La capacità di guidare nelle persone affette da diabete mellito
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La capacità di guidare nelle persone affette da diabete mellito
La capacità di guidare nelle persone affette da diabete mellito potrebbe essere alterata da 3 condizioni: l’iperglicemia, l’ipoglicemia e le complicanze legate al diabete (oculari, cardiache e neurologiche). Nelle varie legislazioni presenti nel mondo la maggiore attenzione viene rivolta all’ipoglicemia e ai deficit visivi. 1. Definizione di ipoglicemia, ipoglicemia grave e frequenza nella popolazione diabetica La risposta normale dell’organismo alla discesa della glicemia segue delle fasi ben studiate e conosciute: intorno a 80 mg/dl di glicemia si blocca la secrezione di insulina; a 70 mg/dl inizia la secrezione degli ormoni controregolatori che servono ad aumentare la glicemia (glucagone e adrenalina); a glicemie leggermente più basse vengono secreti l’ormone della crescita e il cortisolo ; gli ormoni controregolatori inoltre sono responsabili dei sintomi autonomici (sudorazione, tachicardia, senso di fame etc.) che compaiono intorno a 60 mg/dl mentre i sintomi neurologici come l’alterazione cognitiva, espressione del deficit di glucosio a livello delle cellule nervose si manifestano sotto 50 mg/dl. Il margine fra comparsa dei sintomi autonomici e comparsa dei sintomi neurologici costituisce l’ambito per intervenire prima che la situazione peggiori. Definizione Le linee guida Canadesi, Statunitensi e gli Standard di cura Italiani per il Diabete Mellito concordano nel definire ipoglicemia nella popolazione diabetica un valore inferiore a 70 mg/dl. Per “ipoglicemia grave” i documenti intendono rispettivamente: Il diabetico necessita dell’assistenza di un’altra persona, può verificarsi una perdita di coscienza e di solito, se misurata, la glicemia risulta inferiore a 50 mg/dli. Un evento che richiede l’assistenza di un'altra persona per la somministrazione di zuccheri o glucagone. L’episodio può essere associato ad uno stato di coma o ad una crisi epilettica. Anche in assenza di una determinazione della glicemia la reversibilità dei sintomi dopo somministrazione di zuccheri è sufficiente a indicare un’ipoglicemia come causa dei sintomiii. L’individuo presenta uno stato di coscienza alterato e necessita dell’aiuto o della cura di terzi per risolvere l’ipoglicemiaiii. Riassumendo un’ipoglicemia grave si caratterizza per l’incapacità del diabetico di gestire da solo il problema a prescindere dal livello di glicemia eventualmente riscontrato. Lo stato di coscienza alterato non comporta necessariamente una perdita di coscienza. La diagnosi di ipoglicemia grave non richiede necessariamente che sia dovuto intervenire personale sanitario o che sia stato necessario somministrare glucosio per via endovenosa. Frequenza nella popolazione diabetica Un recente studio osservazionale di circa 1 anno su 383 diabetici nel Regno Unito ha delineato l’entità dell’ipoglicemia graveiv (Tabella 1). E’ interessante notare la sproporzione fra prevalenza del fenomeno (a destra) che appare notevole e l’incidenza (a sinistra) che invece è assai più rassicurante. Inoltre il fenomeno non interessa tutta la popolazione diabetica in modo uniforme, in particolare si differenzia fra diabete tipo 1 e diabete tipo 2, in base alla presenza o meno di terapia insulinica, alla durata della malattia e della terapia, in particolare di quella insulinica: Tabella 1 Incidenza e prevalenza di ipoglicemia grave in una popolazione diabetica inglese Episodi per persona all’anno % con almeno un’ipoglicemia grave Diabete tipo 1 <5 anni di durata 1,1 22% Diabete tipo 1 >15 anni di durata 3,2 46% Diabete tipo 2 in terapia con farmaci orali 0,1 7% Diabete tipo 2 in terapia insulinica da <2 anni 0,1 7% Diabete tipo 2 in terapia insulinica da >5 anni 0,7 25% In altre parole solo il gruppo di diabetici di tipo 1 con durata di malattia >15 anni ha un’incidenza media di ipoglicemia grave superiore a 2 eventi l’anno per paziente. Un altro studio, questa volta danese, ha valutato per 1 anno una popolazione di 401 diabetici di tipo 2 in trattamento insulinico della durata media di 7 anni, ma che spaziava da 1 a 28 anniv. L’incidenza di ipoglicemia grave è stata di 0,44 eventi all’anno per paziente (a metà strada fra lo 0,1 e lo 0,7 della popolazione inglese) ed ha interessato il 16,5% dei pazienti (anche in questo caso intermedio fra il 7% e il 25% dello studio inglese). I dati dei due studi di fatto si confermano a vicenda. E’ interessante notare come nello studio danese il 10% dei pazienti aveva avuto un solo episodio, mentre il restante 6,5% aveva lamentato da 2 fino a 10 episodi l’anno. E’ evidente di conseguenza che nell’ambito della popolazione diabetica in generale peculiari fattori di rischio intervengono nel determinare l’ipoglicemia grave o peggio il ripetersi degli episodi. Risultavano come fattori di rischio per l’ipoglicemia grave l’alterata capacità di riconoscere l’ipoglicemia (che tratteremo successivamente), la durata del diabete e il fatto di essere coniugati (chi è coniugato ha maggiori possibilità che la persona con cui vive si renda conto dell’ipoglicemia, mentre chi vive da solo può avere e superare un’ipoglicemia grave senza rendersene conto). La presenza di una neuropatia diabetica periferica aumentava il rischio di ipoglicemie gravi ripetute, mentre una lunga durata del diabete prima di iniziare la terapia insulinica e l’uso di particolari farmaci antiiipertensivi riducevano il rischio. Come abbiamo visto il rischio di ipoglicemia grave è notevolmente basso nei diabetici di tipo 2 non in trattamento insulinico già con i vecchi farmaci come sulfoniluree e glinidi. I nuovi farmaci che stimolano la secrezione insulinica come gli analoghi o mimetici del GLP-1 e gli inibitori del DPP-IV indubbiamente riducono l’incidenza di ipoglicemie totali in confronto alle sulfoniluree e alle glinidi, ma nessun dato è disponibile sulle ipoglicemie gravi dal momento che negli studi preregistrazione l’incidenza di ipoglicemie gravi dato il basso numero e il tipo di soggetti studiati sono praticamente assenti. Qundi non esistono dati per affermare che questi nuovi farmaci riducano nel mondo reale il rischio, peraltro già basso, di ipoglicemia grave nelle persone con diabete di tipo 2. Questa cautela è giustificata in base a quanto già verificatosi in passato con le glinidi: netta riduzione di ipoglicemie totali negli studi preregistrazione, ma riscontro nel mondo reale di ipoglicemie gravi a causa di interazioni con altri farmaci, interazioni che non possono essere valutate negli studi preregistrazionevi. In conclusione il rischio di ipoglicemia grave interessa la popolazione diabetica in modo estremamente disuguale: una piccola percentuale presenta episodi ripetuti, mentre la stragrande maggioranza non ha episodi ed un altro piccolo gruppo non va oltre un episodio l’anno. In particolare il rischio di avere almeno 2 episodi di ipoglicemia grave in anno sembra ristretto ai diabetici di tipo 1 con lunga durata di malattia e ai diabetici di tipo 2 in trattamento insulinico con diagnosi di neuropatia diabetica. 2. Alterata percezione dell’ipoglicemia: Impaired awareness of hypoglycaemia Se a parità di glicemia bassa un diabetico si rende conto della situazione ed è in grado di gestirsi da solo mentre un altro non lo fa è evidente che in questo caso è alterata la percezione dell’ipoglicemia. Nei diabetici di tipo 1 dopo 5 anni di durata della malattia si perde la capacità secretoria del glucagone e la prima fase della risposta ormonale all’ipoglicemia si basa soltanto sull’adrenalinavii viii. Con il ripetersi delle ipoglicemie anche la capacità secretoria dell’adrenalina tende a ridursiix. Questo disturbo della secrezione degli ormoni controregolatori è stato definito “Central autonomic failure”. Inoltre le ipoglicemie indotte dall’insulina abbassano il livello di glicemia al quale vengono secreti l’adrenalinax ed anche il cortisoloxi, riducendo di conseguenza o addirittura annullando la comparsa dei sintomi autonomici: “le ipoglicemie causano altre ipoglicemie”. In assenza o in ritardo dell’allarme costituito dai sintomi autonomici il rischio di comparsa di un disturbo cognitivo e d’incapacità di autogestirlo, in altre parole di ipoglicemia grave, aumentano a loro volta. Questo processo viene definito “Impaired awareness of hypoglycemia”. Questi fenomeni si verificano, sia pure più lentamente, anche nei pazienti diabetici di tipo 2 in trattamento insulinico. Si può stimare la prevalenza dell’alterata percezione in circa il 2025% dei diabetici di tipo 1xii xiii xiv e in circa il 10% dei diabetici di tipo 2 insulino trattatixv xvi. Bisogna ricordare che tutte queste valutazioni sono state ottenute con questionari anamnestici in lingua inglesexvii xviii . Tuttavia non esistono traduzioni validate di questi questionari in lingua italiana per una diagnosi attendibile di alterata percezione dell’ipoglicemia. I fattori di rischio per l’alterata percezione in base a quanto detto sono la durata della malattia e la frequenza di ipoglicemie recenti. Un punto fondamentale da sottolineare è che mentre i deficit di secrezione del glucagone e dell’adrenalina (Central autonomic failure) sono fenomeni irreversibili l’alterata percezione dell’ipoglicemia è un fenomeno reversibilexix. E’ sufficiente un breve periodo di controllo glicemico a livelli leggermente più alti per far sparire le ipoglicemie e di conseguenza interrompere il circolo vizioso che ha portato all’alterata percezione. E’ interessante infine notare come il fenomeno dell’alterata percezione non si sviluppi o sia di scarsa entità nei diabetici di tipo 2 non trattati con insulinaxx. Addirittura in questi pazienti è più frequente che la soglia per la secrezione degli ormoni controregolatori sia più elevata del normalexxi. Di conseguenza i rari casi di ipoglicemia grave nei pazienti con diabete di tipo 2 non trattati con insulina hanno cause completamente diverse, quali errori del paziente nell’alimentazione o nella somministrazione dei farmaci o la coesistenza di altre patologie che alterino il metabolismo dei farmaci. L’alterata percezione all’ipoglicemia riguarda soltanto una parte dei diabetici in trattamento insulinico e correttamente trattata può normalizzarsi. La diagnosi è anamnestica e almeno nel nostro paese affidata solo al giudizio clinico del medico in assenza di un metodo standardizzato. 3. Diagnosi di diabete e rischio di incidenti stradali Studi ambulatoriali Nel 1980 uno studio su 94 diabetici tipo 1 ha riportato che il 40% ricordava sintomi da ipoglicemia mentre era alla guidaxxii. Sempre nel 1980 un altro studio ha riferito che il 13,6% di 250 diabetici di tipo 1 era stato coinvolto in un incidente stradale dopo l’inizio della terapia insulinica e il 5,2% riteneva che la causa potesse essere un episodio di ipoglicemiaxxiii. Questo gruppo di diabetici è stato seguito e monitorizzato per 8 anni: il 20% dei diabetici ha riportato episodi di ipoglicemia mentre era alla guida. Tuttavia correggendo in funzione del chilometraggio si ricavava che il numero di incidenti stradali in questa popolazione diabetica era pari a 5,4 per milione di miglia percorse contro i 10 incidenti per milione di miglia percorse nella popolazione generalexxiv. Un altro dato che non mostra un rischio aumentato nella popolazione diabetica è stato raccolto a Belfast su 354 diabetici in trattamento insulinico con una frequenza di incidenti stradali di 7,9 per milione di miglia contro 7,8 nel gruppo di controlloxxv. Al contrario a Pittsburgh, Pennsylvania, è stato riscontrato un trend non statisticamente significativo di aumento degli incidenti stradali in 121 diabetici di tipo in confronto ad un gruppo di controllo: 10,4 contro 3,9 incidenti per milione di migliaxxvi. In questo studio però mancavano tutti i dati sulle caratteristiche e gravità degli incidenti. In una popolazione di 120 pazienti con diabete di tipo 2 solo 5 hanno riferito sintomi da ipoglicemia mentre guidavano e nessun incidente stradale è stato correlato ad un’ipoglicemiaxxvii. Uno studio condotto in 7 città degli USA e 4 città europee su 313 diabetici di tipo 1 e 274 diabetici di tipo 2, di cui 159 in trattamento insulinico ha mostrato che il 19% dei diabetici di tipo 1 riferiva incidenti stradali contro il 12% dei diabetici tipo 2 e l’8% dei coniugi non diabetici usati come gruppo di controlloxxviii. Il dato più interessante è la differenza di ipoglicemia fra USA ed Europa: negli USA il 31% dei diabetici di tipo 1 riferiva ipoglicemia durante la guida negli ultimi 2 anni e il 28% negli ultimi 6 mesi, mentre in Europa il dato calava al 4% e al 16%. Nel caso del diabete tipo 2 la frequenza era 8% e 6% negli USA mentre in Europa nessun diabetico di tipo 2 riportava ipoglicemia durante la guida. A dispetto di questa differenza nell’ipoglicemia la % di diabetici che riferiva incidenti stradali era statisticamente più alta in Europa sia per il tipo 1 (23% vs 16%) che per il tipo 2 (19% vs 8%). Gli studi ambulatoriali presentano comunque notevoli limitazioni dovute alla scelta più o meno arbitraria della popolazione da studiare e del tipo di gruppo di controllo. In tutti gli studi citati mancano dati sulla gravità e sulle circostanze degli incidenti stradali. Infine non tutti esprimono i risultati in funzione del chilometraggio percorso dai soggetti studiati. Studi su ricoveri ospedalieri Uno studio eseguito nella Western Australia fra il 1971 e il 1979 su 8623 diabetici non ha riscontrato un maggior numero di ricoveri ospedalieri per incidenti stradali per i diabetici rispetto ai non diabetici. Tuttavia il rischio era aumentato nei diabetici con meno di 55 anni sia come guidatori che come pedonixxix. L’analisi delle cartelle ospedaliere di 484 diabetici ricoverati a Marshfield nel Wisconsin ha evidenziato un lieve aumento di rischio per incidenti stradali, ma non per violazioni del codice. Purtroppo il dato non era corretto per il numero di Km percorsi e quindi deve essere valutato con qualche dubbioxxx. In Olanda la prevalenza di diabete fra i ricoverati in rianimazione per incidenti stradali era leggermente più piccola che nella popolazione generalexxxi. I dati dello Scottish Trauma Audit Group su 11244 ricoverati dopo aver selezionato i ricoverati per incidenti stradali che fossero morti o fossero stati ricoverati per più di 3 giorni, ha identificato soltanto 23 diabetici in trattamento insulinico con una differenza non significativa per rischio di incidente stradale rispetto alla popolazione generalexxxii. Studi di compagnie assicurative A Washington un’analisi dei dati di una compagnia assicurativa ha identificato 234 soggetti con più di 65 anni coinvolti in un’incidente stradale durante un periodo di 2 anni. Di questi soltanto 26 erano diabetici (6 in trattamento insulinico, 12 in trattamento ipoglicemizzante orale e 8 curati soltanto con la dieta). Soltanto nei diabetici trattati con insulina si evidenziava un aumento del rischio di incidenti stradali. Il basso numero di diabetici rende però i dati alquanto debolixxxiii. La Danish Diabetes Association, che offre ai suoi iscritti un’assicurazione gratuita collettiva ha segnalato un rischio di incidenti stradali notevolmente più basso nei diabetici rispetto alla popolazione generale (0,7 / 1000 anni persona vs 4,4). E’ da sottolineare che in una popolazione di 7599 diabetici in un periodo di 3 anni si è verificato un solo incidente stradalexxxiv. Studi a livello territoriale Una ricerca condotta in Islanda su tutti gli incidenti stradali con il coinvolgimento di un solo veicolo fra il 1989 e il 1991 ha identificato 471 casi. La ricerca è particolarmente interessante perché gli incidenti stradali con un solo veicolo possono essere meglio rappresentativi dei problemi legati al conducente quali l’abuso di alcool, l’uso di droghe o condizioni mediche. La prevalenza di diabete nella popolazione identificata è risultata essere esattamente la stessa della popolazione generalexxxv. Un’indagine condotta in Alabama su 447 guidatori con più di 65 anni che avessero avuto almeno un incidente stradale nel corso del 1996 non ha dimostrato alcun aumento nella prevalenza di diabete rispetto al gruppo di controlloxxxvi. Negli USA il National Highway Traffic Safety Administration ha esaminato 68770 incidenti stradali. Nei soggetti con patologie metaboliche è stato dimostrato un aumento del rischio per incidenti stradali. Purtroppo questo gruppo non era composto soltanto da diabetici e la percentuale non è stata indicata dagli autori dello studioxxxvii. Uno studio condotto nel Regno Unito ha esaminato i 29477 incidenti stradali riportati in un lasso di tempo di 5 anni nel database delle regioni del Devon e del Cornwall. Nella popolazione diabetica l’incidenza di incidenti stradali era circa la metà della popolazione non diabetica, dato riscontrato uniformemente sia nei trattati con insulina che con pillole o dieta. Indubbiamente il risultato può essere stato influenzato dal fatto che la popolazione di controllo aveva un’età più bassa rispetto alla popolazione diabetica, ma comunque resta evidente che non si dimostri un aumento del rischio nella popolazione diabeticaxxxviii. L’analisi di tutti i 20494 incidenti stradali verificatisi in Norvegia fra l’aprile del 2004 e il settembre 2006 ha evidenziato che la popolazione diabetica in trattamento con ipoglicemizzanti orali non mostra un aumento del rischio di incidenti stradali, mentre la popolazione diabetica in trattamento insulinico ha un aumento significativo del rischio. Tuttavia gli autori hanno segnalato che la popolazione in trattamento con farmaci anti ulcera peptica e anti reflusso gastroesofageo, 2 patologie che non presentano nessuna ragione teorica per un aumento del rischio, presenta lo stesso aumento del rischio dei pazienti diabetici trattati con insulinaxxxix. Dati Italiani Gli unici dati disponibili in Italia sono prodotti annualmente dal rapporto ACI-ISTAT sugli incidenti stradali. Anche se manca un’indicazione chiara su incidenti causati da condizioni mediche del conducente, unendo i dati relativi a “improvviso malore”, “condizioni morbose in atto” e “altre cause relative allo stato psicofisico del conducente” si ottiene che queste 3 cause appaiono responsabili in Italia di 1112 incidenti stradali pari allo 0,38% del totale nel 2007 e di 1008 incidenti stradali pari allo 0,37% del totale nel 2008xl. Nel rapporto ACIISTAT del 2009 il dato non è stato più presentato perché “….. a causa dell’esiguo numero di circostanze presunte dell’incidente legate allo stato psicofisico del conducente……… per l’anno 2009 non xli sono stati pubblicati i dati sugli incidenti stradali dettagliati per tali circostanze . Per motivi legati spesso all’indisponibilità dell’informazione al momento del rilievo, inoltre, risulta, da parte degli Organi di rilevazione, di estrema difficoltà la compilazione di quesiti sulle circostanze presunte degli incidenti quando queste siano legate allo stato psico fisico del conducente. Il numero degli incidenti …. risulta, quindi, sottostimato. In particolare, nel caso di incidenti stradali con circostanze presunte legate allo stato psicofisico alterato del conducente si rileva una netta discrepanza con i risultati diffusi da altri Organismi internazionali che hanno condotto studi ad hoc su queste tematiche.”. L’ACI e l’ISTAT si rifanno ad una pubblicazione specifica dell’’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) che però al suo interno contiene dati soltanto sugli incidenti legati all’abuso di alcool che appaiono effettivamente sottostimatixlii. Nulla è riportato nel documento del WHO sugli incidenti legati a condziioni mediche del conducente. Gli unici dati disponibili in Europa, anche se in parte datati, indicano che le condizioni mediche sono responsabili dello 0,3-0,4% degli incidenti stradali, un dato simile a quanto ricavabile dai dati ACI-ISTAT in Italiaxliii xliv xlv . In questo piccolo gruppo la prima causa medica appare essere l’epilessia (38%), seguita dal diabete (18%), dall’infarto (8%) e dall’ictus (8%). In base a questi dati si potrebbe stimare che il diabete mellito, condizione clinica che interessa l’8,8% della popolazione italiana fra 20 e 79 anni potrebbe essere stato la causa di 184 incidenti stradali su un totale di 278592 nel 2008 in Italia vale a dire soltanto lo 0,07%. In conclusione i dati presenti in letteratura non confermano assolutamente la diffusa opinione che la diagnosi di diabete di per sé comporti un aumento del rischio di incidenti stradali. Parimenti i dati a disposizione non dimostrano in modo convincente che i diabetici in trattamento insulinico abbiano un rischio aumentato. Questi dati ovviamente non escludono la possibilità che un sottogruppo o dei sottogruppi della popolazione diabetica abbiano effettivamente un rischio aumentato. 4. Conclusioni Si possono in conclusione formulare le seguenti osservazioni in merito al Decreto Ministeriale 30 novembre 2010 pubblicato sulla GU n_301 del 27 dicembre 2010, al Decreto Legislativo 59 del 20 aprile 2011 pubblicato sulla GU n_99 del 30 aprile 2011 e allle Indicazioni Operative DGPREV del 25 luglio 2011: PREMESSO CHE: 1. La maggioranza delle persone con diabete non ha un rischio significativo di ipoglicemia grave (diabetici di tipo 1 con meno di 15 anni di durata della malattia, diabetici di tipo 2 non in trattamento insulinico o in trattamento insulinico da meno di 5 anni). 2. Fra le restanti persone con diabete a rischio di ipoglicemia grave (diabetici di tipo 1 con più di 15 anni di durata di malattia e diabetici di tipo 2 in trattamento insulinico da più di 5 anni) solo una minoranza presenta almeno 2 o più episodi di ipoglicemia grave l’anno. 3. Non esistono al momento per le persone con diabete e per i medici non di lingua inglese mezzi di valutazione riproducibili e validati per diagnosticare l’alterata percezione dell’ipoglicemia e quindi definire correttamente il rischio di ipoglicemia grave. 4. La condizione di alterata percezione dell’ipoglicemia è un fenomeno reversibile grazie a modifiche temporanee della terapia consigliate dal medico e applicate dalla persona con diabete. 5. Non vi è prova significativa in tutta la letteratura medico scientifica di un aumento degli incidenti stradali nella popolazione diabetica. Al contrario i dati che mostrano una tendenza di riduzione degli incidenti stradali rispetto alla popolazione generale sono più numerosi dei dati che mostrano un aumento. 6. I dati Italiani dell’ACI ISTAT per quanto limitati confermano la bassissima prevalenza di incidenti stradali legati a condizioni di salute del conducente. 7. Nell’ultima pubblicazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sul problema degli incidenti stradali e sugli interventi fattibili per ridurli non una sola parola viene spesa sugli incidenti stradali da cause riconducibili a condizioni di salute del conducente a riprova di quanto essi rappresentino una percentuale insignificante del totale. SI RITIENE CHE: 1. Un limite di 5 anni alla durata del rinnovo della patente imposto alle persone con diabete non abbia ragionevoli dati a supporto e sia gravemente discriminatorio per la maggioranza delle persone affette da diabete. 2. Non esistano dati a supporto che i nuovi farmaci stimolanti la secrezione insulinica riducano il rischio di ipoglicemia grave in confronto a sulfoniluree e glinidi. 3. La definizione del rischio di ipoglicemia prevista sia troppo generica e lasci margini troppo ampi di discrezionalità al medico esponendo la persona con diabete ad ingiustificate disparità di valutazione. Roma, 20/10/2011 Dr. Salvatore Caputo Direttore Comitato Scientifico DIABETE ITALIA Responsabile Struttura Semplice di Diabetologia Policlinico A. Gemelli Università Cattolica del sacro Cuore Roma BIBLIOGRAFIA i Yale JF et al: 2001 Canadian Diabetes Association clinical practices guidelines for the prevention and management of hypoglycemia in diabetes. 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