Scarica un`anticipazione della traduzione dell`Amleto

Transcript

Scarica un`anticipazione della traduzione dell`Amleto
Amleto, personaggi
Claudio re di Danimarca e zio di Amleto
Gertrude sua regina e madre di Amleto
Amleto figlio del re defunto e nipote di Claudio
Orazio amico e consigliere di Amleto
Fortebraccio principe ereditario di Norvegia
Polonio consigliere del regno di Danimarca
Laerte figlio di Polonio
Ofelia figlia di Polonio
Rinaldo servitore di Polonio
Voltimando nobile di corte
Cornelio nobile di corte
Rosencrantz amico di Amleto
Guildenstern amico di Amleto
Osric cortigiano
Un sacerdote
Marcello ufficiale dell'esercito danese
Bernardo ufficiale dell'esercito danese
Francesco soldato danese
Un capitano dell'esercito norvegese
Ambasciatori d'Inghilterra
Attori d'una compagnia di giro
Un buffone
Due becchini-clown
Lo spettro del padre di Amleto
Dame, gentiluomini, ufficiali, soldati, marinai, messaggeri
Scena: Il castello di Elsinore, in Danimarca.
Scena 1.1
(Entrano FRANCESCO e BERNARDO, sentinelle.)
BERNARDO
Chi va là?
FRANCESCO
Alto là. Parola d’ordine.
BERNARDO
Lunga vita al re.
FRANCESCO
Francesco?
BERNARDO
Eccolo.
FRANCESCO
Sei puntualissimo.
BERNARDO
E’ appena suonata la mezzanotte. Va a letto, Bernardo.
FRANCESCO
Grazie del cambio, c’è un freddo che taglia le ossa e non resisto.
BERNARDO
Tutto tranquillo?
FRANCESCO
Neanche un topo
BERNARDO
Bene, buona notte. Se incontri gli altri due del mio turno, Orazio e Marcello, digli di
sbrigarsi.
(Entrano Orazio e Marcello)
FRANCESCO
Mi sembra di sentirli. Alto là. Chi va là?
ORAZIO
Amici di questa terra.
MARCELLO
E ufficiali di Danimarca
FRANCESCO
Che vi augura una notte tranquilla.
MARCELLO
Salute buon soldato, chi ti ha dato il cambio?
FRANCESCO
C’è Bernardo al mio posto. Buona nottata.
MARCELLO
Olà. Bernardo.
BERNARDO
Si, e allora, c’è Orazio lì?
ORAZIO
In parte.
BERNARDO
Benvenuto Orazio, benvenuto buon Marcello.
MARCELLO
Dunque, si è già vista la cosa stanotte?
BERNARDO
Non ho visto niente.
MARCELLO
Orazio sostiene che è solo immaginazione, la nostra, e che lui non si farà catturare da
quella spaventosa apparizione che per due volte abbiamo visto. Così l’ho invitato a far la
guardia con noi, tutta la notte. Se la visione si farà di nuovo viva potrà credere al nostro
sguardo e parlarci lui.
ORAZIO
Ah, non apparirà.
BERNARDO
Siediti un attimo e lasciaci tentare un altro assalto a quella fortezza dei tuoi orecchi così
ben serrati alla nostra storia: due volte l’abbiamo già vista.
ORAZIO
Va bene, seduti, e sentiamo cosa ci racconta Bernardo.
BERNARDO
L’ultima notte - quando quella stella laggiù, a ovest del nord, aveva già fatto il suo giro
fino ad illuminare quella parte del cielo dove ora brilla- Marcello ed io, mentre la campana
batteva l’una...
(entra lo spettro)
MARCELLO
Fermi, silenzio, eccolo lì, ritorna.
BERNARDO
Ancora quella forma, uguale al re che è morto.
MARCELLO
Tu hai studiato, Orazio, parlaci tu.
BERNARDO
Non è uguale al re? Fissalo, Orazio.
ORAZIO
Sembra proprio, mi ghiaccia di paura e meraviglia.
BERNARDO
Vuole che qualcuno gli parli.
MARCELLO
Digli qualcosa, Orazio.
ORAZIO
Chi sei, usurpatore di quest’ora notturna e di quella bella immagine di guerriero che aveva
sua maestà il re sepolto di Danimarca quando un tempo era in marcia, ? In nome del cielo
parla, te l’ordino.
MARCELLO
Si è offeso.
BERNARDO
Attenti, si ritira
ORAZIO
Fermati, parla, parla, te l’ordino, parla.
(lo spettro esce)
MARCELLO
Andato e nessuna risposta.
BERNARDO
Dunque, Orazio, e adesso? Che fai tremi, sembri pallido? Qui c’è qualcosa più della nostra
immaginazione, no? Che ne pensi?
ORAZIO
Dio m’è testimone: se non fossero stati proprio i miei occhi a darmi l’innegabile prova dei
sensi, non ci avrei mai creduto.
MARCELLO
Non è uguale al re?
ORAZIO
Come tu a te stesso. Ed era proprio l’armatura che indossava in combattimento contro
l’ambizioso re di Norvegia e il suo sguardo duro, come in quella bolgia di parlamento
quando scaraventò i polacchi giù dalle slitte, nel ghiaccio. E’ strano.
MARCELLO
Anche le due volte prima, e proprio a quest’ora morta, è sfilato così, con un passo marziale
davanti al nostro posto di guardia.
ORAZIO
Non so dove appigliarmi per ragionarci su; in modo grossolano direi che questo è un
annuncio di qualche nuova malattia del nostro Stato.
MARCELLO
Bene, sediamoci, e chi sa parli e mi dica: perché ogni notte i cittadini di questo paese
devono sfinirsi in una guardia notturna così dura e rigorosa, perché si continua a fondere
metallo per i cannoni e si traffica in materiale bellico con altri stati, e perché continuano
nei cantieri navali ad arruolare operai che si ammazzano di lavoro a ciclo continuo? A che
serve tanto sudore e affanno per trasformare la notte in una compagna di lavoro del
giorno? C’è qualcuno che può darmi qualche informazione in merito?
ORAZIO
Provo io. Almeno a dar voce ai sussurri . Sapete che Fortebraccio, re di Norvegia,
orgoglioso e gonfio di gelosia, sfidò a duello il nostro ultimo re, Amleto, quello di cui è
appena apparsa l’immagine. L’ eccellente Amleto - così era soprannominato in questa
parte del mondo conosciuto - uccise Fortebraccio. E questi, per un patto sigillato,
pienamente regolare e cavalleresco, lasciò con la vita tutte le sue terre al vincitore. Per
contro il nostro re aveva impegnato un’ uguale sostanza che sarebbe divenuta di
Fortebraccio se questi fosse stato il vincitore. Così , in forza dello stesso patto e di quella
specifica clausola, i possedimenti di Fortebraccio passarono ad Amleto. Adesso, signori, il
giovane Fortebraccio, una testacalda piena di acerbo coraggio, ha raccattato qua e là, tra i
fiordi norvegesi, una banda di
delinquenti pronti , per un pezzo di pane, a buttarsi in qualsiasi impresa disperata e cioè come appare chiaro a questo punto - riprendersi con un colpo di mano e in via coercitiva i
territori persi in quel modo dal padre.
Secondo me questa è la ragione per cui ci si prepara , l’origine delle nostre guardie
notturne, e la spiegazione di tutto quest’affanno nel paese.
BERNARDO
Anche io la penso così. E questo combacia bene con la straordinaria figura che, armata, ha
attraversato il nostro posto di guardia - uguale al re che era ed è al centro di queste guerre.
ORAZIO
Polvere che turba l’occhio della mente. Quando Roma era al massimo della sua potenza appena prima della caduta del grande Giulio - le tombe si vuotarono e i morti se ne
andarono in giro, per le vie di Roma, a squittire e balbettare nel loro sudario, le stelle
strisciavano fuoco e bava sanguinante, buchi nel sole; e l’umida stella che domina il segno
di Nettuno si infettò di un’eclisse da Giudizio Universale. Le nostre stagioni e il nostro
popolo son già stati segnati dal cielo e dalla terra uniti con simili presagi di fatti crudeli ,
messaggeri che corrono davanti al destino e fanno da prologo al finale che incombe.
(rientra lo spettro)
Ma calma, occhio, eccolo, ritorna. Gli taglierò la strada anche se dovesse dannarmi.
Illusione fermati! Se puoi emettere un suono o una voce, parlami.
Se c’è qualcosa di buono che può essere fatto per dare a te riposo e a me salvezza, parlami,
se tu in segreto conosci il destino del tuo paese e svelandolo si potrebbe mutare, allora
parla. O se in vita hai accumulato nel ventre della terra fortune estorte ad altri - motivo
per cui si dice che gli spiriti come te siano spinti a vagare dopo morti- dimmelo. Fermati e
parla.
(il gallo canta) Arrestalo, Marcello.
MARCELLO
Devo dargli un colpo di partigiana?
ORAZIO
Si, se non si ferma
BERNARDO
E’ qui
ORAZIO
E’ qui
(lo spettro esce)
MARCELLO
E’ andato. Sbagliamo, è un essere maestoso e noi gli offriamo uno spettacolo di violenza.
E’ come l’aria: invulnerabile, e i nostri inutili colpi di vento fan solo solletico.
BERNARDO
Stava sul punto di dire qualcosa, quando ha cantato il gallo
ORAZIO
Lì ha sussultato come un essere colpevole sotto uno spaventoso processo. Si dice che
quando la tromba del mattino, il gallo, risveglia il dio del giorno con il suo alto penetrante
suono, questo sia il segnale per gli spiriti che vagano in aria, terra, mare o fuoco di tornare
nei loro limiti. Abbiamo ora la prova certa, grazie al caso presente.
MARCELLO
Si è dissolto al canto del gallo. Dicono che prima dell’arrivo della stagione in cui si celebra
la nascita del nostro Salvatore, l’uccello dell’alba canti sempre tutta la notte. Allora non c’è
spirito che si arrischi ad andare in giro, le notti sono pure, gli astri benevoli, niente
incantesimi di fate, o fatture di streghe, a tal punto è sacro e splendente quel tempo.
ORAZIO
Si, così si dice , e credo che in parte sia vero. Ma ecco, il mattino con il suo mantello
rossastro calpesta la rugiada di quell’alto colle ad oriente. La guardia termina. Ritengo che
dovremmo mettere a parte il giovane Amleto, su quello che abbiamo visto stanotte, perché,
ci scommetto la testa, questo spirito, così tombale con noi, a lui parlerà. Siete d’accordo di
informarlo? Ci obbliga il nostro affetto e ci conviene per il nostro dovere.
MARCELLO
Facciamolo subito, conosco io il posto dove possiamo incontrarlo stamattina nel modo
migliore.
Scena 1.2
(Tromba. Entrano Claudio, Re di Danimarca, la regina Gertrude, Amleto, Polonio, Laerte e
sua sorella Ofelia, nobili del seguito.)
CLAUDIO
Sebbene sia ancora vivo il ricordo della morte del nostro caro fratello Amleto e sarebbe
giusto per i nostri cuori essere nella parte del dolore e per tutto il regno contrarsi in
un’unica testa afflitta, tuttavia la ragione ha così a lungo combattuto con l’istinto che ora
possiamo pensare a lui con una tristezza più saggia, una tristezza che non dimentica noi
stessi. E così questa, che un tempo era nostra sorella - oggi nostra regina - ed erede
imperiale di questo Stato guerriero, noi l’abbiamo presa in moglie, con una gioia mutilata,
un occhio ride mentre l’altro lacrima, bouquet al funerale e corone alle nozze, stesso peso
per dolore e felicità. E non abbiamo trascurato i vostri migliori suggerimenti che
spontaneamente si accordavano con questo percorso. Per tutto questo: grazie.
Ora passiamo a ciò che sapete: il giovane Fortebraccio giudicando male il nostro valore o
supponendo che, a causa della morte del nostro caro fratello, il nostro stato si stia
indebolendo e frantumando, catturato dal suo sogno di essere in vantaggio, continua a
infastidirci con richieste di restituzione di quei territori ceduti da suo padre, secondo la
legge, al nostro più valoroso fratello.
E su di lui ora basta.
(entrano Cornelio e Voltimando)
Ora venendo a noi e allo scopo di questa riunione ecco la mossa: qui c’è un messaggio per
Norvegia, zio del giovane Fortebraccio (che impotente e costretto a letto a malapena
conosce i piani di suo nipote) che metta lui fine a questi passi, poiché gli arruolamenti, le
liste e le coscrizioni sono tutti fatti senza il suo controllo. E vi inviamo , buon Cornelio e
voi Voltimando come messaggeri di quest’augurio al vecchio Norvegia. Non vi
concediamo di trattare con il Re oltre i limiti degli articoli scritti. Addio e che la rapidità
faccia onore al vostro compito.
CORNELIO E VOLTIMANDO
In questo e in tutto vi mostreremo il nostro affetto.
CLAUDIO
Non ne dubitiamo affatto. Addio di cuore.
(Escono Cornelio e Voltimando)
E allora, Laerte, cosa sono queste tue novità? Ci parlavi di una certa preghiera. Di che si
tratta, Laerte? Non sprechi certo il tuo fiato se parli ragionevolmente al re danese. Che mai
potresti supplicarmi, Laerte, che non diventi una mia offerta piuttosto che una tua
richiesta? Il trono di Danimarca è per tuo padre non meno della testa unita al cuore, della
mano che serve la bocca. Cosa vorresti, Laerte?
LAERTE
Mio temuto signore, il vostro benevolo permesso di tornare in Francia. Sebbene io sia
venuto di lì in Danimarca più che volentieri per mostrarvi il mio affetto alla vostra
incoronazione, purtuttavia devo confessare che ora, assolto l’obbligo, i miei pensieri e le
mie aspirazioni piegano ancora verso la Francia e s’inchinano al vostro permesso e al
vostro perdono.
CLAUDIO
Hai l’assenso di tuo padre? Tu cosa dici, Polonio?
POLONIO
Ce l’ha, mio signore, estorto dalla mia reticenza con uno stillicidio di richieste. Alla fine ho
sigillato il suo desiderio col mio ostico consenso. Ed ora vi prego di lasciarlo andare.
CLAUDIO
Afferra la tua ora buona, Laerte, tuo il tempo, e spendilo come vuoi con le tue migliori
bellezze! Ed ora a te, Amleto, mio nipote e figlio mio...
AMLETO
Un po’ troppo affine e un po’ poco fine.
CLAUDIO
Come mai sei ancora così scuro?
AMLETO
Non è così, mio signore, son fin troppo chiaro.
GERTRUDE
Buon Amleto, togliti quest’aria notturna e lascia che il tuo occhio guardi Danimarca come
un amico. Non tenere sempre lo sguardo basso a cercare tra la polvere il tuo nobile padre.
Lo sai, è normale, tutto ciò che vive muore, attraversando il mondo verso l’eternità.
AMLETO
Si, signora, è normale.
GERTRUDE
E perché allora a te sembra così eccezionale?
AMLETO
Sembra, signora? No, è. Non capisco sembra. Davvero, non è solo con il mantello
d’inchiostro, madre cara, né con i soliti altisonanti abiti neri, né con il respiro che si rompe
in raffiche di sospiri, né con la piena degli occhi, e neanche col mio viso disastrato oltre a
tutte le forme, i modi e gli aspetti della sofferenza, che io mi esprima. Queste si son cose
che sembrano, poiché un uomo può recitarle, ma io ho dentro qualcosa che va oltre lo
spettacolo- oltre gli artifici e le mascherate del dolore.
CLAUDIO
E’ tenero e ammirabile questo tuo carattere, Amleto, che offre a tuo padre tale funerea
devozione. Ma tu devi sapere che tuo padre perse suo padre e quel padre perduto, perse il
suo. E chi sopravvive è certo tenuto, come obbligo filiale a restare per un po’ in
un’ossequiosa tristezza. Ma insistere in una condoglianza ostinata è una via testarda e priva
di fede, un modo non virile di affrontare la pena. Dimostra un desiderio ribelle al cielo,
cuore debole, mente inquieta, ignoranza banale e nessuna cultura. Perché dovremmo
essere così sciocchi da farci scuotere da ciò che deve accadere e che normalmente accade,
come qualsiasi altra cosa al mondo? E’ un peccato contro il Cielo, un peccato contro il
morto, un peccato contro natura ed è una mostruosità della ragione il cui filo normale, è la
morte dei padri e ha sempre proclamato, dal primo cadavere fino al morto di questo giorno:
così deve essere. Noi ti preghiamo, lascia cadere in terra quest’impotente dolore e
consideraci come un padre. Perché , il mondo intero lo sappia, sei tu il prossimo al trono,
e con un amore non meno nobile del padre più caro per suo figlio io ti metto a parte di tutto
ciò. Per quanto riguarda la tua intenzione di tornare alla scuola di Wittemberg, , va troppo
contro i nostri desideri. E ti preghiamo di accettare di rimanere per il sorriso e il conforto
dei nostri occhi, a capo della nostra corte, nipote e nostro figlio.
GERTRUDE
Non fare che tua madre sprechi le sue parole, Amleto. Ti prego resta con noi. Non andare a
Wittemberg.
AMLETO
Farò del mio meglio per ubbidirvi, signora.
CLAUDIO
Ecco una risposta bella e affettuosa. Vivi in Danimarca, al pari di noi. Signora, andiamo.
Questo spontaneo e dolce accordo con Amleto apre il mio cuore al sorriso, per suo merito
non ci sarà oggi nessun brindisi di Danimarca senza che il cannone non lo annunci alle
nuvole, e l’eco del cielo farà da corte alla festa del Re.
(Suono di trombe. Escono tutti tranne Amleto)
AMLETO
Oh! Troppo, troppo solida questa carne, potesse liquefare, fondere, sciogliersi in rugiada.
O se l’Eterno non avesse opposto la sua legge a chi s’uccide! Dio, Dio, come mi sembrano
noiose, vecchie, scialbe e inutili tutte le consuetudini di questa terra. Fanno schifo! Schifo.
Un giardino senza cura, sempre più invaso da erbacce. Dominato solo dalla sconcezza e
dalla volgarità. Che si arrivasse a questo! Morto da appena due mesi, no, non così tanto,
due no: un re così ideale che al confronto questo era un satiro vicino ad Iperione. Così
dolce con mia madre che non avrebbe permesso ai venti del cielo di sfiorare il suo viso con
troppo impeto. Cielo e terra. Devo ricordarlo? Lei avvinghiata a lui come se mangiando
quella radice le crescesse ancora e ancora la voglia, eppure , nello spazio di un mese- non
fatemi pensare a questo. Fragilità, il tuo nome è donna. Un mesetto, neanche il tempo di
consumare quelle scarpette che indossava seguendo il misero corpo di mio padre, come
una Niobe, tutta un pianto e ora lei, si proprio lei- Dio, qualsiasi bestia con un briciolo di
criterio si sarebbe afflitta più a lungo - sposata a mio zio, fratello di mio padre, uguale a lui
come io ad Ercole. Nello spazio di un mese. Prima ancora che s’asciugasse il sale di quelle
lacrime così disoneste che colavano dai suoi occhi straziati, lei si sposò. Che fretta
morbosa, saltare con tanta maestria in quelle lenzuola incestuose. Non va bene e non può
andare bene. Ma tu stroncati, cuore, perché io devo badare alla lingua.
(Entrano Orazio, Marcello e Bernardo)
ORAZIO
Salute a voi, signore
AMLETO
Sono contento di vederti bene. Orazio..... o ho perso la memoria?
ORAZIO
Si, mio signore. E sempre vostro umile servo.
AMLETO
Signore, mio caro amico: ecco il nome che ci scambieremo. Cosa fai lontano da
Wittemberg, Orazio? Marcello?
MARCELLO
Mio buon signore.
AMLETO
Son proprio contento di vedervi, (a Bernardo) salute anche voi, signore. Ma allora,
davvero, cosa ci fai lontano da Wittemberg?
ORAZIO
Voglia di far niente, mio signore.
AMLETO
Non vorrei sentirlo dire da un tuo nemico, e non riuscirai a offendere il mio orecchio
descrivendoti con tanta ostilità. So bene che non sei un ozioso. Ma cosa ti porta ad
Elsinore? Prima della tua partenza ti insegneremo a ubriacarti.
ORAZIO
Mio signore, sono venuto per assistere ai funerali di vostro padre.
AMLETO
Ti prego, non farmi torto, noi due siamo della stessa scuola, intendevi dire: le nozze di mia
madre.
ORAZIO
E’ vero, mio signore, sono seguite subito.
AMLETO
Economia, Orazio, economia. L’arrosto del funerale servì da piatto freddo al banchetto di
nozze. Avrei preferito incontrare in cielo il mio peggiore nemico, piuttosto di aver visto
quel giorno, Orazio. Mio padre....mi sembra di vederlo.
ORAZIO
Ah, dove, mio signore?
AMLETO
Con l’occhio della mente, Orazio.
ORAZIO
Io una volta l’ho visto, era un grande re.
AMLETO
Un uomo, sempre e in ogni cosa, credilo. Non vedrò più niente del genere.
ORAZIO
Mio signore, io credo di averlo visto questa notte.
AMLETO
Visto? Chi?
ORAZIO
Mio signore, il re vostro padre.
AMLETO
Il re mio padre?
ORAZIO
Con l’orecchio attento raffreddate un attimo la vostra sorpresa, sto per riferirvi qualcosa di
straordinario, di cui anche questi due gentiluomini mi sono testimoni.
AMLETO
Parla, in nome di Dio.
ORAZIO
Per due sere consecutive questi gentiluomini, Marcello e Bernardo, l’hanno vista così ,
durante la guardia , nel cuore immobile della notte: un’immagine uguale a vostro padre,
tutta in armi, da capo a piedi, che gli appare davanti. e sfila lenta e solenne vicino a loro.
Per tre volte lui ha camminato vicino ai loro occhi annichiliti e sgomenti , distante meno
del suo scettro. Loro, impietriti , squagliati in gelatina dal terrore, non gli parlano.
Impauriti, in segreto, mi misero a parte di questo. Ed io mi recai alla veglia con loro la
terza notte , e lì, come loro avevano annunciato, alla stessa ora: la forma della cosa. Tutto
vero, tutto sincero: l’immagine è apparsa. Ho conosciuto vostro padre, uguale, come
questa mano a questa.
AMLETO
E dove è successo?
MARCELLO
Mio signore, sullo spalto del nostro posto di guardia.
AMLETO
Non gli avete detto niente?
ORAZIO
Mio signore, l’ho fatto, ma senza risposta. Eppure mi è sembrato che una volta abbia
sollevato la testa e accennato un movimento come se volesse dire qualcosa, ma proprio in
quel momento il gallo del mattino ha strillato con violenza, e a quel suono la cosa si è
ritratta in fretta ed è sparita alla nostra vista.
AMLETO
E’ molto strano.
ORAZIO
Ma vero, come è vero che son vivo, mio onorato signore. Pensavamo che fosse parte del
nostro dovere che voi ne foste informato.
AMLETO
Certo, signori, certo. Tuttavia questo mi sconvolge. Siete di guardia, stanotte?
MARCELLO e BERNARDO
Si, mio signore.
AMLETO
Armato, dite?
MARCELLO e BERNARDO
Armato mio signore.
AMLETO
Dalla testa ai piedi?
MARCELLO E BERNARDO
Da cima a fondo, signore.
AMLETO
Allora non avete visto il suo viso?
ORAZIO
Si, aveva la visiera alzata, signore.
AMLETO
Guardava minacciosamente?
ORAZIO
C’era dentro più pena che collera.
AMLETO
Pallido o acceso?
ORAZIO
No, pallidissimo.
AMLETO
E teneva gli occhi fissi su di te?
ORAZIO
Decisamente.
AMLETO
Avrei voluto esserci.
ORAZIO
E ne sareste rimasto molto colpito.
AMLETO
Probabile, molto probabile. E’ rimasto a lungo?
ORAZIO
Tanto da poter contare fino a cento senza correre.
MARCELLO e BERNARDO
Di più, di più.
ORAZIO
Non quando l’ho visto io.
AMLETO
Aveva la barba un po’ grigia, no?
ORAZIO
Scura e argentea, come gliel’ho vista in vita.
AMLETO
Farò la guardia stanotte. Forse passerà di nuovo.
ORAZIO
Lo farà, garantito.
AMLETO
Se la cosa si forma come il mio nobile padre, gli parlerò, anche se se l’inferno stesso si
spalancasse per comandarmi di star zitto. Tutti, vi prego: se finora avete tenuto solo per
voi quest’apparizione, lasciatela ancora nel vostro silenzio. E qualsiasi dovesse accadere
stanotte, metteteci intelligenza, ma non lingua: il vostro affetto sarà ricompensato.
Arrivederci, verrò a trovarvi sullo spalto, tra le undici e la mezzanotte.
TUTTI
Al vostro servizio, altezza.
AMLETO
Il vostro affetto, come il mio a voi. Arrivederci.
(escono Marcello, Bernardo e Orazio)
Lo spirito di mio padre in armi? Niente di buono. Sento una trama malvagia: fosse già
notte! Anima mia, calmati fino ad allora. Alla fine, anche ricoperta da tutta la terra, la nera
infamia spunta sempre dinnanzi agli occhi degli uomini.
(esce)
Scena 1. 3
LAERTE
I miei bagagli sono già stati imbarcati, addio, sorella. E non dormire: appena il vento è
favorevole e una nave è pronta, fammi avere tue notizie.
OFELIA
Ne dubiti?
LAERTE
E riguardo Amleto e le sciocchezze che ti regala, tu fai conto che sia solo un capriccio,
sangue che gioca a scaldarsi, una violetta che sboccia prematuramente, passa e se ne va,
dolce ma volatile, un attimo di divertimento profumato e nulla più.
OFELIA
Nient’altro?
LAERTE
Nient’altro, credi. Vedi, la natura non si sviluppa solo di muscolo e volume.
Già: mentre all’esterno s’innalzano le colonne del tempio, dentro incomincia a farsi sentire
l’ufficio dell’anima intelligente. Forse adesso ti ama, e questo suo desiderio adesso è puro,
senza scopo. Ma tu non puoi star tranquilla: c’è un peso nel potere. Il suo desiderio non è
nelle sue mani, perché lui è prima di ogni altra cosa subordinato alla sua origine. Non può,
come una persona qualsiasi, fare come gli pare e piace. Dalle sue scelte dipendono il
benessere e la sicurezza di tutto lo stato. Lui ne è alla testa e quindi la sua scelta è obbligata
dalla parola e dal consenso di tutto il corpo. Allora, se dice di amarti, tu sii saggia, credilo
alla lontana, e , data la particolare condizione in cui lui si trova, solo nella misura in cui sia
in grado di tradurre le parole in fatti, i quali non potranno mai opporsi alla voce di chi
comanda in Danimarca. Valuta allora la perdita che potresti arrecare al tuo onore, se il tuo
orecchio fosse troppo ammaliato dalle sue canzoni, o il tuo cuore fosse vinto, o se aprissi
il tuo scrigno immacolato alla sua sfrenata insistenza. Temilo, Ofelia, temilo, sorella mia,
tienti distante dal tuo sentimento, lontano dalle pericolose ferite del desiderio. Anche la
ragazza più attenta va troppo in là se mostra la sua bellezza alla luna. Perfino la virtù in
persona non sfugge all’oltraggio della calunnia; prima ancora che si schiudano, il verme
già corrode i boccioli della primavera, e la giovane goccia di rugiada al mattino è la più
esposta ai venti mortali. Dunque fai attenzione: la migliore protezione è la paura. Anche in
perfetta solitudine la gioventù morde se stessa.
OFELIA
Metterò il risultato di questa tua bella lezione a guardia del mio cuore. Ma , caro fratello,
non fare come certi maestri, che mi indicano la via difficile per arrivare al cielo, mentre
loro, intanto, cinici e viziosi, seguono il sentiero profumato dei piaceri, disprezzando i
propri consigli.
LAERTE
Non preoccuparti di me.
(entra Polonio)
Ho aspettato troppo, ecco mio padre. Doppia benedizione, doppio augurio, doppia
autorizzazione, c’è da sorridere.
POLONIO
Laerte sei ancora qui? A bordo, a bordo, vergognati, fare aspettare il vento che si è già
posato sulla schiena della tua vela. Là: eccoti la mia benedizione. E, dato il tuo carattere,
imprimiti nella memoria qualche piccolo consiglio . Tieni la lingua separata dai pensieri, e
non tradurre in azione pensieri privi di logica . Semplice senza diventare banale però. Se
hai degli amici che hai già messo alla prova, allora unisciti a loro con una forza d’acciaio
ma non sprecare la tua stretta di mano divertendoti con gli uccellini appena usciti dal nido.
Attento, non litigare, ma se ti capita fa che sia l’altro ad essere attento a te. Ascolta tutti ma
giudica da solo. Vestito raffinato, nei limiti del portafoglio, ma senza esibizioni di lusso,
costoso, non vistoso, perché un uomo si rivela da ciò che mostra e in Francia sono maestri
proprio in questo, specie tra le classi più alte e prestigiose. Non chiedere prestiti e non
farne, perché spesso un prestito rovina te e l’amico. E il debito distrugge un’economia
ordinata. Infine e soprattutto: non tradire te stesso, perché allora, come la notte segue il
giorno, tu sarai vero con ognuno. Addio, e che la mia benedizione ti porti fortuna.
LAERTE
Mi congedo da voi con la massima obbedienza, signore.
POLONIO
Il tempo è invitante, va, i servi ti aspettano.
LAERTE
Arrivederci Ofelia, e ricordati bene quello che ti ho detto.
OFELIA
L’ho chiuso nella memoria e la chiave la terrai tu stesso.
LAERTE
Addio
(esce)
POLONIO
Cos’è che ti ha detto, Ofelia?
OFELIA
Se permettete, qualcosa che riguarda il principe Amleto.
POLONIO
Ecco, si sposa a proposito con quel che avevo in mente. Mi è stato riferito che negli ultimi
tempi lui ti ha spesso dedicato parecchie delle sue ore libere, e che , da parte tua, tu sei
stata molto generosa e accogliente, d’orecchio. Se così è -e così mi hanno riferito o
piuttosto avvisato - devo dirti che tu manchi della chiara comprensione di cosa convenga a
mia figlia e al tuo onore. Che c’è fra voi due? Dimmi la verità.
OFELIA
Mio signore, negli ultimi tempi mi ha dato molti segni del suo affetto.
POLONIO
Affetto! Puh! In una situazione così pericolosa parli come una ragazzina ingenua. E tu ci
credi a questi segni, come li chiami te?
OFELIA
Mio signore , non so cosa pensare.
POLONIO
M’inviti a nozze: te l’insegnerò io. Immaginati come una bambina che ha preso questi
segni come assegni veri, mentre sono assegni a vuoto. Segno quindi di tenerti più da
conto, o - tanto per evitare il collasso della parola in corsa - finirai con l’assegnarmi la
parte dello sciocco.
OFELIA
Signore, lui si è avvicinato con amore, in modo impeccabile.
POLONIO
Si, chiamalo modo. Vai. vai.
OFELIA
E ha dato valore alle sue parole, signore, con tutte le promesse più sacre.
POLONIO
Si, trappole per uccelli. Lo so io, come si fa presto: quando il sangue brucia, l’anima è
veloce nel prestare promesse alla lingua. Fiammate, figlia , che danno più luce che calore.
I due se le scambiano e sono già estinte. Non confonderle con il fuoco. Da questo
momento sii una fanciulla un po’ più avara nella tua presenza, fissa per te un prezzo un po’
più alto di un ordine a corte. E per quanto riguarda il principe Amleto: consideralo solo un
giovane che può muoversi con legami più sciolti di quelli che possono essere concessi a
te. Per farla breve Ofelia, non credere alle sue promesse, perché sono maneggi, merci
ridipinte per nascondere il colore vero. Per ingannare meglio si ammantano di santità ma
sono solo portavoci di ignobili richieste.
Una volta per tutte e in termini chiari : da questo momento non voglio che tu guasti
neanche un attimo del tempo a tua disposizione con chiacchiericci insieme al principe
Amleto. Attenta: te l’impongo. Vieni via.
OFELIA
Vi obbedirò, mio signore.
Scena 1.4
Elsinore, spalti del castello. Entrano Amleto, Orazio e Marcello.
AMLETO
C’è un’aria tagliente, un freddo feroce.
ORAZIO
Si, c’è un vento gelido.
AMLETO
Che ora sono?
ORAZIO
Quasi mezzanotte, credo.
MARCELLO
No, è già suonata.
ORAZIO
Davvero? Non l’ho sentito. Allora ci si avvicina al momento in cui lo spettro di solito fa il
suo giro. (uno squillo di tromba e due colpi di cannone all’interno) Che significa, mio
signore?
AMLETO
Il re tira mattina stanotte, banchetta, gozzoviglia, si dà alle danze moderne, e ogni volta che
butta giù la sua coppa di vino del Reno, trombe e tamburi starnazzano per celebrare la sua
sbornia.
ORAZIO
Si usa così?
AMLETO
Si, funziona così. Ma pur essendo nato qui e da sempre abituato, per me è una di quelle
usanze che sarebbe più dignitoso infrangere che continuare. Queste feste sfrenate che
impazzano in tutto il paese ci hanno fatto diventare la favola di tutti gli altri stati. Ci
prendono in giro. Ci chiamano ubriaconi o in altri modi, di quelli scritti nei cessi. Tutto
questo corrode ogni nostro bel gesto: anche se è fatto nel modo migliore gli ruba merito e
sostanza nobile. Così accade spesso per certi uomini che hanno una piccola imperfezione
naturale o un piccolo difetto d’origine, e di cui essi non hanno colpa, giacche nessuno può
scegliere la propria origine. Come un carattere eccessivo che tende a travolgere la misura
ordinata dalla ragione, o l’attaccamento a qualche assuefazione che si discosta troppo da
una buona educazione. Ecco, per motivi del genere, tali uomini, che per natura o sfortuna
hanno il marchio di quest’unico difetto , anche se possiedono altre qualità - pure e più
numerose di ogni cifra- le vedranno condannate lo stesso, da tutti, a causa di quell’unica
imperfezione. Una goccia maligna può tingere del suo colore infame tutta la nobiltà
dell’essere.
(entra lo spettro)
ORAZIO
Eccolo, mio signore!
AMLETO
Difendeteci angeli e guide divine! Che tu sia uno spirito benigno o un demone dannato,
che ti portino i venti del cielo o miasmi infernali, che tu sia spinto da misericordia o
malvagità, la tua ombra è un dubbio tale che io ti parlerò, e ti chiamerò Amleto, Re, padre,
Re di Danimarca. O, rispondimi. Non lasciarmi consumare nelle tenebre, ma dimmi:
perché le tue ossa benedette, composte nella morte, hanno consumato il loro sudario?
Perché il sepolcro nel quale ti abbiamo visto deposto in pace, ha spalancato le sue pesanti
mascelle di marmo per rigettarti di nuovo qui? Che significa che tu morta spoglia, di nuovo
vestita d’acciaio, visiti il mondo sotto la luna, e generi orrore nella notte e follia nel nostro
essere, orribilmente costretto a forzare la propria testa pensando cose che vanno oltre
l’umano? Dimmi che significa tutto questo? Perché mai? Che dobbiamo fare?
ORAZIO
Vi fa cenno di andare con lui, come se volesse confidarvi qualcosa da solo.
MARCELLO
E guarda con che cortesia vi invita ad appartarsi con lui. Ma non andateci.
ORAZIO
No, per nessun motivo.
AMLETO
Lui non parlerà e io lo seguirò.
ORAZIO
Mio signore, no.
AMLETO
Perché? Cosa c’è da temere? La mia vita, per me, vale meno di uno spillo e in quanto alla
mia anima che mai può fargli? E’ cosa immortale come la sua. Mi chiama ancora. Lo
seguo.
ORAZIO
E se ti attira fin dentro le onde, o su quella raccapricciante cima della scogliera che
strapiomba giù nell’oceano? E se lì assumesse qualche altra spaventosa forma capace di
spodestare la ragione e trascinarla alla follia? Pensateci. Già da solo quel posto suggerisce
alla mente giochi disperati, basta fissare il mare che infuria così lontano.
AMLETO
Mi chiama ancora. Vai, ti seguo.
MARCELLO
Non andate, mio signore.
AMLETO
Giù le mani.
ORAZIO
Controllatevi. Non andate.
AMLETO
Il mio destino grida e ogni arteria del corpo s’indurisce come un nervo del leone nemeo. E
ancora sono chiamato. Lasciatemi, o, per Dio farò spettro chi mi ferma . Ho detto: via! Vai,
ti seguo.
(escono Amleto e lo Spettro)
ORAZIO
Perso dietro la sua immaginazione.
MARCELLO
Seguiamolo. Non è giusto obbedirgli ora.
ORAZIO
Seguiamolo. Come finirà questa storia?
MARCELLO
C’è del marcio in Danimarca.
ORAZIO
E’ in alto che si decide.
MARCELLO
Si, però noi seguiamolo.
(escono)
Scena 1,5.
Un’altra parte degli spalti. Entrano lo spettro ed Amleto.
AMLETO
Dove vuoi portarmi? Parla. Io non vado oltre.
SPETTRO
Stammi vicino.
AMLETO
Eccomi.
SPETTRO
Sta quasi arrivando il momento in cui devo tornare nel fetore e nel tormento delle fiamme.
AMLETO
Ah, povero spirito.
SPETTRO
Lascia perdere la compassione per me, offri il tuo orecchio, piuttosto, con la massima
attenzione a quello che sto per rivelarti.
AMLETO
Parla. Sono pronto.
SPETTRO
Anche alla vendetta, dopo che avrai udito.
AMLETO
Cosa?
SPETTRO
Sono lo spirito di tuo padre, condannato di notte a camminare e di giorno a vivere famelico
in un incendio, finche non saranno completamente liquefatte ed estinte tutte le atrocità che
la mia natura commise. Se non mi fosse proibito raccontare i segreti della mia prigionia,
potrei ora spalancarti una storia tale che ogni più piccola parola ti potrebbe lacerare
l’anima, ghiacciare il sangue, strappare come due stelle gli occhi dalle loro orbite, fare a
pezzi i tuoi riccioli pettinati e rizzare i tuoi capelli uno ad uno come un istrice in guerra.
Ma quest’infinito racconto non è fatto per orecchie di carne e sangue. Ascolta, ascolta, oh
ascolta....se tu hai mai amato il tuo caro padre
AMLETO
Oh dio!
SPETTRO
Vendica il suo sporco e snaturato assassinio.
AMLETO
Assassinio?
SPETTRO
Sozzo, come tutti i delitti, ma questo ancor più sudicio, mostruoso, snaturato.
AMLETO
Fai presto a dirmelo perché io possa volare alla mia vendetta veloce come l’ala della mente
o del cuore.
SPETTRO
Ti vedo pronto. E dovresti essere più fiacco dell’erba molle che sonnecchia vicino al Lete
per non scattare adesso: allora ascolta, Amleto, hanno diffuso la notizia che un serpente mi
aveva morso mentre dormivo in giardino, e con questa falsa versione della mia morte
hanno oscenamente ingannato l’orecchio di tutta la Danimarca. Nobile figlio, quel
serpente che morse tuo padre a morte ora ne porta la corona, adesso lo sai.
AMLETO
Ah, i presagi della mia anima....mio zio?
SPETTRO
Si, quella bestia. Lui, adultero e incestuoso. L’ha stregata con l’astuzia, con subdoli regali maledette cose che seducono- l’ha portata alla sua vergognosa lascivia, la mia regina, che
sembrava così onesta. Amleto, che caduta quella. Da me, che l’amavo ancora con lo
stesso splendore con cui le presi la mano all’altare, a un miserabile, privo di ogni valore al
mio confronto. L’onestà rimane tranquilla, anche se il vizio la tenta con il volto di un
angelo, ma la lascivia anche se si sposa a un angelo splendente continuerà a montare il suo
immondezzaio fin nel letto del cielo. Piano! Il profumo del mattino. Devo fare in fretta.
Riposavo un po’ nel mio giardino, di pomeriggio, come sempre. Sicuro di trovarmi tuo zio
si avvicinò di soppiatto, aveva una fiala, distillato della maledetta pianta di giusquiamo e
attraverso la porta del mio orecchio versò quel succo lebbroso nemico del delicato, sano
sangue dell’uomo. Si scaglia come argento vivo in tutti i varchi e le vie del corpo e lo
coagula e lo rapprende, come aceto nel latte. E questo successe anche a me. Il corpo senza
rughe si coprì all’istante di una schifosa crosta lebbrosa . E così nel sonno, la mano d’un
fratello mi rubò in un colpo solo la vita, il regno e la regina. Falciato nel fiore dei miei
peccati, a render conto della vita, con tutte le mie mancanze bene in mostra, senza saperlo,
senza prepararmi, senza assoluzione. Orribile, orribile, troppo orribile! Se non hai smarrito
la tua natura, non sopportare tutto questo. Non lasciare che il letto del re di Danimarca sia
una dannata tana di lascivia e incesto. Ma in qualunque modo tu decida di agire, non
macchiare la mente, non concepire niente contro tua madre . Lasciala al cielo, lascia che le
spine che porta in cuore la trafiggano e la tormentino. Io ti dico addio ora, l’effimera luce
della lucciola svanisce, segno che il mattino si avvicina. Adieu, adieu. Ricordati di me.
(esce)
AMLETO
Cielo onnipotente, mondo....manca qualcosa? avanti vieni anche tu, inferno! Schifo. Stai
su, cuore, e voi nervi, non invecchiatemi di colpo, dritto, in piedi. Ricordarti? Si, povero
spirito, finchè ci sarà un posto per la memoria in questo distratto teatro del mondo.
Ricordarti? Eccome: raschierò dai banchi della memoria tutte le sciocchezze inutili, tutto
ciò che ho letto, le immagini, ogni impronta tracciata dal giovane studente. E libero da
ogni bassezza, nel libro, nel volume del mio cervello, agirà solo il tuo ordine. Così,
Perdio! Donna malefica. Che canaglia, canaglia: sorride la dannata canaglia! Gli appunti.
Si, questo lo scrivo, si può sorridere, sorridere ed essere una canaglia. Almeno in
Danimarca è così, sicuro...Così ci sei, zio. Ora la mia parola: “adieu, adieu, ricordati di
me.” L’ho giurato.
MARCELLO e ORAZIO (da dentro)
Mio signore, mio signore!
Entrano ORAZIO e MARCELLO
MARCELLO
Principe Amleto!
ORAZIO
Che il cielo l’aiuti.
AMLETO
Cosi sia.
MARCELLO
Eh,oh,ehi, oh, mio signore!
AMLETO
Ehi, oh oh, su vieni qui cucciolino, vieni.
MARCELLO
Come va, mio nobile signore?
ORAZIO
Cosa ci raccontate, mio signore?
AMLETO
Oh, meraviglie.
ORAZIO
Bene, mio signore, quali?
AMLETO
No, andreste a dirlo in giro.
ORAZIO
Santo cielo, io no, mio signore.
MARCELLO
Neanche io, mio signore.
AMLETO
Come dirvi, dunque .... è mai immaginabile per il cuore di un uomo ?
Ma terrete il segreto?
ORAZIO e MARCELLO
Perdio si, mio signore.
AMLETO
In tutta la Danimarca non c’è una canaglia che non sia un delinquente incallito.
ORAZIO
Mio signore, non è necessario che arrivi uno spettro dalla tomba per dirci questo.
AMLETO
Caspita, giusto. Hai proprio ragione. E così, senza ulteriori convenevoli, credo che sia il
caso di stringerci le mani e ciascuno vada per la sua parte : voi incamminati verso i vostri
affari e i vostri desideri ( perché lo sappiamo, ogni uomo ne ha di affari e desideri), ed io
nel mio piccolo, pensate un po’... a pregare.
ORAZIO
Ma questo è solo un giro di parole senza senso, mio signore.
AMLETO
Ti hanno ferito, mi dispiace o, davvero, mi dispiace di cuore.
ORAZIO
Non c’è alcuna ferita, mio signore.
AMLETO
C’è, per S. Patrizio, eccome se c’è, Orazio. E anche bella grossa. Per questa visione....ve lo
posso dire: è uno spettro onesto. E la vostra voglia di sapere quello che c’è fra noi due,
dominatela come potete. Ora cari amici, come amici, compagni di studi, soldati,
concedetemi un piccolo favore.
ORAZIO
Certo, mio signore, quale?
AMLETO
Che nessuno venga mai a sapere quello che avete visto stanotte.
ORAZIO e MARCELLO
Così sarà, mio signore.
AMLETO
Si, ma giuratelo.
ORAZIO
Io giuro di non dire niente, mio signore.
MARCELLO
Ed anche io non lo dirò, lo giuro.
AMLETO
Sulla mia spada.
MARCELLO
Abbiamo già giurato, mio signore.
AMLETO
Si, sulla mia spada, forza.
SPETTRO (da sotto)
Giurate.
AMLETO
Ha ha, ragazzo, è la tua voce? Sei lì oro zecchino? Ascoltate l’amico in cantina : dite si al
giuramento.
ORAZIO
Dateci la formula, mio signore.
AMLETO
Sulla mia spada: giurate di non parlare mai di quello che avete visto.
SPETTRO
Giurate
AMLETO
Hic et ubique? Allora cambieremo posto. Venite qui, signori, e ponete di nuovo le mani
sulla mia spada. Non una parola, mai di quello che avete udito. Giuratelo sulla mia spada.
SPETTRO
Giurate sulla sua spada.
AMLETO
Ben detto, vecchia talpa. Lavori così in fretta sottoterra? Un minatore prezioso.
Spostiamoci ancora, amici cari.
ORAZIO
Né di giorno ne di notte ho mai visto niente di più strano.
AMLETO
E allora come uno straniero accoglilo con il tuo benvenuto. Ci son più cose in cielo e in
terra, Orazio, di quelle che la tua filosofia possa sognare. Ma venite qui. E come prima,
con l’aiuto del cielo, giurate che mai, per quanto strana o addirittura assurda possa essere la
mia condotta - giacche d’ora innanzi penso di comportarmi in modo un po’ eccentrico mai voi, incontrandomi in uno di questi momenti, farete capire di sapere qualcosa sul mio
conto. Ad esempio mai stare a braccia incrociate e fare su e giù con la testa, mai lasciarsi
scappare qualche mezza allusione: “eh...già!” “Se volessimo potremmo...” “Se potessimo
ne diremmo...” “C’è qualcuno volendo potrebbe...” e frasi così: mai, in nessun modo. Su
questa spada, e sul cielo che verrà in vostro aiuto, giurate.
SPETTRO
Giurate.
AMLETO
Riposa, riposa, spirito inquieto. Mi affido a voi, signori, con tutto me stesso. E non vi
mancherà niente di quello che, a Dio piacendo, un misero Amleto potrà darvi in segno di
affetto e amicizia. Veniamo via insieme e, prego, il dito: sempre sulle labbra. Il mondo si è
scardinato, che maledetta noia:
proprio io dovevo nascere per rimetterlo a posto. Forza, rientriamo insieme.
ATTO SECONDO
2.1.
(Una stanza nella casa di Polonio. Entrano Polonio e Rinaldo.)
POLONIO
Dagli questo denaro e queste carte, Rinaldo.
RINALDO
Si, mio signore.
POLONIO
E sarebbe perfettamente sensato, da parte tua, caro Rinaldo, fare qualche domanda sul suo
conto, prima d’incontrarlo.
RINALDO
L’avevo già in mente, mio signore.
POLONIO
Perbacco, eccellente, davvero eccellente. Dunque, caro, per prima cosa scoprimi quanti
danesi stanno a Parigi, e come ci stanno , chi sono, cosa fanno, di quanto dispongono, dove
si riuniscono, chi frequentano...Quando avrai accertato - così, rimanendo sempre sulle
generali - che conoscono mio figlio, ti avvicini al punto, ma non con domande dirette. Ad
esempio potresti dire: “ Si, conosco un po’ suo padre e la sua cerchia, un po’ anche lui...”
Mi segui, Rinaldo?
RINALDO
Certo, mio signore, perfettamente.
POLONIO
“...e un po’ anche lui” e magari ci aggiungi un “non troppo però, ma se è quello che dico
io, allora è proprio uno che ci dà sotto coi vizietti...questo, quest’altro...” e qui ci piazzi
qualsiasi bugia, a piacere. Occhio però, niente che arrivi a disonorarlo, che diamine.
Insomma, mi capisci, le normali follie, le solite, note sregolatezze con cui i giovanotti in
libertà si fanno compagnia.
RINALDO
Come giocare, mio signore.
POLONIO
Bravo, o l’alcool, le sfide, bestemmie, risse, andare a puttane, fin qui va bene.
RINALDO
Questo potrebbe disonorarlo, mio signore.
POLONIO
Certo che no. Dipende da come tu stuzzichi l’accusa. Mica dico di dipingerlo in modo
scandaloso, di farlo diventare un depravato. No, i suoi difetti vanno appena sussurrati,
devono sembrare segni di indipendenza, vampate, scoppi di un carattere un po’ irruento,
sangue selvaggio e ribelle che va alla testa, come succede a tutti.
RINALDO
Ma, mio buon signore...
POLONIO
Perché mai dovresti farlo?
RINALDO
Esatto, mio signore. Vorrei saperlo.
POLONIO
Perbacco, amico, il mio piano è proprio qui, e credo che funzionerà, garantito. Nel
momento in cui appioppi a mio figlio queste leggerezze, come se fossero un difettuccio di
fabbrica, tu spia il tuo interlocutore, l’uomo da sondare. E stai sicuro che se lui, per caso,
ha riconosciuto il giovanotto a cui tu accenni, colpevole di essersi macchiato dei delitti
summenzionati, allora senz’altro conclude il discorso insieme a te, così: “ Mio buon
signore....” oppure “ Amico....” o “ Illustre”...a seconda del suo carattere e degli usi di quel
paese...
RINALDO
Senz’altro, mio signore.
POLONIO
E allora, caro, lui lo fa, ah se lo fa....che stavo dicendo? Santo cielo, stavo per dire una
cosa....dove siamo rimasti?
RINALDO
A “conclude il discorso”, “amico” “o “illustre”.
POLONIO
Già, cribbio, “conclude il discorso”. Certo che conclude il discorso insieme a te, così: “
Conosco quel signore, l’ho visto ieri o l’altro ieri o un altro giorno e stava con questo o con
quello, ed è proprio come avete detto voi: lì stava giocando, là era bello che sbronzo, lì
litigava per un punto al tennis”... oppure chissà.. “ L’ho visto entrare in una casa dove si
fanno certi affari”, videlicet un bordello e così via. Hai visto? Usi bugie come esca e tiri su
una rete di verità. Noi saggi, noi strateghi agiamo così: di sponda, di tangente, in modo
indiretto arriviamo alla via diretta. Così, grazie a questa mia antica lezione, ti scoprirai mio
figlio. Capito o no?
RINALDO
Capito, mio signore.
POLONIO
Che Dio t’aiuti, stammi bene.
RINALDO
Mio buon signore.
POLONIO
Osserva dentro di te le sue tendenze.
RINALDO
Si, mio signore.
POLONIO
E lascia che suoni la sua musica.
RINALDO
Bene, mio signore. (esce)
POLONIO
Addio.
(entra Ofelia)
POLONIO
Ofelia che c’è? Che succede?
OFELIA
Oh signore, signore mio, ho avuto così paura.
POLONIO
Santiddio, di cosa?
OFELIA
Stavo lì a cucire, in camera mia, signore, quando davanti a me compare il principe Amleto
con il vestito slacciato, la testa nuda, le calze sporche che gli pendevano giù alle caviglie,
come catene, bianco come la sua camicia, le ginocchia tremanti, e un aspetto così penoso
che sembrava appena liberato dall’inferno per raccontare l’orrore.
POLONIO
Impazzito per il tuo amore?
OFELIA
Non lo so, signor mio, ma ho paura che sia davvero così.
POLONIO
Che ha detto?
OFELIA
Mi ha afferrato per il polso e me lo stringeva forte, poi, allungando tutto il suo braccio, mi
ha allontanata, si è messo la mano sulla fronte e mi ha guardato in viso, fisso, come se
volesse farmi un ritratto. E’ rimasto così a lungo. Alla fine, dondolando un po’ il mio
braccio ha fatto tre volte un cenno con la testa e lanciato un sospiro così angosciante e
intenso che sembrava sul punto di spezzarsi e finire di vivere. Dopo m’ha lasciato andare,
ed è uscito, camminando all’indietro, la testa voltata, come se non avesse più bisogno di
guardare per trovare la via. E’ uscito dalla porta e teneva sempre fissi gli occhi su di me,
sopra la sua spalla.
POLONIO
Andiamo, seguimi. Vado a cercare il re. Questa è autentica estasi d’amore, caratteristiche
di violenza, di fuoco che brucia se stesso, un desiderio che si butta in atti disperati. Per noi
uomini non c’è passione peggiore in terra. Mi dispiace. Ma non gli avrai mica detto
qualcosa di duro ultimamente?
OFELIA
Mio buon signore, no. Ma, come voi mi avete comandato, ho respinto le sue lettere e gli ho
impedito di vedermi.
POLONIO
Questo l’ha fatto diventare matto. Dovevo essere più attento e intelligente e valutare
meglio le sue intenzioni, mi dispiace. Avevo paura che volesse solo divertirsi un po’ e
rovinarti. Maledetta gelosia! Perdio è caratteristico: alla mia età esagerare nella parte del
saggio e da giovani mancare di misura. Forza, andiamo dal re. Bisogna far sapere
quest’amore. Rischiamo l’ostilità, ma a tenerlo nascosto il danno potrebbe essere
maggiore. Su. (escono)
2.2
(Una stanza nel castello.
Trombe. Entrano il Re, la Regina, Rosencrantz, Guildestern e persone del seguito.)
CLAUDIO
Cari Rosencrantz e Guildestern, bene arrivati. Vi abbiamo mandati a chiamare con una
certa urgenza . Un gran desiderio di vedervi ma non solo: abbiamo anche bisogno dei
vostri servizi. Vi sarà giunta voce della trasformazione di Amleto, così la chiamo. Né
dentro né fuori sembra più se stesso. A parte la morte di suo padre, non riesco a
immaginarmi cosa lo abbia straniato a tal punto. Vi prego, siete cresciuti con lui, fin da
piccoli, gli siete vicini come età, come modo di fare: accettate di fermarvi qui, a corte, da
noi, per un po’. E stando vicino a lui, invogliarlo a qualche divertimento. Se si crea
l’occasione, raccogliere qualche indizio, capire se c’è qualcosa che l’affligge che noi non
conosciamo. Scoperta la causa potremo porre rimedio.
GERTRUDE
Cari signori, ci ha parlato molto di voi due, sono certa che non esistono altri a cui sia così
legato. Se sarete così gentili e generosi da consumare un po’ del vostro tempo per aiutarci a
far crescere la nostra speranza, la vostra visita riceverà ringraziamenti degni della
riconoscenza di un re.
ROSENCRANTZ
Le vostre auguste maestà potrebbero compiacersi di ordinare piuttosto che chiedere, dato il
potere assoluto che hanno su di noi.
GUILDENSTERN
Purtuttavia entrambi vi ubbidiamo , e ci offriamo, qui, a completa disposizione. Il nostro
impegno è ai vostri piedi, pronto per ricevere ordini.
CLAUDIO
Grazie Rosencrantz e caro Guildenstern.
GERTRUDE
Grazie Guildenstern e caro Rosencrantz. E vi prego: andate subito a far visita a mio figlio,
troppo cambiato . Qualcuno di voi accompagni questi signori dal principe Amleto.
GUILDENSTERN
Il cielo ci aiuti a far sì che la nostra presenza e quel che possiamo fare gli risulti gradito ed
anche utile.
GERTRUDE
Si, così sia.
(escono Rosencrantz, Guildenstern e altri del seguito. Entra Polonio)
POLONIO
Gli ambasciatori sono tornati dalla Norvegia molto soddisfatti, cara maestà.
CLAUDIO
Sei sempre il padre di buone notizie.
POLONIO
Vero, signore? Il fatto è che la misura con cui la mia anima compie il suo dovere verso Dio
e verso il mio amato sovrano è identica, e, a meno che la mia intelligenza non abbia
smarrito la sua solita abilità, posso dire di aver trovato la vera causa della stravaganza di
Amleto.
CLAUDIO
Oh, dimmelo. Questo è quello che volevo.
POLONIO
Ricevete prima gli ambasciatori, le mie notizie saranno la frutta di questa gran festa.
CLAUDIO
Falli entrare e fa tu gli onori.
(esce Polonio)
Dolce regina mia, mi ha detto che ha trovato la causa da cui nascono tutti i disturbi di tuo
figlio.
GERTRUDE
Temo che l’unica sia quella, la più importante: la morte di suo padre e il nostro
matrimonio troppo veloce.
CLAUDIO
Va bene, lo studieremo.
(entrano Polonio, Voltimando, Cornelio)
CLAUDIO
Salve, amici cari. Allora, Voltimando, che ci racconti di nostro fratello Norvegia?
VOLTIMANDO
Grande cortesia nel ricambiare saluti ed auguri. Alle nostre prime parole fece subito
interrompere gli arruolamenti di suo nipote. Aveva creduto fossero preparativi contro i
Polacchi, ma un’occhiata più accurata gli ha dimostrato che erano davvero diretti contro la
vostra Altezza. Per cui, offeso che si fosse abusato con l’inganno della sua malattia,
vecchiaia, impotenza, fa arrestare immediatamente Fortebraccio. Questi si sottomette
subito, e dopo il rimprovero giura di fronte allo zio Norvegia di non attaccare più Vostra
Maestà. A questo punto, il vecchio, al colmo della felicità, stanzia per il nipote 3000
corone all’anno, con l’incarico di condurre contro i Polacchi quelle truppe già arruolate. E
qui c’è una richiesta affinché voi concediate il libero passaggio nei vostri territori di tale
spedizione militare. Tutte le garanzie di sicurezza sono esposte lì, in dettaglio.
CLAUDIO
Ci sembra che vada bene, con più calma leggeremo, risponderemo, e valuteremo la
questione. Intanto grazie per la buona riuscita della missione, andate pure a riposarvi,
stasera festeggeremo insieme il vostro ritorno in patria.
(escono Cornelio e Voltimando)
POLONIO
Quest’operazione si è conclusa in modo positivo...ora Vostra Maestà e Signora, sottilizzare
su cosa sia la regalità, e cosa il dovere, perché il giorno è giorno, la notte notte, e il tempo è
il tempo sarebbe solo sprecare notte, giorno e tempo. Quindi, dato che l’ essenzialità è la
chiave della saggezza, mentre digressioni e fronzoli annoiano, sarò breve. Vostro figlio, il
principe è pazzo. Io lo chiamo pazzo, perché, definendo: la vera pazzia che cos'è, se non
l'esser pazzi? Ma lasciamo perdere.
GERTRUDE
Più fatti e meno virtuosismo.
POLONIO
Signora giuro che io non pratico alcun virtuosismo. E' vero che è pazzo, è vero che è un
peccato ed è un peccato che sia vero; un pazzo sillogismo che licenziamo subito dato che
non pratico virtuosismi. Dunque, ammettiamo che sia pazzo, di conseguenza cosa ci resta?
Scoprire cosa ha causato tale effetto, o più precisamente tale difetto, dato che tale effetto
difettoso deriva da una causa. Questo ci resta ed ecco il resto, si esamini: io ho una figlia,
finché è mia ce l'ho io. Lei - notate: per ubbidire ad un obbligo - mi ha consegnato questo.
Adesso ascoltate e traetene le conclusioni. (legge la lettera) "Al celestiale idolo dell'anima
mia, alla straripante di bellezze Ofelia..." Espressione infelice, grossolana..."straripante di
bellezza" è un'espressione grossolana, ma sentite qui: "In quell'insuperabile seno bianco,
queste ecc..."
GERTRUDE
Questo le arriva da Amleto?
POLONIO
Un momento, signora, leggo alla lettera:
"Dubita che le stelle siano di fuoco
che il sole si muova
che la verità menta
ma del mio amore dubita mai.
Oh, cara Ofelia, son debole a scriver versi, non posseggo l'arte di scandire i sospiri, ma che
io ti ami più di ogni altra cosa credilo più di ogni altra cosa. Tuo per sempre, mia adorata
signora, finchè questa macchina lo reggerà. Amleto.".....io l'avevo intuito ben prima di mia
figlia, dunque mi sono subito attivato e con la mia giovane madamigella ho giocato
d'anticipo: " Amleto è un principe fuori dalla tua sfera. Non s'ha da fare." E così lui,
respinto, in poche parole, precipitò nella malinconia, da lì nell'inappetenza, da lì
nell'insonnia, da lì nella malattia, da lì nelle allucinazioni, fino a cadere in questo delirio
folle che ci angoscia tutti.
CLAUDIO
Pensate che sia questo?
GERTRUDE
Forse, è molto probabile.
POLONIO
C’è stata mai una volta in cui io abbia detto: “E’ così” e poi era in un altro modo? Vorrei
proprio saperlo.
CLAUDIO
No, a quanto ne so.
POLONIO
E’ così, altrimenti staccate questa da questo. Se lo scenario è favorevole acciufferò la verità
anche se si nasconde dietro le quinte più impenetrabili.
CLAUDIO
Come facciamo a metterlo ancora alla prova?
POLONIO
Sapete, ogni tanto si mette a passeggiare qui, in galleria, per ore.
CLAUDIO
Si, proprio così.
POLONIO
E in quel momento io gli fornirò l’esca, sguinzaglierò mia figlia davanti a lui. Voi ed io,
dietro quella tenda, osserveremo l’incontro.
CLAUDIO
Faremo una prova.
(Entra Amleto leggendo un libro)
GERTRUDE
Eccolo lì che arriva leggendo. Ma guardate com’è triste, poveretto.
POLONIO (al re e alla regina)
Tutti e due, via, vi prego! (escono il re e la regina) Lo aggancio all’istante. Ah, scusatemi,
come va il mio caro principe Amleto?
AMLETO
Bene, grazie a Dio.
POLONIO
Sapete chi sono, signore?
AMLETO
Assolutamente. Siete un fornitore.
POLONIO
No, io no, signore.
AMLETO
Allora vorrei che lo foste per onestà.
POLONIO
Onestà, signore?
AMLETO
Già signore, oggi il mondo non fornisce che una sola persona onesta tra diecimila.
POLONIO
Assolutamente vero, signore.
AMLETO
Perché quella carogna di un cane morto è dolce da baciare, il sole ci allatta i
vermetti....avete una figlia?
POLONIO
Ce l’ho signore.
AMLETO
Non fatela passeggiare sotto il sole, concepire è una benedizione, ma siccome lei potrebbe
concepire, occhio, amico.
POLONIO
Che significa? Insiste ancora su mia figlia. Però non mi ha riconosciuto prima. Ha detto
che ero un fornitore. E’ andato, completamente andato. Diciamoci la verità, anch’io da
giovane ne ho sofferte di pene d’amore. Molto simili. Tentiamo ancora. Cosa state
leggendo?
AMLETO
Parole, parole, parole.
POLONIO
E di cosa si tratta?
AMLETO
Io non tratto.
POLONIO
Volevo dire di che cosa tratta il libro?
AMLETO
Calunnie, signore. Questo cialtrone scrive sarcasmi: che i vecchi hanno le barbe grigie,
facce rugose, gli occhi purulenti di liquido marrone e prugnoso, grandi buchi nel cervello e
natiche che non reggono. Signore, sebbene io creda con grande forza e grande energia a
tutto ciò, pure non mi sembra onesto andarlo a spiattellarlo, così. Perché voi stesso,
signore, potreste benissimo arrivare alla mia età se, come un gambero, poteste andare
indietro.
POLONIO
E’ pazzia, si, ma c’è del metodo dentro
Mio nobile signore, in tutta umiltà prendo congedo da voi.
AMLETO
Signore, voi non potreste prendere niente da cui io mi separi più volentieri, la vita a parte,
la vita a parte, la vita a parte.
POLONIO
State bene, signore.
AMLETO
Vecchi, noiosi e pazzi.
(entrano Rosencrantz e Guildestern)
POLONIO
Cercate il principe Amleto? Eccolo. (esce)
GUILDENSTERN
Mio nobile signore.
ROSENCRANTZ
Mio carissimo signore
AMLETO
I miei meravigliosi amici. Come va, Guildenstern? Rosencrantz! Bravi, come state?
ROSENCRANTZ
Da normali terrestri.
GUILDENSTERN
Soprattutto felici di non essere troppo felici. Non siamo proprio sulla punta del cappello
della fortuna.
AMLETO
E nemmeno sotto le sue scarpe?
ROSENCRANTZ
Neanche lì.
AMLETO
Quindi sistemati intorno alla sua vita, o nel centro delle sue grazie?
GUILDENSTERN
Diciamo molto vicini.
AMLETO
Alle sue parti intime? E’ proprio vero : la fortuna è una baldracca. Che novità ci sono?
ROSENCRANTZ
Nessuna, mio signore, a parte che il mondo sta diventando onesto.
AMLETO
Significa che è in arrivo il Giudizio Universale, ma le vostre sono informazioni false.
Lasciate che vi chieda più precisamente : che cosa avete fatto mai, amici miei, alla Fortuna
per farvi spedire da lei, qui, in prigione?
GUILDENSTERN
In prigione, mio signore?
AMLETO
La Danimarca è una prigione.
ROSENCRANTZ
Allora tutto il mondo lo è.
AMLETO
Perfetto: pieno di carceri, segrete e celle di cui la Danimarca è la peggiore.
ROSENCRANTZ
A noi non sembra, mio signore.
AMLETO
Si e allora per voi non è così. Non ci sono cose buone o cattive, solo il pensiero le rende
tali: per me è una prigione.
ROSENCRANTZ
Si e allora è la vostra ambizione a renderla tale, è troppo piccola per la vostra testa.
AMLETO
Ah Dio, potrei essere rinchiuso in un guscio di noce e sentirmi re di uno spazio infinito, se
non fosse che faccio brutti sogni.
GUILDENSTERN
I quali appunto sono ambizione: perché la vera sostanza di un ambizioso è solo l’ombra di
un sogno.
AMLETO
Il sogno stesso è solo un’ombra.
ROSENCRANTZ
Esatto, e secondo me l’ambizione è così volatile e leggera che è solo l’ombra di un’ombra.
AMLETO
Quindi i nostri mendicanti hanno un corpo e i nostri re, i nostri sovrumani eroi, non sono
altro che ombre di mendicanti. Andiamo a Corte? Sinceramente non riesco a ragionare.
ROSENCRANTZ GUILDENSTERN
Ai vostri ordini
AMLETO
Non così. Non voglio confondervi coi miei servi, perché, per parlarvi sinceramente, qui ci
si occupa di me in un modo spaventoso. Ma ritorniamo alla vecchia amicizia, che ci fate a
Elsinore?
ROSENCRANTZ
Per farvi una visita, signore, nient’altro.
AMLETO
Da quello straccione che sono mi mancano persino i ringraziamenti.. Ma grazie lo stesso e
vi assicuro, amici miei, che un mio grazie non vale mezzo soldo. Vi hanno mandato a
chiamare? Avete seguito l’istinto? E’ una visita in libertà? Forza, siate diretti con me, su,
su, avanti parlate.
GUILDENSTERN
E cosa dovremmo dire, mio signore?
AMLETO
Qualsiasi cosa. Ma veniamo al punto: vi hanno mandato a chiamare, c’è una sorta di
confessione nei vostri sguardi. Siete troppo modesti per riuscire a nasconderla. Si, il buon
re e la regina vi hanno mandato a chiamare.
ROSENCRANTZ
E a che scopo mio signore?
AMLETO
Questo dovete essere voi a spiegarmelo. Ma vi prego, in nome delle regole della nostra
amicizia, per la giovinezza che ci fa sentire il mondo allo stesso modo, per l’impegno del
nostro affetto che non fu mai negato, e per tutto ciò che un parlatore migliore di me
potrebbe dire, siate diretti e sinceri con me: vi hanno mandato a chiamare o no?
ROSENCRANTZ
Che dici?
AMLETO
Ecco vi tengo d’occhio. Se mi volete bene non fatemi aspettare.
GUILDENSTERN
Mio signore, ci hanno chiamato.
AMLETO
Ve lo dirò io, il motivo. Anticipando, precederò la vostra confessione e così il vostro
obbligo di segretezza verso il re e la regina resterà immacolato. Da qualche tempo, non so
come, ho perso tutto il mio buonumore, trascuro tutti i miei esercizi, e mi sono così
sprofondato in questo stato che persino questa bella immagine della terra mi sembra un
appendice sterile. Questo insuperabile padiglione d’aria - questo firmamento stupendo,
questo tetto striato dall’oro infuocato - si, per me non è altro che un ammasso di gas
velenosi. Che capolavoro è l’uomo. Che nobiltà nell’intelligenza, e quante infinite facoltà.
Forma esatta e affascinante movimento, un angelo nelle azioni, un dio nelle scelte.
L’ornamento del mondo. Il paragone degli animali. Ma per me cos’è questa quintessenza
di polvere? L’uomo non mi piace, e neanche la donna, sebbene dal vostro risolino voi
suggeriate il contrario.
ROSENCRANTZ
Non mi passava niente di simile in testa, signore.
AMLETO
E allora perché ti sei messo a ridere quando ho detto che l’uomo non mi piace?
ROSENCRANTZ
Pensavo, signore, che se gli uomini non vi piacciono figuriamoci allora gli attori. Li
abbiamo sorpassati per strada, stavano venendo qui per offrire il loro mestiere, troveranno
una bella penitenza.
AMLETO
Chi fa la parte del re sarà il benvenuto. A sua Maestà renderò i dovuti omaggi. Lancia e
scudo al cavaliere per le sue avventure, l’innamorato non piangerà invano, alla spalla sarà
concesso di finire tutte le sue battute in pace, il comico farà sganasciare quelli della risata
facile e la prima attrice potrà parlare a ruota libera altrimenti il copione non può andare
avanti. Che compagnia è?
ROSENCRANTZ
Proprio quella che lavora sulle tragedie, in città era la vostra preferita.
AMLETO
Come mai sono in giro? La sede stabile è meglio come prestigio ed incassi.
ROSENCRANTZ
Credo che ci siano costretti, le cose sono cambiate ultimamente.
AMLETO
Ma quando erano in città erano seguiti da pubblico e critica. Non è più così?
ROSENCRANTZ
Proprio per niente.
AMLETO
Come mai? Hanno perso lo smalto?
ROSENCRANTZ
No, anzi, si impegnano al massimo. Ma ora ci sono compagnie di giovani, tutti dello stesso
gruppo, urlano, si agitano, e così strappano di prepotenza un uragano di applausi. Adesso
sono loro di moda, insultano il teatro cosidetto normale al punto che la gente comune ha
quasi paura di andare dove si fa spettacolo.
AMLETO
Ragazzini? E chi li paga? Quanto prendono? Cercheranno il successo finché gli regge la
furia, ma poi? Cos’altro potranno fare se non diventare attori normali? Vedrete
attaccheranno gli autori, colpevoli di avere rovinato il loro avvenire.
ROSENCRANTZ
Infatti c’è stata una bella sceneggiata tra le due parti in causa, e il pubblico andava per
aizzare. C’è stato un momento in cui nessuno pagava il biglietto se non era certo di vedere
una bella rissa tra attori e autore.
AMLETO
Possibile.
ROSENCRANTZ
Ah, sono scesi in campo fior cervelli.
AMLETO
E i ragazzini hanno la meglio?
ROSENCRANTZ
Sì, vincono loro. Come trofei si sono presi l’insegna di quel teatro: Ercole e il Globo.
AMLETO
Niente di strano: prendete Claudio, ora è re di Danimarca. Quelli che gli avrebbero riso in
faccia quando mio padre era vivo, ora pagano venti, quaranta, cento ducati per un suo
ritrattino….Perdio, qui ci sarebbe un bel lavoretto per la filosofia, scoprire la causa di
questo fenomeno sovrannaturale. (Trombe per gli attori)
GUILDENSTERN
Eccoli, arrivano.
AMLETO
Benvenuti a Elsinore, signori. Ma il mio zio padre e la mia zia madre s’ingannano.
GUILDESTERN
In cosa?
AMLETO
Sono matto solo a nord nord ovest; quando il vento viene da sud, distinguo un falco
dall’airone.
(entra Polonio)
POLONIO
Salute a voi, signori.
AMLETO
Attento Guildenstern e anche tu, orecchiatemi da ogni orecchio: quel bambolone lì non ha
ancora smesso di usare i pannolini.
ROSENCRANTZ
Forse c’è rientrato. I vecchi tornano di nuovo bambini, no?
AMLETO
Mi va di fare una profezia: viene a parlarmi degli attori.
Ah, Jefte, giudice d’Israele, che tesoro avevi tu!
POLONIO
Che tesoro, signore?
AMLETO
“Una bella, una soltanto
una figlia amata tanto.”
POLONIO
Rieccolo con mia figlia. Ho da darvi delle novità, signore.
AMLETO
Signore ho delle novità per voi. Quando Roscio recitava a Roma...
POLONIO
Ci sono gli attori, signore.
AMLETO
Bzz.Bzz!
POLONIO
Sono arrivati, sul mio onore...
AMLETO
A culo d’asino allora.
POLONIO
I migliori attori del mondo in Tragedia, Commedia, Dramma Storico, Pastorale, ComicoPastorale, Storico-Pastorale, Tragico-Storico, Tragico-Storico-Pastorale, scena fissa o
azione illimitata. Capaci di alleggerire Seneca e di approfondire Plauto. Unici, sia per
seguire il testo che per improvvisare.
AMLETO
(entrano alcuni attori)
Amici miei, eccovi, bene arrivati, sono felice di rivedervi! Maestro carissimo, ti sei fatto
crescere la barba... vuoi farla in barba in Danimarca? Milady, mia signora,santo cielo,
dall’ultima volta che ti ho visto ti sei avvicinata al cielo di almeno due tacchi a spillo,
prega Dio che non ti falsifichi troppo quel bel falsetto di cui eri dotata. Salute a tutti voi,
miei maestri. Via, scattiamo subito, come falconieri francesi che lanciano su qualsiasi cosa
si muova, dateci un assaggio della vostra arte, una bella scena madre, su.
PRIMO ATTORE
Che scena, mio signore?
AMLETO
Una volta mi hai recitato un pezzo che non arrivò mai in scena, o fatto solo una volta,
perché al grande pubblico non piaceva, troppo raffinato, Comincia così, aspetta, aspetta..
“ L’irsuto Pirro come belva d’Ircania”
No, non è così, comincia con Pirro.
“L’irsuto Pirro, vestito di armi nere, nere come la sua mente, soffiato dalla furia, lercio di
strage, lo sguardo fiammante come la brace va ora in cerca del venerabile Priamo.”
Tocca a te...
POLONIO
Perdio, signore, recitato proprio bene, ottima dizione e tempo.
PRIMO ATTORE
“Lo trova mentre combatte i greci, con la mano debole. L’antica spada fugge dal braccio,
vacilla e cade. Ineguale duello, Pirro avanza , per l’ira fende l’aria con gran colpi e il
fischio della sua spada basta ad abbattere l’esausto vecchio. La sorda città di Troia sembra
accorgersi della grande caduta e cade anch’essa col suo re. Le case in fiamme crollano
dalle fondamenta. Il terribile suono di quel crollo lacera l’orecchio di Priamo e gli incatena
il braccio.. E i martelli dei ciclopi s’abbatterono sull’acciaio dell’armatura di Marte con più
pietà della spada sanguinosa che cadde sul vecchio. Fortuna, vigliacca e puttana! Voi, dei
del cielo, fate un patto contro di lei, privatela di ogni potere, rompete la sua ruota,
precipitatela dall’alto dei cieli fin nel buco dell’inferno.
POLONIO
Qui s’allunga un po’ troppo.
AMLETO
Una bella scorciatina dal barbiere, insieme alla vostra barba. Andate avanti, prego. Per lui
ci vogliono canzoni o barzellette altrimenti si addormenta. Vai, arriva ad Ecuba.
PRIMO ATTORE
“Ma chi avesse visto la regina imbacuccata”
AMLETO
“La regina imbacuccata?”
POLONIO
Bello, la regina imbacuccata, bello.
PRIMO ATTORE
“Correre a piedi nudi tra le fiamme che il fiume di lacrime dei suoi occhi pareva voler
spegnere, la testa, poco prima coperta dalla corona, ora avvolta tra povere bende, coperta di
stracci presi a caso in quella bolgia, chi avrebbe potuto guardarla in tale stato senza
maledire la fortuna infame? Se gli Dei l’avessero vista quando infine giunse dinnanzi a
Pirro che si divertiva con la spada a far scempio del corpo di suo marito, se avessero udito
quel suo grido senza fine, e visto le stesse stelle del cielo tremare di pianto, ah , avrebbero
provato allora cos’è il dolore per noi umani e la pietà ....
POLONIO
Ma tu guarda. Impallidisce, sta per piangere. Basta, ti prego.
AMLETO
Bene. Il resto lo reciterai fra poco. Caro signore, volete occuparvi voi di sistemare al
meglio questi attori? Attento, trattateli bene, loro sono l’indice e la sintesi della nostra
storia: per voi sarebbe meglio avere un cattivo necrologio da morto che farveli nemici da
vivo.
POLONIO
Li tratterò secondo il loro merito, signore.
AMLETO
Per Dio, uomo, molto meglio! Se trattiamo ognuno come merita chi si salva più dalla
frusta? Trattali all’altezza del tuo onore e della tua carica. Meno meritano loro e più
s’accrescerà il merito della tua generosità. Accompagnali.
POLONIO
Venite, signori.
AMLETO
Seguitelo, signori, domani verremo al vostro spettacolo.
(esce Polonio con alcuni attori). Vecchio mio, senti, puoi mettere in scena “L’assassinio di
Gonzago?”
PRIMO ATTORE
Certo mio signore.
AMLETO
Bene allora fammelo domani sera. E casomai potresti anche inserirci dodici o quindici
versi scritti da me, no?
PRIMO ATTORE
Sicuro, mio signore.
AMLETO
Ottimo. Segui quel signore e cerca di non prenderlo in giro. Addio fino a stasera, amici e
benvenuti a Elsinore.
ROSENCRANTZ
Mio signore.
AMLETO
Sì, sì. Dio vi accompagni.
(escono tutti)
Finalmente solo. Che razza di bestia che sono, uno schiavo!
E’ mostruoso: quell’attore, per finta, per una sofferenza solo sognata, è riuscito a
costringere i suoi sentimenti ad aderire così bene al significato di ciò che diceva che il viso
gli si è sbiancato, il corpo gli tremava, gli occhi lacrimavano, la voce si rompeva, e lui era
diventato solo la forma dell’immagine cercata. E tutto questo per nulla? Per Ecuba? Ma
che cos’è Ecuba per lui o lui per Ecuba che egli ne debba piangere? Che avrebbe fatto
allora se qualcuno gli avesse dato come spunto i miei motivi per soffrire? Affogherebbe di
lacrime la scena, ogni orecchio sarebbe lacerato dal terrore delle sue parole, i colpevoli
impazzirebbero, gli innocenti tremerebbero per l’angoscia, le gente semplice rimarrebbe
smarrita, e lo sguardo e l’orecchio di ognuno stupefatti. Invece io, pigra, stupida canaglia
fangosa, rimango come un ragazzino che s’incanta ad occhi aperti, sterile, impotente ai
miei scopi. Dare in pasto agli avvoltoi le frattaglie di questo rottame d’uomo, osceno,
sozzo, sanguinario traditore. Vendetta! Bravo, bella bestia che sono! Ah, io mi sfogo tutto
in parole, in bestemmie, come un lavapiatti , peggio, da puttana! Vergognati, vergognati.
Facciamo usare il cervello. Ho sentito di gente colpevole che erano seduti a guardare uno
spettacolo e lì, di fronte alla forza della rappresentazione rimasero così catturati e scossi
che immediatamente confessarono il loro delitto. L’assassinio non ha lingua, ma parlerà lo
stesso, grazie a un organo che fa miracoli. Davanti a mio zio, farò recitare a questi attori
qualcosa di simile all’assassinio di mio padre. Lo spierò, attimo per attimo, mi basta un
sussulto e so cosa fare. Lo spirito che ho visto potrebbe essere il diavolo. Se vuole il
demonio può assumere la forma che ti è più cara, e così, approfittando della mia debolezza,
della mia malinconia potrebbe usare tutti i suoi poteri per ingannarmi e dannarmi. Devo
procurarmi delle prove più sicure. La recita, ecco la cosa che ...catturerà la coscienza del
re.
ATTO TERZO
CLAUDIO
Dunque non c’è verso di estrargli il motivo di questo turbamento? Ogni giorno
distrugge la sua pace con questa devastante, rischiosa follia: perché?
ROSENCRANTZ
Che è sconvolto, lo ammette, ma la causa non la dice, assolutamente.
GUILDENSTERN
Non è affatto disposto ad aprirsi, anzi, se cerchiamo di farci raccontare come stanno
davvero le cose, sguscia via. E’ astuto, come pazzo.
GERTRUDE
Vi ha accolto bene?
ROSENCRANTZ
Molto gentilmente.
GUILDENSTERN
Molto forzatamente, però.
ROSENCRANTZ
Fa poche domande ma è molto disinvolto nelle risposte.
GERTRUDE
Non avete cercato di proporgli qualche distrazione?
ROSENCRANTZ
Arrivando abbiamo sorpassato alcuni attori, signora. Quando glielo abbiamo detto è stato
invaso da una specie di allegria. Adesso sono qui e credo che abbiano già avuto
disposizione per una recita stasera, davanti a lui.
POLONIO
Si, proprio così. E mi ha pregato di invitare le vostre Maestà di venire a guardare ed
ascoltare la storia.
CLAUDIO
Con immenso piacere: sapere che è di buon umore mi solleva moltissimo....amici miei
stimolatelo ancora un po’, proponetegli altre distrazioni come queste.
ROSENCRANTZ
Si, mio signore.
(escono Rosencrantz e Guildenstern)
CLAUDIO
Gertrude, cara, lasciaci anche tu. Abbiamo mandato a chiamare Amleto di nascosto, per
farlo incontrare con Ofelia, come per caso. Io e suo padre spieremo, legittimamente,
vedremo senza essere visti e così ci faremo un’opinione diretta, capiremo dal loro incontro,
dal suo comportamento, se lui soffre per pene d’amore o no.
GERTRUDE
Farò come volete. Ofelia, per la tua parte...spero proprio che sia questa tua grande bellezza
a farlo così smanioso. Perché mi auguro che se è così, grazie alle tue virtù e in modo
dignitoso per entrambi, tu potrai ricondurlo sulla sua via.
OFELIA
Lo desidero anch’io, signora.
(esce Gertrude)
POLONIO
Ofelia, passeggia qui.... Vostra Grazia, di grazia, noi ci appartiamo un attimo....(ad Ofelia)
Leggi questo libro, darà il giusto tocco di colore alla tua solitudine... purtroppo succede a
tutti e dovremmo vergognarci: con il viso onesto e un bel gesto andiamo a trescare con il
diavolo in persona.
CLAUDIO
(a parte) Quanto è vero! Una bella frustata per la mia coscienza, queste parole. Una
puttana che s’aiuta con le creme, con gli impiastri, è molto meno oscena delle frasi finte
con cui copro la mia azione. Che peso!
POLONIO
Eccolo, arriva, andiamo, signore. crema
(escono)
(entra Amleto)
Essere o non essere, ecco il problema. Cos’è più nobile? Soffrire interiormente per colpi e
ferite di una fortuna infame, o armarsi contro un mare di guai, combattere, annientarli?
Morire, dormire, basta. Con un sonno dichiarare finiti il malessere del cuore e i mille dolori
che la carne ha regolarmente ereditato, ecco un finale degno di religioso desiderio. Morire,
dormire. Dormire, forse sognare. Si, la barriera è lì. Perché in quel sonno di morte, quando
ormai siamo sgusciati fuori dall’intrigo della vita terrena, che sogni possono arrivare?
Questo merita una pausa di riflessione e in questa pausa s’allunga la vita delle miserie.
Perché chi vorrebbe sopportare gli sfregi, il disprezzo del mondo, una dittatura ingiusta, la
tracotanza dei presuntuosi, pene dell’amore negato, leggi lente , governo insolente, i calci
che un merito paziente riceve da gente che non vale niente, quando potrebbe regolare i
propri conti da solo, con un pugnaletto? Chi si sfiancherebbe sotto i pesi della vita,
sudando, maledicendo, se non fosse che la paura di qualcosa oltre la morte -paese
inesplorato da cui nessun viaggiatore torna- sbriciola la volontà e ci fa sopportare quei
malesseri che già abbiamo piuttosto che volare incontro a mali sconosciuti? Così la
coscienza ci fa vigliacchi, tutti, così il deciso colore della volontà sbiadisce sotto il peso del
pallido pensiero, e le imprese più alte e più necessarie smarriscono la loro via e perdono
anche il nome di azione. Zitto. Ofelia, bella.... Ninfa, quando preghi ricordati di me, dei
miei peccati.
OFELIA
Caro signore, come è stata Vostra altezza tutti questi giorni?
AMLETO
Umilmente grazie. Bene, bene, bene.
OFELIA
Ho alcuni vostri ricordi, signore, che da tempo volevo restituirvi. Prendeteli ora, ve ne
prego.
AMLETO
No, no. Non vi ho mai dato nulla.
OFELIA
Sapete bene di sì, mio signore onorato , e con parole dal profumo così dolce che li
rendevano ancora più preziosi. Hanno perso quel profumo, riprendeteli. Per chi ha cuore le
cose più nobili, anche un ricco regalo diventa misero se chi regala si mostra crudele.
Eccoli.
AMLETO
Ha ha. Siete onesta?
OFELIA
Cosa?
AMLETO
Bella?
OFELIA
Cosa volete dire, vostra altezza?
AMLETO
Che se siete onesta e bella, la vostra onestà dovrebbe evitare ogni contatto con la vostra
bellezza.
OFELIA
Signore, la bellezza potrebbe trovare un compagno migliore dell’onestà?
AMLETO
Sicuramente. Perché il veloce potere della bellezza trasforma l’onestà in una prostituta
molto prima che la forza dell’onestà riesca ad attrarre nella sua orbita la bellezza. Una
volta era un paradosso, ma il nostro tempo lo ha dimostrato. Vi ho amato, una volta.
OFELIA
Sì, me l’avete fatto credere, signore, davvero.
AMLETO
Non dovevi credermi. In questo vecchio ceppo non puoi innestare così tanta virtù da
cancellare tutti gli altri gusti. Non vi ho amata.
OFELIA
Allora sono stata ingannata ancora di più.
AMLETO
Ma va in convento, va! Cosa vuoi fare? Un allevamento di degenerati? Anche io sono
onesto, più o meno. Eppure potrei accusarmi di cose tali che per mia madre sarebbe stato
meglio non avermi mai messo al mondo. Sono orgoglioso, molto, vendicativo, ambizioso
e ho tanti di quei delitti al mio servizio che non mi bastano i pensieri per contenerli tutti, le
idee per tradurli in azione, il tempo per farlo. Io e quelli come me, che ci strisciamo a fare
tra terra e cielo? Siamo tutti delle gran carogne: Non credere a nessuno di noi. Ma va, va
via, va in convento va. Dov’è tuo padre?
OFELIA
A casa, signore.
AMLETO
Porte ben serrate allora, che faccia lo scemo solo a casa sua. Addio
OFELIA
Misericordia, aiutatelo.
AMLETO
Se ti sposi eccoti il mio regalo di nozze, questa maledizione, diventa anche pura come il
ghiaccio, candida come la neve, lo stesso: non sfuggirai all’infamia. Ma va, va in convento,
va. Addio. E se proprio ti scappa di sposarti allora sposati uno scemo, perché uno sveglio
sa fin troppo bene in che razza di mostro voi lo trasformate. Ma va, va in convento, e di
corsa anche, va. Addio.
OFELIA
Oh Dio onnipotente, fatelo tornare in sé.
AMLETO
Li conosco i vostri trucchi, fin troppo bene li conosco. Dio vi ha dato un volto e voi ve ne
fate un altro. Sculettate, ballate, ancheggiate, appioppate diminutivi e vezzeggiativi a ogni
cosa del creato, siete ignoranti e ve ne fate un vanto, allegramente. Ma va, va in convento,
va. Non ci gioco più, mi ha fatto impazzire. Dico che non ci saranno più matrimoni. Quelli
che sono sposati vivranno, tutti tranne uno. Gli altri restano come sono. Ma va in convento,
va. (esce)
OFELIA
Come si è distrutta quest’anima così grande! Sguardo, parola, spada del gentiluomo , del
soldato, del poeta, la rosa che questo bel paese aspettava, lo specchio della bellezza, il
modello di ogni comportamento , l’immagine che ognuno ammirava: perso, tutto perso.
Ed ora sono la più triste, la più disgraziata donna, perché io l’avevo pur assaggiato il miele
delle sue canzoni, delle sue promesse, ed ora guardo quel grande sovrano pensiero e mi
sembra una campana rotta, stonata, fasulla. E la pazzia che ora distrugge quella sua figura
unica, quella giovinezza appena fiorita. Che pena aver visto quello che ho visto, vedere
quello che vedo.
(entrano Claudio e Polonio)
CLAUDIO
Amore? Non vanno per quella via i suoi sentimenti. E quello che ha detto, si, è un po’
sconclusionato, ma non suona folle. C’è qualcosa in lui, la sta covando con la sua
malinconia e temo che quando la covata si schiuderà sarà pericoloso. Preveniamolo. Con
una rapida decisione: andrà subito in Inghilterra per riscuotere dei nostri crediti inevasi.
Può darsi che il mare, un altro paese, situazioni diverse, riescano a fargli espellere questa
cosa che si è fissata nel suo cuore, e su cui i suoi pensieri continuano a battere al punto da
farlo diventare un’altra persona. Che ne dite?
POLONIO
Si, andrà bene. Tuttavia continuo a credere che l’origine e il principio del suo malessere
derivi da un amore negato...Cosa c’è Ofelia? Non devi raccontarci quel che ti ha detto
Amleto, abbiamo sentito tutto...Signore, fate come credete, ma, se lo ritenete utile, dopo la
recita, lasciate lui e sua madre, la regina, da soli. Così lei potrà supplicarlo di rivelare la
sua pena, prendendolo con molta decisione. Io, con il vostro permesso, mi metterò di
nascosto a fare da orecchio a tutto il loro incontro. Se lei non lo scopre , mandatelo in
Inghilterra o dovunque Vostra Altezza ritenga opportuno.
CLAUDIO
Così sia. La pazzia dei grandi deve essere sorvegliata.
(escono)
3.2
(Una stanza del castello. Entrano Amleto e alcuni attori.)
AMLETO
Vi prego: dite la battuta così come io ve l’ho suggerita, lingua leggera, semplice. Se me la
urlate come fanno di solito gli attori, allora tanto varrebbe affidare quello che scrivo ai
venditori del mercato. E non gesticolate troppo, movimenti misurati. Perché è proprio nel
torrente vorticoso, come dire, nel turbine di una passione, che occorre tenere quella misura
che consenta le sfumature. Per me è una ferita profonda ascoltare un poveretto tutto
muscoli e trucco che strazia i suoi sentimenti, li squarta, pur di spaccare le orecchie alla
platea, alla quale peraltro non arriva niente tranne una rumorosa incomprensibile azione
mimata. Io lo farei frustare uno così, per concorrenza sleale al teatro dei pupi, alle
caricature dei diavoli. Perfavore, evitatelo.
PRIMO ATTORE
Do la mia parola, vostro onore.
AMLETO
Ma neanche troppo distaccati. Avete un maestro: il vostro intuito. La parola va insieme
all’azione, l’azione insieme alla parola . Regole da osservare? Una, particolare, questa:
restate naturalmente semplici. Perché qualsiasi esagerazione si allontana dallo scopo del
teatro, il cui fine è, adesso come allora, quello di essere specchio del mondo, mostrare alla
qualità il proprio volto, alla deformazione il suo aspetto, formando così l’impronta
autentica della realtà di ogni epoca. Gigioneggiare o recitare sotto tono, certo, strappa la
risata facile, ma provoca il disgusto in chi sa. E voi dovete temere il giudizio di chi è
esperto piuttosto che quello di tutta una platea qualsiasi. Li ho sentiti recitare certi attori, e
gli imbecilli li applaudivano, li osannavano. Attori, che se li guardavi con un occhio un po’
esperto, erano - senza offesa per nessuno - incapaci di parlare da cristiani, incapaci di
muoversi da cristiani, o da pagani o... da umani in generale. Muggivano! Il loro tentativo di
imitare l’uomo era così sub-umano, che mi venne persino il sospetto che fossero stati creati
in un laboratorio scientifico da qualche inserviente pasticcione.
PRIMO ATTORE
Questo difetto l’abbiamo eliminato, più o meno, spero.
AMLETO
Va eliminato completamente. E fate in modo che l’attore che fa il buffone non improvvisi
oltre le battute stabilite. Ci sono quelli che pur di far ridere un pubblico freddo, si mettono
a ridere in scena da soli, anche se in quel momento sarebbe necessario cogliere con
attenzione un passaggio essenziale della trama. Roba da mascalzoni pieni di misera
ambizione. Andate a prepararvi.
(escono gli attori)
(entrano Polonio, Rosencrantz e Guildenstern)
Allora, signore, il re presterà il suo orecchio a questo capolavoro?
POLONIO
E anche la regina, adesso.
AMLETO
Dite agli attori di sbrigarsi (esce Polonio) Volete aiutarli anche voi a sbrigarsi?
ROSENCRANTZ e GUILDENSTERN
Si, signore.
(escono Rosencrantz e Guildenstern)
(entra Orazio)
AMLETO
Eccoci qui, Orazio.
ORAZIO
Eccoci qui, caro signore, al vostro servizio.
AMLETO
Orazio, tu sei davvero la persona più giusta con cui abbia mai scambiato parola.
ORAZIO
Signore...
AMLETO
No, non credere che io voglia star qui a fare le tue lodi. Cosa avrei da guadagnarci? Non
possiedi altro che il tuo buonumore per vestirti e nutrirti. Perché bisognerebbe mettersi a
lodare un poveretto? No, lasciamo quella lingua che cerca i suoi zuccherini leccando
assurde ricchezze, piegando il grasso delle ginocchia là dove scodinzolando si guadagna.
Mi senti? Fin da quando la mia anima, cara, divenne padrona delle sue scelte, e poté
distinguere tra gli uomini, lei ha scelto te, per se stessa. Perché? Tu sei come uno che pur
soffrendo per ogni cosa, non soffre per nulla; uno che accetta dalla fortuna premi e schiaffi
con lo stesso sorriso. Sul serio: beati coloro che hanno una tale fusione tra passione e
intelligenza che la fortuna non riesce a suonarli come un flauto, schiacciando a piacere i
suoi fori. Datemi un uomo che non sia schiavo della passione ed io lo terrò nel mio cuore,
si, nel mio cuore del cuore, come io faccio con te. E qui siamo andati un po’ troppo oltre.
Stasera si va in scena davanti al re, e in una sequenza ci si avvicina molto alla situazione in
cui morì mio padre, quello che ti ho già detto. Ti prego, quando vedi questa scena, con il
massimo della tua concentrazione, osserva mio zio. Se la sua colpa nascosta non viene
stanata da una battuta, allora quello che abbiamo visto è un demonio dell’inferno, e la mia
fantasia è più lercia della fonderia di Vulcano. Tu scrutalo, attentamente, in quanto a me
non staccherò gli occhi dalla sua faccia. Poi ci scambieremo le opinioni sul suo
comportamento.
ORAZIO
Bene signore, se sottrae qualcosa durante lo spettacolo e io non me accorgo prometto di
rifondere il furto.
(Trombe, tamburi. Entrano Claudio, Gertrude, Polonio, Ofelia, Rosencrantz, Guildenstern,
altri del seguito, guardie con torce)
AMLETO
Eccoli, pronti per la scena. Devo fare il matto. Trovati un posto.
CLAUDIO
Come va il nostro nipote Amleto?
AMLETO
Ah benissimo davvero, grazie alla dieta del camaleonte: aria farcita di promesse. Difficile
ingrassarci i capponi.
CLAUDIO
Non mi dice nulla questa risposta, Amleto, non sono parole che riguardino me.
AMLETO
Neanche me. (a Polonio) Dunque signore, avete davvero recitato all’università?
POLONIO
Si, signore, ed ero abbastanza quotato come attore.
AMLETO
In che parte?
POLONIO
Giulio Cesare. Morii in scena, mi fece fuori Bruto, nella Capitale
AMLETO
Che atto brutale da parte sua uccidere un tal capitale ...bovino, pronti gli attori?
ROSENCRANTZ
Si, signore. Aspettano un vostro cenno.
GERTRUDE
Vieni più vicino, Amleto, mio caro, siedi vicino a me.
AMLETO
No, cara madre, qui c’è un gioiello più attraente. (si siede al fianco di Ofelia)
POLONIO
(al re) Ah, avete sentito?
AMLETO
Signora, posso giacere dentro le vostre gambe?
OFELIA
No, signore.
AMLETO
Intendo con la testa sulle vostre gambe?
OFELIA
Si, signore.
AMLETO
Credevate che io la pensassi bella, vero?
OFELIA
Non penso niente, signore.
AMLETO
Pensiero carino: giacere tra le gambe di una ragazza.
OFELIA
Cosa, signore?
AMLETO
Niente
OFELIA
Siete spiritoso, signore.
AMLETO
Chi, io?
OFELIA
Si.
AMLETO
Dio, solo il vostro caratterista di fiducia. Che altro c’è da fare se non stare allegri?
Guardate com’è bella allegrotta mia madre dopo appena due ore dalla morte di mio padre.
OFELIA
No, signore , son già’ due mesi per due.
AMLETO
Così tanto? Allora al diavolo il lutto, voglio farmi un vestitino di zibellino. Santo cielo,
morto da due mesi e non ancora dimenticato? Allora c’è la speranza che la memoria di un
grand’uomo gli sopravviva perfino per mezzo anno. Però, per la Madonna, deve essere
almeno un pio costruttore di chiese, se no, appena dopo morto: “Cucù, cucù, l’uccellino
non c’è più...”
(Trombe, pantomima. Entrano un Re ed una Regina molto innamorati. Lei s’inginocchia e
dichiara il suo amore con molta devozione, lui la rialza e mette la sua testa sul suo seno.
Poi si stende su un’aiuola di fiori. Lei vedendolo addormentato lo lascia. Entra un altro
uomo, toglie al re la corona, lo bacia, versa il veleno nelle orecchie del re ed esce. Torna la
regina, si accorge che il re è morto. Si dispera. Rientra l’assassino insieme ad altri, fa finta
di partecipare al suo dolore. Il cadavere viene portato via. L’assassino corteggia la regina
con dei regali. Dapprima lei sembra sdegnata, ma alla fine accetta il suo amore.)
OFELIA
Cosa significa, signore?
AMLETO
Perdio, significa: marachella nelle tenebre, gran sventura.
OFELIA
Magari alludeva alla trama dello spettacolo.
AMLETO
Ecco chi ci dirà tutto. (entra il Prologo) I commedianti non riescono a mantenere un
segreto, spifferano ogni cosa.
OFELIA
Ci dirà qual era il senso di quello spettacolo?
AMLETO
Si, e qualsiasi altro spettacolo voi vogliate mostrargli, state pur certa che se non avrete
timore voi di offrire il vostro spettacolo lui non avrà vergogna a mostrare con chiarezza il
suo senso.
OFELIA
Siete cattivo, cattivo. Voglio ascoltare il dramma e basta.
PROLOGO
Per la nostra rappresentazione
la vostra comprensione
e una graziosa compassione.
AMLETO
E’ un prologo o il motto di un anello?
OFELIA
E’ stato breve.
AMLETO
Come amor di donna.
(recita)
(entrano due attori, un Re e una Regina)
ATTORE RE
Trenta volte il carro di Apollo ha fatto il giro del regno salato di Nettuno e delle terre del
mondo, e trenta volte dodici lune hanno rischiarato il globo colla loro luce riflessa, dal
momento in cui Amore e Imene legarono i nostri cuori e le nostre mani in un divino
vincolo.
ATTRICE REGINA
Che il sole e la luna possano farci contare altrettanto a lungo prima che si spenga il nostro
amore. Ma io sono infelice: la vostra salute da tempo vacilla, voi vi siete fatto straniero alla
gioia, lontano da quel che eravate, e questo mi rattrista. Ma signore, non turbatevi per le
mie paure, spesso noi donne amiamo e ancor più temiamo. In noi lo sgomento pareggia
l’affetto. In noi questi sentimenti se non sono assenti, sono tutto. In passato vi mostrai la
mia tenerezza, ora nelle stessa misura vi mostro il mio timore. La paura segue chi ama e un
cuore sensibile si smarrisce nel suo stesso amore.
ATTORE RE
Purtuttavia amore mio io dovrò lasciarti e presto anche. Perdo le forze e tu mi
sopravviverai in questo bel mondo, onorata e forse amata da un altro uomo con identico
affetto..
ATTRICE REGINA
Che siano maledetti gli altri uomini, tutti. Se mai nascesse un altro amore da questo seno
sarebbe tradimento, e che io stessa sia maledetta se concedessi la mano ad un altro
consorte. Solo colei che uccide il primo sposa il secondo.
AMLETO
Assenzio, assenzio.
ATTRICE REGINA
Solo abbietti motivi d’interesse possono spingere a seconde nozze, non è amore. Darei per
la seconda volta la morte a mio marito morto il giorno che accogliessi nel suo letto nuziale
un altro sposo.
ATTORE RE
Ebbene io credo che tu sia sincera in quello che ora dici. Tuttavia accade che spesso noi si
infranga le promesse che facciamo. Le promesse sono serve della memoria, forti alla
nascita, ma assai deboli: finchè i frutti sono acerbi eccoli belli attaccati al ramo, ma al
momento della maturazione cadono tutti. Non è difficile dimenticare le promesse che
abbiamo fatto a noi stessi , quando quella passione svanisce anche i propositi a lei legati
sbiadiscono. La forza della gioia e del dolore trascina nella sua fine anche le sue regole.
Dove danza sfrenata la gioia, lì si lamenta di più il dolore. Dove il dolore ride, la risata
piange, basta poco, molto poco. Non c’è nulla di eterno qui e non c’è da meravigliarsi se i
nostri affetti cambiano quando cambia la sorte. Non sappiamo se sia il caso a guidare
l’amore o l’amore a condurre la giostra. Cade un potente e il suo seguito si allontana, ma se
un povero si innalza ecco che i suoi nemici si trasformano in amici e così la fortuna va a
braccetto con l’affetto. Chi non ha bisogno di amici ne è sempre circondato e chi invece
corre a cercarne uno per qualche necessità trova solo un cuore arido e un nuovo avversario.
Ma chiudendo quello che ho iniziato ti dirò che quello che vogliamo e quello che ci
succede procedono su due vie ben distanti. Noi vediamo sempre crollare i nostri progetti.
Sono nostri solo i desideri, non la loro messa in opera. Si, ora sei decisa a non volere un
secondo sposo, ma morto il primo, morirà anche la tua decisione.
ATTRICE REGINA
Che la terra mi rifiuti il suo cibo, il cielo la sua luce, che il riposo e i piaceri si allontanino
da me giorno e notte, che ogni mia speranza si muti in un lamento, che mi rimanga solo lo
scarno luogo di un eremita per vivere, che ogni mio desiderio sia assalito da tutte le
sventure che s’abbattano sulla gioia della terra, che io sia perseguitata in questo e nell’altro
mondo, se rimanendo vedova acconsentirò a nuove nozze.
AMLETO
Pensate un po’ se ora lo infrange.
ATTORE RE
E’ un giuramento solenne. Amore lasciami qui un po’. La mia mente s’appesantisce e mi
piacerebbe ingannare un po’ gli affanni del giorno con un sonno, breve. (si addormenta)
ATTRICE REGINA
Il sonno sia il dottore della vostra mente e nessuna disgrazia possa mai separarci. (esce)
AMLETO
Vi piace questa trama, signora?
GERTRUDE
Mi sembra che lei prometta con troppa enfasi.
AMLETO
Manterrà la parola, lei.
CLAUDIO
Tu conosci il tema? Non c’è niente che possa offendere, vero?
AMLETO
E’ un gioco, fan tutto per gioco, avvelenano per gioco. Non c’è nessuna offesa da nessuna
parte.
CLAUDIO
qual è il titolo?
AMLETO
“Trappola per topi”. In modo figurato, s’intende. E’ una metafora. Ispirato a un fatto reale.
A Vienna. Lui, il duca, si chiama Gonzago. Sua moglie, Batista. Adesso stiamo per
assistere al capolavoro di un bastardo, ma a noi che c’importa? Vostra Maestà, noi tutti,
abbiamo la coscienza pulita, non ci lasciamo mica scioccare, no? Male non fare, paura non
avere....
(entrano Luciano, attore)
Si chiama Luciano, è nipote del re.
OFELIA
Siete ottimo come regista, signore.
AMLETO
Anche come attore: voi lasciatemi vedere come vi gingillate con le bambole, e io mi ci
metto in mezzo, nella parte del messaggero d’amore.
OFELIA
Pungente, molto pungente.
AMLETO
Smussatemi voi il pungiglione, vi costa un gemito.
OFELIA
E va bene , anzi va male.
AMLETO
Già, nel bene e nel male, la formula con cui ingannate i mariti. ....attacca assassino,
lebbroso, smetti di fare smorfie, forza: “ Mugghia il corvo ululante alla vendetta...” forza!
LUCIANO ATTORE
Tenebre nei pensieri, le mani ci sono, succo efficace, l’ora è nostra, la stagione è complice,
nessuno. Ora tu, nera miscela, distillata a mezzanotte tra campi incolti, erbe tre volte
maledette, tre volte infette, tu magia liquida, creata dalla natura, tu, potente forza, spegni
per sempre la vita.
(versa la fiala nell’orecchio del re addormentato)
AMLETO
Lo avvelena nel giardino, per le sue proprietà. Si chiama Gonzago. Storia vera, storia
italiana purissima. Adesso guardate l’assassino: conquista l’amore della moglie di
Gonzago.
OFELIA
Il re è in piedi!
AMLETO
Allora? Spaventato da un colpo a salve?
GERTRUDE
Como vi sentite?
POLONIO
Basta con lo spettacolo.
CLAUDIO
Fatemi luce. Fuori.
TUTTI
Luce, luce, luce.
(escono tutti tranne Amleto e Orazio)
AMLETO
“Strilla il cervo ferito
il cerbiatto illeso gioca
mentre uno sbarra gli occhi
l’altro può dormire
così va il mondo...”
Che dici? Un pezzo così, qualche abito di scena, e non potrei aspirare ad entrare in una
compagnia teatrale, se qui le cose si mettessero maluccio?
ORAZIO
Come comparsa.
AMLETO
No, protagonista, te lo dico io.
“ Questo regno smembrato
da Giove fu governato
ma ora caro Iperione
ci regna un perfetto co...dardo”
ORAZIO
La chiusa: mancava la rima.
AMLETO
Do lo spettro mille a uno. Hai visto, Orazio caro?
ORAZIO
Perfettamente.
AMLETO
Alla battuta sul veleno...
ORAZIO
La reazione non mi è sfuggita.
(entrano Rosencrantz e Guildenstern)
AMLETO
Andiamo, musica, musica, entrino i suonatori. Musica, maestro!
“Perché se al re lo spettacolo non piacque
vuol dire che allora certo gli dispiacque”
GUILDENSTERN
Mio buon signore, concedetemi una parola.
AMLETO
Tutta una storia.
GUILDENSTERN
Signore, il re....
AMLETO
Già, signore, che gli è successo?
GUILDENSTERN
Si è ritirato, fuori di sé.
AMLETO
Il vino?
GUILDENSTERN
No, direi piuttosto la collera, signore.
AMLETO
Allora ecco l’occasione di mostrare tutta la vostra saggezza: andate a riferire tale fatto al
suo dottore. Mi sa infatti che la medicina che gli potrei prescrivere io gli aumenterebbe la
malattia collerica.
GUILDENSTERN
Signore, cercate di dare una forma coerente alle vostre parole, senza saltare di palo in
frasca.
AMLETO
Mi fermo subito. Dite.
GUILDENSTERN
Vostra madre, la regina, è sconvolta, molto sconvolta, e mi ha mandato da voi.
AMLETO
Siete il benvenuto.
GUILDENSTERN
No, caro signore, non c’è classe in questa cortesia. Perfavore datemi una risposta sensata e
potrò soddisfare l’ordine di vostra madre. Altrimenti con il vostro permesso io termino qui
il mio incarico e me ne ritorno.
AMLETO
Non posso.
GUILDENSTERN
Cosa?
AMLETO
Darvi una risposta sensata. Colpa della mia mente: è insensata. Ma tutto quello che posso
dirvi è che sono ai vostri ordini o meglio, come avete specificato, agli ordini di mia madre.
Dunque il punto è che mia madre...
ROSENCRANTZ
Allora ecco: dice che è rimasta sorpresa e stupita dal vostro comportamento.
AMLETO
Stupefacente figlio capace di sbigottir la mamma. E c’è una seconda puntata? Qual è il
seguito di tale materno stupore?
ROSENCRANTZ
Vuole parlarvi nella sua stanza prima di andare a letto.
AMLETO
Obbedirò, anche se fosse dieci volte mia madre. Abbiamo qualcos’altro da scambiarci?
ROSENCRANTZ
Un tempo mi volevate bene.
AMLETO
E te ne voglio ancora, lo giurano dieci ladri rapaci.
ROSENCRANTZ
Mio buon signore, che cosa vi turba? Se non confidate i vostri dolori ad un amico voi vi
ostruite da solo la via per liberarvi.
AMLETO
Non faccio progressi.
ROSENCRANTZ
Ma come è possibile? Il re in persona vi ha appena designato come suo successore al trono.
AMLETO
Già, ma “campa cavallo che l’erba cresce”, proverbio ammuffito.. (entra uno con un flauto)
Il flauto, fatemelo vedere un po’...venite, ma perché continuate a manovrare le vele come
se voleste abbordarmi?
GUILDENSTERN
Oh signore, se il mio rispetto diventa troppo marcato, il mio affetto diventa troppo
scortese.
AMLETO
Non ci capisco niente. Volete suonarlo?
GUILDENSTERN
Non posso.
AMLETO
Perfavore.
GUILDENSTERN
Davvero, non posso.
AMLETO
Forza, te ne prego.
GUILDENSTERN
Non so come prenderlo.
AMLETO
E’ facile come mentire. Guidate le dita su questi fori, qui il pollice, sfiatare dalla bocca , e
ne uscirà un fraseggio assai musicale. Ecco i tasti.
GUILDENSTERN
Ma non ci riesco. Non posso fare alcuna armonia. Non conosco la tecnica.
AMLETO
E allora, guarda come mi stimi poco. Tu vorresti suonarmi, sembra che conosci i miei tasti,
vorresti estrarmi i motivi più segreti dal cuore, tutto l’arco delle mio note, dalla più cupa
alla più trillante. E ce n’è di musica, di ottima musica in questo organetto, eppure tu non
sai farlo parlare. Perdio, credi che sia più facile suonare me che un piffero?
Scegli uno strumento, e chiamami pure col suo nome, se vuoi, ma , per quanto mi tasti,
non riuscirai mai a suonarmi.
(entra Polonio)
Dio vi abbia in gloria, signore.
POLONIO
Signore la regina vorrebbe parlare con voi, e subito.
AMLETO
Guardate quella nuvola. Ha proprio la forma di un cammello, no?
POLONIO
Santo cielo, davvero, sembra proprio un cammello.
AMLETO
Mi pare che assomigli a una donnola.
POLONIO
La schiena è quella di una donnola.
AMLETO
Direi una balena.
POLONIO
Una balena, perfetto.
AMLETO
Allora andrò subito da mia madre....mi fanno impazzire sempre di più ...arrivo subito.
POLONIO
Vado a riferirlo.
AMLETO
“Subito” , facile da dire. Amici, lasciatemi.
(escono tutti)
Ecco, il momento della notte più adatto alle streghe, le tombe sbadigliano e l’inferno in
persona alita peste sul mondo. Adesso. Potrei sorseggiare un po’ di sangue caldo e
dedicarmi a qualche azione da far rabbrividire la luce del giorno. Calma ,ora mia madre.
Non corrompiamo il cuore. Non lasciamo che lo spirito di Nerone entri qui dentro. Crudele
si, ma non bestia. Parole come pugnalate, però nessun pugnale. La lingua e l’anima si
dividano, l’accusa sarà tremenda, ma l’anima non eseguirà nessuna condanna.
SCENA 3.3
(Stanza del castello, entrano Claudio, Rosencrantz, Guildenstern)
CLAUDIO
Non mi piace. E lasciare che la sua pazzia si sfoghi ovunque ci rende tutto insicuro.
Preparatevi. Finisco al più presto i vostri documenti e lui verrà in Inghilterra, con voi. La
sicurezza dello stato non può essere messa in pericolo dal caso e dalla follia che ogni
giorno aumenta nel suo sguardo.
GUILDENSTERN
Ci prepariamo subito. E’ sacrosanto temere per la sicurezza di tante, tantissime persone che
vivono e prosperano grazie al governo di sua Maestà.
ROSENCRANTZ
Ogni singolo individuo ha l’obbligo di proteggere la sua vita privata usando tutta la forza e
l’astuzia di cui dispone, ma quest’obbligo cresce per quell’unico da cui dipendono la salute
e la pace di molti. La scomparsa di un re, non è solo la sua morte: è un vortice che trascina
nel suo gorgo ogni cosa che lo circonda. E’ una ruota immensa, incardinata in cima alla
vetta più alta. Ai suoi raggi smisurati sono legate una miriade di minuscole cose che
tintinnano, e quando essa crolla, ogni minimo oggetto, nel suo piccolo, ripete quella caduta
rovinosa. Un re non è mai solo quando sospira, c’è intorno sempre un coro di gemiti.
CLAUDIO
Prego, andate a prepararvi per questa brusca partenza. Blocchiamo questa paura che adesso
circola troppo liberamente.
ROSENCRANTZ e GUILDENSTERN
Faremo presto
(escono)
(entra Polonio)
POLONIO
Signore, sta andando nella stanza di sua madre. Lei gli darà una bella sistemata, ve lo
garantisco, mi nasconderò dietro la tenda per seguire lo sviluppo. Infatti come voi avete
detto, e saggiamente suggerito, è meglio che un altro orecchio, oltre quello - parziale per
natura - di sua madre, sovrintenda al colloquio. Ci avvantaggiamo. State bene, mio
sovrano. Sarò di ritorno prima che vi corichiate per riferirvi tutto. (esce)
CLAUDIO
Grazie. Schifoso delitto il mio, la sua puzza arriva fino al cielo e ha il marchio della colpa
più antica, la prima, l’assassinio di un fratello. Non ce la faccio a pregare. L’istinto c’è,
forte, acuto come un desiderio, ma la colpa è più forte ancora e lo soffoca. Sono in mezzo a
due obblighi, non so dove cominciare e fallisco in entrambi. E allora? Anche se questa
mano maledetta fosse raggrumata in altro strato ancora di sangue fraterno, che? Non c’è
abbastanza pioggia nel cielo per lavarla, bianca come la neve? A che serve la pietà se non a
guardare in faccia il delitto? E l’essenza di una preghiera non è forse fatta di due braccia:
trattenerci prima, ma poi, una volta in errore, perdonarci? Allora guardiamo in alto. La
mia colpa è avvenuta. Ma in che modo posso pregare? “Perdona il mio folle assassinio”?
Non posso, perché io possiedo ancora le cose per cui ho ucciso, la mia corona, la mia
ambizione, la mia regina. Si può essere perdonati rimanendo colpevoli? Si può. Negli affari
correnti di questo mondo corrotto, la mano dorata di un delinquente riesce a scansare la
giustizia, e proprio una parte del bottino viene usata per comprare la legge. Ma le cose non
vanno così, di sopra. Lì non ci sono trucchi, lì l’azione è esposta così com’è, e noi stessi
siamo costretti a fare i testimoni d’accusa di fronte alle nostre colpe. Allora, che ci rimane?
Prova col pentimento, prova, può tutto. Ma si, ma cosa può fare il pentimento se uno non
riesce a pentirsi? Che condizione infame, cuore buio, morte, colla nell’anima, più combatto
e più ci rimango invischiato. Aiutatemi dal cielo. Tentate, piegatemi queste ginocchia
presuntuose, trasformate l’acciaio di questo mio cuore, nella tenerezza della carne di un
neonato.(si inginocchia) La bontà è ovunque.
(entra Amleto)
AMLETO
Ora potrei farlo. Prega e io lo faccio. E così lui va in cielo, e io mi sono vendicato?
Esaminiamo il caso. Dunque, una canaglia uccide mio padre, e in seguito a ciò, io suo
unico figlio, spedisco questa canaglia dritto in paradiso. Questa non si chiama vendetta, si
chiama ricompensa, gratifica. Lui se l’è preso a tradimento, gonfio e maturo di peccati
come un albero in maggio e solo il cielo sa quant’era il suo carico. Ma per quanto ne
sappiamo noi da questa parte, dovrebbe essere alquanto pesante. E io colgo questo mentre
si spurga l’animo dal peccato e si mette nella condizione migliore per trapassare? No.
Abbassati spada. Aspetta un momento più feroce, mentre dorme, ubriaco, o rabbioso, o in
quel letto incestuoso, mentre bestemmia e gioca al piacere, in un’azione senza salvezza, lì
lo prenderai, lì gli faremo lo sgambetto, lo lasceremo a scalciare verso il cielo mentre la
sua anima nera e dannata scivolerà giù, all’inferno. Mia madre attende.....questa ricetta
serve solo a prolungarti i giorni di sofferenza. (esce)
CLAUDIO
Le parole volano e i miei pensieri rimangono in basso. Parole senza senso che non arrivano
al cielo.
3.4
(Stanza della regina)
(entrano la Regina e Polonio)
POLONIO
Sta arrivando. Andate a fondo con lui. Ditegli che le sue stravaganze si sono spinte troppo
in là, che non possono più essere tollerate, che Vostra Grazia si è interposta all’ira che gli
stava piombando addosso. Io starò qui dietro, in silenzio. Perfavore, non usate mezzi
termini
AMLETO
(fuori scena)
Madre...madre, madre!
GERTRUDE
Lo farò, state tranquillo. Arriva, andate.
(entra Amleto)
AMLETO
Allora, madre, cosa c’è?
GERTRUDE
Amleto, tu hai offeso tuo padre, molto.
AMLETO
Madre, tu hai offeso mio padre, molto.
GERTRUDE
Andiamo andiamo , risposte senza senso.
AMLETO
Vai vai, domande senza senso.
GERTRUDE
Che storia è questa, Amleto
AMLETO
Cosa c’è adesso?
GERTRUDE
Non ti ricordi chi sono?
AMLETO
No, perdio, davvero: sei la regina , moglie del fratello di tuo marito e mia madre, così non
fosse!
GERTRUDE
No basta, ti metterò davanti a qualcuno capace di parlarti.
AMLETO
Vieni. Vieni , siediti. Io ti metterò davanti a uno specchio e tu non ti muoverai. Finchè non
avrai fissato le tue parti più intime, non te ne vai.
GERTRUDE
Cosa vuoi fare? Non vuoi mica uccidermi? Aiuto, aiuto, oh...
POLONIO
Cosa? Aiuto, aiuto, aiuto!
AMLETO
Che è? Un topo? Scommetto un ducato che è morto. Morto.
(uccide Polonio)
POLONIO
Ah, mi ha ucciso.
GERTRUDE
Ohimè cosa hai fatto?
AMLETO
Mah, non so. E’ il re?
REGINA
Che follia sanguinaria!
AMLETO
Sanguinaria! Malvagia quasi quanto uccidere un re e sposarne il fratello, cara madre.
GERTRUDE
Uccidere un re?
AMLETO
Si signora, questo è il termine. Povero sciagurato, imprudente, sciocco e ficcanaso, addio.
T’avevo preso per uno più importante. Accetta il tuo destino. Impegnarsi troppo è
pericoloso, ora lo sai. Piantala di torcerti le mani. Basta. Siediti. Tocca a me ora torcerti il
cuore, e lo farò se non è impenetrabile, se questo maledetto modo di vivere non l’ha ancora
pietrificato fino a renderlo una corazza chiusa a ogni sentimento.
GERTRUDE
Che cosa ho fatto? Perché ti permetti di inveirmi contro così brutalmente?
AMLETO
Qualcosa che deturpa la bellezza, sconcia il pudore, chiama la virtù ipocrisia, ruba la rosa
dell’innamorato per deporre al suo posto una piaga infetta, e rende il patto del matrimonio
un gioco da bari. Un’azione di quelle capaci di stracciare lo stesso contratto tra anima e
corpo, di fare diventare la religione una canzonetta, di far vergognare il cielo. Si, un’
azione per cui persino la solida e massiccia terra contrae il suo volto, e al solo pensiero
rabbrividisce, quasi come fosse già il giorno del giudizio.
GERTRUDE
Ahimè e cos’è mai? Il prologo già ruggisce e tuona.
AMLETO
Guarda questo ritratto e quest’altro. Due fratelli. Qui, su questo volto, non vedi lo
splendore? I riccioli d’Iperione, la fronte di Giove, l’occhio minaccioso del dominio di
Marte, la figura di Mercurio che scende dal cielo sulla cima di un monte. Una forma che
pareva composta dalle impronte di tutti gli dei, per testimoniare al mondo: ecco, questo è
l’uomo. Questo era tuo marito. Ora guarda il secondo. Qui c’è tuo marito. Una pianta
marcia che corrompe tutta l’aria intorno. Ce l’hai gli occhi? E allora perché hai lasciato
questa splendida altura per pascerti in una palude? Ce l’hai gli occhi? Non dire che è
amore. Alla tua età il sangue non si riscalda così in fretta, lo si controlla, lo si fa più
docile, più disponibile alla ragione. E quale ragione potrebbe decidere di passare da questo
a questo? I sensi certo. Quelli non ti mancano altrimenti non potresti neanche muoverti, ma
i tuoi sensi devono avere subito un colpo apoplettico, perché persino un matto non
sbaglierebbe in questo caso. Si, anche nella frenesia nessuno riuscirebbe a rendere i suoi
sensi così ottusi da non vedere la differenza. Un demonio ha giocato a moscacieca con te, e
t’ha imbrogliato. Chiunque, anche senza occhi, senza mani, senza tatto, un nulla insomma,
solo una briciola di sentimento malato, ma vero, avrebbe visto meglio di te. Dov’è il
colore della vergogna? Se l’inferno si ribella, e si rivolta tra le ossa di una donna matura,
allora buttiamo via ogni virtù, bruciamola fin da giovani, al calore della prima età, e
diciamo che quando ci coglie una smania prepotente e vogliosa non c’è nulla di cui
dobbiamo vergognarci, visto che il ghiaccio arde e la ragione fa da ruffiana al desiderio.
GERTRUDE
Amleto, basta. Tu mi stai torcendo gli occhi e quel che vedo al fondo di me, sono chiazze
nere, dense, inconsumabili.
AMLETO
Si, ma intanto vivere e sfarsi tra il fetore , sudata tra lenzuola unte di liquido nauseabondo,
mielosa, facendo l’amore sopra un mucchio d’immondizia!
GERTRUDE
Basta, basta. Ogni parola è una pugnalata nell’orecchio. Basta, Amleto caro.
AMLETO
Un assassino, un bastardo, un servo che non vale la ventesima parte del vostro primo re, la
parodia di un re, un ladro del regno, che ha scassinato il cassetto del trono, arraffato la
corona e se l’è messa in tasca.
GERTRUDE
Basta.
(entra lo Spettro in veste da camera)
AMLETO
Lo straccio di un re...salvatemi! Creature celesti, tenetemi sotto le vostre ali. Immagine
cara, che vuoi?
GERTRUDE
Ah, è pazzo.
AMLETO
Sei venuto a rimproverare tuo figlio? E’ lento, perde il suo tempo, la passione, si scorda di
quell’alto, urgente compito che gli avevi affidato. E’ così?
SPETTRO
Non dimenticare. E’ solo per affilare la lama smussata della tua volontà che io mi mostro,
ma non perdere di vista tua madre, si sta smarrendo, presto fa da schermo tra lei e la sua
coscienza dilaniata. Nei deboli la fantasia lavora con più violenza, parlale, Amleto.
AMLETO
Come state, signora?
GERTRUDE
Io te lo chiedo. Sbarri gli occhi nel nulla, parli con l’aria vuota. L’anima ti sta schizzando
via dagli occhi, i capelli sembrano aver acquistato vita: sono tutti irrigiditi, tesi come
soldati svegliati da un allarme. Figlio mio, caro, distendi calma, freddezza su questa furia
che ti brucia e ti fa delirare. Che guardi?
AMLETO
Lui! Lui! Guarda come risplende pallido. Così com’è, il racconto della sua storia farebbe
muovere anche le pietre. Non rivolgermi quello sguardo pietoso. Lasciami i sensi induriti,
allora quello che dovrò fare avrà il colore giusto...lacrime in cambio di sangue, forse.
GERTRUDE
A chi parli?
AMLETO
Non vedi nulla là?
GERTRUDE
No, nulla, eppure vedo tutto quello che c’è.
AMLETO
Non hai sentito nulla?
GERTRUDE
No, nulla, solo noi.
AMLETO
Come, là. Là. Guarda se ne va. Mio padre, vestito come quando era vivo, guarda sta
uscendo, proprio ora dalla porta!
GERTRUDE
E’ la tua mente che l’ha creato. Il delirio spesso è capace di dar vita a fantasmi.
AMLETO
Delirio? Il polso batte regolare, fate sentire il vostro...all’unisono, scoppio di salute. Non è
follia. Vogliamo fare una prova? Potrei ripetere tutto parola per parola, un folle salterebbe
e schizzerebbe ovunque. Per l’amor di Dio, non è la mia pazzia che parla, ma la tua colpa.
Madre, non usare più questa crema illusoria della mia pazzia, una crema troppo sottile,
appena un velo di carne su una piaga infetta, sotto c’è una cancrena invisibile che ti divora
le ossa. Confessati davanti al cielo. Pentiti di ciò che è stato e rifiuta quello che arriva. Non
ingrassare la mala erba o diventerà ancora più vorace. E scusami, se sono virtuoso. Già, di
questi tempi grassi e ansimanti, la virtù s’inchina al vizio e chiede la benigna possibilità di
poter fare del bene.
GERTRUDE
Amleto, mi hai spaccato il cuore in due.
AMLETO
Butta via la parte peggiore e vivrai meglio solo con l’altra. Buonanotte. Ma non tornare nel
letto di mio zio. Se non ce l’hai, la virtù, recitala. L’abitudine è un mostro diabolico che
corrode ogni nostro senso. Ma può anche essere un angelo, perché ha creato uno stile
educato e gentile per comportarsi. Seguilo, è facile. Rinuncia questa notte e la prossima ti
sarà più facile, e più ancora la successiva. Si, abituandoci possiamo mutare carattere e
rendere ubbidiente persino il male fino a cacciarlo via del tutto. Ancora la buonanotte. E
quando vorrai un aiuto dall’alto, sarò io a chiederlo per te. In quanto a questo signore, me
ne pento. Ma al Cielo è piaciuto così: che io mi punissi attraverso lui e lui attraverso me,
che fossi io il suo ministro di giustizia . Lo porterò via e risponderò in pieno della sua
morte. Così di nuovo, buonanotte. Mi tocca essere crudele solo per fare il figliol buono, è
cominciata la parte cattiva e quella peggiore deve ancora arrivare. Ancora una parola.
GERTRUDE
Io cosa faccio?
AMLETO
Tutto il contrario di quello che ti dico. Lasciati tentare ancora dal flaccido re, ancora nel
suo letto. Lui libidinoso ti pizzicherà, ti chiamerà “topolino mio” e tra un bacio bavoso e
un massaggio di quelle dannate dita sul collo, ti farà sciogliere tutta la faccenda, e cioè che
io non sono pazzo ma pazzo col trucco. Fai bene a farglielo sapere, sei una regina bella,
prudente e saggia e non puoi nascondere questioni simili a un rospo, un gattone, un
pipistrello come lui. Chi si comporterebbe così? No, al diavolo il buonsenso e i segreti, fai
come dice quella favola: salta nella gabbia degli uccellini, falli volare via e poi, da stupida
scimmia, per imitarli, spaccati il collo.
GERTRUDE
Sta tranquillo. Se le parole sono fiato e il fiato vita, io non ho più vita per fiatare una sola
parola di quel che mi hai detto.
AMLETO
Devo andare in Inghilterra, lo sai?
GERTRUDE
L’avevo dimenticato. Hanno deciso così.
AMLETO
Ci sono lettere sigillate e i miei due compagni di scuola, di cui mi fido come due serpenti
velenosi, le hanno ricevute insieme a l’ordine di aprirmi la via al bricconaggio artistico.
Facciano pure. Sarà divertente vedere l’artificiere che salta sul suo stesso petardo. Difficile
che io non scavi mine più profonde delle loro e non li spedisca sulla luna. E’ davvero
appassionante vedere due trame che s’incrociano a tutta velocità sulla stessa linea. Ecco
quest’uomo è il mio primo bagaglio. Vieni trippaglia, nella stanza a fianco. Buonanotte,
madre. Come è quieto, discreto e serio questo consigliere. Pensare che in vita era un
cialtrone sciocco e parolaio. Signore, andiamo? Dobbiamo finire un discorso, no?
Buonanotte, madre.
ATTO QUARTO
una stanza nel castello, entrano Claudio, Gertrude, Rosencrantz e Guildenstern
CLAUDIO
Cosa c’è, perché sospiri, cos’è quest’angoscia? Spiegati, facci capire, che è meglio. Tuo
figlio dov’è?
GERTRUDE
Lasciateci soli un attimo, per favore. (escono Rosencrantz e Guildenstern) Oh, signore,
caro, cos’ho visto stanotte!
CLAUDIO
Gertrude, cosa? Amleto, come sta?
GERTRUDE
Scatenato come una battaglia tra vento e mare. In un accesso di furia ha sentito muoversi
qualcosa dietro la tenda, tira fuori la spada, urla “un topo, un topo”, e accecato dalla follia,
senza vederlo, uccide quel buon vecchio.
CLAUDIO
Che infamia! E se fossimo stati là, toccava a noi. La sua libertà è carica di minacce per lui,
noi, tutti. E adesso? Come possiamo rispondere di questo crimine sanguinario? Diranno
che è colpa nostra, che avremmo dovuto tenerlo freno, il ragazzo, controllarlo, isolarlo,
visto che è pazzo. Ma no, troppo affetto, abbiamo trascurato quel che era giusto fare. Ci
siamo comportati come una persona infetta, che pur di non farlo sapere in giro, lascia che
il male gli corroda ogni centro vitale. E ora dov’è?
GERTRUDE
Trascina follemente il corpo da qualche parte tra lacrime che luccicano come oro nella
miseria.
CLAUDIO
Gertrude , prima che il sole cali dal monte, noi lo metteremo in mare. Nel frattempo ci
tocca mascherare e giustificare quest’azione maledetta con il peso di tutto il nostro potere ,
Guildenstern!
(Entrano Rosencrantz e Guildenstern)
Amici, andate a cercare aiuto: Amleto nella sua follia ha ucciso Polonio e ora lo sta
trasportando via dalla stanza della madre, cercatelo, parlategli, dolcemente, portate il
cadavere nella cappella. Presto, vi prego. Gertrude, andiamo a chiamare le persone più
sensate, i nostri amici, mettiamoli a parte di ciò che stiamo per fare e di ciò che purtroppo è
avvenuto. Speriamo che il nostro nome non venga ferito, l’infamia è un proiettile che non
sbaglia, percorre tutto il cerchio della terra fino al suo bersaglio, tentiamo di fare in modo
che colpisca solo l’aria invulnerabile. Vieni, andiamo, mi sento combattuto e perso.
4.1
AMLETO
Ben stoccato.
ROSENCRANTZ E GUILDENSTERN (da dentro)
Amleto! Principe Amleto!
AMLETO
Calma, cosa c’è? Chi è che vuole Amleto? Ah, eccoli.
(entrano Rosencrantz e Guildenstern)
ROSENCRANTZ
Principe cosa avete fatto del corpo?
AMLETO
L’ho rimpastato nella polvere di cui è figlio.
ROSENCRANTZ
Diteci dov’è così lo metteremo nella cappella.
AMLETO
Non crederete.
ROSENCRANTZ
Cosa?
AMLETO
Che io possa mantenere il vostro segreto ma non il mio. E a parte tutto che risposta
potrebbe dare il figlio di un re ad una spugna?
ROSENCRANTZ
Signore, state sostenendo che sono una spugna?
AMLETO
Esatto signore, tutta gocciolante favori, incarichi e regali del re.
Alla fine, i gentiluomini del vostro stampo sono i più utili per lui. Lui vi tiene in bocca,
come fa la scimmia quando si succhia la nocciolina , quando vuole vi spreme e poi vi
sputa.
ROSENCRANTZ
Non vi capisco, signore.
AMLETO
Meglio, lasciamo riposare il discorso di una canaglia nelle orecchie di un idiota.
ROSENCRANTZ
Signore, dovete dirci dov’è il corpo e seguirci dal re.
AMLETO
Il corpo è con il Re, ma il Re non è con il corpo. Il Re è una cosa...
GUILDENSTERN
Una cosa?...
AMLETO
Da nulla. Accompagnatemi da lui. Caccia alla volpe e tana libera tutti!
4.2
CLAUDIO
Ho mandato a cercare lui e il cadavere. E’ un pericolo enorme lasciare che se ne vada in
giro liberamente. Ma non dobbiamo colpirlo con la forza della legge: il popolo folle lo
ama, senza criterio, solo per i suoi occhi. Sono pronti a sindacare sul castigo ma non sul
delitto.. Questa sua improvvisa partenza deve sembrare decisa da molto tempo, è
essenziale affinché tutto fili liscio. A mali estremi rimedi estremi o niente . (entrano
Rosencrantz ed altri). Allora, come è andata?
ROSENCRANTZ
Maestà, non siamo riusciti a fargli dire dov’è nascosto il cadavere.
CLAUDIO
Ma lui dov’è?
ROSENCRANTZ
Qui fuori, in attesa dei vostri ordini.
CLAUDIO
Portatemelo.
ROSENCRANTZ
Guildenstern, il principe.
(entrano Guildenstern e Amleto)
CLAUDIO
Allora, Amleto, dov’è Polonio?
AMLETO
A cena.
CLAUDIO
A cena? Dove?
AMLETO
Non dove mangia, ma dove è mangiato. Una ben determinata assemblea politica di vermi
si sta ora occupando del suo caso. Il caro verme è l’unico vero imperatore della nostra
dieta. Noi pascoliamo ogni sorta di bestie per ingrassarci, e noi c’ingrassiamo per i vermi.
Caro grasso re, caro magro mendicante, solo due portate per lo stesso piatto, così finisce.
CLAUDIO
Dannazione.
AMLETO
Uno può usare come esca un verme che ha mangiato il re e poi mangiare il pesce che ha
mangiato quel verme.
CLAUDIO
E con questo? Che vorresti dire?
AMLETO
Niente. Solo che un re può far carriera nelle budella di un mendicante.
CLAUDIO
Dov’è Polonio?
AMLETO
In cielo. Mandate qualcuno a cercarlo. Se il vostro incaricato non lo trova lì andate voi
stesso a prendervelo, nell’altro posto. Ma se passa un mese e non lo trovate neanche lì,
allora vi arriverà il suo profumo salendo in galleria.
CLAUDIO
Guardate lì.
AMLETO
Tranquilli, vi aspetta.
CLAUDIO
Amleto, siamo molto afflitti per l’azione che hai compiuto e anche per la tua salvezza.
Quindi io devo allontanarti immediatamente da qui, rapido come un fuoco. Preparati, la
nave con i tuoi compagni è pronta , il vento favorevole, l’Inghilterra ti aspetta.
AMLETO
L’Inghilterra?
CLAUDIO
Si.
AMLETO
Bene.
CLAUDIO
Sicuro che è bene, se tu capissi perché lo faccio.
AMLETO
Vedo un angelo che lo vede, ma via, in Inghilterra! Addio cara madre.
CLAUDIO
Caro padre, Amleto.
AMLETO
Mia madre, padre e madre sono marito e moglie dunque una carne sola, dunque mia madre.
Via, in Inghilterra! (esce)
CLAUDIO
Non perdete tempo, stategli alle costole, fate in modo che s’imbarchi subito, è già tutto
pronto, disposto e sigillato. Fate presto lo voglio in mare prima di notte, via! (escono tutti
meno il Re). E tu, Inghilterra, rispetta la nostra amicizia, e ti conviene tenerci, visto che
ancora ti bruciano le ferite della nostra spada e paghi a noi il tributo della tua libertà .
Dunque non essere indifferente alla nostra volontà , a chiare lettere te l’ho scritto:
vogliamo che tu metta a morte Amleto, immediatamente. Fallo, Inghilterra. Lui infuria nel
mio sangue, come una febbre che non dà tregua e tu devi curarmi. Qualsiasi cosa accada io
non avrò mai la mia felicità finché questo non sarà fatto.
4.4
(una pianura, entra Fortebraccio col suo esercito)
FORTEBRACCIO
Capitano, porta i miei saluti al re. Digli che Fortebraccio, come promesso, chiede di
attraversare col suo esercito il regno di Danimarca. L’appuntamento è dove sai. Riferisci:
se sua Maestà vuole qualcos’altro da noi, andremo di persona a rendergli omaggio.
CAPITANO
Si, signore.
FORTEBRACCIO
Avanti, a passo d’uomo.
(escono Fortebraccio e i soldati)
(entrano Amleto, Rosencrantz, Guildenstern e altri)
AMLETO
Signore, da che paese vengono questi soldati?
CAPITANO
Norvegia, signore.
AMLETO
E contro chi stanno muovendo, se è lecito?
CAPITANO
Contro parte dei Polacchi.
AMLETO
Chi è il comandante?
CAPITANO
Fortebraccio, nipote del vecchio Norvegia.
AMLETO
Andate a conquistare tutta la Polonia o son solo questioni di frontiera?
CAPITANO
Per dire le cose come stanno, andiamo a guadagnarci una striscia di terra che d’importante
non ha che il nome. Se me la dessero in affitto per cinque ducati, cinque, non la prenderei.
E non renderebbe più di così né al re di Norvegia né a quello polacco.
AMLETO
Vuol dire che i polacchi non la difenderanno.
CAPITANO
Come no? Stanno già fortificando.
AMLETO
Duemila anime, ventimila ducati non basteranno a decidere la sorte di questa pagliuzza.
Così, questo è il tumore che nasce dentro quando troppo a lungo si è stati in pace e in
abbondanza . Si muore, senza che se ne veda il motivo apparente. Grazie di cuore, signore.
CAPITANO
Dio sia con voi. (esce)
ROSENCRANTZ
Vogliamo andare signore?
AMLETO
Vi raggiungo subito. Andate avanti.
(Escono tutti tranne Amleto)
Dovunque io capiti, ogni cosa che incontro mi accusa e frusta la mia pigra vendetta. Cos’è
un uomo, se la parte migliore della sua esistenza è solo un trafficare di sonno e pasti? Una
bestia, nient’altro. Sicuramente chi ci diede un pensiero così vasto da poter guardare
insieme passato e futuro, non ha dato questa capacità, questa mente quasi divina per
lasciarla lì, ad ammuffire dentro di noi, spenta. E allora non lo so, deve essere qualche
letargia da bestia, qualche vigliacco scrupolo a pensare con troppa precisione al risultato un pensiero che spaccato in quattro si divide in tre parti di paura e solo una di saggezza sta di fatto che io non so perché vivo e dico: “Bisogna fare questa cosa”, quando ho il
motivo, il desiderio, la forza, gli strumenti per farla. Esempi grandi quanto il mondo
m’incalzano. Ecco qui la prova: questo esercito, così potente e costoso, guidato da un
principe tenero, delicato, nel cui animo soffia il vento divino dell’ambizione. Lui lo
provoca, il risultato invisibile. Anche solo per un guscio d’uovo espone quel che è mortale
ed incerto alla sorte della fortuna, della morte, del pericolo. La grandezza non è agitarsi
senza grandi motivi, ma battersi con grandezza anche per un filo d’erba, se è in gioco la
dignità. Ed io, che ho il padre ucciso, la madre disonorata, fuoco per il sangue e la ragione ,
lascio tutto a dormire. E qui invece ventimila uomini in punto di morte per un capriccio,
per uno straccio di gloria. Eccoli, vanno verso la tomba come un letto morbido,
combattono per un fazzoletto di terra che non regge neppure il peso delle loro armi in
battaglia, che non basterà neanche a coprire i corpi massacrati. Vergogna. D’ora in poi
solo distruzione nella mia mente o la stimerò meno che niente.
4.5
(Entrano Gertrude, Orazio e un Gentiluomo)
GERTRUDE
Non voglio parlarci.
ORAZIO
Insiste. E’ fuori di sé. In uno stato da far pietà.
GERTRUDE
Cosa vuole?
GENTILUOMO
Continua a parlare di suo padre, dice che ha sentito che il mondo è pieno di tradimenti,
tossisce, si batte sul cuore, per niente s’arrabbia, parla confusamente , lasciando le cose a
metà, parole senza logica. Purtuttavia i suoi ascoltatori tentano di cucire un filo di senso da
quel guazzabuglio, e lo riconducono al sospetto che hanno già in mente. E per giunta lei
accompagna quei discorsi con ammiccamenti, occhiate, gesti...che favoriscono in chi
ascolta il nascere di un pensiero certo impreciso , ma nondimeno maligno.
ORAZIO
Sarebbe meglio parlarle. La gente è influenzabile e lei potrebbe spargere in giro illazioni
pericolose.
GERTRUDE
Fatela entrare. La mia anima soffre, segno che la colpa è vera , qualsiasi inezia mi sembra
il prologo di una disgrazia ben più grande. Il crimine è così pieno di paure senza senso che
si scopre da solo temendo di essere scoperto.
(entra Ofelia)
OFELIA
Dov’è la bellissima maestà di Danimarca?
GERTRUDE
Che c’è Ofelia?
OFELIA (cantando)
“ Come potrei fra i tanti
distinguere il tuo bello?
Dal fiocco, dai sandali
dalle conchiglie sul cappello. ”
GERTRUDE
Dolce creatura , perché questa canzone?
OFELIA
Dite davvero? Allora, attenta, prego:
“ E’ morto e andato, signora
è proprio morto e andato
ai piedi un sasso
e sulla testa un prato. ”
GERTRUDE
No, Ofelia...
OFELIA
Prego, attenta:
“ Il lenzuolo è neve di monte...
(entra il Re)
GERTRUDE
Guardate...
OFELIA
...tutto coperto di gentili fiori
ma nessuno li pose sulla tomba
come fan gli amanti agli amori ”
CLAUDIO
Cara Ofelia, come state?
OFELIA
Bene, che Dio vi contraccambi. Dicono che la figlia del fornaio fosse un gufo. Signore,
sappiamo quel che siamo, non quello che potremmo essere. Che Dio possa sedere alla
vostra tavola.
CLAUDIO
Pensa a suo padre.
OFELIA
Non ne parliamo più, prego. Ma se qualcuno vi chiede che vuol dire, rispondete così:
“ Domani è S. Valentino
io verrò sotto il tuo balcone
presto sarò lì, al mattino
per essere la tua Valentina.
E lui si alza, si veste
fa entrare la ragazza di soppiatto
lei entra, lei esce
non più ragazza affatto! ”
CLAUDIO
Cara Ofelia.
OFELIA
Ma si, certo, la finirò senza bestemmiare.
“ Ah, che vergogna
Gesù, Santissima Carità,
ma non è colpa loro
un giovanotto se può lo fa’.
Piange lei: ‘prima di buttarmi sotto
di sposarmi m’hai detto.’
Risponde lui: ‘ Ti sposavo davvero
se non venivi a letto.’ ”
CLAUDIO
Da quanto tempo è così?
OFELIA
Spero che tutto andrà bene. Ci vuole pazienza. Ma io non posso fare a meno di piangere al
pensiero che l’hanno deposto nella terra fredda. Mio fratello lo verrà a sapere...grazie del
vostro buon suggerimento. Buonanotte, signore, buonanotte, dolci signore, buonanotte,
buonanotte. (esce)
CLAUDIO
Seguitela, non perdetela di vista, vi prego. (esce Orazio)
Gertrude, Gertrude! Le disgrazie non arrivano mai come una piccola pattuglia ma sempre
come un battaglione. Prima l’assassinio di suo padre, poi vostro figlio che se ne va, ed è lui
stesso, la sua violenza, la causa principale del suo esilio. La gente è agitata, turbata dai
pensieri, dai sussurri sulla morte del caro Polonio. E’ stato un errore puerile averlo sepolto
così di fretta, di nascosto. Povera Ofelia, la sua serena intelligenza è spezzata, e senza
quella noi siamo solo immagini o bestie. Ed infine, e vale quanto tutte le altre insieme, suo
fratello è tornato in segreto dalla Francia. Vive in questa confusione, si riempie la testa di
sciocchezze, ed intorno a lui uno sciame di sirene gli versano nelle orecchie velenosi
discorsi sulla morte di suo padre. E’ gente che quando sarà a corto di chiacchiere non si
farà scrupolo di andare nell’orecchio di questo e di quello ad accusare la mia persona. E’
una mitragliatrice, Gertrude, spara ovunque e continua a uccidermi, è tutto così superfluo.
(Rumori all’interno)
GERTRUDE
Cos’è?
(entra un Messaggero)
CLAUDIO
Dov’è è la mia guardia? Bloccate le porte. Cosa succede?
MESSAGGERO
Salvatevi, maestà!
Laerte è un oceano che ha varcato di corsa i suoi confini e ora divora spietato la pianura ,
travolgendo i vostri uomini a capo di un gruppo di ribelli. La feccia lo proclama re, come
se il mondo nascesse oggi. Storia, tradizioni, patti, giuramenti : tutto dimenticato. Lanciano
in aria i berretti, applaudono, gridano fino al cielo : “Laerte! E’ Laerte il nostro re, lui deve
essere il re”!
CLAUDIO
Hanno infranto i cancelli
(entra Laerte con un gruppo di suoi)
LAERTE
Dov’è questo re? Amici rimanete lì.
TUTTI
Facci entrare.
LAERTE
Vi prego, lasciatemi solo.
TUTTI
Va bene.
LAERTE
Grazie, sorvegliate le porte..re infame, dammi mio padre.
GERTRUDE
Calmati, caro Laerte.
LAERTE
La goccia del mio sangue che rimane calma fa di me un bastardo, grida “cornuto” a mio
padre, e scrive “puttana” proprio qui, sulla fronte immacolata di mia madre.
CLAUDIO
Laerte qual è la causa di questa tua imponente ribellione? Lascialo, Gertrude. Niente paura
per me. Il re è protetto da un alone divino, il tradimento può a mala pena sbirciare il suo
desiderio, ma non riesce a ottenerlo. Dimmi, Laerte. Cosa ti brucia? Lascialo Gertrude.
Parla ragazzo.
LAERTE
Dov’è mio padre?
CLAUDIO
Morto.
GERTRUDE
Non per mano sua.
CLAUDIO
Lascia che chieda tutto quello che vuole.
LAERTE
Com’è morto? Non mi faccio prendere in giro. Al diavolo la fedeltà. I giuramenti se li
prenda il demonio. Nel pozzo più nero la coscienza pulita. Sfido l’inferno. Sono al punto
che non m’importa nulla di questo o dell’altro mondo. Accada quel accada. Voglio solo la
vendetta totale e assoluta per mio padre.
CLAUDIO
E chi ti trattiene?
LAERTE
Nessuno al mondo tranne il mio volere. Non ho molti mezzi, ma li saprò sfruttare così bene
che con un niente andrò molto lontano.
CLAUDIO
Caro Laerte. Vuoi conoscere come è morto davvero tuo padre, ma cos’è scritto nella tua
vendetta? Che tu farai un sol fascio di amici e nemici, di chi vince e chi perde?
LAERTE
Solo i nemici.
CLAUDIO
Li vuoi conoscere allora?
LAERTE
Agli amici aprirò le braccia, li nutrirò del mio stesso sangue, come un pellicano che dona la
sua vita.
CLAUDIO
Adesso parli come un vero figlio, e un autentico nobile. Io sono innocente per la morte di
tuo padre e profondamente addolorato, giudicherai tu stesso e questo ti apparirà
chiaramente, come la luce del giorno .
VOCI
Lasciatela entrare.
LAERTE
E adesso che succede? (entra Ofelia) Essiccate tutti i miei pensieri. Riempite di sale le mie
lacrime, bruciare fino in fondo i miei occhi. Cielo, la tua pazzia costerà il prezzo più alto,
fino a schiantare del tutto la bilancia. Rosa di maggio, sorella mia dolce, Ofelia, cara. Dio,
è mai possibile che la mente di una ragazza possa morire come la vita di un vecchio? E’ la
natura pura del suo affetto: manda segni preziosi a inseguire la cosa amata.
OFELIA
Nella bara a viso nudo
quella gente ti portò
ohininì ohininò
piove pianto, colombina
LAERTE
Se tu ragionassi ancora, non potresti muovermi alla vendetta più di così.
OFELIA
Ma tu devi fare il ritornello: “Giù e ancora più giù” appena lui dice giù. Come gira la
ruota! E’ stato il maggiordomo, lui ha rubato la figlia del padrone.
LAERTE
Non parla altro che di quello.
OFELIA
Qui c’è il rosmarino, è buono per ricordare, ti prego amore, il ricordo, poi ci sono le
violette, che sono per i pensieri.
LAERTE
Un appunto nella follia: pensieri e ricordi, perfetto.
OFELIA
Qui per voi c’è del finocchio e anche delle colombine. E la ruta, questa è per me. La
domenica noi la chiamiamo erba della grazia. No, voi dovete metterla diversa da me. Là,
una margherita. Vorrei darvi delle violette, ma sono tutte appassite quando è morto mio
padre. Dicono che è morto bene....
“Nel caro mio Robin
ogni gioia che c’è...”
LAERTE
Trasforma tutto: pensieri, tristezze, passioni, lo stesso inferno diventa dolce.
OFELIA
E non tornerà?
E non tornerà?
No, no, è proprio morto
Va, la tomba è il tuo porto.
Mai più ritornerà.
La sua barba era di neve
i capelli di lino lieve.
E’ andato, andato
nella tomba giace
piangerlo non serve
riposa in pace.
E per tutti le anime cristiane: Dio sia con voi. (esce)
LAERTE
E tu guardi questo, Dio?
CLAUDIO
Laerte non negarmi il diritto di esserti vicino in questo dolore. Va, scegli i tuoi amici più
saggi, falli ascoltare, giudicheranno loro davanti a noi due. Se mi giudicheranno colpevole,
anche solo indirettamente, tu avrai come risarcimento il regno, la corona, la mia vita e tutto
ciò che è nostro. Altrimenti concedici la tua pazienza e noi con ogni sforzo ti aiuteremo ad
ottenere quello che ti spetta.
LAERTE
E va bene. Ma il modo della sua morte, il suo funerale furtivo, privo delle insegne, della
spada, delle cerimonie, di ogni rito, gridano al cielo e alla terra che io devo avere giustizia.
CLAUDIO
L’avrai. Dovunque ci sia un’offesa lì piomberà la grande scure. Vieni, andiamo. (escono)
4.6
(Orazio ed un servo)
ORAZIO
Chi è che vuole parlarmi?
SERVO
Marinai, signore. Dicono di avere delle lettere per voi.
ORAZIO
Falli entrare. Non so davvero chi mi scriverebbe, se non Amleto.
(entrano i marinai)
MARINAIO
Dio vi benedica, signore.
ORAZIO
Anche a te.
MARINAIO
A Lui piacendo...se vi chiamate Orazio, come mi hanno detto, ecco una lettera per voi, da
parte di quell’ambasciatore diretto in Inghilterra.
ORAZIO
(legge la lettera)
“Orazio, dopo che avrai buttato un occhio su queste righe fa in modo che questi uomini
siano ricevuti dal re. Hanno lettere per lui. Eravamo in mare da appena due giorni quando
ci attaccò una ben equipaggiata nave pirata. Scarsi di vela decidemmo di dar fondo al
coraggio ed abbordarla. Ma appena saltai su, la nave virò e io mi trovai solo a bordo e
unico prigioniero. Mi hanno trattato bene, questi ladri, ma sapevano cosa facevano e ora
tocca a me contraccambiarli. Fa in modo che il re riceva le mie lettere e corri da me con la
rapidità di chi scappa dalla morte. Ho da sussurrarti all’orecchio parole che ti faranno
rimanere di sasso, e sono ancora leggere rispetto a tutta la faccenda. Questi cari giovanotti
ti condurranno da me, Rosencrantz e Guildenstern proseguono per l’Inghilterra. Di loro
devo dirti molte cose. Arrivederci. Quello che tu conosci, il tuo Amleto”
Venite , vi faccio strada per queste lettere. Presto, dovete condurmi subito da quel signore
che ve le ha consegnate.
(escono)
4.7
Il re e Laerte.
CLAUDIO
Ora, in coscienza, devi assolvermi e considerarmi di tutto cuore un amico. Il tuo orecchio
attento lo ha ascoltato: chi ha trucidato il tuo nobile padre voleva attentare alla mia stessa
vita.
LAERTE
Chiaro. Ma spiegatemi perché non avete proceduto contro questi delitti capitali?
L’imponeva la vostra sicurezza, la saggezza, e tutta una serie di motivi.
CLAUDIO
Per due motivi un po’ particolari; a te sembreranno un po’ deboli, ma per me sono tutto.
Sua madre, la regina, non vive che per i suoi occhi ed io -sarà destino, maledizione o tutte
e due- sono intimamente legato a lei come un satellite che non riesce a staccarsi dalla sua
orbita. Il secondo motivo per cui non posso avere una resa dei conti pubblica con lui, è che
il popolo lo ama, molto. Il popolo è pronto a inzuppare nell’affetto ogni sua colpa.
Farebbe come le sorgenti capaci di trasformare legno in sasso: la sua condanna
diventerebbe un ornamento. Il vento soffia a suo favore: se io gli scagliassi frecce troppo
leggere mi tornerebbero addosso.
LAERTE
E così io ho perso un nobile padre, e una sorella ridotta a una condizione disperata. E se si
potesse tornare indietro a rendere omaggio a ciò che non è più potrei dire che la perfezione
di Ofelia sfidava ogni cosa del nostro tempo. Eppure il giorno della mia vendetta è lontano.
CLAUDIO
Non sprecarci neanche un’ora di sonno. Non crederai mica che siamo fatti di una stoffetta
leggera e fiacca. Non possono strapparci la barba e minacciarci come se fosse un
passatempo qualsiasi. Ora ti dico le novità: io amavo tuo padre e voglio bene a me stesso,
quindi, come puoi immaginare...
(entra un Messaggero con delle lettere)Allora, che novità?
MESSAGGERO
Lettere da Amleto, Altezza. Per voi, Maestà e la regina.
CLAUDIO
Da Amleto? Chi le ha portate?
MESSAGGERO
Dicono dei marinai, ma io non li ho visti. Sono state consegnate a Claudio.
CLAUDIO
Laerte, ascolta cosa dicono. Lasciateci. (esce il messaggero). “ Alto e potente. Sappiate che
ho rimesso piede nel vostro regno, nudo. Domani chiederò il permesso di vedere i vostri
occhi regali e allora, con vostra licenza vi racconterò la trama del mio veloce e
straordinario ritorno. Amleto.” Che significa? Sono tornati tutti? Forse non è successo
nulla, è un trucco?
LAERTE
Riconoscete la scrittura?
CLAUDIO
Si è quella di Amleto. “Nudo” e poi in poscritto: “solo”. Che dici?
LAERTE
Mi ci perdo, signore. Ma lasciatelo venire. La pena che ho nel cuore si scalda, sì, vivere
per dirgli sui denti: “sei stato tu”!
CLAUDIO
Se è così Laerte - e non può essere altrimenti - posso guidarti io?
LAERTE
Si, purché non mi obblighiate a far la pace.
CLAUDIO
La tua di pace. Se è tornato, se ha rinunciato, se non intende ripartire, sto pensando di
lavorarmelo io stesso. Ho in mente una faccenda in cui non c’è altra uscita che la sua fine.
E per la sua morte non si leverà neanche una critica, anzi sua madre stessa dirà che è stato
un incidente.
LAERTE
Mi lascerò guidare. Tanto più se farete in modo che io sia lo strumento.
CLAUDIO
Esatto. Dopo che sei partito, davanti ad Amleto si è parlato molto di te, a proposito di una
tua eccezionale abilità. Lui è stato più invidioso di questo tuo talento - per me secondario che di tutti gli altri messi insieme.
LAERTE
E qual è?
CLAUDIO
Solo qualcosa che i giovani amano ostentare, ma è giusto che lo facciano. Normale: la
gioventù brilla, indossa pensieri leggeri; la vecchiaia è seriosa, si preoccupa della propria
salute, e si veste pesante e confortevole. Due mesi fa venne un nobile normanno. Ho visto
e combattuto personalmente contro i francesi, cavalcano magnificamente, ma quello era
davvero un mago: era incollato alla sella e faceva tali acrobazie che sembrava un corpo
unico con quello splendido cavallo. Ha superato ogni mia immaginazione, e per quanti
sforzi faccia ad inventare figure, giochi, gli resto sempre sotto.
LAERTE
Normanno?
CLAUDIO
Normanno.
LAERTE
Scommetto la testa che era Lamound.
CLAUDIO
Proprio lui.
LAERTE
Lo conosco bene, è un gioiello, la gemma del suo paese.
CLAUDIO
In pubblico confessò qualcosa sul tuo conto. Ti esaltava, diceva che eri un maestro nella
spada, e che sarebbe stato un vero spettacolo vederti combattere se si fosse trovato uno
sfidante alla tua altezza. Sosteneva che gli avversari del suo paese di fronte a te smarrivano
il movimento, il polso, l’occhio. Bene, questo discorso infiammò di gelosia Amleto al
punto che da allora non ha fatto altro che sperare nel tuo ritorno per poterti sfidare. Allora
da questo...
LAERTE
Da questo cosa?
CLAUDIO
Volevi davvero bene a tuo padre, Laerte, no? La tua non è una semplice maschera di
dolore, un viso inerte.
LAERTE
Perché me lo chiedete?
CLAUDIO
Non dubito che lo amavi, ma l’amore ha inizio nel corso del tempo e l’esperienza mi ha
dimostrato che il tempo stesso diminuisce la scintilla e il fuoco. Al centro della fiamma
dell’amore c’è uno stoppino che la fiamma stessa consuma. Nulla rimane identico, anche la
bontà muore soffocata sotto il suo stesso peso quando diventa eccessiva . Appena
vorremmo fare qualcosa dovremmo farla subito, perché poi questo “vorremmo” cambia, e
soffre tante mutilazioni quante sono le parole, le mani e i casi del destino. E così il
“dovremmo” ci gonfia di un sospiro che invece di dar sollievo ferisce. Veniamo al punto
dolente. Amleto torna: cosa sei disposto a fare per dimostrare che sei figlio di tuo padre nei
fatti e non a parole?
LAERTE
A tagliargli la gola in chiesa.
CLAUDIO
Difatti non ci dovrebbe essere diritto d’asilo per l’assassino, né confini alla vendetta.
Tuttavia caro Laerte tu farai così: rimarrai ben chiuso in camera tua. Amleto verrà a sapere
che anche tu sei tornato. Lo circonderemo di persone che ti esalteranno, ravvivando il
dipinto che di te ha già fatto il francese, ed alla fine organizzeremo un duello fra voi due,
con scommesse accluse. Amleto è disattento, magnanimo e distaccato com’è rinuncerà
senza dubbio ad esaminare le spade. Allora tu , tranquillamente, con un abile scambio,
potrai sceglierti una lama a punta scoperta e poi, con un colpo da maestro, lo ripagherai
della morte di tuo padre.
LAERTE
D’accordo. E ungerò anche la spada col veleno, per questo. Me ne sono comprato uno
molto potente in una fiera. Basta intingervi appena la punta della lama, scalfire con quella
la pelle e allora nessuna medicina, anche il distillato più puro del fiore della luna, niente
può evitare la morte. Contagerò la mia punta, al primo tocco è morto.
CLAUDIO
Ancora un attimo di riflessione: valutiamo ancora cos’è meglio per il nostro scopo. Tempo,
strumenti...se sbagliamo, se fossimo così inetti da far trasparire il nostro progetto, allora
tanto vale lasciar perdere. Quindi conviene avere un appoggio o meglio un piano di riserva,
nel caso il primo non funzionasse...aspetta, faremo una grandiosa scommessa sulla vostra
abilità, ecco...ci sono. A un certo punto avrete caldo e gola asciutta per gli assalti - e tu
procura di andarci giù duro per questo - allora Amleto vorrà bere. Io preparerò per
l’occasione un calice, così se per caso sfugge al tuo colpo avvelenato, basterà che v’intinga
il labbro e immediatamente avremo successo. Cosa c’è? Dolce Regina, che succede?
(entra Gertrude)
GERTRUDE
Le sventure s’inseguono calpestandosi i piedi a vicenda. Tua sorella è annegata, Laerte.
LAERTE
Annegata? Dove?
GERTRUDE
C’è un salice che si sporge sul ruscello. Le sue pallide foglie si specchiano nel cristallo
dell’acqua. Lei andò lì, ad intrecciare fantastiche ghirlande di ranuncoli, ortiche,
margherite e quelle lunghe orchidee rosse. I nostri pastori hanno per loro un nome volgare
, ma le ragazze più glaciali le chiamano “dita dei morti”.
Lei voleva arrampicarsi per appendere fra le foglie le sue ghirlande, ma il ramo maligno si
spezzò, e lei è caduta, con tutte le sue coroncine di fiori tra le lacrime del ruscello. Il suo
vestito aprendosi la sostenne per un po’ sull’acqua e lei cantava, come una sirena, motivi
antichi. Era come ignara del suo destino o come se fosse una creatura d’acqua nel suo
elemento. Durò poco: le vesti s’appesantirono per l’acqua e la trascinarono giù, da
quell’armonia a una morte fangosa.
LAERTE
Allora è annegata?
GERTRUDE
Annegata, annegata.
LAERTE
Troppa acqua su te, cara Ofelia. Dunque vieto le mie lacrime. Eppure questa è l’abitudine,
la natura reclama , e la vergogna dica pure. Quando queste lacrime finiranno, la donna sarà
sparita. Adieu. Mi bruciano parole di fuoco, ma questa follia le spegne.
(esce)
CLAUDIO
Seguiamolo, Gertrude. Ho faticato per calmare la sua rabbia. Adesso ho paura che questo
la faccia di nuovo esplodere. Forza, seguiamolo.
ATTO QUINTO
Un cimitero, entrano due clowns nella parte di becchini
PRIMO CLOWN
Che va sepolta di sepoltura cristiana dopo che lei da sola si è anticipata la salvezza?
SECONDO CLOWN
Ti dico che lei sì. Ragion per cui scavale la fossa scattante. Il giudice ha fatto una seduta su
di lei, e vi ha individuato una sepoltura cristiana.
PRIMO CLOWN
Come può essere? Forse si è annegata per legittima difesa.
SECONDO CLOWN
La sentenza quella è.
PRIMO CLOWN
Dev’essere il caso del “se offendendo”, che altro essere non può essere. Questo è il
problema. Perché se io mi affogo di mia volontà se ne deduce un atto, ora l’atto ha tre
branchie, cioè agire, fare ed eseguire, argo, lei ha annegato se stessa con la volontà.
SECONDO CLOWN
Si ma si ascolti qui, egregio becchino..
PRIMO CLOWN
Mi si conceda. Qui giace l’ acqua, bene. Qui ritto c’è l’uomo, bene. Se l’uomo ci entra
nell’acqua e ci si affoga, sia che voglia sia che non voglia, è lui che ci va. Prendi nota. Ma
se è l’acqua che va da lui e lo affoga, non è lui che si annega da sé. Argo: non si accorcia la
vita chi è innocente della propria morte.
SECONDO CLOWN
Ma questa è legge?
PRIMO CLOWN
Eh già, ciccia se è legge. E’ proprio l’ inchiesta del giudice.
SECONDO CLOWN
Tu ti va di saperla tutta la verità? Se questa non era una nobildonna sarebbe stata sepolta
fuori dalla sepoltura cristiana.
PRIMO CLOWN
L’hai proprio azzeccata, e viene una rabbia che i signori c’hanno l’autorizzazione facile a
impiccarsi, affogarsi, e i poveri cristi no. Qui, vanga mia. Non esiste più l’antica nobiltà a
parte serratori, affossatori e becchini, gli unici che tengono alto il mestiere d’Adamo.
SECONDO CLOWN
E che? Adamo era un nobile?
PRIMO CLOWN
Con tanto di stemma e albero di famiglia.
SECONDO CLOWN
Ma va, che non ne aveva ..
PRIMO CLOWN
Siamo pagani qui? Come capisci le scritture? Rispondi a questa domanda: la scrittura dice
che Adamo viveva sotto l’albero con Eva, e allora che quello non era l’albero di famiglia?
Te ne faccio un’altra, se non rispondi corretto allora è meglio che ti confessi...
SECONDO CLOWN
Sotto.
PRIMO CLOWN
Chi costruisce più robusto d’ un muratore, un carpentiere, un falegname?
SECONDO CLOWN
Quello che fa forche, perché quell’ impalcatura campa più di mille inquilini.
PRIMO CLOWN
Ora cominci a piacermi davvero. Si, la forca. La forca va bene. Ma per chi? Per chi va
male. Ora tu fai male a dire che le forche son più robuste delle chiese, argo per te va bene
la forca. Forza, sparane una.
SECONDO CLOWN
Chi costruisce più robusto d’un muratore, un carpentiere, un falegname?
PRIMO CLOWN
Forza dillo e chiudi.
SECONDO CLOWN
Fischia se ora te lo dico.
PRIMO CLOWN
Vai.
SECONDO CLOWN
‘Orco’, non mi ricordo più.
(entrano Amleto e Orazio)
PRIMO CLOWN
Non picchiarci troppo il cervello che un asino pigro mica migliora a bastonate e d’ora in
poi quando qualcuno ti fa di nuovo questa domanda tu dì: “un becchino”, perché le sue
case durano fino al Giudizio universale. Vai, e prendimi una birra da Yaughan. (esce il
secondo Clown)
“Io da giovane facevo l’amore
dolcetto mio si faceva per ore
poi lei parlò di nozze e raso
ed io risposi: non è il mio caso”
AMLETO
L’amico canta mentre seppellisce, non è toccato per niente da ciò che fa?
ORAZIO
L’abitudine rende il lavoro facile.
AMLETO
Si, è così. Meno la mano è impegnata più è schizzinosa.
PRIMO CLOWN
Ma il tempo coi suoi passi da ladro
nei suoi artigli m’ha catturato
mi ha buttato dentro sto’ buco
come se non avessi mai vissuto
(tira fuori un teschio)
AMLETO
C’era una lingua in quel teschio, e poteva cantare. E adesso il tipaccio lo fa rotolare
neanche fosse la mascella di Caino, il primo fratricida. Quella bestia ora potrebbe
maltrattare la pelata di un politico, uno di quelli capaci di abbindolare anche Dio, che ne
dici?
ORAZIO
Potrebbe.
AMLETO
Oppure un rappresentante del palazzo, sai di quelli: “Buongiorno carissimo...omaggi....
come va carissimo?” Quest’altro invece? Il principe A che esaltava il principe B, per farsi
regalare da lui il suo cavallo C.
ORAZIO
Si.
AMLETO
Sicuro. Ed ora è di proprietà di Lady Verme, sganasciato e preso a badilate sui denti da un
becchino. Una bella rivoluzione a saperla guardare. Tutta la fatica a far crescere queste
ossa solo per giocarci a bocce ora? Se ci penso le mie mi fanno già male.
PRIMO CLOWN
Una vanga ed un piccone
un lenzuolo ed una fossa
ecco tutta la questione
per un uomo di tal possa
(getta via un altro teschio)
AMLETO
Un altro.. chissà, magari un avvocato. Avvocato, dove sono i distinguo, i commi, cause,
articoli, trucchi? Come, tolleri che questo gaglioffo ti suoni la zucca con quella vanga
fangosa? Denuncialo, minaccialo: gravi lesioni personali. Bah, forse ai suoi tempi era un
bel proprietario, parlava di rendite catastali, di obbligazioni, caparre e recupero crediti. Ed
è questa alla fine l’obbligazione di tutte le obbligazioni, il recupero dei recuperi: una bella
testa piena di polvere? Tutte le clausole di assicurazione semplice e doppia non gli
garantiscono dunque che uno spaziettino buono per metterci appena due rogiti? Una
scatoletta. Non ci stanno neanche tutti i suoi contratti, e lui, il proprietario in persona deve
accontentarsi di così poco?
ORAZIO
Neanche un grammo in più.
AMLETO
La pergamena non è fatta di pelle di pecora?
ORAZIO
Di pecora o di vitello.
AMLETO
E pecore e vitelli sono quelli che cercano di assicurarsi a questo modo. Voglio parlare con
l’amico qui presente...Egregio, di chi è questa tomba?
PRIMO CLOWN
Mia, signore .
“una fossa di creta è la più adatta
per un ospite di tale fatta”
AMLETO
Si certo, è tua, vuole giocarci.
PRIMO CLOWN
Voi mi giocate fuori, signore, quindi non è vostra. Per parte mia io non vi gioco, e quindi è
mia.
AMLETO
Tu ci giochi, tu stai lì dentro, e dici che è tua. E’ per i morti non per i vivi, quindi tu ci
giochi.
PRIMO CLOWN
E’ un giochetto veloce signore, presto sarete voi a giocarci al mio posto.
AMLETO
Per quale uomo scavi la fossa?
PRIMO CLOWN
Per nessun uomo, signore.
AMLETO
Per quale donna allora?
PRIMO CLOWN
Nessuna.
AMLETO
E chi sarà seppellito lì dentro?
PRIMO CLOWN
Uno che era una donna, signore, ma ora, pace all’anima sua, è morta.
AMLETO
Che purista il mascalzone! Meglio specificare alla lettera altrimenti l’ambiguità ci fa a
pezzi. Signoriddio, Orazio, in questi tre anni l’ho proprio osservato: le sottigliezze si
sono moltiplicate a tal punto che un contadino ormai arriva calpestare i piedi dei nobili. Da
quant’è che fai becchino?
PRIMO CLOWN
Tra tutti i giorni dell’anno esattamente quello in cui in cui il nostro ultimo re Amleto
sconfisse Fortebraccio.
AMLETO
Quanto tempo è passato da allora?
PRIMO CLOWN
Non lo sapete? Lo sanno anche i mentecatti. E’ stato lo stesso giorno in cui è nato il
principe Amleto, quello matto, che è stato spedito in Inghilterra.
AMLETO
Già, accidenti. E perché l’hanno spedito in Inghilterra?
PRIMO CLOWN
La ragione è perché era matto. Lì ritrova le sue facoltà, che se poi non le ritrova lì fa lo
stesso.
AMLETO
Perché?
PRIMO CLOWN
Non lo vede nessuno lì, lì son tutti matti come lui.
AMLETO
Com’è diventato matto?
PRIMO CLOWN
Molto stranamente, dicono.
AMLETO
Stranamente come?
PRIMO CLOWN
Ha perso la testa.
AMLETO
E per quale ragione?
PRIMO CLOWN
La ragione è questa regione: Danimarca. Ci ho fatto il becchino da bambino e da grande:
trent’anni.
AMLETO
Quanto può stare sepolto un uomo prima di marcire?
PRIMO CLOWN
Beh, se non sei già marcio prima di morire - eh ci capita con gli appestati, ci si disfano tutti
a sotterrarli- tu può reggerci anche un otto, nove anni. Un pellicciaio anche di più.
AMLETO
E perché?
PRIMO CLOWN
La professione, signore. Gli concia la pelle fino a farla diventare impermeabile all’acqua, è
l’acqua che ti guasta la tua bella salma figlia di puttana. Ecco un teschio, questo teschio è
stato sotto ventitré anni.
AMLETO
E chi era?
PRIMO CLOWN
Di un matto, figlio di puttana, di chi doveva essere?
AMLETO
Non ho idea.
PRIMO CLOWN
Beccati la peste, pazzo bastardo! Una volta m’ha rovesciato in testa un boccale di vino del
Reno, sissignore, proprio questo teschio. Proprio questo teschio, il teschio di Yorick, il
buffone del re.
AMLETO
Questo?
PRIMO CLOWN
Seee.
AMLETO
Fammi vedere. Povero Yorick. Lo conoscevo, Orazio: un tipo sempre allegro e pieno di
trovate. Mi ha portato a cavalluccio non so quante volte. E adesso guarda che spaventose
fantasie mi procura, mi vien da vomitare. Qui c’erano le labbra, le ho baciate e
ribaciate....dove sono le tue barzellette, i tuoi giochetti, le capriole, le canzoni, i tuoi scoppi
di risa che facevano sganasciare tutta la tavola? Neanche uno ora a ghignare sul tuo muso?
Sei un po’ a terra. Va dalla mia signora, entra in camera sua, dille che anche con due dita di
cerone, questa sarà la sua scena finale. Va, falla ridere con questo. Orazio, dimmi
perfavore...
ORAZIO
Cosa?
AMLETO
Cosa dici, Alessandro aveva quest’aspetto sottoterra?
ORAZIO
Seee.
AMLETO
E puzzava così? Puh
ORAZIO
Seee.
AMLETO
A che bassa manovalanza torniamo, Orazio! Proviamo a immaginarci di seguire la nobile
polvere di Alessandro finché non diventa il tappo di una barile.
ORAZIO
Pensiero alquanto curioso.
AMLETO
Ma niente affatto. Basta tallonarla discretamente e avremmo buone probabilità di coglierla
sul fatto. Seguimi: Alessandro muore, Alessandro è sepolto, Alessandro torna polvere. La
polvere è terra. Della terra noi facciamo creta. E allora? Di quella creta noi non facciamo
forse un bel tappo per un barile di birra?
Cesare Augusto morto, in creta trasformato
dal vento il buco nel muro ha presto riparato
era una creta che faceva tremare il mondo
ora tiene al caldo spingendola più a fondo
Zitto, zitto, vieni, arriva il re.
(entra il re, la regina, Laerte, i portantini con la bara di Ofelia, il seguito.)
la regina, la corte, accompagnano qualcuno, ma chi? Una cerimonia così ridotta, che
significa? Il morto ha levato la sua mano disperata contro la propria vita? Doveva essere
una persona di rango. Nascondiamoci un attimo a indagare.
LAERTE
La cerimonia è già finita?
AMLETO
Guarda: Laerte, lui è davvero un nobile.
LAERTE
La cerimonia è già finita?
PRETE
Le sue esequie hanno avuto il massimo della celebrazione consentita. E’ morta in modo
dubbio e quindi doveva essere lasciata in terra sconsacrata fino al giorno del giudizio, ma
ordini superiore allentano la regola. Le abbiamo concesso una ghirlanda da vergine, fiori,
corteo e una campana a morto, ed invece dovevamo buttarle addosso cocci, sassi, pietre.
LAERTE
Non si può fare nient’altro?
PRETE
Nient’altro. Intonare per lei il requiem e le altre preghiere normali per le anime che se
vanno in pace? Significherebbe profanare i morti.
LAERTE
Allora deponetela dentro la terra e che nascano viole dalla sua bella incontaminata carne. E
in quanto a te volgare prete, mia sorella sarà un angelo in cielo quando tu urlerai
all’inferno.
AMLETO
Cosa, Ofelia bella?
GERTRUDE
Addio dolcemente dolcezza. Avevo sperato che tu potessi essere la moglie del mio Amleto
e spargere fiori sul tuo letto di nozze, non sulla tua tomba.
LAERTE
Sia maledetto tre volte, e tre volte dieci ancora quello sciagurato il cui delitto ti rubò il più
prezioso senso. Fermi con la terra, la voglio stringere ancora tra le braccia. (salta nella
fossa). E adesso giù la polvere, sul vivo e sul morto, finché non avrete fatto un monte più
alto del Pelio o della vetta celeste dell’Olimpo.
AMLETO
Chi è quello che recita con così tanta grandezza il suo dolore che le stesse stelle in cielo si
fermano stupite ad ascoltare? Sono io, Amleto il danese.
(balza dietro Laerte)
LAERTE
Vattene al diavolo! (gli salta al collo)
AMLETO
Non preghi bene. Prego, toglimi le dita dalla gola, attento: non sono rabbioso o impulsivo
ma ho dentro un tale pericolo che ti conviene avere paura. Giù le mani.
CLAUDIO
Separateli.
GERTRUDE
Amleto, Amleto.
TUTTI
Signori.
ORAZIO
Calma, signore.
AMLETO
Si ma finché avrò un battito di palpebre io lo combatterò su questo punto.
GERTRUDE
Su cosa, figlio mio?
AMLETO
Amavo Ofelia. Quarantamila fratelli con tutto il loro amore non eguaglierebbero il
mio...avanti cosa sei pronto a fare per lei?
CLAUDIO
E’ pazzo, Laerte.
GERTRUDE
Per l’amor di Dio, siate tollerante con lui.
AMLETO
Sanguediddio, fammi vedere cosa fai? Vuoi piangere? Combattere? Morire di fame? Farti
a pezzi? Bere l’aceto? Ingoiare un coccodrillo? Lo fai? Anch’io. Sei venuto qui a
piagnucolare? A sfidarmi saltando nella fossa? Presto, fatti seppellire con lei, anch’io. E se
blateri di montagne facci buttare addosso milioni di tonnellate di terra finché la cima del
nostro tumulo bruci alla fiamma del sole. La montagna dei giganti al confronto sarà un
foruncolo. Strilla, forza , io urlerò più forte.
GERTRUDE
E’ solo la sua follia. L’attacco dura poco. Poi lo lascia un po’ abbattuto, silenzioso, quieto
come una colomba che cova le sue bionde uova.
AMLETO
Senti, qual è il motivo per cui mi tratti così? Ti ho sempre voluto bene. Ma non importa.
Lasciamo che la storia vada avanti , il gatto miagoli e il cane abbia la sua scena.
CLAUDIO
Orazio ti prego seguilo. (esce Orazio) (a Laerte) Rafforza la tua pazienza ricordando quel
che ci siamo detti ieri sera. Gertrude cara, fa in modo che qualcuno si occupi di tuo figlio.
Questa tomba avrà un monumento vivente e noi presto un’ora di pace, fino ad allora
pazienza, andiamo avanti.
5.2
(entrano Amleto ed Orazio)
AMLETO
Di questo basta. Veniamo al resto. Ti ricordi tutti i particolari?
ORAZIO
Se me ne ricordo!
AMLETO
Avevo un combattimento nel cuore, non riuscivo a dormire, peggio di un prigioniero ai
ceppi. Improvvisamente....benedette le azioni improvvise. Davvero, spesso, dove
falliscono tutti i piani ben studiati riesce un impulso improvviso. E questo dimostra che c’è
una divinità che porta a termine ciò che noi talvolta solo abbozziamo.
ORAZIO
Questo è certo.
AMLETO
Mi butto addosso il mio mantello da marinaio, esco dalla cabina, e al buio, tastando qua e
là, mi metto a cercare le loro borse. Alla fine le trovo , ne estraggo quello che
m’interessava e me ne torno in cabina. Tra buone maniere e sospetti vincono i secondi e
così strappo i sigilli reali delle loro lettere d’incarico. Orazio: una reale canagliata ! Un
ordine preciso, condito da un sacco di ragioni... la sicurezza della Danimarca, e anche
dell’Inghilterra... lo spettro di fantastici pericoli che io porto...per cui , terminata la prima
lettura, senza il minimo indugio, senza neppure affilare la scure, mi si doveva tagliare la
testa.
ORAZIO
Non è possibile.
AMLETO
Ecco la lettera, leggi tranquillo. Ma non vuoi sapere quello che ho fatto dopo?
ORAZIO
Eccome.
AMLETO
Mi sentivo così impigliato in questa rete d’infami che il miei pensieri già scrivevano lo
spettacolo prima ancora di imbastire il prologo. Mi siedo, concepisco una nuova lettera e la
scrivo in bello stile. Un tempo pensavo che fosse la caratteristica dei nostri politici ,
scrivere in modo così cerimonioso. E ho fatto di tutto per liberarmi di questi vezzi. Ma
amico, in quel momento la scuola m’è servita e come. Vuoi sapere il soggetto del testo?
ORAZIO
Certo.
AMLETO
Una vivissima istanza da parte del Re al suo fedele alleato il Re d’Inghilterra, acciocché,
considerando l’aspetto tributario, valutando che l’integrazione tra i due paesi deve fiorire
come la palma di pace, affinché la pace stessa sia prodoma di migliori e più intensi legami,
e dimodochè altresì la fioritura dei rispettivi popoli possa avvenire nel quadro reciproco di
un comune e non casuale vincolo di attinenza e comunione e “imperocchè” e “nella misura
in cui” e “di conseguenza” e “preso atto e valutato” e avanti e avanti con tale stile, eccetera
eccetera, alla fine lo scritto chiedeva che, non appena letta la lettera, i latori del messaggio
fossero messi a morte senza ulteriori considerazioni e senza neanche farli confessare.
ORAZIO
E per i sigilli come hai fatto?
AMLETO
Bene, anche in questo caso è stato il cielo a risolvere. L’anello di mio padre, quello su cui è
stato modellata l’impronta del sigillo danese, era nella mia borsa. Piegai lo scritto come
l’altro, lo firmai, sigilli e lo rimisi a posto. Nessuno si accorse della sostituzione. Il giorno
dopo ci fu la battaglia, il resto lo sai.
ORAZIO
Allora Rosencrantz e Guildenstern finiscono così?
AMLETO
Senti, sono loro ad essersi innamorati della parte! Non li ho io sulla coscienza. La loro
disgrazia è quella di essersi intrufolati troppo. E’ pericoloso per chi è solo una comparsa
trovarsi in mezzo ad un fuoco incrociato di due potenti antagonisti.
ORAZIO
Che razza di re!
AMLETO
Dì, non ti sembra che sia arrivato il mio momento? Lui mi ha assassinato il re, reso mia
madre una puttana, si è piazzato tra la mie elezione e le mie speranze, ha persino gettato
l’amo per prendere la mia vita, con un inganno del genere...non sarebbe un atto di
coscienza cancellarlo con questo braccio? C’è da essere dannati noi, a permettere a questo
cancro di natura fare danni ancora maggiori, no?
ORAZIO
Fra pochissimo saprà dall’Inghilterra com’è finita la faccenda.
AMLETO
Si, tra poco. Ma per ora l’intervallo è mio. La vita di un uomo non è che il tempo di dire
“uno”. Ma mi dispiace molto, caro Orazio, di essermi lasciato andare con Laerte. Nella mia
causa si specchia la sua. Gli chiederò scusa. Certo che quella sua esibizione del dolore mi
aveva proprio scaldato.
ORAZIO
Un attimo. Chi c’è?
(entra il giovane Osric)
OSRIC
Vostra signoria è bene benvenuta al suo ritorno in Danimarca.
AMLETO
Umilmente vi ringrazio, signore. Conosci questa zanzara?
ORAZIO
No.
AMLETO
Allora sei impeccabile, perché conoscerlo è un vizio. Ha un mucchio di terra e bella
fertile. Ora se una bestia è il signore di altre bestie sta sicuro che la sua mangiatoia starà
sulla tavola del re. E’ un cafone, ti dico, ma attento: possiede un vasto appezzamento di
lerciume.
OSRIC
Benevolo signore, se la signoria vostra ne ha piacere, io potrei comunicare qualcosa da
parte di sua maestà.
AMLETO
L’accoglierò con la migliore condizione del mio spirito. Mettete il berretto al posto giusto,
serve per la testa.
OSRIC
Ringrazio vostra signoria, fa molto caldo.
AMLETO
No, datemi retta, fa proprio freddo, è il vento del nord.
OSRIC
Già, piuttosto freddo , vostra signoria.
AMLETO
Eppure mi sembra un tempo afoso. Troppo caldo per me.
OSRIC
Un’afa impossibile, vostra signoria, come...non saprei dire. Intanto vostra signoria, sua
maestà mi ha incaricato di espletarvi che ha messo una grande posta sulla vostra testa.
Dunque altezza, si tratta di questo...
AMLETO
Signore vi scongiuro...
OSRIC
No, grazie, vostra signoria, sinceramente, sto meglio così, sinceramente. E’ tornato Laerte,
altezza. Credetemi, un perfetto gentiluomo, ricco di delle più squisite sfumature,
piacevolissimo nel gran mondo, e di gran figura. Davvero, per parlare spassionatamente di
lui bisognerebbe dire che egli è modello, l’almanacco vivente della classe, perché in lui si
può trovare un continente di ogni terra che un gentiluomo vorrebbe visitare.
AMLETO
Signore, la sua descrizione non soffre di alcun decremento nella vostra oralità. Sebbene io
sappia che enumerare il catalogo delle sue virtù darebbe le vertigini fin all’arte informatica
, purtuttavia sarebbe pur sempre uno scarroccio rispetto alla sua ampia velatura. Ma per
dire tutta la verità del suo panegirico, io lo considero un’anima di eccelsa sostanza, e la sua
miscela è composta di così rare e preziose essenze qualitative che per trovare le giuste
parole bisogna dire che solo il suo specchio regge il suo paragone e chiunque voglia
seguirne le orme non può essere altro che la sua ombra.
OSRIC
Vostra signoria lo descrive con grande precisione.
AMLETO
L’attinenza, signore? Perché avvolgiamo tale gentiluomo col nostro freddo alito?
OSRIC
Signore?
ORAZIO
Non potete esprimervi in un altro linguaggio? Sono certo che ci riuscite.
AMLETO
Cosa implica la menzione di quel nome?
OSRIC
Laerte?
ORAZIO
E’ rimasto a secco: la parlantina dorata è finita.
AMLETO
Proprio lui.
OSRIC
So che voi non siete ignorante...
AMLETO
Lo spero, ma che voi lo sappiate non è una garanzia per me. Allora?
OSRIC
Volevo dire voi non siete ignorante di come Laerte sia un uomo eccellente.
AMLETO
Non oso confessarlo per non trovarmi costretto a gareggiare con lui in eccellenza.
Conoscere bene qualcuno vuol dire conoscere se stessi.
OSRIC
Volevo dire eccellente nell’arma, signore. Viene imputato di non essere secondo a nessuno
in questo campo.
AMLETO
Qual è la sua arma?
OSRIC
Spada e fioretto.
AMLETO
Questo fa due armi, ma va bene.
OSRIC
Signore, il re ha scommesso con lui sei cavalli berberi, contro cui lui ha imposto, a quel
che ho capito, sei pugnali e spade francesi, complete di tutti gli accessori, quali cinture,
guaine e blindati. Ed ad essere sincero tre di questi blindati sono lavorati con molto gusto,
concepiti liberamente, di un’eleganza davvero agile, insomma tre blindati veramente
superlativi.
AMLETO
Blindati? Cosa intendete per blindati?
ORAZIO
Lo sapevo che prima della fine si arrivava alle note sul testo
OSRIC
I blindati signore sono l’impugnatura della spada.
AMLETO
La parola avrà’ una parentela con la cosa il giorno in cui porteremo alla cintura artiglieria
pesante. Fino ad allora vorrei che fossero else. Ricapitolando: sei cavalli berberi contro sei
lame francesi complete di accessori tra cui tre blindati liberamente concepiti. Questo è la
puntata tra Francia e Danimarca. E come mai tutto ciò è stato “imposto”, per usare il vostro
termine?
OSRIC
Il re, signore, ha scommesso, signore, che in una dozzina di assalti tra voi e lui, egli non
supererà che di tre stoccate massimo. La scommessa è di dodici a nove quindi. Si potrebbe
fare subito la prova qualora Vostra signoria acconsenta la risposta.
AMLETO
E se rispondo No?
OSRIC
Intendo, mio signore, il rifiuto della vostra persona alla sfida.
AMLETO
Signore, passeggerò un po’ qui. A sua Maestà piacendo questo è il momento del mio
riposo quotidiano. Portate pure le armi, se il gentiluomo è disposto e il re è della stessa
idea. Se posso vincerò per lui, se no guadagnerò un po’ di vergogna con supplemento di
stoccate.
OSRIC
Riferisco la risposta in questi termini?
AMLETO
Il senso, sì, poi infioratela con il vostro tocco.
OSRIC
Mi raccomando sempre vostro devoto, signore.
(esce)
AMLETO
Tutto vostro, tutto vostro. Fa bene a raccomandarsi da solo. Non ce n’è di lingue come la
sua.
ORAZIO
Si pavoneggia il pulcino....
AMLETO
Da poppante già faceva la reverenza alla mammella prima di succhiarla. E quanti come lui.
Adorati in questo tempo senza qualità. Navigano su l’onda della moda, schiumano frasi
fatte , volteggiano tra le vacuità di opinioni e critiche...ma se ci soffi contro, bolle d’aria.
(entra un gentiluomo)
GENTILUOMO
Mio signore, sua maestà, vi aveva mandato il giovane Osric, e ora ha saputo che voi lo
aspettate qui. Vuole sapere se siete pronto a sostenere la vostra parte nella prova con Laerte
o volete rimandarla.
AMLETO
Rimango della stessa idea, pedinando i desideri del re. Se lui parla, io sono già pronto,
adesso o in qualsiasi momento, purché ne sia capace, e ora lo sono.
GENTILUOMO
Stanno arrivando il re, la regina e tutta la corte.
AMLETO
Il momento è propizio.
GENTILUOMO
La regina vorrebbe che voi scambiaste qualche cortesia con Laerte prima della prova.
AMLETO
Il suo è un ottimo suggerimento.
(il Gentiluomo esce)
ORAZIO
Andate a perdere.
AMLETO
Non credo. Da quando è andato in Francia ho fatto molta pratica. Vincerò di misura. Ma tu
non hai idea di come mi si stringe il cuore. Ma va bene.
ORAZIO
Ah, allora no...
AMLETO
Sciocchezze. Sai, quei presentimenti che ogni tanto hanno le donne...
ORAZIO
Se il vostro istinto rifiuta qualcosa, obbeditegli. Vado ad avvertirli di non scendere, gli dico
che non sei pronto.
AMLETO
Nemmeno per sogno. Sfidiamo il pronostico. C’è una speciale provvidenza nella caduta di
un passero. Se è adesso non sarà dopo, se non sarà dopo sarà adesso, se non sarà adesso,
sarà dopo. Essere pronti è tutto. Nessuno sa il futuro che lascia, quindi che importa quando
lasciarlo?
(entrano il Re, la Regina, Laerte, Osric, tutta la corte, con spade e fioretti. Viene approntata
una tavola con sopra bottiglie di vino)
CLAUDIO
(prende la mano di Laerte) Vieni Amleto, ed accetta da me questa mano.
AMLETO
Perdonami. Ti ho fatto un torto, ma tu perdonami da quel gentiluomo che sei. Tutti qui lo
sanno, e anche tu immagino, come io sia colpito da una triste confusione. Io dichiaro qui
che quello che ti ho fatto e che può averti ferito, urtato nei sentimenti, nell’onore, era
follia. E’ stato Amleto a offendere Laerte? Amleto mai. Se Amleto diviene estraneo a se
stesso e quando è fuori di sé offende Laerte, non è Amleto a far questo. Amleto lo nega.
Chi è stato allora? La sua follia. Se è così, Amleto fa parte degli offesi. La sua pazzia è il
nemico del povero Amleto. Lasciami sconfessare davanti a tutti ogni intenzione maligna.
Se ho tirato una freccia sulla casa e ho colpito mio fratello, sii generoso e liberami anche
nei tuoi pensieri.
LAERTE
Il mio istinto, che pure dovrebbe essere quello più eccitato al pensiero della vendetta, è
soddisfatto. Ma l’onore ha le sue regole e prima di riconciliarmi voglio consultare qualche
anziano maestro in materia. Valutare il suo parere, eventuali precedenti che mi
garantiscano l’integrità del nome. Fino ad allora accetto il tuo affetto come affetto e non mi
ci oppongo.
AMLETO
Accolgo a braccia aperte queste tue parole. E farò sinceramente tutta la mia parte in questa
prova fraterna . I fioretti, presto.
LAERTE
Uno a me.
AMLETO
Mi userai come bersaglio, Laerte. Sulla mia goffaggine la tua abilità brillerà come una
stella infuocata nella notte.
LAERTE
Mi prendi in giro.
AMLETO
Giuro di no.
CLAUDIO
Osric, i fioretti. Amleto, conosci la scommessa?
AMLETO
Perfettamente. Vostra grazia ha puntato sulla parte più debole.
CLAUDIO
Non ho paura, Vi ho tenuto d’occhio entrambi, lui ha fatto progressi e quindi abbiamo
stabilito un vantaggio.
LAERTE
Questo fioretto è troppo pesante. Fatemene vedere un altro.
AMLETO
Questo va bene. Sono tutti uguali?
OSRIC
Si, mio signore.
(si preparano)
CLAUDIO
Mettete sulla tavola le coppe col vino. Se Amleto tocca per primo o per secondo o se
pareggia al terzo assalto, il re berrà alla sua salute e partirà una salva di colpi da tutte le
batterie . Il suo migliore scatto verrà onorato gettando nella coppa una perla più preziosa di
quelle che quattro re hanno portato sulla corona di Danimarca. Datemi le coppe. E che i
tamburi annuncino alle trombe, le trombe ai cannoni e i cannoni ai cieli e i cieli alla terra:
“Il re brinda ad Amleto”. Forza, iniziate, occhio, giudici.
(trombe)
AMLETO
Forza.
LAERTE
Eccoci.
(iniziano)
AMLETO
E una.
LAERTE
No.
AMLETO
Arbitro.
OSRIC
Toccato, assolutamente toccato.
LAERTE
Bene, ricominciamo.
CLAUDIO
Ferma, datemi da bere. La perla è tua, Amleto. Alla tua.
(trombe, tamburi, spari)Dategli la coppa.
AMLETO
Non ora, dopo l’intervallo. Tenetela da parte. Forza. Toccato ancora, vero?
LAERTE
Toccato, toccato, lo ammetto.
CLAUDIO
Nostro figlio vincerà.
GERTRUDE
E’ sudato. Tieni il mio fazzoletto, asciugati, Amleto. La regina beve alla tua salute,
Amleto.
AMLETO
Signora...
CLAUDIO
Gertrude, non bere!
GERTRUDE
Scusate signore, voglio bere.
CLAUDIO
La coppa avvelenata. Troppo tardi.
AMLETO
Preferisco non bere adesso, dopo, dopo.
GERTRUDE
Fatti asciugare la fronte.
LAERTE
Mio signore, adesso lo colpisco io.
CLAUDIO
Non ci credo.
LAERTE
Eppure sento che è quasi contro la mia coscienza.
AMLETO
Forza per il terzo, Laerte. Sembra che reciti. Coraggio, metticela tutta o penserò che mi stai
prendendo in giro.
LAERTE
Dici così. E allora avanti.
(ricominciano)
OSRIC
Nullo.
LAERTE
Ora a te!
(nello scontro si scambiano i fioretti ed entrambi rimangono feriti)
CLAUDIO
Divideteli! Hanno perso il controllo.
AMLETO
No, forza, ancora.
(Laerte cade, la regina cade, moribonda)
OSRIC
Guardate! La Regina!
ORAZIO
Perdono sangue tutti e due....come ti senti, amico mio?
OSRIC
Come state Laerte?
LAERTE
Si, come un uccello preso nella sua stessa rete . E’ giusto. Muoio per la mia trappola.
AMLETO
Come sta la regina?
CLAUDIO
E’ svenuta vedendovi sanguinare.
GERTRUDE
No, no, la coppa, la coppa. Amleto caro. La coppa, la coppa, mi hanno avvelenato. (muore)
AMLETO
Infamia, sprangate le porte. Tradimento. Cercatelo.
LAERTE
E’ qui, Amleto. Amleto, sei morto. Non c’è medicina al mondo che ti possa salvare. In te
c’è solo neanche mezz’ora di vita. Lo strumento del tradimento ce l’hai in mano, senza
punta e avvelenato. Fallo scorretto, mi si è rivoltato contro. Disteso qui, e non mi alzerò
più. Tua madre avvelenata. Non ce la faccio...il re, la colpa è del re.
AMLETO
Anche la punta avvelenata, e allora veleno lavora! (trafigge il re)
TUTTI
Tradimento, tradimento!
CLAUDIO
Difendetemi, amici, sono solo ferito.
AMLETO
(costringe il re a bere)
Qui, incestuoso, assassino, dannato danese. Bevi! C’è la perla qui? Segui mia madre!
(il re muore)
LAERTE
Ben gli sta. Il veleno se l’era preparato lui. Nobile Amleto, scambia il tuo perdono con il
mio. La mia morte e quella di mio padre non ricadano su di te, né la tua su di me.(muore)
AMLETO
Libero, per il cielo! Ti seguo subito. Orazio: sono morto. Povera regina, adieu! E voi,
nervosi spettatori, effimere comparse di questo spettacolo, se avessi tempo...ma il
poliziotto della morte è rigido ad arrestare....potrei raccontarvi...ma no, lasciamo perdere.
Orazio, io sono morto, tu vivi e a chi è rimasto a bocca asciutta racconta di me, di cosa
sinceramente mi spinse.
ORAZIO
Non contarci. Ho più dell’antico romano che del danese. C’è ancora qualche goccia.
AMLETO
Dammela, se sei un uomo. Perdio lascialo, lo finirò io. Orazio mio, pensa: se tutto rimarrà
ignoto come è ora, il mio nome mi sopravviverà ferito. Mi hai tenuto nel tuo cuore, allora
rimanda un attimo la tua felicità e continua a respirare ancora un po’ l’aria dolorante di
questo mondo per raccontare la mia storia.
(marcia militare e spari)
Cos’è questa guerra?
OSRIC
Arriva Fortebraccio. Ha conquistato la Polonia e ora i suoi cannoni salutano gli
ambasciatori inglesi.
AMLETO
Vado, Orazio. Il veleno è troppo forte, sta stroncando ogni mia facoltà. Non riuscirò a
sentire le novità dall’Inghilterra. Faccio una profezia: la scelta cadrà su Fortebraccio, sono
moribondo a favore. Diglielo, ed anche tutti i fatti grandi e piccoli che hanno....il resto è
silenzio. (muore)
ORAZIO
Adesso si spezza un grande anima. Buonanotte dolce principe. Da qui in poi ti segua il
canto degli angeli. Cosa sono questi tamburi?
(entrano Fortebraccio con gli ambasciatori inglesi, tamburi, insegne, soldati)
FORTEBRACCIO
Dov’è questo spettacolo?
ORAZIO
E cosa sei venuto a vedere? Divertimenti e sofferenze? Allora sei arrivato.
FORTEBRACCIO
Questa strage grida vendetta! Sei orgogliosa, morte? Ti prepari a festeggiare nella tua buia
caverna? In un sol colpo sanguinario hai falciato tutti questi principi.
AMBASCIATORE
Che pena questo spettacolo. E i nostri rapporti dall’Inghilterra arrivano troppo tardi.
L’orecchio di chi doveva ascoltarci è spento. Rosencrantz e Guildenstern sono morti, come
era stato ordinato. E ora chi ci dirà grazie?
ORAZIO
Non la sua bocca, anche se un guizzo di vita glielo permettesse. Non ha mai dato ordine di
ucciderli. Ma dato che dalla guerra di Polonia e dall’Inghilterra, voi piombate qui, nel bel
mezzo di questo problema sanguinante, allora date ordine di esporre sul palco questi corpi.
Che tutti li vedano. E lasciate che io spieghi a tutto il resto del mondo che ancora non sa
nulla, la sequenza di queste cose. Potrete ascoltare azioni lussuriose, sanguinarie,
innaturali, casi provvidenziali, uccisioni involontarie, morti procurate dalla furbizia o dalla
necessità. E in quest’ultimo epilogo trame che hanno finito per rivolgersi contro il loro
autore. Di tutte questo io sono stato il testimone.
FORTEBRACCIO
Subito. Andiamo ad ascoltare. E come pubblico convocate le persone più nobili. Quanto a
me con tristezza abbraccio la mia fortuna. Su questo stato ho qualche antico diritto che ora
le circostanze mi invitano a reclamare.
ORAZIO
Anche di questo vi devo parlare, per bocca sua e la sua voce altre ve ne porterà. Ed è
meglio iniziare subito il nuovo atto, adesso che le loro menti sono ancora stordite, prima
che nuove trame sbagliate ci procurino altre disgrazie.
FORTEBRACCIO
Quattro capitani portino Amleto come un soldato sul palco. Se fosse stato messo alla prova
sarebbe stato un buon re. Al suo passaggio musica e cerimonie militari di alto rango. Via
quei corpi. Questo è uno spettacolo adatto a un campo di battaglia non qui. Andate,
ordinate di sparare.
(escono marciando. Dopo un attimo salve d’artiglieria).
FINE