Gli amori del Re Sole

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Gli amori del Re Sole
LIBRO
IN ASSAGGIO
GLI AMORI DEL RE
SOLE
DI ANTONIA FRASER
Gli amori del Re Sole – Luigi XIV e le donne
DI ANTONIA FRASER
I
DONO DAL CIELO
Scorsero in braccio a questa principessa, che avevano visto sopportare grandi
vessazioni con tanta forza d’animo, il loro piccolo re, come un dono mandato dal
cielo in risposta alle loro preghiere.
MADAME DE MOTTEVILLE, Mémoires
La prima donna nella vita di Luigi XIV — e probabilmente la più importante —
fu la madre, Anna d’Austria. Quando Luigi, il suo primo figlio, nacque il 5
settembre 1638, la regina di Francia nata in Spagna aveva appena
festeggiato il trentasettesimo compleanno.* Era un’età in cui una principessa
reale avrebbe potuto facilmente essere già nonna (Anna stessa si era sposata
a quattordici anni). La regina aveva invece sopportato ventidue anni di
matrimonio senza figli. Come ebbe a dire a una confidente, aveva perfino
temuto l’annullamento delle nozze, dal momento che la sterilità era uno dei
possibili motivi di ripudio secondo la Chiesa cattolica. Nel qual caso l’ex
principessa spagnola, figlia di Filippo III, sarebbe stata rimandata nel paese
d’origine oppure spedita a governare i cosiddetti Paesi Bassi spagnoli (che
corrispondono all’incirca all’odierno Belgio), com’era successo ad altre
principesse della sua casa reale, per esempio in tempi più recenti alla sua
devota zia, Isabella Clara Eugenia.
La nascita di un figlio, e per giunta di un figlio maschio (in Francia, in base alla
legge salica del XIV secolo, le donne non potevano
ereditare il trono), significava che la posizione della regina era completamente
mutata. Non si trattava soltanto della felicità di una donna di fronte «a un
prodigio quando meno lo si aspettava» come ebbe a scrivere il giornale
ufficiale, la «Gazette de France». Si trattava anche della posizione
tradizionalmente assai forte che competeva a ogni regina di Francia che
aveva generato un Delfino, paradosso interessante in un paese in cui vigeva
la legge salica. Questa forza derivava dal diritto di quella regina di fungere da
reggente nel caso in cui il marito fosse morto durante la minore età del figlio;
norma che era stata applicata alla madre di Luigi XIII alla morte di Enrico IV. e
alla potente Caterina de’ Medici nel secolo precedente.
Quest’eventualità era già stata presa in considerazione all’epoca delle nozze
di Anna d’Austria nel 1612. La futura regina veniva paragonata in maniera
poetica alla luna e messa in relazione con il sole rappresentato dal marito:
«Come la luna riceve la propria luce dal sole...» la morte del sovrano implica
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che «il sole che tramonta lasci il posto alla luna e le conferisca il potere di
diffondere la luce in sua assenza» (a quel tempo i futuri sposi avevano dieci
anni). Poco più di un quarto di secolo dopo, la situazione reale era meno
poetica. Luigi XIII non godeva di buona salute e una reggenza nei tredici anni
a venire — l’età in cui un re di Francia diventava maggiorenne — era più che
probabile. Quanto tempo sarebbe trascorso prima che Anna, come Caterina
de’ Medici, divenisse l’emblema della tanto venerata maternità, cuore del
potere?
Anche il quadro dinastico dell’Europa aveva subito una trasformazione. Il
presunto erede al trono di Francia, il fratello minore del sovrano, Gastone
duca d’Orléans, dopo che gli furono presentate «le prove fisiche» della
mascolinità del neonato, dovette accettare il fatto che le sue crescenti
speranze di salire al trono erano state inevitabilmente infrante. Per di più,
Gastone stesso non aveva che figlie femmine. Poi in linea di successione
c’erano i principi del sangue francesi, il principe di Condé e i due figli, il duca
d’Enghien e il principe di Conti; anche le loro speranze erano parimenti
frustrate.
D’altro canto, la nascita di un principe non si limitava a infrangere speranze,
ma suscitava anche pensieri ambiziosi riguardo alle sue possibili future nozze
con una principessa. La figlia di primo letto di Gastone, Anna Maria Luisa di
Montpensier, era la più ricca ereditiera di Francia avendo acquisito il
patrimonio della madre morta alla sua nascita. La differenza di undici anni non
le impediva di trastullarsi pensando al Delfino come al «mio piccolo sposo».
Ancora più importante per l’avvenire fu una nascita altrettanto augusta che
ebbe luogo in Spagna. Cinque giorni dopo che la radiosa regina Anna aveva
dato alla luce Luigi, la cognata, sposa di Filippo IV, aveva messo al mondo
una principessa.
Questi due neonati di così alto lignaggio erano di fatto doppiamente primi
cugini (con gli stessi nonni), dal momento che un fratello e una sorella di
Francia avevano sposato una sorella e un fratello di Spagna. Diversamente
dalla Francia, tuttavia, in Spagna le donne potevano salire al trono: Anna
d’Austria all’atto delle nozze aveva dovuto rinunciare ai suoi diritti. Vi era
almeno una possibilità invece che l’Infanta Maria Teresa un giorno salisse sul
trono di Spagna — o che questo avvenisse per i suoi figli. E un’altra
possibilità in linea teorica, sempre presente ad Anna, era che Maria Teresa
potesse un giorno diventare la sposa di Luigi.
Date le circostanze, è facile comprendere come al piccolo Luigi venisse dato
l’appellativo di Dieudonné o Deodatus: cioè donato da Dio. Anche con il
trascorrere degli anni, il carattere apparentemente miracoloso del suo
concepimento e della sua nascita non fu mai del tutto dimenticato. Oltre
quarant’anni più tardi, un diplomatico tedesco avrebbe accennato alla
«nascita del tutto straordinaria» del sovrano.
Quanto fu miracolosa questa nascita, così inaspettata e incredibile per la
madre? Indubbiamente con il passare degli anni la questione era stata
oggetto di infinite preghiere. Si erano svolti pellegrinaggi ai diversi santuari,
come s’addiceva a una regina alla quale, durante tutta la vita, nulla avrebbe
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dato maggior piacere che visitare conventi e luoghi sacri. Si erano fatti voti
contro la sterilità a san Leonardo di Noblac, un eremita che si riteneva avesse
fondato nel VI secolo un monastero vicino a Limoges, per la cui intercessione
si diceva si fossero ottenuti molti miracoli. (Era anche il santo patrono dei
carcerati — e dopo tutto la sovrana era prigioniera della propria sterilità.)
La regina si stava rapidamente avvicinando all’età in cui la gravidanza stessa
era considerata improbabile. Era un’epoca in cui si riteneva che in generale le
donne invecchiassero prima degli uomini:
perdevano presto la loro freschezza («Nessuna donna è bella dopo i ventidue
anni» era un detto comune), per avviarsi inesorabilmente verso il declino
dopo i trenta. Indubbiamente, al tempo del trentaseiesimo compleanno della
regina, il 22 settembre 1637 (e i trentacinque anni erano spesso considerati
come un punto di svolta), i rapporti con il marito, e anche con la Francia, la
patria d’adozione, avevano già alle spalle un passato lungo e tormentato.
Le nozze dei due adolescenti reali avevano avuto luogo il giorno della festa di
Santa Caterina, il 25 novembre 1615. A quanto pare, vennero consumate
immediatamente, poi seguì un intervallo di più di tre anni. Il 25 gennaio 1619 il
definitivo perfezionamento dell’unione regale venne annunciato sul gazzettino
«Mercure Franais» (si trattava dopo tutto di una questione di Stato, così come
lo erano state le nozze). Circolarono senz’altro voci di gravidanze reali
durante tutto il decennio successivo (nel corso degli anni Venti del 1600), e lo
stesso Luigi XIII disse in seguito agli ambasciatori veneziani che la regina
aveva avuto quattro «disgraziati aborti».
Sebbene l’unione non fosse stata eccezionalmente infelice in base agli
standard (notoriamente bassi) vigenti nelle famiglie reali, fu certamente
piuttosto infelice. Anna era una donna estremamente attraente, perfino bella,
con la sua figura piena e voluttuosa, la capigliatura folta di un acceso color
castano, l’incarnato pallido e luminoso e gli occhi scuri dai riflessi verdi che
conferivano al suo sguardo uno sfavillio particolare. Non le mancava una
certa dose di vanità femminile ed era particolarmente orgogliosa delle sue
candide mani, costante oggetto di ammirazione, che sembravano fatte
apposta «per reggere uno scettro». Per quanto concerne il suo carattere, un
coacervo di contraddizioni, Anna era di certo amante del piacere — adorava il
teatro e il gioco d’azzardo — ma nello stesso tempo era estremamente
devota.
La devozione non le impedì comunque di essere una donna romantica, e non
era difficile che gli uomini s’innamorassero di lei:
«Il suo sorriso avvinceva mille cuori» scriveva Madame de Motteville, la sua
dama di compagnia. Era anche galante, termine francese tipico del tempo che
assumeva sfaccettature diverse a seconda del contesto. Nel caso della regina
significava civettuola nel senso cortigiano, sostanzialmente innocente, come
poteva esserlo un’Infanta di Spagna educata severamente. Quando
l’affascinante duca di Buckingham, che era galante nel senso più ampio del
termine, ebbe «l’audacia» di farle la corte in un famoso episodio in giardino, la
regina si ritrasse con orrore. Ciononostante, secondo Madame de Motteville,
importante fonte per interpretare i sentimenti più intimi di Anna in quanto
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conosceva il mondo spagnolo, «se fosse stato possibile per una donna
rispettabile amare un uomo che non fosse il marito, Buckingham avrebbe
potuto attrarla». Il punto di vista della principessa di Conti era ancora più
sprezzante:
era pronta a rispondere della virtù della regina dalla vita in giù, ma non dalla
vita in su.
La sessualità di questa donna romantica e inappagata verrebbe oggi definita
tormentata. Luigi XIII aveva deprimenti relazioni sia con gli uomini che con le
donne: in tarda età, divenne suo favorito il marchese di Cinq-Mars. Ma vi fu
un periodo in cui s’innamorò perdutamente di Marie d’Hautefort (si dice che,
di conseguenza, le sue visite coniugali ad Anna si fossero intensificate).
Tuttavia, quando il suo amico, il duca di Saint5imon* si offrì di fare da
intermediario il re fu scandalizzato: «Quanto più il mio rango di sovrano mi dà
la possibilità di soddisfare i miei desideri,» disse «tanto più devo guardarmi
dal peccato e dallo scandalo».1o Depresso e disposto a lasciarsi dominare
dal suo grande ministro, il cardinale Richelieu, Luigi XIII costituiva la metà di
una coppia inconciliabile.
Per di più, se le nozze non erano state in grado di fornire un erede alle case
di Borbone e d’Asburgo, non avevano neppure portato la pace fra i due regni.
Poco tempo dopo l’arrivo di Anna in Francia, ebbe inizio il lento
strangolamento dell’Europa in quel lungo e complesso conflitto che in seguito
prese il nome di guerra dei Trent’anni. In tale scontro, su istigazione del
cardinale Richelieu, la Francia e la Spagna si trovarono su due fronti opposti.
Anna respinse l’idea di essere rimasta in cuor suo una principessa spagnola. I
suoi gusti potevano essere spagnoli, dalla propensione a fare tardi la sera alla
nostalgia delle bibite gelate e della cioccolata, ma era fiera di essere diventata
una principessa francese. Luigi XIII d’altro canto era preda di sospetti sulla
slealtà della moglie e durante tutta la loro vita coniugale rimase convinto che
lei «nutrisse una grande passione per gli interessi della Spagna».
Le figlie dei grandi sovrani sposate all’estero correvano sempre il rischio di
favorire gli interessi del loro paese d’origine. Possiamo quindi apprezzare il
saggio commento già espresso nel XVI secolo da Erasmo a questo riguardo.
Nella sua Educazione del principe cristiano sottolinea l’incongruità ditali
unioni, che in effetti non portavano mai alla pace fra gli stati, e consigliava ai
sovrani e ai principi contrarre matrimonio con persone del loro stesso paese.
Gastone d’Orléans, fratello del re e per molti anni presunto erede trono, si
trovò implicato in diverse cospirazioni. Anche Anna fu sospettata di essersi
alleata con lui e, nell’ultimo complotto di cui venne sospettata prima che
diventasse madre di un figlio maschio, accusata di avere intenzione di
sposare Gastone dopo la morte del sovrano. E, nonostante il dichiarato
orgoglio di considerarsi una principessa francese, scriveva ancora in
spagnolo nella corrispondenza con il fratello FilippoIV, re di Spagna. Un
comportamento che nell'estate del 1637, quando venne scoperto, la fece
cadere in disgrazia.
Ovviamente il suo nemico, il cardinale Richelieu, ottenne da Anna
un’umiliante ritrattazione, firmata il 17 agosto. Nel frattempo un membro della
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casa di Anna, il suo attendente, Pierre de la Porte, fu arrestato e torturato, ma
rifiutò di compromettere maggiormente la padrona. Si comprende quindi come
La Porte, nelle sue memorie, a proposito di Luigi XIV scriva ironicamente che
era «tanto figlio del mio silenzio quanto delle preghiere della regina e delle
devote implorazioni di tutta la Francia». Tenuto conto di tutte queste
circostanze avverse, risulta evidente come si ricorresse all’intervento di un
fatto miracoloso.
Vi erano naturalmente, e ci sarebbero sempre stati, dei pettegoli che
insinuavano che il miracolo avesse un’origine più umana. Il fratello minore del
sovrano, Gastone d’Orléans, disse che era perfettamente pronto a credere
che Luigi «donato da Dio» fosse uscito dal ventre della regina, ma non
sapeva chi diavolo ve l’avesse messo. A questo proposito, la maldicenza
popolare era pronta a indicare il nome del ministro del re, cardinale Richelieu,
semplicemente a causa del suo potere politico (un assurdo fraintendimento
dei rapporti fra Anna e il cardinale), con filastrocche che insinuavano che il re
aveva pregato «i santi, uomini e donne» tutti i giorni e che anche Richelieu
aveva pregato ma «aveva avuto molto più successo».
Fra i tanti religiosi che pregavano per la fertilità della regina molti erano pronti,
come maghi della pioggia, a supportare con iniziative pratiche le loro
preghiere. Si dice che una monaca, una ex favorita di Luigi XIII di nome
Louise Angélique de La Fayette, avesse chiesto al suo sacerdote di scegliere
una grande festività della Chiesa — presumibilmente la festa dell'Immacolata
Concezione l’8 dicembre — per ricordare al platonico ammiratore i suoi doveri
coniugali: il risultato era stata un’immediata «concezione» di natura più
terrena (da parte della regina).
Vi è una storia, tuttavia, degna di nota in quanto ritenuta vera dalla stessa
sovrana, e in seguito da suo figlio. Si tratta della predizione in un monastero
di Parigi da parte di un monaco, frate Fiacre, al quale la Beata Vergine Maria
era apparsa il 3 novembre 1637. Gli era stato detto dalla Vergine d’informare
la regina che, entro breve tempo, sarebbe rimasta incinta; poi aveva ordinato
alla coppia reale di recitare tre novene nella cattedrale di Notre-Dame e nella
chiesa di Notre-Dame-des-Victoires a Parigi — e soprattutto presso il
santuario di Notre-Dame-des-Gràces una sconosciuta cappella a Cotignac in
Provenza. (Cotignac potrebbe essere stato uno degli antichi siti pagani legati
alla fertilità, dedicato a delle dee ormai dimenticate, in seguito trasformato in
un luogo di venerazione della Vergine.)
Alla fine fu lo stesso frate Fiacre, accompagnato dal vicepriore del suo ordine,
a compiere il pellegrinaggio a Cotignac. Quando frate Fiacre venne
effettivamente ricevuto dalla coppia reale il 10 febbraio 1638 la regina era
ormai già incinta. Ciò significava che, a questo punto, oggetto di
preoccupazione non era tanto il concepimento quanto il tanto desiderato
sesso maschile del nascituro. L’importanza attribuita alla missione di frate
Fiacre è dimostrata dal fatto che il sovrano aveva dato ordini affinché alla
coppia di pellegrini venissero forniti gratuitamente vitto e alloggio durante il
viaggio.
É evidente che la sincerità di frate Fiacre aveva fortemente impressionato la
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regina in occasione del loro incontro. Sei anni dopo, convocò nuovamente il
monaco e pronunciò queste parole: «Non ho dimenticato la straordinaria
grazia che avete ottenuto per me dalla Beata Vergine che mi ha dato un figlio.
Ho fatto fare un grande quadro in cui egli (Luigi) è rappresentato davanti alla
Madre di Dio cui offre la sua corona e lo scettro». E il monaco si recò quindi
nuovamente a Cotignac con il quadro. Ma il loro rapporto non terminò qui.
Frate Fiacre continuò ad avere libero accesso alla presenza di Luigi anche da
vecchio, per il ruolo che si credeva avesse avuto «nella fausta nascita di
Vostra Maestà». Quando il monaco morì, il suo cuore venne portato a NotreDame-des-Gràces per ordine del sovrano, ormai uomo maturo (che pagò le
spese del trasporto). Questa fu la spiegazione sovrannaturale del lieto evento,
che la devota Anna senza dubbio accettava, considerato il rispetto dimostrato
a frate Fiacre. Ma circolava anche una versione dei fatti più terrena: una
spedizione di caccia nelle vicinanze di Parigi sarebbe stata interrotta da un
inatteso temporale e, dato che gli appartamenti privati del re al Louvre non
erano stati predisposti, la notte del 5 dicembre 1637 il sovrano aveva dovuto
rifugiarsi in quelli della moglie... Il risultato di questa imprevista intimità fu
Luigi, nato esattamente nove mesi più tardi. Purtroppo la «Gazette de
France», la fonte ufficiale degli spostamenti del sovrano giorno per giorno non
conferma la presenza congiunta dei coniugi al Louvre in quella particolare
notte (sebbene sia vero che Anna era lì). Il re e la regina erano rimasti tuttavia
insieme per quattro settimane a partire dal 9 novembre, prima nel loro castello
di Saint-Germain e poi, dal 1° dicembre, al Louvre. Dopo di che il re era
andato a caccia a Cròne, e il 5 dicembre era ormai nel suo casino di caccia di
Versailles. Fu questo periodo prolungato di occasioni in novembre che
indusse i medici a prevedere la nascita di un erede per la fine di agosto.
Tralasciando il sovrannaturale, e considerato che la data del temporale non
coincide (a meno che il re andando a Versailles non avesse fatto una rapida e
non segnalata sosta al Louvre), la verità era certamente più prosaica. Com’è
noto, i rapporti coniugali di un re e di una regina non erano mai soggetti alle
normali leggi basate su preferenza o attrazione, rabbia o disgusto. La
necessità di un erede non era sicuramente diminuita e, a un certo momento
dell’autunno, dopo un periodo di crisi, i sovrani avevano ripreso i rapporti con
fausti risultati. Eppure, anche se lo stesso Luigi XIII in tono comprensibilmente
irritato ebbe a osservare: «Non si può certo chiamare miracolo il fatto che se
un marito va a letto con la moglie le dà un figlio», le circostanze del
concepimento, seguito dalla nascita dell’erede così lungamente desiderato,
furono ritenute straordinarie da molli, e soprattutto dalla madre del bambino.
«Donato da Dio»: Anna avrebbe impresso nel futuro Luigi XIV la convinzione
di essere un individuo dal destino speciale.
Il 14 gennaio 1638 il medico della casa reale, Bouvard, informò il cardinale
Richelieu delle condizioni della regina. Due settimane dopo, la notizia fu
annunciata sulla «Gazette de France». Il 10 febbraio (giorno della visita di
frate Fiacre), Luigi XIII invitò tutto il regno a pregare per un Delfino e,
affidandolo alla protezione della Beata Vergine, ordinò che il paese
celebrasse la festività dell’Assunzione il 15 agosto.* La regina diede ancora
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maggior rilievo a questo fatto mandando a prendere a Le Puy-en-Velay un
frammento del sacro manto della Vergine affinché le fosse di aiuto al
momento del parto. Altre sacre reliquie, alle quali Anna era comunque molto
attaccata, adornavano la sua cappella privata. La levatrice reale, Dame
Péronne, purtroppo fino ad allora scarsamente impegnata, venne insediata
alcuni mesi prima della data prevista, con le sue pozioni e i suoi vasetti di
grasso di maiale il cui uso era raccomandato per le frizioni durante il travaglio.
Fu allestito l’apposito letto da parto: era largo circa novanta centimetri e
consisteva di due tavole poste fra due materassi, un doppio guanciale alla
francese da mettere sotto le spalle e due lunghi pioli di legno su ciascun lato
ai quali la regina poteva aggrapparsi durante il travaglio. Seppure molto
diverso dal grande letto matrimoniale riccamente adorno di tendaggi e di
ricami in cui Anna soleva dormire, anche il letto da parto era tuttavia un
arredo ufficiale che, quando non era in uso, veniva conservato in un armadio
e allestito di volta in volta per le diverse dame reali.
Le condizioni di salute della regina erano buone. Questa volta non c’era la
minaccia di uno «sciagurato aborto», secondo le parole del sovrano. L’unica
preoccupazione di Anna era l’alta incidenza di mortalità infantile, che
tormentava tutti i genitori a quei tempi — e in questo caso tutta la corte. Era
stato calcolato che circa un neonato su due moriva, e quelli che
sopravvivevano al parto rimanevano statisticamente a rischio fino al
compimento di un anno e anche oltre, per cui la sepoltura di bambini sotto i
cinque anni non veniva neppure segnata nei registri parrocchiali. L’unico
momento increscioso per il re (comune a tutti i padri, non solo ai sovrani) fu
quando la nascita tardò rispetto ai suoi calcoli precisi: Luigi XIII infatti era
impaziente di partire per la Piccardia. Il re manifestò la propria stizza alla
regina, ma la previsione della data di un parto, sebbene calcolata anche allora
come adesso a partire dalle ultime règles (ciclo mestruale), non è mai stata
un’arte esatta, ed è facile comprendere come i medici reali preferissero
sbagliare sul versante della cautela.
Sabato 4 settembre per la regina ebbero finalmente inizio le doglie nella
dimora reale di Saint-Cermain.
*Il nome di Arma d’Austria datole dalla storia può trarre in inganno in quanto
Anna non ebbe mai neppure occasione di visitare quel paese. Sta a indicare il
fatto che il padre apparteneva al ramo spagnolo degli Asburgo, la casa
regnante austriaca.
Aggiornata il giovedì 17 aprile 2008
Edizione Mondolibri S.p.A., Milano
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