Mixed_Use_Concept_Mall
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sito diretto da fabrizio bottini -1/7 - http://mall.lampnet.org Michael P. Niemira Il concetto e le spinte verso gli insediamenti mixed-use Research Review (Icsc) n. 14, 2007 Titolo originale: The Concept and Drivers of Mixed-Use Development – Scelto e tradotto da Fabrizio Bottini Il recente interesse del settore immobiliare e la crescita esplosiva delle realizzazioni di tipo mixed-use sono in controtendenza rispetto alle destinazioni d’uso semplici, indicazione urbanistica consolidata nel corpo della società americana sin dagli anni ‘20. Comunque, stimolata concettualmente dall’importante libro di Jane Jacobs del 1961 book, La vita e la morte delle città americane, la spinta dei complessi a funzioni miste nel creare maggior vitalità urbana si è aperta solo molto lentamente (sinora) una strada. E non si trattava di un concetto nuovo nemmeno quando la Jacobs descriveva le sue virtù. In realtà, si può far risalire il mixed-use “sino ai tempi antichi; un antenato di questo tipo di progetti è l’agorà ateniese. Il Rockefeller Center, la cui prima fase è realizzata fra il 1931 e il 1940, ne rappresenta un [moderno] prototipo negli Stati Uniti.” 1 Nella primavera del 2003, una indagine della American Planning Association condotta su 1.000 funzionari urbanistici di pubbliche amministrazioni ha rilevato che “dal 1993, l’81% [dei governi locali] ha approvato norme relative al mixed-use, di cui il 72% prevede o raccomanda di inserire in questi nuovi spazi percorsi pedonali e ciclabili, il 68% richiede di conservare gli spazi aperti, e nel 62% dei casi si sono modificate norme o piani per aumentare le densità edilizie al fine di sostenere trasporti collettivi”. Ma cosa significa davvero la dizione mixeduse e quali sono le forze che spingono in questa direzione? Ad esaminare il problema, quattro associazioni del settore immobiliare BOMA International, International Council of Shopping Centers (ICSC), National Association of Industrial and Office Properties (NAIOP) e National Multi Housing Council (NMHC) – hanno condotto in modo congiunto delle indagini sui propri associati, per capire cosa significhi, oggi, mixed-use, e verificare quali possano essere i fattori di successo di tali progetti. L’indagine 2 è stata condotta dall’1 luglio al 3 agosto 2006 con 1.004 interviste. 1 Gerald D. Schwartz, “Mixed-Use Developments,” in Market Research for Shopping Centers (a cura di Ruben A. Roca), International Council of Shopping Centers, 1980, p. 153. 2 Quasi quattro quinti (77,8%) degli intervistati avevano già seguito o stavano seguendo un progetto mixed-use con a propria organizzazione; il 44,5% erano costruttori, il 12,5% proprietari/investitori, il 10,3% responsabili diretti delle costruzioni, il 4,9% architetti e l’1,3% urbanisti. Fra gli intervistati, gli interventi mixed-use pesano per il 32,9% (in media) sulle attività totali. sito diretto da fabrizio bottini -1/7 - http://mall.lampnet.org sito diretto da fabrizio bottini -2/7 - http://mall.lampnet.org Il mixed-use nella storia Molto prima che il mixed-use diventasse di moda negli Stati Uniti, il concetto prendeva forma nella company town, che fa la sua comparsa qui 1645 con la Braintree Iron Works. Nel libro di Margaret Crawford, Building the Workingman’s Paradise: The Design of American Company Towns, si documenta come alcune di queste prime “città modello” mescolino attività produttive e abitazioni. Anche uno dei padri fondatori dell’America, Alexander Hamilton, realizza una città modello su 300 ettari nel 1792. Progettato da Pierre L’Enfant – che aveva appena terminato il suo lavoro a Washington, D.C. – il centro industriale di Hamilton, lungo il fiume Passaic nella zona settentrionale del New Jersey, fu battezzato Paterson, dal nome del governatore dello stato William Paterson. La Crawford osserva: “Nel 1930 il Bureau of Labor Statistics calcolava che nelle company towns abitassero oltre due milioni di persone. Ma poco dopo, gli effetti della depressione economica e le modifiche nelle leggi sul lavoro ne diminuivano il numero, e questo tipo di città gradualmente andava scomparendo dal contesto americano” 3 . A contribuire a spingere verso il tramonto è la “disponibilità di automobili a buon mercato che riduce fortemente la dipendenza del lavoratore dal datore di lavoro. Auto usate, o Ford del modelli T e A comprate a rate, liberano il lavoratore dall’obbligo di fare acquisti nei negozi della compagnia, pregare nella sua chiesa, e infine di abitare nelle sue case” 4 . Oggi, il ciclo di sviluppo sta tornando verso un tipo di vita urbano, e la disponibilità di insediamenti mixed-use è parte integrante del processo. I professori William Lucy e David Philips nel loro libro del 2006, Tomorrow’s Cities, Tomorrow’s Suburbs, per esempio, sostengono che esistano già chiari segnali di una ripresa delle città e di un declino di molti sobborghi (a loro volta stimolati circa 50 anni fa dall’incremento nell’uso delle automobili). É la company town del tempo che fu, per molti versi, alla base dell’evoluzione dei complessi mixed-use del giorno d’oggi. Una definizione comune Nel suo articolo sulla teoria dell’insediamento a funzioni miste, Jill Grant restringe il concetto alla composizione degli spazi secondo tre decisioni relative a diversificazione, intensità, densità 5 . L’intensità riguarda l’ampia scelta di possibilità all’interno di una specifica funzione. Ad esempio, si sostiene ci possano essere abitazioni a rispondere a varie fasce socioeconomiche, o vari tipi commerciali ad aumentare l’intensità. La 3 Vedi il libro citato nel testo di Margaret Crawford, p. 2. ibid., p 201. 5 Jill Grant, “Mixed Use in Theory and Practice: Canadian Experience with Implementing a Planning Principle,” Journal of the American Planning Association, Vol. 68 (n. 1), 2002, pp. 71-84. 4 sito diretto da fabrizio bottini -2/7 - http://mall.lampnet.org sito diretto da fabrizio bottini -3/7 - http://mall.lampnet.org diversificazione riguarda, come suggerisce la parola, il “mix compatibile” di funzioni (abitazioni, commercio, ristorazione, uffici, alberghi, ecc.). Infine, la densità definisce quanto sia compatto l’intervento (organizzazione verticale contro orizzontale, ad esempio). Coerentemente con la teoria della Grant, l’indagine fra le varie associazioni sul tema del mixed-use ottiene una definizione comune basata su una serie di possibili caratteristiche. Questa definizione, fatta propria dalla maggioranza degli intervistati di BOMA, ICSC, NAIOP e NMHC, è: “Un insediamento mixeduse è un progetto immobiliare in cui viene progettata qualche tipo di integrazione fra quantità di commercio, uffici, residenza, alberghi, tempo libero e altre funzioni 6 . É a orientamento pedonale e contiene ambienti di tipo live-work-play. Sfrutta al meglio le quantità di spazio, possiede elementi di gradevolezza e qualità architettonica, contiene le quantità di traffico e non genera sprawl”. Essenzialmente, questa definizione operativa incorpora le questioni della diversità e densità, ma non affronta direttamente quella dell’intensità di funzioni. Figura 1 – Il coinvolgimento del settore pubblico, rappresenta un o strumento per il successo finanziario di un progetto mixed-use? 6 Nonostante la maggioranza relativa delle risposte (31,2%) propenda per un mixed-use inteso come pianificazione integrata di componenti commerciali, terziarie, alberghi, tempo libero e altro, la risposta che segue di pochissimo questa, al 29,9% è “qualche tipo di composizione di commercio, terziario, residenza, alberghi, tempo libero e altre funzioni generatrici di reddito”. sito diretto da fabrizio bottini -3/7 - http://mall.lampnet.org sito diretto da fabrizio bottini -4/7 - http://mall.lampnet.org Si tratta di una definizione più generale di altre precedenti 7 e che non fissa un minimo di tre funzioni diverse come “precondizione” per qualificare una progetto mixed-use 8 . Non limita, nemmeno, alle sole funzioni componenti in grado di produrre reddito. Due varianti che rappresentano un importante allontanamento da quelle che erano considerate tradizionalmente le caratteristiche del mixed-use. La letteratura traccia una linea di separazione fra complessi “multi-use” e “mixed-use”: ma questa nuova definizione sembra evitare il problema: forse perché si tratta di una distinzione troppo sottile, priva di vere differenze. In genere si pensa al multi-use come ad una aggiunta di piccole dimensioni (in termini dimensionali o di redditività) rispetto all’insieme del complesso. Ma cosa significa, piccolo, o grande? Anche se appare chiaro come la nuova definizione lasci alcune domande senza risposta, probabilmente si evolverà con il ricrearsi continuo e l’evoluzione dell’immagine dei progetti mixed-use. Per ora, serve allo scopo di fornire l’idea migliore da parte del settore su quel tipo di prodotto. Figura 2 – Un comodo accesso pedonale ai trasporti collettivi è importante per il successo finanziario di un progetto mixed-use? 7 Nell’articolo citato di Gerald Schwartz del 1980, ad esempio, di abbozza una definizione di mixed-use basata su tre caratteristiche centrali: (1) tre o più funzioni significative che producono reddito; (2) notevole integrazione funzionale e spaziale; (3) realizzazione in base a un progetto unitario. 8 Ad esempio, lo Urban Land Institute continua a considerare una caratteristica base almeno tre o più funzioni diverse. sito diretto da fabrizio bottini -4/7 - http://mall.lampnet.org sito diretto da fabrizio bottini -5/7 - http://mall.lampnet.org Perché è tanto apprezzato? Un secondo obiettivo dell’indagine sul mixed-use fra le varie organizzazioni era di valutare il motivo per cui il modello viene tanto apprezzato oggi. Oggi, e nella prospettiva del domani. Le tre ragioni principali citate per l’apprezzamento attuale sono: (1) la comodità dell’organizzazione in un unico contesto del sistema live-work-play; (2) l’aumento dei prezzi dei terreni che rende necessaria una maggior densità; infine (3) si tratta di un formato favorito dalle varie entità pubbliche locali (quelle per lo sviluppo economico, uffici urbanistici, commissioni edilizie, ecc.). La stragrande maggioranza delle risposte - 93% - ritiene che il modello del mixed-use continuerà ad aumentare in percentuale negli interventi futuri dei prossimi cinque anni. Le motivazioni che si collocano al primo posto a sostegno di questa fiducia sono le medesime ragioni della valutazione all’oggi, anche se con un ordine diverso. Per il futuro, in cima si colloca il favore delle agenzie locali, seguito dai prezzi crescenti dei terreni e poi dalla comodità dell’ambiente live-work-play. “TOPS” e altre sfide del mixed-use Dalla prima conferenza inter-organizzativa sul mixed-used, del novembre 2006 (in cui è stata resa pubblica la definizione comune), sono emerse da parte di costruttori, urbanisti e architetti, le quattro sfide chiave per la realizzazione di progetti a composizione funzionale: rifiuti, cattivi odori, parcheggi, sicurezza. In sigla “TOPS” [Trash, Odors, Parking, Security n.d.t.]. Ma anche prima di questa fase decisionale del processo di insediamento, dall’indagine emergono come più citati i problemi di: (1) reperire e comporre le superfici necessarie; (2) muoversi attraverso le norme urbanistiche; (3) gestire i problemi finanziari di completamento sequenziale delle varie componenti del progetto. L’importanza di questo terzo aspetto viene sottolineata da Kemper Freeman, costruttore e proprietario di complessi mixed-use. Freeman avverte che i potenziali operatori interessati a questo tipo di interventi devono “essere pronti a rendere operative in modo scorrevole le varie parti, e riuscire a farlo contemporaneamente è quasi un miracolo. Sono queste discontinuità, o periodi di rincorsa, che possono danneggiare finanziariamente il progetto” se non si presta la massima attenzione. 9 Quindi, non sorprende che il 70% degli intervistati classifichi gli interventi mixed-use come più economicamente rischiosi di quelli monofunzionali. La buona notizia è che chi concede prestiti sembra più fiducioso che non nel passato sull’affidabilità di questi progetti. E di conseguenza, in un 9 “All in the Family: A Family-Owned Shopping Center Perspective,”intervista a Kemper Freeman, Jr., Research Review (Icsc), Vol. 13 (n. 2), 2006, p. 4. sito diretto da fabrizio bottini -5/7 - http://mall.lampnet.org sito diretto da fabrizio bottini -6/7 - http://mall.lampnet.org rapporto di 4 a 1, ci sono più costruttori che trovano maggiore disponibilità a finanziare questi interventi oggi, di quanto non avvenisse nel recente passato, e la cosa viene attribuita a una migliore comprensione delle potenzialità del prodotto da parte degli investitori. Quasi due terzi degli intervistati affermano che un progetto a funzioni composite impiega di più (l’8,7% molto di più, il 54,8% semplicemente di più) a completarsi, rispetto ad ogni singola separata funzione componente. Una percentuale simile (l’8,9% molto di più, il 52,7% semplicemente di più) sostiene che sono anche più elevati i costi di costruzione. Figura 3 – Quali sono gli elementi indispensabili per il successo finanziario di un progetto mixed-use? Avere al proprio interno grandi attività, scuole, università, complessi per l’intrattenimento Inserirsi in un insediamento pianificato di maggiori dimensioni Collocarsi in un contesto urbano Organizzarsi per "strutture verticali" (maggiore densità) Realizzarsi come intervento di tipo “infill” Collocarsi in un contesto suburbano Organizzarsi per "strutture orizzontali" Fattori di successo del mixed-use Quali sono i fattori di riuscita dei complessi mixed-use? Coma appare dalla fig. 1, quasi il 60% degli operatori e osservatori del settore che hanno partecipato al sondaggio ritengono che l’impegno del settore pubblico nella partecipazione a un progetto contribuisca alla sua affidabilità finanziaria. Risulta anche importante l’accesso pedonale comodo ai trasporti collettivi, con quasi un quinto delle risposte a definirlo “cruciale” per la riuscita, e due terzi a ritenerlo “di grande aiuto” (vedi fig. 2). Per quanto riguarda l’esame degli elementi “assolutamente necessari” al successo finanziario, come mostra la fig. 3, la classifica è su cinque livelli: da molto poco importante, a estremamente importante. Le prime tre risposte sono (1) avere un forte elemento di attrazione: grosse attività, sito diretto da fabrizio bottini -6/7 - http://mall.lampnet.org sito diretto da fabrizio bottini -7/7 - http://mall.lampnet.org una istituzione accademica; una struttura per l’intrattenimento; (2) Inserirsi in un insediamento pianificato di maggiori dimensioni; (3) Collocarsi in un contesto urbano. Insegnamenti Sono molti, gli insegnamenti che si possono trarre da questa indagine su varie organizzazioni per il tema del mixed-use. Fra quelle principali per il successo di un progetto, come riassunto nella Tabella 1, l’ottenere il coinvolgimento del settore pubblico, il posizionarsi nei pressi dei nodi di trasporto collettivo, avere un forte elemento di attrazione, collocarsi in un contesto urbano, ragionare per sviluppo in verticale e avere ottima disponibilità finanziaria. Tabella 1 Elementi condivisi riguardo alla riuscita di un intervento mixed-use • Ottenere il coinvolgimento del settore pubblico • Posizionarsi nei pressi dei nodi di trasporto collettivo • Collocarsi nei pressi di un forte elemento di attrazione: grosse attività, una istituzione accademica; una struttura per l’intrattenimento • Scegliere un contesto urbano anziché suburbano • Ragionare per sviluppo in verticale • Avere ottima disponibilità finanziaria. sito diretto da fabrizio bottini -7/7 - http://mall.lampnet.org