Vittoria Mosca

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Vittoria Mosca
Vittoria
Mosca Toschi:
amantissima
delle arti
belle.
Tra intimità poetica
e filantropia
di Elena Bacchielli
Vittoria
Mosca Toschi:
“amantissima
delle arti
belle”.
Tra intimità poetica
e filantropia
di Elena Bacchielli
Immagine di copertina
Mosca V., Lettera a Francesco Cassi, in Ms. 1900, Carteggio di Francesco Cassi,
fascicolo III, (Lett. M.), n. 34 bis (dettaglio).
La Banca di Credito Cooperativo di Gradara, fondata nel 1911, può essere definita con
orgoglio come vera banca del territorio, perché sta vicino alla gente, alle famiglie, con
azioni concrete e mirate, volte a migliorare la qualità della vita e dei servizi di chi vive e
opera su questo territorio. Accanto alla tradizionale e consueta attività bancaria, ha incrementato l’attività di carattere extra-bancario, sostenendo iniziative, volte a promuovere il
territorio e la sua comunità, in diversi settori: sanitario, sociale e culturale.
Nel corso di questi ultimi anni ha sviluppato una serie di interventi soprattutto nel campo della sanità, con la donazione di macchinari, ad alta tecnologia. Per la BCC di Gradara quello sulla sanità, costituisce un grande progetto che riguarda una comunità, che
ha come obbiettivo la prevenzione e cura della salute di tanti uomini e tante donne che
operano, lavorano, vivono, si impegnano ogni giorno, per la promozione e la crescita di
questa società. Riteniamo la salute, una priorità essenziale, perché significa benessere,
ricchezza, fonte di energia, capacità di trovare il giusto equilibrio e nuovi stimoli, avere
entusiasmo, volontà di fare, di operare, per il futuro proprio e quello degli altri.
La Banca di Gradara investe nel settore dell’istruzione, promuovendo una serie di iniziative, a favore dei giovani, che da soli non riescono a trovare lo spazio per affermare i
propri valori e la propria professionalità.
In campo culturale dedica numerose risorse, per recuperare storie, tradizioni ed antiche
memorie, da tramandare a livello locale, per la valorizzazione del nostro territorio.
Abbiamo accettato con piacere di pubblicare questo volume sulla vita della marchesa
pesarese Vittoria Mosca Toschi per svariati motivi.
3
Perché quando si parla di recupero di memorie, di storie e tradizioni locali, la banca di
Gradara, come banca del territorio, non può che essere presente.
Perché l’autrice di questo lavoro è una giovane studiosa: Elena Bacchielli, ed il nostro
Istituto, come già affermato in precedenza, appoggia ed è stimolato dal lavoro dei giovani. L’autrice, proprio su questo argomento, ha incentrato e sviluppato le sue ricerche e la
sua tesi di laurea, che contribuisce a promuovere la crescita culturale della città.
Perché l’argomento trattato riguarda Vittoria Mosca Toschi, una nobildonna pesarese
della seconda metà dell’800, molto nota nell’ambiente pesarese e che attorno a sé ha
saputo creare un certo fascino. Approfondendo la conoscenza di questo personaggio,
l’autrice entra prepotentemente su un argomento molto di attualità, come quello relativo
alla figura femminile, anche in considerazione del contesto storico e sociale di allora.
Vittoria Mosca Toschi ha precorso i tempi. Dagli studi fatti emerge la figura di una donna forte e passionale per i tempi di allora, che riusciva ad amministrare in prima persona
tutti i suoi beni mobili ed immobili e che addirittura rifiutò di andare in matrimonio
con una persona impostale e che alla sua morte donò tutto il suo patrimonio, palazzo e
collezione d’arte al Comune di Pesaro. Gran parte della collezione dei Musei Civici di
Pesaro si sono potuti costituire grazie al suo lascito.
Questa pubblicazione è un viaggio affascinante nella storia locale, che costituisce un ulteriore tassello per riscoprire le memorie del nostro territorio.
Presidente BCC di Gradara
Fausto Caldari
Sommario
7 Introduzione
10 Fra pubblico e privato: frammenti di storia
16 Luci e ombre nel ritratto di una nobildonna pesarese
37Appendice documentaria: lettere e poesie - Opere edite
76Appendice documentaria: lettere e poesie - Fonti manoscritte
90 Lettere alla Marchesa Vittoria Mosca: carteggio inedito
96Appendice documentaria: Vittoria Mosca - Vita pubblica
113Appendice documentaria: Vittoria Mosca - Vita privata
122 Donazione Mosca e il sogno di un Museo d’Arte Industriale
157Conclusione
158Ringraziamenti
159Bibliografia generale
5
Introduzione
Il libro nasce come aggiornamento e ri-sistemazione della tesi di laurea dal titolo Vita
pubblica e privata di una nobildonna pesarese di fine Ottocento: Vittoria Mosca Toschi, condotta nell’anno accademico 2006-2007 presso l’Università degli Studi di Urbino “Carlo
Bo”.
Lo scritto vuole essere un arricchimento del tema relativo alla vita pubblica e privata
di Vittoria Mosca Toschi. Si tratta di una nobildonna pesarese molto generosa che ha
deciso di donare alla sua morte, avvenuta l’8 settembre del 1885, il suo Palazzo di Pesaro
e tutte le collezioni d’arte e di artigianato, compreso il mobilio originale, al Comune della
città, specificando che la residenza nobiliare venisse utilizzata come Museo d’Arte e di
Industria.
Scopo della ricerca è quello di portare all’attenzione generale non solo la storia pubblica,
ma anche quella più intima di Vittoria, per aiutare il lettore ad inquadrare per intero la
figura di questa donna.
L’argomento viene presentato per piccole dosi, e diluito dolcemente nei quattro capitoli
del libro. In questo modo non sarà possibile ricostruire subito un quadro preciso della
storia. Sarà invece necessario scorrere il testo per intero, se interessati a conoscere la personalità composita della nobildonna.
Attraverso la donazione fatta dalla marchesa Vittoria Mosca Toschi al Comune di Pesaro, si è potuta costituire una parte consistente degli attuali Musei Civici cittadini.
Questo atto pubblico ha colpito la mia sensibilità. Così mi sono fatta trascinare dall’entusiasmo e ho iniziato a consultare documenti antichi e quelle poche righe esistenti relative
alla sua vita privata.
Da quel momento è stata una scoperta continua. Per questo motivo mi sono concentrata
sugli aspetti del suo privato, ancora poco conosciuto e proprio per questo ancora più stimolante da approfondire.
7
La prima lettura della biografia di Vittoria è senza dubbio una lettura faticosa, per nulla
piacevole. Perché non si può fare a meno di vedere elencate persone a lei care che se ne
sono andate via prematuramente. Familiari e amici ai quali la donna resterà legata affettivamente per tutta la vita, ma che non hanno più potuto condividere con lei questa
esistenza terrena. È necessario farsi trasportare dalle emozioni - anche da quelle negative
- per consultare attentamente le lettere e le composizioni poetiche che la donna ha scritto
nel corso della sua vita e che qui hanno trovato largo spazio. Per risultare il più aggiornato
possibile ho trascritto le epistole già note ed ho aggiunto una parte di documenti inediti.
Il ritratto di Vittoria che emerge dalle pagine del libro e dalle lettere trascritte è quello
di una donna forte che ha saputo prendere in mano le redini della situazione arrivando a
gestire da sola le proprietà immobiliari, i terreni e le ricche collezioni di opere che aveva
ereditato dalla famiglia. Diventando una manager di se stessa.
Non solo nel settore pubblico ha mostrato questa sua forza, ma anche nella vita privata
ha lottato per farla emergere.
Si pensi che si è permessa di rifiutare di portare all’altare un nobiluomo che le veniva
proposto da un caro e ricco amico di famiglia - il conte Francesco Cassi - rispondendogli
per le rime ed arrivando, dopo una lunga e misteriosa malattia che la vide immobile a
letto per dieci anni, a scegliersi da sola l’uomo della sua vita.
Anche in questa situazione mostra un’indole decisa, che definirei moderna per l’epoca,
anticonformista. L’uomo che scelse di sposare - chiamandolo con cognizione di causa
“compagno di vita” e non marito - ed anche questo è un dettaglio non da poco - è un
uomo più giovane di lei di ben sedici anni. Se si contestualizza questa azione e la si ricolloca nel periodo in cui ha vissuto, ossia il XIX secolo, l’atto acquista ancora più significato.
Dopo un turbamento iniziale dato dalla lettura della sua biografia, rimane una profonda
e sentita stima nei confronti di una donna che ha vissuto appieno la propria vita, riconoscendo i lati positivi ed anche quelli negativi della stessa.
A questo punto auguro una buona lettura a tutti coloro che si cimenteranno in questo
viaggio; un viaggio fatto di storia e di cultura, di sofferenze e di poesia. Il viaggio della
vita, attraverso la vita.
9
1
Fra pubblico
e privato:
frammenti
di storia
La storia di Vittoria Mosca Toschi si colloca all’interno del vivace ambiente culturale che
andava arricchendo la realtà pesarese - e non solo - tra Sette e Ottocento. Alcune notizie
riguardanti la nobile famiglia Mosca, originaria di Alzano nella provincia di Bergamo, sono
conservate fra le pagine dei libri che documentano quel periodo storico - non particolarmente
studiato. Si pensi alla figura di Francesco Mosca, nonno di Vittoria.
Figlio del marchese Carlo Mosca e della contessa Francesca della Branca, erede di una antica
famiglia di Gubbio, ebbe quattro fratelli, un maschio e tre femmine. Dei figli del marchese
Carlo Mosca, Francesco fu l’unico destinato ad avere una prestigiosa carriera politica.
Attraverso il suo operato si andava delineando una Pesaro piena di fermenti rivoluzionari,
pronta cioè a rompere con il difficile presente per aderire al movimento filosofico e intellettuale d’Oltralpe. Si pensi alla crisi che da tempo esisteva nello Stato Pontificio, e alle condizioni critiche in cui si trovavano la Legazione in generale e la città di Pesaro in particolare, alla
vigilia della repubblica giacobina.
10
Stemma della famiglia Mosca - Pesaro, Villa Caprile, salone del piano nobile
L’immagine è tratta da M. Fermo Giovanni (a cura di), Villa Caprile. Il tempio dei quattro elementi, Milano 1998
(Catalogo della mostra Pesaro 11 luglio - 31 agosto, 1998).
11
La comunità parlava di rinnovamento della società, a parte una schiera ristretta di studiosi
di alto livello, quali Giovan Battista Passeri e Annibale degli Abbati Olivieri Giordani, che
erano ancora legati al passato e impegnati in modo quasi esclusivo in ricerche erudite sull’antichità classica e sull’archeologia1.
Francesco Mosca fece ristrutturare ed ampliare Villa Caprile, che divenne luogo di incontri
accademici tra i nobili pesaresi. La residenza, nota anche come Villa Mosca, appunto, fu edificata dalla famiglia Mosca nel XVII secolo. Nel 1870 la disposizione testamentaria dei Marchesi Mosca Toschi lasciava la proprietà della Villa all’Accademia Agraria, al solo scopo che
venisse utilizzata per l’istruzione dei figli dei contadini. L’Accademia ha gestito la struttura
fino a quando ha potuto, ma poi l’ha ceduta alla Provincia che disponeva di maggiori risorse
economiche per la manutenzione e per la gestione dell’ edificio; mantenendo, però, le clausole
scritte nel lascito Toschi Mosca2.
avvenivano all’interno dei salotti più frequentati3.
Nel giugno del 1812 il marchese Benedetto Mosca e consorte decisero di lasciare Milano per
trasferirsi a Pesaro, accompagnati da tutto quel bagaglio culturale che avevano raccolto negli
anni precedenti. Barbara viene ricordata per aver portato con sé la biblioteca di famiglia che
andò ad arricchire quella già esistente in casa Mosca; il marito viene menzionato per gli studi
di carattere filosofico ed erudito, mostrando un’indole più vicina al nonno Carlo Mosca che
al padre Francesco.
Il marchese Benedetto Mosca e la contessa Barbara Anguissòla Comneno ebbero tre figlie:
Bianca, Vittoria e Carolina.
Vittoria, la secondogenita, nacque il 14 gennaio del 1814 a Pesaro. Condusse una vita intensa,
disseminata di intime sofferenze, ma allo stesso tempo ricca di impegni pubblici. Della donna
si ricordano i frequenti soggiorni nelle varie proprietà4 in suo possesso: l’ex palazzo Bentivo-
Come il padre Carlo, il marchese Francesco Mosca fu uno dei tanti nobili illuminati che si
inserirono nelle esperienze culturali e politiche del periodo napoleonico. Il 5 febbraio 1797, la
truppa francese al seguito del generale Victor Perrin superò quasi senza combattere lo sbarramento di Porta Rimini; il giorno successivo giunse Napoleone Bonaparte, ospitato con tutti
gli onori in casa Mosca. Qui ricevette l’omaggio di un gruppo di cittadini, tra i quali vi erano
alcuni notabili, preti e frati.
Il 20 febbraio 1797 venne documentato un improvviso ritorno in Pesaro di Napoleone, che
questa volta si fermò una sola ora in casa del marchese Mosca, senza fare accenno alcuno al
Trattato di pace firmato a Tolentino il giorno precedente.
Da questo momento prese avvio il cursus honorum di Francesco nei governi napoleonici: egli
ottenne dapprima incarichi locali, poi fu chiamato a Milano come membro del Gran Consiglio della Repubblica Cisalpina. Arrestato per ordine della corte di Vienna, decise in un
secondo momento di abiurare il suo credo laico con un manifesto pubblico.
Quando Pesaro rientrò a far parte della Cisalpina, Francesco riprese l’attività politica, delineando sempre più il suo ruolo di primo piano al tempo della Repubblica Italiana e a quello del
Regno d’Italia, che lo ebbe Consigliere di Stato e Direttore Generale della Polizia.
Con Francesco Mosca nacque la congiuntura familiare e culturale tra la vivace Milano di
quegli anni ed il tranquillo e provinciale ambiente pesarese. Nel 1784 il marchese Mosca
sposò la principessa Beatrice Imperiali di Sant’Angelo di Napoli e da lei ebbe tre figli: Costanzo, Margherita e Benedetto. Quest’ultimo fu il padre della marchesa Vittoria Mosca.
Nel 1811 Benedetto Mosca sposò la giovane contessa Barbara Anguissòla Comneno, nella
medesima città (Milano) dove è possibile che il padre, oramai morente, lo avesse chiamato
presso di sé. Da questa città giungevano gli echi degli accesi dibattiti letterari e politici che
glio di Gubbio (Casa di riposo - Astenotrofio Mosca), le ville di campagna a Branca e a S.
Apollinare presso Gubbio, la villa del Bruscolo a Montelevecchie vicino a Pesaro - attuale
comune di Belvedere Fogliense - e il villino da lei acquistato a Capodimonte - Napoli - noto
come Villa Cotugno.
La marchesa Vittoria si sposò nel 1856 con il nobiluomo Vincenzo Maria Toschi5, figlio
dell’ingegnere Giuseppe Maria Toschi e della contessa Laura Personali.
Dalla loro unione nacque un solo erede, Benedetto Toschi Mosca, che aveva lo stesso nome
del nonno materno morto prematuramente.
Benedetto si sposò con la marchesa Lucrezia Antaldi6, dalla quale ebbe due figli: Roberto e
Vincenzo.
La sorte della famiglia Mosca era destinata però ad estinguersi: Vincenzo Maria Toschi si
spense a Gubbio il 16 febbraio del 1885, seguito qualche mese dopo dalla marchesa Vittoria,
distrutta per il grande dolore della perdita del marito7.
Roberto Toschi Mosca morì il 14 luglio del 1900, prima di raggiungere la maggiore età.
Il fratello Vincenzo, ultimo nipote della marchesa Vittoria Mosca, morì senza eredi il 30
gennaio del 1922.
Il padre Benedetto Toschi Mosca, gravato da tempo da problemi nervosi8, si spense nel febbraio del 1938 .
Della marchesa Mosca e della sua famiglia, rimane oggi quello che, più di cento anni fa, venne
lasciato alla collettività confidando nel rispetto di un patrimonio storico e artistico che Vittoria aveva voluto rendere pubblico.
12
13
Note
1
Sulle vicende della famiglia Mosca e sul contesto storico esaminato, si veda: Brancati A.,1981, pp. 229288; Marcucci M., 1986-1987, in particolare pp. 10-18; Barletta C., 1998, pp. 14-15; Montuoro M.R.,
2001-2002, in particolare pp. 44-106; Linfi S., 2012, pp. 153-384.
2 3
Sull’excursus politico di Francesco Mosca e sul legame della famiglia Mosca con la città di Milano, si
legga: Barletta C., 1990, pp. 12-15.
4
5
Per un’indagine approfondita dell’argomento si consulti l’atto relativo all’ Accademia Agraria di Pesaro ed
eredi di Bianca Mosca del 1876, in particolare le cc. 632-648.
Le proprietà sono menzionate più volte nell’Inventario della Eredità della Compianta Dama Egregia
Signora Marchesa Vittoria Mosca Vedova Toschi del 1885 alle cc. 235-239 e nel Contratto di matrimonio di
Vittoria Mosca con Vincenzo Maria Toschi del 1856, alla c. 485r.
Nel Contratto di matrimonio…, anno 1856, cit., in particolare alle cc. 480-492, vengono descritte le
condizioni legali alla base dell’unione fra Vittoria Mosca e Vincenzo Maria Toschi, come la nascita di
un figlio e l’ipoteca dei Beni posseduti.
6
Sulla storia della famiglia Antaldi e su uno fra i suoi più illustri rappresentanti, si veda: Baiardi Cerboni
A., 1996, pp. XI- XXXVII.
7
Per approfondimenti sulla figura di Vincenzo Maria Toschi si legga l’articolo commemorativo uscito
sulla Gazzetta d’Italia il 24 febbraio del 1885 a Gubbio e riportato in appendice alla seguente opera:
Mosca V., 1885, pp. 29-31. Sulla morte di Vittoria Mosca Toschi avvenuta a Pesaro l’8 settembre del
1885 all’età di 71 anni, si consulti invece il Registro dei decessi e delle tumulazioni nel Cimitero Centrale di
Pesaro, anni 1885- 1891, al n. 351 ed il Registro dei morti del 1885, al n. 332.
8
La malattia mentale che colpì il marchese Benedetto Toschi Mosca viene citata nella seguente opera:
Zangarelli S., 1989, p. 13.
14
15
2
Luci e ombre
nel ritratto
di una
nobildonna
pesarese
Cesare Gaj 1 - ceramista e pittore pesarese di fine Ottocento - restituisce attraverso il
dipinto l’immagine della marchesa Vittoria Mosca Toschi in modo eterno, con indosso
una veste scura munita di colletto bianco e di nastro con medaglione, e con due pendenti
ad ornare le grandi orecchie. Dal dipinto emergono i lunghi capelli a boccolo della signora divisi al centro del capo, un naso piuttosto accentuato ed una larga bocca ad accennare
un sorriso. Nel viso privo di rughe visibili si stagliano due occhi profondi che sembrano
osservare, con amara dolcezza, lo spettatore che si trova davanti. L’artista - che ha firmato
l’opera in basso a destra - non ha voluto porre l’accento sugli elementi decorativi, bensì
sull’interiorità del personaggio che emerge in tutta la sua fedeltà. Il ritratto rivela infatti una certa vena di tristezza, dovuta alle sofferte esperienze del passato, ma mostra al
16
Cesare Gaj (Pesaro, 1843-1934), Ritratto della marchesa Vittoria Toschi Mosca
tempera su carta, 55 x 45 cm - Pesaro, Musei Civici - Inv. 3078
17
tempo stesso un sorriso sincero, che è quello di una persona amante delle arti in genere
e piena di fiducia per le sorti della propria collezione. Ci troviamo di fronte all’unica immagine pubblica di Vittoria, a noi nota. O meglio, all’unico dipinto a lei dedicato. Esiste
infatti un busto2 collocato all’interno dell’ex Palazzo Bentivoglio di Gubbio che ritrae la
nobile donna e attribuito alla scultrice fiorentina Amalia Dupré.
Attualmente il dipinto è collocato a piano terra dei Musei Civici, nella piccola sala a lei
dedicata: Stazione Vittoria. È come se la marchesa volesse accogliere i visitatori in quella
che era stata la propria dimora originaria (Palazzo Mosca) ed augurare loro un buon
viaggio fra le sue amate collezioni.
L’opera non viene citata nell’Inventario della Eredità Mosca del 1885, bensì compare nei
due inventari successivi. L’economo del Comune, Eraclio Vitaliano Turrini3, lo descrive
come un lavoro non destinato alla vendita:
“Ritratto della Marchesa Vittoria Mosca, con cornice e ve=
tro cm. 43 x cm. 54. (Non ha valore commerciale)”.
Gian Carlo Polidori4 descrive il materiale di realizzazione e ne esalta la cornice:
“Quadro a tempera su carta con ritratto della
Marchesa Vittoria Toschi Mosca di Cesare
Gai ml. 0,55 x 0,45 (C. Gai) con cornice sei_
centesca intagliata e dorata”.
Non è possibile definire con esattezza l’anno di esecuzione del dipinto: l’età avanzata
della donna induce a collocare l’opera in un periodo successivo al 1865-705. Un’ipotesi
più precisa viene formulata a metà anni Ottanta da Luisa Fontebuoni6 che si è occupata della catalogazione di dipinti e sculture appartenenti al Comune di Pesaro. Nella
scheda relativa al ritratto di Vittoria il dipinto viene associato per accuratezza stilistica
a due medaglioni eseguiti dallo stesso artista – C. Gaj – e rappresentanti i volti del
padre e della sorella di lui. I ritratti7 sono entrambi in maiolica policroma ed uno dei
due reca la firma e la data: 1888. Dunque, secondo l’ipotesi della studiosa Fontebuoni,
l’opera in esame sarebbe da collocarsi in una data vicina a questa. Sicuramente di poco
precedente, considerata la morte di Vittoria avvenuta nel 1885. L’assonanza fra questo
quadro ed il ritratto giovanile della sorella Anna viene ribadita a fine anni Novanta da
Erika Terenzi8 - attuale coordinatrice dei Musei Civici -, senza però fornire elementi
utili ad una datazione.
Il ritratto di Vittoria, in discreto stato di conservazione, è una fotografia della condizione umana e sociale della donna, giunta nella fase finale di una lunga e faticosa vita,
sempre vissuta in prima linea.
18
Purtroppo ad oggi emergono solo notizie generiche su questo singolare personaggio.
Il Museo d’Arte Industriale - inaugurato nel Palazzo Mazzolari Mosca9 il 29 luglio del
1888 - rimase aperto solo pochi anni e mentre il palazzo veniva usato come sede degli uffici comunali10 e le collezioni venivano disgregate, il ricordo di Vittoria andava scemando.
Cosa rimane allora di questa nobile donna? Rimangono il suo sguardo, la sua immagine
a mezzo busto e soprattutto la sua anima, che vibra ancora oggi attraverso il dipinto e
attraverso i suoi scritti11:
“ Oh! vita; e a quale prò scorrendo vai ?
Qual frutto arreca il durar pene, e stenti ?
Che giova trar sudori, e pianti, e lai ?
Che accumular tesori, e campi, e armenti ?”
[XXVI, vv. 5-8 ]12
“...Questi mesti e pietosi ricordi, che con troppo ardire consegno alle stampe, da me scritti col
fedele linguaggio della verità, per ispirazione del cuore, ed a sfogo di giusto dolore, …” 13.
Non sono necessarie spiegazioni, è Vittoria che sta parlando e spiegando il sentimento di
dolore che la spinge a scrivere. Alle parole dettate dal cuore, spesso la marchesa univa gli
“alti concetti del dovere e della dignità”, i principi morali e le “civili virtù” 14.
Ricostruiamo la vita di questa donna, “ultima” esponente della nobile famiglia Mosca, ma
facciamolo utilizzando il diario intimo, sincero, che lei stessa ha lasciato, per ripercorrere
insieme i travagli interiori della sua infelice esistenza.
Ritratto privato.
Il primo grande dolore la colpì alla tenera età di tre anni, quando il padre Benedetto morì
improvvisamente nel gennaio del 181715, prima che Vittoria avesse il tempo necessario
per conoscerlo.
“ Non ti conobbi, o padre! al primo albore
Orba di te restai nel patrio tetto,
19
Nè un bacio sol con figliale ardore
Stampar potei nel tuo soave aspetto.
Non ti conobbi… eppure eppur nel cuore
Fiamma nutrii per te di sacro affetto,
E dalla cuna in dolce suon d’amore
Io benedissi al nome tuo diletto.
Non ti conobbi è ver, ma agli occhi innante
Veggio mai sempre la tua cara Immago,
E ragiona il pensier teco anelante;
Non ti conobbi è ver, ma il sol desio
Che l’attrito mio cuor di se fa vago
É d’esser teco ricongiunta in Dio.” [IX]16
La figura del padre non fu però del tutto sconosciuta a Vittoria, perché lei mantenne
sempre il suo ricordo presente in fondo al cuore e dietro a quello sguardo sognante di
ragazzina, consapevole che la fede li avrebbe riuniti un giorno. Il marchese Benedetto
Mosca, con la sua morte, lasciò la giovane moglie Barbara Anguissòla17 da sola a gestire
il patrimonio di famiglia e ad accudire le tre figliolette, Bianca, Vittoria e Carolina. La
donna, nata e cresciuta a Milano, ha mostrato un carattere forte e deciso che sembra essere stato ereditato dalla piccola Vittoria: si pensi alla volontà di essere sempre attiva nelle
imprese pubbliche18 e a quella di essere al tempo stesso molto presente nell’educazione
familiare. Un connubio di valori civili e morali.
Anni felici sembra aver trascorso Vittoria all’interno del collegio fiorentino nel quale la madre
aveva mandato lei e le sorelle; l’intenzione di Barbara era quella di dare alle figlie un’educazione ed una formazione, difficile da trovare in una realtà di provincia come Pesaro.
“ Allorchè d’Arno in sulle rive amene
Di liete fanciullette in folta schiera
Fra ingenui ludi ore traea serene
Ne’ rosei dì, che ’l core esulta, e spera;”
[ XXVII, vv. 1-4]19
20
Avvenimenti dolorosi erano però pronti ad interrompere bruscamente la fanciullezza di Vittoria.
“ Dille che il prisco amore in me non tace,
Dille che più non vidi un dì sereno,
E sempre in pianto il cuor mi si disface
D’ allor che morte orbolla ai baci miei
Sì ch’ io bramo lasciar l’asil terreno
E sopìr le mie pene in braccio a lei.”
[ X, vv. 9-14]20
Sono parole dedicate Alla Memoria della Sorella Carolina, la quale morì nel 1833 fra
le braccia della sola Vittoria, dal momento che la madre era dovuta rimanere accanto
all’altra figlia, Bianca, che si era ammalata improvvisamente a Pesaro. Carolina, invece, si
trovava ancora nel capoluogo toscano.
Passò un solo anno, e la vita si spense anche per la marchesa Barbara.
Così Vittoria parlava della morte della madre, avvenuta a Pesaro all’età di quarantacinque anni:
“ O madre mia, perchè al mio sen rapita
Fosti si tosto dell’ età nel fiore?
Coll’ ultimo sospir della tua vita
Perdetti il ben del povero mio core.”
[ XVII, vv. 1-4]21
Divenuta oramai adulta, Vittoria rimase con la sorella Bianca nell’antico palazzo di famiglia22. I rapporti tra le due giovani, però, si raffreddarono presto, sembra a causa delle
nozze di Bianca col principe Don Tommaso Chiaramonti, che si celebrarono nel 1842.
Da quel momento Bianca operò scelte testamentarie lontane da quelle della sorella e (in
parte) della sua famiglia d’origine23 .
Negli scritti24, Vittoria usava parole di affetto e dispensava consigli nel rivolgersi alla
sorella, novella sposa. È però possibile, in questa occasione, trovare una discrepanza tra
ciò che scrive e la realtà vissuta: dopo le nozze, Vittoria decise di non proseguire la con21
vivenza con i due coniugi e così lasciò Palazzo Mosca per trasferirsi nel settecentesco
Palazzo Mazzolari25. Purtroppo non si conosce esattamente il motivo, dato che la stessa
marchesa non ne parla mai nel suo diario intimo.
Negli anni successivi al trasferimento, Vittoria si ammalò gravemente:
“ Morto è il mondo per me, morta natura;
Non ha beltade alcuna luce aurata;
Non ha la vita una soave cura,
Una lusinga, un’ attrattiva grata.
Oh! suonar possa l’ora mia suprema,
Ch’ io con fronte serena, ed alma invitta
Guarderò morte senza affanno, e tema.”
[ XV, vv. 5-11]26
In questo modo parlava della malattia che la rese sofferente per molto tempo; ad oggi
non si è capaci di risalire alla vera natura e all’origine di questo suo male, per la mancanza
di una documentazione certa. Ciò che si conosce, invece, è la presenza, a Palazzo Mosca
accanto alla donna, del dottor Giacomo Salvatori e della figlia Silvia27. Vittoria si legò
molto a questa figura femminile: nel Saggio Poetico, tanti sono infatti gli accenni alla sua
difficile malattia e alla cara Silvia.
“ Ch’ ahi! per soffrire duro sol la vita,
E in tal lungo martir un Angiol pio
Sol dammi a ogn’uopo generosa aita.”
[ IX, vv. 12-14]28
addio: Ma tu sai con quanto cordoglio ti vegga allontanare dal mio seno; tu sai come ogni forte
commozione d’animo mi è cagione di gravi sconcerti fisici, onde acerbo, io spero, non sarà per
esserti l’usato silenzio, ed accetto ti giungerà questo foglio interprete fedele degli amorevoli e
grati sensi, che chiudo nel petto:…”29.
Negli anni della malattia, oltre ad un forte senso di giustizia e di rettitudine, crebbe in lei
una tensione religiosa molto profonda:
“ Così a tuoi santi lumi, o Vergin bella,
Solcando mar che rei perigli asconde
I’ mi rivolsi e volgo, e non d’ altronde
Spero soccorso nella gran procella.
Stendi su me d’eterna luce un raggio,
Divina madre di pietà, d’amore,
Guidami tu nel fortunoso viaggio;”
[ XIX, vv. 5-11]30
Dalla sua grave condizione di salute, Vittoria Mosca riuscì a guarire:
“ O madre mia, l’ausilio tuo celeste
Valse all’ afflitta figlia alfin salute,
E sciolte fur le sorti mie funeste.
Madre, per te salva e felice or sono;
Così due volte l’ immortal Virtute
Per te mi diede l’esistenza in dono.”
[ XVII, vv. 9-14]31
In una lettera scritta in occasione delle nozze di Silvia avvenute nel 1849, la marchesa
esponeva alcune riflessioni sulla famiglia, sul ruolo fondamentale di madre, su come educare i figliuoli. Come lei stessa diceva con tono malinconico, il matrimonio la privò del
sostegno morale e dell’amicizia della giovane.
“…Con questi salutari ricordi che in pegno di verace amorevolezza ti dono, io prendo, mia
Dilettissima, congedo da te: a voce avrei pur voluto tenerne parola, e darti un’ultimo doloroso
Ritrovata la salute, la marchesa scelse di sposarsi all’età di quarantadue anni con un nobiluomo più giovane di lei, Vincenzo Maria Toschi.
Negli anni del matrimonio si ritrovò a risiedere spesso a Gubbio e a Napoli; a Gubbio,
dove il marito aveva un’intensa attività politica e dove nel 1858 nacque il loro unico figlio,
Benedetto Toschi Mosca32; a Napoli, dove possedeva un villino.
22
23
Gli scritti in possesso non rivelano alcuna notizia certa sul luogo del loro possibile incontro, né sul motivo che spinse la donna a prendere la decisione di sposarsi:
“ Di Flora vaga nell’ illustre terra
Del viver nostro nel rosato albore
Ti viddi, ed eri un fiorellin d’amore,
Che grazie innate a’ rai del sol disserra.”
[ VII, vv. 1-4]
Questi pochi versi tratti dall’opera intitolata Al consorte Vincenzo33 composta per la morte
del marito, sono l’unico accenno sul loro appuntamento. È possibile pensare che Vittoria
abbia voluto lasciare ai posteri, attraverso i suoi scritti, solo notizie relative al forte legame
di amore con l’uomo, che lei chiama in modo affettuoso “compagno di vita” e non marito.
Tutto il resto viene lasciato al libero arbitrio di ciascun lettore.
“ Come folgor tremenda a Ciel sereno
Il triste annunzio del tuo fier malore
Giunse a ferirmi ahi! mortalmente il cuore,
Quasi esangue rimasi in un baleno.”
[VIII, vv. 1-4]
All’età di cinquantacinque anni, Vincenzo si ammalò gravemente. Questo malore fu per
Vittoria un dolore troppo forte da sopportare, come lei stessa scrive:
I due si amavano molto ed erano legati a tal punto che Vincenzo, stremato nel letto,
cercava di dare forza alla moglie mandandole baci e occhiate pie, toccandole la mano e
rimanendo sereno e calmo fino alla morte.
“ Ahi! quell’ora suonò! suonò quell’ora,
Che il tuo gagliardo spirto cadde affranto,
E l’aureo laccio di tua vita infranto
Fù da morte crudel, che i buoni sfiora!
Ahi! quell’ora suonò! Te ognun deplora,
Ognun vestissi di funebre ammanto,
Ognun versò con me dirotto pianto,
Ognun la Tomba tua di preci infiora.”
[XI, vv. 1-8]
Il 16 febbraio del 1885, Vincenzo Maria34 si spense nella sua città di Gubbio.
Di lui Vittoria ricorda l’amore per la poesia e per le belle arti, l’attività di politico in veste
di assertore del liberalismo cattolico e le importanti cariche che ricoprì, come quelle di
Sindaco e di Consigliere Provinciale.
Distrutta dal dolore, Vittoria si lasciò morire l’8 settembre del 1885.
Di lei si ricordino sempre la sensibilità umana ed artistica che l’accompagnò per tutta
la vita, il rimpianto degli affetti perduti, l’inquietudine che si coglie nei moduli stilistici
delle sue poesie, e tutta una serie di paure e di interrogativi che si possono sintetizzare
in questi versi:
“ Sì, giorno e notte accanto all’egro letto
Dove in croce giacevi in mezzo ai mali,
Quasi folle restai que’ dì fatali,
Martire desolata al tuo cospetto!
“A quale scopo, o uom, tu versi mai
Su dotte carte tanti bei sudori?
E a qual vantaggio accumulando vai
Tanti preziosi di ragion tesori?
Soffocar m’era d’uopo il duolo in petto
Per darti aìta, e forza ai sensi frali,
Ma gli strazi dell’alma eran mortali,
E ´ l timor trasparia dal mesto aspetto.”
[ X, vv. 1-8]
Forse i misteri di natura immensi
T’apre, e dimostra a quale scopo, e meta
L’umana vita, e il final fato intende?”
[ XXXI, vv. 1-4; 12-14]35
24
25
Ritratto pubblico-privato.
Oltre a poesie dal carattere privato, il diario intimo di Vittoria conserva una serie di interessanti opere dal carattere pubblico-sociale.
Ciò che traspare da alcuni scritti, è il suo pieno inserimento nel contesto politico e culturale del tempo. Ogni tanto la donna abbandonava il tono sentimentale e malinconico
del Saggio Poetico, per avvicinarsi ad una dimensione esistenziale più consapevole ed impegnata. Con il passare degli anni Vittoria arriva a sviluppare un’idea della vita da intendersi come impegno morale e civile, lontano da ogni ipocrisia e da ogni falsità.
È quello che ad esempio si legge in un sonetto della raccolta Versi:
“ Oh venga il dì che in sua chiarezza il vero
Rifulga alfin negli italiani ingegni,
E a nobil meta un patrio amor sincero
Sproni i lor moti e guidi i lor disegni.”
[ V, vv. 1-4]36
L’appartenenza della famiglia Mosca, in particolare del marchese Benedetto e della contessa
Barbara ad un ambiente colto e mondano e i frequenti rapporti con alcuni dei personaggi
più importanti della cultura del tempo, quali Giacomo Leopardi, Giulio Perticari, Francesco
Cassi e Terenzio Mamiani della Rovere, lasciarono in Vittoria un patrimonio di ricordi e di
suggestioni fondamentali per la sua personalità e per la sua formazione intellettuale.
Dai vari scritti emerge un ambiente familiare vivace e colto, in cui si insinuavano dibattiti politici e lotte risorgimentali. Si pensi alla corrispondenza tra Vittoria Mosca e il conte Terenzio
Mamiani Della Rovere37, esponente di prim’ordine nell’ambito di quello che fu definito il
cattolicesimo liberale.
Così la marchesa si rivolgeva a lui, attivo in politica e nelle scritture, in una breve lettera38 di
auguri per l’anno nuovo:
“ Sig.r Conte Gent.mo
Per ben cominciare l’Anno novello
io vengo ad augurarle ogni bene, e
lunghissima, prosperosa vita. Voglia
26
Ella accogliere di buon grado il
fervido voto di un cuore a Lei
devotissimo, e voglia esaudirlo il
Cielo a suo vantaggio, e mia
grandissima consolazione.
Mio marito, giusto estimatore, e
Sincero ammiratore del suo me=
rito, Le presenta per mio mez=
zo mille buoni augurj, ed osse=
quj.
Ella conservi la di Lei vita
preziosa, e si adoperi al
meglio del nostro caro, e sven=
turato paese.
Mi continui la di Lei ami=
cizia, e mi creda Sempre
con altissima Stima, ed osser=
vanza
Di Lei Gent.mo Sig.r Conte
Pesaro 1 del ‘57
Dev.ma Oss.ma Serva,
Vittoria Mosca in Toschi”
Attraverso un linguaggio elegante ed esprimendo un sentimento di profonda ammirazione, Vittoria accenna alla loro amicizia e ai meriti che furono a lui riconosciuti in
vita, come l’attività educativa ai valori della libertà morale e civile, la formazione della
coscienza nazionale, il contributo alla valorizzazione della cultura e della lingua italiana,
ed altro ancora39.
Altro letterato e politico con cui la marchesa ebbe degli importanti rapporti epistolari, fu
il cugino Francesco Cassi40:
“ Mentre di guerra al diro suon mescea
Greca dolcezza, onde il latin Lucano
27
Più crebbe in fama e più il valor romano
Nell’ itala favella il grido ergea.”
[XI, vv.5-8]41
Vittoria in questi versi fa riferimento all’occupazione francese delle Marche e alla vita
letteraria dell’uomo: il suo migliore lavoro di scrittura fu la traduzione della Farsaglia di
Lucano, che mantiene tutt’oggi un posto onorevole tra le versioni classiche del primo
Ottocento.
La personalità forte e risoluta di Vittoria, formatasi nel tempo, si coglie con molta evidenza in una concisa ma pungente lettera al Cassi, nella quale la marchesa respinge un
“partito” che il conte le aveva proposto, affermando con decisione di essere capace di fare
da sola le proprie scelte:
“[…]Io non potrei che apprezzare il partito propostomi, giacché venuto dalle sue mani non
può essere che ottimo ma non per questo mi è dato di compiacerla[…]”42.
Come si comprende, il conte Cassi si occupava del destino matrimoniale di Vittoria,
ma anche di quello della sorella Bianca43 nell’intento di sistemare le due giovani donne,
rimaste orfane di padre e di madre.
Un tono più cupo e malinconico emerge nel seguente sonetto44, relativo alla perdita del
cugino:
letteratura del Leopardi, come la luna, la natura e l’infinito46. Tematiche di solitudine, di
speranze tradite e di morte scaturiscono in maniera chiara da questa raccolta pubblicata
a Firenze nel 1852.
La marchesa ha avuto contatti anche con Giulio Perticari47, figura di spicco nel campo
umanistico del tempo. Così si rivolgeva a lui, nel triste sonetto di saluto scritto in suo
ricordo, piangendo sulla di lui tomba:
“Io te saluto, e in quest’urna un fiore
Spargo adorando con amico affetto,
Lacrimo al pianto d’ogni tuo diletto
Che quì sospiri in mesto suon d’amore.”
[vv. 5-8] 48
L’uomo era legato da una profonda amicizia con il padre di Vittoria, Benedetto Mosca:
entrambi furono per un periodo molto vicini all’ambiente milanese 49.
Vittoria Mosca Toschi: una donna, due dimensioni parallele. Una vita privata piuttosto
dolorosa e inquieta, ed una vita pubblica, attiva, che l’ha proiettata in una sfera ampiamente civile. Ritratto dolce - amaro di una nobildonna pesarese vissuta nel XIX secolo.
“Ivi i pregi di Flora in adro aspetto
Languiano spogli di bellezza, e odori;
Perduto il verde suo avean gli allori,
Era vestito a lutto ogni altro oggetto.”
[XXVIII, vv. 5-8]
Forti affinità si ritrovano fra Vittoria e Giacomo Leopardi, basti leggere i loro scritti e
ricostruire la loro vita. Si pensi fin da subito che oltre a relazioni culturali, esistevano persino legami di parentela fra i marchesi Mosca e i conti Leopardi45. Purtroppo ad oggi non
si è ancora a conoscenza di possibili incontri fra i due giovani, ma certi aspetti di dolorosa
ed amara sensibilità emergono nei versi in cui Vittoria esprime la sua sofferta vicenda
personale; questi versi sembrano proprio derivare dal mondo poetico leopardiano. In
particolare nei trentadue sonetti del Saggio Poetico, si incontrano spesso i topoi tipici della
28
29
Note
12
1
13
Mosca V., 1852, sonetto XXVI. Tutti i sonetti, da qui in poi citati, sono trascritti nell’appendice documentaria.
Sulla figura di Cesare Gaj, artista pesarese fra i più abili nella lavorazione del ritratto maiolicato, si veda:
Polidori G.C., 1934, pp. 341-342; Ugolini Biscontini G., 1980, p. 294.
2
Il busto dedicato a Vittoria Mosca viene descritto in questo interessante articolo: Cece F., Sannipoli
E.A., 2000, p. 31.
14
3
Turrini, nell’Inventario Generale del Museo Mosca del 1934, alla c. 48r., n. 395, descrive il ritratto della
marchesa Vittoria Mosca Toschi.
15
4
Anche Polidori nell’Inventario Generale del Patrimonio Artistico di proprietà del Comune di Pesaro redatto
negli anni 1945-1946, al n. 3078, fa una descrizione dell’opera.
5
6
Le parole virgolettate sono citazioni tratte dalla parte introduttiva - anch’essa riportata per intero
nell’appendice documentaria - della seguente opera: Mosca V., 1849, p. 7.
Benedetto Mosca morì prematuramente all’età di 27 anni. Si veda la seguente trascrizione tratta dal
Libro IX de’ Morti, anno 1817, alla c. 154.
“Addì 3 Gennajo 1817.
Benedetto f° del Cav. fù Sig.r Marche Francesco
Mosca Passionej d’anni 27 munito di tutti
i SS.i Sacramenti morì la mattina sud.to alle ore
16, ed il giorno 5 fù esposto col debito […]=
so e sepolto in S. Giovanni come Sepoltuario.”
L’ipotesi di datazione viene formulata all’interno della seguente scheda relativa al ritratto della marchesa
Vittoria Mosca Toschi: Barletta C., 1993, p. 255.
Luisa Fontebuoni tra il 1983 ed il 1985 ha infatti catalogato una serie di schede all’interno dell’opera
Comune di Pesaro. Museo Civico. Catalogazione di dipinti e sculture. Nella scheda Inv. 3078 descrive il
ritratto della marchesa Vittoria Mosca Toschi.
Sono queste le parole che Vittoria recita nell’introduzione (riportata per intero nell’appendice documentaria) alla seguente opera: Mosca V., 1885, p. 7.
16
Mosca V.,1857, sonetto IX.
17
Sulla storia generale della famiglia Anguissòla e su quella più dettagliata relativa alla contessa Barbara,
si veda: Baldassini A., 1834, in particolare pp. 10-11-12; Spreti V., 1928, pp. 389-393.
7
I due ritratti realizzati da Cesare Gaj vengono “presentati” nel testo che segue: Ugolini Biscontini G., 1980, p. 295.
8
Sull’argomento si analizzi la seguente scheda relativa all’opera: Terenzi E., 1998, p. 14.
9
Per un’analisi approfondita relativa alla storia del Palazzo Mazzolari Mosca si consiglia la seguente
lettura: Calegari G., 1999, in particolare pp. 17-19.
10
11
Ne1 1930 il Palazzo Mazzolari Mosca fu adibito ad uffici comunali (com’è ora). Sull’argomento si veda:
Alamaro E., 2003, p. 8.
Si tratta per la maggior parte di versi dati alle stampe in momenti differenti della sua vita: Lettera per
le nozze della Marchesa Bianca Mosca col Principe Don Tommaso Chiaramonti (Forlì, 1842), Lettera in
occasione delle nozze della figlia amatissima del dottor Giacomo Salvatori (Pesaro, 1849), Saggio Poetico (Firenze, 1852) che comprende trentadue sonetti, il componimento in quartine Per la perdita della diletta
amica Vittoria Perticari (Forlì, 1856), Versi (Ivrea, 1857) che contiene venti sonetti, e l’opera intitolata Al
consorte Vincenzo (Pesaro, 1885) in cui ricorda l’amato marito. Sono per lo più versi funebri dedicati a
familiari e amici.
30
18
Si fa qui riferimento alle trattative che Barbara ha avuto con la principessa del Galles Carolina di
Brunswick relative alla cessione temporanea di Villa Caprile. Ciò avvenne poco dopo la morte del marito. Sulla vicenda si veda: Bruni B., 1981, pp. 26-29.
19
Mosca V., 1852 , sonetto XXVII.
20
Mosca V.,1857 , sonetto X.
21
Mosca V., 1857, sonetto XVII.
Barbara Anguissòla morì il 14 Maggio del 1834. Segue la trascrizione tratta dal Libro IX…, anno
1834, cit., alla c. 339:
“Adì 14: Maggio 1834:
L’Illma Sig.a Marchesa Barbara Sig. del fù Sig. Marchese Carlo
Antonio Anguisola nata a Milano, e Veddova del fù Sig. Marchese Benedetto Mosca di anni 45: morì alle ore 3: ed un
quarto con tutti li SS. Sagramenti, ed assistenza sino al fine
di sua Vita, ed il giorno 16 detto fù esposta e sepolta nella
Chiesa de Reudi Padri di S. Giovanni come sepoltuaria.”
31
22
Nel Palazzo Mosca è registrata oltre a Vittoria e a Bianca Mosca, la marchesa - vedova Lucrezia. Tale
notizia si legge nello Stato delle Anime della Cattedrale di Pesaro del 1838, alla c. 44.
23
Bianca Mosca lascia la metà dei suoi beni al figlio di Vittoria, Benedetto, e l’altra metà ad Alfonso Rosselli del Turco, nobile fiorentino, non prendendo in considerazione Vittoria. Sull’argomento si consiglia
la lettura dell’ Atto di acquisto di Villa Caprile del 1876, alla c. 634.
24 Si fa qui riferimento alla lettera che Vittoria dedica alla sorella Bianca in occasione delle nozze di questa
con il Principe Don Tommaso Chiaramonti. Il passo è tratto dall’opera: Mosca V., 1842, p. 3.
“…Contiene alcuni precetti sulla prima educazione de’ Figliuoli, né credo possa presentare argomento più addatto al novello vostro stato. Voi accoglietela come un segno della mia letizia, accompagnato dai voti che per la vostra felicità, per quella del vostro Consorte e de’ nuovi Congiunti non
lascierà di porgere a Dio.
La vostra affezionatissima sorella.”
30
Mosca V., 1857, sonetto XIX.
31
Mosca V., 1857, sonetto XVII.
32
Per approfondire la conoscenza relativa alla figura del nobiluomo Benedetto Toschi Mosca, si consulti
il seguente articolo: Da S. Benedetto dei Marsi, 20 Febbraio 1915, p. 3.
Il figlio di Vittoria viene infatti citato in questo curioso articolo comparso in un giornale d’epoca, nel
quale si descrive il marchese quando era a capo di una squadra di pompieri attiva nel territorio abruzzese
di San Benedetto dei Marsi.
33
L’opera è una raccolta intima di diciotto sonetti (se ne vede una parte pubblicata nel testo a seguire) che
Vittoria dedica interamente all’amato marito e nei quali prevale un sentimento di profondo e ragionato
dolore per la perdita dell’uomo. Si veda: Mosca V., 1885.
34
25
Il 6 ottobre del 1842 Vittoria acquistò il Palazzo Mazzolari, edificio costruito nel 1763 su progetto
dell’architetto e pittore pesarese Giannandrea Lazzarini, e sito nell’attuale via Rossini: tale struttura
passò dalle mani dell’allora proprietario Laudadio Della Ripa, banchiere israelita, a quelle della marchesa Mosca Toschi. Si riportano alcuni brevi stralci tratti dall’ Atto di acquisto dell’ex Palazzo Mazzolari da
parte della Marchesa Vittoria Mosca del 1842, alle cc. 273 - 282.
“ Si dichiara insomma, e si conviene, che i titoli pei Crediti, con le relative ipoteche ul supra ceduti non
r
abbiano mai né direttamente, né indirettamente a ritorcersi contro il Cedente Sig Laudadio, e suoi, …”
“…Sigr Laudadio del quondam Salvatore Della Ripa, Banchiere di professione domiciliato in Firenze …”
Vittoria andò ad abitarvi due anni dopo l’acquisto. È quello che si legge nello Stato delle Anime…, anno
1844, cit., alla c. 67.
26 Sulla figura di Vincenzo Maria Toschi, oltre all’articolo già citato alla p. 14, nota 7 del primo capitolo,
si consiglia la lettura dell’epistola conservata all’interno della fonte documentaria Toschi V.M., Lettera
a Gordiano Perticari, in Ms. 1927. La lettera viene riportata nell’appendice documentaria.
35
Mosca V., 1852, sonetto XXXI.
36
Mosca V., 1857, sonetto V.
37
Sulla figura del conte Terenzio Mamiani Della Rovere si legga: Brancati A., 2007, pp. 388- 396.
38
Si tratta della lettera n. 9250 poi riportata anche nell’appendice documentaria. L’epistola in questione
è conservata all’interno della fonte documentaria Mosca. V., Due lettere a Terenzio Mamiani, fondo comunale Mamiani.
39
Per approfondire l’argomento relativo alle attività culturali- politiche-sociali svolte dal conte Mamiani,
si rimanda alla nota 37.
Mosca V., 1852, sonetto XV.
27
Nel 1843, quando Vittoria risiedeva ancora a Palazzo Mosca, abitavano con lei il dottor Giacomo Salvatori
e la figlia Silvia. Tale convivenza è indicata nello Stato delle Anime…, anno 1843, cit., alle cc. 47-48.
28
Mosca V., 1852, sonetto IX.
40
29
La trascrizione del breve passo è tratta da: Mosca V., 1849, p. 8. Nell’appendice documentaria sarà
possibile consultare il “passo” per intero. Oltre alla lettera, esiste un sonetto dedicato alla cara Silvia
Salvatori, intitolato: Dopo la partenza della Silvia Salvatori dal Bruscolo e conservato all’interno della
fonte documentaria Mosca V., Quattro sonetti di Vittoria Mosca, in Ms. 1916. Il sonetto citato è riportato
anch’esso in appendice.
32
Per un’analisi più approfondita relativa alla figura del conte Francesco Cassi si consiglia la lettura del
seguente contributo: Voce Cassi Francesco, 2002, p. 25.
41
Mosca V., 1857, sonetto XI.
42
Per comprendere appieno il carattere determinato e forte di Vittoria, si consiglia la lettura dell’epistola
n. 34bis conservata all’interno della fonte documentaria Mosca V., Lettera a Francesco Cassi, in Ms.
1900. La lettera è riportata per intero nell’appendice documentaria.
33
43
Nel carteggio indicato sopra esiste un’altra lettera, la n. 33ter datata 1835 (anche questa riportata in appendice), che Bianca Mosca rivolge al conte Cassi. L’uomo fu infatti il tramite nelle trattative di nozze
fra Bianca e il principe Don Tommaso Chiaramonti.
44
Mosca V., 1852, sonetto XXVIII.
45
Sulla figura di Giacomo Leopardi e sui rapporti di parentela esistenti fra i marchesi Mosca e i conti
Leopardi, si veda: Barletta C., 1990, pp. 16-17.; Piergili G., 1992, in particolare pp. 28-44.
46
Ecco alcuni esempi dell’affinità letteraria esistente tra la marchesa Vittoria e il conte Giacomo Leopardi:
“O Luna amica degli afflitti cori,
O notturna di pace ispiratrice,
A Te un saluto una mest’alma indice
Delira in vagheggiando i tuoi splendori.” [IV, vv. 1-4]
“Quanta beltà natura in grembo serra!
Vaste vallee di vegetanti piene,
Fiorite glebe, poggi, e selve amene,
E monti, e fiumi, e mari il guardo afferra.
Fra tanta immensità coll’alma volo
Dagli spazj del tempo all’infinito;
Lassù m’addentro nel consiglio eterno.” [XXX, vv. 5-11]
47
Sulla figura dell’umanista Giulio Perticari, si consiglia la seguente lettura: Voce Perticari Giulio, 1993, p. 348.
48
Sempre nel manoscritto 1916 compare il sonetto qui citato e rivolto all’umanista pesarese. Il componimento poetico si intitola: Sulla tomba di Giulio Perticari e viene riportato per intero nell’appendice
documentaria.
49
Sullo stretto rapporto esistente fra Benedetto Mosca e Giulio Perticari si rimanda alla lettura della
fonte documentaria Mosca B., Diciannove lettere a Giulio Perticari, in Ms. 1927. In particolare si evidenziano le epistole: Milano, 29 Aprile 1812; Milano, 2 Maggio 1812; Milano, 20 Maggio 1812; Milano,
25 Maggio 1812, tutte riportate nell’appendice documentaria.
Nel carteggio citato oltre ad alcuni cenni relativi alla comune amicizia con Vincenzo Monti e al matrimonio di Giulio con Costanza, Benedetto Mosca raccomanda all’amico di aiutarlo in una delicata
questione familiare: una controversia con la famiglia Baldassini, nata dalla richiesta della sorella Margherita, andata in sposa a Francesco Baldassini, che pretendeva una parte consistente dell’eredità paterna destinata al fratello Costanzo e a lui.
34
35
APPENDICE
DOCUMENTARIA
LETTERE E POESIE
OPERE EDITE
36
37
Mosca V.,
Lettera in occasione delle nozze della figlia
amatissima del dottor Giacomo Salvatori,
Pesaro 1849.
(frontespizio)
38
39
Mia Dilettissima come Figlia
Quel destino, che fatalmente da me t’invola, oggi
ti guida in seno alle dolcezze d’Imene, ed oh! beata
se nel tuo novello stato calcherai costantemente come
per lo passato il difficile sentiero della virtù. L’amore
non concetto per cieca passione, ma consigliato dalla
riflessione, basato sulla vicendevole stima, governato
dalla coscienza, e dalla Religione santificato ti farà
certo gustare le primizie del Cielo nelle grazie di
sposa, e più poscia né conforti, nelle speranze, nelle
soavità di Madre. Ma come in ogni condizione il dolore è il tristo retaggio dell’uomo, nè puote il suo
spirito creato per l’infinito, e per l’immortalità rinvenire una perfetta felicità né beni transitorii di quaggiù, così tu incontrando nella carriera della vita alcuna amarezza e sventura, confortati sempre coll’intima confidenza nell’Eterno, e divenga per Te abitudine la ferma credenza, che ogni evento procede
dalle sue mani, ch’Egli solo né suoi fini, e giudizii
imperscrutabili discerne i nostri veri bisogni, e per vie
opportune con arcano giro di sorti matura il nostro
destino.
Or nell’entrare la casa maritale ch’esser debbe
il tuo Santuario, il tuo piccolo Mondo, consacra tutta
te stessa ai tuoi nuovi doveri, e alle muliebri incombenze. Economa del tempo usane come di un prezioso
fuggevole tesoro, impiegandolo in utili occupazioni, in
atti di filantropica pietà, e con giusta misura in pratiche religiose, ritenendo che una vita intesa al ben fare
è una vita per eccellenza, è una perenne elevazione
della mente verso l’Ente Supremo, e perciò la più
40
sublime, e meritoria delle preghiere. Venendoti affidata la domestica azienda tu da buona massaja, da
abile reggitrice delle comuni sostanze invigila pel miglior andamento degl’interessi, invigila sui famigli
cosicchè sieno probi, solerti, subordinati impiegando
seco loro benevoli maniere, e con eque leggi, e dolce
autorità raffrenandoli, onde non si generi il disordine
e l’abuso dell’indulgenza: insomma prevedi e provvedi con destra antiveggenza ad ogni bisogno, ponendo anche studio, affinchè tutti gli oggetti esteriori,
cominciando dal tuo abbigliamento, portino nella tua
dimora l’impronta della nettezza, della proprietà,
dell’ordine ov’è racchiusa l’idea del bello, dell’utile,
del decoroso, e d’onde nasce allo sguardo, e al cuore
un senso di ricreamento, di compiacenza e d’incessante tranquilla giocondezza, che rende gradevole il
proprio soggiorno. Tali diligenze in genere poco calcolate formano una parte essenziale della conjugale
armonia, e felicità conseguente. Or poi venendo ai
doveri che t’incombono verso i nuovi congiunti comincia dall’essere riverente e soggetta all’autorità consigliera dell’ottima tua seconda madre, ascoltandone
gli ammonimenti con alacrità d’animo, e deferendo
ai suggerimenti di Lei, dettati dal tempo e dalla esperienza, testimoniandole in ogni circostanza fiducia,
ossequio, e carità di figliuola. Sarà poi tua somma
premura il mostrarti accesa di un saggio amore pel
compagno dé tuoi giorni, uniformarti in tutto alle
oneste di lui brame, indovinare i suoi gusti, prevenire
i suoi desiderj, e colle azioni convincerlo essere egli
la meta de’ tuoi affetti, il primo de’ tuoi pensieri, il
più caro oggetto delle tue cure. Siffatte dimostrazioni
di operosa benevolenza, siffatta spontanea devota som-
41
missione ti frutteranno un’esclusivo imperio sull’animo
di Lui, niuna donna avrà ai suoi occhi maggiori attrattive, niuna sembreragli più amabile, più prudente,
più sagace, ed eterna durerà l’ardente unione dei
vostri cuori, eterno l’accordo delle vostre volontà;
La pace infiorà di rose i dumi del vivere, presiederà
qual fausto nume sulla sorte vostra; e tu verrai dal
Consorte tuo tenuta qual genio a lui donato dal Cielo,
e come tale ti saprà pregiare sopra ogni altro bene.
Allorquando aprirai il cuore ai sublimi affetti
di Madre, allora rammenta che un altro mandato
ti affida la providenza nella educazione della prole.
Questa nobile, eccelsa missione innalza a sublime
dignità il carattere della donna; ma se avvenga che
ad essa si manchi diviene allora funesta sorgente di
privati infortunii non solo, ma eziandio delle pubbliche
calamità; quindi della decadenza degli stati, della
rovina delle nazioni. Ora a disimpegnare l’arduo
quanto malagevole incarico d’educatrice fa mestieri
comprendere l’importanza, la Santità, ed eccellenza
di tale ufficio, come è necessaria grande maturità di
senno, mitezza d’animo e soprattutto una pazienza instancabile quanto la materna tenerezza. Tu fornita
di tali acconcie doti riuscirai felicemente nell’intento:
fin dalla culla in ogni tempo, in ogni luogo veglia
accortamente sui tenerelli tuoi nati, studiane l’indole,
gl’istinti coll’arte divinatrice da natura alle Madri
concessa: Scoprine i germi delle male inclinazioni, frenane le puerili fantasie, le incaute voglie; e lungi
dall’abusare del potere ammonisci mai sempre con
pietosa mansuetudine, punendo all’uopo i loro piccioli
errori con pene atte più a toccarne il morale, che ad
affliggerne il fisico. Giunti che essi siano ad esercitare
42
le potenze intellettuali, sia tua massima sollecitudine
il far loro conoscere l’esistenza d’un Dio, Padre
benefico, anima, e vita dell’universo: Tutto che ai nostri sguardi appare di bello, di buono, di magnificente,
di meraviglioso tutto si associa col pensiero a questa
prima causa, onde a bell’agio dalle cose sensibili, visibili, e materiali ti sarà dato elevarli alle idee spirituali ed astratte, infiammandoli alla contemplazione della sua grandezza, onnipotenza e bontà, e
quindi fargli sentire il debito che ne corre di amarlo, di benedire al suo nome con culto sincero, ed
animo conoscente. A misura che anderà crescendo
ne’ fanciulletti il discernimento, e che oltre la forza
istintiva, e l’impulso della coscienza agirà in loro la
riflessione, il senno, e la volontà, guida passo a passo quelle intemerate menti alla cognizione delle altre auguste verità così che di buon’ora quadrare possano i sensi interni, formare un retto giudizio, ed
acquistare un chiaro conoscimento della natura, del
bene e del male, onde prendere in abborrimento il
vizio, ed in amore le generose virtù. Coll’esempio
più che colle parole gl’insegna ad essere sinceramente pii, onesti per intimo convincimento, compassionevoli verso gl’infelici, prodighi verso gl’indigenti,
caritatevoli e giusti a pro di tutti i loro fratelli. Aperti
per questa via que’ vergini cuori ai più gentili affetti
inspiragli un forte volere, un forte sentire, un alto
concetto del dovere, e della dignità dell’Ente umano
facendo loro comprendere l’obbligo supremo imposto
ad ognuno di perfezionare sé medesimo non solo operando a seconda l’Evangeliche Dottrine, ma eziandio col mettere a frutto i doni largitici dalla Provvidenza, coltivando il cuore, ornando l’ingegno, e il-
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luminando l’intelletto alla luce divina della Sapienza. Educati i tuoi figli a tale scuola di morali, domestiche e civili virtù, avvezzi a tale altezza di pensamenti, a tali magnanimi desiderii, ed aspirazioni
verso il bene particolare, non che verso il bene universale ed eterno, le facoltà loro, i loro affetti, i
costumi loro giungeranno al maggior grado di perfezionamento possibile, e compier sapranno con efficacia, ed utilità de’ proprii simili i sacri doveri d’Uomini, di Cristiani e di Cittadini segnando belle vesti-
gia nel cammino della rettitudine, e dell’onore. Allora tu con dolce orgoglio corrai gran frutto delle
durate penose fatiche, tutta gustando la compiacenza
di aver degnamente compiuto il venerando Ministerio
di Madre, bene risposto alle tante cure del tuo buon
Genitore, e nel tempo stesso contribuito al vantaggio
sociale, servito al fine prestabilito dal Creatore, ed
assicurata alle tue Creature una inestimabile dovizia,
una felicità non soggetta all’arbitrio dell’instabile
sorte; e tu benedetta da Essi, adorata dal Consorte,
stimata dall’Universale, benemerita della Patria
toccherai l’apice della contentezza ai mortali concessa, e santa la tua memoria verrà lodata, e pianta
oltre la tomba.
Con questi salutari ricordi che in pegno diverace
amorevolezza ti dono, io prendo, mia Dilettissima,
congedo da te: a voce avrei pur voluto tenerne parola, e darti un’ultimo doloroso addio: Ma tu sai
con quanto cordoglio ti vegga allontanare dal mio
seno; tu sai come ogni forte commozione d’animo
mi è cagione di gravi sconcerti fisici, onde acerbo,
io spero, non sarà per esserti l’usato silenzio, ed accetto ti giungerà questo foglio interprete fedele degli
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amorevoli e grati sensi, che chiudo nel petto: Ad Esso
consegno cento tenerissimi amplessi; ad Esso mille e
mille eletti augurii di prosperità, mentr’io con tutta
l’enfasi del materno fervore chiamo dal Cielo ogni
benedizione sul caro tuo capo, non che sull’egregio
tuo Sposo, al quale ti affido, e ti raccomando con
tutta l’effusione dell’anima.
Tu continuami anche da lungi la tua figliale benevolenza, che io sempre memore di tante pietose cure
prodigatemi t’amerò con amore di Madre finchè mi
basti la vita.
Pesaro 3 Novembre 1849.
Tua affezionatissima come Madre
VITTORIA MOSCA
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Mosca V.,
Saggio Poetico
Firenze 1852.
(frontespizio)
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Questi poveri versi, ch’io scrissi a ristoro di dolore, m’è caro dedicare all’esimio mio benefattore, all’uomo, cui deggio
la vita, non che agli ottimi amici e parenti, che larghi mi furono di gentile
conforto, e di pietoso compianto in tanti
miei amarissimi casi. Questa sola prova
posso dar loro di rispettosa affezione, e di
animo riconoscente. Lungi poi dall’ambire
onoranza da siffatta tenuità, prego che prodighi mi sieno d’indulgenza e perdono, ed
abbiano a calcolo il buon volere dell’offerente, scordando di buon grado la nullità
del dono.
VITTORIA MOSCA.
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Sonetto IV
O Luna amica degli afflitti cori,
O notturna di pace ispiratrice,
A Te un saluto una mest’alma indice
Delira in vagheggiando i tuoi splendori.
Oh! quale al lume de’ tuoi blandi albori
Aura di calma respirar mi lice;
Oh! quanta in sen serenità mi dice
Quai ridenti fantasmi a me colori!
O Tu che pura voluttà d’affetto
Instilli ai cori, or tu dolcezza santa
D’angelica amistà m’adduci in petto,
Per me volgendo il raggio a Lei che anelo,
E l’invitando al bacio mio con quanta
Pietà t’inspira un’amoroso zelo.
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Sonetto IX
Sonetto XV
Perchè fortuna in sì crudel concetto
Ahi! disertommi d’ogni gioja al mondo!
Perchè natura, il Cielo in questo petto
Chiusero un’alma ardente, un cor fecondo
Io miserando esempio di sventura
Sotto il pondo del duol giaccio curvata,
E veggo sì mia qualitade oscura
Che son dall’esser primo appien cangiata.
Di forti sensi, e tutto tutto affetto?
Onde tra’ miseri caduti al fondo
Misera fossi sovra ogni altro oggetto;
E più sentendo d’ogni male il pondo,
Morto è il mondo per me, morta natura;
Non ha beltade alcuna luce aurata;
Non ha la vita una soave cura,
Una lusinga, un’attrattiva grata.
Al nappo del dolor doppia amarezza
E doppio tosco trangugiassi oh! Dio
Senza pur una assaporar dolcezza!
Oh! Suonar possa l’ora mia suprema,
Ch’io con fronte serena, ed alma invitta
Guarderò morte senza affanno, e tema.
Ch’ahi! per soffrire duro sol la vita,
E in tal lungo martir un Angiol pio
Sol dammi a ogn’uopo generosa aita.
Poichè grande mercè, non danno fora
Il colpo di sua falce ad un’afflitta
Che agonizzando vive, e muore ogn’ora.
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Sonetto XXVI
Sonetto XXVII
Oh vita! vita! ma che se’ tu mai?
Ahi! ch’un compendio sei d’infausti eventi,
Ed un perenne avvicendar di guai
Dalla cuna alla tomba a tutte genti.
Allorchè d’Arno in sulle rive amene
Di liete fanciullette in folta schiera
Fra ingenui ludi ore traea serene
Ne’ rosei dì, che’l core esulta, e spera;
Oh! vita; e a quale prò scorrendo vai?
Qual frutto arreca il durar pene, e stenti?
Che giova trar sudori, e pianti, e lai?
Che accumular tesori, e campi, e armenti?
Io sovente sentiami entro le vene
Correre un gel di trepidanza fera;
Ed un infausto antivedere a spene
Troncava l’ali, e la possanza altera.
E il tanto umano specular che vale?
Che val sapere, merto, e fama, e gloria?
Che onor d’imperi, e che trofei di guerra?
Ahi! venne il triste presentir verace!
Quanto fu del temuto il mal maggiore!
Come il gaudio infantil s’estinse in pianto!
E non è tutto vanitade in terra?
E non pere col tempo ogni memoria?
E miser non è sempre ogni mortale?
Pur sotto il peso del dolore affranto
Non è lo spirto, e non l’afflitto core,
Che dura pene, ma in sperar non tace.
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Sonetto XXVIII
Sonetto XXX
Del Cassi mio nel vago asìl diletto
Ove educar piaceasi e piante, e fiori
Mi trassi tocca da pietosi ardori
Col pianto agl’occhi, e gran cordoglio in petto.
Tutto è silenzio, e tutto posa in terra:
Io sola veglio, e nuoto in ansie e pene:
Chiara è la notte, brilla in ciel Selene,
E sul creato argenteo albor disserra.
Ivi i pregi di Flora in adro aspetto
Languiano spogli di bellezza, e odori;
Perduto il verde suo avean gli allori,
Era vestito a lutto ogni altro oggetto.
Quanta beltà natura in grembo serra!
Vaste vallee di vegetanti piene,
Fiorite glebe, poggi, e selve amene,
E monti, e fiumi, e mari il guardo afferra.
Natura intera sì doler parea;
E sospirar vid’io, tergendo i rai,
Amistà, Cortesia, le Muse, Isauro,
Fra tanta immensità coll’alma volo
Dagli spazj del tempo all’infinito;
Lassù m’addentro nel consiglio eterno.
Mentre sull’arpa muta Amor piangea,
Gridando a Morte con acerbi lai:
Tu col mio ben togliesti a Italia un lauro.
A’ rai del primo Ver le cose scerno:
Nobil destin m’appare oltre il finito
Pel giusto e per l’afflitto, e il duol consolo.
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Sonetto XXXI
A quale scopo, o uom, tu versi mai
Su dotte carte tanti bei sudori?
E a qual vantaggio accumulando vai
Tanti preziosi di ragion tesori?
Forse perchè più scerni, e intendi, e sai,
Beato più degli altri al suol dimori?
Forse il senno de’ Sofi in mezzo a’ guai
Sovvienti al cor balsamici ristori?
Forse t’estingue il rigoglio de’ sensi?
Forse procelle di passioni acheta?
Forse perfetto a divenir t’apprende?
Forse i misteri di natura immensi
T’apre, e dimostra a quale scopo, e meta
L’umana vita, e il final fato intende?
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Mosca V.,
Versi,
Ivrea 1857.
(frontespizio)
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ALLA GENTIL DONZELLA
VIRGINIA
VIRGINIA FUMAGALLI
“Io mi auguro di essere così felice col
mio Cesare come la Zia Vittoria lo è col
suo Vincenzo” – Queste parole tu profferivi
appena benedetta all’ara nuziale, intantochè
nelle esimie qualità del tuo Sposo e nelle tue
istesse io desumeva commosso l’arra più certa
della vostra felicità.
E così pure avvenga, che meglio non potrei desiderare, né per Te né per Cesare
tuo. Soltanto mi sia permesso solennizzare
questo mio augurio, che a renderlo più ancora gradito accompagno a varj Versi della
mia ottima Vittoria, che già sai di che
amore ama Te, e di che stima affettuosa
considera l’esimio Eletto del tuo cuore.
Perdona se tutti questi versi non ti compajono cinti delle rose nuziali. Ma né supremi momenti è proprio delle anime gentili
riallacciare con un amplesso potente le memorie benchè dolorose del passato alle sensazioni del presente.
Accetta quindi serenamente gli uniti versi
e riama sempre
NELLE SUE NOZZE
COLL’ ESIMIO SIGNORE
CESARE MAGNANI-RICOTTI
MAGGIORE D’ARTIGLIERIA
NELL’ESERCITO SARDO
Il tuo Zio ed Amico
VINCENZO TOSCHI.
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Sonetto V
Sonetto IX
Al Trionfo della Verità.
Alla memoria del Padre
Oh venga il dì che in sua chiarezza il vero
Rifulga alfin negli italiani ingegni,
E a nobil meta un patrio amor sincero
Sproni i lor moti e guidi i lor disegni.
Non ti conobbi, o padre! al primo albore
Orba di te restai nel patrio tetto,
Nè un bacio sol con figliale ardore
Stampar potei nel tuo soave aspetto.
Genuflesse le menti ad uno impero,
Fra le cento città cadan gli sdegni;
E di Sparta il civil rito severo
Vuoto verbo non già, costume insegni.
Non ti conobbi…eppure eppur nel cuore
Fiamma nutrii per te di sacro affetto,
E dalla cuna in dolce suon d’amore
Io benedissi al nome tuo diletto.
Allora in sen di questa Italia cara,
Assai più bella d’ogni bella cosa,
Regneran pace, amor, giustizia e gara.
Non ti conobbi è ver, ma agli occhi innante
Veggio mai sempre la tua cara Immago,
E ragiona il pensier teco anelante;
Allor di genj e lumi avrà tesoro,
E leveran la fronte radiosa
Le prische etadi e libertà con loro!
Non ti conobbi è ver, ma il sol desio
Che l’attrito mio cuor di se fa vago
È d’esser teco ricongiunta in Dio.
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Sonetto X
Sonetto XI
Alla Memoria della Sorella
Alla memoria del Cugino
O zeffiro gentil che a me dintorno
Con ineffabil soavezza spiri,
Ed in sul nuovo biondeggiar del giorno
Dolce calma e conforto al sen m’ispiri,
Infra le Giulie Piante il piè movea
Ahi lacrimando e sospirando invano
Quel caro amico, quel cantor sovrano
Che tant’aura di genio ivi bevea.
Forse t’invia dall’almo suo soggiorno
La suora mia che ascolta i miei sospiri.
Deh! s’io non preghi invan deh fa ritorno
A quella Cara e dille i miei martiri.
Mentre di guerra al diro suon mescea
Greca dolcezza, onde il latin Lucano
Più crebbe in fama e più il valor romano
Nell’itala favella il grido ergea.
Dille che il prisco amore in me non tace,
Dille che più non vidi un dì sereno,
E sempre in pianto il cuor mi si disface
E un eco udir del suo celeste canto
Parvemi a un tratto, e per letizia il core
Sospese i moti, e frenàr gli occhi il pianto.
D’allor che morte orbolla ai baci miei
Sì ch’io bramo lasciar l’asil terreno
E sopìr le mie pene in braccio a lei.
Ma fu breve illusion: l’appesa cetra
Blandian le aurette, e un caro suon d’amore
Dalle memori corde uscìa nell’etra.
CONTE FRANCESCO CASSI
CAROLINA
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Sonetto XVII
Sonetto XIX
Alla memoria della Madre adorata
A Madre Vergine.
PER LA MIA RECUPERATA SALUTE.
Come rimira la polare stella
Combattuto nocchier che in mezzo all’onde
Teme smarrir le sospirate sponde
O naufragar la fragil navicella;
O madre mia, perchè al mio sen rapita
Fosti si tosto dell’età nel fiore?
Coll’ultimo sospir della tua vita
Perdetti il ben del povero mio core.
Così a tuoi santi lumi, o Vergin bella,
Solcando mar che rei perigli asconde
I’mi rivolsi e volgo, e non d’altronde
Spero soccorso nella gran procella.
O madre mia, dall’aspra tua partita
Vissi carca di morbi in rio dolore,
E a te richiesi lacrimando aita,
Tutto sperando nel tuo dolce amore.
Stendi su me d’eterna luce un raggio,
Divina madre di pietà, d’amore,
Guidami tu nel fortunoso viaggio;
O madre mia, l’ausilio tuo celeste
Valse all’afflitta figlia alfin salute,
E sciolte fur le sorti mie funeste.
Porgi a quest’egra vita alcun conforto,
Fà ch’io non speri invan nel tuo valore,
E fà che illesa alfin ripari in porto.
Madre, per te salva e felice or sono;
Così due volte l’immortal Virtute
Per te mi diede l’esistenza in dono.
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Mosca V.,
Al consorte Vincenzo,
Pesaro 1885.
(frontespizio)
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Bettino!
La più grave, la più tremenda sciagura ha gettato non ha guari nella desolazione, e nel lutto i nostri domestici Lari.
Pur troppo l’irreparabile perdita di quell’Essere
dilettissimo, tanto presto, e così barbaramente rapito
nel pieno vigor della vita al nostro amore, ci ha lasciato un vuoto immenso, ed aperta una piaga mortale nell’anima; cosicchè giammai verrà meno il nostro giusto, e doloroso rimpianto – Nella gravezza
di sì atra sventura ne conforta soltanto la rimembranza de’ suoi preclarissimi pregj, ed il pietoso compianto di ogni cuore gentile, che prese generosa parte
ai nostri gemiti, e ne divise le diuturne pene.—
Bettino!Nell’ore estreme, in cui lottava con l’inesorabile Parca l’amatissimo tuo Genitore, Uomo
probo per eccellenza, ed a niun altro secondo per
magnanimità di cuore ed elevatezza d’ingegno, per
patriottici liberali sensi di umanità, e di onore, in
quell’ora solenne ripeto, rimasi esterrefatta, e così
prostrata di spirito, e vinta dall’affanno, che più
non valsi, nè a formare concetti, nè tampoco a proferire parole. Raccolta in un sepolcrale silenzio, non
ebbi che lacrime da versare copiose sulla Salma di
quel caro Estinto, che Dio congiunse, e morte separò
ahi! troppo crudelmente da’ miei destini! Oggi però,
che il tempo con la sua prepotente forza ha dato
luogo ai consigli della ragione, ai filosofici conforti
della rassegnazione, non chè alla potenza ineluttabile
della necessità, mi sento alquanto più calma, e tutto
comprendo il sacro dovere di pagare un debito di
gratitudine verso il Defunto, che fù l’amico, il protettore della mia esistenza, onorando, per quanto è
dato alle mie deboli forze intellettuali, la memoria
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di Lui, coll’encomiare le sue buone opere, e rammentare i doni rarissimi, che l’Autor d’ogni bene profuse sù quella nobile Creatura, quasi plasmata per
giovare ai suoi simili, e nutrire in seno ogni magnanimo affetto a prò di tutti indistintamente.
Questi mesti e pietosi ricordi, che con troppo ardire consegno alle stampe, da me scritti col fedele
linguaggio della verità, per ispirazione del cuore, ed
a sfogo di giusto dolore, dedico oggi a Te, caro figlio, col pianto agl’occhi, e nella ferma speranza che
essi ti servano di eccitamento al ben fare, e di
potente stimolo ad incamminarti nobilmente nella
splendida via della rettitudine, onde tu sia degno
di portare con vero decoro l’onorato nome di tuo
padre, il quale, in altra luttuosa circostanza spronandoti ad imitare gli aviti esempi di civili virtù,
ricordavati – che dovizie e titoli, senza corredo di
mente, e di cuore a nulla valgono; anzi sono le più
acerbe accuse di chi li possiede.—
Deh! fa’ tesoro di tai saggi consigli; vivi felice;
cresci eletti ed utili figli alla patria nostra, educandoli ad alti principj di sapienza, di probità e carità
cittadina, onde in essi riviva l’anima bella dell’egregio tuo Genitore, che dall’eccelsa sua sfera propizia
i destini dell’amata famiglia, e con benevolo sorriso
ci guarda, protegge, e benedice.
Pesaro 6 Giugno 1885.
Tua Madre Affma
VITTORIA MOSCA V TOSCHI
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Sonetto VII
Sonetto VIII
Di Flora vaga nell’illustre terra
Come folgor tremenda a Ciel sereno
Del viver nostro nel rosato albore
Il triste annunzio del tuo fier malore
Ti viddi, ed eri un fiorellin d’amore,
Giunse a ferirmi ahi! mortalmente il cuore,
Che grazie innate a’ rai del sol disserra.
Quasi esangue rimasi in un baleno.
Il destin, che dell’Uom le sorti afferra,
Un febbrile timor d’angoscia pieno,
Servendo ai cenni del divin motore
In ogni fibra mi destò terrore,
Libra gl’eventi da Sovran Signore,
E al sol pensarlo ancor ne provo orrore,
E tutto al Mondo in suo potere atterra,
Ancor ne sento l’atro colpo in seno!
La nostra unione Ei volle in Ciel segnata;
Troppo il fatal presagio ahi! fu verace;
Ci rivedemmo, e l’alma tua gentile,
A Te volai coll’ali al cuore e al piede,
La filiale pietà da Te mostrata
Palpitante per ansia, e senza pace.
Fiducia m’ispiràr nel vivo affetto
Scorsi il lungo cammino in mezzo al pianto
Che a me sacravi, o caro, in dolce stile,
Grazia, pietà chiedendo al Ciel con fede,
E’ l nostro nodo conjugal fu stretto.
Ma non arrise al priego Ubaldo Santo.
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Sonetto X
Sonetto XI
Sì, giorno e notte accanto all’egro letto
Ahi! quell’ora suonò! suonò quell’ora,
Dove in croce giacevi in mezzo ai mali,
Che il tuo gagliardo spirto cadde affranto,
Quasi folle restai que’ dì fatali,
E l’aureo laccio di tua vita infranto
Martire desolata al tuo cospetto!
Fù da morte crudel, che i buoni sfiora!
Soffocar m’era d’uopo il duolo in petto
Ahi! quell’ora suonò! Te ognun deplora,
Per darti aìta, e forza ai sensi frali,
Ognun vestissi di funebre ammanto,
Ma gli strazi dell’alma eran mortali,
Ognun versò con me dirotto pianto,
E’l timor trasparia dal mesto aspetto.
Ognun la Tomba tua di preci infiora.
Allor tu accorto di mie crude teme
Or dove il guardo giro io trovo il vuoto,
Spesso dicevi a me – Vittoria mia,
Parmi in terra languir tutta natura
T’incuora, e spera, acqueta il tuo dolore.—
E sospender in Ciel degli Astri il moto.
Poscia, serrando la mia mano al cuore,
Ahi! qual colpo fatal fù la tua morte,
Baci mi davi con occhiata pia,
Triste compendio d’ogni mia sciagura!
Sereno, e calmo fino all’ore estreme.
Fulminata restai dall’atra sorte!!
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Mosca V.,
Due lettere a Terenzio Mamiani,
fondo comunale Mamiani.
Lettera n. 9249 - Pesaro, 10 agosto 1857.
Gentilissimo Sigre Conte
FONTI
MANOSCRITTE
76
Mi è stato gratissimo il conoscere
come Ella sia divenuto alla fine Cittadino
Piemontese. Io ho versato lacrime di
dolore sulle sventure che sono state
a Lui procurate dall’ingiusta civile fortuna, ed oggi esulto altamente, e mi congratulo con Lei
nel vedere che un Governo più
equo, e sagace del nostro ha saputo apprezzare i Suoi meriti,
e renderle giustizia. Ora si arrovellano pure gl’implacabili di Lei nemici.
Ella trionfa a loro […], ed a consolazione dei suoi Amici, ed ammiratori,
che sono in gran numero, ed appartengono alla Classe migliore, e più illuminata
della Società.
Il nostro Dottore non ha anche compiuta la Sua peregrinazione, ma l’
attendo fra breve. Egli è stata
varj giorni in Apo[?], deliziato dalla cara
di Lei compagnia, fra i ridenti giovi[?]
[…], ed io l’ho tanto invidiato, e tanto
mi sono sdegnata coll’avverso Destino
che a me toglie sempre i più soavi
ed innocenti piaceri della vita. Pazienza!
Spero in avvenire d’indennizzarmi
di questa perdita.
Intanto le ripeto i Sensi della mia
profonda Stima, e devozione, e passo al bene
di Segnarmi
Ossma Devma Serva
V. Mosca
77
Lettera n. 9250 - Pesaro, 1 gennaio 1857.
Mosca B.,
Sig.r Conte Gent.mo
Lettera a Francesco Cassi,
in Ms. 1900,
Carteggio di Francesco Cassi, fascicolo III, (Lett. M.)
Per ben cominciare l’Anno novello
io vengo ad augurarLe ogni bene, e
lunghissima, prosperosa vita. Voglia
Ella accogliere di buon grado il
fervido voto di un cuore a Lei
devotissimo, e voglia esaudirlo il
Cielo a suo vantaggio, e mia
grandissima consolazione.
Mio marito, giusto estimatore, e
Sincero ammiratore del suo merito, Le presenta per mio mezzo mille buoni augurj, ed ossequj.
Ella conservi la di Lei vita
preziosa, e si adoperi al
meglio del nostro caro, e sventurato Paese.
Mi continui la di Lei amicizia, e mi creda Sempre
con altissima Stima, ed osservanza
Di Lei Gent.mo Sig.r Conte
Lettera n. 33 ter datata 1835.
Stimatisi.mo Sig.re Conte
Pesaro 1 del ‘57
Dev.ma Oss.ma Serva,
Vittoria Mosca in Toschi
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[…] la prossima stagione ci ha tolto il
vantaggio di poterla ossequiare, adempio al dovere che m’incombe di mostrarle la mia riconoscenza
per esser stata così graziosamente compiaciuta nei
miei desiderj; non è questa la prima prova che abbiamo di sua cortesia, e la mia penna è incapace
di esternarle in tutta l’estensione la nostra gratitudine, solo dirò che oltremodo lusinghiero ci riesce
il vederci considerate da una persona fornita di tanti
pregi, conoscendo che in noi nulla trovasi di buono
e solo alla sua gentilezza la nostra amicizia può
riuscire gradita. Mille cose in nostro nome all’
amabile contessa sua Figlia unite a tanti saluti
che meco Vittoria a Lei pure presenta. Mentre
rinnovandole le […] di stima, ho il piacere di
segnarmi.
Dicasa 12 Dbre 1835.
Oss.ma Aff.ma Cugina
Bianca Mosca
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Mosca V.,
Lettera a Francesco Cassi,
in Ms. 1900,
Carteggio di Francesco Cassi, fascicolo III, (Lett. M.)
Lettera n. 34 bis (senza anno).
Gentilissimo Sig.re Conte
Avrei voluto, ben più
volentieri, mostrarle a voce
i miei Sentimenti, Se
ella in questa Casa ci avesse
regalate di sua presenza,
ma essendone noi state
prive credo bene di non
dovere maggiormente protrarre
la mia risposta. Io non
potrei che apprezzare il partito propostomi, giacché venuto
dalle sue mani non può
esser che ottimo, ma non per
questo mi è dato di compiacerla poiché avendo io qualche preventivo impegno non potrei che
farmi gran torto sbilanciandomi
di una sola parola; e poi, Gentilissimo Sig.re Conte, se le è
stata affidata la cura di ben
collocare quel giovane perché dirigersi a
noi? Creda pure che tutt’altro
che felice si potrà chiamare il
compagno della mia vita; di più
non mi adopero a persuaderla sù
tal proposito, giacché basta il
conoscermi per restarne convinti.
Sono […] che questa
mia risposta non sarà per
offenderla, poiché anche se
[…] più vantaggioso fosse
stato il partito, non avrei
potuto usare altri termini.
La ristrettezza del foglio non
non mi lascia che il luogo di potermi
ripetere piena d’obbligazioni.
Di casa 26 Febraro
80
Aff.ma Oss Parente
Vittoria Mosca
81
Mosca V.,
Quattro sonetti di Vittoria Mosca,
in Ms. 1916, fascicolo I, lettera f,
Autografi e copie di poesie di vari autori, delle quali alcune
in onore e lode di Giulio Perticari,
n. 16.
Dopo la partenza della Silvia Salvatori dal Bruscolo
Dolce aer campestre a respirar tornai,
E a riveder què Colli a me diletti;
Què prati […], che in […] aspetti.
Rideano al lume dè tuoi lieti […].
Sulla tomba di Giulio Perticari
Vittoria Mosca
Te saluto, d’[…] o spento cuore,
Figlio, e Fratel di dolce amore eletto
A’ due gran Vati, a cui […] in petto
gli eccelsi […] tuoi col tuo gran Core.
Io te saluto, e in quest’urna un fiore
Spargo adorando con amico affetto;
Lacrimo al pianto d’ogni tuo diletto
Che quì sospira in mesto suon d’amore.
Er tu dal letto […] altera
Ergi la fronte, o E[?], e […], e godi,
dè tuoi Nipoti l’onoranda schiera:
[…] che l’orme tue calcan da[?];
Che nuovi […] il patrio suol ne spera;
E il nome […] nuovo lustro, e Lodi.
Ma a quale pro? […] ahimé! trovai
Tutti […] i […] oggetti;
[…] più non [?]gon gli angelletti
del Dio del giorno a salutare i […].
Non han più ambrosia i fiori, le piante frutti;
Più il verde l’erba; lar più le messi l’oro;
Né più l’argento havve l’[?] i flutti.
Tacite, e meste volan l’aure intorno;
E tutti piangon Te, mio bel Tesoro,
Sospirando con meco il tuo ritorno.
82
83
Mosca B.,
Mio Ottimissimo Perticari
Diciannove lettere a Giulio Perticari,
in Ms. 1927, appendice ai Mss. XII-XV (1922-1925),
Carteggio di Giulio Perticari,
fascicolo II, (ME – Z), n. 124.
Mio Ottimissimo Amico
Milano 29. Aprile 1812
Credo, che dai frequenti errori di Posta io sia privato di vostre
notizie, e di quelle riguardano le cose di mia famiglia, mentre per
Don Giovanni mi si dice sempre, che tutto io saprò da voi, ed io dall’ultima lettera, in cui mi dicevate le malinconie di Costanzo, e
mi […] quel Biglietto di Costanzo, io più non viddi vostri
caratteri. Sono dunque di tutto allo scuro, non senza dispiacere,
standomi assai a cuore il potere acquistar quiete. Se voi rispondevate alle mie lettere, e forse per dir meglio, se la Posta non me
la […], vi avrei proveduto i segni a buonissimo mercato. Il
giorno 20. dello spirante fù un’asta di Carrozze, e i Compratori hanno avuto grande vantaggio. I Vostri Cavalli sono già addomatissimi, e dove ne vogliate la spedizione sono pronti pel servizio anche di Signore. Per bene dei Cavalli amerei, che presto
li tiraste a Pesaro, perché sarebbe giovevole l’aderbarli, Ma
non è convenevole l’eseguirlo qui dovendo poscia sostenere
un viaggio. Da tutto ciò non dovete altro conoscere, che il mio
desiderio non è, che di esservi utile: così il Cielo mi fosse propizio nel darmi occasione di mostrarvelo in cose grandi. Ma il
mio piccolo sarà sempre insuperabile ostacolo, e però graditene la brama, che non può essere, che sincerissima, partendo
dal cuore il più a voi grato, ed amoroso, qual è quello
Dal vostrissimo Mosca
84
Milano 2 Maggio 1812.
Pel tuo foglio dei 26. caduto sento la partenza di tuo novello
Auriga, e quì l’attendo, perché conosca suo ufficio coi Poledri
che diggià sono perfettamente ammaestrati ad ogni lavoro. Il
tuo viaggio per Fulignano mi fa’ sperare vicino il momento
in che ti hai a congiungere a sposo ingegnoso, ed amabile,
del che mia letizia ti fo’ manifesta. Quanto gli amici, e le cose, che riguardano loro mi fanno contento, altretanto mi fanno
disperare que’ […] Baldassini, che farebbero perdere la pazienza a Santi. Io fino alli ultimi di Giugno non posso recarmi in Pesaro. Niuna difficoltà avrei di parlare quì al Prete
Battista; Converebbe, però che Costanzo mi facesse tenere Procura, e rinuncia di sue melancoliche pretenzioni, senza questo
si edificherebbe senza fondamenti. Salutami Monti, me credi sempre grato, ed eternamente il più amoroso
de tuoi Amici Mosca
85
Mio Caro Amico
Milano 20. Maggio 1812
Sono anch’io sposo novello, ed ho inconseguenza ben viva
la memoria dei fastigj, che accompagnano la beatitudine
delle Nozze, e quindi ti compatisco se in tal situazione non
puoi spedire ordinatamente, e con prestezza le tue bisogna.
Non hai però meco da tenere un linguaggio di scusa, giacché punto
non si conviene a te, di cui sono io equanto ho al mondo. Ebbi
i […] Luigi per un Negoziante di quì. Giunse, come in altra mia ti
ho detto, il tuo Cocchiere, che ha conosciuti i pochi suoi obblighi
con i Cavalli, e fra due giorni si partirà per andare a Pesaro. Anche
senza tuo avviso gli avrei dato i denari necessari per l’alimento de’
Cavalli in viaggio. Ti rinovo i sinceri miei augurj di felicità nel
matrimonio a che sei prossimo, e ti fò i saluti di mia Consorte. Tu
salutami tanto Monti, e tantissimo Ronconi, che prima di me vedrai,
amami quanto io t’amo, e sarò beato per tua amicizia.
Mio Caro Giulio
Milano 25. Maggio 1812.
Improvisamente questa mattina mi sono veduto giungere Prete Mei, che con sua flemma mi ha detto esser giunto pure
Prete Battista. Questa sera m’hanno intimato congresso. Io
di buon grado l’ho accettato, solo gli ho fatto riflettere, che
niente potrà combinarsi con fondamento, per mancanza d’una delle parti. […] davvero, che questa volta ho
da fare con dei Birbanti, co’ quali non so’ se la mia scaltrezza potrà resistere nel confronto. Basta, punto non mi perdo.
I tuoi Cavalli partironno, jeri l’altro, e al Cocchiere diedi
denaro anche più del bisogno, prevedendo il caso di qualche
straordinario accidente. Spero presto sentirti sposo, e in Giugno
di riabbracciarti carissimamente. In fretta Addio Addio.
Il […] Mosca
Il tuo […] Mosca
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Toschi V.M.,
Lettera a Gordiano Perticari,
in Ms. 1927, appendice al fasc. II del Ms. XVII,
Carteggio di Gordiano Perticari, n. 195.
Pregiatissimo Conte ed Amico
Pesaro lì 18 Maggio 1856.
Con inesprimibile soddisfazione del Padre mio, il quale avrebbe solo voluto che le circostanze permesso avessero
in questo momento sì a Lei che alla Contessa […]
di trovarsi allato di Vittoria, è stato pari firmata la
scritta antenuziale stando a testimonj l’Esimio Giudice
[…] e il Dottore Salvatori.
Quest’oggi (ritiratomi fino la pari zona del Bruscolo,
anche rispettare le Ecclesiastiche Discipline, suscettibilità) ho rassegnato nelle mani di Mr Vicario il giura-
mi […] indelebilmente a Lei e sua Rispettabile Famiglia. Mi ricordi con affetto ai di Lei Figli,
mi prego estendere la presente partecipazione, e
mi scusi se non entro in maggiori particolarità,
giacché quel certo non sò ché che segna la vigilia
d’incanto tanto da me desiderato, mi concentra
tutto nella contemplazione della mia Felicità.
Avremo tosto la di Lei Consorte al Bruscolo ove
vorremmo vedere in […] Ella co’ Figli.
Interprete dei sentimenti di Vittoria e del Dottore ne le avanzo le più cordiali espressioni nel
tempo che le prego di ritenermi
Pregiatissimo Conte ed Amico
Affmo Mse
Vincenzo Maria Toschi
mento suppletorio di stato libero; ed affretto con tutta impazienza l’alba di domani che aprirà il sospirato giorno del mio Matrimonio con Vittoria.
Ieri fu impostata la Partecipazione per la Sorella di
Vittoria, e quella pel Cugino Baldassini lo sarà domani.
L’ottima Contessa, sua sposa, alla quale mi sono offerto di scrivere la presente, è colma di giubbilo, e
gode perfettissima salute, delche mi fù dato il soddisfacente incarico di notificare a S.V.
Nelle relazioni che si vanno così a stringere fra
noi io mi confido che non sarà per mancarmi il
sollecitabile di Lei appoggio essendo io uomo affatto
del Padre nel quale prendo a dimorare. Faccia poi
Ella calcolo di quella stima e grata affezzione che
88
89
3
LETTERE
ALLA MARCHESA
VITTORIA MOSCA:
CARTEGGIO
INEDITO
[fasc. 36, lett. 1]
90
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Dagli archivi della Biblioteca Oliveriana di Pesaro è emerso un interessante carteggio
ancora non inventariato - all’origine della scoperta - relativo alla marchesa Vittoria Mosca Toschi.
Si tratta di un carteggio inedito suddiviso in 55 fascicoli e contenente 112 lettere tutte
indirizzate alla nobildonna. A parte tre lettere non datate ed una di non leggibile numerazione (fasc. 30) ma deducibile dagli eventi descritti, le altre missive sono collocabili fra
il 1840 ed il 1855, e fanno tutte riferimento al lungo periodo di malattia di Vittoria. A
scrivere sono amici, parenti, religiosi ed una schiera non esigua di coloro che amano firmarsi “servitori” della marchesa, ossia persone con le quali la donna ha intessuto relazioni
di lavoro di varia natura.
Nelle lettere viene utilizzato costantemente un tono di affetto nei confronti di Vittoria. Il linguaggio nel XIX secolo tendeva ad enfatizzare le parole, ma questo non esclude il sentimento
di stima e di profonda amicizia che circondava la donna. In alcune lettere Vittoria viene chiamata con grande tenerezza “Marchesina” o anche “Vittorina”.
Le lettere trascritte sono poche ma di immediata e diretta lettura. Nel carteggio compaiono
alcune missive di basso livello grammaticale, ed altre dal povero contenuto (semplici scambi
di auguri per le festività, ringraziamenti per donazioni fatte dalla donna, ed altro ancora).
Per questi motivi si è resa necessaria una selezione al fine di rintracciare i contenuti che
meglio potessero arricchire il profilo umano e professionale di questa donna, ribadendo
le numerose relazioni che la stessa si è creata negli anni.
Per rendere fruibile la consultazione, le missive sono state suddivise in due sezioni: vita
pubblica e vita privata.
Nella sezione Vita pubblica compaiono undici lettere. Alcune di queste fanno emergere
il lato di collezionista più intimo di Vittoria. La donna amava commissionare a parenti
e ad amici oggetti vari provenienti da diverse città (in questo caso d’Italia, ma sappiamo
che amava anche spingersi ben oltre i confini italiani!). È quello che ad esempio si legge
in una delle missive inviatele da Giovanni Gennari:
“Oggi stesso ho consegnato al Sig.r Annibale
Perfetti la Scattola contenente il Finimen=
to di Camei, cioè Smaniglio, Spilla, e Buc=
cole legato riccamente alla pompejana in
argento dorato, come Vtra Eccza desidera=
va, per cui mi lusingo che incontrerà la
piena sua soddisfazione...” [fasc. 27, lett. 2 ]
92
Il concetto viene ribadito in un’altra lettera che l’umanista Giulio Perticari le spedisce nel
gennaio del 1853:
“Essendosi attesa invano fino ad oggi una favorevole occasione onde spedirle la […] 8 di Cigno che ci aveva commesse, ci siamo appigliati al partito di farglielo tenere col mezzo della
Diligenza di Giovedì. Non sappiamo se il cigno, che Ella riceverà, sia di suo pieno soddisfacimento; ma possiamo assicurarla esser questa la migliore qualità ritrovata in Bologna...”
[fasc. 39, lett. 1]
La personalità manageriale di Vittoria si coglie nelle parole della cugina F. Mosca Sapatelli. Era lei (Vittoria) a gestire, dopo la morte della madre, le questioni economiche
relative ai vari possedimenti di proprietà della famiglia, tra cui la tanto frequentata Villa
Caprile:
“...In quanto poi al riscontro che attendete da me circa Caprile, vi dirò, che io desidero di
rimettermi a trattarne a voce con voi nella prossima Primavera, sembrandomi fra Parenti,
ed amici il miglior modo codesto di parlare de’ proprj affari. Frattanto, voglio credere, che le
cose rimarranno nel piede che erano, tanto nella Villa che nelle annesse Possessioni comuni…”
[fasc. 48, lett. 1 ]
La passione per la scrittura viene ripetuta in diverse lettere, ad esempio nella missiva che
Carlo Gavardini le spedisce nel giugno del 1852:
“...E quel suo primo Sonetto, che le piacque trascrivermi, e che esprime tutta la forza del suo
animo compreso da nobile sdegno dell’ingiusto discernimento umano è ben ragione ch’Ella
serbi sempre vivo nella memoria…” [fasc. 26, lett. 2]
La donna si affidava ad amici e a persone care per la correzione dei suoi scritti, creandosi
relazioni anche personali, oltre che professionali.
Il professore Don Vincenzo Mignani così si rivolgeva alla marchesa:
“...Ella scorgerà diverso il carattere delle mutazioni, o piuttosto varianti, che mi piace dire. Mio
pensiero sarebbe stato il trascrivere in altri fogli tutte le correzioni, ma siccome Ella dalla sua gentilezza mi addimostra il desiderio che presto le ritorni tutte le carte consegnatemi, così per ristrettezza di tempo mi vien negato di ciò compiere, siccome era dover mio...“ [fasc. 36, lett. 1]
93
Dalle lettere esaminate emerge uno spaccato sociale della Pesaro di quegli anni. Attraverso un linguaggio fresco, diretto, si viene a conoscenza delle rivalità esistenti fra esponenti di nobili famiglie. È quello che descrive il Mignani in un altro passo della sopra
-citata missiva:
“...La Signora Marchesa Lucrezia è ben persuasa da me dei pessimi soggetti che turbano la
quiete di Pesaro, per lo che essa mi soggiunse = conosco adesso meglio, che Pesaro è al tutto
cambiata, e che ivi ad arte spargonsi calunnie con male voci contro chi merita ogni stima ed
affetto…
...Il Marchese Marsigli infelice pare dovesse presto togliersi da Pesaro, poiché ne sono assicurato dal Prof. Comelli.__ Il Canonico Ortolani (che malignamente mi ha carpito la Cattedra
infingendosi mio amico) non solo non mi ha mai risposto a mie replicate Lettere, ma neppure
mi ha spediti N. 12 che egli mi promise e garantì riscuotere da certo Signor Numa Ricchi Collegiale per Libri da me fatti spedire da Bologna per espressa ordinazione. Si può egli supporre
maggior perfidia?...”
[fasc. 36, lett. 1 ]
La sezione Vita privata contiene cinque lettere: prime fra tutte, le epistole della madre e
della sorella maggiore Bianca.
La marchesa Barbara Anguissòla Comneno fa riferimento ad un grave lutto che si può
riferire - se non con certezza assoluta ma comunque con una certa tranquillità - alla prematura morte della figlia minore Carolina:
Appendice
documentaria
Si tratta di una trascrizione variegata, capace di soddisfare in primis il gusto della lettura e di contribuire al tempo stesso a rendere meno “fumoso” il ritratto della marchesa:
una donna nobile di animo e di condizione sociale, che ha lasciato alla collettività le sue
ricche collezioni di famiglia con l’esplicita richiesta di realizzare un Museo d’Arte Industriale a sostegno “della gioventù studiosa e della classe operaia”.
VITTORIA
MOSCA:
VITA
PUBBLICA
“Mi sono sempre cari gli […] caratteri, e nella dolorosa circostanza in cui mi trovo immersa,
piango volentieri con voi la fatalissima perdita da noi fatta. Dite bene, che un Angelo era la
stessa, e quindi serva di esempio a tutti la sua virtuosa bontà onde imitarla...” [fasc. 30]
La sorella Bianca, invece, ringrazia Vittoria degli auguri a lei rivolti e soprattutto dei
soldi ricevuti in dono. Ad emergere è il profilo di una donna generosa (Vittoria), sempre
pronta ad anteporre il cuore alle asperità della vita:
“…al dovere che io aveva di ringraziarvi primieramente del dono dei Salati che anche in
quest’ anno avete cortesemente avuto pensiero d’inviarmi, e quindi degli augurj di Felicità
che mi offrite e che ben di cuore vi ritorno…” [fasc. 38, lett. 3]
94
95
Appendice
documentaria
Tre lettere di Della Ripa Laudadio,
VITTORIA
MOSCA:
VITA
PUBBLICA
Veneratis.ma Sig. Marchesa
fascicolo 18, Ms. 2268.
Lettera n. 1
Colgo ben volentieri l’opportunità che gentilmente
mi presenta la di lei ossequiatis.ma dell’11 stante per imprestar=
le £ 1500 met. restituibili ad un anno sotto sunto del 6 p %.
Per più prontamente renderla servita commetto oggi a codesti Sig.
G e P Flli Scacciani di sborsarle £ 1500 metallici, verso il ritiro
di due recapiti di £ 1500 met. ad un anno per la sorte
£
90 “ a mesi sei pei frutti.
Ed offrendole la sincera mia servitù, e congratulandomi di saper=
la in perfetta sanità, ho l’onore di rassegnarmi con verace stima
e considerazione.
Di Lei Ven.ma Sig. Marchesa
Firenze 14. Nov. 1853
Illma Sig Marchesa
Vittoria Mosca
Pesaro
96
Illustris.mo Devmo […] Servo
L. Della Ripa
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Due lettere di Gavardini Carlo,
Lettera n. 2
fascicolo 26, Ms. 2268.
Veneratissima sig. Marchesa
Sensibile, e sommamente grato delle espressioni gentili
di che essa mi onora per l’ossequiato suo foglio datato il 20 co:te
in riguardo al tenue impresto di £ 1500. Metallici, la prego di non
darsi alcun pensiero di soddisfarlo in precisa scadenza, […]
ambirò sempre di renderla servita della proroga che meglio le conver=
rà, senza bisogno di ricorrere al temperamento di anticipati paga=
menti, cui forse complicherebbero, anzi che no, un negozio di si poca
importanza. Mi comandi quindi liberamente, e me le rasse=
gno con verace ossequio
Di Lei Ven.ma Sig.ra
Firenze 23. Novembre 1853
Illustris.o Devmo […] Servo L. Della Ripa
Lettera n. 2
Pregiat.ma Sig.ra Marchesa
Mi fu confermata la persuasione
che i suoi studi siano per fruttificare
sempre maggiormente, tanché appresi
dalle tue stesse parole con quanta
ragione, e di quale affetto debbano esse=
re da Lei prediletti, perché oltre gli
ottimi risultamenti che ne ottenne, il
conforto che seppero apportarle in tem=
po di acerbe sofferenze, che troppo
grave è il rammemorare, debba averla
ad essi unita come per vincolo di grati=
tudine. La legge immancabile di compen=
sazione per solo venga meno quando ci
abbandoniamo, quasi dirai vilmente, sotto
il peso della sciagura per modo da non
bastarci la lena a ricevere i […] che
da essa ci vengono, ma ove lo spirito man=
tenga tutto il suo vigore e nobilmente si
alzi al al di sopra delle condizioni innevitabi=
li della materia può per intiero usu=
fruire del beneficio che gli porge la
provvida mano che ci difende nelle va=
rie fortune della vita; ed è allora solo che
fa fa di se le migliori prove, siccome
vedemmo verificarsi in Lei. E quel suo pri=
mo Sonetto, che le piacque trascrivermi, e
che esprime tutta la forza del suo ani=
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99
mo compreso da nobile sdegno dell’ingiusto
discernimento umano è ben ragione ch’
Ella serbi sempre vivo nella memoria, e
ne ripeta sovente i versi, non per ricor=
danza di dolore, ma come canto di trion=
fo sulle calamità che troppo lungamen=
te l’afflissero, e intanto quella poesia
cui Ella dà vita in giorni angosciosi,
farà crescere cospicua per mezzo ad ogni
maniera di beni.
Con particolare stima ed ossequio
sono invariabilmente
Di Lei
Roma 30 Giugno 1852
Dev:mo Obbligat:mo Servo
Carlo Gavardini
Tre lettere di Gennari Giovanni,
fascicolo 27, Ms. 2268.
Lettera n. 2
Eccellenza
Oggi stesso ho consegnato al Sig.r Annibale
Perfetti la Scattola contenente il Finimen=
to di Camei, cioè Smaniglio, Spilla, e Buc=
cole legato riccamente alla pompejana in
argento dorato, come Vtra Eccza desidera=
va, per cui mi lusingo che incontrerà la
piena sua soddisfazione. Il costo del suddet=
to lavoro troverà segnato nella nota del=
le altre spese che ho accluso nella Scatto=
la medesima per sola sua norma, poiché,
siccome già scrissi coll’ultima mia in da=
ta 6. Marzo corrente, prego l’Eccza Vtra
di ritenere questo danaro che mi farà più
comodo averlo al mio ritorno in Pesaro ove
devo pagarlo ad altri.
Amerei il conoscere lo Stato di salute di Vtra
Eccza che spero avrà migliorato assai.
La prego presentare miei ossequj al Sig:r
Dottore, Sig.a Clelia, Sig.a Odda, e farà grazia
ricordarmi a tutti i suoi Famigliari.
Desidero sempre di essere onorato in nuovi
suoi pregiatissimi comandi. Mentre le ba=
cio rispettosamente la mano ho l’onore di
protestarmi
[…] Vtra Eccza
Roma 27. Marzo 1852.
Illmo Devmo Servitore
Giovanni Gennari
100
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Tre lettere di Mignani Don Vincenzo,
Lettera n. 3
fascicolo 36, Ms. 2268.
Eccellenza
Ho inteso dall’ossequiata sua che il Sig.r Vincenzo
Bontà le ha passati i cento scudi, che io pa=
gai con quelli di Vostra Eccza. Ho ritenuto
in pari tempo sugli altri s. 200. di sua rag=
gione, scudi 20. per le note spese, e scudi 20.
gli ho consegnati al Sig.r Fedele Salvatori
come Eccza Vtra mi dava ordine. E quì
le accludo la valuta di s. 140 in quattro
Boni tre da s. 50. l’uno, e uno da s. 10., così
a pareggiata la totale somma di s. 300.
Mi perdonerà se non prima di oggi ho potuto
spedire questo danaro, la tardanza e stata che
tenevo i Boni della Banca Romana, sento
che questi fuori di Roma li riusano, per cui
ho pensato cambiarli con quelli del Tesoro.
La prego di accusarmi ricevuta per mia quiete.
Farà grazia di fare i miei ossequj al Sig.r Dot=
tore, e Sig.ra Odda, non che i saluti ai suoi Fa=
migliari. Anche il sud.o Sig.r Fedele m’impo=
ne di fare tanti doveri a Vtra Eccza,
e al suo Sig.r Padre. E quì le bacio rispetto=
samente la mano ho l’onore di rassegnarmi
Roma 9. Marzo 1854
Illmo […] Devmo Servitore
Giovanni Gennari
102
Lettera n. 1
Illma S.ra Marchesa
Ella maraviglierà non avendo più ricevuta di me noti=
zia per lettera. Ma spero mi vorrà perdonare quando Ella
saprà che io sono stato molto tempo presso un mio Amico,
il quale a forza mi volle per compagno nella Sua
[…] vicino a Modena. Il Sonetto a rime date,
che io umilmente le offerò è un attestato sicuro di
quanto scrivo. Oh come bene ho io passato più d’un
Mese in seno di quel mio affezionatissimo nella più
amena campagna! Soltanto l’altro jeri mi ricondussi
stabilmente in Bologna. In tutto il tempo da me
trascorso nelle varie villeggiature non ho mai tra=
lasciato di riguardare e correggere le moltissime sue
composizioni poetiche. Spero finalmente così d’aver
soddisfatto al di Lei volere e desiderio. Una cosa mi
ha giovato a poterle esaminare tutte. Un giovane
mio Nipote di eccellente vista mi andava rileggendo
le sue poesie, ed io a quando a quando indicavagli
i cambiamenti che credeva. Perciò Ella scorgerà diverso
il carattere delle mutazioni, o piuttosto varianti,
che mi piace dire. Mio pensiero sarebbe stato il tra=
scrivere in altri fogli tutte le correzioni, ma siccome
Ella dalla sua gentilezza mi addimostra il desiderio
che presto le ritorni tutte le carte consegnatemi, così
per ristrettezza di tempo mi vien negato di ciò compiere,
siccome era dover mio. Mi abbia ad ogni modo per iscusato
se non l’avessi servita come meglio si conveniva. Io ho
103
creduto fare qualche variante eziandio ai Sonetti Stam=
pati, poiché in caso di nuova edizione si potrebbe prendere
sott’occhio l’annotazione fatta sullo scritto. Ella non
mi risparmi in qualsiasi cosa quando in me conosca capacità
bastevole a renderle servizio, poiché le prometto di farlo
con tutto il cuore. La Signora Marchesa Lucrezia è ben per=
suasa da me dei pessimi soggetti che turbano la quiete di
Pesaro, per lo che essa mi soggiunse = conosco adesso meglio, che
Pesaro è al tutto cambiata, e che ivi ad arte spargonsi calun=
nie con male voci contro chi merita ogni stima ed affetto.
Questo discorso mi pare troppo chiaro per non aver bisogno di
commenti miei. Tutta la famiglia Boschi, ed in modo specia=
le la S.ra Marchesa Lucrezia, ed il Canonico mi impongono
ossequiarla affettuosamente. Il nostro buon Arcivescovo jeri
mi disse di ringraziarla de’ cortesi saluti, e di contrac=
cambiarli con augurj di stabile sanità. Il Marchese Mar=
sigli infelice pare dovesse presto togliersi da Pesaro, poi=
ché ne sono assicurato dal Prof. Comelli.__ Il Canonico
Ortolani (che malignamente mi ha carpito la Cattedra
infingendosi mio amico) non solo non mi ha mai risposto
a mie replicate Lettere, ma neppure mi ha spediti N. 12
che egli mi promise e garantì riscuotere da certo Signor
Numa Ricchi Collegiale per Libri da me fatti spedire
da Bologna per espressa ordinazione. Si può egli supporre
maggior perfidia? i popoli tartari sono certamente
più leali. Oh che nuovo mostro d’iniquità trascendente
i figli di Elli!_ Io desidererei mi salutasse caramente
il buon Dottor Salvatori, il premuroso Prof. Salvani, il
S.r 6e= Schiavini, ed il Padre Ciottoni. Al C e= Schiavini avrei
piacere si rinovasse la memoria d’avermi cioè più volte
promessa una copia della Farsaglia del C e= Cassi. Io spero
che presto mi favorisca di ciò l’ingenuo Sig.r C e= Schiavini.
Monsignor Vescovo, e Temperini godono buona salute, e
sono tuttora in Pesaro? Io sentii da un frate servita
che il Vescovo dovea rinunciare. E’ poi vero [?] D. Corelli
104
mi dice salutar Lei ed il Sig.r Dottor Salvatori.
Il Can. Mazzoli (tanto prediletto dal Prof. Salvani) non
si è mai degnato di rispondermi. Anche costui lo pongo
nella Categoria dei finti, e bugiardi. Al P e= Basilio voglia
ricordare i miei amichevoli saluti.
Auguro a Lei mille felicità durevoli nel proseguimen=
to di quest’anno, che per ogni parte migliore ne
conceda Iddio. Non dimentichi Ella giammai chi
rispettosamente ha l’onore protestarsi a tutte
prove.
Bologna lì 12. Gennajo 1853.
P.S. I Conti Sabina le inviano
mille saluti ed ossequj.
Illmo, Devmo, Ossmo Servitore
D. Vincenzo Prof. Mignani
105
Due lettere di Perticari Giulio,
fascicolo 39, Ms. 2268.
Lettera n. 1
Stimatissima Signora Marchesa
Essendosi attesa invano fino ad oggi una favorevole occasione onde spedirle la
[…] 8 di Cigno che ci aveva commesse, ci siamo appigliati al partito di farglielo tenere
col mezzo della Diligenza di Giovedì. Non sappiamo se il cigno, che Ella riceverà, sia di suo
pieno soddisfacimento; ma possiamo assicurarla esser questa la migliore qualità ritrovata
in Bologna.
Pochi giorni dopo il mio arrivo quest quì potei vedere il nostro Don Mignani al quale m’affrettai
ritornare quei libri che’ la sua gentilezza volle a me consegnati. A lungo si parlò di Lei,
del Signor Dottore e delle altre sue conoscenze. Non è egli a dire con quanto piacere
rammenti
le ore che tanto lietamente passava in compagnia di Lei, amabilissima Signora Marchesa,
e quanto a mal in cuore egli soffra l’esserne privo ad un tratto. Tale dispiacenza però
gli viene alquanto mitigata dal dolce riflesso di non trovarsi più a contatto di una
maledettissima razza che è vera peste della società. Il Mignani è tutto favorevole
al nostro Mocchi. Scorse non molto dacchè il Professore giunse in Bologna, egli si affrettò
recarsi da lui e intrattenersi seco per non poche ore. In questo mese e mezzo in cui mi
ritrovo in Bologna, le sue visite sono state frequenti e di quanta durata sieno state
Ella se lo potrà bene immaginare. Si vede che la letterina del Signor Dottore ha
ottenuto il suo fine. Egli si è ricreduto, ed è ritornato col Professore più amicone di prima.
Per ben tre volte ho chiesti al Mignani gli scritti a lei noti, ma non ho potuto aver nulla.
La prima volta mi disse non averli ancor letti: che ritornassi dopo un dodici o quattordici giorni,
che me li consegnerebbe unitamente ad un libro che appartiene a Lei e che aspettava colle
sue cose da Pesaro. Scorsi quattordici giorni m’affrettai recarmi di bel nuovo da Lui
ma inutilmente. Eravamo nel medesimo caso di prima, non gli aveva ancora esaminati.
Per le Feste di Natale fui dal Mignani per far seco lui una parte di mio dovere;
e di discorso in discorso cercai in bel modo di ritornare sul proposito degli scritti e col
pretesto ab d’osservarsi offerta una favorevole e pronta occasione di spedire alla Signora
106
Marchesa alcuni oggetti che mi aveva ordinati, lo pregai mi consegnasse anche l’involtino
delle sue carte. Egli mi rispose come non era al caso di favorirmi neanche allora, stante
le molte brighe avute per lo passato ma si darebbe ogni cura ed ogni pensiero per farmelo tenere
al più presto. Fino al giorno d’oggi non ho veduto nulla, ma non mancherò di parlargliene
di tanto in tanto, come fosse cosa tutta mia propria e crederei di poterlo aver presto
presso di me.
Ella ed il Signor Dottore avranno accolti all’usato loro in gentilezza i sincerissimi augurj
di ogni desiderabile Felicità, che pregavano i nostri Genitori presentassero Loro nelle
ricorrenze
delle Feste del S. Natale e dell’entrata dell’anno novello.
Mille cose affettuosissime per noi al Signor Dottore. Al medesimo e a Lei presentano i
Bocchi
complimenti ed augurj; nell’atto che rinnovandole i sentimenti di stima e devozione
ci offriamo
di Lei Gentilissima Signora Marchesa
Illmi e […] Servi
Bologna 9 Gennajo 1853
Andrea e Giulio Perticari
107
Sette lettere di Sapatelli Mosca F.,
Lettera n. 2
fascicolo 48, Ms. 2268.
Stimatissima Signora Marchesa
Appena ci giunse la gentilissima sua del 9, non avendo ancora ricevuti gli scritti,
mi son recato in persona, dal Professore Mignani onde consegnargli la lettera. Non erano,
al solito, impronte le carte. Nella persuasione però che io avessi favorevole modo di
Fargliele giungere speditamente, diede ferma certezza mi sarebbero consegnate
entro la settimana. Nel giorno 14 pertanto me le ha fatte recapitare.
Prego ora la sua gentilezza a volermi rendere noto se le debba tenere presso di me,
o se al presente Ella abbia quà un mezzo spedito e sicuro.
Il Signor Avvocato Sarioli, al quale abbiamo rese grazie per lei de’ suoi scritti che
Ella ha ricevuti, è tenutissimo della sua tanta bontà e cortesia e ci ha
pregati a volerle presentare ben mille ossequj per Lui.
Il Professore Mocchi ha fatta istanza alla Congregazione dei Vescovi Regolari
onde essere facoltizzato di estrarre libri dalle pubbliche Biblioteche. La Sacra
Congregazione ha chieste informazioni sul conto suo al Cardinale Oppizzoni.
Il Professore pertanto prega caldamente il Signor Dottore Salvatori a’ voler
fare per lui buoni ufficj presso l’Eminentissimo della […] Presidente
di detta Congregazione.
L’ammontare delle Braccia 8 di Cigno a […] 30 il braccio, è di £ 2,40
e non di £ 3,15 come ci scriveva Ella nell’ultima sua.
In Bologna si trovano quei smanigli di tartaruga che non potemmo avere in
Fiera di Sinigallia. Il ristretto prezzo è di £ 3 l’uno. Si seguita pure la
Fabbricazione di que’ mobili rustici che Ella vide nel Luglio passato. E degli uni
e degli altri se […] l’acquisto, non ha che ad averci de’ suoi comandi.
Il Signor Coniuge Mocchi, il Signor Professore Mignani, il Fratello le rinnovano
la loro servità e si uniscono meco a pregarla di fare al Signor Dottor Salvatori
i più distinti saluti. Mentro Io intanto coi sentimenti di profondo ossequio e’ di altissima
stima passo al grande onore di dichiararmi
Di Lei Gentilissima Signora Marchesa
Bologna 11 Gennajo 1853
Umilissimo Devmo […] Servitore
Giulio Perticari
108
Lettera n. 1
Cugina Amabilissima
L’ultima vostra Carma mi riesci al pari d’ogni altra graditis=
sima, e mi gode l’animo nel sentire come già voi abbiate avu=
to ricorso alla Ven.a Chiara Siabella, ed apprezzando anche il no=
stro suggerimento, ne abbiate ordinato il […] al di Lei San=
to Sepolcro. Non può a meno che Iddio Benedetto non esaudi=
sca, pel vostro meglio, le comuni nostre preghiere, e vivo ansio=
sissima di aver migliorate notizie. La presente circostanza del
S.to Natale mi offre largo campo di ripetervi quegli augurj
e que’ voti, che giornalmente porgo al dator di ogni bene
per la vtra felicità, temperata ed eterna. Sì, mia Cara
Vittorina, i miei sentimenti sono sinceri, ed […] a
voi spero come tali li vorrete gradire. Da Bartolucci riceve=
rete, in un colla Sorella vstra, quella piccola dimostrazione d’af=
fetto e di memoria, che in unione a mio Marito siam
usi mandarvi, e riuserete la tenuità del dono, contando
sulla sincerità del nostro cuore. Il detto mio Marito vi pre=
senta altresì i suoi augurj, ed i suoi Complimenti.
In quanto poi al riscontro che attendete da me circa Ca=
prile, vi dirò, che io desidero di rimettermi a trattarne a
voce con voi nella prossima Primavera, sembrandomi fra
Parenti, ed amici il miglior modo codesto di parlare de’ pro=
prj affari. Frattanto, voglio credere, che le cose rimarranno
nel piede che erano, tanto nella Villa che nelle annesse
Possessioni comuni, e che proseguirà anche fra noi, quel
buon accordo che vi è sempre stato, fra me e la sorella vostra, non
potendo imporre che voi tanto buona, siate per fare altrimenti
giacché quando le cose sono comuni, bisogna anche che le par=
109
ti agiscano, in tutto, e per tutto di comune consentimento.
Intanto mia Cara, gradite gli affettuosi saluti della mia
Mama’, e di tutti i miei Parenti, non che mille baci affet=
tuosissimi dalla ntra Vittorietta; e nel comune desiderio di sen=
tire sempre migliori notizie della vostra salute, confermando=
vi le nostre ottime, sono con viva e sincera affezione
Bologna 19 Dicembre 1840.
P.S. Vi prego de’ miei distinti Complimenti ed augurj al
Degmo Sig.r Saltorj
La Vtra affma Cugina
F. Mosca Sapatelli
Due lettere di Tanari Antaldi Anna,
fascicolo 51, Ms. 2268.
Lettera n. 1
Pregiatissima Sig:ra Marchesa
È troppo nota la terribile situazione finan=
ziaria della mia famiglia perché io debba attediarla
con un dettagliato racconto della medesima. Le dirò solo
che nella speranza in cui sono di poterne impedire il
totale disesto mi è duopo ricorrere alla di Lei bontà ove
ottenere un favore senza il quale non potrei mai [?]=
re allo scopo desiderato.
Fra le passività ch’Ella si è assunta nella
compra della tenuta il Bruscolo avvi un Censo di […]
a favore del Sig:r Ciro Belli di Roma il quale però […]
ha per Fondo Censito il Bruscolo stesso ma bensì il Fondo
Fenile di cui oggi dovrei immancabilmente disporre .
Mi è forza pertanto di liberare questo fondo Fe=
nile da quel Censo a Lei accollato e nella assoluta impos=
sibilità di farlo io stessa mi è forza a Lei rivolgermi
perché voglia ajutarmi in questo emergente.
Converrebbe estinguere il Censo o almeno surrogare
altro fondo Censito cosa che a Lei non può essere né
difficile perché facoltosa proprietaria può disporre di altro
fondo, né gravosa perché il Censo suddetto è realmente
a di Lei carico.
Può essere certa che nel pregarla di questo favore
io non intendo pregiudicare menomamente il di Lei inte=
resse per cui potrà disporre di tutte quelle cautele e ga=
ranzie che riputerà necessarie ad’ assicurarlo.
Nella lusinga di un favorevole riscontro le ne
esterno la mia sincera gratitudine e me le protesto.
Di Lei Pregiatissima Sig:ra Marchesa
Casa 17. Gennajo 1854.
Devma […] Serva
Anna Tanari Antaldi
110
111
Lettera n. 2
Pregiatissima Sig.ra Marchesa
Vengo con la presente a renderle infi=
niti ringraziamenti pel gentile riscontro che si com=
piacque di dare alla mia Lettera, accogliendo la mia
istanza, ed’ aderendo con tanta bontà alle brame che
le esternai nella medesima. E’ troppo giusto che
a Lei sia ceduto il subingresso nell’Ipoteca Dota=
le di mia Suocera Marchesa Lucrezia, per cui
sù di sù di ciò Ella non troverà difficoltà alcuna.
Adempiuto così ad’ un mio preciso dovere,
passo a protestarmele coi sentimenti i più sinceri
di stima e riconoscenza
Di Lei Pregiatissima Sig:ra Marchesa
VITTORIA
MOSCA:
VITA PRIVATA
Casa 21. Gennajo 1854.
Devma […] Serva
Anna Tanari Antaldi
112
113
Una lettera di Anguissòla Comneno Barbara,
fascicolo 30, Ms. 2268.
Carma Figlia
Pesaro 1. Maggio […]
Mi sono sempre cari gli […] caratteri, e nella dolorosa
circostanza in cui mi trovo immersa, piango volentieri con voi la fa_
talissima perdita da noi fatta. Dite bene, che un Angelo era la stessa,
e quindi serva di esempio a tutti la sua virtuosa bontà onde imitarla.
Il solo conforto che mi sostiene è la certezza di nulla avere ommesso
né umanamente, né Spiritualmente per procurare di salvarla in vita,
e sappi sempre ch’Ella stava in buone mani presso La Sig:ra Montalisa,
poi mi rivolgo a Dio con quel Santo principio di sudet. Religione, che
in simili casi più di tutto bisogna essere appoggiati, in questo misero
Mondo. Mia brava Figlia, vi assicuro che in quanto alla vostra convenienza
troppo mi stà a cuore, e però non dovete badare alli pettegoli che parlano
quasi sempre per aggravare senza ragione, ma bensì Lasciatevi regola_
re dall’esimia Sig:ra Maddalena, persona saggia, e piena d’esperienza.
Questa Amica ha fatto tanto per me, e per voi altre, che merita ogni
maggiore gratitudine: essa vi prego salutarla tanto, e ditele
che attendo con vera impazienza analoga risposta alla lettera scrittale
dal nostro D. Giovanni. Fatele scusa se non le ho diretto miei carat_
teri dopo il Luttuoso avvenimento, ma Lo farò presto. Abbracciamo
la Giannina, e con fà anche con voi la Bianca. Arrivederci;
state sana, pregate Dio che ci assista. La mia Salute và meno male.
Vi benedico, ed auguro ogni bene. Addio mi dà di tutto cuore
L’Affma vra Madre
114
115
Quattro lettere di Mosca Chiaramonti Bianca,
fascicolo 38, Ms. 2268.
Cma Vittoria
Lettera n. 1
Cma Sorella
Vi sono tenuta per gli augurj che
cortesemente m’inviaste, io ve li ritorno ben di
cuore pel nuovo Anno, che vi desidero prospero=
sissimo e seguito da’ molti altri ricolmi tutti
d’ogni più eletta Felicità. Aggradite, vi
prego questi voti poiché non hanno meno
sincerità, ed estensione dei vostri. Vi sono
obbligata pei Salati che avete voluto inviar=
mi, ve ne ringrazio, e solo duolmi il vostro
incomodo. Mi compiaccio assai di sentire
sempre migliori nuove di vostra salute, e vi=
vo lieta nella lusinga di saperle in bre=
ve perfettissima. Ricevete i Saluti di Chec=
china, ed abbiatemi incessantemente per la
Roma 28. 12 . 52
Lettera n. 3
Roma 22 – 1 – 55
Un […] […]. e comune a mezza
Roma, mi tolse fin quì, con molto
mio rincrescimento, al dovere che io ave
va di ringraziarvi primeramente
del dono dei Salati che anche in quest’
anno avete cortesemente avuto pensie=
ro d’inviarmi, e quindi degli augurj
di Felicità che mi offrite e che ben
di cuore vi ritorno per una lunga serie
di anni leali ed illimitati. Silvia
pure, che vi saluta, meco si unisce
a desiderarvi ogni bene: ed io ripetendovi
infiniti rallegramenti per il vostro rista=
bilimento in salute vi rinnovo le mie
Scuse pel prolungato silenzio, mentre
ho il piacere di segnarmi
Vostra Affma Sorella
Bianca Mosca Chiaramonti
Vostra Affma Sorella
Bianca Mosca Chiaramonti
116
117
Quattro lettere di Salvatori Silvia,
fascicolo 46, Ms. 2268.
Tre lettere di Sorbello Ginevra,
fascicolo 50, Ms. 2268.
Lettera n. 1
Lettera n. 4
Stimatissima Sig:ra Marchesina
Cara Vittorina
Gradita oltremodo mi è stata l’affettuosa sua
Letterina, e ne la ringrazio infinitamente dell’amore=
volezza che sempre conserva verso di me.
Mi prendo la libertà d’inviarle un piccolo lavoro
che ho compito ne’ pochi momenti di libertà che
ho; veramente è cosa tanto piccola, e meschina, che
se non conoscessi quanto Ella è buona, non avrei
ardito mandargliela, è un piccolo sottolume che spero
lo terrà nella sua camera, e servirà a ricordarle la
sua Silvia, che quantunque lontana, non passa mo=
mento che non rammenti le infinite gentilezze che
ha continuamente da Lei ricevute, e le virtù gran=
di di cui Ella è abbondantemente fornita.
I miei Bimbi grazie a Dio crescono sani, e robusti,
ed il grandino tutti i giorni fa una preghiera a
Dio perché la Feliciti, e le conceda tutte quelle
grazie che può desiderare. Mio Marito, e Mia Suo=
cera le fanno mille rispettosi ossequj, ed io
pregandola a conservarmi la sua protezione ho
il bene di potermi ripetere con tutta stima, e
rispetto
Castel San Pietro 9 8bre 1854
Devma Obblma Serva, ed Affma come Figlia
Silvia Salvatori Unganìa
118
Pischiello 14. 9bre 52.
Sarà inutile che io cominci la mia lettera
con una confessione di colpa: tanti mesi ho lasciato
correre senza scriverti, perché proprio non ho avuto
tempo. Dopo la malattia di mio marito, le circostanze
di famiglia mi hanno dato tanti pensieri e tante cure,
che neppur so come ho potuto resisterci. In campagna
ho qualche momento più di libertà, ed ecco che ne
profitto, sperando di trovarti indulgente, e sempre
affettuosa. Quando l’ultima volta ti scrissi, raccontan=
doti tutte le dolorose peripezie sofferte, le quali
mi avevano impedito di ringraziarti della raccolta,
dei tuoi Sonetti favoritami, non poteva ancora esserti
giunta la mia lettera, allorché ricevesti nuova copia
dei medesimi. Supposi che nella tua bontà, non avendo
avuto riscontro dei primi, me ne favorisci altra
copia per il caso che la posta avesse smarrito i primi;
pensiero gentile e gradito del quale avrei dovuto
e desiderato mostrarti prima la mia riconoscenza.
Bramo che la tua salute abbia proseguito nel
miglioramento dal quale tu stessa eri lusingata;
sarei tanto contenta di averne freschi dettagli, ma
non so d’altronde con qual coraggio si possa chie=
derne quando uno è tanto negligente nel mantenere
il carteggio. La mia famiglia attualmente si trova
in buona salute, sebbene mio marito non abbia mai
ripreso quel florido stato di cui godeva prima della
malattia: cinquantadue anni non mi pare un’età
119
da dover disperare, che egli ritorni quello che era, e
la mia pena viene alleviata dalla speranza. Prima
di venire quì al Pischiello ho avuto il piacere di avere
per tre settimane presso di me la mia sorella Paggi,
maritata al Conte […] di Fermo; e siccome io l’amo
teneramente è stata un’epoca molto piacevole per la
mia vita. Ora è passata a Firenze, poi va a Napoli:
conduce seco due dei quattro figli che compongono
per ora la sua famiglia. Suo marito è un’ eccellente
persona, ed è altresì abbastanza ricco. E la tua
amata Silvia che fa? È ella ancora divenuta madre?
Ti prego di rammentarmi al D:r Salvatori, ed accettare
tanti complimenti di mio marito e della mia famiglia
Tornando alla Silvietta dimmi se il suo marito
ha avuto quell’impiego a Fano: lo desidero per
tua consolazione. Se una volta tu scrivessi all’Angio=
lina Toschi mi faresti piacere ricordandomi a Lei. Mi
figuro ch’essa avrà sofferto molto nello allontanarsi
tanto dalla figlia, ma lodo il suo sacrifizio. Dimmi
se almeno è compensato dalla soddisfazione di saperla
in buone mani. Il collegio di Perugia ha perduto un
ottimo rettore, ma ne ha acquistato un altro niente
inferiore a quello, e di più di chiaro nome, tanto nella
scienza che possiede, quanto per avere accreditati
molti anni sono il collegio di Prato, del quale
egli fa rettore. Il mio Uguccione prospera in
salute, e sviluppa talento con […] però da
un […] che sarebbe quasi troppo. Non mi fa
pentita neppure un momento di avere indotto suo padre
a metterlo in collegio. Mi dimenticava dirti il nome del
rettore menzionato; è un Silvestri. Ora poi ti abbraccio
teneramente e resto
Tua aff:ma Amica
Ginevra Sorbello
120
121
4
Donazione
Mosca e il
sogno di un
Museo d’Arte
Industriale
L’atto testamentario di Vittoria Mosca Toschi1, redatto dal notaio Berardo Paolucci di Pesaro
l’8 settembre del 1885, contiene alcuni documenti autografi della marchesa, come il Testamento olografo, redatto a Gubbio il 15 settembre del 1877, nel quale essa espone con estrema
precisione e coerenza la decisione di lasciare la parte più consistente delle sue proprietà alla
collettività. Il palazzo di Pesaro con tutte le sue collezioni e gli arredi, andava al municipio di
questa città per la costituzione di un Museo d’Arte Industriale; il palazzo di Gubbio veniva
donato al municipio della città umbra, per destinarlo alla fondazione di un ospizio per cronici.
Nel suo testamento la marchesa donò alla città di Pesaro2 il Palazzo Mazzolari di via Rossini
Narra la cronaca del tempo4: “ La scorsa domenica si è inaugurato questo stupendo museo.
Alle ore 10 ant, la Giunta e i Consiglieri Comunali, il Marchese Benedetto Toschi Mosca e
la sua Signora Marchesa Lucrezia Antaldi, gli esecutori testamentari Marchese Carlo Baldassini e Avv. Francesco Raffaelli, il Prefetto e la Deputazione Provinciale insieme alle altre
primarie autorità civili e militari si sono adunati nelle magnifiche sale del sontuoso Palazzo.
Dopo acconce parole di lode e di riconoscenza cittadina per la benefica testatrice Marchesa
Vittoria Mosca in Toschi e la sua famiglia, pronunziate dal Sindaco Comm. Vaccaj, fu letto e
firmato dai convenuti il verbale di costituzione del Museo, che quindi a mezzo giorno venne
aperto al pubblico, mentre la banda suonava scelti pezzi nella corte […]”.
“Nell’insieme l’inaugurazione è riuscita bene, ma forse non abbastanza solenne quanto l’importanza dell’avvenimento meritava.
Ecco l’epigrafe che si legge nella parete innanzi al primo ramo dello scalone:
VITTORIA MOSCA TOSCHI
AMANTISSIMA DELLE ARTI BELLE
QUESTO MONUMENTALE PALAZZO
RIVENDICAVA DALLE RUINE
E CON DISPENDIOSE ASSIDUE CURE
RIDOTTO AD INDUSTRIALE MUSEO
LEGAVA AL MUNICIPIO DI PESARO
A PERPETUA MEMORIA
DELLA SUA FAMIGLIA
A DECORO DELLA SUA PATRIA DILETTA
A BENEFICIO E VANTAGGIO
DELLA GIOVENTU’ STUDIOSA
E DELLA CLASSE OPERAIA
SEMPRE DA LEI SOCCORSA E PROTETTA”
e tutto ciò che questo conteneva, compreso il mobilio e gli oggetti d’arte, ai fini di utilizzare
il detto palazzo come Museo d’Arte e di Industria. Il museo venne inaugurato il 29 luglio del
1888, ma rimase aperto solo pochi anni3.
Purtroppo, poco dopo l’inaugurazione, il Comune si accorse che gli introiti del lascito
non erano sufficienti al mantenimento del museo, per cui fu costretto - solo due anni
più tardi (1890) - a vendere una parte dei mobili e ad affittare il secondo piano a civile
abitazione.
Nel 1908 il Museo fu arricchito dall’aggiunta di mobili e suppellettili delle donazioni
Della Ripa5 e Salvatori6, ma nel 1914, per questioni economiche, si dovettero affittare
anche i locali del piano terra al Monte di Pietà e l’intera cantina.
122
123
I terremoti del ’16 e del ’30 non migliorarono la situazione; tra il 1930 e il 1940 il palazzo,
destinato agli uffici comunali, perse totalmente la propria identità. Il museo non venne più
ricostituito.
Molti dei suoi mobili e quadri furono trasferiti al Museo Civico7 e al Conservatorio della
città, mentre la libreria, che contava più di 1545 volumi, passò alla Biblioteca Oliveriana.
Nel 2012 il Comune ha dato avvio a lavori di ristrutturazione di Palazzo Mazzolari; lavori
che si sono concentrati sul restauro del tetto e della facciata che si apre su via Rossini. Si è
trattato di un restauro filologico che ha voluto recuperare l’antico splendore cromatico delle
pareti esterne dell’edificio settecentesco. Per il 2013 (in corso) è previsto anche il ripristino
degli arredi originali e di alcune collezioni di opere Mosca all’interno delle stanze del piano
nobile del Palazzo, per recuperare, almeno in parte, l’idea di abitazione al tempo di Vittoria.
Ma il progetto del Comune non finisce qui: i lavori di restauro hanno riguardato anche il
Palazzo Mosca - sede dei Musei Civici e antico palazzo di famiglia. L’intervento ha mirato a
recuperare alcuni spazi espositivi già esistenti ma adibiti ad altre funzioni.
Sono passati 128 anni dalla morte di Vittoria Mosca Toschi.
Che il sogno della marchesa stia trovando finalmente nuova luce?
All’atto testamentario è allegato l’Inventario della Eredità8 redatto dal notaio Paolucci alla
morte della marchesa, in cui si rileva l’elenco di tutti i beni ed averi formanti l’ eredità della
compianta nobildonna. Si tratta di un elenco caratterizzato da descrizioni piuttosto sommarie, che non sempre permettono un’esatta identificazione di tutti gli oggetti.
Tale Inventario notarile è suddiviso in 18 sessioni e conta più di mille note. La sua stesura
ebbe inizio l’11 settembre del 1885 nei magazzini di Palazzo Mazzolari, subito dopo la rimozione dei sigilli alla presenza del curatore, il conte Carlo Baldassini, cugino di Vittoria, dei
testimoni e del perito Raffaele Forlani. Proseguì il giorno successivo nella Villa del Bruscolo,
nel fabbricato a uso magazzino e cantina e il 16 settembre nella prima stanza di Palazzo Mazzolari. L’Inventario terminò sette mesi dopo, il 17 aprile del 1886, con le stime e le perizie dei
fabbricati di proprietà della marchesa e con la distinta e la stima della libreria9.
fontana da tavola con decoro floreale
porcellana dipinta con colori a smalto,
66,5x31x21,7 cm
Cina, 1736 – 1795
Pesaro, Musei Civici
Inv. 2289
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125
Dalla lettura dell’Inventario notarile emerge l’esistenza di una collezione Mosca alquanto
ricca e variegata, comprendente quadri, stampe, cornici, specchiere, sculture, arazzi, orologi,
lampadari, pizzi, merletti, scrigni, stipi, ceramiche, suppellettili ecclesiastiche, vetri ed altro
ancora. Tra gli oggetti più interessanti si citino: una pendola romana in legno e bronzo dorato, una fontana da tavola in porcellana dipinta e i vari pezzi di ceramica giapponese, cinese,
napoletana, faentina, pesarese e fiorentina, presenti in grandi quantità nella camera numero
diciassette (camera delle ceramiche e delle porcellane, cc. 607r, 608v).
orologio notturno
legno intagliato e dorato, rame dipinto,
74x53x19 cm
ALLEGORIA DEL TEMPO
Andrea Nattan
Roma, 1700 ca.
Pesaro, Musei Civici
Inv. 0128
pendola romana
legno impiallacciato in bois de violette e bronzo dorato,
63x35x16 cm
Alessandro Coluzzi
Roma, 1750 – 1799
Pesaro, Musei Civici
Inv. 0265
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altarolo
corallo intagliato, avorio intagliato,
ottone dorato, 25,5x20x14 cm
MADONNA, GESÙ BAMBINO E SANTI
Trapani, 1650 – 1699
Pesaro, Musei Civici
Inv. 2406
gabbietta
avorio intagliato, 12,5x7x7cm
Francia, 1790 – 1810
Pesaro, Musei Civici
Inv. 2407
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La categoria dei dipinti è la categoria più studiata di tutto il lascito Mosca, oramai da diversi
anni. Nell’Inventario della Eredità, però, dei circa trecento dipinti donati dalla testatrice al
Comune, solo alcuni vengono descritti in maniera più dettagliata. Ho così deciso di recuperare le citazioni particolareggiate di tre quadri e di renderle note al pubblico, aggiungendo
una scheda tecnica per ognuna delle tre opere. Una documentazione fotografica completa
dei dipinti è possibile rintracciarla consultando il secondo volume del mio lavoro di ricerca,
depositato in forma cartacea presso la Biblioteca Oliveriana di Pesaro ed in formato digitale
presso l’Archivio dei Musei Civici della stessa città.
Giannandrea Lazzarini
(Pesaro, 1710-1801)
Consegna delle chiavi a San Pietro
olio su tela, 102 x 74 cm
Pesaro, Musei Civici
Inv. 0222
128
129
La tela viene citata nell’Inventario di famiglia del 1885:
“Pittura ad olio rappresen=
tante Cristo che consegna le
Chiavi a S. Pietro Del Lazza=
rini, Lire Duecento__________20010.”
La sua paternità viene ribadita - con maggiori dettagli analitici - negli Inventari successivi:
“Quadro ad olio su tela, m. 1 x cm. 74; Gesù Cristo fra gli Apo=
stoli, che consegna le chiavi a S. Pietro; lavoro del Pesarese
Gian Andrea Lazzarini; entro cornice intagliata e
dorata. Cornice £ 500. Quadro £ 1.500 ………….200011.”
nia, dell’equilibrio, valori questi ricavati tutti dal recupero dell’antichità classica - come
Claude Lorrain, Domenichino e Poussin17. Da quest’ultimo sembra essersi ispirato per
la realizzazione del suo paesaggio. La tela appare infatti come una citazione del dipinto
Paesaggio con Orfeo ed Euridice del pittore francese, conservata al Museo del Louvre di
Parigi. Da segnalare la presenza della pietra in primo piano che rimanda al nome ebraico
del santo (Kefa, cioè pietra), su cui Cristo avrebbe fondato la sua Chiesa18.
Alcuni dubbi esistono ancora oggi sull’esatta datazione dell’opera. Una parte della critica
ipotizza per la tela una data intorno al 1750; per ragioni di stile questa viene collocata
nel periodo romano successivo alla realizzazione da parte dello stesso artista delle tre
famose pale d’altare site nella irregolare chiesa pesarese della Maddalena (pale eseguite
negli anni 1744-1748)19.
130
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G.C. Polidori12 così lo descrive:
“Quadro ad olio su tela raffigurante Gesù Cri_
sto fra gli Apostoli nell’atto di consegnare
le chiavi a S.Pietro; cornice intagliata e do_
rata; ml. I x 0,74 di Gian Andrea Lazzarini.”
Il dipinto è il risultato del primo lungo soggiorno dell’artista a Roma (1734-1749). La
struttura perfettamente bilanciata anche se un poco rigida del gruppo degli apostoli che
assiste alla consegna delle chiavi da parte di Cristo a Pietro inginocchiato, dimostra tutto
quel classicismo e quella religiosità senza turbamenti tanto cari all’eclettico Lazzarini13.
L’opera sembra essere un omaggio a Raffaello, pittore tra i più rappresentativi del Rinascimento italiano. O forse il più grande fra tutti14, come Lazzarini afferma nei suoi scritti.
Di lui - originario di Urbino - Lazzarini esalta l’equilibrio, la chiarezza formale e la solennità delle rappresentazioni. L’attenzione molto forte del pittore pesarese nei confronti
dei maestri del passato, si esplica anche attraverso il richiamo ai modi del bolognese
Guido Reni di cui Lazzarini ben conosceva il dipinto con analogo soggetto presente un
tempo nella chiesa di San Pietro in Valle a Fano e oggi al Museo del Louvre di Parigi15.
La scelta del soggetto sacro rivela quelli che erano gli interessi prevalenti del Lazzarini
in pittura16; egli amava differenziare i personaggi, giocando sui diversi stati d’animo degli
stessi, così da poter conferire all’episodio narrato una leggibilità immediata. Il messaggio
religioso doveva essere, per lui, di facile fruizione.
Nella tela nulla è lasciato al caso, nemmeno il paesaggio che fa da sfondo al nucleo di
apostoli. Altro tema - quello del paesaggio - molto caro all’artista ed accostato spesso
e volentieri all’elemento “antico”. Durante il già citato soggiorno romano ha probabilmente avuto modo di avvicinarsi a pittori classicisti - amanti cioè dell’ordine, dell’armo-
Studi più recenti tendono invece ad anticipare la realizzazione dell’opera, collocando la
sua esecuzione intorno alla seconda metà degli anni ’40 del Settecento20.
La Consegna delle chiavi a San Pietro è un’opera simbolo dell’attività pittorica del maestro
pesarese. La si può leggere infatti come sintesi perfetta di alcuni concetti che lo stesso
aveva teorizzato nelle sue Dissertazioni sull’arte21: propensione alla narrazione, resa delle
diverse espressioni dei personaggi, adesione alla proposta classicista, omaggio al grande
Raffaello. Questi stessi concetti trovano un fondamento anche nella decorazione pittorica di edifici cittadini, attività a cui l’artista si è dedicato in collaborazione con alcuni suoi
allievi di fiducia22.
Sul verso del rame è presente la seguente scritta, molto elegante, da identificarsi probabilmente come firma autentica dell’artista: “Francesco Lamura 1705.” Nelle guide e nei documenti
dell’epoca l’artista veniva registrato frequentemente come la Mura23 e anche in certi casi - più
rari - come Francesco della Mura. L’appellativo “De” con il quale viene tutt’ora ricordato è
probabilmente un titolo nobiliare successivo. Lo storiografo De Dominici24 lo definisce figlio
del lanaiolo Pompilio di Amura e non del commerciante di lane Giuseppe de Mura, come
indicato dallo studioso Rizzo25.
L’opera viene così citata nell’Inventario della Eredità Mosca26 del 1885:
“Un rame rappresen=
tante la SSa. Trinità
dipinto da Francesco Lamu=
Francesco De Mura o La Mura
(Napoli, 1696-1782)
La Trinità
olio su rame, 29 x 22 cm
Pesaro, Musei Civici
Inv. 0698
132
ra - 1705 -, Lire dieci___________10.”
Più descrittivi e particolareggiati risultano invece gli Inventari successivi, che riportano sempre e comunque la scritta presente sul retro:
“Quadro di forma ovale, cm. 22 ½ x cm. 29 ½, dipinto ad olio su
rame, raffigurante (La SS. Trinità) firmato a
tergo “Francesco Lamura 1705”, entro cornice di legno
dorato. Valore totale_ _ _ _ _ 40027”
“Quadretto ovale su rame con la “SS. Trinità” ml.
0,29 x 0,22; retrosegnato “Francesco Lamura
1705”; cornice di legno pastiglia dorata stile
Luigi Filippo28.”
Qualche problema deriva anche dalla datazione dell’opera. Nel 1705 Francesco aveva soli
nove anni e non sembra possibile potesse aver dipinto per intero un simile lavoro29. Forse
la datazione è troppo precoce per essere accettata in toto, ma l’ovale va considerato nel suo
complesso esecutivo. Se si osserva l’opera con attenzione, si notano infatti una certa fretta
nell’esecuzione e l’assenza di impostazioni compositive complesse. Tutto questo fa pensare
ad una esercitazione giovanile del pittore.
Sul tema della Trinità l’artista si è cimentato in altre occasioni, documentando uno stile più
maturo. Si pensi alla Trinità per la basilica di Montecassino, per la quale cominciò a lavorare
attorno al 1731 terminando i lavori sei anni più tardi. L’impostazione iconografica delle due
opere è simile (Cristo in croce), ma la versione di Montecassino rivela uno schiarimento della
tavolozza ed una chiarezza narrativa tipiche degli anni della maturità dell’artista30. Sono queste caratteristiche che il pittore recupera nell’incontro con il napoletano Luca Giordano31 e
con Corrado Giaquinto32, artista pugliese attivo in Italia e all’estero.
133
L’opera potrebbe essere dunque una prova giovanile, forse un primo abbozzo per la tela di
Montecassino o per quella della chiesa di S. Trinità dei Pellegrini a Napoli33.
L’attività giovanile del De Mura inizia nel 1708, quando è documentato il suo ingresso presso
l’affollatissima bottega del pittore napoletano Solimena34, il quale lo definisce il più dotato
dei suoi discepoli. Circa un anno prima, il giovane aveva cominciato a studiare i principi del
disegno presso un’altra scuola, quella del Cavaliere Domenico Viola35, suo primo maestro, dal
quale apprese quelle scene così tenebrose e quelle atmosfere plumbee e grevi che si ritrovano
con una certa fedeltà nell’opera in esame.
Il quadretto rappresenta una scena sulle nubi, morbida ed avvolgente. A sinistra domina la
figura del Cristo che si appoggia ad una croce obliqua e che benedice con la mano destra. A
destra il Padre Eterno, un po’ affaticato, rimane seduto fra le nuvole mentre appoggia l’arto
sinistro su un grande globo (la terra), che è sostenuto da un angelo in contorsione. Altri angioletti e cherubini sono raffigurati a piccoli gruppi nello spazio celeste. In alto compare un
cerchio dove è dipinta la colomba dello Spirito Santo che “abbraccia” un fascio di luce intorno
a sé.
Il tema rappresentato ricorda l’iconografia del Redentor Mundi, nella quale Cristo mostra la
Croce come segno di vittoria sulla morte e le piaghe della passione ancora aperte.
Francesco De Mura, personalità complessa, all’avanguardia. Con la sua pittura è stato capace
di uscire dai limiti ristretti della tradizione napoletana per partecipare alle tendenze della
cultura moderna di respiro europeo. Questa condizione si coglie nella produzione matura
dell’artista che non spetta in questa sede sviluppare ma almeno accennare, per rendere giustizia alla sua composita personalità. Luigi Vanvitelli - architetto a lui contemporaneo - lo ha
così definito: “ Il migliore di tutti li pittori che presentemente sono a Napoli…36”.
Raffaellino del Colle
(Colle / Sansepolcro, ultimo decennio del
XV secolo – Sansepolcro 1566)
Adorazione dei pastori
olio su tavola, 172 x 148 cm
Pesaro, Musei Civici
Inv. 3911
134
135
Il dipinto entra a far parte della collezione civica nel 1885:
“Pittura in tavola ad olio
rappresentante il Presepio
(XVI) imitatore di Raffaello Lire
mille (lavoro di Raffaellino del Colle) Lire Seimila…….6.00037”.
È considerata opera del pittore umbro Raffaellino del Colle (o dal Colle) o del Borgo. Il
cognome fa riferimento al luogo d’origine dell’artista, ossia Colle, presso Borgo Sansepolcro38.
La paternità dell’Adorazione viene ribadita con dovizia di particolari nell’Inventario del
193439:
“Pittura ad olio su tavola, raffigurante “Il Presepio”
di Raffaellin del Colle, m. 1,48 x m. 1,72, entro cornice di
legno intagliato e dorato. Il tutto in ottimo stato (Trentamila)…. 30.000
[questo quadro fu depositato provvisoriamente al Museo
Civico (Prefettura) 20 - 5 - 1932]”.
Anche l’Inventario Generale del 1945-194640 ne riconosce la paternità:
“Quadro ad olio con il “Presepio” di Raffaellin del
Colle (1490-1540) ml. I, 72 x I,48; cornice di
legno intagliata e dorata”.
La tavola sembra provenire dall’entroterra marchigiano, ossia dall’Abbazia di San Michele
Arcangelo, sita nella pittoresca località di Lamoli - nel Comune di Borgo Pace.
In questa chiesa sembra che fosse congiunta ad un’altra tavola, a forma di lunetta, rappresentante il Padre Eterno fra angeli. Insieme le due opere adornavano l’altare maggiore della suddetta chiesa abbaziale. Ma come spiega con precisione lo studioso locale Droghini41, l’Adorazione fu portata via da Lamoli per volere del cardinale Domenico Passionei da Fossombrone,
grande amante d’arte e personaggio di spicco di questa nobile famiglia.
Si tratta di una intricata quanto ancora non chiarissima vicenda che vede un’opera passare
attraverso due lasciti testamentari (Passionei - Mosca) per arrivare poi in una civica collezione
museale.
Il dipinto trasferisce al visitatore un senso di grande tranquillità e di pace; una pace che si
combina con la fissità - quasi teatrale - dei suoi personaggi. In primo piano, al centro, compare
la Madonna mentre solleva il velo trasparente che protegge il neonato Gesù, mostrandolo a
tre pastori adoranti, occupanti tre diverse posizioni nello spazio. Accanto alla Vergine - alla
sua sinistra - c’è un San Giuseppe alquanto affaticato, che si appoggia ad un lungo bastone. Il
piccolo Bambin Gesù, rappresentato con il corpo un poco allungato e sproporzionato - quasi
136
manierista - verrebbe da dire - alza le braccia non così esili verso l’alto quasi a voler giocare
con il manto che la Vergine, con sguardo affettuoso che solo una madre può fare - gli solleva.
Alle spalle del nucleo centrale, fulcro della scena, compaiono un bue e due pastori. Interessante è notare la “finestra prospettica” che si apre sullo sfondo, come a voler evocare le orografie della Massa Trabaria (Lamoli). Antiche rovine fanno da cornice a tutta la scena.
Il tema del Presepio viene replicato dall’artista più volte, si pensi solo al dipinto per la chiesa
dell’Oratorio del Corpus Domini di Urbania, antica Casteldurante (Madonna del Velo) e a
quello per la chiesa di San Pietro a Gubbio. In particolare con la prima tela si possono trovare
stretti legami iconografici: il San Giuseppe e gli arcangeli - Michele, Raffaele e Gabriele dell’opera durantina lasciano il posto in quella pesarese ai tre pastori e allo stesso Giuseppe
inginocchiato. Simili sono anche i gesti e le pose che assumono la Madonna ed il Bambino.
Come pure la colonna e le rovine classiche42.
È chiaro che lo schema compositivo dell’Adorazione è stato uno schema molto amato dall’artista ed anche molto ben reso. Dal confronto fra le tre opere emerge la netta superiorità dell’esemplare pesarese, per la morbidezza della sua pittura e per il gioco eccellente di trasparenze
del manto verginale.
Una parte della critica tende a collocare l’opera nella fase centrale dell’attività di Raffaellino,
ossia intorno al 1540, di poco anticipante le pale di San Francesco a Cagli e di Santa Maria
dei Servi a Sant’Angelo in Vado43. Quest’ ultima risale al 1543: si tratta dell’unica opera marchigiana dell’artista datata e forse anche ultimo dipinto da lui eseguito nella regione44.
Altri studiosi tendono ad anticipare la datazione a poco dopo il 1532, ossia alla fine del secondo periodo marchigiano dell’artista il cui fulcro era stata la decorazione murale della maestosa
Villa Imperiale di Pesaro45 .
Nel 2002 Marco Droghini46 - più volte citato per i numerosi studi effettuati sulla figura
dell’artista in esame - anticipava ulteriormente la datazione dell’opera al 1528 - 1529, fornendo come spiegazione il contesto storico nel quale l’artista si trovò ad operare fra le Marche
e la capitale.
Raffaellino del Colle, artista raffinato e di qualità, fino a poco tempo fa mal conosciuto e
considerato pittore di “provincia”, per i continui spostamenti - almeno negli anni giovanili e
della prima maturità - fra le piccole città e i paesi di Marche, Umbria e Toscana. Per la sua
formazione avvenuta nella bottega romana del grande Raffaello Sanzio, è considerato ad oggi
il massimo divulgatore della pittura e dell’iconografia di matrice raffaellesca47.
137
Inventario dei beni Mosca e i motivi di una scelta.
Durante l’Inventario fatto dal Comune il figlio della testatrice, Benedetto, pose delle riserve su alcuni beni che riteneva non compresi nel lascito. Fra questi, la collezione di maioliche, le ceramiche francesi donate da Napoleone48 nel 1797, la libreria, alcuni mobili e
la proprietà di metà della “carrozza di gala”. Il Consiglio Comunale nel 1886 si dichiarò
disposto ad accontentare il marchese, purché quest’ultimo portasse prove certe sulla rivendicazione. Ma ciò non ebbe un seguito, dal momento che, all’apertura del museo al
pubblico, tutte le opere contestate risultavano esposte e di proprietà comunale.
Così narrano gli Atti Consigliari49 del 1886:
“Domanda del Sig.r Marchese Benedetto Toschi Mosca per la consegna di alcuni oggetti
di sua proprietà e di altri che ritiene non compresi nel Legato.
Il Segretario legge la domanda del Sig.r M.se Mosca e
quindi la seguente relazione:
“Il Sig.r M.se Benedetto Toschi Mosca mentre ha dichia=
rato di pienamente approvare e di uniformarsi alla volontà
della sua Genitrice in ordine al Legato instituito a favore del=
la nostra città, col Testamento olografo aperto l’8 Settembre 1885,
richiamandosi alle riserve e proteste fatte dai suoi Rappresen=
tanti nell’atto della compilazione dell’inventario chiede la con=
segna di alcuni oggetti che ritiene esclusi dal Legato, ed altri
che dichiara appartenergli come provenienti dalla successione
della M.sa Bianca Mosca Chiaramonti.
Ritiene non compresi nel Legato:
la collezione delle majoliche;
il servizio di porcellana Francese;
la libreria;
Ritiene di sua proprietà:
un’ornato di noce intagliato a forma di altare con
tre specchi (stile cinquecento);
l’armadio contenente le porcellane Francesi;
138
due cornici di noce intagliate da servire per specchi;
tre mensole di cuoio;
due specchiere ad uso caminetti;
due poltrone,
due cornici a fiorami di cuojo;
un baule ad imitazione antica;
una tavola rappresentante un crocifisso (appartene=
va al padre fu M.se Vincenzo)
un burò e due comò di noce intarsiati in legno;
la carrozza antica di gala (per la metà);
otto sedie di noce con imbottitura di morens;
due capofuochi di bronzo;
un cavallo di bronzo;
una tavola di legno duro intarsiata;
il ritratto del M.se Vincenzo Toschi Mosca esegui=
to in Modena quando era fanciullo;
un tavolino di noce intarsiato in osso;
una consolle di noce con cofanetto ad uso scrittojo
intarsiato in osso;
una tavola di noce intarsiata di radica;
un armadio di noce e due colonnette con le piane
di marmo.
In quanto agli oggetti che il M.se Mosca ritiene suoi, sa=
rebbe da osservarsi che le sole riserve non giustificano le proprie=
tà, perché, essendosi rinvenuti nel Palazzo della Testatrice
Legato al Municipio, e non avendo la medesima nelle sue cir=
costanziate disposizioni dato alcun cenno in proposito, la pre=
sunzione sarebbe fino a prova contraria che siano di esclusiva
proprietà. Se così non fosse parrebbe che la stessa Testatrice
non avrebbe mancato certamente di includere quegli ogget=
ti fra quelli che numerò e descrisse come da consegnarsi, dopo
la di Lei morte al figlio.
In quanto agli altri oggetti che si ritengono non com=
presi nel Legato il richiamo agli Art.i 421 e seguenti del Codi=
ce Civile non sembra giustificare la domanda.
139
Difatti il Testamento così si esprime:
“Lascio il Palazzo Mazzolari da me acquistato, posto
in Via Rossini sotto il Civico N. 10 con tutti i mobili, in=
fissi ed oggetti d’arte etc (escluso però ciò che trovasi nelle
quì accluse memorie) al Comune di Pesaro con l’obbligo
espresso di subito stabilirvi un pubblico Museo.
E’ certo in diritto che il Legato di una casa con tutto
quello che vi si trova comprende tutti gli oggetti mobili
ad eccezione del denaro o dei suoi rappresentativi dei
crediti, od altri diritti (Art.° 424 del Codice Civile). Altro
motivo poi per ritenere che tutti gli oggetti mobili siano compre=
si nel Legato, si ha dal tenore della stessa disposizione testa=
mentaria in quantoché la Testatrice dopo di avere legato
il Palazzo con tutti i mobili infissi ed oggetti d’arte, ag=
giunge___ escluso però ciò che trovasi nelle quì accluse me=
morie.___ Se adunque le cose indicate nelle suddette memorie
erano le sole escluse da quanto si conteneva nel Palazzo, la
conseguenza è che la Testatrice non volle si escludesse altro.
Si desume l’intenzione della Nobile Testatrice di voler compresi
nel Legato tutti gli oggetti esistenti nel Palazzo ad eccezione
di quello diversamente disposto dallo scopo del Legato, che fu
di lasciare alla città di Pesaro un pubblico Museo a beneficio
particolarmente dell’istruzione della classe artigiana; ciò che
non si conseguirebbe se si dovessero ritenersi fondate in dirit=
to le riserve fatte sugli oggetti sopraindicati.
Questo premesso in linea di assoluto diritto, e tenuto
nonostante conto delle dichiarazioni di rinuncia ad ogni
pretesa circa la collezione delle majoliche, rinuncia chiaramente
espressa nella domanda, la Giunta opina che in quanto agli og=
getti indicati come di esclusiva proprietà del Richiedente, possa ba=
stare una qualche prova per giustificarne la consegna, però deve
con piacere riferire che il Marchese Mosca non insiste per ria=
vere tutti questi oggetti, anzi ha verbalmente manifestato di
essere disposto a lasciare in proprietà e corredo del Museo i
seguenti:
140
1° l’ornato a tre specchi dello stile del 500
2° un burò e due comò intarsiati in legno;
3° un cavallo di bronzo;
4° un tavolo intarsiato di legno duro;
5° una consolle di noce con cofanetto ad uso scrittoio intarsiato in osso;
6° un tavolo di noce intarsiato di radica;
7° un’armadio di noce, e due colonnette con piane di marmo;
8° due capofuochi di bronzo;
9° la parte della carrozza antica a lui spettante.
La Giunta dunque opina gli siano rilasciati gli altri
oggetti che il M.se Mosca ha dichiarato essere di sua proprie=
tà purché sia esibita ( per semplice regolarità d’atti) la
prova di cui si è fatto cenno. Crede poi che, per un sentimen=
to di riguardo, gli sia conceduto il servizio di porcellana
Francese verso il quale la famiglia Mosca ha una partico=
lare affezione per essere un dono fatto da Napoleone I° al=
l’avo materno del M.se Benedetto. Crede finalmente di cedere
i libri (escluse le opere o manoscritti che si riconoscessero ave=
re un’importanza storica per la città) per un valore non ec=
cedente le £ 1,600, e una specchiera moderna delle fabbriche di
Murano.
Si avverte che al servizio di porcellana stimato £ 600, ai
libri per £ 1,600 e allo specchio di Murano che costa £ 250 che si
cederebbero al Marchese Mosca, il tutto per un valore complessivo
di £ 2450, si contrappongono l’ornato e tre specchi che vale £ 800,
i diritti sulla carrozza antica per £ 533 : 32 e diversi mobili
e oggetti di bronzo di sua proprietà, che ha dichiarato di cede=
re al Comune stimati £ 590, e così in tutto £ 1.923,33.
Con questa reciproca concessione sarà appianata la
via per ottenere con tutta sollecitudine il decreto Reale, indi=
spensabile per andare al possesso del Legato.
Concludendo la Giunta propone il seguente ordine del
giorno:
Il Consiglio
Udita la lettura della domanda del Sig.r M.se Benedet=
141
to Toschi Mosca, in data 22 Aprile 1886;
Udita la relazione della Giunta;
Riconosciuta la convenienza di non opporsi alla consegna
degli oggetti di proprietà del M.se Benedetto Toschi Mosca;
Tenuto anzi conto della dichiarazione dello stesso Signor
Marchese Mosca di cedere al Municipio alcuni degli oggetti
indicati, e con che lo stesso Sig.r Marchese Mosca rinunci
a qualunque altra pretesa e ferme le riserve fatte nell’inven=
tario per l’interesse del Municipio;
Delibera
1° di autorizzare, come autorizza, la Giunta a consegna=
re gli oggetti dichiarati di proprietà del M.se Benedetto Mo=
sca, come alla relazione, esclusi quelli ai quali ha rinun=
ciato, dietro una semplice prova di proprietà;
2° Autorizzare la stessa Giunta a consegnare al medesi=
mo Sig.r M.se Mosca il servizio di porcellana Francese, tanti
libri per un valore non eccedente £ 1,600 (escluse le opere o
manoscritti interessanti la storia patria) e la specchiera
di vetro della fabbrica di Murano.
Aperta la discussione il Consigliere On:le Vaccai fa alcune
osservazioni in ordine al valore dei libri che si proporrebbe di
cedere al M.se Mosca, in seguito alle quali osservazioni il Sig.r Pre=
sidente assicura che si escluderebbero le opere interessanti la sto=
ria patria e la scelta dovrebbe farsi da persone competenti.
Il Consigliere Bonini eleva dopo ciò la questione se possa
il Consiglio, senza incorrere nella caducità contemplata nel
Testamento. Accettare la proposta della Giunta, avvertendo an=
che in ordine ai ritratti di famiglia che esiste una particolare di=
sposizione in forza della quale devono riunirsi tutti in una
sala per esservi conservati.
Il Presidente fa osservare che la disposizione testamenta=
ria, in quanto ai ritratti, sembra riferirsi a quelli che si
trovano fuori di Pesaro, e cioè nel Palazzo di Gubbio o nel
villino di Napoli. In quanto al resto spiega che non si
142
tratterebbe di una vendita, ma di una specie di transazione
fra Municipio ed Erede, in forza della quale questo cederebbe
alcuni oggetti che gli appartengono (come lo stupendo ornato
dello stile del 500) in cambio di altri di nessun pregio
artistico. Crede poi non sia il caso di caducità.
Il Consigliere Cardinali conferma che nel Testamento esi=
stono parecchie clausole di caducità e quindi non vorrebbe
che davvero il Comune dovesse incorrervi. Osserva, in quanto
agli oggetti, che il Marchese Mosca vanta come propri, che
prima di deliberare occorrebbe avere sottocchio il Testamento del=
la M.sa Bianca Mosca e il relativo inventario. Crede insuf=
ficiente la semplice prova accennata nella relazione della
Giunta, perché alcuno dei testimoni, indicati nella doman=
da Mosca, non possono trovarsi in grado di riferire con co=
scienza per la brevità della loro dimora in Pesaro.
Conclude facendo una proposta sospensiva per deliberare
in seguito a maggiori indagini.
Il Consigliere Procacci afferma che l’ornato che il Mosca ri=
tiene suo, sembra realmente tale perché si trovava in ori=
gine nella Villa di Caprile appartenente alla M.sa Bianca
Chiaramonti Mosca.
Il Consigliere Cardinali osserva però che non fu solo erede della
M.sa Bianca il Marchese Benedetto, e quindi la necessità di con=
sultare l’inventario si fa più manifesta.
L’Assessore Gennari crede che con la prova indicata nella
relazione non ci possa essere difficoltà a cedere gli oggetti
richiesti. Fa riflettere che dopo il ricco lascito della M.sa Mo=
sca non sembra conveniente escludere la domanda quando
realmente non vi fosse pericolo di caducità.
Il Consigliere Bonini insiste dicendo che il Comune
non può annuire alla domanda, se il M.se Mosca non provi
legalmente i suoi diritti.
L’Assessore Cav.r Romagna chiarisce il concetto della relazio=
ne della Giunta che fu quello di cedere in via amichevole e die=
tro una semplice prova di persone rispettabili gli oggetti in=
143
dicati come appartenenti al Marchese Benedetto. Per gli
oggetti compresi nel Legato non tratterebbesi che di cederli
in correspettivo degli altri che appartengono al Mar=
chese Mosca. Questo in sostanza è il signifi=
cato della proposta della Giunta, avvertendo
che se si volesse seguire il concetto del Signor
Bonini, per avere una prova assoluta legale
ed ineccezionabile, si dovrebbe fare una causa,
dal momento che si escludono le prove amichevo=
li.
Il Consigliere Bonini nuovamente insi=
ste dicendo che ci vuole sempre la prova lega=
le.
Il Consigliere Cardinali torna sulla proposta
sospensiva per diverse considerazioni di ordi=
ne legale facendo riflettere in quanto ai ritrat=
ti di famiglia, che la Testatrice avendo per
essi fatta una speciale disposizione, ha manife=
stato la volontà di volerli sottratti all’eredità.
Ora di fronte ad una disposizione così esplicita,
come può fare la Giunta a proporre ed il Consiglio
ad approvarne la cessione? Crede che ciò non
possa farsi, e in ogni modo ripete essere necessa=
rio di maggiormente considerare la cosa.
Il Consigliere Vaccai era venuto ben disposto in
Consiglio e con l’animo deferente verso il figlio
della benefatrice. Credeva di trovare una eguale
deferenza dalla parte del Consiglio. Ora però che
vede affacciarsi delle difficoltà legali non osa
insistere e si associa al parere del Consigliere
Cardinali per vedere se sia possibile di conci=
liare le cose senza incorrere nella temuta caducità.
Il Consigliere Michetti interprete della volon=
tà del Consiglio il quale vorrebbe in sostanza
mostrarsi grato alla memoria della Marchesa
144
Mosca senza incorrere in pericoli di decadenza,
crede che invece di sospendere puramente e sem=
plicemente ogni deliberazione, sia da adottarsi
una decisione che permetta di essere generosi senza
incorrere in nessuna difficoltà legale. Concreta
quest’idea col seguente ordine del giorno:
Il Consiglio
Sentita la discussione;
Udita la lettura della disposizione Testa=
mentaria della benemerita M.sa Vittoria Mo=
sca Toschi, mentre esprime il più vivo desiderio
di poter soddisfare alle richieste del Sig.r Marchese
Benedetto Toschi Mosca, mentre esprime il più
vivo desiderio di poter soddisfare alle richieste del
Sig.r M.se Benedetto Toschi Mosca, anche per
dimostrargli la stima grande che gli professa
e la riconoscienza che serba verso la memoria
benefica della di lui Genitrice; in vista però del=
la caducità che potrebbe incorrere quando anche
in minima parte trasgredisse alla volontà della
Testatrice; sospendendo di deliberare, invita il
Sig.r Marchese Toschi Mosca ad offrire garan=
zie valevoli ad assicurare il Consiglio dai peri=
coli di caducità ai quali qualunque condi=
scenza potrebbe esporli.
“ Michetti
Il Presidente, e la maggioranza del Consiglio
si associano alle idee espresse nell’ordine del
giorno Michetti, il quale posta ai voti rimane
approvata all’unanimità.
Dopo di che la seduta è levata essendo le ore
6 pomeridiane.
145
Il Sindaco – Presidente
[…]
Il Consigliere Anziano
[…]
Il Segretario Capo
[…]
Affisso all’Albo Pretorio oggi Sabato 28 Agosto
1886, giorno di mercato”.
Come accennato precedentemente, oltre all’Inventario della Eredità Mosca ne esistono
altri due stilati in periodi diversi: l’Inventario scritto in occasione dell’Inaugurazione del
Museo Mosca il 29 luglio del 1888 e l’Inventario Generale del Museo Mosca redatto da Eraclio Vitaliano Turrini nel 1934, suddiviso per sale. L’Inventario Generale del Patrimonio
Artistico di proprietà del Comune di Pesaro redatto da Gian Carlo Polidori tra il 1945 ed
il 1946, invece, è suddiviso in due volumi e si occupa di tutto il patrimonio appartenente
alla pubblica amministrazione cittadina.
Con l’azione di donare al Comune di Pesaro insieme al Palazzo anche la ricca raccolta
d’arte, la marchesa dimostrò pienamente la sua modernità. Specificando che tale collezione doveva servire per lo studio dei giovani pesaresi dotati di senso artistico ma privi
di mezzi finanziari per poterlo sviluppare, dimostrò tutta una conoscenza sensibile di
quello che stava accadendo nei grandi centri artistici europei. Un’organizzazione che
comprendesse museo e scuola d’arte era infatti stata ideata e realizzata per la prima volta
a Londra con la creazione del South Kensington Museum (1856), a seguito della prima esposizione universale del 1851. Successivamente, sull’esempio inglese, furono creati
l’Union Centrale des Arts Décoratifs a Parigi, il Cooper Union Museum a New York, il
Museo Nazionale del Bargello a Firenze, ed altri ancora50.
Lo spirito innovativo di questa donna si coglie anche nella volontà di salvaguardare il
patrimonio e i fondi da lei posseduti, anticipando di gran lunga la prima legge di tutela
che si è avuta in Italia nel 190251. Nello specifico è evidente quanto Vittoria fosse vicina all’ambiente inglese di metà Ottocento: si pensi al discorso di Robert Peel, statista,
146
sul valore di pubblica utilità e di tutela del patrimonio d’arte per la National Gallery di
Londra52.
Che cosa spinse la marchesa a fare una donazione così ingente al Comune di Pesaro?
Si potrebbero individuare diversi motivi, concatenati tra loro. Forse Vittoria ha voluto
donare la sua collezione per lasciare un segno di sé e della sua famiglia; probabilmente,
come lei stessa dice, ha lasciato la propria raccolta d’arte alla collettività perché “mossa
dall’amore di patria 53”, ossia da un forte orgoglio municipalistico. Senza dimenticare il
significato più umanitario del suo gesto, che viene sottolineato dalla marchesa in occasione del lascito dei suoi due palazzi di Pesaro e di Gubbio: […]” quindi per garantire il
mio operato torno a protestare con tutta lealtà d’animo al cospetto dell’Onnipotente […] che le
disposizioni da me fatte, tanto a favore del mio paese nativo, quanto a vantaggio della patria
di mio figlio [Gubbio] che mi ha sempre cordialmente ospitata, mi vennero suggerite dal solo
desiderio di rendermi benemerita all’Umanità, essendo stato sempre questo il mio Ideale, e la
mia nobile aspirazione 54”.
Donare al Comune di Gubbio, patria natale del figlio Benedetto, il palazzo Bentivoglio
perché fosse trasformato in Ospizio per i cronici del paese, è un’azione spiccatamente
caritatevole.
Tali principi civili e morali furono accolti dal nipote di Vittoria, Vincenzo, che, alla sua
morte avvenuta nel 1922 donò tutto il proprio patrimonio ad un’altra istituzione cittadina: l’Ospedale San Salvatore di Pesaro55.
La scarsa fortuna del Museo d’Arte Industriale ha determinato l’assenza di studi sullo
stato originario della collezione Mosca, tanto che ancora ad oggi emergono solo notizie
lacunose e alquanto generiche.
Ma la dimenticanza di cui rimase vittima la sua donazione coinvolse anche la sfera privata della marchesa. Si pensi ai problemi economici legati alla manutenzione del museo,
aggiunti all’inadempienza delle alte istituzioni rispetto alle sue volontà pubbliche (come
l’apertura al pubblico almeno due volte alla settimana, il giovedì e la domenica)56: tutto
ciò ha reso piuttosto breve la vita del grande sogno di Vittoria, probabilmente finito nei
primi anni del secolo.
Forse anche questa incomprensione nei confronti della donazione Mosca, ha contribuito
a gettare Vittoria e il suo ricordo nel dimenticatoio: è da più di cento anni che il corpo
della donna giace ignorato da tutti nel Cimitero Centrale di Pesaro. Nei registri figura
sepolta in un loculo singolo di forma oblunga sotto il numero 29 e nella prima fila, oltre
il recinto del campo comune. Ma quando al Comune, anni fa, è stato richiesto di sistemare la tomba della marchesa, la sua lapide è passata inosservata, poiché è stata ritoccata
147
quella esistente e nota a molti, che è la tomba del figlio Benedetto, della moglie Lucrezia
Antaldi e dei due figli, Roberto e Vincenzo, posta dietro la chiesa di San Decenzio.
Nel 2005 è stata aperta una pratica su questa spiacevole vicenda. Nello specifico si è richiesto al Comune di spostare quel che resta del corpo di Vittoria all’interno del monumento funerario del figlio, oppure di trasferire direttamente il loculo nel Palazzo Mosca,
per cominciare a restituire dignità alla figura della marchesa.
Per il 2013 (in corso) sono previsti lavori di restauro della lapide, che porteranno ad una
pulitura della superficie e ad un ripristino delle lettere in essa incise.
Finalmente anche il corpo di Vittoria, o meglio quel che resta del suo corpo, potrà riposare in pace, insieme alla sua grande anima.
2
1
1
Loculo di Vittoria Mosca
2
Tomba di Benedetto Mosca
3
Tomba di Benedetto Mosca
Pesaro, Cimitero Centrale
Pesaro, Cimitero Centrale
Pesaro, Cimitero Centrale
Toschi
e famiglia
(lato frontale)
e famiglia
(lato posteriore)
3
148
149
Note
1
Si tratta del Processo Verbale di deposito di Testamento olografo del 1885, Fascicolo n. 68. Esso conserva
al suo interno una serie di documenti autografi della marchesa, come: il Testamento olografo di Vittoria
Mosca (lettera B), le Memorie scritte e sottoscritte di mia propria mano che fanno seguito al mio testamento
del 15 settembre 1877 datato da Gubbio (lettera C), la Nota dei mobili ed altri oggetti di mia proprietà che
intendo lasciare nel Palazzo di Pesaro (lettera D), L’ultima memoria consacrata a mio figlio, e alla di Lui consorte (lettera E), l’Epigrafe da collocarsi nel Palazzo Mosca già Mazzolari (lettera G), il Ricordo che dovrà
conservarsi perpetuamente nella mia Camera (lettera H), ed anche altre carte di minore importanza.
2
Per un’analisi più precisa relativa alla generosa donazione fatta dalla marchesa Mosca al Comune di
Pesaro, si consiglia la lettura del seguente passo presente all’interno delle Memorie scritte e sottoscritte…,
anno 1885, cit., alle cc. 503v – 504r.
“…acquistai l’artistico palazzo Mazzolari, stupendo Edifizio del valente architetto ed esimio pittore
Canonico Lazzarini, lasciato in vandalico deperimento, e rivendicandolo dalle rovine mi proposi di fare
coi limitati mezzi finanziari da me disponibili, non già un grandioso Museo industriale, ma con buona
raccolta di oggetti, e mobili antichi di qualche artistico pregio, per donarlo dopo la mia morte al Municipio di Pesaro eccetto gli oggetti marcati nella nota qui unita per essere altrimenti da me disposti,…”.
3
Per avere un quadro più preciso della breve storia relativa all’ apertura al pubblico del Museo Mosca,
si rimanda alle seguenti letture: Brega G., Bonini I.B., 1934, p. 147; pp. 200-202; Ciardi Dupré Dal
Poggetto M.G., 1989, pp. 13-15.
4
Si legga il seguente articolo: Apertura del Museo Mosca, 1 Agosto 1888, p. 2.
5
Nel 1908 i signori Della Ripa, originari di Osimo, lasciarono al Comune di Pesaro numerose suppellettili ed alcuni dipinti. I quadri in questione vengono citati nell’Inventario di G.C. Polidori (1945-1946),
e sono: una Sacra Famiglia di scuola veneta, un Cristo deriso attribuito a Gherardo Delle Notti e poi a
Trophime Bigot, e la famosa Pollarola di bottega dell’Empoli.
6
Della donazione Salvatori si rende nota la seguente trascrizione dell’ Estratto dell’inventario dell’Eredità
del fu Comme Fedele Salvatori del 1907. L’inventario in questione mi è stato gentilmente concesso dallo
storico pesarese Dante Trebbi, a cui si deve il ritrovamento.
“[…]
- Sei piccoli piatti di majolica, stile antico lire
cinque £ 5”
- Piccole figure in bronzo Amore e Psiche con
base di pietre diverse, lire trenta
30”
“
- Altro tavolino di palissandro, con zampe
centinate, con piano intarsiato di vari
150
legni lire venti
- Sopra al medesimo alcuni sopra mobili
di terraglia e metallo, lire otto
- Due vasi di ceramica (due vasi di ceramica)
lire sette
- Statua mezzana di bronzo rappresentan_
te la Venere, con soprabase di legno lustro,
lire Duecento
- Altro tavolino di palissandro, intarsiato
in avorio con piedi centinati lire
quaranta
- Sopra il medesimo piccolo scrigno di eba_
no con nove […], decorato con
quattro colonnine nel centro, e piccoli
vasetti d’avorio, lire duecento
20”
“
“
8”
7
“ ”
200”
“
“
40”
200”
“
- Sopra detto scrigno due vasi di porcellana
del Giappone moderni lire dodici e
cinquanta
1250
- Due piatti grandi in […] tondo, di cera mica, decorati, lire otto
8
___________
Totale
£ 53050
7
Il Museo Civico di Pesaro, prima dell’attuale collocazione all’interno del monumentale Palazzo Mosca,
è stato dislocato - dal 1920 fino al 1936 - nelle sale del Palazzo Ducale, sede della Regia Prefettura. Per
un elenco delle pregevoli opere presenti in quegli anni all’interno del Museo Civico e per la breve storia
relativa alla sua “antica” sistemazione, si consiglia la lettura dei due articoli rintracciati in un giornale
d’epoca: Il riordinamento del Museo civico, 10 Settembre 1932, p. 3; Il Museo Mosca, 1 Ottobre 1932, p.
3.
8
L’Inventario della Eredità della Compianta Dama Egregia Signora Marchesa Vittoria Mosca Vedova Toschi
del 1885, Fascicolo n. 72, contiene al suo interno una serie cospicua di documenti che sono ad esso
allegati, come: il Verbale di apposizione dei sigilli sulle sostanze site nel mandamento di Pesaro cadute sulla
successione della fu Marchesa Vittoria Mosca, 9 settembre 1885 (lettera A), il Verbale di rimozione dei sigilli
apposti nei due magazzini dei cereali situati lateralmente nell’andito a pian terreno nel Palazzo della fu Marchesa Vittoria Mosca, con verbale della Regia Pretura di Pesaro, 11 settembre 1885 (lettera B), il Verbale di
rimozione dei sigilli apposti nel Casino di campagna in vocabolo il Bruscolo con verbale della Regia Pretura
di Pesaro, 18 settembre 1885 (lettera C), il Verbale di rimozione dei sigilli apposti nel Palazzo abitazione
della fu Marchesa Vittoria Mosca di Pesaro, 16 settembre 1885 (lettera D), il Rapporto estimativo del Palazzo Mosca in via Rossini, 6 gennaio 1886 (lettera E), la Relazione di stima di una casa in via Mosca ai
151
civici numeri 5 e 7, 6 gennaio 1886 (lettera F), la Relazione di stima di una casa in via Tribunali al civico
numero 9, 6 gennaio 1886 (lettera G), la Relazione di stima di una rimessa con sovrastante magazzino, 6
gennaio 1886 (lettera H), la Stima e distinta della Libreria di Casa Mosca, 17 marzo 1886 (lettera I), infine, il Protocollo n. 179 della Cassa di Risparmio in Pesaro attestante le lettere di cambio emesse dalla Marchesa
Vittoria Mosca Toschi, 28 aprile 1886 (lettera K).
Calegari Franca G., 1974, pp. 35-36. L’ipotesi di una datazione per la tela del Lazzarini intorno al 1750
viene replicata circa vent’anni dopo dalla stessa studiosa nel testo che segue: Calegari G., 1993, p. 124.
20
Vedi nota 18.
21
9
Per una cronologia precisa relativa all’inizio della stesura dell’Inventario e ai vari passaggi che hanno
portato alla sua chiusura - il 17 aprile del 1886 - si consulti l’ Inventario della Eredità…, anno 1885, cit.,
alle cc. 556- 668v.; 671v. - 674r.
Per una conoscenza più approfondita relativa alla produzione teorico – trattatistica del Lazzarini, si
consiglia la seguente lettura: Vernesi V., 2005, pp. 222-223.
22 Sull’attività pittorica del Lazzarini relativa alla decorazione di edifici cittadini in collaborazione con valenti allievi, si veda: Calegari G., 1986, p. 480; Calegari G., 2000, pp. 194-195; Guerra M., 2010-2011,
pp. 71-93.
10
Vedi nota precedente, c. 650v.
11
La descrizione è tratta dall’Inventario Generale del Museo Mosca redatto dal Turrini nel 1934, in cui l’autore descrive alla c. 58r., n. 510/1113, la tela realizzata da Giannandrea Lazzarini.
23
A conferma dell’utilizzo prevalente dell’appellativo “La Mura” nei documenti d’epoca, si riporta l’indicazione della seguente opera: Sigismondo G., 1789, III, p. 102.
12
Il Polidori redige tra il 1945 ed il 1946 l’Inventario Generale del Patrimonio Artistico di proprietà del Comune di Pesaro. Al n. 222 riporta la descrizione dell’opera.
24
Per una lettura più approfondita relativa alla vita di Francesco De Mura, si consiglia l’analisi della seguente opera: De Dominici B., Ricciardi F. e C., 1742-1743, III, pp. 692-704.
13
La Consegna delle chiavi a San Pietro viene descritta nella scheda relativa all’opera. Si legga: Calegari G.,
1993, p. 124.
25
14
Il concetto viene esplicitato nel seguente testo: Baiardi Cerboni A., 2009, p. 403.
15
Vedi nota precedente, p. 418.
16
Per un’analisi più approfondita dell’argomento si rimanda alla seguente lettura: Bartolucci Fucili A.,
1986, p. 460.
17
Rizzo V., 1990, pp. 674-675 così scrive sull’argomento: “De Mura Francesco. - Nacque a Napoli il 21
apr. 1696 da Giuseppe (…commerciante di lane) e da Anna Linguito… Per una controversia che sorse
alla morte del D. tra la Casa Santa Ave Gratia Plena e il Pio Monte che beneficiò, per lascito testamentario, dell’intero immenso patrimonio dell’artista […], fu avanzata, da parte dell’Ave Gratia Plena,
che pretendeva l’eredità, la versione secondo la quale il D. era stato un trovatello “esposto” alla ruota
dell’Annunziata, battezzato col nome di Francesco e successivamente affidato, perché lo allevasse, ad
Andreana Pastore, moglie del lanaiolo Pompilio di Amura. Per questo il De Dominici scrive che era
figlio di Pompilio”.
26
Si veda l’Inventario della Eredità…, anno 1885, cit., alla c. 659v.
Un elenco più completo delle influenze classiciste subite dall’artista pesarese, viene fornito nel seguente
contributo: Barletta C., 2001, p. 35.
27
Il confronto fra la tela del Lazzarini ed il dipinto del Poussin viene precisato nel testo che segue: Baiardi
Cerboni A., 2009, p. 418.
28
Il Polidori, Inventario…, 1945 -1946, cit., al n. 698 fa questa descrizione de La Trinità di Francesco De
Mura.
29
Il concetto è tratto dalla scheda Inv. 0698 presente all’ interno dell’opera Comune di Pesaro. Museo Civico.
Catalogazione di dipinti e sculture, opera di cui si è occupata Luisa Fontebuoni tra il 1983 ed il 1985.
30
Sull’argomento si rimanda alla seguente lettura: Ambrosini Massari A.M., 1993, p. 123.
18
19
Sui tre altari della chiesa dedicata a Santa Maria Maddalena di Pesaro sono collocate le grandi tele di
impronta classicista, dipinte a Roma dal Lazzarini e inviate dallo stesso alle monache benedettine della
città: la Maddalena e le Marie al sepolcro (1744), il San Benedetto che accoglie i santi Mauro e Placido (1746)
ed il Riposo durante la fuga in Egitto (1748). Dal confronto fra lo stile delle tre pale d’altare e la tela in
esame viene dedotta per quest’ ultima una datazione attorno alla prima metà del Settecento. Si veda:
152
La descrizione è tratta da Turrini E.V., Inventario …, anno 1934, cit., alla c. 55r., n. 462/1223 in cui
l’autore parla dell’opera del De Mura.
153
45
31
Sull’influenza che il pittore Luca Giordano ha manifestato nei confronti della figura del De Mura, si
consiglia l’analisi del seguente testo: Spinosa N., 2009, p. 31 e p. 39.
32
Il pittore Corrado Giaquinto ha “ispirato” la produzione pittorica del De Mura. Sull’argomento si legga:
Spinosa N., 1980, II, p. 433.
33
Vedi nota 29.
34
Sull’ipotesi di datazione, si veda: Dal Poggetto P., 2001, II, p. 236. Per approfondire invece l’argomento
relativo alla Villa Imperiale di Pesaro, si legga: Tesini F., 2009, pp. 65-67.
46
Si analizzi il seguente testo: Droghini M., 2002, II, pp. 114-115.
47
Vedi nota precedente.
48
Per approfondimenti sulla figura del pittore napoletano Francesco Solimena nel suo rapporto con il
De Mura, si veda: Pugliese V., 2004, pp. 533-534.
Napoleone Bonaparte, dopo essere stato ospitato per ben due volte in casa Mosca, regalò al marchese
Francesco, nonno di Vittoria, un servizio da tavola in porcellana di origine cino- giapponese di particolare valore. Questo servizio passò sin dal 1885 in proprietà del municipale Museo delle Ceramiche per
disposizione testamentaria della marchesa; successivamente rimase esposto al pubblico per molti anni
prima nel Palazzo Mazzolari, poi in quello ducale. Si veda: Brancati A., 1981, p. 269.
35
Sulla figura del Cavaliere Domenico Viola si consigliano le seguenti letture: Rizzo V., 1978, p. 93;
Spinosa N., 2003, p. 14 e p. 19, nota 5.
36
Sulla definizione del Vanvitelli si veda: Rizzo V., 1980, p. 39.
49
Si consultino gli Atti Consigliari del 1886, alle cc. 285-291.
50
Le realtà museali che stavano nascendo in Europa e nel resto del mondo a partire dalla seconda metà
dell’Ottocento, vengono elencate nel seguente testo: Fanelli Bonito R., 1989, p. 31.
51
Si tratta della Legge Nasi del 12 giugno 1902, n. 185. Sull’argomento si legga: Bolognesi C., 2002, pp.
17-19.
37
Si tratta della trascrizione presente all’interno dell’Inventario della Eredità…, anno 1885, cit., alla c.
650v.
38
39
40
41
42
Per una maggiore chiarezza sull’origine dell’appellativo con cui viene chiamato l’artista, si veda: Droghini M., 2001, p. 32 nota 16.
52
Si faccia riferimento a Turrini E.V., Inventario…, 1934, cit., alla c. 7r., n. 176/1112. Qui l’autore descrive
l’opera di Raffaellino del Colle.
53
Si veda Polidori G.C., Inventario…, 1945-1946, cit., al n. 3911. In quest’ opera l’autore fa una descrizione della tavola in esame.
Per avere una visione più precisa circa l’origine dell’opera ed i suoi spostamenti, si consulti: Droghini
M., 2004, pp. 119-131, con bibliografia precedente.
Sul tema del Presepio e sul confronto fra la tavola della collezione Mosca e la Madonna del Velo, si veda:
Giardini C., 1998, p. 39; Dal Poggetto P., 2004, p. 378.
Per un’analisi più dettagliata circa il discorso di Robert Peel ed il contesto storico in cui è stato fatto, si
veda: Barletta C., 1990, p. 38.
La citazione è tratta dalle Memorie scritte e sottoscritte…,anno 1885, cit., alla c. 503v.
54
Vedi nota precedente.
55
Sull’ Ospedale San Salvatore di Pesaro si legga: Brega G., Bonini I.B., 1934, pp. 218-219.
56
Sui giorni e sugli orari di apertura al pubblico del Museo Mosca, si veda: Ciardi Dupré Dal Poggetto
M.G., 1989, p. 24, nota 1.
43
Si legga il seguente intervento: Roio N., 1993, p. 68.
44
Vedi nota 42, relativa al contributo dello studioso Dal Poggetto.
154
155
CONCLUSIONE
L’opera in esame non è da considerarsi un compendio completo sulla vita di Vittoria
Mosca Toschi, nobildonna illuminata vissuta nel XIX secolo. Bensì come una traccia
semplice, diretta della sua “storia” pubblica e privata.
Forse più privata, che pubblica. Perché si sarebbero potute sviscerare infinite ricerche
relative all’immenso patrimonio che la donna ha donato al Comune di Pesaro, molteplici
spunti da cui farsi trascinare per redigere un testo tecnicamente complesso, più corposo.
Ma non era quello il mio intento, come si sarà compreso.
Per questo primo studio, ho scelto di concentrarmi principalmente sul mondo poetico
della marchesa - inteso come strumento di emancipazione femminile - per far emergere
tutta la forza d’animo e la sensibilità di una donna matura, versatile, anticipatrice di altri
Tempi storici. Per far comprendere, insomma, chi era veramente la nobile Vittoria Mosca
Toschi.
Una poetessa
Una scrittrice
Una collezionista
Una mediatrice politica
Un’ imprenditrice
Un’amante delle “arti belle”
Un’appassionata della vita
Una donna dalla mente libera e generosa
Un’anticipatrice
Vittoria era tutto questo, e forse, anche di più.
156
157
RINGRAZIAMENTI
BIBLIOGRAFIA GENERALE
Questo libro nasce e si sviluppa grazie al proficuo e continuo confronto con colleghi,
familiari e amici, che hanno amorevolmente elargito indicazioni a volte tecniche, a volte
più emotive relative all’argomento e alla struttura del testo.
In fondo, come sapeva anche Vittoria, la collaborazione è alla base del processo di vita e
di ogni creazione artistica.
Un ringraziamento particolare alla Banca di Credito Cooperativo di Gradara che ha
creduto in questo lavoro.
Fonti Manoscritte e Opere Dattiloscritte (non edite)
Accademia Agraria di Pesaro ed eredi di Bianca Mosca, atto di acquisto, fondo notarile, notaio Guidi Ermenegildo, 18 settembre 1876, rep. 370/482, reg. 7 ottobre 1876, R.
P. 13, n. 350, Pesaro, Archivio di Stato.
Atti Consigliari, 26 agosto 1886, Pesaro, Biblioteca Oliveriana.
Atto di acquisto dell’ex Palazzo Mazzolari da parte della Marchesa Vittoria Mosca,
fondo notarile, notaio Luigi Perotti, 6 ottobre 1842, vol. II, rep. 3818, reg. 12 ottobre
1842 al vol. 36, R. P. 58, n. 12748, Pesaro, Archivio di Stato.
Atto di acquisto di Villa Caprile, fondo notarile, notaio Guidi Ermenegildo, 18 settembre 1876, rep. 370/482, reg. 7 ottobre 1876, R. P. 13, n. 350, Allegato n. 105, Lettera A,
Pesaro, Archivio di Stato.
Contratto di matrimonio di Vittoria Mosca con Vincenzo Maria Toschi, fondo notarile,
notaio Luigi Bertuccioli, 17 giugno 1856, vol. 45, rep. 3994, reg. 25 giugno 1856 al
vol. 55, R. P. 30, n. 19863, Pesaro, Archivio di Stato.
Estratto dell’inventario dell’Eredità del fu Comme Fedele Salvatori, notaio Umberto
Serafini, maggio - giugno - luglio 1907, documento in copia, Pesaro, Archivio Musei
Civici.
Fontebuoni Luisa, Comune di Pesaro. Museo Civico. Catalogazione di dipinti e sculture, 1983-1985, schede dattiloscritte, Pesaro, Archivio Musei Civici.
Guerra Margherita, Rappresentazione e iconografia delle figure femminili dell’Antico
Testamento: un esempio pesarese di Giannandrea Lazzarini, tesi di laurea, Università
degli Studi di Urbino, A.A. 2010-2011.
Inventario della Eredità della Compianta Dama Egregia Signora Marchesa Vittoria
Mosca Vedova Toschi, notaio Berardo Paolucci, 11 settembre 1885, rep. 411/980, reg.
3 maggio 1886 al vol. 25, R. P. 110, n. 765, Fascicolo n. 72, Pesaro, Archivio Notarile
Distrettuale.
Lettere alla Marchesa Vittoria Mosca, Ms. 2268, Pesaro, Biblioteca Oliveriana.
Libro IX de’ Morti, 1817 e 1834, Pesaro, Archivio Storico Diocesano.
158
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laurea, Università degli Studi di Urbino, vol. 1, A.A. 1986-87.
Toschi Vincenzo Maria, Lettera a Gordiano Perticari, in Ms. 1927, appendice al fasc. II del
Ms. XVII, Carteggio di Gordiano Perticari, n. 195, Pesaro, Biblioteca Oliveriana.
Memorie scritte e sottoscritte di mia propria mano che fanno seguito al mio testamento
del 15 settembre 1877 datato da Gubbio, notaio Berardo Paolucci, 8 settembre 1885,
rep. 406/974, reg. 16 settembre 1885 al vol. 24, R. P. 86, n. 160, Allegato n. 68, lettera
C, Pesaro, Archivio Notarile Distrettuale.
Turrini Eraclio Vitaliano, Inventario Generale del Museo Mosca, 1934, Pesaro, Archivio Musei Civici.
Montuoro Maria Rosaria, Annibale degli Abbati Olivieri Giordani e la società pesarese del ‘700, tesi di laurea, Università degli Studi di Urbino, A.A. 2001-2002.
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Mss. XII-XV (1922-1925), Carteggio di Giulio Perticari, fascicolo II, (ME – Z), n.
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Mosca Vittoria, Due lettere a Terenzio Mamiani, fondo comunale Mamiani, n. 9249 e
n. 9250, Pesaro, Biblioteca Oliveriana.
Mosca Vittoria, Lettera a Francesco Cassi, in Ms. 1900, Carteggio di Francesco Cassi, fascicolo III, (Lett. M.), n. 34bis, Pesaro, Biblioteca Oliveriana.
Mosca Vittoria, Quattro sonetti di Vittoria Mosca, in Ms. 1916, fascicolo I, lettera f,
Autografi e copie di poesie di vari autori, delle quali alcune in onore e lode di Giulio
Perticari,, n. 16, Pesaro, Biblioteca Oliveriana.
Polidori Gian Carlo, Inventario Generale del Patrimonio Artistico di proprietà del Comune di Pesaro, 1945-1946, dattiloscritto, Pesaro, Archivio Musei Civici.
Processo Verbale di deposito di Testamento olografo, notaio Berardo Paolucci, 8 settembre 1885, rep. 406/974, reg. 16 settembre 1885 al vol. 24, R. P. 86, n. 160, Fascicolo n. 68, Pesaro, Archivio Notarile Distrettuale.
Registro dei decessi e delle tumulazioni nel Cimitero Centrale di Pesaro, 1885-1891, n.
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Registro dei morti, 8 settembre 1885, n. 332, Pesaro, Archivio Servizi Demografici.
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Grafica: Michele Balducci
Stampato nel novembre 2013 presso Grapho 5 Service - Fano
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