Presenza Italiana

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Presenza Italiana
Anno XXXV · No 6 · Novembre-Dicembre 2012
Periodico della Missione Cattolica Italiana di Ginevra
“Quella luce
risplende
nelle tenebre,
e le tenebre
non l’hanno vinta”.
Gv. 1,5
BuonNatale
Foto: Stefano CAVAPOZZI
la vostra città,
la vostra missione
Missione cattolica italiana
•15, rue de la Mairie · 1207 GENEVE
tel. 022 736 83 82 · [email protected]
•36, rue Jacques Dalphin · 1227 CAROUGE
tel. 022 342 34 54
Missionari: P. Luciano COCCO, P. Martino SERRAGLIO
Segreteria
Da lunedì a venerdì: dalle ore 9.00 alle ore 12.00
e dalle ore 14.00 alle ore 18.00.
Chiuso: sabato
SS. Messe:
· a Ginevra, sabato e prefestivi: ore 18.00;
domenica: ore 10.00, ore 11.30 e ore 18.00;
giorni feriali: ore 18.30.
· a Carouge, sabato e prefestivi: ore 18.00;
domenica: ore 10.00; giorni feriali: ore 19.00.
Battesimi:
3ª domenica del mese: ore 12.30,
con preparazione il 1o martedì del mese alle ore 20.00
Matrimoni: presentarsi almeno tre mesi prima.
Sommario
4
Nuovo volto
dell'emigrazione
italiana in Svizzera
6
Una scossa
per la Chiesa
12
Tapori
un movimento
"Quarto mondo"
18
Orizzonti attuali
della mobilità
umana
Foto copertina: foto archivio
Istituto italiano
Ch. J. Attenville 20, 1218 Grand-Saconnex,
tel. 022 798 17 20.
Direttrice: sig.ra Sandra Olivet
Opera per bambini in età scolastica da 4 a 12 anni
Comunità Suore Orsoline:
Ch. J. Attenville 20, tel. 022 788 01 30
Casa di riposo “La Provvidenza”
34, rue Jacques-Dalphin, 1227 Carouge
tel. 022 304 41 41, fax 022 304 41 04,
ccp nr. 12-12928-7.
Direttrice: sig.ra Luciana Mühle
Garderie (4-12 anni):
36, rue Jacques-Dalphin, tel. 022 301 20 94
Direttrice: Sr. Edoardina
Comunità Suore Francescane
36, rue Jacques-Dalphin, tel. 022 301 70 30
2
Casa di riposo “Les Pins“
ch. de l‘Erse 2, 1218 Grand-Saconnex
tel. 022 595 41 00
Direttore:
M. Novembre-Dicembre
Eric Marti
Presenza
Italiana
2012
Bimestrale della Missione Cattolica Italiana di Ginevra
Aderente alla FUSIE (Federazione Unitaria Stampa Italiana all‘Estero)
e alla FSS (Federazione Stampa Scalabriniana)
Direttore: Luciano Cocco
Redazione: Martino Serraglio, Leandro Di Siena
Massimo Giovannozzi, Enrico Norelli
Abbonamenti / Pubblicità: Maria Alice Cantale
Tipografia: “La Buona Stampa“,
Via Fola, 6963 Pregassona
Tel. 091 973 31 71
Tiratura: 6.800 copie
Direzione e Amministrazione: Missione Cattolica Italiana
Rue de la Mairie 15 · 1207 Ginevra
Tel. 022 736 83 82 · Fax 022 786 71 09
Internet: http://www.missionecattolicaginevra.ch/
E-mail: [email protected]
Versamenti per il giornale: abbonamento annuale CHF 35.CREDIT SUISSE SA · 8070 Zürich a favore di CH82 0483 5114 3366 9100 0
Missione Cattolica Italiana · 1207 Genève · Conto N. 80-500-4
RR-Grafik-Studio
Roberto Ronca · Zollikofen-Bern · Tel. 031 914 04 65
E-mail: [email protected]
editoriale
Natale:
UN NUOVO INIZIO
POSSIBILE
Dice Tagore che "ogni bimbo che nasce è un segno che Dio non è stanco degli uomini”. Per
la fede cristiana l’annuncio della nascita dei quel bambino duemila anni fa è la buona novella
di un nuovo inizio possibile al di là di tutte le nostre stanchezze e di ogni nostra rinuncia a
sperare e ad amare. Perciò essa sfida tutti a sognare, mescolando i sogni degli uomini al grande sogno di Dio.
Dunque un nuovo inizio appare necessario e urgente, lì la nascita indicata dalla stella cometa sulla grotta di Betlehem accende il sogno che vorrebbe tirare nel presente degli uomini il domani divino. Fu il sogno di Martin Luther King in quel fatidico 28 agosto 1963: “I have
a dream...”.
È un sogno che parla specialmente ai giovani d’oggi, a quelli che nelle piazze gridano la protesta e per i quali le parole di quel grande sognatore risuonano più che mai vere, attuali:
“Cerchiamo di non soddisfare la nostra sete di libertà bevendo alla coppa dell’odio e del risentimento. Dovremo per sempre condurre la nostra lotta al piano alto della dignità e della
disciplina. Non dovremo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica.
Dovremo continuamente elevarci alle maestose vette di chi preferisce alla forza fisica la forza
dell’anima”.
Il sogno che vorrei condividere con chi mi legge non è fuga dalla realtà o presunzione di realizzare l’impossibile: è, invece, sfida a volare alto, a vedere l’invisibile e ad amare con l’amore
che ci invita a fare della nostra vita la realizzazione di un progetto più grande, fino a spenderla - nel modo più giusto e più bello che ci sia dato - al servizio di tutti.
Un profeta dei nostri giorni, Hélder Câmara, il “vescovo dei poveri”, amava ripetere: “Beati quelli che sognano: trasmetteranno speranza a molti cuori e correranno il dolce rischio di vedere
il loro sogno realizzato”.
E un grande protagonista del Concilio Vaticano II, Leo Joseph Suenens, affermava: “Beati quelli che sognano e sono pronti a pagare il prezzo più alto perché il loro sogno prenda corpo nella vita degli uomini”.
Bruno Forte
Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012
3
em i g r a z i o n e
Luisa Deponti,
CSERPE
"L'Europa del Sud torna ad emigrare": titoli simili compaiono
ormai con sempre maggiore
frequenza nei media dei paesi di
lingua tedesca. Greci, portoghesi,
spagnoli e italiani - soprattutto giovani - riprendono la via
percorsa dai loro nonni verso la
Germania, la Svizzera (e l'Austria).
Ma la storia si ripete solo in parte. Certamente crisi economica e
disoccupazione nell'Europa meridionale spingono, come in passato, singole persone e famiglie
a partire per tentare la fortuna
in un mercato del lavoro svizzero
e tedesco ancora in piena forma
e bisognoso di manodopera per
motivi demografici.
Il sostegno dato dalle reti etniche e familiari per la presenza di
grosse comunità di connazionali
rendono Germania e Svizzera due
mete principali di questa nuova
emigrazione intra-europea.
D'altra parte, a livello quantitativo gli attuali movimenti migratori non si possono paragonare a
quelli avvenuti dopo la seconda
guerra mondiale e conclusisi sostanzialmente negli anni '70.
A cambiare è anche il profilo
dell'emigrante, che presenta in
genere un livello di istruzione
più elevato rispetto a quello di
coloro che partivano con l'ormai
proverbiale "valigia di cartone".
Per quanto riguarda gli italiani
in Svizzera, a partire dal 2007,
dopo un paio di decenni di saldo
migratorio negativo, il numero
dei nuovi arrivati ha cominciato
a superare quello di coloro che
hanno lasciato la Confederazione.
Era dal 1974 che la comunità italiana continuava costantemente a
diminuire soprattutto per i rientri
in patria e le naturalizzazioni.
Negli ultimi anni, invece, c'è stata
un'inversione di tendenza.
Attualmente in Svizzera i cittadini con solo passaporto italiano risultano essere 291'017,
mentre 546'614 sono gli iscritti
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Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012
"... gli italiani in Svizzera,
a partire dal 2007,
dopo un paio di decenni
di saldo migratorio
negativo, il numero
dei nuovi arrivati
ha cominciato a superare
quello di coloro che hanno
lasciato la Confederazione."
all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE), molti dei
quali cittadini italo-svizzeri.
I dati dell'ISTAT danno interessanti indicazioni: a partire dal 2007
è in aumento l'emigrazione dal
Centro-Nord verso l'estero, mentre è in calo quella dal Sud e dalle
Isole. Cresce la percentuale dei
giovani laureati tra gli emigranti
di tutte le regioni. I dati, quindi,
parlano di un forte movimento
interno dal Mezzogiorno verso il
Nord dell'Italia, accompagnato da
una sorprendente "fuga dei cervelli" all'estero soprattutto dalle
regioni settentrionali.
I motivi della partenza di questi
giovani italiani sono legati, da
una parte, alle migliori condizioni che trovano in Svizzera: salari
in media più alti, possibilità di
ottenere un posto in base più al
merito personale che alle raccomandazioni, prospettive di carriera chiare e definite, un sistema
sociale più sicuro.
Dall'altra parte, serpeggia la sfiducia nel sistema-Italia, che privilegia e tutela soprattutto i lavoratori adulti, offre scarse opportunità a giovani sempre più
qualificati e li spinge verso una
prolungata precarietà.
L'emigrazione di questi giovani
promettenti rappresenta una
grave perdita umana, economica
e culturale per l'Italia, soprattutto
se la loro permanenza all'estero
tende a diventare definitiva.
D'altra parte anche la Svizzera non è un facile Eldorado: la
barriera principale per molti è la
lingua, in particolare il tedesco,
insieme alla perdita di punti di
riferimento e del sostegno familiare.
Qui si rivela importante la nascita di nuove forme di collegamento e di associazionismo che
i giovani, figli dell'era delle comunicazioni digitali, stanno già
cominciando a costruire.
Anche le missioni cattoliche presenti in Svizzera hanno un ruolo
da giocare nell'accompagnamento di questa nuova emigrazione.
(1° novembre 2012)
Foto: Philipp Eyer e Stephan Hermann
MIGRAZIONE
E RELIGIONE:
LA PROSPETTIVA
DEI GIOVANI
DELLA SECONDA
GENERAZIONE
"Penso che più si diventa grandi, meno si è religiosi.
A me, in ogni caso, è successo
così. I miei genitori mi hanno
raccontato della mia religione
e mi hanno mostrato delle immagini. Era come una stanza
nella mia testa, nella quale c'erano tante cose.
Con il tempo ho cominciato
a riflettere di più per conto
mio e mi sono chiesto: perché
è così? Non può essere vero.
Quella stanza allora è diventata
sempre più vuota".
Danoshan, 16 anni
"Tra gli albanesi ci sono più
giovani che vanno in chiesa che
non tra gli svizzeri.
La maggior parte di noi dice:
'Sì, certo, io vado in chiesa'.
Non ci vergogniamo della fede".
Valmir e Mimoza, 14 anni
"In Svizzera abbiamo una comunità bosniaca e la religione
ti integra in questo gruppo qui.
È molto utile e positivo.
Mi aiuta a non dimenticare il
mio Paese di origine."
Zaïda, 17 anni
Queste ed altre testimonianze
di ragazzi figli di migranti sono
state raccolte nell'indagine: "Migrazione e religione: prospettive
di bambini e giovani in Svizzera",
sotto la guida del prof. Christian
Giordano dell'Università di Fribourg. Si tratta di uno dei 28
progetti compresi nel Programma
nazionale di ricerca "Comunità religiose, Stato e società" (PNR 58),
incentrato sul panorama religioso della Svizzera. Lo studio diretto dal Prof. Giordano si è svolto in
due luoghi di vita quotidiana dei
ragazzi: in alcune classi a scuola e
nella sfera familiare.
Le famiglie intervistate provenivano dall'Asia meridionale (India, Pakistan e Sri Lanka) e dai
Paesi dell'Europa sud-orientale
(Albania, Bosnia Erzegovina, Kosovo, Croazia, Macedonia e Serbia). Tra questi gruppi di immigrati si riscontra una grande
pluralità religiosa, con la presenza di cattolici, ortodossi, protestanti, musulmani, indù e di persone senza religione.
Gli autori sottolineano che in Svizzera, come in altri Paesi d'Europa,
la mentalità più diffusa vede nelle
religioni un "modello superato",
per cui per essere "moderni" sembra necessario allentare il legame
con una religione tradizionale.
Il credo religioso è relegato alla
sfera privata e personale e raramente viene tematizzato al di
fuori dell'ambito familiare.
Quei ragazzi, dunque, che provengono da famiglie e da Paesi
in cui la religione ha una certa
importanza nella vita pubblica e
personale, si trovano di fronte a
delle sfide particolari nella costruzione della loro identità e dell'appartenenza alla società locale.
Come è possibile essere nel proprio ambiente quotidiano - a
scuola, tra gli amici - contemporaneamente "religiosi" e "moderni"? Come non rinnegare del
tutto quello che si è ricevuto dai
genitori e, al tempo stesso, essere
giovani e "cool", sentirsi accettati e appartenenti?
Questa problematica appare più
evidente tra i ragazzi musulmani,
in quanto l'immagine dell'islam
veicolata dai mass media è al momento attuale particolarmente
negativa, a causa di eventi terroristici o conflitti internazionali.
Tuttavia, anche i bambini e i giovani cattolici provenienti dall'Asia
o dai Balcani avvertono che nella
società in cui vivono la pratica religiosa è considerata fuori moda.
I ragazzi sono spesso sottoposti
a domande e a richieste di spiegazione da parte dei coetanei e
degli adulti.
Con il passaggio all'adolescenza,
come avviene per i giovani locali,
il confronto con la tradizione
religiosa ricevuta in famiglia diventa più personale. Dalla ricerca
non risulta frequente una rottura
netta con la religione/cultura dei
genitori, ma una rielaborazione
individuale, con esiti differenti.
In generale la religione non occupa un posto preponderante nella
vita quotidiana: scuola, lavoro,
famiglia, amicizie hanno un'importanza maggiore. Tuttavia essa acquista rilevanza nei momenti di difficoltà e di fronte a domande relative al senso della vita.
La religiosità si distacca però dalle istituzioni ufficiali (chiesa, moschea, tempio) e mette in discussione pratiche e norme prescritte
da altri. In parte si distanzia anche dalla cultura dei genitori.
"... la mentalità più diffusa
vede nelle religioni
un "modello superato",
per cui per essere "moderni"
sembra necessario allentare
il legame con una religione
tradizionale."
Le radici della fede, che continuano ad essere alimentate dalla
famiglia, devono poter attecchire
nel nuovo ambiente culturale, in
un terreno piuttosto "resistente" alle religioni. Le strategie di
adattamento sono molteplici e
in alcuni casi si riscontra un certo
interesse per l'approfondimento
dei contenuti fondamentali della propria fede, per poter reagire
ad un contesto di vita in cui coesistono secolarizzazione e pluralismo religioso.
Importante è notare che tali
processi di cambiamento nella
religiosità delle seconde generazioni si riscontrano, se pur con
tempi e modalità diverse, in tutte
le comunità presenti in Svizzera.
Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012
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vi t a d e l l a c h i e s a
di Egidio Todeschini
DELLA
ANNO FEDE
2012
2013
UNA SCOSSA
PER LA CHIESA
Indetto da Benedetto XVI a cinquant’anni dall'apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II. La speranza di una nuova primavera.
Anno della Fede aperto dal Papa
l’11 ottobre scorso segue quello
indetto nel 1967 da Papa Paolo
VI nel XIX centenario del martirio dei santi Pietro e Paolo.
Annunciato da Benedetto XVI
nel 2011 con la lettera apostolica
Porta Fidei, intende far maggiormente comprendere il fondamento della dottrina cristiana, per
riscoprire il dono, concesso dal
Signore a ciascuno di noi, "di vivere la bellezza e la gioia dell’essere cristiani". Senza cedere alle
tentazioni della mentalità corrente, più propensa a far fare ciò che
piace, piuttosto che a seguire l’insegnamento impartitoci da Gesù.
Non a caso la data dell’11 ottobre coincide con quella di due
importanti avvenimenti di Chiesa: l’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II (11 ottobre
1962) indetto da Papa Giovanni
XXIII, cui partecipò, come consulente teologico, il giovane Ratzinger; e la promulgazione del
Catechismo della Chiesa Cattolica, suggerito dal Sinodo Straordinario dei Vescovi del 1985 e
concretizzato da Giovanni Paolo II (11 ottobre 1992).
6
Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012
Il Catechismo fu articolato in quattro parti (Credo, Liturgia, Morale,
Preghiera), ma espresso in un
modo "nuovo", per rispondere agli
interrogativi della nostra epoca e
per ridurre l’indifferenza religiosa.
Motivazioni che avevano, a suo
tempo, spinto Giovanni XXIII a
trasmettere tramite il Concilio
"adunato nello Spirito Santo… una
pura e integra dottrina, senza attenuazioni o travisamenti… certa,
immutabile, approfondita e presentata in modo che corrisponda
alle esigenze del nostro tempo...
per illuminare tutti gli uomini con
la luce del Cristo che risplende sul
volto della Chiesa".
Da molti apprezzate, da altri criticate, le decisioni conciliari furono
notevolmente rivoluzionarie. Non
solo perché si eliminò il latino dalle
funzioni ecclesiastiche; soprattutto
perché fu riconosciuta la libertà di
coscienza (quindi religiosa, prima
negata), e rivalutata la Bibbia che
ogni fedele deve "fare propria".
Innovazioni cui si aggiunsero modifiche di linguaggio, grazie alle
quali gli Ebrei da "perfidi Giudei"
divennero "fratelli maggiori" e gli
Ortodossi ed i Protestanti "fratelli
separati".
Si realizzò, quindi, quel rinnovamento che, secondo Papa Ratzinger, deve spingere Chiesa e credenti verso un rapporto personale
con Cristo che "aveva aperta ai
pagani la strada della fede" (Atti
degli Apostoli, 14,17) e fondata la
Chiesa che cresce nel tempo e si
sviluppa, rimanendo però sempre
"unico soggetto del Popolo di Dio
in cammino".
"Che fare, per ritrovare
il dono della Fede?
re
In primo luogo, promuove
l
de
rti
se
missioni nei de
mondo contemporaneo
e portarvi il Vangelo;
fede."
offrire testimonianze di
Da ciò la decisione di istituire
l’Anno della Fede, onde contribuire alla riscoperta della propria vocazione, quindi all’essere
testimoni credibili e gioiosi del
Signore risorto, nonché capaci di
indicare alle persone la "porta
della fede" che fa conoscere Cristo,
presente in mezzo a noi "tutti i
giorni, fino alla fine del mondo".
Il Pontefice si riferisce alla frase di
San Paolo, "So a Chi ho creduto",
per far comprendere che "credere"
comporta "innanzi tutto, un’adesione personale a Dio"; ma anche
"l’assenso libero a tutta la verità
che Dio ha rivelato".
Ne consegue che solo una maggiore diffusione della dottrina cristiana può contribuire a consolidare
la grande famiglia della Chiesa
e a concretizzare l’invito di Gesù
agli Apostoli: "Andate in tutto il
mondo e predicate il Vangelo ad
ogni creatura".
Quindi invita ad incrementare i
pellegrinaggi dei fedeli alla Sede
di Pietro, ma anche favorire quelli
in Terra Santa, territorio che ha
visto e conosciuto il Salvatore e
Maria, nonché promuovere ogni
iniziativa che aiuti a riconoscere il
ruolo particolare della Vergine ed
a seguirne le virtù.
Un cammino particolarmente
necessario nel Medio Oriente che
soffre di una cristianofobia sempre
più violenta, benché ogni anno,
secondo Magdi Cristiano Allam,
6 milioni di Musulmani si convertono al Cristianesimo. Cui però si
aggiunge, nel mondo Occidentale,
quel relativismo che fa ritenere lecito tutto ciò che piace o conviene.
Che fare, per ritrovare
il dono della Fede?
In primo luogo, promuovere missioni nei deserti del mondo contemporaneo e portarvi il Vangelo;
offrire testimonianze di fede; trasmettere agli atei ed ai miscredenti
il messaggio di salvezza offertoci
da Gesù. Da qui l’invito agli ecclesiastici di tradurre i Documenti del
Concilio Vaticano II e il Catechismo
della Chiesa Cattolica nelle lingue
nelle quali ancora non esistono;
favorirne la pubblicazione, in edizioni economiche, o diffonderli con
l’ausilio dei mezzi elettronici e delle
moderne tecnologie; divulgare la
conoscenza dei Santi e dei Beati,
autentici testimoni della fede.
Ma anche ad organizzare, specialmente nel periodo quaresimale, celebrazioni penitenziali
per chiedere perdono a Dio per
i peccati compiuti, specialmente
contro la fede.
E, come suggerisce Mons. Rino
Fisichella, a "sostenere la fede
di tanti credenti che nella fatica
quotidiana non cessano di affidare
con convinzione e con coraggio la
propria esistenza al Signore Gesù".
Necessario, però, il coinvolgimento
del mondo della cultura per dimostrare che tra fede e autentica
scienza non vi è alcun conflitto
"perché ambedue, anche se per
vie diverse, tendono alla verità".
L’unica che può garantire una vita pura ed onesta, soprattutto alimentata dall’amore, perché "la
fede senza la carità non porta frutto e la carità senza la fede sarebbe
un sentimento in balia costante del
dubbio". Soprattutto dell’egoismo
oggi imperante.
Il Sinodo, dire il Vangelo oggi
Si è concluso il 28 ottobre il Sinodo dei vescovi della Chiesa cattolica per
una rinnovata evangelizzazione. Per tre settimane, circa 250 vescovi provenienti da dai diversi Paesi in cui vivono i cristiani si sono interrogati sugli scenari che si presentano in questo tempo di crisi riconosciuta.
Nelle terre di antica cristianità, infatti, la trasmissione della speranza cristiana incontra fatiche e ostacoli, al suo interno la Chiesa registra una
diminuzione di membri e di vocazioni.
Essa, in una società segnata dalla secolarizzazione appare a volte minoritaria, marginale, mentre la cultura dominante non aiuta il suo cammino
di umanizzazione. Come dare l’annuncio in Sud America, Africa e Asia,
dove la Chiesa cattolica, oltre al confronto con le altre religioni “storiche”,
conosce oggi la concorrenza di sette cristiane, di spiritualità esoteriche e
di magia? E nei Paesi, Occidente compreso, dove l’Islam nelle sue varie
forme, pone nuovi interrogativi? I padri sinodali provenienti dalle Chiese
più direttamente implicate hanno cercato di far conoscere i loro problemi.
“Proprio per questo - scrive Enzo Bianchi, invitato come esperto al Sinodo
- ho trovato uno straordinario poter ascoltare le voci di questi vescovi tutte
testimoni di impegno nel dialogo, prive di accenti aggressivi o toni da crociata. La Chiesa è veramente mutata in questi ultimi cinquant’anni: non più
ostilità verso gli “infedeli”, ma dialogo, comune responsabilità per il bene
della società, ricerca di pace tra le religioni, libertà di coscienza, affermazione della necessaria ragione umana in ogni dottrina religiosa”. Speranza.
Peccato che sia rimasta in ombra la questione femminile nella chiesa.
Sulle istanze dei divorziati risposati si è ribadito che l’amore del Signore resta fedele anche se ci sono infedeltà, perché la Chiesa è la casa di
tutti i battezzati, anche di quelli che vivono in situazioni lontane dal
Vangelo (Rocca, nov. 2012).
Il Concilio Vaticano II ha 50 anni...
ma il suo cammino “è ancora giovane"
Papa Giovanni XXIII, convocando il
Concilio Vaticano II, ha voluto imprimergli fin dall’inizio uno stile ed
un orientamento profondamente
innovativo. Nel discorso inaugurale affermò di aver voluto il Concilio per “aggiornare la Chiesa”.
Non si trattava certo di modificare
il dato della Rivelazione, che è
immutabile, ma di presentarlo in
modo più consono alla mentalità e alla sensibilità di un mondo che stava
profondamente cambiando, anche per la crescente diffusione della fede
cristiana in culture diverse da quella europea.
Quattro furono le novità principali volute da Papa Giovanni:
1. A differenza degli altri Concili, nel Vaticano II è la Chiesa stessa che è
chiamata a guardarsi allo specchio e a confrontarsi con il Vangelo di
Gesù, senza dare per scontata la qualità della sua fedeltà e della sua
testimonianza.
2. Di qui la seconda novità: il Vaticano II un “Concilio pastorale”, rivolto
principalmente al pratico rinnovamento della vita cristiana e degli orientamenti pastorali. Non ha la preoccupazione di esprimere condanne, ma
vuole rivolgere sul mondo e sulla Chiesa uno sguardo d’amore, capace
di cogliere i “segni dei tempi”.
3. Per la prima volta il Concilio vede coinvolte tutte le componenti della
Chiesa: non più soltanto i vescovi ma - pur senza diritto di voto - anche
teologi, superiori maggiori delle Congregazioni religiose, laici competenti.
4. Per la prima volta sono invitati, come osservatori, rappresentanti di Chiese cristiane non cattoliche, ebrei e anche altre religioni.
(Chiesa Viva, ott. 2012)
Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012
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calendari o p a r r o c c h i a l e
dicembre 2012
celebrazione penitenziale
·Carouge:lunedi 17 dicembre, ore 19.30
·Ginevra: martedi 18 dicembre, ore 19.00
natale
·Ginevra: lunedi 24 dicembre
S. Messa di Natale, ore 23.00 (veglia: ore 22.30)
martedi 25 dicembre
SS. Messe ore 10.00, 11.30 e ore 18.00.
·Carouge: lunedi 24 dicembre
S. Messa di Natale, ore 23.00 (veglia: ore 22.30)
martedi 25 dicembre
SS. Messe ore 10.00 e ore 18.00
Semplicità del Natale
Il presepio e la musica, a Natale, parlano agli
occhi e al cuore. E suscitano sentimenti buoni.
Fanno dimenticare, o almeno mitigare, le difficoltà e il dolore per le persone perse lungo
la strada.
I brani dei vangeli della Natività volevano
parlare della nascita della fede, la fede che
altro non è se non sentirsi raggiunti da Dio, e
da lui amati.
Per questo a Natale siamo tutti ricondotti nello stesso posto, là dove, in piedi o in ginocchio,
ci capita di fermarci in silenzio e nella preghiera, davanti al Dio fatto uomo nella pochezza
della carne di un bambino.
È arrivato tardi
corso cresimandi adulti
Narra una leggenda che i
magi erano
quattro, ma
uno si era attardato più volte lungo la strada: una rissa tra
villaggi vicini,
una pestilenza,
un’inondazione. Invece di cambiare strada,
si era tirato su le maniche. Quando arrivò a
Gerusalemme, stavano portando un uomo al
Calvario. Arrivò giusto in tempo.
Noi cominciamo un anno nuovo. Abbiamo
tanto tempo davanti, così almeno pensiamo,
e ci auguriamo.
Non mancheranno fatti imprevisti che ci obbligheranno a correggere il percorso. Importante
sarà arrivare in tempo, là dove qualcuno sta
aspettando un aiuto.
·Ginevra: primo incontro,
giovedì 24 gennaio 2013, ore 20.15
Insieme all’altro
fine d'anno
·Ginevra: lunedi 31 dicembre
S. Messa di ringraziamento, ore 18.30
·Carouge: lunedi 31 dicembre,
S. Messa di ringraziamento, ore 19.00
gennaio 2013
capodanno
·Ginevra: martedi 1° gennaio 2013
S. Messa ore 10.00, 11.30 e ore 18.00
·Carouge: martedi 1° gennaio 2013
S. Messa: ore 10.00 e ore 18.00
gruppo insieme
giovedi 17 gennaio 2013, ore 14.30
battesimi
·Giulia Castoldi
·Liam Alemanno
·Giulia Paci
·Emilio Puglisi
·Stella Mascaro
·Sarah Machado
·Clea Ricca
defunti
·Anna Maria Parachini (79)
·Vito Petretti (85)
·Sr Maria Attilia Osella (95)
8
il biglietto
PresenzaItaliana
Italiana Novembre-Dicembre
Novembre-Dicembre2012
2012
Presenza
“L’altro è colui senza il quale vivere non è più
vivere” (M. de Certeau). Noi che viviamo in
emigrazione, facciamo l’esperienza di incontri
diversi, differenziati, e ci accorgiamo quanto
sia arricchente incontrarsi con l’altro, anche
quando non ci “appartiene”, non parla come
noi, non condivide le nostre idee, le nostre
passioni. Tendenzialmente cerchiamo l’altro
che parla come noi, condivide le nostre idee, e
così ci impoveriamo, rendendo poveri e inutili
tanti nostri incontri.
Siamo chiamati, è la vocazione che tutti ci sentiamo dentro, a muoverci fuori dal tracciato
quotidiano, ascoltando l’esortazione del grande vescovo brasiliano Helder Camara: “partire
è smettere di girare attorno a se stessi”.
P. Luciano
vita di comunità
Giovani coppie, nasce un nuovo gruppo
All'inizio dell'anno pastorale, la
nostra comunità vede la nascita
di un nuovo cammino di fede per
giovani coppie.
Esso nasce dalla necessità di trovare, nel rapido scorrere della
vita coniugale, o anche dell'essere neo-genitori, del tempo per
riflettere, guardarsi negli occhi
e pensare all'essere "noi", ed è
aperto a tutte le coppie che abbiano il desiderio di confrontarsi
al loro interno e con altre coppie
onde scambiarsi le proprie idee,
stimolare la propria esperienza
di vita e crescere nel proprio percorso di fede.
La riflessione è incentrata sul libro di Tobia, un testo sapienziale
ed allegorico tra i meno conosciuti, ma non per questo meno
ricchi, dell'Antico Testamento, ed
è guidata dal testo di don Luca
Mazzinghi "Tobia: il cammino
della coppia", edito da Qiqajon.
Il percorso si muoverà dunque su
tre piani: la lettura attenta del
testo biblico, la riflessione e la
IL VANGELO
in casa
tutti impegnati nella lettura
del Vangelo di Luca
crescita spirituale individuale, e
lo scambio sincero e dialogante
col proprio coniuge e con le altre coppie.
Al primo incontro di presentazione del progetto e di conoscenza, svoltosi lo scorso 4 novembre,
hanno partecipato nove coppie.
Per le coppie con bambini, è stato allestito anche un servizio di
babysitting.
Si è inoltre decisa una cadenza
mensile degli incontri: dunque, il
prossimo incontro è previsto il 9
dicembre prossimo.
Tutte le giovani coppie della nostra comunità sono invitate ad
unirsi a questa bella esperienza
di fede!
Partiamo insieme!
Taizé,
a Roma 50mila giovani
Dal 28 dicembre 2012 al 2
gennaio 2013 Roma accoglierà un gran numero di
giovani da tutta Europa per
partecipare all’incontro ecumenico organizzato dalla
Comunità di Taizé.
Stiamo formando un gruppo Scout AGESCI
(Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani)
Hai figli tra gli 8 e i 12 anni, con una gran voglia di giocare e scoprire la vita dei boschi?
Sei un ragazzo dai 13 ai 17 anni desideroso di nuove
avventure nella natura?
Hai dai 18 ai 21 anni e vuoi vivere intense esperienze
di volontariato e scouting?
Sei un Capo Scout o aspirante tale?
Per informazioni:
· Alice Fabbro
· Nicolò Biancacci
[email protected]
[email protected]
tel. +41 76 237 20 33
tel. +41 76 709 84 18
Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012
9
vi t a d i c o m u n i t à
Il 29 ottobre scorso si è svolto nella Comunità di lingua spagnola l’incontro dell’Unità pastorale multilinguistica. Dopo un momento di preghiera, ricordando il beato
Giovanni Battista Scalabrini, i presidenti delle tre Missioni linguistiche e dell’Unità
Pastorale, hanno riferito sull’attività e le proposte in atto.
In questo numero presentiamo una sintesi di due relazioni.
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Comunità di lingua italiana
L’Unità pastorale multiculturale
➧La lettura e la meditazione del Vangelo di Luca
sarà uno dei temi centrali delle attività di tutti i
gruppi della Missione
➧L'anno catechistico si è aperto all'inizio del mese
di ottobre; ai genitori verrà proposta la lettura in
famiglia del Vangelo di Luca.
➧L’attività giovanile prende un grande spazio e
interesse nella comunità:
-il gruppo degli adolescenti dai 15 ai 18 anni,
conosciuto con il nome di “Cuori Aperti";
-il gruppo dei giovani dai 18 ai 24 anni, co nosciuto anche come "Mistica e Mastica";
-il gruppo degli adulti dai 25 anni in su quest’anno
punta sul tema della Fede e del discernimento.
➧Sono già confermati i Ritiri di Avvento e Quaresima.
➧Nasce un nuovo cammino di fede per giovani
coppie. Il progetto si muoverà, a partire dal mese
di novembre, su un testo-traccia basato sul libro
di Tobia.
➧Il gruppo delle Volontarie Vincenziane continua
ad offrire un aiuto concreto sia per casi singoli a
Ginevra, sia per progetti internazionali.
In conclusione, il futuro prossimo ci pone davanti
una sfida difficile, ma affascinante: tracciare, alla
luce delle mutate condizioni sociali ed organizzative, il futuro delle nostre attività, garantendo
un'"osmosi" tra le varie comunità, favorita dalla
supervisione del Consiglio dell'Unità Pastorale.
(Salvatore Di Guida)
Avendo ricevuto questo incarico da pochi mesi, sto
imparando a conoscere le particolarità delle tre
Missioni.
Pensando ai gruppi giovanili, che conosco meglio,
metto in evidenza alcune caratteristiche.
➧La comunità italiana è di terza o quarta generazione, ma c’è anche un nucleo di giovani della
prima emigrazione che trovano a Ginevra un luo go di lavoro particolare: Organismi internazio nali, Multinazionali, ecc.
➧La comunità di lingua portoghese conta molti
giovani e numerosi catechisti, la maggioranza
della seconda generazione.
➧La comunità ispanofona si contraddistingue per
il grande numero di gruppi etnici, ciascuno con
una propria cultura e caratterizzati da forme diverse della religiosità popolare.
➧Da ricordare un incontro con P. Francesco Buttazzo nell’ambito della proposta vocazionale per i
giovani e per le comunità.
➧Una forte esperienza che ha coinvolto le tre missioni è stata la preparazione dei Cresimandi adulti che ha visto le tre corali riunite per preparare i
canti in diverse lingue.
La diversità è una ricchezza, ma ci vuole una certa
prudenza per proporre le attività in comune. Rimaniamo comunque in ascolto di altre proposte,
che possano essere occasione d’incontro fra le tre
comunità, nel rispetto delle rispettive differenze.
(Giuseppe Lo Presti)
Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012
catechismo
Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012
11
un Movimento “Quarto Mondo”
Il Movimento ATD Quarto Mondo (Agire in tutta dignità, in
francese: ATD Quart Monde) è
stato creato nel 1957 dal sacerdote Joseph Wresinski per aiutare le famiglie con cui viveva in
un campo di Noisy-le-Grand fondato dall’Abbé Pierre alla periferia di Parigi.
Presente in una trentina di Paesi, ATD lavora sia sostenendo le famiglie nel loro impegno di crescita (senza distribuire
soldi), sia promuovendo i propri principi a livello nazionale e internazionale.
Tapori è un movimento di bambini, tra 7 e 13 anni, legati da
12
Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012
una grande corrente d’amicizia
e solidarietà, in tutti i Paesi e in
tutti i ceti sociali.
ATD Quart Monde ha per obiettivo l’eliminazione dell’estrema povertà a partire da un chiaro principio fondante: far conoscere e rispettare i diritti dei
bambini e dar loro la possibilità
di agire e di vivere nella pace.
Questo scopo può essere raggiunto soltanto se ogni cittadino, povero o meno, non importa il ceto sociale o la sua confessione religiosa, s’impegna a
cambiare la propria mentalità,
frenare i meccanismi dell’esclusione, lottare contro la grande
povertà e promuovere il rispetto
dei diritti dell’uomo.
(sito: www.atd-quartmonde.org).
È una Organizzazione Non Governativa che ha lo statuto consultivo presso l’ECOSOC (United Nation Economic and Social
Council), l’UNESCO, l’UNICEF, il
BIT e il Consiglio dell’Europa.
Oggi migliaia di bambini tra i 7 e
i 13 anni di tutti i continenti sono in relazione tra loro tramite
la Lettera Tapori, che ogni mese
invia notizie, in varie lingue,
d’altri ragazzi e ragazze che in
Europa, in Africa, in America e
in Asia trovano modi diversi per
non lasciare nessun bambino in
disparte, solo e senza amici.
La Lettera serve da forum per
costruire l’Amicizia e la Pace (vedi sito: www.tapori.org).
Per mettere in relazione bambini
di tutto il mondo intorno a un
progetto comune, ogni anno
lanciamo una Campagna Tapori.
Il contenuto delle campagne è
presentato all’ONU ogni anno
il 17 ottobre in occasione della
“Giornata mondiale per l’éliminazione della miseria”.
Quest’anno abbiamo lanciato la
campagna 2012-2013: ”Tutti costruttori di Pace”.
Ognuno può essere costruttore
di pace. È quello che abbiamo
voluto scoprire con i bambini.
con la proposta di fabbricare un
elemento di questa costruzione:
il Cubo della pace.
Messaggi dei ragazzi Tapori
Breve storia
Il nome "Tapori" è stato scelto in segno di solidarietà con i
bambini più poveri.
Père Joseph, fondatore di ATD
Quart Monde, era cresciuto
nella povertà.
Durante uno dei suoi viaggi
in India incontrò bambini
vagabondi che vivevano nelle
strade di Bombay: erano chiamati “TAPOORI” (POOR, da
povero).
Questi bambini raccoglievano sui treni i resti di cibo lasciati dai viaggiatori e poi si
radunavano per condividerli
in modo che ciascuno avesse
qualcosa da mangiare.
Al ritorno in Francia Wresinski scelse come linea d’azione “Nous voulons que tous
les enfants aient les mêmes
chances” e cominciò a scrivere lettere personali a bambini
in difficoltà, in cui ripeteva:
“Voi siete come i Tapori, quando - da quasi nulla - cercate
di costruire un mondo di amicizia, nel quale non ci sarà più
la miseria.”
Iris Amaldi
”
”
”
”
”
On ne peut pas avoir la paix alors qu'on e st
toujours t riste en étant mis de côté.
C'e st dur quand on ne t'approche pas ou quand
on vous tourne le dos, quand on refuse
la main tendue.
Thaddé, della Républica Democratica del Congo
La paix c’e st quand chaque personne
dans le monde acceptera l’aut re comme il e st.
C’e st la cohabitation sur une seule terre
sans aucune gêne, c’e st quand toute personne
sera en égalité avec son prochain.
Elie, del Libano
Je sens que je const ruis la paix quand
je suis uni avec me s amis.
Pour la const ruire là où je vis, il faudrait
que le s uns e t le s aut re s se pardonnent.
Lorraine, 14 ans, Côte d’Ivoire
Pour const ruire la paix pour tous, là où je vis,
il faudrait un parc de vant la maison pour que
l’on joue e t partage de s bons moments ensemble.
Célia, 11 ans, Lausanne, Suisse
Tous le s jours nous voulons la paix.
La solidarité donne la force de bien faire l’amitié.
L’amitié nous conduit dans la paix e t la paix
fait disparaît re la misère.
Saleh, della Republica Democratica del Congo
Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012
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mondo scalabriniano
CONGREGAZIONE
DEI MISSIONARI
DI S. CARLO BORROMEO
di Graziano Tassello
SCALABRINIANI: 125 ANNI
La congregazione religiosa dei
Missionari di S. Carlo, conosciuti
come Scalabriniani, fu fondata dal
beato Giovanni Battista Scalabrini,
vescovo di Piacenza, il 28 novembre
1887, con lo scopo "di provvedere
all'assistenza specialmente spirituale degli italiani emigrati, massime
nelle Americhe".
Scalabrini, "per compiere - com'egli
stesso si esprime - i suoi doveri
episcopali verso tanti infelici"
anche al di là dei confini della
propria diocesi, fra tante altre iniziative, organizza laici volonterosi
nella "Società S. Raffaele", attiva
soprattutto nei porti d'imbarco e
di sbarco.
Ma accanto ai laici, egli vuole un
gruppo di missionari. Inviando i
suoi missionari nelle Americhe,
mons. Scalabrini vuole preservare
la fede degli emigranti, anche rispettando e privilegiando le loro
tradizioni linguistiche, culturali e
religiose affinché la pratica religiosa potesse esprimersi nella maniera loro più consona.
Un amore a tutto campo
L’amore dei missionari per i migranti è un amore a tutto campo. I
religiosi non pensano solo all’ambito religioso. A contatto con lo
sfruttamento e la miseria a cui sono condannati a vivere gli emigrati, i missionari sono spesso gli
unici ad intervenire in un deserto
fatto di silenzio e di disinteresse,
per cui Scalabrini può affermare:
“Dovunque sorgono chiese, conventi, scuole cristiane, orfanotrofi,
ospedali. L’azione benefica della
Croce di Cristo consola gli emigrati e li incoraggia, mantenendo
fermi i loro principii religiosi e
preservandoli dai pericoli della
corruzione e dell’apostasia…”
(L’emigrazione italiana in America,
Piacenza, 1887).
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Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012
A Genova padre Maldotti combatte contro la malavita locale che
sfrutta gli emigranti in attesa di
imbarco. A Ellis Island padre Morelli gestisce la “San Raffaele”,
consigliando i nuovi arrivati su
come difendersi dagli sfruttatori.
E sulla tolda di una nave, dove i decessi per malattia erano un evento
ordinario, di fronte ad un genitore
disperato per la morte della moglie
che lo lascia con due figlioletti, P.
Giuseppe Marchetti si commuove
e promette di fondare un orfanotrofio per prendersi cura di quegli
orfani. E mantiene la promessa.
Dopo il linciaggio di alcuni italiani a New Orleans nel 1891 - il grave episodio aveva suscitato la sdegnata quanto inutile reazione del
governo italiano che aveva minacciato di mandare le sue cannoniere per fare giustizia - è padre Giacomo Gambera a consolare le famiglie e a cercare di sollevarle dalla
umiliazione e dalla disperazione.
In America e in Europa
La morte prematura del Fondatore, che nel 1901 e nel 1904 aveva
visitato i suoi missionari negli USA
e in Brasile, aveva impedito al
vescovo piacentino di affinare le
strutture organizzative della nuova
congregazione. Durante la prima
guerra mondiale e nell’immediato
dopoguerra, la giovane congregazione subisce gravi contraccolpi.
La scarsità di missionari induce
la direzione a reclutare sacerdoti
italiani che si aggregano solo per
alcuni anni alla congregazione,
mentre la Santa Sede si dice convinta che il fenomeno migratorio
sarebbe cessato del tutto, venendo
così meno lo scopo per cui era sorta una nuova congregazione religiosa nella chiesa. Ma, grazie anche
all’entusiasmo di alcuni giovani
chierici, la congregazione conosce una nuova stagione di vitalità.
La reintroduzione dei voti religiosi
si accompagna ad una consistente
fioritura vocazionale. Sorgono nuovi seminari in Brasile e negli USA e
l’Europa diventa un altro campo di
azione missionaria scalabriniana.
Durante la seconda guerra mondiale in Germania i missionari, che
avevano seguito gli italiani emigrati stagionali come cappellani
del lavoro, visitano gli internati
italiani per portare loro conforto.
A Ginevra i missionari scalabriniani
coinvolgono la comunità italiana
già esistente nell’assistenza a rifugiati e sfollati in fuga dall’Italia.
Dopo la seconda guerra riprende
l’emigrazione. Nel 1946 arrivano
in Belgio i primi minatori italiani.
P. Giacomo Sartori ed altri missionari iniziano una campagna in difesa
dei diritti di questi lavoratori. Nella
tragedia di Marcinelle verificatasi
l’8 agosto 1956, come in altre tragedie minerarie (ricordiamo l’opera
dello scalabriniano Giuseppe D’Andrea nell’assistere le famiglie delle
vittime della tragedia mineraria
di Monongah nel West Virgina
avvenuta il 6 dicembre 1907, una
delle più gravi tragedie minerarie
della storia) sono i missionari a
consolare le famiglie delle vittime
e a dare conforto ad una comunità
affranta. In Svizzera P. Giovanni
Favero è confrontato con un boom
migratorio senza precedenti e riesce a convincere la chiesa locale ad
erigere nuove missioni cattoliche
italiane nella Confederazione elvetica. In Argentina alcuni missionari
vengono incarcerati durante la rivoluzione peronista. Come risposta
costruiscono a Buenos Aires il Santuario “Madonna dei Migranti” nel
quartiere della Boca con accanto
una scuola professionale, sostenuti
dall’ing. Sallustri, successivamente
trucidato dai terroristi. Nel secondo
dopoguerra si erano diretti negli
Stati Uniti moltissimi emigrati. Ma
rimaneva irrisolto il grave problema dei ricongiungimenti familiari.
P. Cesare Donanzan fonda l’ACIM
con lo scopo di far modificare la
legge americana sull’immigrazione,
riuscendo nel suo intento nel 1965.
Per gli emigrati anziani, i religiosi
scalabriniani costruiscono case e
villaggi a Parigi, Los Angeles, Ginevra, Washington, Providence,
Montevideo, Sydney, Melbourne e
Londra. I nuovi flussi migratori verso il Venezuela, il Canada, l’Australia vedono i missionari impegnati
in prima linea ad offrire ai nuovi
arrivati ogni tipo di assistenza.
Presenti sopratutto nelle grandi
città, i missionari mantengono vivi i contatti anche con gli italiani
che lavorano nelle aree più lontane attraverso visite, missioni volanti annuali e celebrazioni di festività che diventano momenti forti di aggregazione religiosa o ricupero della fede.
Sotto la spinta dei chierici negli
USA e in Brasile e confrontata con
l’ecclesiologia del Concilio Vaticano
II, la congregazione scalabriniana,
cosciente dell'evolversi del fenomeno migratorio a livello mondiale e
pronta a cogliervi i segni dei tempi
- facendo leva anche sulla visione
universalistica del Fondatore -, riconosce nel proprio carisma un
dono di Dio per i migranti di tutte
le etnie, aprendosi a sempre nuove nazionalità. Si aprono altri se-
minari. L’Australia diviene la pedana di lancio per le aperture in
Asia dove sorgono nuove comunità nelle Filippine, a Taiwan, in Giappone, in Indonesia, in Viet Nam.
Il continente africano vede gli scalabriniani presenti in Sud Africa e
in Mozambico.
Apertura a tutte le etnie
Oggi i missionari di S. Carlo abbracciano la complessa varietà del
fenomeno emigratorio assistendo
migranti, rifugiati, marittimi, sfollati nei modi più svariati. Possiamo
trovarli nei quartieri delle grandi
città dei Paesi del benessere, dove
i grattacieli si affiancano a sacche
di povertà in apparenza invisibili
agli occhi distratti delle persone
rinchiuse nel loro benessere, o li
possiamo trovare con i migranti
cattolici nei Paesi del Golfo a predicarvi delle missioni per mantenere
viva la loro fede. Oppure li osserviamo muoversi ai crocevia e alle
frontiere tra Paesi ricchi e Paesi in
via di sviluppo, sulla terra di nessuno, dove pregano e curano quanti
quotidianamente intraprendono il
pellegrinaggio della speranza, affamati di pane e vangelo, nonostante
sconfitte, illegalità e sogni infranti.
La congregazione è consapevole
che tocca alle chiese e alle società
di partenza e di arrivo la responsabilità diretta di questa fetta di
umanità in cammino.
I missionari si prefiggono solamente di offrire delle testimonianze
pastorali esemplari sostenendo la
fede di quanti, a contatto con le
difficoltà del vivere in emigrazione, possono essere tentati di dimenticare Dio per correre affannosamente verso l'opulenza che
sfocia nella delusione e nella indifferenza religiosa.
I religiosi affiancano il lavoro nella
pastorale immediata svolta solitamente in parrocchie, missioni
linguistiche, cappellanie, unità
pastorali, con un rilevante impegno
nell’ambito della carità culturale
(mezzi di comunicazione sociale e
centri di studio e di ricerca).
Oppure si inseriscono in alcune
posizioni dove si elaborano nuovi
piani pastorali o dove si ipotizzano
o si monitorizzano nuove politiche
migratorie. La necessità di sensibilizzare soprattutto le giovani
generazioni sulle sfide migratorie
ha favorito la moltiplicazione di
sussidi formativi, liturgici e musicali
incentrati sul tema della mobilità.
Per garantire maggiore coordinamento e più incisività a livello sociopolitico è stata creata una rete che
incorpora tutte le opere sociali
della congregazione (Scalabrini
International Migration Network SIMN) ed una agenzia scalabriniana
per la cooperazione e lo sviluppo
(ASCS), che porta avanti progetti a
favore dei paesi poveri del mondo.
Nel 2000 è sorto a Roma lo Scalabrini International Migration Institute (SIMI), un istituto accademico
internazionale, incorporato presso la Pontificia Università Urbaniana, dove si formano specialisti
nel campo delle migrazioni.
Le sfide future
Viene spontaneo chiedersi che
cosa tenga uniti nella comunione i
membri di una famiglia religiosa le
cui storie di vita li vede impegnati
in posizioni assai diversificate tra di
loro, con stili di vita in apparenza
eterogenei, provenienti da tante
nazionalità, culture e lingue assai
dissimili tra di loro. Queste diversità li obbligano a sperimentare
all’interno della congregazione
stessa la sfida e la provvidenzialità
dell'incontro di popoli e culture
prima ancora che nella società in
cui agiscono come strumenti di
dialogo e di unità, anticipando con
la loro vita e il loro apostolato in
una umanità bagnata dal sangue
di scontri ed avvilita per la mancanza di fratellanza e di condivisione, il piano di Dio, “così che la
terra diventi luogo di fratellanza,
di condivisione e di gratuità, anticipo di quel banchetto nel Regno,
dove nessuno è escluso e tutti sono chiamati per nome dal Padre”
(Traditio Scalabriniana).
Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012
15
pagina della bibbia
NATALE: UNA STORIA DI DONNE
Le statistiche non sono tutto, ma
non è certamente privo di significato un dato di cui non ci rendiamo
forse sempre conto leggendo il
racconto della nascita di Gesù (e
di un episodio della sua infanzia)
contenuto nei primi due capitoli
del vangelo di Luca, che ci accompagnerà in questo anno liturgico. In
questi due capitoli, il nome del padre di Gesù, Giuseppe, compare in
tutto tre volte. E per di più, di questi
tre casi, uno solo è quello in cui è
nominato in maniera indipendente
e compie egli stesso un’azione.
Giuseppe sullo sfondo
Si tratta di 2,4: in occasione del
censimento di Augusto, "Giuseppe,
che era della casa e della famiglia
di Davide, dalla città di Nazaret e
dalla Galilea salì in Giudea alla città
di Davide, chiamata Betlemme, per
farsi registrare insieme con Maria
sua sposa".
Qui non c’erano alternative: la registrazione avviene sulla base del
luogo d’origine del padre, e d’altra
parte era Giuseppe che, in quanto
padre di famiglia, doveva organizzare lo spostamento.
In altri termini, Giuseppe compie
un’azione autonoma, nel racconto
di Luca, solo là dove non era possibile altro, e si tratta di un’azione
in primo luogo "profana", che riguarda i rapporti tra le persone e
le istituzioni terrene, anche se il
risultato sarà importantissimo per
la storia dei rapporti tra le persone
e Dio: infatti, questa circostanza
porterà Gesù a nascere a Betlemme,
il villaggio dove doveva vedere la
luce il messia.
di Dio
"... l’onnipotenza zo
si rivela in mez "
a.
alla fragilità uman
Delle altre due volte in cui è nominato, la prima (1,27) lo è come
fidanzato di Maria, in un episodio
decisivo di cui è lei la protagonista
assoluta ; la seconda (2,16) è quando i pastori, andati alla mangiatoia dopo l’annuncio degli angeli,
"trovarono Maria e Giuseppe e il
bambino". Diversamente da quel
che ci si sarebbe aspettato in una
"normale" lista dei membri di una
famiglia, il nome della moglie viene
prima di quello del marito. E subito
dopo (2,19) l’evangelista aggiunge
che Maria serbava tutte queste cose
meditandole nel suo cuore.
16
Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012
Per molto, troppo tempo, sono stati
gli uomini a elaborare la memoria:
a stabilire quali fatti fossero importanti e dovessero essere ricordati, e
anche come dovevano esserlo.
Qui, Luca sta dicendo al suo lettore
che la memoria più autentica della
nascita di Gesù, cioè dell’inizio
dell’evento più importante di tutta
la storia del mondo, è quella affidata a una donna.
Maria in primo piano
Negli stessi due capitoli, Maria è
nominata dodici volte. Le prime
quattro nell’episodio dell’annunciazione (1,26-38), di cui è l’unica
attrice, insieme con l’angelo, cioè
insieme con la voce di Dio stesso.
Conosciamo bene questo racconto,
ma vale la pena di meravigliarci
ancora una volta del fatto che
qui Maria prende da sola una
decisione che non solo cambia la
storia universale, ma prima di tutto
sconvolge le prospettive di quella
che stava per diventare una buona
famiglia come tante altre. E questo
in un ambiente in cui ogni decisione
relativa alla famiglia doveva essere
presa esclusivamente dall’uomo!
Eppure, Maria non chiede una
pausa di riflessione, non prega
l’angelo di ripassare quando ci sarà
Giuseppe, o almeno quando ne
avrà parlato con lui. Il momento di
scegliere è quello, e la persona cui
è richiesto di scegliere è lei.
La sua scelta sembra passiva, in
quanto accetta che le avvenga ciò
che altri ha deciso per lei; ma in
realtà questa accettazione esigerà
che lei affronti positivamente una
vita diversa da quella che senza
dubbio si aspettava: e presto ci
penserà Simeone (2,35) a ricordare
a noi lettori di quanto coraggio
Maria avrà bisogno.
Segue immediatamente un altro
episodio in cui pure Maria è nominata quattro volte, quello della
visita a Elisabetta (1,39-56); Maria
entra "nella casa di Zaccaria", ma
Luca racconta solo le donne. Due
voci profetiche: Elisabetta riconosce
in Maria la madre del suo Signore,
e Maria scioglie a Dio un inno tra
i più famosi di tutte le letteratu-
di Enrico Norelli
re, quel Magnificat in cui tutte le
azioni potenti di Dio attraverso la
storia, evocate con parole tratte
dalle Scritture d’Israele, vengono a
culminare in ciò che Dio ha fatto in
lei, nella piccola vita che questa ragazza come tante porta in grembo.
Alle soglie del vangelo, Luca annunzia il nucleo del vangelo: l’onnipotenza di Dio si rivela in mezzo alla
fragilità umana.
La Bibbia designa come profetesse
Maria, sorella di Mosè, e Debora,
che innalzarono canti alla potenza
di Dio (Esodo 15,21; Giudici 5,2-21).
Luca ha voluto suggerire che il canto di Maria di Nazaret è anch’esso
profetico, in quanto coglie quel che
Dio sta operando per la salvezza del
suo popolo. Ma questa volta non ci
sono guerrieri annegati a frotte, né
un principe nemico ucciso dal piolo
che una donna intrepida gli ha piantato nella tempia: ci sono due fragili
donne sposate che proteggono con
i propri corpi due bimbi ancora non
nati, entrambi destinati a morte
violenta e all’apparente fallimento.
Mi viene in mente l’iconografia tradizionale della Visitazione, quella
che si trova nelle icone bizantine e
che ha ispirato ad esempio Giotto:
l’arco di cerchio formato dalle braccia delle due donne che si salutano
è il ponte che unisce una storia che
termina, quella dell’Antico Testamento che si chiude con Giovanni
Battista, e una storia che comincia,
quella del Nuovo Testamento che si
apre con Gesù.
Nel racconto evangelico esistente
prima di Luca, questo ponte era in
certo modo raffigurato dall’acqua
in cui Giovanni, adulto, immergeva
Gesù, adulto, nel battezzarlo. Luca
ha separato Giovanni da Gesù in
tale circostanza, raccontando, con
apparente stranezza, il battesimo
di Gesù dopo l’imprigionamento di
Giovanni (3,19-22).
Mi chiedo se questa scelta sorprendente non si capisca meglio anche
pensando che questo evangelista
ha voluto spostare questo contatto
tra le due epoche a prima ancora
della nascita dei due personaggi,
affidandolo all’abbraccio delle loro
rispettive mamme.
Certamente, raccontando Natale
essenzialmente come una storia di
donne in un mondo dominato dal
potere spesso violento degli uomini, ha inteso aiutare noi lettori a
capire che Dio si rivela tra di noi là
dove, come in Lui stesso, la forza
estrema e l’estrema dolcezza coincidono e solo così possono cambiare
il mondo.
un libro per voi
BRUNO FORTE:
"PERCHÉ IL VANGELO
PUÒ SALVARE
L'ITALIA"
Cosa c’entra il Vangelo con l’Italia?
Bruno Forte, 63 anni, vescovo di
Chieti (Abruzzo), ci porta il suo punto
di vista: l’Italia vive una grave crisi,
economica, politica, civile ... ma la
cui dimensione peggiore è quella
dell’anima.
Possiamo fermare questa crisi, ispirandoci al Vangelo, vivendo come ci
suggerisce il Vangelo.
Ma il tono impiegato da Bruno Forte nel libro, non è tanto quello
dell’insegnamento o del dispensatore pacioso e bonario di sani consigli.
Il tono è quello della sfida. Perché
la crisi è grave e il cambiamento
urgente. A volte le copertine scelte
per presentare il libro aiutano a capire le intenzioni dell’autore.
La copertina di questo libro è sobria,
di colore bianco pallido con il titolo
scritto grande in grigio scuro e ...
rosso fuoco.
A me ha ricordato un “rosso-sangue”. Senza cadere nella facile retorica, questo colore “rosso sangue”
sembra confermare il messaggio delle pagine iniziali: questa crisi non è
un incidente di percorso: il comportamento allucinante di certi personaggi politici, gli sprechi, i furti e la
corruzione, l’ottimismo di facciata
di fronte a chi soffre ... fanno arrabbiare, si direbbe nelle buone famiglie, ma più sinceramente: chiamano giustizia e gridano vendetta.
La situazione della Grecia è per noi
Italiani istruttiva : la violenza di massa
non è lontana. La sopportazione della
tanta gente normale che ha prima
subito i furti della corruzione e deve
ora reggere gran parte del peso del
rigore finanziario, arriva al limite.
L’esplosione della rivolta può venire
dalla violenza nelle piazze o dal ricorso al capo carismatico, “salvatore
della patria” di stampo totalitario, sia
esso di destra o sinistra poco importa.
La violenza e la brutalità in questo
secondo caso, non saranno forse
più nelle piazze, ma nelle istituzioni
stesse.
Il cambiamento quindi, ci suggerisce Forte, non è una questione di
“... gettarsi nella
mischia per servire
il bene comune e fare
di quest’Italia ferita
un Paese più giusto,
libero e sereno
per tutti".
eleganza morale, è una questione di
vita, di non-decadenza, di sopravvivenza del nostro stare insieme.
In una prima parte introduttiva l’autore affronta direttamente il ruolo politico, economico, civile del cittadino.
Dice come dovrebbe essere un amministratore pubblico.
Propone criteri chiari e concreti per
la nostra vita civile e soprattutto per
chi decide di “gettarsi nella mischia
per servire il bene comune e fare di
quest’Italia ferita un Paese più giusto,
libero e sereno per tutti".
Il pensiero poi si fa più filosofico e
infine religioso e spirituale.
In questa seconda parte Bruno
Forte cerca di andare alle radici
della crisi che appunto identifica
prima di tutto come una crisi dell’anima.
Ricordando gli scritti di Sant’Agostino identifica questo travaglio con
l’opposizione tra vanitas e veritas, la
vanità e la verità.
Spiega la vanità come “il primato
dell’apparenza, il trionfo della maschera che copre interessi egoistici
dietro proclamazioni di intenti altisonanti ... fa apprezzare il perbenismo di facciata, in grado di nascondere il reale gioco di interessi”.
Il primato della verità invece esige
una prassi politica e amministrativa
ispirata alla ricerca disinteressata del
bene comune, ... capace anche di
dire dei “no” se necessario, per fare
ciò che è giusto.
Il lettore non si può certo rilassare
leggendo alcuni esempi portati da
Forte, tra gli altri: Alcide De Gasperi,
di cui Montanelli scriveva che “aveva il complesso del martirio” e Thomas Moore morto martire.
Per essere cittadini onesti bisogna
forse essere masochisti?
Vale la pena essere onesti, “veri”,
quando il successo sembra stare
dalla parte della vanità e la falsità?
Bruno Forte non la mette sul drammatico, non tutti hanno lo stomaco
del martire e si può essere onesti e
... normali.
Però bisogna essere pronti a pagare
il prezzo delle proprie convinzioni. E
la società italiana ha urgente bisogno di persone capaci di assumere
l’impegno del servizio agli altri, per
il bene comune.
Per trovare questo coraggio e il
senso di questo impegno, l’autore ci
porta sul piano religioso, della scelta cristiana, attraverso molti esempi,
tra i quali una bella pagina sulla figura dei magi, pellegrini nella notte,
viaggiatori al tempo stesso audaci
e prudenti, in cerca di senso per la
loro vita, illuminati soltanto da una
lontana stella.
G. Gambaro
Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012
17
in t e r v i s t a
ORIZZONTI ATTUALI
DELLA MOBILITÀ UMANA
Mons. Tomasi dal 2003 è Osservatore permanente della Santa
Sede presso le Nazioni Unite e
le Organizzazioni Internazionali
a Ginevra.
In questa sua delicata e importante missione ecclesiale, che
lo porta a rendere presente alla
comunità internazionale la posizione della chiesa cattolica su
molte delicate questioni come
il rispetto dei diritti umani, la libertà religiosa, il disarmo, Mons.
Tomasi segue anche l’evoluzione
a livello globale delle migrazioni e delle politiche
in questa materia. Gli abbiamo chiesto alcune indicazioni sui futuri scenari del mondo migratorio.
Le attuali migrazioni nel mondo sono un fenomeno
molto complesso. C’è chi emigra regolarmente e chi è
costretto alla clandestinità. Nel prossimo futuro, quali
saranno le principali caratteristiche delle migrazioni?
Il mondo sta evolvendo verso un’interdipendenza crescente. Le migrazioni stanno assumendo una varietà
di volti e le possiamo classificare lungo una traiettoria
che va dal turista al rifugiato che scappa per salvare la
sua vita. Gruppi molto diversi di persone si muovono
dal Paese in cui sono nate verso un altro, dove trovano
lavoro, sicurezza, soddisfazione personale, possibilità
di carriera. Tutte costoro si devono confrontare con un
contesto sociale differente, stabilire dei rapporti professionali e umani con la gente del posto, cominciare
un cammino di integrazione. Il primo passo quindi è
un atteggiamento di appoggio verso i nuovi arrivati.
I dati a livello mondiale - 215 milioni di migranti internazionali e 750 di migranti interni - rivelano la dimensione strutturale delle migrazioni nelle società
moderne. Tuttavia, le politiche migratorie in molti Paesi
presentano una contraddizione profonda: la necessità di mano d’opera straniera, nonostante la crisi economica, e il rigetto sociale che spesso domina la retorica delle campagne elettorali e la stampa nazionalista.
Ma il movimento di gente continuerà anche in futuro, per cui i responsabili politici e religiosi dovrebbero preparare il terreno per una convivenza serena nel
rispetto dei diritti di tutti e facilitare attraverso leggi
più adatte l’inevitabile movimento di persone.
Quali sono e saranno i maggiori Paesi di partenza e i
principali poli di attrazione delle migrazioni?
Se la storia insegna, saranno i Paesi dove la povertà,
la violazione dei diritti umani, i conflitti violenti persistono, a inviare all’estero i loro cittadini.
18
Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012
Basta guardare alle decine di migliaia di profughi che
lasciano la Siria in questi giorni sotto la minaccia dei
bombardamenti e delle rappresaglie etniche e religiose.
Le regioni dove le persone sono forzate ad emigrare sono contraddistinte dall’estrema povertà, dai drastici cambiamenti climatici come nel Sahel, dalla violenza endemica come in alcune zone dell’Africa.
L’economia moderna, d’altra parte, esige una certa
mobilità di manager, tecnici, ricercatori. Accordi multilaterali facilitano lo scambio di studenti. Ci confrontiamo con tutta una serie di possibilità che sostengono
il movimento di persone anche tra Paesi sviluppati.
Per esempio, negli Stati Uniti d’America e in Australia
studiano centinaia di migliaia di giovani stranieri.
Le migrazioni sono, quindi, parte integrante della globalizzazione. Come favorirne gli aspetti positivi per i
migranti, i Paesi di partenza e di arrivo?
Certo, la mobilità umana è un dato di fatto. Lo sforzo
che la comunità internazionale deve fare è di rendere
le migrazioni una scelta e non una necessità. Perciò
l’attività per lo sviluppo, la facilitazione del commercio
per i Paesi più poveri, la ricerca per soluzioni pacifiche
ai conflitti sono tutte misure che vanno nella direzione
giusta. Gli studi sugli effetti delle migrazioni hanno
ormai documentato il fatto che, a lungo andare, esse
sono un beneficio per i migranti e per i Paesi di origine
e di arrivo. Occorre quindi lavorare perché l’impatto
iniziale dell’incontro di persone e gruppi portatori di
culture e di religioni diverse non sia uno scontro ma la
scoperta di nuovi contributi, uno scambio arricchente.
La gestione delle differenze è sicuramente una sfida.
Ma abbiamo delle risorse per farlo, specialmente se,
oltre a sottolineare i benefici economici che derivano dall’accoglienza dei migranti, allarghiamo l’orizzonte e riscopriamo la fraternità cristiana, che pur nel
mondo secolarizzato di oggi rimane un fermento di
profonda trasformazione sociale e di creatività.
Si parla spesso di frontiere. Le frontiere possono essere luogo d’incontro, ma anche di sofferenza e di
morte. È opportuno ipotizzare la nascita di un mondo senza frontiere? Qual è il ruolo dello stato nazionale in un fenomeno che di per sé è transnazionale?
Le frontiere sono rimaste il simbolo più evidente delle
divisioni e della protezione di interessi particolari. La
sovranità di uno stato non può essere così assoluta da
utilizzare le frontiere per bloccare la libertà dei suoi
cittadini a muoversi e per impedire a persone in necessità di cercare rifugio. Il bene comune implica, oltre al
bene dei cittadini di una nazione, anche quello di tutta
la famiglia umana.
La dottrina sociale della chiesa riconosce l’obbligo di
uno stato di accogliere persone in cerca di protezione
e di una vita più degna, pur nei limiti delle sue possibilità concrete. Sarebbe utile se anche il diritto internazionale giungesse a formulare il diritto di immigrare, naturalmente prendendo in considerazione la
realtà e le condizioni specifiche di un dato Paese.
Come riporta la stampa internazionale, frequenti sono
le tragedie che si consumano alle frontiere con migliaia
di migranti morti ogni anno. Penso ai confini tra Messico e Stati Uniti, tra il Nord Africa e l’Italia e la Spagna,
tra la Somalia e lo Yemen, tra l’Indonesia e l’Australia.
Alle Nazioni Unite è cominciata la discussione su una
possibile governance globale della mobilità umana.
È scontato ormai che uno stato da solo non possa gestire un fenomeno che di natura sua coinvolge altre nazioni. Ma rimane anche vero che per la sua sensibilità
"... preparare il terreno
per una convivenza serena
nel rispetto dei diritti di tutti ..."
politica ogni stato è ancora riluttante a perdere anche parte del controllo su chi entra nel suo territorio.
Attualmente le popolazioni locali di molti Paesi hanno atteggiamenti di paura nei confronti dell’immigrazione, un fenomeno che trasforma le società dal
punto di vista culturale, sociale, religioso.
I nuovi arrivati in un Paese introducono certo dei
cambiamenti e ciò suscita apprensione perché non si
vede chiaro dove il processo conduce. Inoltre c’è una
certa resistenza istintiva al cambiamento, che non si
può sottovalutare. Per esempio le migrazioni negli
Stati Uniti stanno dando un nuovo volto al Paese con
la popolazione di origine africana, latino-americana e
dal Pacifico che sta sorpassando quella di origine europea. L’Italia, che da Paese di emigrazione è diventato
Paese di immigrazione, con i nuovi arrivi si confronta
con un inedito pluralismo religioso: 660 mila cristiani
evangelici (di cui 250 mila immigrati), 900 mila cristiani
ortodossi, un milione e 300 mila musulmani, 100 mila
induisti, 25 mila sikh, etc. L’Unione Europea presenta
statistiche simili. La convivenza e il governo di società
pluraliste porta le democrazie ad interrogarsi su quali
nuovi ordinamenti possano permettere di costruire il
futuro rispettando la libertà di migranti e autoctoni e
l’esigenza di coesione sociale. La tentazione di demonizzare l’altro è una scappatoia che non risolve niente.
Occorre piuttosto cercare assieme ed accettare quei
valori fondamentali che vengono dalla dignità di ogni
persona e che devono costituire la base del diritto.
Educazione e dialogo quindi sono la strada del futuro.
Inoltre, grazie alla sua esperienza millenaria, la chiesa
può dare il suo contributo annunciando una dimensione essenziale, quella della fraternità universale.
L’ultimo Messaggio del Papa per la Giornata mondiale
del migrante e del rifugiato era intitolato “Migrazioni e nuova evangelizzazione”. Anche autori appartenenti ad altre confessioni cristiane sottolineano il
binomio tra missione e migrazioni. Come interpretare
questo legame tra migrazioni ed evangelizzazione?
Ho visto qualche mese fa che in Qatar tra gli immigrati,
che formano quasi il 70% della popolazione, vi sono
numerosi cattolici. Il venerdì - che è il giorno festivo in
questo Paese - arrivano a migliaia alla Messa settimanale. Sono filippini, indiani, srilankesi, latino-americani.
Il semplice fatto di poter partecipare alla liturgia diviene
testimonianza di fede in un contesto completamente
non-cristiano. I migranti cattolici possono essere evangelizzatori: lo sono stati storicamente e continuano ad
esserlo oggi. Dovranno però trovare un ambiente dove
i diritti umani fondamentali, come la libertà religiosa,
sono rispettati ed essere accompagnati da sacerdoti e
catechisti che con loro vivano la fede. La fede è come il
fuoco: quando c’è, riscalda e illumina. L’altra faccia della
medaglia riguarda il numero ingente di immigrati non
cristiani arrivati nei Paesi di vecchia tradizione cristiana.
Certo in questi Paesi occidentali, specialmente in Europa, il secolarismo e l’indifferenza, se non l’ostilità, verso
il cristianesimo non aiutano. L’interrogativo che ci dobbiamo porre è se abbiamo il coraggio di testimoniare e
in alcuni casi anche fare la proposta della fede ai nuovi
arrivati, sempre nel totale rispetto della loro libertà.
A cura di Luisa e delle missionarie secolari scalabriniane
Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012
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te s t i m o n i
TOGO
UNA VACANZA DIVERSA
D
ecisi di fare la mia prima
esperienza di volontariato in
Togo lo scorso gennaio 2011. Ero
in contatto con l´organizzazione
umanitaria BICE (Bureau International Catholique de l´Enfance,
www.bice.org), e avevamo stabilito che avrei fatto un´esperienza
umanitaria a Lomé con i bimbi,
accolti quotidianamente presso
un centro ricreativo della BICE, e
con i minori in carcere.
Eppure, nonostante la decisione
presa e il biglietto aereo acquistato, non riuscii a comunicare
questa mia decisione a nessuno
dei miei familiari ed amici se
non poco tempo prima della mia
partenza: sin dal primo momento avevo potuto sentire forte e
chiaro dentro di me che quell´esperienza sarebbe stata una
svolta nella mia vita e questa idea
mi commuoveva così profondamente che non riuscivo a condividerla se non con “gli addetti ai
lavori”.
Perché avrei scelto il Togo e proprio la BICE?... di fatto, non avevo
scelto nulla… tutto era arrivato
da sé.
20
Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012
A cosa sarei andata incontro?
Cosa aspettarmi? Non lo sapevo.
Sapevo solo che il viaggio in Togo
era una chiamata ben chiara di
Dio, una Sua risposta alle mie
continue domande sul senso della
mia vita, domande che pesantemente mi avevano per lungo tempo provato l´anima e il cervello.
Quando arrivai in Togo nel Luglio
2011, a Lomé, volevo scapparmene solo dopo due giorni. Non avrei
mai immaginato tanta sofferenza.
Non vedevo l´ora di andarmene
via, mi sentivo semplicemente un
pesce fuor d´acqua e soprattutto
inutile. Se qualcuno mi avesse detto che il Togo sarebbe diventato
parte integrante della mia vita,
non ci avrei mai creduto.
Ed invece, dopo solo tre settimane
trascorse a Lomé, mi ritrovai nel
pieno delle attività a sostegno dei
bambini: supporto per istruzione,
cure mediche, visite agli orfanotrofi, nelle carceri… per cercare
di entrare quanto più possibile
nell´anima di quella città e delle
sue persone e di ogni persona
che soffriva e quindi di entrare in
Gesù, che si incarna ogni volta in
ogni nostro fratello che soffre. E
poi la chiamata di Dio è andata
oltre…e cosí, al termine del mio
soggiorno, rientrai a Ginevra con
una “figlia”, una bimba bellissima
di 5 anni, Essevi Marie Aurore,
che sostengo a distanza durante
i periodi di lavoro, e di presenza
durante le vacanze.
E dopo le vacanze estive sono
arrivate quelle natalizie, e così
son tornata a Lomé ancora una
volta…; e dopo le vacanze natalizie son tornate quelle estive del
2012. E così, il 30 agosto, sono
partita di nuovo per Lomé, per
vedere la mia bimba e ovviamente
tutti gli altri.
Quest'anno ho ricevuto il bellissimo dono di non essere andata
più sola ma accompagnata dalla
mia preziosa amica Annamaria.
Ripenso all´anno scorso, alla vigilia della mia prima partenza: tanta emozione, un animo travagliato da più di un anno da turbamenti interiori e da domande senza
risposta e un fortissimo senso di
stare per compiere un'esperienza
senza sapere il come e il fine.
Ora dopo un anno, l'animo è colmo di serenità e pace, nonostante
le incertezze della vita quotidiana, e il come e il fine credo
di averli almeno “intuiti”: sono
solo uno strumento nelle mani
di Dio nostro Padre. È Lui che
opera tramite me (e noi), non
sono io che agisco ma è Lui che
agisce tramite me e mi permette
di compiere opere che non avrei
mai neppure immaginato e ci
permette di superare difficoltá
per le quali non avrei neanche
sperato una soluzione. Il come
del mio vivere è semplicemente
“come uno strumento docile”
nelle mani di Chi mi ama e di Chi
solo può donare pace e sollievo al
mio animo travagliato e affranto.
E se ho avuto momenti di crisi
sul senso della mia vita e sul mio
ruolo, è proprio Dio che li ha
permessi per darmi quella spinta,
violenta, coraggiosa e contraddittoriamente rabbiosa, che ha
fatto annientare me stessa e il
mio “ego” per rendermi disponibile a rimettermi totalmente
alla Sua volontá, e a trovare Lui
in pienezza.
Quale sia il fine?... sembrerà strano, ma dopo la mia esperienza in
Africa, non ho rinnegato affatto
la mia vita qui a Ginevra, vita
scandita dalla mia passione per
il lavoro, da una forte ambizione
nella mia vita professionale, e
anche dal piacere di alcune gratificazioni materiali, ma queste non
sono più il fine ma, di nuovo, sono
“solo uno strumento”.
Grazie al mio lavoro, imparo
“forma mentis” e strategie che
mi aiutano definitivamente anche
nelle mie attivitá di volontariato
in Africa.
Grazie ai consigli di colleghi più
esperti di me, imparo come affrontare meglio situazioni umane
difficili in Africa.
Grazie all´esperienza in Africa,
ho apprezzato molto più nel profondo i privilegi del mio lavoro
e della mia azienda e questo mi
ha favorito un atteggiamento
piú spontaneamente positivo e
grintoso anche durante situazioni
lavorative critiche e difficili.
Cristiana
Volontaria a Lomé
30 agosto 2012, in aeroporto,
direzione Lomé: si sta finalmente
concretizzando un grandissimo
mio desiderio: partire per l’Africa
non come semplice turista ma per
una esperienza di volontariato.
Dopo i tanti racconti della mia
amica Cristiana circa la sua prima
esperienza nell’estate dell’anno
scorso, non ho riflettuto nemmeno un minuto quando lei ha
domandato chi volesse accompagnarla quest’anno.
E così mi son ritrovata catapultata in questa magnifica esperienza senza neanche accorgermene
e forse anche con un briciolo di incoscienza. Come lei, ho aspettato
a lungo prima di poter comunicare questa mia decisione alla mia
famiglia, all’inizio scettica ma poi
comprensiva.
Arrivata là, tutto è stato così
diverso da quanto avessi immaginato ma non pensavo minimamente di ritornare a Ginevra
e di rimpiangere quanto vissuto
laggiù.
Ho svolto la mia esperienza di volontariato in una “Pouponnière”
gestita dalle suore francescane:
un orfanotrofio per bambini
abbandonati alla nascita o orfani
di genitori, da un mese a 4 anni.
La maggior parte di questi bimbi
viene poi adottata in Africa o
all’estero.
La prima settimana l’ho passata
affiancando le due signore che
dovevano accudire i 18 bebè da 1
a 7 mesi: dar loro il biberon, cambiare i pannetti, lavarli e metterli
a dormire, seguendo ovviamente
il ritmo dei neonati.
La seconda settimana invece sono stata con i bimbi più grandi, da
1 anno e mezzo a 4 anni, giocando o svolgendo con loro attività
educative.
Non potrò mai dimenticare la gioia provata a tenere fra le braccia
i bebè che ti guardano con i loro
occhioni ed essere completamente assalita dai più grandi che ti
ringraziano con tanti abbracci e
tanti sorrisi per il tempo a loro
dedicato.
La mia esperienza umana a Lomé
è stata arricchita anche dalla presenza e conoscenza di alcuni preti
e seminaristi che si trovavano per
brevi o lunghi periodi nella missione dove eravamo alloggiate.
Anche tramite loro abbiamo conosciuto in maniera più profonda
la cultura e le abitudini locali,
spesso completamente diverse
dalla nostre. Ciascuno di loro ci
ha lasciato un piccolo ma unico
insegnamento.
Fra un impegno e l’altro siamo
andate a trovare anche le suore
Orsoline di Akaklou che ci hanno
accolto magnificamente, facendoci visitare la loro casa dove
impartiscono anche corsi di cucina
e cucito per ragazze, che possono
così ottenere un diploma riconosciuto a livello nazionale per la
ricerca di un lavoro.
E così i giorni son volati e ben
presto mi son ritrovata sull’aereo
per il ritorno in Europa. Sono
ritornata a Ginevra e nonostante
sia già passato un po’ di tempo
dal mio rientro, ho vivi nella mia
mente come nel mio cuore i ricordi e i volti di tutte le persone
che ho incontrato in questa mia
magnifica esperienza che mi ha
arricchito a livello umano.
Un ‘esperienza che avrà sicuramente un seguito l’anno prossimo.
Annamaria
Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012
21
associazioni
avis
Nel settembre scorso, la sezione Avis Ginevra ha
partecipato alla solenne manifestazione della sezione AVIS Savigliano, con la quale è gemellata
da oltre 20 anni. Due giorni che hanno messo in
rilievo la fraterna amicizia tra avisine e avisini divisi
dalle Alpi. Tanti volti di donne e uomini lieti d’aver
dato il proprio sangue per persone bisognose di
questo dono. Due giornate ricche di valori umani,
solidarietà ed amicizia.
alpini
Appuntamenti 2012:
·4 novembre al cimitero St Georges;
·11 novembre: parc Mon Repos
·sabato 24 novembre Festa di Natale a Corsier.
Per informazioni e prenotazioni varie, rivolgersi a
Antonio Strapazzon (tel. 022 343 31 54 o 079 434
82 12) o a Maddalena Fronda (tel. 079 209 33 22).
Appuntamenti 2013:
·venerdi 18 gennaio, alle ore 18.30, presso la Cappella Italiana: S. Messa in commemorazione degli
Alpini “andati avanti”.
·domenica 17 febbraio, alle ore 10.00, presso la
Maison du Général Dufour: Assemblea generale.
suor rita
Il gruppo di sostegno all’Istituto Daniele Comboni, dove suor Rita
opera in favore dei meninos de rua, organizza
una giornata di solidarietà domenica 3 febbraio 2013 alla Missione
Cattolica Italiana, con il
seguente programma: ore 11.30 Santa Messa, segue
il pranzo e una ricca lotteria.
In questa giornata, avremo il grande piacere di avere con noi suor Rita, disponibile a scambiare quattro chiacchere con noi sulla sua missione.
Per l’organizzazione, siete pregati di riservare per il
pranzo entro il 30 gennaio 2013 telefonando alla signora Gianna Morganti (022 792 69 04) o alla signora
Laura Zottarelli (022 731 41 61 o 079 78 315 60).
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Presenza Italiana Novembre-Dicembre 2012
marchigiani
Per festeggiare insieme Il ballo di carnevale l’AMIS
(Ass. Marchigiani di Ginevra) organizza una grande serata danzante sabato 9 febbraio 2013 dalle
ore 19.30 alla salle communale du Pt-Lancy, av.
Louis-Bertrand 7, 1213 Pt-Lancy, con l’orchestra
italiana Arizona. La cena sarà servita solo su prenotazione fino al 6 febbraio 2013 o esaurimento posti.
Per riservare, rivolgersi al sig. Franco Antonelli (022
792 46 64 o 079 213 98 32 ore pasti).
Ampio parcheggio in prossimità della sala.
Ai soci, a tutti gli italiani di Ginevra, agli amici svizzeri, cordiali e amichevoli auguri di Buon Natale e
Felice Anno 2013.
lucchesi
organizzano la Festa di Carnevale il 2 marzo 2013,
dalle ore 19.30, alla Salle des Bossons.
Per iscriversi, rivolgesi direttamente al Presidente:
Bacci Menotti (022 320 96 72).
bellunesi
organizzano la Festa e Cena di Carnevale, sabato
9 marzo 2013, alle ore 19.30, presso l’école de Vernier Place.
La serata sarà animata dal Duo di Casa Nostra.
Prenotazioni presso Capraro Giacobbe (022 794 25
80) e Casanova Silo (022 782 53 26).
centro avviamento allo
sport e la cultura italiana
Il Centro Avviamento allo Sport e la Cultura Italiana
sta organizzando insieme ad alcune Associazioni
italiane di Ginevra: Caviale e lenticchie, commedia
brillante in tre atti di Scarnicci e Tarabusi.
Il gruppo Teatro La Nuova Generazione di Basilea
sarà di ritorno il 16 marzo 2013 presso la scuola
Henry-Dunant. Riservate già d'adesso questa data.
Tutte le associazioni e sostenitori che vogliono
contribuire alla riuscita di questa manifestazione,
possono contattare Vincenzo Bartolomeo (079 688
45 67) oppure via mail: [email protected].
Indirizzi utili
Consolato Generale d’Italia a Ginevra,
rue Charles-Galland 14, 1206 Ginevra, tel. 022 839 67 44
Orari di apertura:
Lunedì: 09.00-12.30 - Martedì: 14.30-17.30
Mercoledì: 09.00-12.30
Giovedì: 14.30-17.30 - Venerdi: 09.00-12.30
Sabato e domenica: chiuso.
Ente italiano Socio-assistenziale
Rue de l’Athénée 26, 1206 Genève, tel. 022 346 89 49
Aperto martedì, giovedì e venerdì dalle ore 9.00 alle ore 11.00.
COMITES - Comitato per italiani all’estero
Rue de l’Athénée 26, 1206 Genève, tel. 022 346 99 13
Patronato ACLI
76 rue de Carouge, 1205 Ginevra, tel. 022 781 09 32
Patronato INCA-CGIL - Ch. Surinam 5,
case postale 346, 1211 Genève 13, tel. 022 344 71 72
Patronato ITAL-UIL - Rue J.-Necker 15,
Case postale 1941, 1211 Genève 1, tel. 022 738 69 44
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1203 Genève / Suisse
Tél. + Fax:022 781 56 26
Natel:
079 431 66 29
Bureau:
Av. de Bel-Air 47a
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Orario: 10.00-13.00 - 15.00-18.00 · Chiuso il lunedì mattina
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"Mi unisco ai pastori
e alle greggi,
affrettando il mio passo
impaziente.
La bisaccia è ricolma
di doni e di sogni:
gli uni e gli altri per Lui,
il Figlio di Dio
disceso dai cieli."
padre Silvano