Il trovatore Gennaio 2016 - Benvenuti sul sito ufficiale del CSL

Transcript

Il trovatore Gennaio 2016 - Benvenuti sul sito ufficiale del CSL
l m o n d o de l l a v o r o
M e n s i l e di i n f or m az i o ne s u
a c u r a de l CS L O g l i a s t ra
Addio all’orario fisso in ufficio?
“Per essere felici si deve lavorare meno. L’idea che tutti debbano lavorare in modo frenetico non è
vera”. Le parole di Larry Page, numero uno di Google, sono state messe in pratica da Richard
Branson, fondatore dell’impero Virgin, che ha abolito l’orario di lavoro nelle sedi di Regno Unito
e Stati Uniti. “Contano i risultati, non le ore che passi in ufficio”, ha detto il 64enne imprenditore
britannico. Così i dipendenti “potranno assentarsi per un’ora, una settimana o un mese senza che
nessuno gli faccia domande, perché una persona felice, lavora meglio”. Un’idea che non è nuova:
il Comune di Göteborg, in Svezia, ha ridotto da tempo l’orario di lavoro per i dipendenti da 8 a 6
ore (30 alla settimana) per ridurre i giorni di assenza dal lavoro per malattia. E Netflix, la piattaforma statunitense che offre video in streaming, non tiene conto dei giorni di vacanza presi dai suoi
dipendenti. La domanda è: funziona? Sembrerebbe di sì, tanto che alcune aziende stanno già abbandonando le 8 ore al giorno a favore di una maggiore produttività. Tra chi in Inghilterra ha
detto addio al tradizionale modello “dalle 9 alle 5” c’è l’agenzia di sviluppo web Potato, che non
ha orari di lavoro fissi e consente al proprio staff di arrivare in ufficio e andarsene quando vuole, a
condizione che il lavoro venga portato a termine. Questa teoria è sostenuta anche da Simon Archer, un ricercatore dell’Università del Surrey che si occupa di genetica del sonno, secondo cui
essere più attivi al mattino o di notte dipende dal proprio orologio biologico. “Ci sono persone
che non vogliono andare a letto presto, ma devono alzarsi presto per andare al lavoro. Perciò dormono poco”, dice Archer. Non si tratta di pigrizia, ma semplicemente del fatto che il loro orologio
biologico è spostato su un orario diverso, e se sono stanchi saranno anche meno produttivi.
“Siamo tutti diversi perciò non c’è una soluzione unica – continua –, ma un orario di lavoro flessibile è un buon modo per approcciarsi alla questione, anche se non è sempre possibile”. A Tokio,
l’azienda Fast Retailing (che fa parte della catena di moda Uniqlo) sta sperimentando una settimana di 4 giorni lavorativi per alcuni dipendenti, consentendo di lavorare 10 ore al giorno, 4 giorni
su 7. A Bristol nel Regno Unito, l’agenzia di comunicazione Conversation Creation ha testato per
due mesi la giornata lavorativa di 6 ore su 5 giorni alla settimana e 8 ore su 4 giorni. “Abbiamo
lasciato che il lavoro si allungasse e ci prendesse tutta la settimana, ma possiamo organizzarlo e
condensarlo”, dice la titolare Sam Espensen, che ha scoperto di essere più produttiva dalle 7 alle
14. “Sono convinta che possiamo davvero lavorare sodo per periodi più brevi se sappiamo che ad
attenderci c’è la grossa carota di un giorno libero in più”. Ian Price, psicologo del lavoro e autore
di “L’illusione dell’attività: perché viviamo per lavorare nel 21esimo secolo e come lavorare per
vivere invece”, crede che l’orario fisso sia ormai superato, ma dice che ci sono pro e contro nell’abbandonarlo. “È salutare avere limiti per compartimentalizzare il lavoro, ma non deve essere per
forza dalle 9 alle 5, modello che abbiamo ereditato dall’industria manifatturiera”. Price è favorevole a una settimana lavorativa di 4 giorni e incoraggia i lavoratori a prendersi pause regolari ogni 45
minuti per rimanere concentrati. Anna Coote, che si occupa di politiche sociali per il thinktank
indipendente The New Economics Foundation, è per la settimana di 30 ore ed è convinta che una
settimana più corta possa avere un impatto sociale, ambientale ed economico positivo. “Dal punto
di vista sociale, può influire sulle diseguaglianze di genere, non solo per le donne ma anche per gli
uomini. Permette di avere più tempo per la cura degli anziani o tempo libero da dedicare alla comunità. Economicamente può far sì che le persone siano più leali al lavoro”. Ma c’è anche chi la
pensa diversamente. Christine Grant, che si occupa di Scienze comportamentali, sociali e psicologiche alla Coventry University, ritiene che un giorno lavorativo più corto potrebbe essere deleterio
per alcuni dipendenti. “Ognuno ha un diverso modo di lavorare – spiega –. Ad esempio, alcuni
sono talmente coscienziosi da impiegare un tempo lunghissimo per rispondere a una e-mail. Potrebbe aiutare con la conciliazione tra vita e lavoro, ma per coloro che lottano per gestire il proprio
tempo e per ruoli che non hanno autonomia, potrebbe essere troppo restrittivo. Inoltre, anche se
la maggior parte di noi potrebbe desiderare una giornata lavorativa più corta, Grant ricorda che
“per alcune aziende è concretamente difficile offrire un orario flessibile”.
Anno VIII Numero 1
06 Gennaio 2016
Sommario
Addio all’orario
fisso in ufficio?
1
Laurearsi in fretta
2
conviene? Spesso no
lo dicono le imprese.
WWW arriva l’app 3
geolocalizzata in
rosa per il lavoro.
In Europa con Drop’- 4
pin. L’Erasmus per
trovare lavoro.
Il libro del mese.
4
Laurearsi in fretta conviene? Spesso no lo dicono le imprese.
E' meglio laurearsi con il massimo dei voti e andare un po' fuori corso o è preferibile andare di fretta e rinunciare al bel voto? Il
quesito, che contrappone due posizioni estreme, ogni tanto riemerge. Così come riemerge quello che riguarda la scelta delle
scuole superiori: serve o non serve andare a studiare a un liceo classico per affrontare al meglio la società? Entrambi i quesiti sembrano rimandare, forse senza renderlo esplicito, a un altro quesito: è meglio arrivare al più presto possibile sul mercato del lavoro
con le competenze che il mercato chiede in quel momento o è meglio aspettare qualcosa in più e prepararsi anche a affrontare le
sfide del medio e lungo periodo? Ma partiamo dal principio. Di fatto, i giovani laureati a che età arrivano al traguardo? Secondo l'indagine di AlmaLaurea nel 2015, l'età media con cui i ragazzi e le ragazze arrivano a conseguire il titolo è pari a 26,5 anni.
Nell'insieme vengono considerati sia coloro che raggiungono la laurea breve, sia quella magistrale e la specialistica. Ci sono sia i
ragazzi che arrivano dalle superiori, sia quelli che conseguono il titolo anche dopo aver compiuti diversi percorsi. In particolare,
quelli che riescono entro i 24 anni sono quasi la metà (il 48,6 per cento). Non sembrano pochi. Poi c'è un altro 24 per cento che
ci riesce a farlo tra 25 e 26 anni. Il 27,5 per cento di loro ha 27 anni e più. Di fatto oggi, il 72 per cento dei ragazzi riesce a laurearsi entro i 26 anni. Ma a che età si laureavano i ragazzi dieci anni fa? Nel 2005, l'età media alla laurea era di 27,3 anni. In dieci
anni, così, l'età media alla laurea si è abbassato di quasi un anno. Quindici anni fa, l'età media alla laurea era ancora più alta e
pari a 28 anni. Nel 2002, solo il 53 per cento dei laureati riusciva a raggiungere il termine degli studi entro i 26 anni.
Il calo dell'età in tutti questi anni, dicono gli esperti di AlmaLaurea è dovuto al fatto che si è ridimensionata l’età all’immatricolazione, alla diminuzione della durata legale dei corsi e alla forte riduzione del ritardo alla laurea, sceso in media da 2,9 a 1,3 anni.
Ovviamente i dettagli dei singoli corsi sono molti diversi, ma nel complesso, ribadiscono i dati di AlmaLaurea, la regolarità negli
studi è legata a più fattori: al background socio culturale, al percorso e alla riuscita negli studi scolastici, al gruppo disciplinare e
al fatto se si lavora durante gli studi. Quanto ai voti con cui i giovani arrivano alla laurea, i dati ci restituiscono un profilo interessante. Nel 2015 il voto medio di laurea è stato pari a 102,2 mentre nel 2005 il voto medio era pari a 103. In dieci anni, quindi quasi un punto in meno. Di fatto, in questi anni, l'università non sembra stare educando i ragazzi a rimanere di più e con voti
alti, ma semmai li sta spingendo a fare il contrario. Li sta spingendo a laurearsi prima, anche a costo di avere voti più bassi.
Ma poi, con una laurea in tasca cosa deve fare un giovane? E' per lui meglio accettare qualsiasi lavoro o trovare la giusta mediazione? In tempi di crisi come questi, i direttori del personale suggeriscono di accettare un lavoro ove le competenze, conoscenze e
capacità magari non saranno sfruttate, ma almeno si potrà entrare nell'azienda cominciando a conoscerla e farsi conoscere dall'imprenditore pure se svolgendo un ruolo non adatto a lui. Però allo stesso tempo, il 65 per cento dei direttori del personale
suggeriscono che in piena crisi economica, per un giovane neolaureato, è meglio un corso di formazione che un impiego che non
ha a che fare con il suo percorso formativo e di esperienza. Quindi, meglio aspettare, meglio la pazienza alla fretta.
Per alcuni è opportuno raccomandare ai ragazzi di andar di fretta, fare studi tecnici semmai, e offrirsi subito al mercato con competenze chiare, nette e definite. Prendere un voto basso, prendere il primo posto e via. Il ragionamento, spesso portato avanti dai
rappresentanti delle imprese, appare inappuntabile, eppure le cose sembrano più complesse. Non sempre infatti arrivare presto,
con qualcosa di già pronto, non sempre presentarsi come quel che chiedono le imprese in quel momento, aiuta a fare dei passi
che permettono di salire, nel modo più stabile possibile, lungo la scala del proprio percorso professionale.
Molti di questi profili richiesti dalle imprese (qualcuno si ricorda i tempi della bolla di Internet?) hanno infatti il problema che le
loro competenze invecchiano rapidamente e le stesse imprese, nella corsa rapida che intraprendono nella competizione con il
mercato, non sempre si danno da fare per dare ai loro dipendenti gli aggiornamenti che servono. Semmai alle volte, preferiscono
tornare a attingere al mercato, alle nuove risorse, a quelli che sono appena arrivati con nuove competenze nette, chiare e definite.
Agli interrogativi posti non ci sono risposte inequivocabili, semmai è bene che suscitino riflessioni, anche a partire dai dati. Forse
quel che sembra più importante sottolineare è che, in tempi di crisi, nonostante tutto, quelli che hanno risposto meglio alla crisi,
sono stati i laureati e non i diplomati. I laureati, che pur tra crescenti e nuove difficoltà, con i loro saperi non sempre così spendibili immediatamente, godono ancora di un tasso di occupazione più elevato, di oltre 12 punti percentuali. Fonte: MioJob.it
Anno VIII Numero 1
Pagina 2
WWW arriva l’app geolocalizzata in rosa per il lavoro.
In Italia l’occupazione femminile è pari al 46%. Questo vuol dire che ci sono 12 milioni di donne senza lavoro, di cui oltre la
metà alla ricerca di un impiego da più di un anno. Tra di loro, sono 7 milioni quelle che si connettono quotidianamente a
internet. Bologna, nel 2014, è risultata essere la città con tasso di attività totale e femminile più alto d’Italia (rispettivamente il
74,7% e il 68,5%), superata solo da Firenze. Inoltre, un quarto delle imprese risulta a conduzione femminile. Non stupisce,
allora, che la nuova rivoluzione in rosa sia partita proprio dal capoluogo emiliano, che oltre a volersi migliorare prova ad assumersi il ruolo di guida. Lo fa attraverso WWW Network, una app geolocalizzata – e gratuita – dove WWW sta per Work Wide Women, nome dell’omonimo team che l’ha creata. WWW Network, sviluppata grazie alla collaborazione della start up
Local Job, è pensata per creare network professionali di donne, e funziona su tutta Italia. L’idea, come detto, è venuta a Work
Wide Women, realtà bolognese tutta al femminile, un progetto di innovazione sociale nato nell’acceleratore d’impresa di Telecom Working Capital. Due gli obiettivi: da un lato, mettere in rete le donne e sostenerle, offrendo loro competenze e strumenti per svolgere le professioni del futuro in ambito web; dall’altro, coinvolgere le aziende in modo tale da formare risorse
umane adeguate sulla base delle esigenze del momento. “Come start up nasciamo particolarmente legate al mondo delle Ict, le
tecnologie dell’informazione e della comunicazione – spiega Linda Serra, Ceo & founder di Work Wide Women –. Con l’app vogliamo diminuire la disoccupazione femminile, e per farlo dobbiamo investire nell’unico settore in crescita, che è esattamente quello delle Ict. Il più ricco, il più florido. E guarda caso anche il più maschile”. Vuoi ampliare il tuo network professionale? Vuoi intraprendere un nuovo lavoro? Vuoi aggiornare le tue competenze? Vuoi trovare nuove opportunità professionali? Ecco, WWW Network nasce per rispondere a queste domande. Lo fa attraverso la ricerca e la messa in rete delle donne
professioniste più vicine. Il primo passo è crearsi un profilo e abilitare la localizzazione su smartphone o tablet (l’app è disponibile per IOS, Android e Windows Phone). Poi, si passa all’identificazione dell’area professionale – scegliendo tra Marketing,
Developing & Web Design, Business, Communication – e si aggiungono 3 competenze specifiche, uno strumento in più per
promuovere la professionalità sul territorio. In seguito va inserito l’indirizzo in cui si svolge l’attività professionale abitualmente. L’indirizzo non sarà visualizzato da tutti gli utenti, ma solo a chi cerca professioniste in zona. “Teniamo moltissimo alla
privacy – continua Serra –. Lavorando solo con donne, è un punto sul quale non possiamo transigere”. Con la funzione
“Cerca chi è vicina a te” è possibile creare il proprio network locale: si può lanciare una ricerca sul territorio filtrata per categoria professionale oppure visualizzare tutte le professioniste presenti in zona. Con la funzione “Invia messaggio diretto”, invece, è possibile contattare velocemente le professioniste individuate, incontrarle e, perché no?, creare insieme nuovi progetti. Se
la persona contattata sta utilizzando l’app si può chattare dal vivo, in alternativa riceverà una mail con cui il messaggio.
WWW Network prevede anche una funzione di rating tramite cui valutare ed essere valutati in termini di puntualità, professionalità, cortesia. Se l’app non viene utilizzata per scopi professionali, gli sviluppatori intervengono come moderatori. “Dopo
la prima settimana – annuncia soddisfatta Serra – avevamo già oltre mille donne registrate. Range d’età trasversale: si va dalle
ventenni alle cinquantenni. Sono tutte professioniste che vogliono mettersi in rete. Nella maggior parte dei casi hanno già
un’occupazione, ma vogliono aggiornarsi e sviluppare le proprie capacità. Tra chi, invece, lavoro non ce l’ha, sono diverse
quelle che cercano l’opportunità di ricollocarsi sul mercato del lavoro”. Work Wide Women promuove anche corsi volti a
formare le donne nelle professioni oggi più ricercate dalle aziende, vale a dire quelle legate al web e alle nuove tecnologie:
social media strategist, digital media manager, data journalist, sono solo alcune delle figure su cui la start up investe e lavora.
Allo stesso modo, WWW offre alle aziende percorsi di formazione rivolti all’assunzione di donne in nuovi ruoli tecnici e alla
riqualificazione del personale femminile già presente in azienda. “Il nostro è un invito a fare rete – continua Serra –. Può succedere che magari ci si trovi in una città in cui non si conosce nessuno e per un qualche lavoro serva una professionalità”.
L’app può essere usata per impegni spot o per relazioni più durature: “Si può strutturare qualsiasi tipo di collaborazione, remunerata o basata sullo scambio – conclude –. Noi aiutiamo il network a crescere, poi la singola professionista sceglie le modalità con cui operare”.Fonte: Mio Job.it
Anno VIII Numero 1
Pagina 3
In Europa con Drop’ pin. L’Erasmus per trovare lavoro.
Il mondo delle carriere internazionali esercita da sempre un fascino particolare, il fascino di un ambiente sicuramente dinamico,
gratificante, ma anche molto impegnativo. Per aiutare chi desidera avvicinarsi a questo mondo, l’Alleanza europea per l’apprendistato (Eafa) ha lanciato una nuova iniziativa: si chiama Drop’pin ed è una piattaforma che raccoglie tutte le offerte di formazione e
di avvio al lavoro provenienti dai 28 Paesi membri. Perché pensare di rispondere alla disoccupazione giovanile solo attraverso le
politiche, secondo i promotori, è assurdo. Serve, invece, chiamare in causa altri attori – sia pubblici sia privati, ong e associazioni
incluse – che possono offrire aiuto e idee: “insieme è possibile veicolare un messaggio positivo, rendendo accessibili le opportunità
disponibili”. L’accessibilità, la visibilità di queste iniziative sono il segreto. Ma attenzione: “Drop’pin non è un sito che incrocia
domanda e offerta”. Ai giovani consente di migliorare le proprie competenze e di farsi un’idea di quello che è il lavoro che sognano; alle aziende dà la possibilità di orientare i giovani europei, promuovendo partnership allo scopo di favorire l’occupazione, incentivando la ‘creazione’ delle figure e dei ruoli che chiede il mercato. Drop’pin è uno strumento dedicato ai giovani tra i 18 e i 29
anni, utile per orientarsi nel mercato del lavoro europeo. Per chi è registrato sul portale sono disponibili attività di volontariato, di
formazione o di apprendistato, corsi online, corsi di lingua nel settore in cui si è specializzati in modo da completare o arricchire il
proprio percorso di studi. L’obiettivo dichiarato è quello di raggiungere almeno la quota di 140mila contratti di apprendistato nell’Unione. Il nome si lega all’idea per cui i giovani possano immergersi nel sito a ogni evenienza, si tratti di scovare le possibilità di
impiego in Europa o di trovare un’ispirazione sulla quale preparare la propria carriera. Un’azienda europea, dal canto suo, se vuole
restare competitiva sul mercato globale deve anche pensare a formare la forza lavoro del suo futuro. Individuare candidati appassionati esattamente a ciò su cui si punta, è un investimento a rischio quasi zero. E grazie a Drop’pin un’impresa può pescare su un
bacino molto ampio, con maggiori probabilità di trovare il giusto profilo anche per i posti di lavoro più esigenti. Tutto è completamente gratuito. Per utilizzare Drop’pin non è necessario registrarsi. Ma se si vuole avere accesso alla maggior parte delle proposte
conviene farlo. Una volta registrati ci si può candidare, seguire le organizzazioni, caricare il curriculum ed entrate in contatto con
gli altri utenti, condividendo le proprie impressioni. In futuro saranno disponibili anche webinar e live chat. Su Drop’pin si possono trovare apprendistati, tirocini, programmi di formazione, corsi e-learning di lingue, programmi di mentoring e coaching, percorsi di volontariato, così come altri servizi (per esempio, aiuto nella ricerca di alloggio fuori dal proprio Paese di residenza) offerti da
piccole e grandi imprese europee, start up, ong e associazioni. Tutto quello che c’è da sapere su un’offerta (che più correttamente è
definita “opportunity”) è sulla pagina di riferimento. Poi ognuno è libero di cercarsi maggiori informazioni anche altrove. Tutto è
gestibile attraverso filtri, in modo che la propria ricerca/offerta sia la più precisa e immediata possibile. Fonte: MioJob.it
Le nostre sedi:
Lanusei
Via Marconi, 91
Tel. 0782.42203
0782.480110
Orari di apertura al pubblico:
lunedì-venerdì 8.30 – 12.00
martedì e giovedì 15.30-17.00
Tortolì
Via Mons. Virgilio, 74/A
Tel. 0782.623225
Orari di apertura al pubblico:
lunedì-venerdì 8.30 – 12.00
lunedì 15.30-18.00
Jerzu
( sportello informativo )
Corso Umberto, 364
Tel. 0782.70108
Orari di apertura al pubblico:
lunedì-venerdì 8.30 – 12.00
Seui
( sportello informativo)
Via Roma, 399 ( ex Palazzo
Municipale )
Orari di apertura al pubblico:
martedì 9.00– 12.00
Il Libro del mese
Il colloquio in azienda. Manuale della comunicazione
efficace nel mondo del lavoro
Di D’Andrea Salvatore, Nardone Giorgio
Ed. Ponte delle grazie
Il colloquio di lavoro è un momento fondamentale
per tutte e due le parti in causa: per chi cerca un
talento, si tratta di selezionare in breve tempo la
persona giusta che occuperà un ruolo, risolverà problemi, si inserirà in una struttura, produrrà ricchezza per l'azienda che lo ha ingaggiato. Per chi invece,
dall'altra parte della barricata, deve essere giudicato
idoneo, il problema è di mostrare tutti i propri talenti a uno sconosciuto non solo in uno spazio temporale ristretto ma anche in una situazione stressante. Questo libro analizza tutte le fasi di questo appuntamento per molti inevitabile: presentazione,
atteggiamento fisico e psicologico, tono della voce,
mimica, sequenza delle domande, trattativa. Un'analisi che ci permetterà di essere efficaci, sicuri, adeguati e soprattutto consapevoli dei meccanismi della
comunicazione che sono alla base di ogni relazione.