potere economico e autorità indipendenti: funzioni

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potere economico e autorità indipendenti: funzioni
POTERE ECONOMICO E AUTORITÀ INDIPENDENTI:
FUNZIONI NEUTRALI E SINDACATO DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO
Sommario: 1. Autorità indipendenti e potere economico – 2. La neutralità e l’indipendenza – 3. Natura
delle autorità indipendenti – 4. Funzioni e poteri – 5. Autorità indipendenti e sindacato del giudice:
principi generali e profili di diritto comparato – 6. L’intensità del sindacato del giudice amministrativo
sugli atti delle autorità indipendenti – 7. Conclusioni.
1. AUTORITÀ INDIPENDENTI E POTERE ECONOMICO
Negli ordinamenti degli Stati occidentali si è ripetutamente posto il problema di stabilire fino a
che punto l’iniziativa economica privata debba essere lasciata del tutto libera e in quali casi sussiste
invece l’esigenza di un intervento pubblico a tutela degli interessi generali.
Nei modelli, quali quello statunitense, in cui l’iniziativa economica privata si è da sempre
sviluppata con la maggiore intensità, è comunque sorta la necessità di proteggere diritti ed interessi dei
c.d. soggetti deboli rispetto ai poteri economici forti e lo strumento utilizzato è stato quello delle
independent agencies.
Mentre negli USA si è passati dall’assenza di disciplina del mercato alla regulation affidata alle
agencies, in Europa è invece sorta l’esigenza opposta di passare da una eccessiva regolamentazione
amministrativa ad una meno incisa regolazione.
Ciò è dipeso dal fatto che negli stati europei vi è stato un massiccio intervento dello Stato
nell’economia e quando questo modello dirigistico è entrato in crisi, unitamente alla crisi dello Stato
sociale, si è manifestata l’esigenza di una drastica riduzione della presenza pubblica nell’economia con
l’introduzione, o il tentativo di introduzione di un modello neo-liberista, caratterizzato da un processo
di privatizzazione dei settori economici in mano pubblica.
Anche in questo caso però lo strumento utilizzato è stato quello delle Autorità indipendenti.
Il fenomeno delle Autorità indipendenti non è di facile definizione: con il termine “Autorità
indipendenti” si indica una serie di poteri pubblici, caratterizzati da uno specifico grado di indipendenza
dal potere politico, dall’esercizio di funzioni “neutrali” in diversi settori dell’ordinamento
(principalmente economici) e da un elevato livello di competenze tecniche.
Una definizione unitaria del fenomeno delle autorità indipendenti non è semplice, in quanto
non si è in presenza di organismi creati dal legislatore in esecuzione di un preciso disegno e in adesione
ad un dato modello, ma di autorità istituite in base a contingenti esigenze di indipendenza e neutralità in
alcuni specifici settori e in assenza di una disciplina comune, oltre che di un diretto riferimento
costituzionale.
Come appena detto, le radici di tale fenomeno vanno sicuramente individuate nel modello
americano delle independent regulatory agencies, che hanno negli stati Uniti una tradizione secolare, dovuta
alla fine dell’ottocento alla necessità di attuare un processo di regolazione pubblica dell’economia,
finalizzato a disciplina re gli effetti di una industrializzazione rapida, di novità tecnologiche e di una
massiccia urbanizzazione.1
Nell’esperienza statunitense il concetto di regulation viene inteso come attribuzione di poteri
normativi, amministrativi e giustiziali ad una autorità separata dal complesso dell’organizzazione
amministrativa e incaricata di svolgere le sue funzioni in un singolo settore.
Le agenzie indipendenti nascono per assicurare il “keeping out of politcs”, un riparo efficace dalla
arbitri della maggioranza e della politica in genere, dalle corruzione e dalle frodi, grazie ad un intervento
Sul modello americano e sulle differenze con il modello europeo, vedi M. D’Alberti, Autorità indipendenti (dir. Amm.), in
Enc. Giur., 1995.
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pubblico “neutralizzato”2, che consente un processo decisionale fondato sull’esperienza tecnica e sulla
neutralità.3
La comparsa delle prime autorità indipendenti viene fatta risalire all’istituzione avvenuta nel
lontano 1887, negli Stati Uniti, della Interstate Commerce Commission, inizialmente inquadrata nel
Dipartimento dell’Interno e poi, nel 1889, separata e resa indipendente.
L’agenzia, chiamata a disciplinare l’azione delle compagnie ferroviarie, venne istituita a tutela dei
diritti dei soggetti meno forti (agrari e piccoli commercianti) nel conflitto tra interessi che si era aperto
negli Stati Uniti in seguito allo sviluppo delle strade ferrate. La Commissione, denominata “the poor man’s
court”, svolgeva le funzioni di regolazione pubblica delle tariffe e di protezione contro gli abusi
monopolistici delle compagnie.
Successivamente, il fenomeno delle Independent agencies si è moltiplicato, dando vita ad una
proliferazione di soggetti situati al di fuori dei poteri tradizionali e presenti in quasi tutti i campi,
economici e sociali, dell’attività amministrativa.4
Alle agencies vengono attribuite funzioni composite: a funzioni più tipicamente amministrative
(di autorizzazione e di vigilanza) si accompagnano quelle di normazione secondaria (quasi – legislative;
il c.d. rulemaking) e di soluzione delle controversie e di decisione (adjudication - quasi-judicial, secondo
alcuni).
La peculiarità del modello statunitense sta proprio nella delega di poteri sostanzialmente
normativi: le funzioni vengono esercitate senza il limite di stretti vincoli legislativi preesistenti, ma sulla
base di parametri di equilibrio.
Il che garantisce una estrema flessibilità, soprattutto nei settori nuovi, ma attribuisce alle agencies
un rilevante cumulo di poteri; al fine di evitare che l’esercizio di tali poteri si potesse tramutare in
arbitrio, l’approvazione dell’ Administrative Procedure Act nel 1946 impose alle agencies il rispetto di una
serie di regole procedimentali, dirette alla tutela delle garanzie delle imprese soggette a tali poteri e al
rispetto del contraddittorio.5
Se l’esperienza tecnica e l’indipendenza dal governo e dai gruppi economici restano i tratti
distintivi principali delle agencies, è tuttavia innegabile che tali tratti hanno assunto connotati diversi a
seconda dei differenti periodi storici, in cui si sono alternate le preoccupazioni di limitare gli ampi poteri
riconosciuti alle autorità attraverso le menzionate regole procedimentali e il controllo giurisdizionale o
di evitare che le stesse agenzie potessero venire “catturate” e deviate rispetto al perseguimento del
pubblico interesse a causa dell’influenza su di esse esercitata dalle imprese sottoposte a regolazione e dai
poteri forti che tali imprese rappresentano.
Nell’alternarsi di tali contingenze storiche, è parimente innegabile che le agenzie indipendenti
sono diventate una figura ben salda nel tessuto istituzionale e nell’opinione pubblica degli Stati Uniti
In Europa, il fenomeno ha radici più giovani e si è iniziato a manifestare negli anni settanta,
quando in Francia vi è stata l’istituzione di diverse autorités administratives indépendantes, nate come negli
USA per finalità di protezione di diritti ed interessi rispetto ai c.d. poteri forti, anche se con
caratteristiche diverse.6 In Gran Bretagna, a fronte di una più consolidata esperienza di autorità, aventi
In tal senso, M. Manetti, Autorità indipendenti (dir. Cost.), in Enc. Giur., 1997.
V. M. D.Alberti, cit. Sul concetto di neutralità v. il par. 3.
4 L’idea delle regulation è stata, con il passare del tempo, applicata a molti dei settori tipici di intervento dello Stato sociale: i
conflitti collettivi di lavoro, la protezione contro le discriminazioni di sesso o di razza, la tutela dell’ambiente.
5 All’introduzione di regole procedimentali si accompagna anche un più intenso sindacato giurisdizionale sugli atti delle
agencies. Sul punto vedi il capitolo seguente.
6 Fra le principali Autorità istituite si possono menzionare: la Commissione des operation de borse (1978) per la vigilanza sui
mercati mobiliari e la protezione degli investitori; il Conseil de la concurrence (1978) con funzioni antitrust; la Commission nazionale
de l’informatique et des libertes (1978) per le tutela della riservatezza nei confronti dei sistemi informativi automatizzati; la
Commission d’acces aux documents administratif (1978) per garantire l’effettività del diritto di accesso alle informazioni
amministrative; il Conseil superieur de l’audiovisuel (1989) per la garanzie degli utenti dei mezzi di comunicazione di massa.
M. Manetti, cit. evidenzia che la dottrina francese ha tentato di giustificare l’esistenza di Autorità sottratte a vincoli gerarchici
verso il Governo con l’individuazione di un nuovo modello di amministrazione fondato sulla persuasione anzichè
sull’autoritarietà: tale modello viene abbinato alla teoria dei c.d. secteur sensibles (ambiti di vita sociale nei quali lo Stato
potrebbe intervenire solo in forma soft e neutrale all’unico scopo di proteggere il cittadino dalle minacce sia del potere
pubblico che di quello privato.
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un ruolo sostitutivo rispetto al giudice, si sono poi sviluppate autorità, cui è stata affidata la titolarità
anche di potestà amministrative e normative (di delegated legislation).7
Anche in Italia il fenomeno delle autorità indipendenti è emerso negli ultimi decenni, benché
con ritardo rispetto ad altri paesi europei.
Benché la Banca d’Italia venga considerata da molti una vera e propria autorità indipendente
soprattutto in relazione alle funzioni svolte per la tutela del risparmio, l’inizio del dibattito sul fenomeno
in esame si è avuto in Italia con l’istituzione della CONSOB8, cui è stata attribuita la funzione di
vigilanza sui mercati mobiliari, di protezione degli investitori e di garanzia della trasparenza informativa
del mercato e della correttezza degli operatori.
Soprattutto nel corso degli anni novanta il fenomeno delle autorità indipendenti ha avuto
maggiore impulso: le crescenti critiche alla corruzione del potere politico hanno spinto il legislatore a
individuare come soluzione la creazione di autorità indipendenti ed anche il processo di privatizzazione
dei servizi pubblici è stato accompagnato con l’affidamento di funzioni di regolazione ad autorità di
settore.
Sono così stati istituiti: il Garante per la radiodiffusione e l’editoria 9, poi sostituito dall’Autorità
per le garanzie nelle comunicazioni10, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Autorità
antitrust)11, l’Autorità per l’energia elettrica ed il gas12, il Garante per la protezione dei dati personali13,
l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici14.
In dottrina sussistono invece dubbi sulla qualificazione come autorità indipendenti dell’ISVAP –
Istituto di vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo, a causa della dipendenza dalle
direttive ministeriali e dagli indirizzi del CIPE; della Commissione di garanzia dell’attuazione della legge
sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali; della Commissione di vigilanza sui
fondi pensione; del Garante del contribuente15 e dei difensori civici.
Va segnalato che a fronte della istituzione delle menzionate autorità indipendenti è mancata una
disciplina organica del fenomeno, che ha avuto solo in via indiretta un riconoscimento dal legislatore
quando con l’art. 2, comma 4, della L. n. 59 del 1997 ha escluso dal conferimento di funzioni e compiti
dallo Stato alle Regioni e agli enti locali “i compiti di regolazione e controllo già attribuiti con legge
statale ad apposite autorità indipendenti” e quando con l’art. 23 bis della L. Tar, introdotto dall’art. 4
della L. n. 205 del 2000 anche le controversie aventi ad oggetto “i provvedimenti adottati da autorità
amministrative indipendenti” sono state incluse tra quelle assoggettate al rito speciale “accelerato”
previsto dalla medesima disposizione.
2. LA NEUTRALITÀ E L ’INDIPENDENZA.
Nonostante l’assenza di una disciplina organica, alcune caratteristiche comuni possono
comunque essere individuate e tra queste emergono i requisiti della neutralità e dell’indipendenza.
In Gran Bretagna dopo la creazione delle prime amministrazioni indipendenti rientranti nella categoria degli administrative
tribunals con funzioni quasi-giudiziali, sorgono poi autorità dotate di poteri amministrativo e normativi: la Monopolies and
mergers commission (1965) con funzioni antitrust e la Independent broadcasting authority (1972) per la regolazione del settore
radiotelevisivo.
8 L. 7 giugno 1974 n. 216 con funzioni di vigilanza sul mercato mobiliare.
9 L. 6 agosto 1990 n. 223.
10 L. 31 luglio 1997 n. 249 con funzioni di regolazione e di vigilanza nel settore delle comunicazioni.
11 L. 10 ottobre 1990 n. 287: funzioni antitrust, in materia di pubblicità ingannevole ed ora anche in tema di conflitto di
interessi (competenza di recente attribuita ai sensi della legge 20 luglio 2004 n. 215).
12 L. 14 novembre 1995 n. 481 con funzioni regolatorie nel settore dell’energia elettrica e del gas.
13 L. 31 dicembre 1996 n. 675; avente il fine di garantire che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti,
delle libertà fondamentali, nonché della dignità delle persone fisiche, con particolare riferimento alla riservatezza e all'identità
personale. V. ora il Codice in materia di protezione dei dati personali (D.lgs. 30 giugno 2003 n. 196).
14 Art. 4 della L. 11 febbraio 1994, n. 109 e succ. modifiche; con compiti di vigilanza e di segnalazione in ordine alla corretta
applicazione della normativa in tema di lavori pubblici.
15 Art. 13 della L. 27 luglio 2000 n. 212.
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Il concetto di neutralità è inteso come indifferenza rispetto agli interessi in gioco e va distinto da
quello di imparzialità, relativo all’esigenza di comportarsi nei confronti di tutti i soggetti destinatari
dell’azione amministrativa senza discriminazioni arbitrarie.16
L’imparzialità costituisce un principio cui è soggetta tutta l’attività amministrativa, come sancito
dall’art. 97 Cost. e quindi, essendo comune all’intera amministrazione non giustifica di per sé la
creazione delle autorità indipendenti.
Come non la giustifica, l’elevato tecnicismo delle decisioni da assumere che anche può essere
proprio di altri settori tradizionali dell’apparato a mministrativo.
Le ragioni che invece giustificano tale creazione risiedono nell’attribuzione di funzioni neutrali,
regolatorie di tutti gli interessi in gioco, siano essi pubblici o privati, senza alcun condizionamento
politico, senza alcuna prevalenza dell’interesse pubblico nella classica comparazione degli interessi
propria dell’esercizio della discrezionalità amministrativa.
Le funzioni attribuite alle autorità indipendenti non rientrano, o meglio non devono rientrare,
nell’attività di gestione, ma in quella di controllo, di regolazione e di sanzione, per le quali è necessaria la
neutralità.
Tale neutralità è comune anche alle autorità indipendenti dell’ordinamento statunitense, in cui
però la creazione di agenzie neutrali è seguita all’assenza di regole propria dell’ideologia liberale; in Italia,
come negli altri paesi europei, il fatto che le autorità indipendenti siano state istituite in sostituzione del
diretto intervento dello Stato rende necessario che il concetto di neutralità sia ben assorbito e
compreso, al fine di evitare che le medesime funzioni di direzione politica del mercato, in passato
esercitate dal Governo, passino semplicemente ad autorità che, benché imparziali, siano prive della
legittimazione democratica nei sensi descritti in precedenza.
Tali autorità devono essere realmente neutrali nel senso che non spetta ad esse una direzione
politica del mercato, ma ad esse è affidata la tutela del mercato (ad esempio, deve essere chiaro che la
politica della concorrenza è qualcosa di diverso dalla tutela della concorrenza e che solo quest’ultima
può essere affidata ad autorità indipendenti e neutrali, non anche la prima).
Al pari della neutralità, anche l’indipendenza non costituisce una mera etichetta formale,
spettante a tali Autorità, ma rappresenta un elemento da valutare in concreto sulla base delle norme
istitutive e anche sulla base dell’attività svolta.
L’indipendenza di cui devono godere le autorità in esame è ben diversa dall’autonomia che
l’ordinamento riconosce a molteplici soggetti pubblici: il principio di autonomia assume rilievo in
relazione a soggetti in rapporto tra loro, anche di equiordinazione, mentre l’indipendenza presuppone
l’assenza di un tale rapporto e l’attribuzione di funzioni da svolgere senza condizionamenti.
Pertanto, l’autonomia organizzatoria, contabile e finanziaria, di cui anche godono le autorità,
rappresenta solo uno strumento per garantire l’indipendenza rispetto agli altri poteri.
L’indipendenza, quindi, è garantita non solo dalle forme di autonoma appena descritte, ma
anche, o soprattutto, dai criteri di nomina dei componenti delle autorità e dall’assenza della possibilità
che le funzioni neutrali siano assoggettate ai poteri di indirizzo e ad ingerenze di carattere politico.
Accanto ai requisiti che garantiscano la c.d. expertise tecnica, l’attribuzione della nomina dei
componenti delle authorities ad organi super partes o a maggioranze necessariamente bipartisan
costituiscono elementi che possono contribuire al rafforzamento dell’indipendenza delle autorità.
Nell’ordinamento italiano l’assenza di una disciplina unitaria del fenomeno delle autorità
indipendenti ha fatto sì che anche i criteri di nomina dei componenti siano diversi a seconda della
singola autorità.
Il potere di nomina è in alcuni casi attribuito ai Presidenti delle Camere (Autorità garante della
concorrenza e del mercato; Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici); in altri casi alla Camera e al
Senato (Garante per la privacy; Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) o al Governo (l’Autorità
per l’energia elettrica e il gas e la Consob i cui membri sono nominati con D.P.R. previa deliberazione
del Consiglio dei Ministri).
La distinzione tra neutralità ed imparzialità e la neutralità come requisito proprio delle autorità indipendenti costituiscono
concetti efficacemente delineati da V. Caianiello, Le autorità indipendenti tra potere politico e società civile, in Foro Amm., 1997, II,
368.
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Sarebbe auspicabile una maggiore uniformità nei criteri di nomina e soprattutto una modifica
degli stessi con regole tali da garantire, non solo la necessaria competenza tecnica, ma anche una
investitura unitaria e neutrale, in quanto ultramaggioritaria.
Altre garanzie di indipendenza sono costituite dalla durata, dalla limitata revocabilità o
rinnovabilità della carica, in modo che i componenti delle autorità siano messi in condizione di
esercitare la propria funzione per un periodo predeterminato senza timore di essere rimossi o senza
tentazioni di “meritare” la riconferma.
Va anche precisato che l’indipendenza non deve essere riferita solo nei confronti del potere
pubblico, ma anche rispetto ai poteri forti privati, come dimostra il richiamo di tale tipo di indipendenza
nella disciplina comunitaria.17
3. NATURA DELLE AUTORITÀ INDIPENDENTI.
Tralasciando in questa sede l’esame della questione della compatibilità costituzionale del
fenomeno delle Autorità indipendenti, ci si limita a rilevare come l’incertezza circa l’esatto
inquadramento delle Autorità indipendenti nell’ambito dell’ordinamento e l’assenza di una copertura
costituzionale abbiano in passato spinto parte della dottrina a ricercare la ragione dell’indipendenza di
tali autorità rispetto al Governo nel carattere giurisdizionale o quasi giurisdizionale delle funzioni
esercitate.
Tale tesi conducevano ad escludere, o quanto meno a limitare fortemente, il sindacato
giurisdizionale sugli atti delle autorità indipendenti.
Nell’ordinamento italiano, come negli altri paesi europei, è ormai prevalente la tesi che nega la
natura giurisdizionale, o di tipo quasi-judicial, alle Autorità indipendenti con la conseguente
sottoposizione della loro attività al sindacato giurisdizionale.
Anche il legislatore in uno dei pochi interventi, in cui ha fatto espresso riferimento in via
generale al fenomeno in questione, ha utilizzato il termine “autorità amministrative indipendenti”, a
conferma della natura amministrativa di tali soggetti.18
La natura amministrativa delle autorità indipendenti è stata anche confermata dalla
giurisprudenza.
Con la sentenza n. 7341/2002 la Cassazione ha escluso in modo categorico la possibilità di
riconoscere natura giurisdizionale o para-giurisdizionale alle Autorità indipendenti, affermando che
l'ordinamento giuridico non conosce un "tertium genus" tra amministrazione e giurisdizione, alle quali la
Costituzione riserva rispettivamente gli artt. 111 e 97.19
L’affermazione viene fatta in relazione ad un giudizio davanti al Tribunale ordinario di
opposizione ai provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali, ai sensi dell’art. 29,
comma 6, della L. 31 dicembre 1996 n. 675, nel quale veniva contestata la legittimazione passiva dello
stesso Garante per la privacy.
Il giudice di merito aveva ritenuto che il Garante non fosse legittimato a partecipare al giudizio
di opposizione al suo provvedimento, al quale dunque dovrebbero partecipare solo le parti che hanno
dato luogo al contraddittorio nella fase svolta innanzi a detta Autorità; ciò era stato giustificato sulla
base della natura paragiurisdizionale, almeno in tale fase, della Autorità in questione.
Si tratta di una tesi, sviluppata anche in dottrina, con cui viene sottolineata la assenza di un
interesse proprio dell’amministrazione e la conseguente assenza della legittimazione passiva
V., ad es., l’art. 23 della Direttiva CE 26 giugno 2003 n. 54, in materia di energia elettrica, che dispone che gli Stati membri
designano uno o più organismi competenti con la funzione di autorità di regolamentazione, aggiungendo che tali autorità
“sono pienamente indipendenti dagli interessi dell’industria elettrica”.
18 V. il già richiamato art. 23 bis della l. Tar, ce include le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti delle autorità
amministrative indipendenti tra quelle assoggettate al rito speciale introdotto dalla medesima disposizione.
19 Cassazione civile, sez. I, 20 maggio 2002, n. 7341, Dir. & Formazione 2002, 1711 con nota: “Legittimazione passiva del Garante
per la protezione dei dati personali al giudizio dinanzi al Tribunale ordinario, in opposizione ai suoi provvedimenti ex art. 29 L. n. 675 del
1996” di Marco Alessandrini.
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dell’Autorità garante del trattamento dei dati personali nella eventuale impugnativa di un suo
provvedimento, atteso il ruolo di terzietà, e non di parte, nella controversia.
Il riconoscimento di tale principio porterebbe così ad affermare il ruolo paragiurisdizionale20
(altrimenti definito come contenzioso21 o giustiziale22) del Garante, e non meramente amministrativo,
nei giudizi instaurati davanti ad esso in alternativa all’A.G.O.
Tali definizioni nascono dalla constatazione che il modo di agire dell’Autorità è simile a quello
del giudice, visto che il procedimento davanti ad esso è caratterizzato dalla presenza del contraddittorio,
si ha un’istruttoria formale, e il provvedimento finale viene adottato sulla base dell’applicazione delle
norme alla fattispecie concreta, che è stata appunto oggetto di istruttoria. Effetto di tutto ciò, come
detto, è l’impossibilità di considerare il “giudice” di primo grado (il Garante) come parte processuale
necessaria nei giudizi di secondo grado.
Con la citata pronuncia la Cassazione si distacca da tale orientamento dottrinale e riconosce la
legittimazione passiva del Garante per la protezione dei dati personali nel giudizio dinanzi al Tribunale
in opposizione ad un suo provvedimento.
Dopo aver affermato il carattere monistico delle autorità indipendenti23, La Corte osserva che
non è propria del solo Garante della privacy la attribuzione ad una Autorità di poteri decisori in materia
di diritti soggettivi di rango costituzionale, tenuto conto che anche all’Autorità Garante della
Concorrenza e del Mercato è affidata la tutela della struttura concorrenziale del mercato, da esercitarsi
in armonia (cfr art. 1 n. 1 e 4) con l'art. 41 Cost. e con i principi comunitari. Gli atti dell’autorità
antitrust sono tuttavia soggetti al controllo del giudice, all'interno di un giudizio al quale l’Autorità
partecipa (art. 33, L. n. 287 del 1990).
Il che dimostra che non è affatto sconosciuto al sistema delle Autorità Indipendenti, per quanto
possano essere tra loro diverse, la attribuzione di un potere decisorio su diritti soggettivi veri e propri,
basato cioè sulla identificazione di posizioni giuridiche tutelate e non di valutazione semplicemente
discrezionali circa la sussistenza di un interesse pubblico, e purtuttavia vi è la soggezione dei
conseguenti atti ad un controllo giudiziario, rispetto al quale il soggetto pubblico interloquisce in modo
formale.
La Corte esclude quindi l’esistenza nel nostro ordinamento di un tertium genus tra
amministrazione e giurisdizione, alle quali la Costituzione riserva rispettivamente, per distinguerne e
disciplinarne le attività, gli art. 111 e 97. Non vi è nel sistema costituzionale una figura di
paragiurisdizionalità a se stante, distinta dalle due predette. 24.
La terzietà, propria del garante della privacy e di altre autorità indipendenti, non è assimilabile a
quella del giudice. Non si istituisce un giudice speciale, in violazione dell’art. 102 della Costituzione, solo
con la attribuzione ad organo pubblico di un procedimento speciale e soprattutto si considera giudice
solo quel soggetto pubblico che esercitando quel tipico procedimento che è il processo giudiziario dà
luogo ad una decisione su diritti suscettibile di assurgere alla definitività del giudicato, al di fuori di
Malinconico, Le funzioni amministrative delle autorità indipendenti, in Cassese-Franchini (a cura di), op. cit., p. 46; Galbiati,
Autorità garanti – Profili processuali, in Foro it., 1998, V, p. 43; Mazzamuto, Brevi note in tema di mezzi di tutela e di riparto della
giurisdizione nelle attività di trattamento di dati personali, in Foro it., 1998, V, p. 51.
21 Franchini, Le autorità indipendenti come figure organizzative nuove, in Cassese-Franchini (a cura di), op. cit., p. 72; Pajno, L’esercizio
di attività in forme contenziose, in Cassese-Franchini (a cura di), op. cit., p. 109; Denti, La tutela della riservatezza: profili processuali, in
Riv. trim. dir. e proc. civ., 1998, p. 748.
22 D’alberti, op. cit., p. 4.
23 Carattere dovuto alla circostanza storica che ciascuna di esser ha origine nella considerazione di un specifico interesse
pubblico, che le rende ciascu na sui generis.
24 L’affermazione era già contenuta, seppur in modo più sintetico, in Cassazione n. 8889/2001 in Foro it., 2001, I, p. 2448,
ove si afferma che “il fatto che nel caso che ne occupa il ricorso all’Autorità Indipendente sia alternativo e conco rrente con
quello all’Autorità Giudiziaria non muta la natura dell’organo, dal momento che nel nostro ordinamento non esiste un tertium
genus tra Amministrazione e Giurisdizione”. Nella sentenza n. 7341/2002 la Corte indica anche un elemento letterale a
sostegno della sua tesi, traendo spunto dall’art. 29 / VII° co., che, consente all Tribunale di revocare, modificare o,
eventualmente, annullare gli atti del Garante, anche in deroga al divieto di cui all'art. 4 della L. n. 2248 del 1865, all. E. È
infatti evidente che la deroga non avrebbe senso, nella mens legis, se non sul presupposto della natura amministrativa
dell'organo e del suo procedimento, al quale la legge, proprio in considerazione della fragilità dei diritti della persona, toglie
la protezione dalla intrusione del AGO nella attività amministrativa, altrimenti spettante.
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qualunque altro controllo da parte di altro e diverso organo o potere dello Stato. E non è questo il caso
delle Autorità indipendenti.
Né la natura giurisdizionale può derivare dalla particolare struttura del procedimento seguito
dall’Autorità, in cui è garantito il contraddittorio tra le parti, in quanto a partire della L. n. 241 del 1990
l'ordinamento giuridico ha impresso alla attività della P.A. una svolta decisiva, attenuando
progressivamente la storica caratterizzazione autoritativa del procedimento che sfocia in un
provvedimento, per favorire il più ampio grado di partecipazione del soggetto interessato alla
formazione del medesimo. Ciò talvolta a mezzo di un vero e proprio contraddittorio, analogo per forza
di cose a quello giudiziario che ne costituisce il modello, in coerenza con una lettura oramai dominante
dell'art. 97 Cost. e dunque delle finalità di buon andamento e di imparzialità della amministrazione.
Senza che da ciò possano trarsi conseguente sul carattere giurisdizionale di una determinata Autorità.
La negazione della natura giurisdizionale o paragiurisdizionale delle Autorità indipendenti,
riferita dalla Cassazione al Garante della Privacy, si pone in linea con i medesimi principi affermati dal
Consiglio di Stato in ordine alla natura dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Il giudice amministrativo ha quindi confermato che riconoscere nell’ambito dei procedimenti
antitrust il diritto al contraddittorio ed alla difesa per le parti private non implica certo il contestuale
riconoscimento della natura para-giurisdizionale dell’organo alla cui competenza quei procedimenti
sono attribuiti.25
Si può quindi affermare che le autorità indipendenti hanno natura amministrativa, e non
giurisdizionale, e che, tuttavia, si tratta di soggetti che si differenziano dal tradizionale esercizio di
funzioni amministrative, caratterizzato dalla comparazione degli interessi in gioco e dal perseguimento
dell’interesse pubblico di riferimento.
La diversità consiste nell’assunzione di funzioni neutrali nei sensi descritti in precedenza, senza
che però da tale neutralità possano derivare conseguenze ai fini dell’attribuzione di una natura
paragiurisdizionale.
4. FUNZIONI E POTERI
La neutralità delle funzioni esercitate dalle Autorità indipendenti costituisce principio che in via
generale si può trarre dalle caratteristiche delle singole Autorità, fermo restando che in assenza di un
disegno unitario non è possibile individuare un unico modello di Autorità indipendente.
Per questo motivo le funzioni e i poteri, esercitati dalle singole Autorità, si differenziano a volte
in modo profondo.
La dottrina distingue tra funzioni amministrative e funzioni di regulation.26
Tra le prime vi sono funzioni meramente ausiliarie, limitate ad una attività di moral suasion nei
confronti del potere pubblico o dei privati, e funzioni provvedimentali.
Le funzioni ausiliarie consistono in relazioni periodiche al Parlamento, in segnalazioni di
problemi da risolvere in via normativa, nell’espressione di pareri.
Ad esempio, l’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici ha il compito di segnalare al Governo e al
Parlamento, con apposita comunicazione, fenomeni particolarmente gravi di inosservanza o di
applicazione distorta della normativa sui lavori pubblici; di formulare al Ministro dei lavori pubblici
proposte per la revisione del regolamento; di predisporre ed inviare al Governo e al Parlamento una
relazione annuale nella quale si evidenziano disfunzioni riscontrate nel settore degli appalti e delle
concessioni di lavori pubblici.27
Cons. St., VI Sez., 12 febbraio 2001, n. 652 (caso CD – Vendomusica), in Cons. St., 2002, I, p. 258.
M. Manetti, Autorità indipendenti, cit..
27 Art. 4 della L. n. 109 del 1994.
25
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All’Autorità antitrust sono invece attribuiti poteri di segnalazione al Parlamento ed al Governo
delle situazioni distorsive della concorrenza derivanti da provvedimenti legislativi e di esprimere pareri,
ove ne ravvisi l'opportunità, circa le iniziative necessarie per rimuovere o prevenire le distorsioni.28
A questo nucleo di funzioni ausiliarie si aggiunge spesso l’attribuzione di poteri immediatamente
incidenti sui terzi, quali quelli sanzionatori o inibitori.
La caratteristica di tale funzione provvedimentale è quella di essere svolta per lo più non sulla
base delle tradizionali valutazioni discrezionali amministrative, ma sulla base dell’esercizio della c.d.
discrezionalità tecnica.
La peculiarità di tale funzione risiede anche nel fatto che alle Autorità spetta anche il compito di
“contestualizzare” le norme da applicare, che spesso fanno riferimento ai c.d. “concetti giuridici
indeterminati”., quali, ad esempio in materia antitrust, il mercato rilevante, l’abuso di posizione
dominante, le intese restrittive della concorrenza.
Si tratta pertanto di un potere vincolato a concetti giuridici non completamente determinati dal
legislatore, che vengono definiti in modo più concreto (contestualizzati), facendo ricorso a regole
scientifiche, spesso opinabili perché inerenti scienze inesatte, quale quella economica.29
Se si aggiunge che all’Autorità antitrust è stato anche riconosciuta la possibilità di disapplicare il
diritto interno contrastante con le norme di tutela della concorrenza30, è evidente come i poteri
provvedimentali, affidati a tale Autorità, benché formalmente vincolati, possono implicare nella
sostanza importanti scelte di valore circa la contestualizzazione delle norme di principio poste a tutela
della concorrenza.
Non può essere però trascurato il fatto che tali decisioni sono agevolate grazie all’utilizzo dei
principi da decenni affermati nella materia dalla giurisprudenza comunitaria.
La autorità cui sono affidate le summenzionate funzioni amministrative sono definite “garanti”,
perché esercitano esclusivamente o prevalentemente attribuzioni qualitativamente diverse dalle
tradizionali potestà amministrative, che comportano una valutazione di interessi e che determinano
effetti redistributivi di risorse. E ciò proprio perché, a differenza del Governo e dei singoli ministeri, le
autorità di regolazione non sono inserite in modo diretto nel circuito politico rappresentativo e dunque
sono prive di una base di legittimazione democratica che giustifichi la delega di poteri decisionali di
questa natura.31
Accanto alle descritte funzioni amministrative, sono state individuate anche funzioni definite
“contenziose”, correlate a situazioni giuridiche di tipo bilaterale orizzontale intercorrenti tra soggetti
privati, rispetto alle quali il ruolo delle Autorità è quello di arbitro posto in una posizione neutrale ed
equidistante.32
Si tratta, ad esempio, delle controversie in tema di interconnessione e di accesso alle
infrastrutture di telecomunicazione attribuite alla competenza dell’Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni in relazione alle quali l’Autorità è tenuta ad attivarsi se richiesta dalle parti, ma può anche
intervenire d’ufficio33. La disciplina regolamentare adottata dall’Autorità per questo tipo di controversie,
e più in generale per il tentativo obbligatorio di conciliazione, contiene disposizioni procedurali che
ricalcano, finanche nella terminologia (udienza di comparizione delle parti, udienza di discussione,
termini liberi, ecc.), quelle previste per i procedimenti giurisdizionali civili e che garantiscono il principio
di eguaglianza delle parti.
Art. 21 della L. n. 287 del 1990; vedi, anche i poteri di indagini conoscitive di natura generale nei settori economici nei
quali l'evoluzione degli scambi, il comportamento dei prezzi, o altre circostanze facciano presumere che la concorrenza sia
impedita, ristretta o falsata (art. 12).
29 Per l’approfondimento della questione della discrezionalità tecnica si rinvia al cap. ? e per l’esercizio di tale discrezionalità
da parte delle Autorità indipendenti vedi anche il cap. ?.
30 Corte di giustizia, 9 s ettembre 2003, Causa C-198/01, Consorzio Industrie Fiammiferi.
31 M. Clarich, Le autorità indipendenti tra regole, discrezionalità e controllo giudiziario, in Foro amm. TAR 2002, 11, p. 3858.
32 M. Clarich, Garanzia del contraddittorio nel procedimento innanzi alle Autorità amministrative indipendenti, intervento al
Convegno"Le Autorità amministrative indipendenti", tenuto in memoria di Vincenzo Caianiello in Roma, presso il Consiglio di
Stato in data 9 maggio 2003, in www.giustizia-amministrativa.it.
33 Art. 1, comma 6, lett. a) n. 9 della L. 31 luglio 1997 n. 249 e art. 18 D.P.R. 19 settembre 1997 n. 318 attuati con
regolamento adottato dall’Autorità con delibera n. 148/01/CONS.
28
8
L’espressa attribuzione alle Autorità di poteri di scelta non legislativamente predeterminati
costituisce invece il dato caratteristico delle funzioni di regulation e, quindi, delle c.d. Autorità regolatrici.
Innanzitutto, si deve distinguere tra regolamenti espressione dell’autonomia organizzativa
(organizzazione, personale, contabilità) e l’ambito di autonomia normativa, che opera nelle materie
riservate alla competenza tecnica delle Autorità regolatrici.
Il problema si pone principalmente per queste seconde, è più rilevanti, funzioni, che vengono
appunto definite di regulation.
La « delega » di poteri normativi ad apparati amministrativi da parte del Parlamento costituisce
fenomeno dovuto al fatto che il legislatore spesso non è in grado di porre una disciplina legislativa
completa di una determinata materia.
I settori in cui operano le Autorità indipendenti presentano infatti in molti casi caratteristiche
tecniche e economiche complesse e sono soggetti a rapide evoluzioni, che amplificano le difficoltà del
Parlamento nel porre per legge un sistema di regole certe, con la conseguente necessità di prevedere
deleghe molto ampie.34
L’attribuzione di tali poteri regolatori ad Autorità indipendenti consente certamente una
maggiore rapidità nell’adeguare le regole alle esigenze del mercato in settori, dove il rischio di
obsolescenza di questo tipo di parametri è assai elevato.
Tuttavia, la dottrina ha evidenziato il rischio di rimettere alle Autorità un potere così ampio da
svuotare praticamente di contenuto il principio di legalità inteso in senso sostanziale. 35
L’attività di regulation si può esplicare in diverse direzioni: dalla regolazione in senso stretto, con
la determinazione di tariffe e condizioni contrattuali, a una attività di vigilanza sui comportamenti delle
imprese.
Tali precisazioni non eliminano del tutto i dubbi in ordine alla legittimità dell’affidamento di
potestà normative ad autorità non politiche, sotto il profilo del rispetto del principio di legalità e di
gerarchia delle fonti.
L’inquadramento di tali poteri nell’ambito del sistema resta problematico soprattutto perchè
molto spesso il carattere di secondarietà di tali poteri non è affatto agevolmente riconoscibile in quanto
a volte i regolatori si muovono in uno spazio che non è pre-occupato da fonti di rango primario.
Le posizioni della dottrina sono spesso influenzate da visuali opposte: il bisogno di superare la
politica e il bisogno di conservarla, il desiderio di pluralizzare l’ordinamento creando garanti nuovi,
capaci di grande indipendenza funzionale verso l’indirizzo politico, il desiderio di dimostrarli, però, a
loro volta democratici.
A fronte di chi nega le legittimità, allo stato del diritto vigente, di Autorità indipendenti dotate di
poteri di regulation36, altra parte della dottrina è pervenuta invece ritenere legittimi tali poteri sulla base di
differenti tesi.
Per quanto riguarda il rapporto con la legge, è stata richiamata l’esperienza francese in cui il
Conseil Constitutionnel ha posto precisi limiti al corretto esercizio dei poteri normativi, richiedendo che la
legge ne delimiti l’oggetto e detti i criteri generali e sancendo espressamente la loro subordinazione al
potere regolamentare del Governo; nel nostro ordinamento è stato così ipotizzato la definizione di un
procedimento di formazione degli atti normativi delle Autorità indipendenti, che abbia garanzie non
inferiori a quelle previste dall’art. 17 della L. n. 400 del 1988.
Clarich, Le Autorità indipendenti cit., il quale evidenzia che, anche là dove il Parlamento ha cercato di predefinire per legge
parametri certi, come per esempio nel caso dei tetti cosiddetti antitrust per la raccolta di risorse pubblicitarie in materia
radiotelevisiva, le rigidità così create hanno finito per creare distorsioni e inefficienze che si aggravano con il passar del
tempo.
35 V. sempre Clarich, sopra cit., il quale richiama i poteri normativi attribuiti a talune autorità amministrative indipendenti
(Consob, Banca d'Italia) in assenza di parametri di riferimento sufficientemente determinati a livello di fonte legislativa
primaria. Si pensi, per esempio, ai casi di attribuzione alla Banca d'Italia del potere « in bianco » di « emanare disposizioni
volte ad assicurare sistemi di compensazione e di pagamento efficienti e affidabili » (art. 146, t.u. delle leggi in materia
bancaria e creditizia), o all'Autorità per l'energia elettrica e il gas di individuare « modalità e condizioni delle importazioni nel
caso che risultino insufficienti le capacità di trasporto disponibili » (art. 10 comma 2, D.lgs. 16 marzo 1999 n. 79).
36 M. Manetti, cit..
34
9
Inoltre è stato affermato che la legittimazione delle autorità a quella che viene definita una
normazione neutrale nasce dallo stesso mercato ed appare, in sostanza, agganciata ai principi
costituzionali di cui agli artt. 21, 41, 47 e 97, oltre che ai principi comunitari della libera concorrenza
della libertà di circolazione e di stabilimento, della tutela dell’investitore-risparmiatore.
Altri ancora fanno riferimento ad una riserva tecnica, che rappresenta il vero tratto distintivo
della figura dell’ente pubblico, di cui, peraltro, le Autorità indipendenti potrebbero costituire uno
sviluppo e un perfezionamento.37
La dottrina sembra essere concorde su una questione: un elemento che contribuisce a
legittimare i poteri regolatori delle Autorità indipendenti è costituito dalle garanzie procedimentali,
dall’applicazione del giusto procedimento.
Non è pensabile che l’attività di regulation venga svolta senza la necessaria partecipazione al
procedimento dei soggetti interessati: nei settori regolati dalle Autorità, in assenza di un sistema
completo e preciso di regole di comportamento con obblighi e divieti fissati dal legislatore, la caduta del
valore della legalità sostanziale deve essere compensata, almeno in parte, con un rafforzamento della
legalità procedurale, sottoforma di garanzie del contraddittorio.
La dottrina ha sottolineato che si può anzi instaurare una correlazione inversa tra legalità
sostanziale e legalità procedurale: quanto meno è garantita la prima, per effetto dell’attribuzione alle
Autorità indipendenti di poteri normativi e amministrativi in bianco, tanto maggiore è l’esigenza di
potenziare le forme di coinvolgimento di tutti i soggetti interessanti nel procedimento finalizzato
all’assunzione di decisioni che hanno un impatto così rilevante sull’assetto del mercato e sugli
operatori.38
E’ stato quindi sostenuto che l’influenza del diritto comunitario e le spinte evolutive interne
connotano sempre più l’attività normativa delle Autorità indipendenti come una sorta di “normazione
giudiziaria, che nasce cioè dal contraddittorio39
5. AUTORITÀ INDIPENDENTI E SINDACATO DEL GIU DICE: PRINCIPI GENERALI E PROFILI
DI DIRITTO COMPARATO
Se da un lato il procedimento partecipativo è stato valorizzato anche quale strumento della
partecipazione dei soggetti interessati sostitutivo della dialettica propria delle strutture rappresentative,
dall’altro lato la tutela giurisdizionale costituisce una irrinunciabile garanzia, peraltro direttamente
derivante dall’esclusione della natura giurisdizionale delle Autorità.
Tuttavia, il raggiungimento di un corretto equilibrio di ruoli e responsabilità tra Autorità
indipendenti e Magistratura non è stato agevole nei diversi ordinamenti.40
In Italia, le difficoltà di collocare nel sistema le Autorità indipendenti hanno influenzato il
dibattito sui limiti della tutela giurisdizionale esercitabile nei confronti di tali organismi41.
Le tesi sono rispettivamente di Cerulli Irelli, Marzona e Niccolai e per un completo panorama delle tesi della dottrina, v.
M.A. Russo, Le autorità amministrative indipendenti e, in particolare, i loro poteri regolamentari, In Dir. & formazione, n. 12/2002. p.
1793.
38 Clarich, Garanzia del contraddittorio, cit..
39 E’ questa la tesi enunciata da E. Cheli nel corso dell’indagine conoscitiva sulle autorità amministrative indipendenti
condotta dalla Camera dei Deputati nella scorsa legislatura (cfr. Atti Parlamentari, XII Legislatura, Indagini conoscitive e
documentazioni legislative, n. 31, Le Autorità amministrative indipendenti, Commissione I Affari costituzionali della
Presidenza del Consiglio e interni. Il testo della relazione finale è pubblicato in appendice anche da. F. Grassini (a cura di),
L’indipendenza delle Autorità, Bologna, 2001, pp. 161 e ss.. Nel corso dell’audizione, il prof. Cheli ha affermato altresì,
esplicitando l’affermazione riportata nel testo, che la caratteristica fondamentale di regolamenti delle autorità è “il loro
contenuto tecnico” che li colloca tra i disciplinari tecnici e, appunto, la normazione giudiziaria. Ha osservato altresì che “i
regolamenti delle autorità hanno una natura diversa: nascono attraverso procedure in contraddittorio con i soggetti
interessati, a differenza di quanto avviene per i regolamenti del Governo” (resoconto stenografico della seduta del 9
settembre 1999)
40 Per una più ampia trattazione della problematica si rinvia a R. Chieppa, Jurisdictional control over the decisions of the antitrust
Authorities, in Antitrust fra diritto nazionale e diritto comunitario, Atti del Convegno di Treviso del 13-14 maggio 2004, in corso di
pubblicazione (articolo pubblicato in italiano: R. Chieppa, Il controllo giurisdizionale sugli atti delle Autorità antitrust , in Dir. Proc.
Amm., n. 4/2004).
37
10
Il problema non è solo quello di dare una risposta al noto interrogativo “Who guards the
guardians?”42, ma anche, o piuttosto, quello di stabilire fino a che punto è corretto spingersi nel sindacare
in sede giurisdizionale un’attività particolarmente complessa e caratterizzata da profili altamente
specialistici e tecnici, quale quella svolta dalle autorità indipendenti.
La risposta corre il rischio di essere influenzata dalla fiducia che nei vari ordinamenti e nei
diversi periodi storici autorità e/o magistratura competente per il sindacato giurisdizionale in materia
hanno saputo conquistarsi.
Una delle “filosofie di base” è sicuramente molto efficacemente riassunta in una considerazione:
“Se le autorità indipendenti in Italia non nascono in opposizione ai giudici, ci si può chiedere, tuttavia,
perché venga attribuito il compito di decidere questioni di interesse collettivo ad autorità dotate di
indipendenza, i cui membri vengono scelti con criteri particolarmente selettivi e sottoposti a
incompatibilità ben superiori a quelle dei giudici, per assoggettare, poi, la loro attività all’ordinario
sindacato giurisdizionale”.43
Sotto altro fronte è stato invece avvertito il pericolo di una deriva tecnocratica, dominata da
quella che Carl Schmitt definiva la “cupa religione del tecnicismo” e si è ravvisata l’esigenza di un
rafforzamento degli organi di garanzia e l’ineludibilità di un effettivo sindacato giurisdizionale sugli atti
delle autorità indipendenti.44
Come già detto, nell’ordinamento italiano, come negli altri paesi europei, è ormai prevalente la
tesi che nega la natura giurisdizionale, o di tipo quasi-judicial, delle Autorità indipendenti con la
conseguente sottoposizione della loro attività al sindacato giurisdizionale. Ogni potere ha il suo giudice
ed a tale regola, proprio per la sua generalità, non sfuggono le autorità indipendenti.45
In tale contesto si inserisce il controllo del giudice, il quale ha dovuto in breve tempo
“specializzarsi” nelle materie tecniche attribuite alla competenza delle Authorities, correndo però il
rischio di farsi condizionare da una diffidenza nei confronti dell’operato di un’autorità di cui riesce
difficile l’inquadramento nell’organizzazione statale e può essere vista quasi come un “new competitor” del
giudice stesso; altre volte il giudice può invece risentire di una certa deferenza nel sindacare atti fondati
su un elevato livello di tecnicismo ed adottati da organi maggiormente qualificati, sotto il profilo
tecnico, rispetto al giudice.
Il problema dei limiti del sindacato del giudice sugli atti delle autorità indipendenti si è posto
anche negli Stati Uniti, dove il fenomeno di tali autorità ha avuto origine.46
Va subito premesso che nel sistema americano alcune delle funzioni, affidate in Italia e in
Europea alle autorità, sono invece svolte dal giudice, come avviene per le decisioni in materia antitrust.
Di conseguenza, il problema si è posto principalmente nei confronti delle independent regulatory
agencies, autorità separate dal complesso dell’organizzazione amministrativa e incaricate di svolgere le
proprie funzioni, per lo più regolatorie, in un singolo settore.
Il sindacato del giudice americano nei confronti dell’attività di tali agencies non è stato sempre
particolarmente intenso.
Il tentativo di rendere più effettiva la tutela giurisdizionale nei confronti degli atti delle autorità
regolatrici è stato decisamente frenato dalla nota sentenza sul caso Chevron47, con cui la Corte Suprema
Sulla collocazione delle Autorità indipendenti all’interno dell’ordinamento italiano, v. il capitolo precedente.
M. Shapiro, Who guards the guardians ?, Athens (GA), University of Georgia Press, 1988.
43 S. Cassese, Le autorità indipendenti: origini storiche e problemi odierni, in S. Cassese C. Franchini, I garanti delle regole, Bologna 1996,
p. 221. Si tratta di un’impostazione, che esplicitamente riflette, e richiama, la soluzione data al problema della unelected
administrators legitimacy da James Landis nel 1938, il quale nelle lezioni tenute alla Yale Law School aveva spiegato il fenomeno
delle autorità indipendenti con “the need of expterness”, evidenziando che “the art of regulating an industry requires knowledge of details
of its operation”.
44 V. Caianiello, Le autorità indipendenti tra potere politico e società civile, in Foro Amm., 1997, II, p. 368.
45 Sulla natura amministrativa delle Autorità indipendenti, vedi il capitolo precedente. V. anche R. Caranta , Il giudice delle
decisioni delle autorità indipendenti, in S. Cassese C. Franchini, I garanti delle regole, Bologna 1996, p. 165, ricorda che in Francia,
dove non mancavano voci nel senso dell’inadeguatezza del giudice a sindacare gli atti delle autorités administratives indépendantes,
il Conseil Constitutionel ha in più occasioni ribadito la necessità di sottoporre tali autorità al sindacato giurisdizionale.
46 V. sempre il capitolo precedente.
47 Chevron USA Inc. vs. Natural Resources Defense Council, 104, S. CT., 1984, p. 2778.
41
42
11
ha sostanzialmente richiamato i giudici ad una maggiore deferenza nei confronti delle agencies,
affermando che i giudici possono disattendere l’interpretazione che un’agenzia abbia dato ad una legge
di cui ha il compito di curare l’applicazione, solo quando questa interpretazione sia contraria alla
volontà chiara ed espressa del legislatore oppure sia irragionevole48.
Nel sistema americano le particolari competenze tecniche di un’autorità costituiscono, quindi,
un limite per il controllo giurisdizionale, applicabile proprio agli ambiti che appaiono al giudice più
congeniali (interpretazione della legge).49
La sentenza Chevron presuppone, quindi, che il legislatore abbia implicitamente delegato alle
autorità indipendenti la decisione di tutti i casi compresi nelle materie di loro competenza, sui cui il
legislatore non si è espressamente pronunciato indicandone una precisa soluzione.
La tesi della delegazione implicita non appare in sé convincente: ogni giurista sa perfettamente
che le norme molto spesso non sono suscettibili di interpretazioni univoche e che presentano accanto ai
“coni di luce” diverse “zone di penombra”.
Il compito del giudice non è mai stato solo quello di applicare meccanicamente le norme di
chiara lettura, ma quello di interpretare le norme anche in settori, rispetto ai quali è carente di
competenze specifiche; nella sua attività il giudice continuamente valuta tutti i fattori che devono essere
considerati al fine di stabilire la validità di una determinata soluzione sotto i profili della compatibilità
con la legge e del rispetto dei principi generali, della ragionevolezza, della proporzionalità delle
conseguenze.
L’autorità indipendente deve esercitare tutte le proprie competenze tecniche al fine
dell’assunzione di una decisione, che sia poi idonea a resistere all’eventuale sindacato giurisdizionale,
non inteso come sovrapposizione delle (minori) competenze tecniche del giudice a quelle dell’autorità,
ma quale verifica in giudizio del buon utilizzo delle competenze tecniche e della conseguente
correttezza della decisione adottata.
Tali considerazioni conducono a ritenere non del tutto condivisibile la dottrina Chevron con
riferimento all’attività di rule making, ed evidenziano che le difficoltà di una corretta, ed equilibrata,
impostazione del rapporto tra giudice ed autorità indipendenti anche in un ordinamento, quale quello
statunitense, in cui il fenomeno ha radici secolari.
Nell’ordinamento europeo e in quello italiano, il settore in cui più è stato affrontato il problema
dei limiti del sindacato del giudice nei confronti degli atti delle Autorità indipendenti è stato quello
antitrust.
Rispetto al modello statunitense, il sistema antitrust comunitario è caratterizzato
dall’affidamento di poteri provvedimentali alla Commissione e del controllo giurisdizionale alla Corte di
giustizia, cui si è aggiunto il Tribunale di primo grado a partire dal 1988.
In materia antitrust, il compito del giudice è particolarmente difficile: deve essere allo stesso
tempo legalmente corretto ed economicamente pertinente nei propri giudizi; tenere conto della duplice
natura, giuridica ed economica, dell’applicazione della legislazione antitrust, e del conseguente bisogno
di unire conoscenze giuridiche ed economiche, per poter adeguatamente applicare la normativa
antitrust.
Alla mancanza di conoscenza tecnica delle questioni rispetto alle quali un giudice deve
esprimersi, propria anche di altri settori anche estranei all’ambito delle Autorità indipendenti, si
aggiunge un’ulteriore difficoltà: non solo la realtà economica (cioè l'oggetto) è difficile da comprendere,
ma lo è anche il significato della legge che è scritta in termini generali ed astratti attraverso i c.d. concetti
Sulla questione vedi F. Denozza, Discrezione e deferenza: il controllo giudiziario sugli atti delle autorità indipendenti regolatrici, in Merc.
Conc. Reg., 2000, p. 469 e M. Argentati, Il sindacato giurisdizionale sulle autorità indipendenti nell’esperienza statunitense, in Diritti,
interessi ed amministrazioni indipendenti (atti del Convegno – Siena 31 maggio e 1 giugno 2003), Milano, 2003, p. 185. In
particolare, Denozza evidenzia come i criteri indicati dalla Corte (chiarezza della norma / non irragionevolezza
dell’interpretazione) siano suscettibili di ampia manipolazione e siano di portata incerta.
49 V. sempre F. Denozza, Discrezione e deferenza: il controllo giudiziario sugli atti delle autorità indipendenti regolatrici, cit., il quale
evidenzia che con la sentenza Chevron la Corte Suprema ha nella sostanza riservato al giudice la gestione del nucleo certo
nell’interpretazione della legge (il c.d. cono di luce, secondo la celebre metafora di Hart) e alle autorità gli spazi di
interpretazione non chiari (la c.d. zona di penombra).
48
12
giuridici indeterminati, quali ad esempio "restringere la concorrenza" oppure "abuso di posizione
dominante", “mercato rilevante” , privi di un univoco significato.
Si tratta di qualcosa di simile a quelle zone di penombra, in precedenza menzionate.
Appare a questo punto necessario esaminare le modalità del sindacato giurisdizionale esercitato
dalla Corte di Giustizia e dal Tribunale di primo grado sugli atti della Commissione.
Gli organi giurisdizionali comunitari svolgono un controllo di legittimità sui provvedimenti della
Commissione, che è esteso al merito per le sanzioni pecuniarie.50
In ogni caso il ricorso è assoggettato al termine decadenziale di due mesi, decorrenti dalla
notifica della decisione.
Sotto il profilo dell’incisività, il sindacato della Corte di Giustizia, esercitato sulle valutazioni
economiche complesse fatte dalla Commissione, è stato espressamente limitato alla verifica
dell'osservanza delle norme di procedura e di motivazione, nonché dell'esattezza materiale dei fatti,
dell'insussistenza d'errore manifesto di valutazione e di sviamento di potere.51
La Corte di giustizia ha negato la possibilità di un sindacato sostitutivo del giudice sulle
valutazioni tecniche (nella specie economiche) complesse compiute dalla Commissione.52
Tale orientamento del giudice comunitario non ha mancato di attrarre le critiche della dottrina,
la quale ha in particolare sottolineato che “la qualità dell’analisi economica offerta dalla Corte di
giustizia lasci molto a desiderare se confrontata con i brillanti esercizi di cui la Corte suprema degli Stati
Uniti ha dato prova negli ultimi due decenni”53.
L’indirizzo richiamato trova ancora conferma in decisioni recenti del Tribunale di primo grado,
oggi unico giudice del fatto nel sistema europeo, e dunque pare consolidato a livello comunitario54,
anche se è stato osservato che il Tribunale stesso fosse stato istituito anche per render possibile un più
approfondito sindacato sugli accertamenti di fatto delle istituzioni comunitarie55. E’ anche vero che, al
di là delle affermazioni di principio sopra descritte, i giudici comunitari hanno in realtà analizzato molto
spesso in modo accurato le analisi economiche svolte dalla Commissione
In alcune recenti sentenze, il Tribunale di primo grado ha svolto il sindacato operando una
valutazione sostanziale del contenuto dei provvedimenti antitrust, annullando ad esempio la decisione
della Commissione Airtours / First Choice56, ritenendola viziata da un insieme di errori commessi nella
valutazione di elementi importanti per l’individuazione dell’eventuale creazione di una posizione
dominante collettiva; o annullando la decisione Tetra Laval/Sidel, viziata da un errore manifesto di
L’art. 229 del Trattato prevede che “i regolamenti stabiliti dal Consiglio in virtù delle disposizioni del presente Trattato
possono attribuire alla Corte di giustizia una competenza giurisdizionale anche di merito per quanto riguarda le sanzioni
previste nei regolamenti stessi”.
51 V., sentenze della Corte di giustizia 11 luglio 1985, causa 42/84, Remia, punto 34, e 17 novembre 1987, cause riunite
142/84 e 156/84, Bat e Reynolds, punto 62; 28 maggio 1998, C-7/95, John Deere, punto 34 e, da ultimo, 7 gennaio2004,
cause riunite 204/00 e 219/00, Aalborg, punto 279 e Trib. primo grado CE, 21 marzo 2002, T-231/99, Joynson).
52 Corte giust., Sentenze del 15 giugno 1993, in causa C-225/91, Matra, in Racc. 1993, I p. 3203, e 5 maggio 1998,in causa C157/96, National Farmer’s Union, ivi 1998, I p. 2211, in cui si afferma come anche nella verifica dell’esattezza sostanziale dei
fatti e della loro qualificazione giuridica operata dall’autorità comunitaria, il giudice europeo applica i consueti controlli
(anche penetranti, ma sempre di carattere estrinseco) sulla discrezionalità. Trib. di primo grado, sent. 12 dicembre 2000, in
causa T-296/97 Alitalia; nella quale, con riferimento alla valutazione economica complessa necessaria per l’applicazione del
criterio c.d. “dell'investitore privato”, si afferma che la Commissione gode di un ampio potere discrezionale, per cui il
sindacato giurisdizionale su di essa non può comportare una sostituzione della valutazione della Commissione con quella del
giudice.
53 M. Ricolfi, Antitrust , in N. Abriani – G. Cottino – M. Ricolfi, Diritto industriale, in Trattato di diritto commerciale, vol. II,
Padova, 2001, p. 785
54 I precedenti della Corte di giustizia richiamati sono alla base, ad es., di Trib. primo grado CE, 21 marzo 2002 (in causa T131/99), Shaw e Falla c. Commissione; Trib. primo grado CE, 21 marzo 2002 (in causa T-231/99), Joynson c. Commissione,
rispettivamente punti 38 e 36 della motivazione; adde Trib. primo grado CE, 28 febbraio 2002 (in causa T-395/94), Atlantic
Container Line AB e altri c. Commissione, punto 257 della motivazione;.
55 R. Caranta, I limiti del sindacato del giudice amministrativo sui provvedimenti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, in Giur.
Comm., 2003, p. 170
56 Trib. CE, 6-6-2002, T-342/99, Airtours PLC, Foro It., 2003, IV, p. 35
50
13
apprezzamento commesso dalla Commissione nella valutazione degli effetti anticoncorrenziali
dell’operazione.57
Si può quindi ritenere che, nonostante alcune aperture, la giurisprudenza comunitaria abbia
optato per un tipo di sindacato giurisdizionale sugli atti della Commissione, che, pur non fermandosi ad
una mera verifica formale del rispetto delle procedure come anche si potrebbe desumere da alcune
massime, si spinge fino ad una piena verifica del fatto, riesaminando la valutazione di esso operata dalla
Commissione ma senza arrivare ad una sostituzione della valutazione con quella del giudice.
6. L’INTENSITÀ
DEL SINDAC ATO DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO SUGLI ATTI DELLE
AUTORITÀ INDIPENDENTI
Dall’esame della giurisprudenza del Consiglio di Stato sulla questione del sindacato
giurisdizionale sugli atti delle autorità indipendenti emerge chiaramente come il giudice amministrativo,
pur seguendo una medesima linea interpretativa, abbia progressivamente approfondito la questione e sia
stato mosso dalla ricerca di un punto di equilibrio tra le contrapposte esigenze di garantire l’effettività
della tutela giurisdizionale e di evitare che il giudice possa esercitare direttamente un potere in materie
rimesse alle Autorità garanti, la correttezza del cui operato deve essere verificata dal giudice.
Nelle prime decisioni pronunciate soprattutto in materia antitrust, è ricorrente l’affermazione
del principio, secondo cui i provvedimenti dell'Autorità sono sindacabili, in giudizio, per vizi di
legittimità, e non di merito. Purché si rimanga nell'ambito dei vizi di legittimità, il sindacato
giurisdizionale non incontra limiti, potendo essere esercitato, oltre che in relazione ai vizi di
incompetenza e violazione di legge, anche in relazione a quello di eccesso di potere in tutte le sue
forme. Allorché, peraltro, viene dedotto, avverso i provvedimenti dell'Autorità, il vizio di eccesso di
potere, il giudice, nell'ambito del suo sindacato, circoscritto alla sola legittimità dell'atto, e non esteso al
merito delle scelte amministrative, può solo verificare se il provvedimento impugnato appaia logico,
congruo, ragionevole; correttamente motivato e istruito, ma non può anche sostituire proprie
valutazioni di merito a quelle effettuate dall'Autorità, e a questa riservate.58
Successivamente, il Consiglio di Stato59 ha riconfermato tale orientamento, fornendo alcune
ulteriori precisazioni ed evidenziando che i provvedimenti dell’Autorità antitrust hanno natura atipica e
sono articolati in più parti, che corrispondono alle fasi del controllo svolto dall’Autorità: a) una prima
fase di accertamento dei fatti; b) una seconda di “contestualizzazione” della norma posta a tutela della
concorrenza, che facendo riferimento a “concetti giuridici indeterminati” (quali il mercato rilevante,
l’abuso di posizione dominante, le intese restrittive della concorrenza) necessita di una esatta
individuazione degli elementi costitutivi dell’illecito contestato; c) una terza fase in cui i fatti accertati
vengono confrontati con il parametro come sopra “contestualizzato”; d) un ultima fase di applicazione
delle sanzioni, previste dalla disciplina vigente.
Ciò premesso, il Consiglio di Stato esclude che il controllo di legittimità possa precludere al
giudice amministrativo la verifica della verità del fatto posto a fondamento dei provvedimenti
dell’Autorità, in quanto a seguito del progressivo spostamento dell’oggetto del giudizio amministrativo
dall’atto al rapporto controverso (pretesa fatta valere, secondo alcuni) deve ormai ritenersi superato
quell’orientamento che negava al giudice amministrativo l’accesso diretto al fatto, salvo che gli elementi
di fatto risultassero esclusi o sussistenti in base alle risultanze procedimentali.
Sulla base di tale orientamento, quindi, i fatti posti a fondamento dei provvedimenti
dell’Autorità possono senza dubbio essere pienamente verificati dal giudice amministrativo sotto il
profilo della verità degli stessi; ciò presuppone la valutazione degli elementi di prova raccolti
dall’Autorità e delle prove a difesa offerte dalle imprese senza che l’accesso al fatto del giudice possa
subire alcuna limitazione.
Trib. CE, 25-10-2002, T-5/02, Tetra Laval BV, in Foro It., 2003, IV, 123. La sentenza Tetra Laval è stata impugnata dalla
Commissione davanti alla Corte di giustizia che ha respinto il ricorso della Commissione.
58 V., fra tutte, Cons. Stato, VI, 14 marzo 2000, n. 1348, Italcementi, in Foro amm. 2000, p. 933.
59 Cons. Stato, VI, 23 aprile 2002, n. 2199, Rc Auto.
57
14
Per quanto concerne le fasi sopra indicate sub b) e c), consistenti nell’individuazione del
parametro normativo e nel raffronto con i fatti accertati, in relazioni alle quali l’Autorità esercita,
almeno in parte, un’attività discrezionale di carattere tecnico e non amministrativo, fondata non su
regole scientifiche, esatte e non opinabili, ma in base a scienze inesatte ed opinabili (in prevalenza, di
carattere economico) con cui vengono definiti i “concetti giuridici indeterminati”, la tutela
giurisdizionale, per essere effettiva, non può limitarsi ad un sindacato meramente estrinseco, ma deve
consentire al giudice un controllo intrinseco, avvalendosi eventualmente anche di regole e conoscenze
tecniche appartenenti alla medesima scienza specialistica applicata dall’amministrazione.
Il passaggio ad un controllo intrinseco assume una notevole importanza e conduce il giudice
amministrativo a sindacare la stessa analisi economica svolta dall’Autorità, seppur con alcuni limiti, che
nella decisione vengono qualificati in termini di “sindacato di tipo debole”, nel senso che non consente
un potere sostitutivo del giudice tale da sovrapporre la propria valutazione tecnica opinabile o il proprio
modello logico di attuazione del “concetto indeterminato” all’operato dell’Autorità.60
La qualificazione del controllo giurisdizionale come sindacato “di tipo debole” è stata oggetto di
numerose critiche da parte della dottrina che ha ritenuto l’intervento del Consiglio di Stato di carattere
prevalentemente restauratore, di sostanziale conferma di orientamenti pregressi, in cui ad alcune
aperture affermate in astratto non ha fatto seguito una corretta applicazione, ma il rifiuto di valersi di
conoscenza tecniche.61
La qualificazione del sindacato come debole è stata inoltre ritenuta non compatibile con le
posizioni di diritto soggettivo coinvolte nell’esercizio dei poteri dell’Autorità, che imporrebbe che il
controllo giurisdizionale investa l’intero rapporto giuridico intercorso tra le parti e non sia limitato alla
mera valutazione della legittimità dell’atto impugnato.62
Di recente, il percorso della giurisprudenza amministrativa sembra aver trovato un definitivo
approdo in altra decisione, con cui ulteriori precisazioni sono state rese all’espresso fine di “di fugare i
dubbi riguardo l’effettività della tutela giurisdizionale”.63
Il Consiglio di Stato ha precisato che, nonostante la qualificazione come esclusiva della
giurisdizione del G.A., questa resta una “giurisdizione che agisce quale istanza di ricorso”, in cui al
giudice spetta di verificare se il potere spettante all’Autorità sia stato correttamente esercitato
Ciò premesso, il massimo organo della giustizia amministrativa si affretta anche a precisare
come anche nel modello impugnatorio il sindacato giurisdizionale sia oggi particolarmente penetrante e,
nelle controversie in materia antitrust, si estenda sino al controllo dell'analisi economica compiuta
dall'Autorità (potendo sia rivalutare le scelte tecniche compiute da questa, sia applicare la corretta
interpretazione dei concetti giuridici indeterminati alla fattispecie concreta in esame).
Nella preoccupazione che la definizione del sindacato “di tipo debole” possa essere interpretata
come limitativa dell’effettività della tutela giurisdizionale, il Consiglio di Stato precisa che con tale
espressione non ha inteso limitare il proprio potere di piena cognizione sui fatti oggetto di indagine e
sul processo valutativo, mediante il quale l’Autorità applica alla fattispecie concreta la regola individuata,
ma ha voluto solo porre un limite finale alla statuizione del giudice, il quale, dopo aver accertato in
modo pieno i fatti ed aver verificato il processo valutativo svolto dall’Autorità in base a regole tecniche,
anch’esse sindacate, se ritiene le valutazioni dell’Autorità corrette, ragionevoli, proporzionate ed
attendibili, non deve spingersi oltre fino ad esprimere proprie autonome scelte, perché altrimenti
assumerebbe egli la titolarità del potere. Il giudice non può sostituirsi ad un potere già esercitato, ma
deve solo stabilire se la valutazione complessa operata nell’esercizio del potere debba essere ritenuta
corretta sotto ogni profilo.
Principi confermati anche da Cons. Stato, VI, 1 ottobre 2002, n. 5156, Enel/Infostrada, in Foro amm. CDS 2002, p. 2505.
R. Caranta, I limiti del sindacato del giudice amministrativo sui provvedimenti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, in Giur.
Comm., 2003, p. 170
62 G. Scarselli, Brevi note sui procedimenti amministrativi che si svolgono dinanzi alle autorità garanti e sui loro controlli giurisdizionali, in
Foro It., 2002, III, p. 488
63 Cons. Stato, VI, 2 marzo 2004 n. 926, Buoni pasto Consip, in www.lexfor.it e in Diritto e formazione, 2004, p. 997, con ny. di
D. De Pretis, Antitrust, valutazioni tecniche e controllo giurisdizionale.
60
61
15
Il Consiglio di Stato sembra quindi voler superare la terminologia “sindacato forte o debole”,
per porre l’attenzione unicamente sulla ricerca di “un sindacato tendente ad un modello comune a
livello comunitario, in cui il principio di effettività della tutela giurisdizionale sia coniugato con la
specificità di controversie, in cui è attribuito al giudice il compito non di esercitare un potere, ma di
verificare – senza alcuna limitazione - se il potere a tal fine attribuito all’Autorità antitrust sia stato
correttamente esercitato”.
Peraltro, va anche evidenziato come ormai nel giudizio amministrativo (sia di legittimità, che in
sede di giurisdizione esclusiva) non esiste più alcuna limitazione per il giudice di carattere processuale, la
cui sussistenza veniva in passato invocata a fondamento della limitazione del sindacato del giudice
amministrativo.
Come più volte ribadito nelle citate decisioni del Consiglio di Stato, nell’esercizio del sindacato
sui provvedimenti delle Autorità indipendenti è ammissibile l’utilizzo della consulenza tecnica: tramite
tale mezzo probatorio può essere delegato al consulente l’accertamento sotto il profilo tecnico di un
ben individuato presupposto del fatto o comunque gli potrà essere chiesto un ausilio finalizzato ad
ampliare la conoscenza del giudice con apporti tecnico – specialistici (ben delimitati nel quesito)
appartenenti a campi del sapere caratterizzati da obiettiva difficoltà.
Le menzionate precisazioni fornite dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato escludono limiti
alla tutela giurisdizionale dei soggetti coinvolti dall’attività delle Autorità indipendenti, individuando
quale unica preclusione l’impossibilità per il giudice di esercitare direttamente il potere rimesso dal
legislatore alle autorità.
Infine, per quanto concerne le sanzioni pecuniarie previste dalla disciplina antitrust italiana, si
era posto il problema dei limiti del sindacato giurisdizionale ed, in particolare, dell’applicabilità dell’art.
23, comma 11, della L. n. 689 del 1981, che prevede che il potere del giudice di annullare in tutto o in
parte (l’ordinanza) o di modificarla anche limitatamente all’entità della sanzione dovuta.
Il Consiglio di Stato ha aderito alla tesi dell’applicabilità del citato art. 23 e della conseguente
giurisdizione di merito sulle sanzioni pecuniarie irrogate dall’Autorità (con possibilità quindi di
modificarle in sede giurisdizionale), richiamando sia il principio di legalità, che tutela il diritto del privato
a non subire imposizioni patrimoniali al di fuori dei casi previsti dalla legge (art. 23 Cost.), sia la
compatibilità con i principi della L. n. 287 del 1990 dell’art. 23 della L. n. 689 del 1981, sia infine la
diversità del potere esercitato dall’Autorità per l’applicazione di una sanzione amministrativa
tipicamente punitiva, quale quella pecuniaria.
7. CONCLUSIONI
A distanza di ormai diversi anni dallo sviluppo del modello delle Autorità indipendenti nel
nostro ordinamento, ci si deve chiedere se si tratti di un sistema in permanente espansione o che mostra
invece momenti di crisi.
Probabilmente in assenza di una copertura espressa a livello costituzionale ed anche di un
disegno unitario del legislatore, la risposta sarà diversa a seconda delle singole Autorità prese in
considerazione.
L’impressione è che si tratti di un fenomeno non ancora del tutto consolidato nel nostro
ordinamento, rispetto al quale assumono sempre maggiore rilievo gli influssi di derivazione comunitaria.
L’Autorità garante della concorrenza e del mercato è ormai inserita in una “rete” di autorità a
livello comunitario ed è parte attiva di quel processo di decentramento e di modernizzazione del diritto
comunitario della concorrenza, avviato con l’entrata in vigore del Regolamento CE n. 1/2003.
Anche nel campo delle comunicazioni elettroniche, la Direttiva quadro 2002/21/CE impone
agli Stati membri di garantire l’indipendenza e la neutralità delle Autorità nazionali di regolamentazione
(art. 3) e prevede, anche in questo caso, una rete di Autorità indipendenti nazionali (artt. 8 e 15).
E’ vero che il concetto di indipendenza a livello comunitario viene spesso riferito come distanza
dal potere economico e che non viene imposta una necessaria forma e collocazione istituzionale di tali
16
soggetti; ma è anche vero che in tal modo viene consolidata la posizione di alcune Autorità
indipendenti, prima fra tutte quella antitrust.
Si tratterà di vedere se tale Autorità costituirà il modello che farà da traino anche per le altre o se
sarà destinata a prendere una strada autonoma; il che renderà più incerta la strada di alcune altre
Autorithies.
Restano tuttavia aperti diversi problemi: la esatta collocazione nel sistema delle Autorità
indipendenti, poste al di fuori del circuito di responsabilità; la compatibilità dei poteri normativi con il
principio di legalità e di gerarchia delle fonti.
Il rafforzamento della garanzie partecipative contribuisce a legittimare “dal basso” le Autorità e
compensa almeno in parte alcuni punti critici.
Un intervento del legislatore, sia costituzionale che ordinario, potrebbe contribuire a fare
chiarezza.
Sarebbe utile codificare per tutte le Autorithies il descritto rafforzamento delle garanzie
partecipative per tutti i procedimenti, anche normativi; uniformare i criteri di nomina e garantire
modalità tali da porre i componenti delle Autorità in una obiettiva situazione di indipendenza e
neutralità.
Vi è poi la necessita di distinguere in modo più netto la c.d. attività di adjudication (adozione di
provvedimenti inibitori o sanzionatori, come quelli adottati dall’Autorità antitrust) da quella di rule
making (regolazione).
In dottrina è stato sottolineato il rischio di una commistione tra gli interventi ex post con cui si
colpiscono i comportamenti che non sono in sintonia col libero gioco concorrenziale e che ne
pregiudicano lo sviluppo (adjudication) e gli interventi ex ante dell'Autorità, volti anzitutto a fissare le
regole asimmetriche per il funzionamento del mercato. 64
Le regole devono essere dettate in modo chiaro e tale da consentire ai destinatari della disciplina
di valutare in modo autonomo ed ex ante, con un grado elevato di certezza, i propri e gli altrui
comportamenti in termini di liceità o illiceità.
Ciò non sempre è facile in quanto si tratta di settori in cui le regole, oltre a diventare
velocemente obsolete, contengono concetti giuridici indeterminati, che vengono precisati solo ex post
nell’attività di adjudication.
Qui non può che supplire il valore del precedente, e in primo luogo del precedente comunitario
ed il ruolo della giurisprudenza; il che presuppone una sindacato del giudice che sia realmente
effettivo.65
Qualche riflessione finale proprio con riguardo alla tutela giurisdizionale.
Attesa la delicatezza delle controversie inerenti l’attività delle Autorità indipendenti, è invece
fondamentale che le diverse forme di tutela giurisdizionale siano idonee a garantire tre principi
fondamentali: il principio di effettività della tutela, quello della certezza del diritto e la ragionevole
durata del processo.
Il principio di effettività della tutela giurisdizionale impone che l’esercizio dei diritti in tali
materie sia garantito in maniera uniforme e non sia reso eccessivamente difficile o addirittura
impossibile. A tal fine il livello di tutela, indicato dalla giurisprudenza comunitaria, dovrà essere inteso
come un livello minimo da garantire da parte delle giurisdizioni degli Stati membri.
L’effettività della tutela risulterebbe comunque attenuata in assenza della certezza del diritto.
La certezza del diritto è sempre più indice di affidabilità di un sistema e l'interprete (il giudice in
primo luogo) deve sempre tendere verso una interpretazione certa ed uniforme.66
F. Cintioli, cit..
Sul punto si rinvia al cap. successivo.
66 Incidentalmente, si osserva che il problema della certezza del diritto è particolarmente attuale nell’ordinamento italiano,
dopo lo scossone dato al sistema di riparto di competenze tra centro e periferia dalla riforma del titolo V della Costituzione e
le conseguenti difficoltà interpretative che stanno generando un periodo di incertezza e di estrema conflittualità, in cui la
Corte Costituzionale diventa arbitro dei rapporti Stato - Regioni. Le conseguenze del protrarsi di un periodo di incertezza le
subiscono tutti: i cittadini disorientati dall’assenza di certezze in relazione a beni di primaria importanza, le imprese anche
penalizzate dalla incertezza ed il nostro sistema giuridico – economico che in un’epoca di globalizzazione, oltre che di
crescente integrazione europea, sarà considerato meno affidabile dal mercato, proprio a causa delle incertezze giuridiche e
64
65
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Nei settori, ove l’attività delle Autorità deve necessariamente essere coordinata a livello
comunitario, bisogna assolutamente evitare il rischio di interpretazioni difformi, anche perché
all'interno di un sistema a rete, se vi sono maglie della rete più deboli, ciò indebolisce l'intera rete con
pericolo che in molti tentino di forzare la rete laddove le maglie sono più deboli; il che viene tradotto,
con riferimento alle giurisdizioni, con il termine forum shopping.
Tra i rimedi per evitare tale rischio, sicuramente il ruolo guida degli organi giurisdizionali
comunitari costituisce quello migliore e l’utilizzo del rinvio pregiudiziale da parte dei giudici interni
potrà consentire di mantenere una adeguata uniformità interpretativa.
L’effettività della tutela e la certezza del diritto verrebbero vanificate se la decisione del giudice
arriva oltre un ragionevole tempo di attesa.
Nel settori economici e, in particolare in quelli della c.d. new economy, il c.d. “mismatch” tra “tempo
giuridico” e “tempo reale” costituisce un problema rilevante, tenuto conto che l’intervento delle
Autorità attraverso misure correttive e la modifica o conferma delle stesse in sede giurisdizionale
rischiano a volte di giungere “fuori tempo massimo”, quando l’innovazione ha reso obsolete le
condotte incriminate o ha già radicalmente modificato il mercato, sul quale si intendeva intervenire.
E’ quindi indispensabile che le Autorità si facciano carico del problema della ragionevole durata
del procedimento e che i giudici riescano a rendere ragionevole e compatibile con il “tempo reale” la
durata del processo.
Nell’ordinamento italiano, a fronte di innegabili problemi di eccessiva durata dei processi, civili,
penali ed amministrativi, non può non risaltare come il giudice amministrativo italiano abbia attuato
quell’indicazione del legislatore di creare un “binario preferenziale” per controversie di maggiore
rilevanza (tra cui quelle aventi ad oggetto gli atti delle autorità indipendenti), elencate nell’art. 23 bis
della legge n. 1034/1971, introdotto dall’art. 4 della L. n. 205 del 2000 ed ha optato per una rapida
definizione nel merito di tali giudizi, con casi estremamente rari dell’utilizzo di misure cautelari.
Effettività della tutela, certezza del diritto e ragionevole durata del processo sono dunque i tre
principi attorno a cui si devono sviluppare tecniche e modalità del sindacato giurisdizionale sugli atti
delle Autorità indipendenti e questa sembra essere la strada ormai intrapresa dal giudice amministrativo,
che appare aver trovato un corretto punto di equilibrio tra il rispetto dei tre predetti principi e la
peculiarità di controversie aventi ad oggetto il controllo su un’attività particolarmente complessa e
specialistica, quale quella svolta dalle Autorità indipendenti.
Roberto Chieppa
Consigliere di Stato
del tempo trascorso per risolverle. Tutto ciò deve essere evitato nei settori economici in cui operano le Autorità
indipendenti, in cui tali conseguenze sarebbero amplificate.
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