L`insegnamento del francese nelle Valli valdesi del Piemonte* Può
Transcript
L`insegnamento del francese nelle Valli valdesi del Piemonte* Può
Education et Sociétés Plurilingues n°6-juin 1999 L’insegnamento del francese nelle Valli valdesi del Piemonte* Roberto EYNARD Può capitare, a chi arriva a Torre Pellice, in treno o in auto, di sentire qualche persona di una certa età che, incontrandosi per la strada o in un negozio, si saluti con “Bonjour! Comment allez-vous?”. Siamo in Italia e più precisamente in Piemonte, ma ancora sussiste per qualcuno l’uso della lingua francese, accanto all’italiano e al patois. Si tratta – è vero – di un ricorso purtroppo sempre meno frequente, ma per le Valli valdesi è una traccia di un’abitudine linguistica in passato assai radicata e diffusa. Si tratta anche di un segno distintivo delle comunità valdesi che avevano la consuetudine di seguire almeno un culto domenicale in francese, cosi come di cantare inni e leggere la Bibbia in francese. Le cose, oggi, vanno assai diversamente e il ricorso al francese è più un’eccezione che non un modello d’uso, in tutte e tre le Valli valdesi del Pinerolese, la val Pellice e le Valli Chisone e Germanasca. Le ragioni del mutamento sono facilmente individuabili in quel fenomeno di omogeinizzazione che i mass-media, e in particolare la televisione, hanno operato, diffondendo e in pratica imponendo l’italiano dal Nord al Sud dell’Italia. Le scuole stesse, in un passato neppure tanto lontano, dal dopoguerra in avanti, hanno accantonato l’abitudine di usare e insegnare il francese, riscoprendo forse ormai tardi un patrimonio non solo culturale ma anche umano importante. Se ripercorriamo l’ultimo secolo di storia italiana, dall’osservatorio particolare delle Valli valdesi, scopriamo come agli inizi l’insegnamento del francese fosse assai diffuso , specialmente nelle scuole di quartiere, dove gli insegnanti, formatisi all’Ecole normale, conoscevano perfettamente questa lingua e la usavano non solo a livello orale, ma anche nello scritto in documenti ufficiali. Il ruolo delle chiese valdesi nella diffusione dell’istruzione alle Valli era importante e molte sovvenzioni alle scuole pervenivano attraverso questo canale. Negli archivi si possono ancora reperire lettere di docenti che, in francese, chiedevano aiuti economici al Concistoro della Chiesa valdese locale o l’assegnazione di sussidi quali lavagne, carte murali o lanterne magiche (dove non arrivava ancora l’elettricità) per la proiezione di rudimentali diapositive su vetro e intelaiate nel legno. In queste scuole, il francese era insegnato non solo per e con la lettura della Bibbia, ma anche per alcune altre materie; i ragazzi, quindi, conoscevano questa lingua, parlata in casa oltre al patois, forse più R. Eynard, L’insegnamento del francese nelle Valli valdesi del Piemonte dell’italiano. E le poche tracce di cui attualmente si può avere testimonianza diretta sono le conseguenze di questo modo di fare scuola, a cui va aggiunta la tradizione tipica valdese di svolgere le attività di scuola domenicale (il parallelo del catechismo) in parte in francese. Le stesse feste di Natale in chiesa avevano contributi canori e recite in francese. L’epoca fascista, ovviamente, segnò un arresto nell’uso del francese, a tutti i livelli, a partire dalla traduzione dei cognomi e dei nomi delle borgate in italiano fino all’abolizione dell’uso del francese nelle aule scolastiche. Nessun documento dell’epoca è redatto in francese, né i régents scolastici scrivono più in francese, neppure al loro pastore. Purtroppo, nemmeno nel dopoguerra la scuola ufficiale ha l’accortezza di ripristinare questo uso, preoccupata com’è per l’alfabetizzazione di massa e non ancora sensibile al riconoscimento e al potenziamento delle radici culturali locali. Fioriscono, però, alcune iniziative che potremmo chiamare parascolastiche, promosse da alcune figure importanti per la riscoperta delle culture locali, le quali, appoggiandosi dapprima alle chiese valdesi e poi al Consiglio di valle, fondano dei corsi di lingua francese al di fuori dell’orario e spesso dei locali scolastici, si occupano della formazione e della preparazione degli insegnanti e del reperimento di fondi per consentire l’erogazione di un modesto contributo. Anche alcuni Comuni, a quest’epoca, hanno sponsorizzato autonomamente i corsi, finanziando i docenti, d’intesa con la scuola. I corsi e le attività non hanno comunque un riconoscimento ufficiale per quanto concerne il punteggio per i docenti; per gli allievi che seguono il corso viene segnalata la frequenza sulla pagella. Questi corsi – che si avvalevano di testi stampati in Francia, non essendovene in Italia redatti ad hoc – non dovevano seguire metodologie particolarmente attive, se l’AICE (Associazione insegnanti cristiani evangelici) per un certo periodo erogò, oltre a borse di studio per futuri maestri, qualche fondo per l’acquisto di materiali audiovisivi. Intanto, per le ragioni già espresse, l’uso esterno e quotidiano del francese andava scemando e l’unica occasione di ascolto del francese erano le poche ore di lezione. Ciò ha significato la mancanza di un potente rinforzo all’apprendimento e un progressivo impoverimento lessicale, tanto da relegare il francese al rango di vera e propria lingua straniera (cioè non conosciuta né praticata). A partire dagli anni ‘70, con l’avvento del tempo pieno nelle scuole elementari italiane, seppure a livello sperimentale e là dove esistevano docenti competenti, anche alle Valli valdesi la lingua straniera è entrata di diritto nelle aule, con almeno due ore settimanali, mentre le scuole non a tempo pieno non hanno potuto avvalersi di questa facoltà. L’iniziativa era 20 R. Eynard, L’insegnamento del francese nelle Valli valdesi del Piemonte dunque lasciata alla sensibilità dei dirigenti e alla disponibilità di personale competente, ma per le Valli valdesi l’introduzione del francese fra le materie del tempo pieno è stata generalizzata e proficua. Le metodologie impiegate si sono adeguate a quelle delle altre discipline con l’impiego di sussidi validi come la lavagna luminosa e i registratori. L’avvio della Lingua2 nelle scuole elementari è stato utile per anche il proseguimento nella scuola media, dove localmente prevalgono o tutt’oggi le cattedre di francese. L’obbligatorietà dell’insegnamento di una seconda lingua sancita per legge ha avuto due effetti: il primo a carattere nazionale, e cioè la diffusione della cultura precoce di un’altra lingua oltre l’italiano. Il secondo è più legato alla condizione storica delle Valli e si riferisce all’opzione tra l’insegnamento del francese oppure dell’inglese. Per quanto riguarda quest’ultimo tema, di fatto sono nettamente prevalenti nelle Valli i corsi di lingua francese, a cui sono preposti docenti specialisti (su più classi) o specializzati (sulla sola propria classe), comunque selezionati e preparati per conto del ministero della Pubblica Istruzione. Ci si rende però conto che l’inglese è una lingua importante, il cui insegnamento non può essere trascurato; cosi, dove è possibile, a titolo sperimentale, si insegnano due lingue, considerando – forse un po’ottimisticamente – solo l’inglese come lingua straniera, e il francese come altra lingua accanto all’italiano, presente nelle radici culturali del ragazzo. Pare ovvio come, da sola, la scuola non riesca a mantenere e a dimostrare il primato del francese sulla concorrente lingua inglese, e come siano invece indispensabili supporti, anche esterni, quali contributi, soggiorni, scambi, ecc. Attualmente, con il concorso di Enti pubblici, viene realizzata dal Liceo europeo di Torre Pellice la cosiddetta Semaine du français, rivolta in primis ai docenti sul piano del loro aggiornamento professionale e caratterizzata da performances diverse da parte degli allievi sia di scuola elementare che media. L’iniziativa è preceduta e seguita da incontri fra i docenti dei due ordini di scuola, per la messa a punto di progetti e programmi e un migliore raccordo. Purtroppo, l’attività sperimentale di insegnamento del francese nelle scuole materne della val Pellice non ha avuto seguito perché assai onerosa e svolta a livello ancora troppo isolato. * Cet article est paru d'abord dans Rivista I valdostani n° 11/98. 21