I primi a soffrire

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I primi a soffrire
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DOSSIER LE RISORSE DEL PIANETA
I primi a soffrire
Pagano sempre i più deboli. In Inghilterra
sono i bambini le vittime più colpite da una
crisi economica e sociale senza fine
I
l governo inglese impone tagli alla spesa
pubblica per contrastare la crisi. Ma spinge
sotto la soglia di povertà più di mezzo milione di bambini.
“Il mio è un lavoro inutile. A 13-14 anni sono
già persi”. N.M. lavora ai servizi sociali per
adolescenti del Municipio di Islington, che
MARCO PESARESI/CONTRASTO
di Sabrina Provenzani
nelle avvilenti classifiche britanniche del disagio minorile è il secondo a Londra – dopo il
confinante Tower Hamlets – e il sesto in tutta
la Gran Bretagna. “Ero incinta al 5° mese ed è
arrivata questa ragazzina bellissima, 14 anni,
volto angelico, corpo flessuoso, solo una piccola protuberanza all’altezza della pancia. Incinta come me. La conoscevo, aveva una storia
dura di affidamenti temporanei. Ma aveva cercato sua madre per dirle del bambino. E sua
madre – ragazza madre a sua volta – l’aveva
cacciata, respinta con violenza. È un ciclo che
non riusciamo a interrompere… Era pazza di
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east european crossroads
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RISORSE UMANE
dolore. Imprecava contro un punto della parete dietro di me. Poi mi ha aggredito. Quando
è nata mia figlia ho chiesto il trasferimento in
amministrazione. Il senso d’impotenza è insostenibile.”
Claudia L., psicoterapeuta infantile del Servizio sanitario nazionale britannico, lavora
con bambini più piccoli: casi estremi, quelli
per cui sono già state battute tutte le strade.
Prima di arrivare a lei conoscono fame, freddo,
botte: privazioni e violenze, separazioni laceranti da genitori o fratelli comunque amati e,
quasi sempre, un’estrema povertà materiale e
affettiva. Sono bambini con traumi gravi: alcuni molto aggressivi, altri chiusi in un mutismo totale. “A volte ci vogliono anni di terapia
per fargli pronunciare una parola. Ma se arrivano quando sono molto piccoli possiamo ancora salvarli”.
Quanto piccoli? L’immagine, scioccante, è
del 1997. Una radiografia di due cervelli a confronto. La didascalia sotto il primo, grande e
pieno di connessioni, dice: normale. Sotto il secondo, che per volume è circa la metà del primo
e al posto delle connessioni cerebrali mostra
delle ombre scure, c’è scritto: severe neglect.
Il primo è il cervello di un piccolo di tre
anni accudito e stimolato sensorialmente: sfamato, abbracciato, ascoltato dalla madre o da
chi per lei. Anche il secondo ha tre anni, ma è
stato, con un eufemismo, “gravemente trascurato”. Studi successivi hanno dimostrato la relazione fra maltrattamenti o abusi nei primissimi anni di vita e lo sviluppo di patologie
mentali o dipendenze.
Per salvare questi piccoli a rischio servono
investimenti. Ma il governo Cameron ha avviato
una politica di tagli alla spesa pubblica che – accusano organizzazioni di tutela dell’infanzia
come Save the children o l’Unicef – colpirà in
particolare le famiglie povere con bambini.
La sintesi più lapidaria è quella del Children’s Commissioner che, in un durissimo comunumero 50 novembre/dicembre 2013
nicato del 27 giugno scorso, a commento di
una relazione indipendente sull’impatto dei
tagli del governo Cameron sulle famiglie, ha
scritto nero su bianco: “Circa 700mila bambini
in più finiranno in povertà entro il 2015 a
causa delle politiche fiscali del Governo e dei
cambiamenti introdotti nell’assistenza economica e fiscale”.
In cifre: 3 milioni i bambini poveri (cioè
provenienti da famiglie il cui reddito è inferiore al 60% del reddito medio) nel 2015; 6,8
milioni quelli comunque sotto la soglia di reddito medio. Il 52% di tutti i minori del Regno
Unito, la settima economia del mondo.
“L’aspetto più ingiusto della riforma del
welfare e delle misure fiscali fra il 2010 e il
2015 è che i più duramente colpiti sono i più
poveri: il 10% più povero vedrà una riduzione
del proprio reddito netto pari al 22% contro il
7 dei più ricchi.”
La disparità è tale che, nelle conclusioni del
rapporto, il Commissario mette in guardia il
governo britannico riguardo al rischio di violare l’articolo 2 della Convenzione dei Diritti
del Fanciullo delle Nazioni Unite – l’obbligo di
non discriminazione.
Il Ministero del Tesoro sostiene le ragioni
della riforma spiegando che si tratta di una
“razionalizzazione” della spesa pubblica resa
indispensabile dalla crisi economica.
Ma la razionalizzazione ha toccato pesantemente proprio i settori che hanno un impatto
diretto sul benessere dei minori: in percentuale,
il governo Cameron ha tagliato il 31% del budget pubblico per l’istruzione generale, il 18 per
quella della prima infanzia, il 17 per l’edilizia
pubblica e il 20 per i servizi sociali.
“Falsi risparmi” spiega Alison Garnham, direttrice della Ong Child Poverty Action Group
citando uno studio del prestigioso Centre for
Research in Social Policy della Loughborough
University. “La povertà infantile costa al
Regno Unito 29 miliardi di sterline l’anno in
DOSSIER
Y Le privazioni subite
durante il corso
dell’infanzia portano
i ragazzi a rimanere
indietro nell’istruzione
fino ad accumulare un
ritardo irrecuperabile.
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interventi di sostegno, servizi sociali, assistenza economica e minori entrate fiscali.
E poi ci sono i costi sociali e di sicurezza associati all’aumento della criminalità.”
I bambini poveri sono spesso più gracili,
con un peso alla nascita inferiore di almeno
200 grammi rispetto ai più ricchi. Restano indietro a scuola, fino ad accumulare un ritardo
irrecuperabile agli esami di maturità. Da
adulti, hanno accesso a lavori meno qualificati
e meno retribuiti, condizioni di salute più pre-
carie e, nei casi più estremi, patologie fisiche
o mentali associate alle privazioni subite nel
corso dell’infanzia.
“Tutti i bambini che ho in cura sono figli di
genitori a loro volta trascurati o maltrattati –
conferma Claudia L. – “È una spirale senza
fine”.
Sabrina Provenzani è stata inviata per la RaiRadioTelevisione Italiana, SkyTg24, La7, collabora con
Il Fatto Quotidiano.Vive a Londra dal 2012.
 Save the Children
L’Isola che
non ci sarà
Il peso della crisi rischia di trasformarsi
per le nuove generazioni europee in un
furto di futuro, condannando bambini e
adolescenti a rimanere, come Peter
Pan, “eternamente giovani”. Questo è
vero in particolare per quei Paesi dove
le condizioni di povertà materiale sono
più diffuse e dove meno si investe per
la protezione e l’istruzione dei minori.
Lo scenario disegnato dal rapporto
“L’Isola che non ci sarà” di Save the
Children1, che passa in rassegna i
principali indicatori europei, rivela
come il 20,9% dei bambini nei primi e
più critici 5 anni di vita e il 27,2% dei
minori di 18 anni (quasi uno su
tre) sarebbero a rischio di
povertà e di esclusione
sociale. Il livello di
impoverimento dei
Paesi ottenuto
incrociando
l’indice AROPE (At
risk of poverty or
social esclusion,
relativo alle
variabili povertà
di reddito2, bassa
intensità di lavoro e
severa deprivazione familiare per i
bambini sotto i 6 anni), con il livello di
deprivazione materiale e di
sovraffollamento abitativo degli under
183, risulta particolarmente elevato in
Bulgaria, Romania e Ungheria, ma
anche Italia, Grecia, Regno Unito,
Irlanda e Portogallo sono in condizioni
difficili, mentre Svezia, Finlandia,
Olanda e Danimarca sono i Paesi dove i
più piccoli sono meno poveri.
Se la povertà economica rappresenta
una grave minaccia perché si eredita per
semplice appartenenza familiare e
ancor prima di aver operato qualsiasi
scelta, una spesa pubblica inadeguata
per la protezione e l’istruzione dei
minori può incidere fortemente sulle
opportunità di futuro. Incrociando i dati
relativi alla spesa per la protezione
sociale della famiglia e dei minori, con
la spesa per l’istruzione nella
scuola dell’infanzia e in quelle
primaria e
secondaria, i Paesi
che si rivelano meno
virtuosi sono Italia,
Grecia, Polonia,
Lettonia e Germania
(quest’ultima
penalizzata dal fatto
che i dati considerano
solo gli investimenti
“formali”), non distanti
però da Spagna,
Repubblica Ceca, Bulgaria e Lituania,
mentre le Nazioni che invece investono
di più sul futuro dei propri figli sono
Irlanda, Finlandia, Danimarca, Cipro e
Slovenia. Come evidenzia il rapporto di
Save the Children, l’inadeguatezza degli
investimenti sulle nuove generazioni
traccia un quadro particolarmente
preoccupante per quei Paesi
caratterizzati da una forte immobilità
sociale, che rischia di pesare come un
macigno sulle scelte e sulle opportunità
di futuro dei bambini e degli adolescenti
che in quei Paesi sono nati o vivono.
Save the Children è la più grande
organizzazione internazionale
indipendente che lavora per migliorare
concretamente la vita dei bambini nel
mondo. Nata nel 1919, opera in 119
Paesi con progetti per la salute, la
protezione, l’educazione, lo sviluppo
economico, la sicurezza alimentare e la
partecipazione dei minori, ed interventi
in risposta alle emergenze causate da
conflitti o catastrofi naturali.
1
Realizzato da Save the Children Italia nel 2013
sulla base dei dati disponibili relativi al 2011.
I nuclei familiari con entrate complessive
inferiori al 60% del reddito nazionale medio
equivalente, inclusi i trasferimenti sociali.
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Elaborazione su dati Eurostat 2011.
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