennaio/febbraio 2012< Logistica Management
Un quarto e ultimo accorgimento si ha in
presenza di materiali caratterizzati da
lunghi tempi di approvvigionamento. In
questa situazione è necessario ricorrere al
RCMP, alias Rough Cut Material Planning,
che utilizza direttamente l’OP del SOP
senza passare attraverso MPS, FAS o MRP.
Si tratta, beninteso, di un
approvvigionamento tattico e non
operativo, per il quale è necessario
disporre di una seconda super bill, che è la
material bill. È un modulo di cui Wallace
parla diffusamente nei suoi scritti, e che
ciononostantre difficilemente trova
applicazione concreta nei software in
circolazione. JFlexPwE fa eccezione, ed è
questo uno dei motivi per cui è stato
scelto da Stelvio Kontek per implementare
la pianificazione FTO. 