L`assetto delle società di gestione collettiva dei diritti d`autore e
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L`assetto delle società di gestione collettiva dei diritti d`autore e
L’assetto delle società di gestione collettiva dei diritti d’autore e connessi al suo esercizio nel panorama europeo. Cenni ai modelli monopolistici ed al sistema italiano. A cura di Monica Di Genova L’espressione "gestione dei diritti" si riferisce al modo in cui i diritti d'autore e i diritti connessi al diritto d’autore sono amministrati, ad esempio concessi in licenza, ceduti o remunerati per qualsiasi tipo di utilizzazione. I diritti esclusivi sono tradizionalmente amministrati individualmente dagli stessi titolari che li concedono ad utilizzatori commerciali, ad esempio editori o produttori, oppure ad intermediari, quali editori, produttori o distributori. La gestione individuale viene realizzata generalmente per mezzo di una licenza contrattuale, che può essere esclusiva o non e che può autorizzare un solo tipo o tutti i tipi d'utilizzazione. Il diritto alla remunerazione è solitamente amministrato, invece, da società di gestione collettiva che agiscono in qualità di fiduciarie dei titolari di diritti. La società di gestione collettiva, dunque, in qualità di fiduciaria, amministra, monitora, riscuote e ripartisce il pagamento dei diritti d'autore per ogni gruppo di titolari di diritti, sulla base della normativa nazionale in vigore nel proprio territorio e relativamente al territorio stesso; tutte attività, queste, che difficilmente l’autore, e soprattutto il “piccolo autore”, è in condizione di svolgere in maniera efficace 1. Le società di gestione collettiva amministrano diritti nel campo delle opere musicali, letterarie, drammaturgiche, del settore audiovisivo, delle produzioni e rappresentazioni di attività quali la comunicazione al pubblico, la trasmissione via cavo di programmi radiotelevisivi, le riproduzioni meccaniche, la reprografia, il prestito pubblico, il diritto di seguito, la copia privata o determinati usi a fini d'istruzione. La maggior parte delle società, inoltre, fanno parte di una rete di accordi collegati attraverso i quali i diritti sono oggetto di concessioni di autorizzazioni incrociate fra le società di vari Stati membri. Dal punto di vista degli utilizzatori, le società di gestione collettiva funzionano come una sorta di sportello unico per la concessione d'autorizzazioni. 1 La Stessa Corte di Giustizia ha messo in luce nella sua giurisprudenza come “le società di gestione perseguono uno scopo legittimo quando si sforzano di salvaguardare i diritti e gli interessi dei loro aderenti nei confronti degli utilizzatori”, Sent. 13 luglio 1989, causa 395/87, Pubblico Ministero c. Tournier, in Raccolta, 1989, pag. 2521; 1 Grazie alla gestione collettiva, alcuni titolari di diritti (imprese o privati) che operano in un mercato poco lucrativo o di nicchia, o che non hanno sufficiente potere contrattuale, possono gestire i propri diritti in modo efficace. In quest'ottica, le società di gestione collettiva assumono la responsabilità sociale congiunta dei titolari di diritti per far sì che tutti beneficino dei propri diritti di proprietà intellettuale ad un costo ragionevole. Le collecting societies tradizionali, in sostanza, associano autori ed editori, perseguendo in vario modo una funzione di sussidio delle economie più deboli. Tale funzione, talvolta emerge espressamente da norme di legge o di statuto tendenti ad imporre la destinazione di una parte dei proventi dell’intermediazione a fondi di solidarietà, altre volte da criteri di ripartizione delle royalties non rigidamente proporzionati al successo economico delle opere e tendenti, dunque, a sovvenzionare le creazioni di più alto valore intellettuale 2. La dottrina ha spesso attribuito alle società di gestione una funzione latu sensu sindacale, in quanto queste sarebbero nate come strutture corporative di difesa di interessi economici degli autori nei confronti degli utilizzatori di opere protette; un modello corporativo, questo, che si esprime nell’assunzione, da parte di una società di gestione, del ruolo di trattare i corrispettivi con gli utilizzatori, riscuoterli e ripartirli tra gli associati, quello di tutelare gli interessi degli associati mediante la repressione di utilizzazioni abusive, oltre che di compiti di tipo solidaristico e assistenziale a favore dei soci, come anzidetto. L’integrazione produttiva tra autori ed editori, attuata attraverso le collecting societies classiche, dunque, risulta giustificata da considerazioni di equità, piuttosto che da ragioni di efficienza; nell’ottica della funzione solidaristica perseguita dalle società di gestione, invero, l’organizzazione è principalmente diretta ad avvantaggiare alcuni associati (autori), nei confronti di altri (editori), anziché ad offrire agli associati la possibilità di remunerazioni superiori a quelle ipotizzabili attraverso i meccanismi di contrattazione individuale. Altro dato tipologico delle società di gestione è quello relativo alla loro rilevanza pubblicistica, che si traduce in una penetrante regolazione amministrativa dell’attività svolta, o addirittura, come avvenuto in Italia, nell’attribuzione di una riserva legale di attività 3. 2 V. G. COLANGELO, Mercato e cooperazione tecnologica. I contratti di patent pooling, 2005, pag. 206; D. SARTI, Gestione collettiva e modelli associativi, p. 30, in: a cura di P. SPADA, Gestione collettiva della domanda e offerta di prodotti culturali, 2006, in Quaderni di Aida, 2006, VIII; 3 V. infra pag. 10; 2 Sul piano economico è da rilevare, in ultimo, come le società di gestione non abbiano mai assorbito per intero il mercato della gestione dei diritti d’autore, ma vi sia sempre stato spazio per una gestione individuale dei diritti derivanti da certi tipi di opere e di utilizzazioni delle stesse; la gestione collettiva è apparsa, invece, insostituibile laddove fosse necessario realizzare un controllo capillare su alcune modalità di utilizzazione delle opere tutelate, così come per la “musica di consumo”, ma anche per il controllo effettivo della commercializzazione di opere protette (numero di copie vendute di un opera letteraria o, ad esempio, di biglietti venduti per uno spettacolo)4. In termini economici, in definitiva, l’esigenza per gli ordinamenti di dotarsi di società di gestione collettiva nasce dal presupposto che l’amministrazione individuale dei diritti, nella maggior parte dei casi, risulterebbe eccessivamente onerosa, se non del tutto impraticabile. Al contrario, la vendita collettiva consente la riduzione dei costi transattivi e permette una gestione maggiormente efficiente nell’ambito della cessione delle privative, il relativo monitoraggio e i meccanismi di enforcement, oltremodo complessi ed onerosi se operati dai singoli titolari. Il raggiungimento delle economie di scala, associato al monitoraggio e alla “collazione” dei canoni sulle licenze, dovrebbe dunque favorire sia il benessere degli utenti finali, sia degli originari titolari dei diritti sui contenuti: i primi acquistando indirettamente un potere contrattuale in virtù del quale spuntare condizioni contrattuali più favorevoli; i secondi, rivolgendosi ad un’unica centrale di vendita con un ampio catalogo di contenuti ed abbattendo così i relativi costi di transazione. E’ così che, ritenendo che un’unica organizzazione, a volte differenziata per tipologia di diritti, operante all’interno di confini precisamente individuati, sia in grado di rimediare ad un latente fallimento di mercato 5, il mercato stesso della gestione dei diritti finisce per articolarsi generalmente, nei singoli territori nazionali, quale monopolio naturale. Detto questo, nonostante la fisionomia tipica della società di gestione - con i suoi profili corporativi e solidaristici, nonché la sua rilevanza pubblicistica - si differenzi notevolmente da una normale impresa di servizi, il nucleo centrale dell’attività svolta da tali società rimane proprio quello di fornitura, agli autori ed editori, di servizi 4 V. M. LIBERTINI, Gestione collettiva dei diritti di proprietà intellettuale e concorrenza, p. 103, in a cura di P. SPADA op. cit.. 5 V. R. PARDOLESI, A. GIANNACCARI, Gestione collettiva e diritto antitrust:figure in cerca d’autor(i)?, in a cura di P. SPADA, op. cit. 3 economicamente rilevanti, e con corrispettivi idonei almeno a coprire i costi di produzione di tali servizi. Tali ultimi rilievi bastano a qualificare le società di gestione collettiva come “imprese” ai sensi delle norme generali di diritto comunitario della concorrenza, dato che è pacifico che l’attività di intermediazione da esse svolta, incidendo sullo sfruttamento commerciale delle opere tutelate, si configura come attività economica; come pure è pacifico che, nel diritto europeo antitrust, si deve qualificare come impresa “qualsiasi entità che eserciti un’attività economica, a prescindere dal suo stato giuridico e dalle sue modalità di finanziamento” 6. Come chiarito dalla Corte di Giustizia, qualora un organismo pubblico o privato, eserciti un’attività che può essere svolta, almeno in linea di principio, da un operatore privato per un fine di lucro, detto organismo deve essere qualificato come impresa, non rilevando a tal fine che gli sia stato affidato un compito di interesse generale o di servizio pubblico 7. In linea di principio, pertanto, l’attribuzione di diritti esclusivi va valutata sulla base delle regole comunitarie in materia di concorrenza. La regolazione amministrativa delle attività delle società di gestione crea, ovviamente, barriere all’ingresso nel mercato di società diverse da quelle storicamente consolidate. Come anticipato, ciò determina, quasi ovunque in Europa, posizioni di monopolio di fatto in capo alle società c.d. storiche. L’Italia si distingue dagli altri paesi in quanto ha creato un vero e proprio monopolio legale, in capo alla S.I.A.E., per la gestione dei “diritti di rappresentazione, di esecuzione, di recitazione, di radiodiffusione ivi compresa la comunicazione al pubblico via satellite e di riproduzione meccanica e cinematografica di opere tutelate” (art. 180, comma 1, l. a.). In una panoramica europea, possiamo considerare analoghe, per lo più negli effetti, al regime di riserva legale attribuita dall’ordinamento italiano alla S.I.A.E., soluzioni adottate in alcuni paesi, come ad esempio l’Ungheria 8 , che consistono nella esplicita 6 Sent. 23 aprile 1991, causa C-41/90, Höfner, Raccolta, 1991, pag. I-1979; Gli obblighi imposti dallo Stato membro in tal senso infatti non hanno l’effetto di sottrarre l’organismo in questione all’ambito di applicazione del diritto comunitario, ma possono eventualmente giustificare la concessione di diritti esclusivi o speciali ai sensi dell’art. 86 del Trattato CE; 8 Nel 1996, un decreto del Governo ungherese ha ufficialmente consentito l’istituzione di Società per l’amministrazione collettiva in tutti quei settori in cui “a causa della natura e delle condizioni di utilizzazione delle opere o dei media, gli aventi diritto non siano in grado di esercitare i loro diritti su base individuale”. Tuttavia, spetta al Ministero della Cultura, che ha tra i suoi compiti quello del controllo del settore, fare in modo che per ciascuna categoria di diritti esista soltanto una Società. Lo stesso decreto ha previsto anche le condizioni che devono essere rispettate affinchè una organizzazione possa ottenere la autorizzazione ministeriale, condizioni che in generale riguardano l’operatività e l’imparzialità della Società e la sua rappresentatività con riguardo anche ai repertori delle Società straniere. Se esiste la richiesta di registrazione presso il Ministero di più di una entità per la stessa categoria di diritti, spetta al Ministero stesso scegliere la più 7 4 previsione da parte dell’ordinamento, dell’obbligo degli autori di conferire alla società di gestione collettiva determinati diritti di utilizzazione economica. Una distante ma significativa esperienza è, invece, quella dei paesi scandinavi dove, da mezzo secolo, esiste un sistema di extended collective license il quale attribuisce alle società di gestione collettiva, che siano in possesso di determinati requisiti di rappresentatività delle categorie interessate, il potere di stipulare accordi economici collettivi con gli utilizzatori, aventi effetti erga omnes, con la possibilità, però, per i titolari dei diritti, di dissociarsi dal sistema attraverso una dichiarazione espressa (c.d. regola dell’opting out) 9. Tale meccanismo da una parte rafforza il ruolo delle società di gestione quando queste operino in situazioni di monopolio di fatto, ma dall’altra non esclude la possibilità che più organismi possano operare in competizione tra loro. In altre realtà europee sussiste una sorta di regime autorizzatorio più o meno aperto alla concorrenza, il quale si traduce, ad ogni modo, nella maggior parte dei casi, in situazioni di quasi-monopolio di fatto delle società di gestione esistenti. Questo avviene in Belgio, dove ogni organizzazione che agisca come intermediario nel campo dei diritti d’autore e dei diritti connessi è soggetta alla disciplina generale adatta allo svolgimento dell’attività. La Società munita di autorizzazione ministeriale ha l’onere di rilasciare “licenze collettive estese”, che comprendano anche i diritti degli autori non iscritti, i quali hanno un tempo determinato per avanzare eventuali richieste documentate per ottenere di partecipare alla ripartizione dei diritti sulla base dell’effettiva utilizzazione delle loro opere. La più antica Società ungherese è stata la MARS, fondata nel 1907 e sostituita nel 1952 dalla agenzia statale ARTISJUS, la quale, dopo il 1996 (Bureau Hongrois pour la Protection des Droits d’Auteur), che aveva raggiunto un livello di efficienza notevole anche nel periodo precedente, ha continuato ad essere attiva per i diritti di esecuzione e di riproduzione delle opere musicali e si è adattata senza difficoltà alle diverse condizioni di gestione dei diritti (v. http://www.artisjus.hu). Nel 1997 ha iniziato la sua attività la HUNGART, che rappresenta i diritti degli artisti, dei designers e dei fotografi, diritti che fino al 1992 erano amministrati dal Fondo delle Arti. Questa organizzazione si occupa anche della gestione del diritto di seguito sulle vendite delle opere delle arti visive. Per la fissazione delle tariffe per la riproduzione grafica delle opere d’arte sono consultate tutte le organizzazioni sindacali e professionali degli artisti, nonchè le associazioni di categoria degli utilizzatori, per poi sottoporre le tariffe stesse alla approvazione finale del Ministero. 9 Tale modello giuridico è stato utilizzato nei paesi scandinavi per favorire la libera circolazione dei diritti già a partire dagli anni ‘60. Rispetto alle licenze obbligatorie, il vantaggio associato alle licenze collettive estese risiede nel fatto che la determinazione dell’ammontare e delle modalità di remunerazione, nonché delle condizioni di utilizzo delle opere protette, è rimessa all’autonomia negoziale delle organizzazioni rappresentative degli autori e degli utenti, mediante ricorso ad accordi volontari. Ciò rappresenta una maggiore tutela per i titolari dei diritti: in assenza di un accordo raggiunto tra gli attori della filiera, infatti, le disposizioni di legge sulle licenze collettive estese non hanno alcun margine di operatività, in quanto si limitano ad estendere gli effetti degli accordi agli autori non rappresentati. Inoltre, va considerato un ulteriore vantaggio associato a questo sistema, che riguarda la possibilità offerta ai singoli autori di beneficiare comunque del contenuto di accordi volontari circa l’utilizzo delle proprie opere in un contesto, quello della Rete, in cui difficilmente potrebbero negoziare da soli accordi volontari e ottenere una remunerazione per l’utilizzo delle proprie opere mediante sistemi di file sharing. Il sistema delle licenze collettive estese nei paesi nordici attualmente, risulta vigente nelle legislazioni di Danimarca, Svezia, Norvegia, Islanda, Finlandia. (cfr. AGCOM- Libro Bianco sui Contenuti, 2011, http:// www.agcom.it) 5 relativa alle Società per la gestione collettiva dei diritti dettata dalla Legge belga sul Diritto d’autore del 1994, indipendentemente dalla forma legale prescelta, che può variare dalla cooperativa senza scopo di lucro alla società di capitali. In ogni caso, gli associati devono appartenere alle categorie degli aventi diritto previste dalla legge. Tutte le Società devono preventivamente munirsi di una autorizzazione, concessa con decreto ministeriale secondo condizioni stabilite dall’apposito decreto del 1995. La supervisione spetta al Ministero della Giustizia e non riguarda solo la legittimità degli atti costitutivi, ma anche il rispetto degli obblighi contrattuali nei confronti dei membri, degli utilizzatori e delle consimili organizzazioni straniere 10. In Germania, la legge sull’amministrazione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi, modificata varie volte dopo la sua emanazione nel 1965, regola in modo generale questa attività, prevedendo l’obbligo per le imprese del settore di ottenere la preventiva autorizzazione del Patentamt tedesco, ufficio che ha anche compiti di supervisione; la legge tedesca consente che più società possano amministrare la stessa categoria di diritti, escludendo in teoria il monopolio legale da parte delle organizzazioni autorizzate, che sono altresì sottoposte al controllo della autorità Antitrust tedesca (Kartellamnt) 11. 10 La Società degli autori storica in Belgio è la SABAM (Société Belge des Auteurs Compositeurs et Editeurs) che, come la SIAE e la spagnola SGAE, è una Società à branches multiples, gestisce cioè diritti relativi a diversi tipi di opere, spaziando dalla musica alla letteratura, dalle opere del grande diritto alle arti visive. Le specificità linguistiche sono inoltre all’origine del fatto che, per le opere drammatiche ed audiovisive, operino in Belgio due Società: accanto alla SABAM, infatti, è attiva la francese SACD, che cura direttamente gli interessi dei suoi aderenti per tutte le utilizzazioni in lingua francese. Allo stesso modo anche la SCAM (Société Civile des Auteurs et Compositeurs), per le opere letterarie e documentarie, ha aperto un ufficio per il territorio belga ed agisce in concorrenza con la SABAM per le opere in lingua francese. È stata creata nel 1979 una nuova Società per i diritti alle arti visive, la SOFAM (Soaciété Multimedia des Auteurs des Arts Visuels), che ha vocazione alla tutela dei fotografi e compie anche ricerche su commissione circa la titolarità dei diritti di opere fotografiche o artistiche di autori non aderenti ad alcuna Società, fornendo un servizio di intermediazione caso per caso nei confronti degli utilizzatori che intendano riprodurle. 11 La società che amministra i diritti di esecuzione e riproduzione sulle opere musicali, in Germania è la GEMA. Oltre alla GEMA esistono in Germania numerose altre organizzazioni, la cui importanza è crescente in relazione all’aumento di utilizzazioni difficilmente controllabili delle opere letterarie ed audiovisive. Nel settore delle opere letterarie, scientifiche e giornalistiche opera la WORT (Verwertungsgesellschaft), che amministra anche i diritti reprografici e i diritti dei soggettisti di opere cinematografiche. In campo cinematografico, per i registi e gli sceneggiatori, è attiva la Società di gestione BILDKUNST, che ha anche mantenuto la sua competenza per le arti figurative, sia per i diritti di riproduzione grafica che per il diritto di seguito. Gli interessi dei produttori cinematografici, televisivi ed audiovisivi sono curati da diverse organizzazioni, tra cui la VFF, la GWFF e la GUFA. Tra le Società tedesche esistono forme di collaborazione operativa in diversi settori, il più importante dei quali è la copia privata, per cui la ZPU (Zentralstelle fur Private Uberspielungsrechte) effettua la riscossione e la suddivisione dei compensi. Più recente rispetto alle altre è la CMMV (Organismo multimediale delle Società di gestione di diritti d’autore e diritti connessi), ossia una sorta di “sportello unico” per le utilizzazioni multimediali. La formazione della CMMV nel 1996 ha rappresentato la risposta delle Società di riscossione tedesche alle necessità specifiche del mercato 6 In Spagna, la Costituzione del 1978 ha abolito il monopolio della SGAE (Sociedad General de Autores de España). Il testo consolidato nel 1996 della legge sul diritto d’autore comprende la disciplina dell’attività di gestione dei diritti, che ha risentito in particolare dell’esperienza tedesca, basando le norme sul principio della libertà di associazione temperato dalla legislazione antitrust 12 . Le Società di gestione devono ottenere l’autorizzazione preventiva del Ministero della Cultura, con controlli sul possesso dei requisiti previsti e sull’adempimento di specifici obblighi, in particolari di tipo tariffario. Le Società hanno inoltre l’obbligo di svolgere attività culturali e fornire servizi sociali a favore dei loro membri, direttamente o attraverso organismi separati, utilizzando una quota dei proventi per la copia privata e la reprografia 13. Il codice della Proprietà intellettuale francese del 1985 stabilisce che le società di gestione siano private ma non abbiano scopo di lucro. Possono costituire una propria organizzazione di gestione dei diritti gli autori, gli editori, gli artisti interpreti ed esecutori e i produttori fonovideografici. Le Società, inoltre, sono tenute a rilasciare licenze globali agli utilizzatori che ne facciano richiesta. La supervisione sugli statuti e i regolamenti delle Società spetta al Ministero della Cultura, che ne riceve annualmente anche il bilancio ed è incaricato dell’esame preventivo delle modifiche statutarie e regolamentari. multimediale. Tutte le Società tedesche sono membri di questa Società a responsabilità limitata. Ai sensi dell’art.1 del suo Regolamento, scopo dell’attività della CMMV è la promozione di negoziati tra i produttori e/o utenti di prodotti e servizi multimediali, da un lato, e gli aventi diritto, dall’altro, anche tramite l’attività di raccolta e l’inoltro delle informazioni su opere specifiche e relativi aventi diritto; l’intermediazione per la produzione e/o l’utilizzazione di prodotti e servizi multimediali tra produttori o utilizzatori ed aventi diritto o relative Società di riscossione; la rappresentanza di Società o organismi esteri aventi i medesimi scopi. Per il momento, la CMMV opera, comunque, come mero centro informazioni. 12 E’ indicativa una comunicazione pubblica della Comisiòn Nacional de Competencia del gennaio 2010 nella quale si afferma che la posizione monopolistica delle entità di gestione collettiva riduce i loro incentivi a operare in modo efficiente, favorisce la fissazione di tariffe non eque o addirittura discriminatorie per l’utilizzazione dei repertori e ostacola le attività di sfruttamento degli utilizzatori. L’autorità auspica, in tale comunicazione, una modifica della legge sul diritto d’autore relativamente alla disciplina delle società di gestione dei diritti che permetta di realizzare un modello più aperto alla concorrenza. In particolare l’autorità ritiene che debbano eliminarsi barriere all’entrata quali l’obbligatorietà della gestione collettiva, il sistema dell’autorizzazione amministrativa, sostituendolo con un sistema di semplice registrazione, e l’obbligo che tali società siano senza scopo di lucro, permettendo invece a queste di potersi costituire in qualsiasi forma giuridica. 13 Il Ministero ha finora concesso autorizzazione a quattro Società di autori (l’anzidetta SGAE, la CEDRO Centro Español de Derechos Reprográficos, la VEGAP - Visual Entidad de Gestión de Artistas Plásticos, la DAMA- Derechos de Autor de Medios Audiovisuales) e a quattro organizzazioni per i diritti connessi, due di produttori fonografici e audiovisivi (la AGEDI - Asociación de Gestión de Derechos Intelectuales de Productores Fonográficos, e la EGEDA - Entidad de Gestión de Derechos de los Productores Audiovisuales) e a due di artisti interpreti ed esecutori (la AIE - Artistas Intérpretes o Ejecutantes, e la AISGE - Artistas Intérpretes, Sociedad de Gestión). 7 La più antica collecting society francese, che è anche la più antica al mondo, è la SACD (Société des Auteurs et Compositeurs Dramatiques), che ha esteso il suo iniziale ambito di competenza, teatro e opera lirica, alle opere audiovisive e cinematografiche. La SACEM (Société des Auteurs, Compositeurs et Editeurs de Musique) è tra le più note organizzazioni del mondo, attiva a livello nazionale ed internazionale per quanto riguarda il diritto di esecuzione e diffusione 14. L’antica SGDL (Société de Gens de Lettre), invece, si limita attualmente ad un ruolo di rappresentanza sindacale per gli autori letterari, i cui diritti sono gestiti dal 1981 dalla Società di gestione la SCAM (Société Civile des Auteurs Multimedia). Oltre alle opere letterarie e giornalistiche, la SCAM amministra i diritti sulle opere audiovisive, in particolare le opere documentarie e i film industriali, nonchè le opere sonore non musicali come quelle radiofoniche. Delle due Società costituite, in origine, per le arti visive sopravvive solo la ADAGP (Association pour la Défense des Arts Graphiques et Plastiques), che si occupa di diritto di riproduzione e di diritto di seguito sulle opere d’arte dei suoi membri e delle analoghe organizzazioni estere. In Francia, le Società di amministrazione collettiva hanno seguito una formula di totale indipendenza reciproca, fatta eccezione per alcune specifiche organizzazioni che sono state costituite dalle Società degli autori per i settori di attività nei quali era particolarmente necessario sfruttare le possibili sinergie. Sono organismi comuni delle Società degli autori la SDRM (Société pour l’Administration du Droit de Reproduction Mécanique des Auteurs, Compositeurs ed Editeurs) che amministra il diritto di riproduzione meccanica per i diversi tipi di opere, e la SESAM che è un esperimento di one-stop shop in campo multimediale, avviato nel 1996, la quale rilascia licenze per le utilizzazioni on-line e off-line. Il modello che più si discosta da quello del monopolio legale attribuito dalla normativa italiana alla SIAE è certamente quello britannico. In Gran Bretagna, infatti l’attività delle collecting societies si svolge in un contesto aperto alla concorrenza da più 14 Proprio la SACEM è stata protagonista di una lunga e complessa causa, indicata comunemente come procedimento SACEM contro discoteche, trattandosi in realtà di quattro cause riunite (causa 395/87, Pubblico ministero contro Tournier, e cause riunite 110/88, Sacem / Lucazeau, 241/88, Sacem / Debelle, e 242/88, Sacem / Soumagnac), che ha segnato un precedente di importanza fondamentale nel campo della gestione collettiva dei diritti d’autore, non solo in Francia, ma a livello comunitario, relativamente all’applicazione della normativa antitrust alle collecting societies. 8 associazioni, agenzie e società che, in regime di libera attività, si specializzano in determinati settori. La Gran Bretagna, infatti, è l’unico stato membro dell’Unione Europea nel quale l’attività di gestione dei diritti è del tutto deregolata e l’amministrazione del copyright è assoggettata soltanto alle norme per le imprese o le associazioni, a seconda della forma scelta dagli aderenti, senza speciali oneri o prerogative. La legge del 1986 ha confermato la competenza del Copyright Tribunal in materia di tariffe e condizioni di licenza. Le organizzazioni britanniche sono inoltre sottoposte ai controlli Antitrust della Monopolies and Mergers Commission e ad indagini conoscitive specifiche da parte di commissioni parlamentari. Risale al 1914 la fondazione della PRS (The Performing Right Society Ltd) per i diritti di esecuzione e diffusione di opere musicali, oggi denominata PRS for Music, a seguito dell’alleanza stipulata nel 1997 con la MCPS (Mechanical-Copyright Protection Society Ltd), l’agenzia che gestisce i diritti di riproduzione per conto degli editori e degli autori. Nel 1977 è stata creata la ALCS (Authors’ Licensing and Collecting Society) che amministra la ritrasmissione via cavo per gli autori letterari e gli sceneggiatori; la sua sfera di attività si va estendendo alla reprografia, al diritto di noleggio e prestito e ad altri diritti secondari di utilizzazione. Autori ed editori librari insieme hanno costituito nel 1982 la CLA (Copyright Licensing Agency), una clearing house per i diritti reprografici, che agisce in collaborazione anche con la ALCS nel rilascio di licenze globali agli istituti di istruzione ed alle università. La DACS (Design and Artists Copyright Society Ltd) ha iniziato la sua attività nel 1983, come agenzia per i diritti sulle arti visive. In connessione con l’introduzione di normative comunitarie per il noleggio, è stata infine creata la DPRS (Directors and Producers Rights Society), per la tutela dei diritti cinematografici e televisivi che è possibile amministrare su base collettiva. Tornando al dato concorrenziale, sebbene la PRS for Music abbia consolidato, con la fusione tra la MCPS e la PRS, una posizione che può dirsi dominante nel mercato dell’intermediazione e della gestione dei diritti d’autore nel settore musicale, la pressione concorrenziale permane. A voler portare un esempio, la Phonographic Performance Ltd (PPL), nata nel 1934 e specializzata nella tutela dei diritti derivanti dalle esecuzioni di brani musicali, è un competitor potenzialmente capace di erodere la quota di mercato della PRS for Music qualora quest’ultima peggiorasse gli standard di efficienza ora garantiti al proprio target. Ad oggi, la linea di demarcazione tra il bacino di utenza delle due società è dato dal grado di specializzazione e dalla diversità delle opere d’ingegno tutelate: la 9 composizione di testi e canzoni per la PRS for Music, l’esecuzione di brani musicali per la PPL. Le società di gestione inglesi sono, dunque, altamente specializzate e possono per questo innovare i propri servizi adeguandoli alle esigenze del mercato. La specializzazione per tipologia di opera ovvero per categoria di soggetti tutelati potrebbe portare anche alla costituzione di monopoli di fatto nei diversi settori del mercato. Tuttavia, non si tratterebbe affatto di un monopolio legale. La differenza non è trascurabile, poiché la pressione del mercato è comunque avvertita. Un peggioramento dei servizi di intermediazione da parte di una società, invero, renderebbe la propria quota di mercato appetibile ai competitor specializzati in ambiti affini o potrebbe attirare nuovi soggetti. Inoltre, le numerose associazioni che per ora rappresentano le varie categorie di artisti costituiscono ulteriori potenziali concorrenti. La Musician Union, ad esempio, riunisce circa 30 mila musicisti ed offre loro servizi di consulenza di ogni tipo, servizi di carattere previdenziale, ma anche di intermediazione nei rapporti con radio e tv interessati alla messa in onda delle performance degli iscritti. La contiguità con il core business della PRS for Music è evidente e si traduce in una pressione competitiva esercitata nei confronti del “monopolista di fatto”. Lo stesso dicasi per The Society of Authors, l’associazione di scrittori che assiste i propri 6.500 iscritti nelle questioni legali e fiscali e nei loro rapporti di lavoro 15. Il modello di gestione collettiva dei diritti d’autore che pare effettivamente accostarsi a quello italiano è quello adottato in Svizzera. La Suisa raccoglie, infatti, i proventi dai diritti d’autore nel mercato musicale in regime di esclusiva per tutti i suoi circa 30.000 iscritti. La legge svizzera prevede che “di norma, è accordata l’autorizzazione [alla gestione collettiva dei diritti d’autore] a una sola società per categoria di opere e a una sola società per i diritti di protezione affini” (art. 42, Legge federale sui diritti d’autore e sui diritti di protezione affini). L’atto autorizzatorio ha durata quinquennale e può esser rinnovato alla scadenza per altri cinque anni. L’ordinamento svizzero, dunque, pur non individuando, come invece quello italiano, una determinata (e addirittura espressamente nominata) società per la gestione collettiva dei diritti d’autore, attribuendo l’esclusiva dell’attività di 15 Cfr. D. MENEGON, L’intermediazione dei diritti d’autore. Perché il monopolio è costoso e inefficiente, IBL Briefing Paper, 19 luglio 2010. 10 amministrazione di tali diritti ad una sola di queste, non fa che strutturare un autentico monopolio legale. L’italiana SIAE, costituitasi il 23 aprile 1882, con la denominazione di Società degli Autori, nasce come associazione privata, con lo scopo di unire uomini di cultura e di arte e giuristi per diffondere e far affermare i principi giuridici e morali della protezione delle creazioni letterarie ed artistiche, con iniziative di studio, di propaganda e di sostegno alle rivendicazioni dei singoli autori, anche in sede giudiziaria. Successivamente la Società assume le funzioni proprie delle altre società di autori esistenti (soprattutto quelle francesi), di vera e propria gestione delle facoltà tipiche del diritto d’autore, sia pur limitatamente alle pubbliche rappresentazioni ed esecuzioni. A partire dal 1926, la Società acquisisce il suo carattere pubblicistico e, a seguito del R.D. 3-11-1927, n. 2138, prende la denominazione attuale di “Società Italiana degli Autori ed Editori (SIAE)” 16. La legge 22-41941, n. 633, all’art. 180 disciplina le funzioni e le attività della Società e, nello specifico, il 1° comma del predetto articolo, definisce i diritti per la gestione dei quali la SIAE ha competenza in via esclusiva 17. L’art. 7 del d. lgs. 419/99 qualifica espressamente la SIAE come “ente pubblico a base associativa”. Tale norma arriva alla fine di un lungo dibattito sulla natura giuridica della SIAE, a conclusione del quale si è giunti a considerare la Società come ente pubblico a base associativa e, successivamente, anche come ente gestore di attività di impresa, dunque, vincolato al principio di economicità 18 . Ad ogni modo, il regime in cui la SIAE svolge la sua attività è, senza dubbio, quello dell’esclusiva e l’esistenza di tale riserva legale di attività imprenditoriale qualifica certamente la natura monopolistica dell’attività di intermediazione della SIAE. Sull’esistenza del monopolio legale in capo alla Società di gestione italiana si è sviluppato per vari decenni un dibattito giurisprudenziale inerente anche al fondamento costituzionale delle disposizioni relative all’attività ed alle funzioni della SIAE, soprattutto con riferimento agli artt. 3, 24, 41 e 113 della Costituzione. 16 FABIANI M., SIAE, in Digesto commerciale, XIII, 1996, p. 388. L’art. 10 del D. Lgs. 23-10-1996, n. 581, ha aggiunto, integrando il comma 1° dell’art. 180 della Legge sul Diritto d’Autore, alla radiodiffusione, anche la “comunicazione al pubblico via satellite”. 18 La disciplina cui è sottoposta la SIAE ha una doppia matrice:il d. lgs. 419/99 la sottopone a norme di diritto privato, ma la sua natura di ente pubblico le impone ulteriori vincoli, non riscontrabili in capo alle imprese private, in particolare per quanto riguarda la parità di trattamento a favore degli autori e il divieto di discriminazione (cfr. LIBERTINI M., op. cit., p. 114). 17 11 Con sentenza 13-04-1965, n. 72, la Corte Costituzionale negò la configurabilità di un monopolio, anche di fatto, della SIAE “poiché l’esclusiva dell’attività di intermediario accordata dal denunziato art. 180 della legge n. 633 del 1941 alla SIAE non preclude all’autore, che ne abbia volontà e possibilità, la protezione e l’esercizio diretto dei propri diritti”; allo stesso modo, sulla questione se l’art. 180 fosse in contrasto con l’art. 18 della Costituzione, e cioè se tale prima norma violasse la libertà di associazione sia in quanto non consentirebbe agli autori di associarsi per il fine di esercitare i loro diritti, senza avvalersi dell’intermediazione della SIAE, sia in quanto per fare valere tali diritti, detti autori sarebbero, dunque, costretti ad associarsi alla SIAE, la Corte, con sentenza 17-04-1968, n. 65, statuì che “dall’art. 180 non è affatto limitato il diritto degli autori di associarsi come meglio credono, per la tutela dei loro diritti e dei loro interessi, anche, ad esempio, al fine di controllare se la SIAE eserciti legittimamente l’attività di intermediazione ad essa riservata in esclusiva; né può dirsi che la riserva alla SIAE dell’attività in questione sia lesiva dell’art. 18 Cost., dato che tale norma non esclude che certe attività siano riservate a pubblici poteri”, aggiungendo inoltre che “ non è esatto che l’art. 180 violerebbe l’art. 18 Cost. nel senso che obbligherebbe gli autori, che volessero far valere i loro diritti a mezzo di intermediario, ad associarsi alla SIAE: come risulta dagli artt. 4 e 17 del suo statuto, la SIAE, infatti, può esercitare la sua attività di intermediario anche per autori non soci o non iscritti, che gliene conferiscano il mandato”. La successiva pronuncia n. 65 del 19-04-1972, tornando sul tema del monopolio SIAE, afferma che “ non può parlarsi di un monopolio neppure di fatto, poiché l’esclusiva dell’attività di intermediario accordata dall’art. 180 [..] alla SIAE non preclude all’autore la protezione e l’esercizio dei propri diritti” precisando però che “non può contestarsi che quella esclusiva ponga la SIAE in una indubbia posizione di preminenza, resa necessaria, peraltro, dalle difficoltà che in molti casi presenta il controllo delle attività che hanno per oggetto l’utilizzazione economica delle opere protette”; immediatamente tale ultimo argomento viene temperato in quanto la Corte prosegue “questa posizione di preminenza, però, trova piena e razionale giustificazione nella esigenza di interesse generale e, quindi, pubblico, di adeguata protezione del diritto di autore e dei diritti connessi, che il legislatore ha riconosciuto talmente rilevante da dover preordinare, al fine di soddisfarla, particolari mezzi di difesa e di tutela sia penali che civili. Tra questi ultimi va compresa l’istituzione stessa della SIAE”. Solo nel 1990, con sentenza 25-05-1990, n. 241, la Corte ammette che l’astratta possibilità di gestire personalmente i propri diritti, cha la legge pur riserva agli autori, circostanza fino a quel momento assunta come ostacolo alla effettiva formazione di un 12 monopolio, rimane, in concreto, una eventualità piuttosto remota, soprattutto per via dell’ampia diffusione delle opere dell’ingegno. Per tale motivo, la “sostanziale insostituibilità dell’attività di intermediazione comporta che l’ente che è titolare in esclusiva di quest’ultima, eserciti in condizioni di sostanziale monopolio la gestione dei diritti di utilizzazione economica delle opere tutelate”. Tuttavia anche tale ultima pronuncia giunge a riconoscere la legittimità costituzionale del monopolio legale della SIAE per ragioni di utilità generale, rilevando che “la ratio dell’esclusiva a favore della SIAE sta, oltre che nella protezione dei diritti degli autori, nella funzione di promozione della cultura e della diffusione delle opere” 19, ritenendo, tra l’altro, adeguatamente tutelati i soggetti contraenti con la SIAE dalla presenza, nel nostro ordinamento, dell’art. 2597 c.c.. La stessa Relazione alla legge sul diritto d’autore rilevava che l’esclusiva attribuita alla SIAE nella gestione dei diritti d’autore fosse giustificata dal fatto che la Società, per mezzo della sua attività, “è chiamata a realizzare un più generale interesse: quello alla tutela e all’esercizio del diritto d’autore, considerato nella sua funzione sociale un diritto volto a disciplinare una materia in cui sono operanti gravi interessi di tutela e di sviluppo della personalità umana e della cultura”. Il regime di esclusiva attribuito dall’ordinamento italiano alla S.I.A.E. e dal quale discende il monopolio legale della stessa non sottrae comunque l’Ente all’applicazione della normativa antitrust interna e, dunque, alla legge 287/90, che si colloca temporalmente appena dopo l’ultima anzidetta pronuncia della Corte Costituzionale in materia. Anche l’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato, infatti, in adesione ad un consolidato orientamento giurisprudenziale comunitario, ha ricondotto le società di gestione nella categoria delle imprese evidenziando che “anche la natura giuridica di ente pubblico della S.I.A.E. non osta alla qualificazione della stessa quale soggetto rilevante per la normativa in materia di concorrenza” 20. Tuttavia, se l’introduzione della normativa antitrust e la costituzionalizzazione, a livello italiano, del principio di concorrenza - dovuta all’assunto in base al quale i principi della legge 287/90 si ritengono dotati di un rango superiore a quello generalmente riconosciuto alle leggi ordinarie e tali, anzi, da integrare il principio costituzionale di libera 19 20 Per i testi integrali delle sentenze citate cfr. il sito Consulta OnLine all’indirizzo internet www.giurcost.org. AGCM, provvedimento n. 2590/95, caso A/59 SNAI/UNIRE. 13 iniziativa economica 21 - avrebbero dovuto intaccare la solidità della tesi della legittimità costituzionale dell’esclusiva, sul piano dell’esperienza storica in materia di enforcement antitrust, la disciplina di tutela della concorrenza si è paradossalmente rilevato un fattore di conservazione delle esclusive legali. La costituzionalizzazione del principio di concorrenza determina la natura strettamente eccezionale della istituzione di monopoli pubblici, come quelli attualmente esistenti nel settore della gestione collettiva dei diritti d’autore e da ciò procede che la valutazione sulla legittimità costituzionale delle esclusive sia condotta mediante un esame di merito sulla congruità e sulla ragionevolezza del nesso fra la tutela dei beni di rilevanza pubblicistica e la soppressione dei meccanismi concorrenziali. Nondimeno, la garanzia di un sistema concorrenziale non richiede necessariamente la presenza sul mercato di una pluralità di imprese indipendenti e la rilevanza costituzionale del principio di concorrenza effettiva non impedisce che entrambi i beni della competizione e del pluralismo possano essere legittimamente soppressi dal legislatore ordinario, qualora si dimostri che il processo di diversificazione dell’offerta sia in realtà dannoso per determinati interessi dotati di rango costituzionale, e il bene da privilegiare sia invece quello della uniformità del servizio in condizioni di parità per tutti i cittadini. A fronte di un panorama europeo caratterizzato dalla situazione illustrata, bisogna essenzialmente chiedersi se le inefficienza legate ad una strutturazione del mercato di tipo monopolistico siano compensate dal raggiungimento di altri obiettivi meritevoli di tutela da parte del sistema di gestione collettiva dei diritti e, inoltre, fino a che punto possa spingersi il controllo antitrust nella salvaguardia di interessi efficientistici, arginando le esigenze culturali, redistributive e mutualistiche storicamente associate alle società di gestione. 21 Tale valutazione discende formalmente dall’espresso richiamo all’art. 41 Cost. contenuto nell’art. 1 della Legge 287/90, ma anche dalla ricostruzione teorica per cui la legge 287/90 presuppone un sistema delle relazioni di mercato basato sul potere di scelta degli utenti a fronte di una offerta differenziata di prodotti e servizi, destinata grazie agli stimoli concorrenziali a restare dinamica ed assicurare la soddisfazione delle preferenze individuali. D’altra parte il tenore della legge 287/90 assicura che i principi costituzionali non garantiscano solo il concetto di “libertà concorrenziale” in senso statico, come sfera di autonomia del privato rispetto a vincoli esterni, ma anche il concetto di “concorrenza effettiva” inteso come processo competitivo dinamico, garantito e tutelato dalla normativa di settore (cfr. LIBERTINI M., Autonomia privata e concorrenza nel diritto italiano, in Riv. Dir. Comm., 2002, p. 433) 14 A tali domande dovrebbe rispondersi valutando gli effetti del sistema descritto in rapporto ai titolari dei diritti, agli utenti finali ed, in ultimo, anche alle interazioni reciproche tra le diverse società di gestione. L’esperienza, soprattutto comunitaria, in tema di condotte anticoncorrenziali delle collecting societies, la quale pare mostrare un costante utilizzo delle figure di abuso di posizione dominante e, invece, un atteggiamento meno severo rispetto agli accordi e alle pratiche concordate, ha posto in evidenza condotte abusive, sia nei rapporti delle società con i propri membri, sia nei rapporti delle società con gli utilizzatori. Sotto il primo profilo, cioè relativamente ai rischi di deviazioni anticompetitive che possono realizzarsi a scapito dei titolari dei diritti, la forma più risalente di abuso si collega al rifiuto, da parte di una società di gestione, di ammettere autori aventi cittadinanza o residenza straniera. Nel 1971, la Commissione Europea stabilì che le regole interne della società di gestione tedesca GEMA, violavano le disposizioni del Trattato in relazione alle norme sull’abuso di posizione dominante; in particolare, per ottenere lo status di membro della società, erano richiesti la nazionalità tedesca o il domicilio fiscale in Germania: ciò implicava che un compositore o un autore tedesco potessero essere membri di GEMA a prescindere dalla residenza, mentre era impossibile l’ipotesi opposta. Naturalmente appariva scontato che le società di gestione collettiva non potevano operare discriminazioni sulla nazionalità e che tali restrizioni erano eventualmente attaccabili anche sul fronte delle norme poste a tutela della concorrenza22. Successivamente, la Corte di Giustizia, con sent. 02-03-1983, Causa C-7/82, GLV c. Comm., è intervenuta nei confronti di GLV, società di gestione tedesca, accusata di aver strutturato la propria attività in modo da precludere agli artisti stranieri la possibilità di esercitare i diritti di sfruttamento secondario dell’opera, con la conseguenza di ostacolare la libera circolazione dei servizi e di frazionare il mercato comune. La pronuncia della Corte si fonda sulla considerazione che il rifiuto di stipulare contratti con artisti non domiciliati in Germania discende da una previsione statutaria, in quanto la legge tedesca, invece, impone alla società di tutelare i diritti degli artisti con cittadinanza o domicilio in Germania, ma non preclude lo svolgimento di analoga attività anche nei confronti degli artisti stranieri. Nello stesso ambito rientra anche il rifiuto, da parte di una società di gestione, di offrire il proprio servizio a quegli autori che intendano riservarsi la gestione individuale di 22 V. GEMA I [1971] O.J. L134/15 e GEMA II [1972] O.J. L182/24, C.M.L.R.. 15 alcuni dei diritti di utilizzazione economica. Nella decisione 12-08-2002, COMP/C2/37.219, Banghalter & Homen Christo c. SACEM, la Commissione ha affermato che una simile pratica di rifiuto, supportata dall’art. 34 dello statuto della società di gestione francese, restringe ingiustificatamente le possibilità dell’autore di scegliere le modalità di gestione del proprio diritto, considerato che “il ne peut pas assurer lui-même la gestion des droits qu’ikl n’a pas confiés à ls société, il a l’obligation de confier cette gestion à une autre société des droits d’auteur”. Nella maggior parte dei casi, però, la Corte ha riscontrato abusi consistenti nell’imposizione di condizioni contrattuali inique da parte delle società a i propri membri; nella causa Belgische Radio en Televisie c. SABAM e NV Fonior, la Corte di Giustizia, con sent. 27-04-1974, Causa C-127/73, ha giudicato non equa la clausola contrattuale con cui la società di gestione imponeva ai propri membri una cessione globale dei diritti d’autore, presenti e futuri, senza distinguere tra le diverse forme di sfruttamento generalmente riconosciute, e prevedendo una efficacia temporale estesa fino ai cinque anni successivi al recesso del socio. La Corte ha affermato che “il fatto che una società incaricata della gestione dei diritti d’autore, la quale occupi una posizione dominante ai sensi dell’art. 86 imponga ai suoi membri obblighi non indispensabili al raggiungimento dello scopo sociale, e tali quindi da limitare in modo iniquo il libero esercizio dei diritti d’autore, può costituire sfruttamento abusivo di posizione dominante” 23. Per quanto riguarda il secondo profilo, quello incidente sugli utilizzatori, le condotte abusive si sono manifestate soprattutto mediante l’imposizione di prezzi ingiustificatamente gravosi 24. La Commissione ha ritenuto che un prezzo multiplo rispetto a quello riscontrato in altri paesi membri costituisca un indizio di abuso, con il conseguente onere per l’impresa di giustificare le differenze in base a parametri obiettivi. Nel prezzo richiesto, inoltre, confluiscono sia il compenso per l’autore, che il corrispettivo per i servizi offerti dalla società di gestione, dovendo così valutare la condotta abusiva 23 La Corte ha qui stabilito che una società di gestione collettiva dei diritti, nel definire le proprie regole interne, deve prendere in considerazione tutti gli interessi delle parti coinvolte, compresi quelli dei membri, in modo tale da assicurare un bilanciamento tra “[…] the requirement of maximum freedom for authors, composers and publishers to dispose of their works and that of the effective management of their rights” (cfr. Case 395/87, BRT v. SABAM and FONIOR). 24 In realtà, la valutazione sui prezzi e sulla loro iniquità non è agevole in quanto manca la determinazione di un modello di prezzo da utilizzare come parametro universalmente valido. Per tale motivo nelle valutazioni in materia di prezzi “iniqui”, il più delle volte si finisce per usare come elemento di raffronto il livello del prezzo praticato, per lo stesso bene o servizio, in altri stati membri. Naturalmente si tratta di un criterio c.d. “indiziario”, essendo i metodi per calcolare i compensi variabili da Stato a Stato in ragione delle caratteristiche peculiari del mercato nazionale. 16 della società di gestione considerando l’entità di questa seconda componente. Nei casi Basset v. SACEM, nonché SACEM v. Soumagnac e Ministère Public v. Tournier 25, oggetto del contendere era proprio il livello delle tariffe richieste agli utenti finali per la concessione delle autorizzazioni e il rifiuto di concedere la licenza per una parte del repertorio musicale della collecting society. Nella prima controversia Basset, il titolare di una discoteca francese, lamentava che le royalties richieste da SACEM fossero troppo elevate, e quindi abusive in base all’ ex art. 86 del Trattato UE, anche in considerazione di una “supplemetary mechanical reproduction fee”, presente nella legislazione nazionale, ma non in quella del paese membro dal quale venivano importati i contenuti. La Corte di Giustizia, tuttavia, non si pronunciò espressamente sul livello delle licenze, limitandosi a sottolineare che l’art. 36 del Trattato poteva giustificare differenze nelle disposizioni comunitarie relative al diritto d’autore. La questione tornò in rilievo successivamente quando altri titolari di discoteche francesi lamentarono l’eccessività delle licenze richieste dalla SACEM, osservando che esse apparivano ingiustificatamente elevate, soprattutto in raffronto a quelle richieste dalle società di gestione collettiva attive in altri paesi membri. La Corte, nel riunire i casi, affermò che l’applicazione delle norme antitrust, in tal caso di abuso, poteva invocarsi per rintracciare la fissazione di canoni per le licenze particolarmente elevati, operando una “comparison on a consistent basis” delle tariffe applicate dalle diverse società di gestione collettiva dei diritti. Tuttavia, la collecting society poteva risultare esente da censura qualora fosse riuscita a dimostrare che le differenze erano ascrivibili a “objective and relevant dissimilarities between copyright management in the other Member States”. Gli stessi aspetti, tra i quali le rimostranze sulla fissazione di canoni eccessivi, sono stati affrontati nel caso Ministère Public v. Tournier; in particolare, la controversia si focalizzava sul rifiuto di SACEM di garantire ai licenziatari un accesso parziale al repertorio discografico, sostanzialmente riconducibile alla musica leggera inglese e americana. La Corte di Giustizia tuttavia, affermò che consentire l’accesso solo ad una parte del repertorio avrebbe potuto essere in contrasto con le esigenze di salvaguardia degli autori, dei compositori e degli autori musicali, soprattutto perché la scissione dei diritti avrebbe presumibilmente fatto lievitare i costi di amministrazione e monitoraggio dei contenuti, ma la necessità di tutelare gli artisti e le esigenze di mercato 25 Rispettivamente Case 402/85 [1987] ECR 1747 - [1987] 3 CMLR 173; Case 110/88; Case 241/88; Case 242/88; Case 395/87, tutti pubblicati in [1989] ECR 2811; [1991] 4 CMLR 248. 17 avrebbero potuto dar luogo ad un differente bilanciamento, soprattutto qualora gli sviluppi tecnologici fossero stati in grado di dar luogo all’accesso parziale al repertorio e al relativo monitoraggio dei diritti in modo economicamente più efficiente. E’ evidente, innanzitutto, come il potere contrattuale favorito dalla gestione centralizzata non sempre è necessario per controbilanciare il potere di mercato detenuto dai licenziatari in quanto questi ultimi possono non coincidere con i grandi gruppi di comunicazione in relazione ai quali la collecting society si pone come soggetto in grado di tutelare le esigenze dei suoi membri; al contrario può verificarsi la situazione inversa come per il caso dei titolari delle discoteche francesi nei casi anzidetti, contrapposti al monopolio della SACEM. Oltre agli aspetti legati all’eccessiva onerosità delle licenze, la pratica della cessione dei diritti relativi ad un intero repertorio, o ad una larga parte dello stesso, implica che i licenziatari debbano accollarsi costi elevati, acquistando diritti per un numero ampio di rappresentazioni musicali, eventualmente eccedenti rispetto a quelle realmente utilizzabili. In sostanza, dunque, al margine della scelta di centralizzazione dell’offerta, si staglia il rischio di deviazioni anticoncorrenziali tali da controbilanciare, ma in negativo, alcuni dei vantaggi presuntivamente associati alla gestione collettiva. Il divieto di abuso di posizione dominante, ad ogni modo, pare non essere stato applicato in tutte le sue potenzialità. Più in generale si è notato 26, nell’azione delle autorità comunitarie antitrust, nei confronti dei possibili abusi delle società di gestione, un atteggiamento inizialmente più rigoroso, volto soprattutto ad eliminare comportamenti discriminatori attraverso l’applicazione del divieto; successivamente, invece, sembra essersi delineato un atteggiamento molto più elastico, non nel negare l’esistenza della posizione dominante e dell’abuso, ma nel senso di limitare l’intervento diretto delle autorità comunitarie, attraverso l’applicazione della clausola generale dell’esistenza o meno di un “sufficiente interesse comunitario” ad intervenire. Tale atteggiamento è stato in parte giustificato con l’intento squisitamente politico della Comunità di rafforzare il proprio impegno a tutela della proprietà intellettuale, contemplando l’opportunità di considerare le società di gestione come necessari alleati in tale politica, anziché come soggetti da sottoporre a controlli. Un presidio antitrust è, inoltre, certamente necessario sotto il profilo delle diverse forme di accordo e integrazione tra collecting societies. La problematica in esame è emersa 26 Cfr. LIBERTINI M., op. cit. 18 già a partire dal Santiago Agreement del 2000, in occasione del quale numerose società di gestione si accordarono per consentire lo scambio reciproco delle licenze dei rispettivi repertori musicali, garantendo uno sfruttamento planetario dei diritti 27 . L’obiettivo avrebbe dovuto essere quello di produrre benefici per il mercato della musica on line, favorendo la disponibilità dei contenuti per i distributori e abbattendo i relativi costi non più soggetti al passing on sugli utenti finali. Tuttavia il licenziatario avrebbe avuto sì l’accesso ai vari repertori europei (c.d. multi repertorio), ma solo attraverso la collecting presente nel paese in cui aveva lo stabilimento e, nel caso di più filiali localizzate in diversi paesi membri, sarebbero state necessarie altrettante licenze, con l’effetto di proiettare i singoli monopoli su scala internazionale 28. Ad ogni modo, le istituzioni comunitarie sembrano essere giunte alla considerazione che la sola applicazione del diritto antitrust alle collecting societies non sarebbe in grado di assicurare un adeguato sviluppo del mercato, caratterizzato da distorsioni che si ripercuotono sull’offerta delle imprese di comunicazione da un lato, e sulla remunerazione dei titolari dall’altro, a danno della capacità competitiva del sistema europeo sui mercati internazionali. Un intervento normativo, a causa delle importanti carenze attuali nel sistema di gestione collettiva dei diritti d’autore a livello europeo, è certamente auspicabile. Il ruolo delle società di gestione è minacciato soprattutto da gravi inefficienze interne e dallo sviluppo di tecniche digitali quali Digital Rights Management che consentono la negoziazione e il controllo individuale dei diritti d’autore. Il rischio sta nella possibile perdita dei mandati più remunerativi con grave danno per l’intero sistema di intermediazione, largamente sovvenzionato dalle opere di maggior successo editoriale. Sul piano del rapporto con gli utenti, invece, i più insidiosi elementi di crisi sembrano essere la scarsa differenziazione interna del repertorio sul piano dei prezzi, la rigidità dei meccanismi di determinazione delle tariffe, legati a pratiche di contrattazione collettiva o regole di intervento amministrativo, la coesistenza di una pluralità di collecting per i 27 In tal modo, chiunque avesse voluto acquistare i diritti di sfruttamento delle opere poteva rivolgersi alla collecting del Paese di stabilimento e ottenere automaticamente accesso a tutti i repertori delle società aderenti all’accordo. 28 In proposito la Commissione Europea ha sostenuto: “[…] the cross- licensing arrangements that the collecting societies have between themselves lead to an effective lock up of national territories, transposing into the Internet the national monopolies the societies have traditionally held in the offline world. The Commission believes that there should be competition between collecting societies to the benefit of companies that offer music on the internet and to consumers that listen to it”, European Commission, Commission opens proceedings into collective licensing of music copyrights for online use, IP/04/586, Brussels, 3 maggio 2004. 19 diversi diritti, che obbliga gli utenti ad affrontare ingiustificati costi di negoziazione. In relazione ai rapporti con i titolari dei diritti le questioni più problematiche riguardano soprattutto il peso eccessivo delle tecniche di forfettizzazione dei compensi, a danno delle opere di maggior successo e delle iniziative più dinamiche e la scarsa trasparenza dei meccanismi di ripartizione dei proventi. La consapevolezza dell’insufficienza delle sole norme antitrust nel regolare la gestione collettiva dei diritti d’autore ha portato la Commissione europea al primo intervento in materia, rappresentato dalla Comunicazione del 16 aprile 2004 (COM(2004)261 final). Già in tale documento la Commissione manifestava l’intento di emanare una direttiva comunitaria sugli enti di gestione collettiva che avesse l’obiettivo di creare una piattaforma normativa comune mediante una sintesi tra il diritto antitrust e i diritti d’autore, rendendo omogenee anche le discipline interne ai singoli stati. Si evinceva già in questa prima dichiarazione d’intenti, la linea guida del progetto globale della Commissione e cioè quella di creare rapporti concorrenziali tra gli enti di gestione collettiva , con la conseguenza di scardinare il sistema tradizionale. Di notevole rilievo, in merito alla linea d’azione che le autorità comunitarie intendono perseguire, è risultato certamente il Commission Staff Working Document intitolato “Study on a Community iniziative on the cross-border collective management of copyright”pubblicato dalla Commissione il 7 luglio 2005. In tale documento viene illustrata una situazione di rigida segmentazione del mercato, sia dal punto di vista degli utenti che dei titolari, effetto probabilmente delle clausole vigenti negli accordi internazionali di rappresentanza. Tali clausole di “allocazione nazionale”della clientela e quelle di esclusiva territoriale comporterebbero infatti l’impossibilità per gli utenti di rivolgersi a società con sede in paesi diversi da quelli di residenza. A loro volta i meccanismi di ripartizione dei proventi, che penalizzano i soci esteri, e le diffuse clausole statutarie che non garantiscono il pieno accesso dei titolari stranieri, impedirebbero la mobilità degli autori, sopprimendo lo stimolo competitivo per le società di gestione. Si prospetta, dunque, un regime finale che dovrebbe attribuire piena libertà di scelta della collecting a cui rivolgersi, sia per gli utilizzatori che per i right holders. Lo studio, dunque, propone di intervenire su entrambi i profili. Invero, un intervento mirato alla sola concorrenza sul versante degli utilizzatori introdurrebbe un gioco di concorrenza al ribasso sui prezzi, privando le società dalla possibilità di difendersi mediante un adeguato grado di differenziazione dell’offerta. Occorrerebbe quindi 20 intervenire anche sul versante dei titolari di diritti per introdurre regole che eliminino ogni restrizione alla mobilità degli autori, con l’effetto di ridurre il sistema ad un assetto oligopolistico, formato da tre o quattro grandi società di gestione di dimensioni europee, titolari di repertori almeno in parte concorrenti; ed una rete di piccole società, destinate ad un ruolo di agenti nazionali e alla eventuale offerta di repertori di nicchia o di servizi tecnologici e di intermediazione dal carattere innovativo. In tal senso la Commissione pare essersi orientata anche nell’ultima “Proposta di direttiva sulla gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l’uso on line nel mercato interno” (COM (2012) 372) del luglio 2012 29. La proposta ha due obiettivi complementari: promuovere una maggiore trasparenza e migliorare la governance delle società di gestione collettiva, introducendo obblighi di informazione più rigorosi e rafforzando il controllo delle loro attività da parte dei titolari di diritti, in modo da incentivare l'offerta di servizi migliori e più innovativi. Partendo da questa base, dovrebbero essere incoraggiate e agevolate le concessioni di licenze di diritti d'autore multiterritoriali e multirepertorio per l'impiego di opere musicali online nei paesi UE/SEE. In pratica i titolari dei diritti dovrebbero poter intervenire direttamente nella gestione dei loro diritti ed essere remunerati più rapidamente. Inoltre, verrebbe sancita dalla legge la loro possibilità di scegliere la società di gestione collettiva più adatta ai loro fini. In questo modo gli interessi dei titolari di diritti sarebbero più ampiamente tutelati e i consumatori avrebbero accesso a contenuti culturali più ricchi. Le nuove regole cambierebbero il funzionamento delle società di gestione collettiva in Europa: i nuovi requisiti prevedono, ad esempio, una migliore gestione del repertorio e impongono di versare i compensi ai membri più rapidamente, di garantire chiarezza riguardo alle fonti di entrata provenienti dalla gestione dei diritti, di elaborare annualmente una relazione di trasparenza e comunicare informazioni 29 La nuova proposta giunge, a seguito di una fase interlocutoria in sede giurisprudenziale, dopo ulteriori interventi degli organi comunitari in materia, cfr. Comunicazione della Commissione europea, “Europe 2020 - A European strategy for smart, sustainable and inclusive growth”, Brussels 3/3/2010, COM(2010) 2020; Risoluzione del Parlamento europeo 22/9/2010 “sull'applicazione dei diritti di proprietà intellettuale nel mercato interno” (2009/2178(INI)) (2012/C 50 E/06); Conclusioni del Consiglio Europeo 17/6/2010; Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni “sui contenuti creativi online nel mercato unico” SEC(2007) 1710 COM/2007/836; Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, “A Digital Agenda for Europe”, Brussels 19/5/2010. 21 supplementari direttamente ai titolari dei diritti e ai partner commerciali (ad esempio, altre società di gestione collettiva). Gli Stati membri dovrebbero dotarsi di meccanismi per la risoluzione di controversie fra le società di gestione collettiva e i titolari dei diritti. Il miglioramento delle norme e dei processi dovrebbe tradursi in un migliore funzionamento delle società di gestione collettiva e a una maggiore fiducia rispetto alle loro attività. Sarebbe facilitata la concessione di licenze di diritti d'autore multiterritoriali per l'utilizzo su internet (e pertanto a livello internazionale) delle opere musicali, a patto però di dimostrare di avere le capacità tecniche necessarie per svolgere tali attività in modo efficace. In Italia il processo di liberalizzazione dell'attività di intermediazione operata dalle collecting societies, almeno da un punto di vista normativo, si è tradotto nel Decreto Legge del 24.1.2012, convertito in legge n. 27/2012, sull'onda della chiusura del “Vecchio IMAIE” e la costituzione del nuovo istituto e sotto la pressione di alcune associazioni di artisti. La liberalizzazione ha riguardato, tuttavia, esclusivamente i c.d. "diritti connessi" spettanti agli artisti interpreti esecutori (ovvero i diritti a compenso per l'utilizzazione delle fissazioni delle prestazioni artistiche degli artisti interpreti esecutori) la cui gestione, in qualità di intermediario tra gli utilizzatori e gli artisti interpreti ed esecutori stessi, era affidata in monopolio all'IMAIE (Istituto Mutualistico Artisti Interpreti Esecutori), ente estinto, le cui funzioni sono state affidate ad un nuovo ente, il Nuovo Imaie 30 . Il secondo comma dell'art. 39 del su citato decreto ha disposto che: "al fine di favorire la creazione di nuove imprese nel settore della tutela dei diritti degli artisti interpreti ed esecutori, mediante lo sviluppo del pluralismo competitivo e consentendo maggiori economicita' di gestione nonche' l'effettiva partecipazione e controllo da parte dei titolari dei diritti, l'attivita' di amministrazione e intermediazione dei diritti connessi al diritto d'autore di cui alla legge 22 aprile 1941, n.633, in qualunque forma attuata, e' libera". Il processo di liberalizzazione dei diritti connessi è stato completato dal DPCM del 20 dicembre 2012 31 , il quale ha integrato le disposizioni della precedente norma, stabilendo sostanzialmente quali caratteristiche debbano possedere i soggetti che intendano svolgere attività di intermediazione dei "diritti connessi", nonché le limitazioni 30 La norma, più che un carattere innovativo, ha il pregio di dare chiarezza ad un quadro normativo incompleto e incerto. Nessuna disposizione, infatti, ha mai conferito espressamente il monopolio legale in materia al Nuovo IMAIE. 31 Pubblicato in «Gazzetta Ufficiale» n. 59 dell’11 marzo 2013. 22 e gli adempimenti che questi devono seguire. Le nuove regole contenute nel decreto si applicano a tutti coloro che intendano operare nel mercato dell’intermediazione dei diritti, ivi incluso il Nuovo Imaie. E’ inequivocabile, in tal senso, il tenore letterale dell’art. 2 del decreto che nel definirne l’ambito di applicazione parla di “imprese che intendono svolgere o svolgono l’attività di amministrazione e intermediazione dei diritti connessi, indipendentemente dalla specifica forma giuridica o struttura organizzativa adottata”.Trasparenza, pubblicità, equità, imparzialità, parità di trattamento e non discriminazione sono i criteri principali ai quali, alla stregua di quanto previsto dal decreto, dovranno ispirarsi tutti i protagonisti del mercato nell’esercizio della loro attività. L’attività condotta dall’IMAIE nell’ambito della gestione dei diritti connessi al diritto d’autore era stata peraltro oggetto di una segnalazione da parte dell’AGCM ( AS280 - Norme a favore delle imprese fonografiche e compensi per le riproduzioni private senza scopo di lucro, 4 giugno 2004 -). L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con detta segnalazione, effettuata ai sensi dell’articolo 21 della legge n. 287 del 10 ottobre 1990, espresse alcune considerazioni in merito alle problematiche di carattere concorrenziale delineatesi in materia di gestione dei diritti connessi degli artisti interpreti ed esecutori, con particolare riferimento alla disciplina relativa all’IMAIE, di cui agli articoli 4, 5, 6 e 7 della legge n. 93 del 5 febbraio 1992. Nella segnalazione in esame si legge che: "L’esistenza di un organismo di gestione collettiva di detti diritti - come già per i diritti di utilizzazione economica dell’autore - sembra trovare razionale giustificazione nell’esigenza di carattere generale di assicurare un adeguato livello di protezione ai titolari dei diritti connessi, evitando disparità di trattamento tra gli stessi. In tale contesto, tuttavia, risulta sproporzionata la previsione di un regime di intermediazione necessaria dell’IMAIE, rispetto al quale cioè non viene riconosciuta alcuna libertà di scelta in capo ai titolari dei diritti stessi. Vale, infatti, evidenziare che l’IMAIE svolge la funzione di intermediario collettivo necessario, attribuita allo stesso dalla legge n. 93/1992, indipendentemente dal conferimento di un espresso mandato in tal senso da parte dei titolari dei diritti di cui trattasi. Orbene, siffatta limitazione, determinata dalla mancata previsione della menzionata facoltà di scelta in capo ai singoli artisti, non appare, in realtà, sorretta da alcun interesse di portata generale tale da controbilanciare giustificatamente la compressione dei diritti di autodeterminazione ed autonomia negoziale propri della sfera giuridica del titolare dei diritti connessi. Ed appare, altresì, idonea a configurare una ingiustificata posizione di preminenza in capo all’IMAIE stesso. Sul punto, si ritiene, pertanto, opportuno garantire che sia tutelato l’interesse del 23 titolare del diritto a determinarsi autonomamente circa le scelte di gestione dei propri diritti e, quindi, che sia salvaguardata la sua facoltà di decidere liberamente se ed eventualmente a quale intermediario affidare l’esercizio dei propri diritti, con particolare riferimento all’esercizio del proprio credito al compenso. Una revisione in tal senso dei profili sopra richiamati in relazione alla normativa in esame appare, dunque, più coerente con la disciplina posta a tutela della concorrenza sia per quanto riguarda le modalità di effettiva salvaguardia degli interessi degli artisti interpreti ed esecutori, sia per quanto riguarda la posizione dell’IMAIE nel settore in questione, atteso che le sue funzioni di intermediario sarebbero in tal modo conseguenza di un potere di rappresentanza di fonte volontaria. In conclusione, alla luce delle considerazioni sopra esposte, l’Autorità auspica una modifica in senso concorrenziale della esaminata normativa in relazione alla gestione dei diritti connessi degli artisti interpreti ed esecutori". L'attività di intermediazione nell'ambito dei diritti d'autore svolta in monopolio dalla SIAE ai sensi dell'art. 180 L.D.A. non e' interessata, dunque, nonostante la confusione generata dal e nel popolo della rete attraverso numerosi e fuorvianti articoli sul tema, dalla liberalizzazione posta in essere nel 2012, per espressa previsione dello stesso decreto, che, al secondo comma dell'Art. 39 recita: "Restano fatte salve le funzioni assegnate in materia alla Societa' Italiana Autori ed Editori (SIAE)”. In verità, il processo di evoluzione verso l’apertura dei mercati non può prescindere dall’intervento legislativo a livello comunitario per definire tutti gli aspetti necessari ad individuare una comune piattaforma di partenza. Proprio in merito a quest’ultimo profilo, è interessante notare le osservazioni contenute nel “Progetto di Parere della sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo del Comitato Economico e Sociale Europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla gestione collettiva dei diritti d'autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l'uso online nel mercato interno”, COM(2012) 372 final – 2012/0180 (COD), del 27 novembre 2012. Il CESE, evidenziando alcuni elementi di criticità della direttiva, ma esaltando lo strumento legislativo proposto a livello europeo, afferma che “pochissime disposizioni comunitarie trattano della gestione collettiva dei diritti, e nessuna stabilisce un quadro di riferimento per il funzionamento delle società di gestione collettiva. Le norme imperative relative alla governance di tali società e alla trasparenza che già esistono e che continuano a essere sviluppate nascono dalla giurisprudenza della Corte di giustizia e dalle decisioni della 24 Commissione. Tuttavia, nella pratica, le normative differiscono da uno Stato membro all'altro. Anche le regole relative alle società di gestione sono eterogenee, ma sono soprattutto le modalità e le prassi di controllo dell'utilizzo dei fondi raccolti e della ripartizione a favore degli aventi diritto a variare notevolmente e a essere spesso carenti dal punto di vista della trasparenza. In alcuni paesi sono state riscontrate persino delle pratiche che rasentano l'abuso dei beni sociali. Solo un atto giuridico appropriato (in questo caso una direttiva) a livello europeo può consentire di raggiungere gli obiettivi fissati, nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità”. Il CESE ritiene, inoltre, che “norme facoltative, come quelle auspicate dalle società di gestione, sono insufficienti a garantire agli autori e agli aventi diritto le regole di gestione aperte, chiare e uniformi alle quali aspirano. Le regole di soft law contribuirebbero, in pratica, a mantenere una diversità e un ruolo eccessivi delle regole territoriali che dominano e frammentano il mercato europeo della diffusione di contenuti culturali online”. Il Comitato considera in sostanza la direttiva “l'atto adeguato, in quanto unifica il diritto consentendo nel contempo agli Stati membri di procedere ad adeguamenti nell'applicazione, per tenere conto delle circostanze e delle particolarità nazionali”. Dalla regolamentazione delle società di gestione collettiva e dall’apertura del mercato potrebbe derivare l’affiancamento, alle collecting societies tradizionali, di altri operatori, intermediari di varia natura o società diversamente strutturate; oppure le dinamiche di mercato potrebbero favorire l’emergere di poche, forti, ma presumibilmente efficienti collecting, in grado di negoziare, con elevato potere contrattuale, con i grandi gruppi di comunicazione europei. Bibliografia Amendola A., Le società di gestione dei diritti d’autore nella previsione di direttiva europea, prime riflessioni, in Dir. Aut. 2004, p. 463; Annali del Seminario giuridico 2006-2007 dell’Università di Catania, Facoltà di Giurisprudenza, 2008, p.379; Beat Graber C., Digital rights management. 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