calce a Ono San Pietro[2]

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calce a Ono San Pietro[2]
La produzione della calce a Ono San Pietro
« ••• Per produrre la calce ci vuole il calcare chiaro
della Concarena che finisce dalle parti di Cemmo e
Pescarzo; le rocce che ci sono oltre non sono più buone.
Noi andavamo anche sulla Concarena perché erano
tanti quelli che consumavano pietre. Si recuperavano
anche i sassi delle "murache" sparse per la campagna,
quelli brutti (color nero e sarizzo) li scartavamo e
usavamo gli altri. Per chiudere la volta della "calchera"
si usavano massi anche di un quintale, tagliati a forma
di cuneo ...
Per cuocere il calcare ci volevano 8 giorni e 8 notti, se
tutto andava bene ... I primi giorni bisognava far fuoco
pian pianino; non è poi che si potesse introdurre legna a
volontà perché, non essendoci dentro sufficienti calorie,
non si consumava bene. Per tre giorni bisognava andare
piano: il primo giorno 30-40 fascine, il secondo se ne
bruciavano 50-60, il terzo, quando la fornace
cominciava ad essere ben calda, un po' di più, dal
quarto in poi andava a pieno ritmo. Ci
volevano in tutto sulle 2.000 fascine di
legna, una fascina pesava in media di 25-30
Kg, quindi dai 500 ai 600 quintali di legna.
Ogni tipo di legna andava bene: da quella
sottile
A Ponte di Legno andavamo su con due muli.
Si caricavano 5 quintali per volta; il secondo
giorno andavamo fino a Precasaglio [frazione
di Ponte di Legno, n.d.r.] e poi ritornavamo a
Ono S. Pietro.
La calce la vendevamo ai muratori ... Se ne
usava tanta anche per irrorare la vite,
mescolata al solfato di rame ...
C'era allora il grosso problema dei trasporti
perché si andava solo con i muli; più tardi
abiamo cominciato con i camion; il primo è
stato quello del "Moga", uno di Cemmo: lui
aveva un camion che andava a metano.
Questo non tanti anni dopo la guerra (primi
anni '50).
fino a quella di 30 cm di diametro: tutta
quella che passava dalla bocca della
fornace.
Alla fine degli 8 giorni e delle 8 notti si
ricavavano 250-300 quintali di calce.
La vendevamo in tutta la Valle Camonica,
da Ponte di Legno fino a Bienno, Darfo.
Era un camioncino con cassone e sponde di
legno; faceva un rumore infernale; non aveva
l'idea del camion. Ci sembrava tanto poter
caricare 250-300 fascine di legna, abituati,
porco cane, con un carro su cui ci stavano 30
al massimo 40 fascine, quando i muli erano
buoni.
Ad un certo punto, al posto della legna
hanno cominciato ad usare nafta e copertoni,
ma la calce non era bella. Noi non abbiamo
mai usato né nafta né altro, solo legna.
Se tu bruci copertoni o nafta, al posto di 8
giorni riesci a far cuocere la calce in 5 giorni,
però viene stracotta e assorbe anche la nafta
e, quando si bagna, quella parte lì stenta a
sciogliersi e quando la mescoli nella malta ci
rimangono dei granelli che dopo un po'
"scoppiano fuori" e rovinano l'intonaco ...
Quando succedeva una cosa del genere poi
non volevamo più neanche quella cotta con la
legna ...
Quando sono tornato da militare io, nel 1961,
abbiamo "fatto calchera" ancora diverse volte,
fino al 1965».
La calchera
“Le prime fornaci erano di sarizzo rosso... più tardi con dei blocchi di materiale refrattario
abbiamo rivestito la nostra ...
La forma interna era a botte: stretta in fondo, più larga a metà e ancora stretta in cima in
modo che non ci fosse dispersione di calore. La "calchera Il non deve essere né troppo stretta
in fondo né troppo larga a metà altrimenti fa tanta brace, ma non scalda bene le pietre.
La calchera è alta 4 metri. La preparazione avviene in questo modo: fino a 2 metri di altezza si
costruisce tutto intorno un muro, con
pietra calcarea, che si va sempre più
restringendo verso il centro fino a formare
una volta, sopra si prosegue riempiendo
con strati di pietre da 50 Kg. poi da 30 Kg.;
attorno ai 4 metri di altezza si continua
con pietre grosse come una "mantuana"
[pagnotta] e sopra, nella parte fuori terra,
si faceva la "güba ", la gobba, cioè una
specie di cupola, lì mettevamo sassi grossi
come un panino di 70 grammi.
L'apertura che c'era sul davanti serviva
per poter introdurre le pietre e l'altro
materiale che serviva a preparare la
fornace perché la metà del materiale,
quello necessario fino alla volta, lo portavamo dentro da sotto, il resto lo calavamo da sopra.
Quando era completa la volta, con un muro si chiudeva l'apertura davanti. Tra le pareti della
fornace e il calcare da cuocere lasciavamo un'intercapedine di 50 cm. che riempivamo con
pietrisco, cenere delle precedenti lavorazioni e polvere di calce, così quando le calorie erano
tante facevano da materiale isolante che conservava il calore all'interno della fornace
altrimenti le prime pietre non cuocevano bene e rimaneva all'interno "l'uovo” [nucleo non
cotto e quindi non solubile nell'acqua, n.d.r.].
Nel muro davanti si lasciava una piccola apertura per introdurre le fascine; era un'apertura
larga 35-40 cm, fatta a trapezio irregolare (una volta ci passavo anch'io, adesso no).
Di calchere ce n'erano a Ono S. Pietro, Cerveno, Losine e forse anche ad Angolo Terme.
Quando sono arrivati i camion ne hanno costruita una anche a Vezza d'Oglio; portavano su le
pietre da qui. Facevano la calce anche nello stabilimento della SEFE, alla Scianica. Usavano
sempre le pietre della Concarena; le mandavano su con i camion o con la teleferica che partiva
da Duil, qui a Ono S. Pietro, passava sopra Pescarzo e arrivava alla Scianica, nel comune di
Sellero».
Intervista a Benedetto Troncatti (n. il 18/8/1938) a cura di G.C. Maculotti e V. Moncini.
Ono S. Pietro 5.5.1983