Flavia Piccoli Nardelli_Prima Guerra Mondiale 10 mag 16
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Flavia Piccoli Nardelli_Prima Guerra Mondiale 10 mag 16
1 L'ITALIA NELLA PRIMA GUERRA MONDIALE Sala della Regina-Camera dei deputati Martedì 10 maggio 2016, h 10 Saluto on. Flavia Piccoli Nardelli Buongiorno a tutti, questa mattina ho l'onore di aprire i lavori del secondo convegno promosso dalla Camera dei deputati in occasione del Centenario della Grande Guerra, che tanto profondamente ha segnato, come uno spartiacque decisivo, il corso della storia del Novecento. 2 Nel dare il benvenuto ai presenti e agli studiosi che animeranno il dibattito permettetemi di dire che rievocare, un evento di portata epocale come quello che il volume di Emilio Gentile acutamente sintetizza in “due colpi di pistola, 10 milioni di morti, la fine di un mondo” è operazione molto complessa. La Grande Guerra, dicevamo, è considerata un evento periodizzante, di quelli che valgono a marcare il confine che separa convenzionalmente un'epoca da un'altra. Con le sue stragi ha inizio quel “secolo breve”, che si è concluso con la caduta del 3 muro di Berlino e la dissoluzione dell'Unione Sovietica. Essa fu all'origine di radicali sconvolgimenti geopolitici: scomparvero 4 imperi, nacquero 10 stati indipendenti, emerse il ruolo egemonico degli Stati Uniti, declinò e perse centralità il continente europeo. Ma quella guerra fu anche un potentissimo acceleratore di tutti i fenomeni legati alla società di massa. Il nostro convegno di oggi, l’Italia dentro la guerra 1916, dà conto della tragedia di un conflitto che per l’opinione pubblica doveva finire in breve tempo e che, aimè, 4 non finisce, si incrudelisce. Coinvolge soldati e civili. Il 1916 è passato alla storia per le 700mila vittime dell'offensiva di Verdun, per la battaglia navale dello Jutland, con le gravi perdite inflitte dalla flotta tedesca a quella inglese, per la tremenda spedizione punitiva austriaca (Strafexpedition) contro l'Italia. Ma il 1916 fu anche l'anno in cui all'indomani del bombardamento dei tedeschi su Parigi - i giornali usarono per la prima volta l'espressione “guerra totale”, dando così voce a un sentimento diffuso da tempo tra i contemporanei: la guerra, nella 5 quale l'Italia era schierata dal maggio 1915 al fianco dell'Intesa, non si svolgeva solo sui campi di battaglia, ma coinvolgeva in misura inedita ogni ambito della vita politica, sociale, economica e culturale dei paesi coinvolti. Oltre che per il suo carattere totale, la Grande Guerra si apprestava a marcare, per così dire, vari altri primati. 1. In primo luogo si dimostrò la prima guerra realmente globale, con la mobilitazione straordinaria di uomini e mezzi. 6 2. Inoltre fu la prima guerra a risentire della seconda rivoluzione industriale, in cui protagoniste assolute furono le nuove armi automatiche: le mitragliatrici soprattutto, che trasformarono la guerra di movimento in guerra di posizione e di logoramento. 3. Diventò poi il primo grande evento mediatico: il coinvolgimento dei più importanti paesi del mondo si tradusse in una massiccia propaganda. 4. Ma fu, anche, guerra fortemente ideologizzata, in chiave patriottica, e in 7 essa giocarono un ruolo di primo piano gli intellettuali. Come scrive Janz: “la guerra delle grandi parole e dei grandi pensatori cominciò subito dopo i primi spari”. 5. Si dimostrò inoltre - nel caso italiano un test cruciale per la tenuta delle istituzioni liberal democratiche e dello stesso tessuto politico e civile del Paese. 6. Ma un’ultima osservazione va fatta: nessun evento, prima di allora, e pochi altri in seguito avrebbero lasciato dietro di sé un simile deposito di memorie e di 8 studi, di dubbi e divisioni, tale da alimentare un patrimonio di documenti complesso dimostrano e copiosissimo. Lo anche gli archivi della Camera: faldoni e faldoni a testimoniare l’estraneità del Parlamento rispetto ad un conflitto subìto piuttosto che voluto. Gli echi che da quella tragedia giungono fino a noi, tramite gli archivi ma anche tramite la letteratura e la saggistica, formano un catalogo sterminato. Valgano per tutti Il giornale di guerra e di prigionia di Carlo Emilio Gadda e Un anno sull'altipiano di Emilio Lussu, forse il libro 9 letterariamente più efficace che la memoria del soldato italiano ci abbia lasciato. [Giova dire, con Mario Allegri, che “in talune di queste testimonianze, (. .. ) la verità della guerra, il suo orrore brutale, (. .. ) si manifestano più a pieno. Noi non sappiamo esattamente dove s'arresti una storia della cultura e dove cominci una storia dei documenti. Ma sappiamo che esiste una storia oltre la storia dei libri”.] Sappiamo che nel 1911, in Italia si registrava un tasso di analfabetismo che sfiorava il 38 per cento ed era il più alto tra quelli delle maggiori potenze europee. 10 Ebbene, la Prima Guerra Mondiale spinse un'intera generazione di illetterati verso la scrittura. I dati sono noti: si contano quasi 4 miliardi di lettere e cartoline, tra quelle inviate dal fronte, quelle spedite dai civili ai militari e quelle scambiate tra commilitoni impegnati in diversi fronti di guerra. A ciò si aggiunga l'immensa mole di diari e taccuini, scritti durante o dopo il conflitto. In un suo saggio, Lettere dalla Grande Guerra, Fabio Caffarena dice che “scrivere significava essere ancora vivi”. Quegli epistolari evidenziano le tante sfumature dell'esperienza bellica, sospesa 11 tra episodi collettivi e percorsi individuali che s'intrecciano inesorabilmente. La guerra mondiale fu per la coscienza collettiva un evento tragico e grandioso ed è proprio tra carte come queste, spesso elementari e balbettanti, che se ne può tastare il polso profondo. La scrittura divenne, insomma, una vera epidemia, indotta - certo - da urgenze pratiche e psicologiche, quindi scrittura di necessità, spesso improvvisata e redatta su fogli precari, ma non per questo priva di 12 capacità comunicativa: linguaggi poveri, eppure altamente espressivi. Sarebbe confortante concludere questo mio intervento con la consapevolezza che da quei massacri abbiamo imparato una lezione. Ma tutti sappiamo che non è così. La carneficina del 14-18, che ha segnato anche la prima comparsa dei genocidi e dei crimini contro l’umanità, ha visto in seguito il ripetersi di terribili manifestazioni di violenza, in Europa e nel mondo. È per questo che abbiamo il dovere di continuare 13 a spiegare la follia della guerra ai nostri giovani. Per questo occorre proporre momenti di riflessione e occasioni di confronto, come l'incontro cui partecipiamo oggi, che peraltro si colloca nel solco dell’attenzione che le Camere hanno dedicato alla Prima Guerra Mondiale, anche con la massiccia opera di digitalizzazione del ricchissimo materiale dei loro archivi e delle loro biblioteche. Misurarsi con la guerra significa misurarsi con il tema stesso del contemporaneo. 14 È una responsabilità per tutti noi, impegnati nei diversi ambiti del mondo della cultura, se vogliamo davvero costruire un progetto politico di crescita civile per il singolo e per la collettività.