Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
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Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 TAR LAZIO - ROMA, SEZ. III - sentenza 17 gennaio 2007 n. 301 - Pres. Baccarini, Est. Panzironi - Impresa Pizzarotti & C. s.p.a. (Avv.ti Satta e Giorgianni) c. Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Avv.ra Stato), Ministero della Giustizia e Siit per il Lazio, Abruzzo e Sardegna (n.c.), Opere Pubbliche s.p.a. (Avv. De Portu e Cancrini) e Eugenio Ciotola s.p.a. (n.c.) - (respinge). La P.A. puo’ negare ad una impresa concorrente l’accesso agli atti di una gara pubblica, espletata per l’affidamento dei lavori di costruzione di un edificio da adibire a penitenziario, e, in particolare, di accesso alla lettera invito, alle offerte e documentazione presentata dalle ditte concorrenti, ai verbali della procedura, al provvedimento di aggiudicazione, nel caso in cui, per assicurare il soddisfacimento di misure di sicurezza e segretezza da adottare in tale particolare tipo di appalto, la procedura di gara sia stata dichiarata segretata ai sensi dell’art. 33 della legge n. 109 del 1994. con domicilio eletto in ROMA VIA SISTINA, 42 contro MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI rappresentato e difeso da: AVVOCATURA DELLO STATO con domicilio eletto in ROMA VIA DEI PORTOGHESI, 12 presso la sua sede MINISTERO DELLA GIUSTIZIA SIIT PER IL SARDEGNA LAZIO ABRUZZO E -----------------------e nei confronti di REPUBBLICA ITALIANA SOC OPERE PUBBLICHE SPA TRIBUNALE REGIONALE rappresentato e difeso da: AMMINISTRATIVO DE PORTU AVV. CLAUDIO PER IL LAZIO CANCRINI AVV. ARTURO SEZIONE TERZA con domicilio eletto in ROMA nelle persone dei Signori: VIA G. MERCALLI, 13 STEFANO BACCARINI Presidente MARIA LUISA DE LEONI Consigliere GERMANA PANZIRONI Consigliere , relatore presso CANCRINI AVV. ARTURO ha pronunciato la seguente SENTENZA e nei confronti di SOC EUGENIO CIOTOLA SPA Visto il ricorso 5017/2006 proposto da: per l’annullamento SOC IMPRESA PIZZAROTTI & C SPA rappresentata e difesa dall’avv. SATTA IGNAZIA eGIORGIANNI AVV. FRANCESCO, - della nota prot. n. 22928 del 12 maggio 2006, trasmessa via fax il 15 maggio u.s., con la quale il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha negato all’odierna ricorrente l’accesso agli 1 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 atti relativi alla procedura di aggiudicazione della realizzazione del carcere di Cagliari; - di ogni altro atto indicato nell’epigrafe del ricorso; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti gli atti tutti della causa; Visto l’atto di costituzione in giudizio del MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI e di SOCIETA’ OPERE PUBBLICHE S.P.A. ; Udito alla camera di consiglio dell’ 11-10-2006, il Consigliere Germana Panzironi e uditi i procuratori delle parti. Ritenuto in fatto e diritto quanto segue. FATTOeDIRITTO Con ricorso ritualmente notificato l’istante, chiede, previo annullamento della nota in epigrafe, l’accertamento del diritto all’accesso ai documenti relativi alla procedura di aggiudicazione del carcere di Cagliari. Occorre premettere che la richiesta in esame si inserisce nella complessiva vicenda che ha preso le mosse dal ricorso con cui l’impresa ricorrente ha impugnato tutti gli atti, di data e contenuto ignoti, relativi alla aggiudicazione della realizzazione del (nuovo) carcere di Cagliari, nonché i Decreti interministeriali 2 giugno 2003 e precedenti, con i quali il Ministero della Giustizia ed il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti decretavano che tutti gli interventi di cui al decreto originario ed alle sue varianti - tra essi la realizzazione dei nuovi istituti penitenziari di Cagliari, Tempio Pausania. Sassari ed Oristano - "rivestono carattere di urgenza e la loro esecuzione deve essere accompagnata da speciali misure di sicurezza, al sensi e per gli effetti dell'art. 33 della I. 109/94 e successive, modifiche ed integrazioni ed ai sensi e per gli effetti dell'art. 5, co. 2 del d. I.vo 157/1995 e successive modifiche ed integrazioni". L’Impresa proponeva, nel contempo, istanza di accesso al Ministero della Giustizia, al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ed al SIIT Lazio, Abruzzo e Sardegna, al fine di prendere visione ed estrarre copia di tutti gli atti di gara, nonché dei provvedimenti motivati con cui l'Amministrazione usuaria, ai sensi dell'art. 82 del dPR 554/99, avrebbe dovuto giustificare il ricorso alla procedura straordinaria della gara informale non preceduta da pubblicazione del bando di gara. Con la nota impugnata, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, dopo aver precisato che la procedura de qua risulta inserita nella variante al programma ordinario di edilizia penitenziaria di cui al D. M. 2 ottobre 2003 ed al D.M. 19 luglio 2004 - che hanno dichiarato che gli interventi in essi previsti "rivestono carattere di urgenza e la loro esecuzione deve essere accompagnata da speciali misure di sicurezza, ai sensi e per gli effetti dell'art. 33 I. 109/94 (..)" negava l’acceso agli atti affermando che "in riscontro alla nota emarginata, si ritiene di non poter consentire alla richiesta di accesso e copia degli atti e dei provvedimenti interni alla proceduta indetta per l’affidamento di cui sopra atteso che l'interesse dell'Impresa in indirizzo è da intendersi (come da sua stessa dichiarazione) limitato a conoscere la sussistenza dei presupposti per lo svolgimento della gara infornale: in tale ambito, quanto sopra evidenziato e l'acquisizione dei DD. MM sopra citati, sono sufficienti a soddisfare, nei limiti della ammissibilità e meritevolezza tale interesse. Nei confronti della suddetta nota l’istante deduce la violazione di legge e l’eccesso di potere. Si sono costituite in giudizio l’amministrazione resistente e la controinteressata, eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso. All’udienza camerale dell’11-10-2006 la causa è stata trattenuta in decisione. Il ricorso per l’accertamento del diritto di accesso deve essere respinto siccome infondato. 2 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 L’impresa sostiene di aver interesse a conoscere non solo i provvedimenti presupposti allo svolgimento della gara informale, ma anche gli atti relativi allo svolgimento della procedura stessa, con particolare riferimento alla lettera invito, alle offerte e documentazione presentata dalle ditte concorrenti, ai verbali della procedura, al provvedimento di aggiudicazione. Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell’ 11/10/2006. PRESIDENTE ESTENSORE Depositata in Segreteria in data 17 gennaio 2007. Appare evidente che, essendo la procedura dichiarata segretata, ai sensi dell’art. 33 della l. n.109/94, dai decreti ministeriali già conosciuti dalla ricorrente, il diritto di accesso esercitato in questa sede è escluso dalla norma citata. Gli atti richiesti, infatti, o sono già in possesso della ricorrente, come i decreti ministeriali di applicazione della norma dell’art. 33 prima richiamata, ovvero sono esclusi, in tale ipotesi, dall’accesso, in quanto escluso "dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 2 del presente articolo", cioè dell’art. 24 della legge n. 241/90. La costruzione di un penitenziario può essere, infatti, segretata per espressa previsione di legge, volta ad assicurare il soddisfacimento di misure di sicurezza e segretezza da adottare in questo particolare tipo di appalto, e, pertanto, la conoscenza degli atti della gara potrebbe compromettere il necessario riserbo in ordine alle informazioni sulle tecniche costruttive dell’edificio. Non sussistono, pertanto, i presupposti per l’accoglimento dell’istanza di accesso. Sussistono giustificati motivi compensazione delle spese.. per la *** CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV – sentenza 13 aprile 2005 n. 1745 – Pres. Riccio, Est. Cacace – Ministero di Grazia e Giustizia (Avv.ra Stato) c. Genovese (Avv. Manzo) (conferma T.A.R. Lazio - Roma, Sez. I, sentenza n. 1338 del 1998). Vi e’ il diritto di un soggetto iscritto nell'albo delle persone idonee all'ufficio di presidente di seggio elettorale tenuto presso la cancelleria della Corte di Appello, di accedere all'albo medesimo, nonché ai provvedimenti di nomina dei presidenti di seggio in alcune consultazioni elettorali, trattandosi di atti che hanno natura amministrativa e che non rientrano in alcuno dei casi (previsti in via legislativa o regolamentare), in cui il segreto d'ufficio possa essere legittimamente opposto. E’ a tal fine sufficiente l’interesse di curare o difendere i propri interessi giuridici in un procedimento instaurato dinanzi al giudice penale (nella specie innanzi al G.I.P. del Tribunale di Roma). --------------------- P.Q.M. FATTO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione III, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe. Compensa le spese. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Con l'impugnata decisione, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, I Sezione, ha accolto il ricorso proposto dall'odierno appellato, iscritto nell'albo delle persone idonee all'ufficio di presidente di seggio elettorale tenuto presso la cancelleria della Corte di Appello di Roma, statuendo il diritto di accesso dello stesso all'albo medesimo, nonché ai provvedimenti di nomina dei presidenti di 3 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 seggio in alcune consultazioni elettorali degli anni 1995, 1996 e 1997. Ricorre in appello il Ministero di Grazia e Giustizia, chiedendo la riforma della sentenza. Resiste l'appellato con analitica memoria, che, premessa eccezione di inammissibilità dell'appello, conclude per la sua manifesta infondatezza. Con Ordinanza n. 1202/98, pronunciata nella Camera di Consiglio del 28 luglio 1998, è stata accolta la domanda di sospensione della esecuzione della sentenza appellata. La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla Camera di consiglio dell'8 febbraio 2005. DIRITTO 1. - II Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, I Sezione, ha accolto il ricorso proposto dall'odierno appellato, iscritto nell'albo delle persone idonee all'ufficio di presidente di seggio elettorale tenuto presso la cancelleria della Corte di Appello di Roma, statuendo il diritto di accesso dello stesso all'albo medesimo, nonché ai provvedimenti di nomina dei presidenti di seggio in alcune consultazioni elettorali degli anni 1995, 1996 e 1997. Il giudice di primo grado ha ritenuto, in particolare, "sufficiente a qualificare il richiedente come soggetto dotato di una specifica legittimazione" l'esigenza "di individuare possibili elementi di prova da esibire nel corso di un procedimento penale tuttora pendente" (pag. 4 sent.). L'Amministrazione appellante deduce, da un lato, che la enunciata esigenza sarebbe "venuta senz'altro meno" (essendo "intervenuta l'ordinanza di archiviazione del G.I.P. presso il Tribunale di Roma ... relativamente al procedimento penale pendente nei confronti del Dirigente di Cancelleria della Corte d'Appello di Roma Dr. Giovanni Caputi, a seguito di denuncia del Sig. Genovese": pag. 9 app.); dall'altro, che, una volta riconosciuto che il sig. Genovese non aveva formulato la domanda di accesso per verificare una presunta lesione dell'interesse alla nomina per le operazioni elettorali, sia da escludersi "che la P.A. possa essere utilizzata come una sorta di banca dati a disposizione degli utenti, da parte di terzi per la tutela di situazioni non correlate con un rapporto diretto con l'Amministrazione" (pag. 10 app.). "In definitiva", si conclude, la domanda di accesso di cui si tratta "risulta priva di fondamento sia qualora la si consideri formulata con riferimento alla mancata nomina dell'interessato alle operazioni elettorali, sia qualora sia ricollegata (come, invero, semplicisticamente e riduttivamente ritenuto dal TAR) a procurarsi elementi di prova per il processo penale pendente" (pag. 12 app.). 2. Resiste l'appellato, eccependo anzitutto il difetto di legittimazione processuale in capo al Ministro, in rappresentanza del quale l'Avvocatura dello Stato ha proposto appello; infatti, egli afferma, "ai sensi dell'art. 16, lett. f), d. leg.vo 3.2.1993, n. 29, la legittimazione a promuovere e a resistere alle liti, con il relativo potere di conciliare e transigere, nell'esercizio dei poteri di gestione amministrativa, spetta in via esclusiva al dirigente generale e non al Ministro" (pag. 2 mem. del 31 luglio 1998). Nel merito, egli contesta la fondatezza dell'avversario appello, sottolineando, in particolare, come non valga ad escludere la sussistenza del suo interesse ad accedere, ai sensi della legge n. 241/90, all'albo de quo, "la circostanza che il G.I.P. presso il Tribunale di Roma ... abbia ritenuto - allo stato degli atti - di disporre l'archiviazione del procedimento penale a carico di Caputi Giovanni, in quanto trattasi di un provvedimento adottato rebus sic stantibus, ben potendo le indagini essere riaperte in ogni momento sulla base di nuovi elementi di prova che, per l'appunto, il sig. Genovese ha interesse a rappresentare al giudice penale nell'ottica di una più ampia denunciata fattispecie di abuso d'ufficio" (pag. 3 mem. cit.). 3. - Può prescindersi dall'esame della proposta eccezione di inammissibilità del gravame, in quanto lo stesso si rivela comunque infondato nel mèrito. 4. - Va premesso, invero, che la legge 7 agosto 1990, n. 241, all'art. 22, primo comma, dopo 4 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 aver enunciato le finalità della nuova disciplina (assicurare la trasparenza dell'attività amministrativa e favorirne lo svolgimento imparziale), sancisce il riconoscimento di un generale diritto di accesso ai documenti amministrativi «secondo le modalità della presente legge», a tutti coloro che abbiano un «interesse a tutela di situazioni giuridicamente rilevanti ». Nonostante la sua ampiezza, la norma contiene una precisa indicazione di principio, che circoscrive tale diritto a quei soggetti che, nel richiedere di accedere ai documenti, abbiano un interesse strumentale rispetto alla protezione di posizioni giuridicamente rilevanti (di diritto soggettivo, di interesse legittimo, d'interesse collettivo o diffuso). Tale diritto è preordinato alla circolazione delle informazioni tra le pubbliche amministrazioni e, soprattutto, tra amministrazione e cittadino (Consiglio Stato, ad. gen., 11 maggio 1992, n. 75). Ne risulta un sistema ispirato al contemperamento delle esigenze di celerità ed efficienza dell'azione amministrativa con i principii di partecipazione e di concreta conoscibilità della funzione da parte dell'amministrato, basato sul riconoscimento del principio di pubblicità dei documenti amministrativi, che implica, da un lato, l'eccezionalità della segretazione di tali atti in relazione esclusivamente alla qualità di questi ultimi (piuttosto che al soggetto che li detiene), dall'altro, la necessità della verifica, in capo al richiedente l'accesso ai documenti, della titolarità di un interesse giuridico differenziato da quello indistinto degli appartenenti alla comunità. 4.1 - Quanto al primo aspetto (quello della qualità e del grado di protezione delle informazioni richieste), l'art. 24 della legge n. 241/1990 prevede distinte ipotesi di esclusione del diritto di accesso e le individua espressamente, nel suo primo comma: a) nei "... documenti coperti da segreto di Stato, ai sensi dell'art. 12 della legge 24/10/1977 n° 801 ..." e nei casi "... di segreto o di divieto di divulgazione altrimenti previsti dall'ordinamento" (nelle ipotesi di cui al primo comma, l'esclusione ivi prevista, siccome precisamente individuata dallo stesso legislatore, è direttamente operante allorquando si tratti o di atti coperti da "segreto di Stato" ex lege n. 801/1977, ovvero di atti o categorie di essi, per i quali altre specifiche disposizioni legislative individuino una necessità di apposizione del segreto di ufficio o di divieto di divulgazione); b) nel comma secondo, laddove elenca le specifiche categorie di interessi pubblici, cui riconnette una esigenza di salvaguardia dall'accesso ai relativi atti, da soddisfarsi in una successiva sede regolamentare (nelle ipotesi di cui al secondo comma l'esclusione non è, dunque, operante direttamente, in quanto il divieto è efficace soltanto dopo che le amministrazioni competenti abbiano individuato e tipizzato, in apposito atto regolamentare ed esclusivamente in relazione agli interessi pubblici espressamente indicati dal legislatore, i casi specifici di esclusione del diritto di accesso); c) ancora, nel quinto comma, laddove il legislatore fa salve le esigenze specifiche e le disposizioni particolari in materia di dati acquisiti dal Centro di Elaborazione Dati del Ministero dell'Interno per le esigenze di sicurezza pubblica (così facendo salve, in genere, le specifiche esigenze connesse alla sicurezza interna dello Stato). Ciò posto e venendo al caso di specie, rileva il Collegio che né l'Albo delle persone idonee all'ufficio di Presidente di seggio elettorale (di cui all'art. 1 della legge 21 marzo 1990, n. 53), né gli atti di gestione dell'albo stesso (iscrizioni e cancellazioni, che costituiscono espressione indubbia di potestà amministrativa, cui è correlata una situazione soggettiva, in capo agli elettori interessati, giuridicamente rilevante e dunque certamente tutelabile), né i provvedimenti di nomina dei Presidenti di seggio (emanati, ex artt. 35 del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 e 20 del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, dal Presidente della Corte d'appello e che, riguardati sotto il decisivo profilo della loro natura e del contenuto che li caratterizza, non possono non essere considerati atti 5 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 amministrativi) rientrano in alcuno dei casi (in via legislativa o regolamentare determinati), in cui il segreto d'ufficio possa essere legittimamente opposto. 4.2 - Quanto al secondo degli aspetti che condizionano la azionabilità del diritto di accesso (e cioè quello della sussistenza di un interesse personale e differenziato alla visione degli atti di cui si tratta in capo al soggetto richiedente), va ricordato che i canoni di cui alla legge n. 241 del 1990 si intendono soddisfatti allorché tale soggetto abbia, al riguardo, un diritto soggettivo od un interesse legittimo, o vanti, comunque, un interesse differenziato e qualificato all'estensione, finalizzato alla tutela di situazioni giuridiche soggettive anche soltanto future (Cons. St., V, 7 settembre 2004, n. 5873). Orbene, un tale interesse è sicuramente ravvisabile ogniqualvolta l'accesso venga in rilievo per la cura o la difesa di dimostrati interessi giuridici del richiedente, fatti valere in giudizio. E' quanto si verifica, appunto, nel caso all'esame, nel quale l'odierno appellato ha fatto valere, in relazione al richiesto accesso ai cennati documenti, non solo e non tanto la sua qualità di cittadino iscritto all'Albo predetto, quanto quella di parte offesa in un procedimento penale involgente possibili ipotesi di abuso d'ufficio anche nella gestione di tale Albo, al fine della individuazione di potenziali elementi di prova, da esibire in esso. Peraltro, non può negarsi, da un lato, che gli atti amministrativi, cui l'appellato pretende di avere accesso, a lui comunque si riferiscono (direttamente od indirettamente), dall'altro che la conoscenza di tali documenti si rivela, anche solo potenzialmente, utile alla tutela della sua posizione soggettiva giuridicamente rilevante di persona offesa dal reato, che riceve, nel vigente sistema processuale, larghissima considerazione, risultando, dalla congerie di diritti e facoltà ch'essa può esercitare in ogni stato e grado del procedimento penale, un ruolo non secondario di collaborazione con la pubblica accusa. Né l'esigenza di meglio tutelare i propri diritti defensionali nel procedimento instaurato dinanzi al G.I.P. del Tribunale di Roma può dirsi in qualche modo venuta meno sol perché, nelle more del presente giudizio, il procedimento stesso risulta archiviato, giacché la pretesa (e contestata) esigenza di conoscenza degli atti amministrativi di cui si discute può pur sempre correttamente rivelarsi funzionale alla facoltà dell'interessato di fornire al pubblico ministero ulteriori e concreti elementi di prova, tali da indurlo a ravvisare l'esigenza di nuove investigazioni, con conseguente richiesta al giudice di decreto di riapertura delle indagini (ex art. 414 c.p.p.). 5. - In forza delle sopra esposte considerazioni, il ricorso, in definitiva, deve essere respinto. Le spese del presente grado di giudizio, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono, come di règola, la soccombenza. P.Q.M. il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo respinge. Condanna il Ministero della Giustizia alla rifusione delle spese del grado in favore dell'appellato, liquidandole in Euro 5.000,00=, oltre I.V.A. e C.P.A. Cessano gli effetti dell'Ordinanza n. 1202/98, pronunciata nella Camera di Consiglio del 28 luglio 1998, di accoglimento della domanda di sospensione della esecuzione della sentenza appellata. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Roma, addì 8 febbraio 2005, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quarta - riunito in Camera di consiglio con l'intervento dei seguenti Magistrati: Stenio RICCIO - Presidente Antonino ANASTASI - Consigliere Aldo SCOLA - Consigliere Salvatore CACACE - Consigliere, rei. est. 6 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 ha pronunciato la seguente Sergio DE FELICE - Consigliere SENTENZA L'ESTENSORE IL PRESIDENTE Salvatore Cacace Stenio Riccio IL SEGRETARIO Rosario Giorgio Carnabuci DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 13 aprile 2005. sul ricorso n. 1278/2006, proposto da Sellitto Raffaele, Capuano Manuel, Capuano Vincenzo e Salvati Michele, rappresentati e difesi dall’Avv. Gabriele Capuano, elettivamente domiciliati in Salerno, al corso Vittorio Emanuele n. 174, presso lo studio del difensore; contro *** il Comune di Castel San Giorgio, in persona del Sindaco p.t.; TAR CAMPANIA - SALERNO, SEZ. II sentenza 7 novembre 2006 n. 1961 - Pres. Esposito, Est. Fedullo - Sellitto e altri (Avv. Capuano) c. Comune di Castel San Giorgio (n.c.) - (accoglie). Non e’ legittimo il diniego opposto da un Ente locale ad un’istanza di accesso avanzata da alcuni Consiglieri comunali, in relazione agli atti riguardanti il Piano Regolatore Generale in itinere, motivato con riferimento ad una decisione della Conferenza dei capigruppo di apporre su tali atti il vincolo del segreto, nel caso in cui detta decisione non rechi alcuna esplicitazione delle ragioni sottese a tale decretazione, ovverosia sottese all’esclusione dell’ostensibilità degli atti riguardanti il progetto di P.R.G. per l’annullamento del provvedimento prot. n. 9632 del 12.6.2006, recante diniego di accesso agli atti riguardanti il P.R.G., richiesto dai ricorrenti con istanza del 30.5.2006; Visto il ricorso ed i relativi allegati; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore all’udienza del 19 Ottobre 2006 il dott. Ezio FEDULLO; ----------------------- Uditi i difensori presenti come da verbale di udienza; REPUBBLICA ITALIANA Ritenuto in fatto ed in diritto: IN NOME DEL POPOLO ITALIANO FATTO e DIRITTO IL TRIBUNALE REGIONALE PER SALERNO I ricorrenti, consiglieri comunali del Comune intimato, agiscono al fine di ottenere il soddisfacimento del diritto di accesso in relazione agli "atti riguardanti il Piano Regolatore Generale redatto dai tecnici incaricati proff. Lanini e Colombo", accesso richiesto con istanza da essi presentata in data 30.5.2006 e respinta dall’amministrazione intimata con l’impugnata determinazione prot. n. 9632 del 12.6.2006, fondata sulla decisione di apporre sugli atti de quibus il vincolo del AMMINISTRATIVO LA CAMPANIA - Seconda Sezione composto dai Signori: Dott. Luigi Antonio ESPOSITO – Presidente Dott. Sabato GUADAGNO – Consigliere Dott. Ezio FEDULLO – Primo referendario, relatore 7 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 segreto assunta dalla conferenza dei capigruppo in occasione della riunione del 28.10.2004. Tanto premesso, deve rilevarsi la fondatezza del gravame. Deve in primo luogo evidenziarsi che la speciale legittimazione dei ricorrenti all’esercizio della presente actio ad exhibendum, fondata (ex art. 43, comma 2, d.Lgs 18 agosto 2000 n. 267) sulla veste di consiglieri comunali dagli stessi assunta, rende irrilevante, al fine di limitare il soddisfacimento dell’interesse ostensivo fatto valere, la disposizione di cui all’art 24, comma 1, lett. c) l. 7 agosto 1990, n. 241, ai sensi del quale "il diritto di accesso è escluso nei confronti dell’attività della pubblica amministrazione diretta all’emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione". Invero, l’ampia latitudine oggettiva dell’art. 43, comma 2, d.Lgs n. 267/2000, secondo cui i consiglieri comunali "hanno diritto di ottenere dagli uffici (…) tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato", da un lato, e la specificità del titolo abilitante i consiglieri comunali all’esercizio del diritto di accesso rispetto a quello generale di cui all’art. 22, comma 1, lett. b) l. n. 241/1990, dall’altro, non consentono di apporre alla predetta facoltà conoscitiva limitazioni che non siano espressamente contemplate dalla pertinente disciplina legislativa. Quanto poi all’ostacolo all’accesso richiesto, che l’amministrazione intimata fa derivare dalla decisione, assunta dalla conferenza dei capigruppo in data 28.10.2004, di escludere l’ostensibilità degli atti riguardanti il progetto di P.R.G., occorre rilevare che il relativo verbale (allegato alla memoria comunale del 5.10.2006) non reca alcuna esplicitazione delle ragioni ad essa sottese. Né la motivazione della decisione temporaneamente preclusiva (a prescindere da ogni considerazione concernente la legittimazione della conferenza dei capigruppo ad adottarla) potrebbe essere validamente rinvenuta nelle considerazioni sviluppate dal Comune intimato con la relazione illustrativa dallo stesso depositata, considerazioni ancorate all’esigenza di evitare ogni turbamento del procedimento di formazione dello strumento urbanistico che potrebbe derivare dalla divulgazione dei relativi atti. Invero, nella comparazione tra l’interesse de quo e quello di cui sono portatori i consiglieri comunali, non può che risultare prevalente il secondo, dal momento che la compiuta conoscenza da parte loro dei contenuti caratterizzanti il P.R.G. in itinere costituisce il presupposto necessario per assicurare che il relativo procedimento di formazione si sviluppi secondo coordinate coerenti con le incomprimibili esigenze di rispetto della dialettica consiliare e delle prerogative dei suoi attori. Il diritto di accesso fatto valere dai ricorrenti con istanza del 30.5.2006, in conclusione, è meritevole di essere soddisfatto. Deve solo aggiungersi che la conferenza dei capigruppi, in occasione della seduta del 12.9.2006 (cfr. il relativo verbale prodotto dall’amministrazione intimata in data 19.10.2006), ha disposto che "venga tolta la secretazione al plico contenente gli elaborati del P.R.G.": circostanza questa che non può non determinare la sopravvenuta insussistenza di ogni ipotetico ostacolo al soddisfacimento dell’interesse conoscitivo fatto valere dai ricorrenti. Sussistono giuste ragioni per condannare il Comune di Castel San Giorgio al rimborso delle spese di giudizio sostenuta dai ricorrenti, nella misura di € 500. P.Q.M. il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – Salerno, Seconda Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 1278/2006, lo accoglie e per l’effetto ordina al Comune di Castel San Giorgio di consentire l’accesso dei ricorrenti agli atti di cui all’istanza da loro presentata in data 30.5.2006. 8 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Condanna il Comune di Castel San Giorgio al rimborso delle spese di giudizio sostenute dai ricorrenti, nella misura di € 500. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente DECISIONE sul ricorso in appello n. 1966/06, proposto da CLEMENTE Vincenzo, Così deciso in Salerno nella Camera di Consiglio del 19 Ottobre 2006. Dott. Luigi Antonio ESPOSITO – Presidente rappresentato e difeso dall’avv. Vincenzo Cocozza ed elettivamente domiciliato in Roma, viale Angelico, 38, presso l’avv. Luigi Napolitano; Dott. Ezio FEDULLO - Estensore CONTRO Depositata in Segreteria in data 7 novembre 2006. IL COMUNE di SOLOFRA, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’avv. Enzo Maria Marenghi e presso lo stesso domiciliato in Piazza di Pietro, 63 Roma; *** CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - sentenza 21 agosto 2006 n. 4855 - Pres. Venturini, Est. Mele - Clemente (Avv. Cocozza) c. Comune di Solofra (Avv. Marenghi) - (annulla T.A.R. Campania - Salerno, sent. 31 gennaio 2006, n. 54). PER L’ANNULLAMENTO Non e’ legittimo il provvedimento con il quale è stato negato ad un consigliere comunale di ottenere l’elenco delle concessioni edilizie rilasciate nell’ambito di un certo lasso di tempo (nella specie: dal giugno 2002 al settembre 2005), nonchè l’elenco delle opere pubbliche appaltate dal Comune nello stesso periodo, con l’indicazione di tutti gli elementi relativi; tale richiesta non appare eccessivamente laboriosa e defatigante ed in ogni caso, nei limiti del ragionevole e del più celermente possibile, qualora l’esaudimento della richiesta possa essere di una certa gravosità, la stessa può essere resa secondo i tempi necessari per non determinare interruzione alle altre attività comunali di tipo corrente. Visto il ricorso con i relativi allegati; ------------------REPUBBLICAITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno, n. 54 del 31 gennaio 2006, resa "inter partes". Visto l’atto di costituzione in dell’appellato Comune di Solofra; giudizio Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore all’udienza camerale del 28 aprile 2006, il Cons. Eugenio Mele; Udito l’avv. Cocozza; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: FATTOEDIRITTO Il presente appello è proposto da un Consigliere comunale del Comune di Solofra e si dirige contro la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il primo giudice ha considerato legittimo il diniego di accesso agli atti opposto dal 9 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Comune nei confronti del suddetto Consigliere comunale. Rileva l’appellante che aveva richiesto, nella sua specifica qualità di consigliere comunale, l’elenco delle concessioni edilizie rilasciate dal giugno 2002 al settembre 1005 e dell’elenco delle opere pubbliche appaltate dal Comune nello stesso periodo, con l’indicazione di tutti gli elementi relativi e di aver avuto un diniego, in quanto non si trattava di "documenti". Il Tribunale amministrativo regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, rigettava il ricorso. Avverso la sentenza suddetta rileva l’appellante che la stessa ha completamente ignorato la lettera dell’art. 43 del decreto legislativo n. 267 del 2000, che la ormai consolidata giurisprudenza amministrativa, in ordine all’accesso agli atti da parte del Consigliere comunale, ha interpretato nel senso che l’accesso ivi considerato si estende a tutti i documenti e le notizie utili all’espletamento del mandato. Il Comune di Solofra, costituitosi in giudizio, si oppone all’appello e ne chiede la reiezione. La causa passa in decisione all’udienza camerale del 28 aprile 2006. L’appello è evidentemente fondato. Va rilevato, infatti, che tra l’accesso dei soggetti interessati di cui agli artt. 22 eseguenti della legge n. 241 del 1990 e l’accesso del Consigliere comunale di cui all’art. 43 del decreto legislativo n. 267 del 2000 (testo unico sull’ordinamento degli enti locali) sussiste una profonda differenza: il primo è un istituto che consente ai singoli soggetti di conoscere atti e documenti, al fine di poter predisporre la tutela delle proprie posizioni soggettive eventualmente lese, mentre il secondo è un istituto giuridico posto al fine di consentire al consigliere comunale di poter esercitare il proprio mandato, verificando e controllando il comportamento degli organi istituzionali decisionali del Comune. Da ciò la conseguenza, che è una conseguenza necessitata, che al consigliere comunale non può essere opposto alcun diniego (salvo i pochi casi eccezionali e contingenti, da motivare puntualmente e adeguatamente, e salvo il caso – da dimostrare – che lo stesso agisca per interesse personale), determinandosi altrimenti un illegittimo ostacolo al concreto esercizio della sua funzione, che è quella di verificare che il Sindaco e la Giunta municipale esercitino correttamente la loro funzione. Peraltro, nella specie la richiesta non appare eccessivamente laboriosa e defatigante ed in ogni caso, nei limiti del ragionevole e del più celermente possibile, qualora l’esaudimento della richiesta possa essere di una certa gravosità, potrebbe la stessa essere resa secondo i tempi necessari per non determinare interruzione alle altre attività comunali di tipo corrente. L’appello va, perciò, accolto e l’Amministrazione comunale dovrà provvedere a rilasciare la documentazione richiesta. Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in complessivi € 3.000,00 (tremila/00). P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado. Condanna l’appellato Comune di Solofra al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate in complessivi € 3.000,00 (tremila/00). Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Roma, addì 28 aprile 2006, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), riunito in Camera di Consiglio con l'intervento dei signori: Lucio VENTURINI - Presidente Carlo DEODATO - Consigliere Salvatore CACACE - Consigliere 10 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Sergio DE FELICE - Consigliere Eugenio MELE - Consigliere est. L’ESTENSORE Eugenio Mele realtà, nel caso di specie si tratterebbe (come si assume da parte ricorrente) solamente della duplicazione di un "compact disk". IL PRESIDENTE Lucio Venturini DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 21 agosto 2006. *** TAR ABRUZZO - L’AQUILA - sentenza 29 maggio 2006 n. 386 - Pres. Balba, Est. Speca Cocciante (Avv. Di Marzio) c. Comune di Rocca di Mezzo (Avv. Gualtieri) - (accoglie). -------------------- Chiede quindi l’istante l’accoglimento del ricorso con declaratoria del proprio diritto all’accesso e conseguente nullità dell’impugnato provvedimento di diniego e quindi con condanna dell’epigrafato Comune al rilascio delle richieste copie; il tutto con statuizioni consequenziali in ordine alle spese. Con memoria depositata in data 23.11.2005 parte ricorrente ha richiamato giurisprudenza in materia ed ha ribadito la sussistenza del diritto del singolo consigliere comunale ad avere copia degli atti e documenti richiesti. Ha quindi insistito per l’accoglimento del gravame. FATTO Il sig. Giovanni Cocciante, consigliere comunale in carica presso il Comune di Rocca di Mezzo, espone di aver richiesto, con istanza del 22.7.05, di esaminare ed estrarre copia degli atti relativi al PRG di detto Comune. Avendo il Comune opposto diniego, adducendo "ragioni tecniche ed economiche" il menzionato ha avanzato ricorso, deducendo quanto appresso. Violazione dell’articolo 22 della L.241/90 in relazione all’articolo 43 del D.Leg.vo 267/2000, violazione dei principi di imparzialità e buon andamento ex articolo 97 della Costituzione. Sussiste un diritto all’accesso, riconosciuto ai consiglieri comunali sia dall’articolo 43 della L.18.8.2000 n.267 che dall’articolo 22 della L.241/90. Peraltro l’esame degli atti di un PRG comporta indubbiamente una attenta valutazione. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, errore nei presupposti, difetto di motivazione, sviamento dalla causa tipica. Il diniego opposto al ricorrente è stato motivato con ragioni tecniche ed economiche ma in Il Comune di Rocca di Mezzo con memoria depositata in data 22.11.2005 ha ritenuto la legittimità del diniego opposto dall’Amministrazione ed ha chiesto la reiezione del ricorso con il favore delle spese. DIRITTO La impugnativa promossa dal sig. Giovanni Cocciante, che agisce nella incontestata qualità di Consigliere comunale del Comune di Rocca di Mezzo, mira, in via principale, alla declaratoria del proprio diritto all’accesso, con estrazione di copia, agli atti in ricorso specificati "con particolare riferimento al P.R.G." dell’anzidetto Comune. Il ricorso merita accoglimento. Secondo l’indirizzo giurisprudenziale al quale il ricorrente si riporta in memoria (C. di StatoSez.V – depositata il 20.10.05 n.5879/05), come pure sulla base di precedente pronuncia del detto organo di giustizia amministrativa (C.di Stato – Sez.V – 15.11.2004 n.7349) , non può non ritenersi evidente come in materia prevalga un principio di "favor" nel senso della più ampia "accessibilità" intesa anche come forma di tutela e garanzia, finalizzata al pubblico interesse. 11 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 In tal senso la decisione del C.di Stato, da ultimo richiamata, riconosce che "il diritto di accesso deve essere riconosciuto anche ai documenti rappresentativi di mera attività interna dell’Amministrazione a prescindere dal fatto che essi siano stati o meno concretamente utilizzati ai fini dell’attività con rilevanza esterna". E’ evidente dunque che ogni criterio meramente limitativo, ovvero concretamente soppressivo del diritto all’accesso, che – come nel caso in esame viene posto da parte resistente sottilmente espungendo da principi giuridici – non può essere condiviso in quanto concretamente lesivo del diritto del Consigliere comunale istante. Il ricorso va dunque accolto, per l’effetto riconoscendosi all’istante il diritto all’accesso (ed estrazione di copia) agli atti e documenti di cui in ricorso, con condanna della resistente Amministrazione comunale al rilascio delle richieste copie. Quanto alle spese di lite se ne dispone l’integrale compensazione fra le parti concorrendo giuste ragioni. P. Q. M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo - L’Aquila, accoglie il ricorso nei sensi come specificati in motivazione. Compensa integralmente fra le parti le spese di lite.. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa. Così deciso in L’Aquila dal Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo nella Camera di Consiglio del 23 novembre 2005 con la partecipazione dei magistrati: Santo BALBA - Presidente Rolando SPECA - Consigliere, relatore Fabio MATTEI - I Referendario PUBBLICATA MEDIANTE DEPOSITO IL 29/05/06 Il Segretario Generale *** TAR CAMPANIA - NAPOLI, SEZ. V sentenza 16 marzo 2006 n. 3026 - Pres. D’Alessandro, Est. De Maio - Zaccariello (Avv. Sarro) c. Sindaco del Comune di Villa Literno (Avv.ra Stato) - (accoglie). ---------------------------FATTO Con ricorso, notificato il 18.10.2005 al Comune di Villa Literno, il 17.10.2005 al Ministero dell’Interno, e depositato il successivo 31, Zaccariello Francesco, consigliere comunale del Comune predetto, espone: a) che con note prot. nn. 11407 e 11408 del 19.7.2005 esso ricorrente, unitamente ad altri due consiglieri comunali, richiedeva al Sindaco del Comune di Villa Literno il rilascio di copie: a) dei verbali di gara e delle determinazioni di aggiudicazione relativi alle opere pubbliche affidate dal Comune a decorrere dal settembre 2003 a tutt’oggi; b) dei permessi a costruire e delle D.I.A. pervenute a cui avevano fatto seguito opere realizzate nel periodo 2004-2005; c) che con le note indicate in epigrafe veniva negato l’accesso, nella considerazione che il consigliere comunale per l’accesso ai documenti amministrativi comunali, deve dimostrare l’effettiva utilità dell’accesso stesso rispetto al proprio mandato, ed i documenti devono essere concretamente individuati. Ciò premesso, il ricorrente ha chiesto l’annullamento dell’impugnato provvedimento di diniego, deducendo tre mezzi d’impugnazione. Resiste l’Amministrazione intimata con il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, che in data 13.12.2005 ha depositato atti vari. DIRITTO 1.- Con i tre motivi d’impugnazione si deduce in sostanza che illegittimamente, in violazione dell’art. 43 del d. lgs. n. 267\2000, con 12 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 l’impugnato provvedimento di diniego: a) si sono escluse dall’accesso le determine dirigenziali; b) si subordina l’accesso stesso all’effettiva utilità delle notizie ed informazioni richieste all’espletamento del mandato di consigliere comunale, nonché alla concreta individuazione dei documenti richiesti. I motivi sono fondati. L’art. 43, citato dispone al comma 2: "I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente del Comune e della provincia, .....tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge." Si desume in modo univoco da tale disposizione che i consiglieri comunali hanno diritto di accesso a tutti gli atti comunali che possono essere utili all’espletamento del loro mandato, senza alcuna limitazione, ivi compresi i provvedimenti assunti dai Dirigenti comunali. Si desume altresì che la richiesta di accesso avanzata dal consigliere comunale a motivo dell’espletamento del proprio mandato si appalesa congruamente motivata, senza che occorra alcuna ulteriore precisazione circa le specifiche ragioni della richiesta, e non può essere disattesa dall’Amministrazione comunale. Né il diritto di accesso può essere subordinato ad una specifica utilità delle informazioni e notizie all’espletamento del mandato. Invero, allorquando una istanza di accesso è presentata per l’espletamento del mandato, risulta insita nella stessa l’utilità degli atti richiesti al fine dello espletamento del mandato. Dal termine "utili" contenuto nella norma in esame, non consegue quindi alcuna limitazione al diritto di accesso dei consiglieri comunali, bensì deriva l’estensione di tale diritto a qualunque documento amministrativo comunale reputato dal consigliere stesso utile all’espletamento del mandato. Quanto alla concreta individuazione degli atti richiesti, si osserva che nella istanza di accesso del ricorrente vi è una sufficiente individuazione degli atti, in quanto sono indicati la tipologia di atti, ed un preciso periodo temporale di riferimento. Nè rileva la difficoltà organizzativa opposta, in quanto gli Enti locali, al pari di tutte le Amministrazioni pubbliche, sono tenuti a curare tutti gli adempimenti a loro carico, e quindi a dotarsi di tutti i mezzi necessari all’assolvimento dei loro compiti (cfr. Cons. Stato, V, n. 2716\04). 2− In conclusione, per le esposte ragioni il ricorso deve essere accolto e conseguentemente, previo annullamento dell’impugnato provvedimento di diniego, va riconosciuto il diritto del ricorrente, quale consigliere comunale, ad estrarre copia degli atti richiesti, negati con il provvedimento impugnato, e per l’effetto va ordinato al Comune di Villa Literno in persona del Sindaco p.t., in conformità all’art. 25 della legge n. 241\90, di rilasciare al ricorrente copia della documentazione amministrativa predetta. 3− Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P. Q. M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania−Napoli−Sezione quinta−accoglie il ricorso n. 7411\2005 in epigrafe e per l’effetto: a) annulla il provvedimento di diniego impugnato; b) ordina al Comune di Villa Literno in persona del Sindaco p.t. di rilasciare al ricorrente copia della documentazione richiesta secondo quanto precisato in motivazione. Condanna il Comune di Villa Literno al pagamento in favore del ricorrente delle spese, diritti ed onorari di causa, che liquida complessivamente in € 1.000,00 (mille\00). Ordina all'Autorità Amministrativa di dare esecuzione alla presente sentenza. Così deciso in Napoli, nella camera di consiglio del 15 dicembre 2005. presidente − consigliere est. − Depositata in Segreteria in data 16 marzo 2006. 13 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 *** TAR SARDEGNA, SEZ. II - sentenza 12 gennaio 2007 n. 29 - Pres. Tosti, Est. Lensi Zuncheddu ed altri (Avv.ti Gallus e Zucca) c. Comune di Burcei (Avv.ti Meloni e Angius) e Segretario comunale del Comune di Burcei (n.c.) - (accoglie parzialmente). -----------------------REPUBBLICA ITALIANA 2006 protocollo 3292 del Segretario comunale con i quali è stato comunicato il diniego all'accesso, nonché per l'annullamento e/o disapplicazione del regolamento comunale "per la disciplina del diritto dei Consiglieri comunali all'accesso ai documenti amministrativi" adottato con la delibera del Consiglio Comunale n. 12 del 30 giugno 2006 ed in particolare degli artt. 6 e 10, comma 2 e 3, nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguente. IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Visto il ricorso con i relativi allegati; IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER LA SARDEGNA Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'amministrazione comunale resistente; SEZIONE SECONDA Visti gli atti tutti della causa; ha pronunciato la seguente Nominato relatore per la camera di consiglio del 25 ottobre 2006 il Consigliere Marco Lensi; SENTENZA sul ricorso n. 763/2006, proposto dai Signori Paola ZUNCHEDDU, Giuseppe SERRA e Annalisa ZUNCHEDDU, nella loro qualità di Consiglieri del Comune di Burcei, rappresentati e difesi dagli Avv.ti Francesco Gallus e Andrea Zucca, con elezione di domicilio come da procura speciale in atti; Uditi altresì gli Avvocati delle parti, come da separato verbale; contro Col ricorso in esame si avanzano le richieste indicate in epigrafe, rappresentando quanto segue. il Comune di Burcei, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Marcello Meloni e Sandro Angius, con elezione di domicilio come da procura speciale in atti; il Segretario comunale del Comune di Burcei, non costituito in giudizio; per l'accesso ai documenti amministrativi di cui alle richieste acquisite al protocollo comunale in data 7 luglio 2006 n. 2743 e in data 17 luglio 2006 nn. 2846, 2847, 2848, 2849, 2850, oggetto di provvedimento del 26 luglio 2006 protocollo 3143 del Segretario comunale del Comune di Burcei ed in data 21 agosto 2006 richiesta prot. n. 3292 oggetto di provvedimento del 30 agosto Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. FATTO I ricorrenti sono Consiglieri comunali del Comune di Burcei. Con la richiesta prot. n. 2743 del 7 luglio 2006 i ricorrenti chiedevano copia dell'istanza inviata alla Comunità Montana "Serpeddì" per il recupero delle somme versate in eccedenza per il servizio del Direttore Generale Dott. Bruno Orrù, nonché, nell'eventualità che la C.M. avesse provveduto alla restituzione di tali somme, la documentazione comprovante l'avvenuto trasferimento. Con la richiesta prot. n. 2846 del 17 luglio 2006 veniva richiesta copia di tutte le ordinanze 14 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 sindacali e le determinazioni dei responsabili di settore, a tutt'oggi non consegnate. Con la richiesta prot. n. 2847 del 17 luglio 2006 i ricorrenti chiedevano copia del certificato di regolare esecuzione e degli atti prodotti alla Direzione Lavori relativamente alla chiusura degli interventi sugli spogliatoi e servizi nel parco comunale. Con la richiesta prot. n. 2848 del 17 luglio 2006 i ricorrenti chiedevano copia di tutta la corrispondenza in arrivo ed in partenza intercorrente tra il Comune e altri enti istituzionali. Con la richiesta prot. n. 2849 del 17 luglio 2006 i ricorrenti chiedevano copia degli atti costitutivi di tutte le società che hanno partecipato all'ultimo bando per l'assegnazione degli aiuti "De Minimis" - LR 37/98. Con la richiesta prot. n. 2850 del 17 luglio 2006 i ricorrenti chiedevano di prendere visione del protocollo generale e di quello riservato del Sindaco, qualora in sua dotazione. Con comunicazione del 26 luglio 2006 protocollo 3143 del Segretario comunale, veniva negato l'accesso alla visione e nella forma della riproduzione fotostatica, con riferimento alla documentazione di cui alle richieste prot. nn. 2846, 2848, 2849, 2850 del 17 luglio 2006. Affermano i ricorrenti che, per quanto concerne le richieste prot. n. 2743 del 7 luglio 2006 e prot. n. 2847 del 17 luglio 2006, si sarebbe formato il silenzio rifiuto. In relazione alla richiesta prot. n. 2849 del 17 luglio 2006, i ricorrenti hanno presentato successiva istanza prot. 3292 del 21 agosto 2006, volta ad ottenere la documentazione oggetto della prima richiesta, in quanto quella consegnata non era conforme all'originale, essendo presenti delle cancellazioni. Tale seconda richiesta è stata oggetto di provvedimento di diniego del 30 agosto 2006 protocollo 3292 del Segretario comunale. I ricorrenti lamentano la violazione dell'articolo 43, comma 2 e 3, del D.Lgs. n. 267 del 18 agosto 2000, nonché l'eccesso di potere, l'illogicità e l’irragionevolezza manifesta della motivazione. I ricorrenti chiedono altresì l'annullamento o la disapplicazione delle norme del regolamento comunale "per la disciplina del diritto dei Consiglieri comunali all'accesso ai documenti amministrativi", adottato con la delibera del Consiglio Comunale n. 12 del 30 giugno 2006, limitative del diritto di accesso ai documenti amministrativi e del diritto ad avere copia dei documenti medesimi. Concludono per l'accoglimento del ricorso. Si è costituita in giudizio l'amministrazione comunale intimata, sostenendo l'inammissibilità e l'infondatezza nel merito del ricorso, di cui si chiede il rigetto. Alla camera di consiglio del 25 ottobre 2006, su richiesta delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione. DIRITTO In materia di accesso ai documenti amministrativi del Comune da parte dei Consiglieri comunali, ai sensi dell'articolo 43, comma II, del D.Lgs. n. 267/2000, questo Tribunale ha già avuto modo di pronunciarsi con la sentenza n. 495 del 29 aprile 2003, confermata dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 2716 del 4 maggio 2004, nonché con la successiva sentenza n. 1782 del 30 novembre 2004. Ritiene il Collegio che i principi espressi con le citate pronunce debbano essere confermati anche nel caso di specie. Occorre in primo luogo evidenziare che, ai sensi dell'articolo 43, comma II, del D.Lgs. n. 267/2000, i Consiglieri comunali hanno diritto di ottenere dagli uffici del Comune tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato. Perciò, non è necessario dare ulteriori dimostrazioni circa l'interesse ad ottenere la documentazione, 15 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 essendo sufficiente la mera circostanza che la richiesta provenga dal Consigliere comunale che intenda utilizzarla per espletare il proprio mandato. ed in particolare degli artt. 6 e 10, comma 2 e 3, nella parte in cui contrastano con la norma legislativa di cui all'articolo 43, comma II, del D.Lgs. n. 267 del 18 agosto 2000. Per quanto riguarda la pretesa esigenza di riservatezza, (opposta - tra l'altro dall'amministrazione comunale con riferimento ad una richiesta dei ricorrenti), la speciale normativa che disciplina il diritto di accesso dei Consiglieri comunali non prevede alcun limite in proposito, fermo restando il dovere di mantenere il segreto "nei casi specificamente determinati dalla legge" (articolo 43, comma 2°); pertanto anche sotto questo aspetto non può essere negato il diritto di accesso dei ricorrenti. Le norme regolamentari di disciplina dell'accesso ai documenti possono essere, infatti, disapplicate dal giudice in caso di ritenuto contrasto con la norma di rango superiore, che, nel caso di specie, è rappresentata dall'articolo 43, comma II, del D.Lgs. n. 267 del 18 agosto 2000. Per quanto concerne il diniego dell’accesso nella forma della riproduzione fotostatica, in quanto costituirebbe ingiustificato aggravio della normale attività amministrativa del Comune, deve ritenersi l'illegittimità del diniego medesimo, essendo obbligo dell’amministrazione di dotarsi di un apparato burocratico in grado di soddisfare gli adempimenti di propria competenza. La notevole mole della documentazione da consegnare può, nel caso, giustificare la distribuzione nel tempo del rilascio delle copie richieste. Ribaditi, anche nel caso di specie, i principi già espressi da questo Tribunale con le citate pronunce, ritiene comunque il Collegio che, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, anche le richieste di accesso ai documenti avanzate dei Consiglieri comunali ai sensi dell'articolo 43, comma II, del D.Lgs. n. 267 del 18 agosto 2000, debbano rispettare il limite di carattere generale - valido per qualsiasi richiesta di accesso gli atti - della non genericità della richiesta medesima (cfr. Consiglio di Stato, V Sez., n. 4471 del 2/9/2005 e n. 6293 del 13/11/2002). Occorre conseguentemente dare applicazione dei principi e criteri sopra enunciati al caso in esame, previa disapplicazione del regolamento comunale "per la disciplina del diritto dei Consiglieri comunali all'accesso ai documenti amministrativi" adottato con la delibera del Consiglio Comunale n. 12 del 30 giugno 2006 Ciò premesso, relativamente alla richiesta n. 2743 del 7 luglio 2006 (con la quale i ricorrenti chiedevano copia dell'istanza inviata alla comunità montana "Serpeddì" per il recupero delle somme versate in eccedenza per il servizio del Direttore Generale Dott. Bruno Orrù, nonché, nell'eventualità che la C.M. avesse provveduto alla restituzione di tali somme, la documentazione comprovante l'avvenuto trasferimento), deve darsi atto che la stessa risulta parzialmente evasa, per cui deve dichiararsi in parte la cessazione della materia del comprendere e, nella restante parte, la richiesta deve essere accolta, ordinandosi all'amministrazione comunale l'esibizione della documentazione richiesta. Per quanto concerne invece la richiesta prot. n. 2846 del 17 luglio 2006, con la quale veniva richiesto copia di tutte le ordinanze sindacali e le determinazioni dei responsabili di settore, a tutt'oggi non consegnate, la stessa risulta inammissibile per genericità, essendo onere dei Consiglieri comunali interessati di avanzare richieste di accesso circostanziate e specifiche. Ciò non comporta che il Consigliere comunale debba necessariamente indicare gli estremi o il contenuto specifico dei documenti richiesti, elementi che può ovviamente non conoscere, come già evidenziato nelle sentenze sopra richiamate, essendo sufficiente - al fine di evitare la genericità della richiesta di accesso il riferimento ad una determinata e specifica questione oggetto dell'attività amministrativa del Comune, come - del resto - correttamente fatto dai ricorrenti medesimi con riguardo ad altre richieste di accesso quale, ad esempio, la n. 2847, allorché si chiede copia "degli atti 16 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 prodotti alla Direzione Lavori relativamente alla chiusura degli interventi sugli spogliatoi e servizi nel parco comunale". In tal modo viene individuato e specificato l'oggetto della richiesta di accesso con riguardo ad una specifica pratica amministrativa del Comune, senza che - si ribadisce - sia necessario indicare gli estremi dei documenti o conoscere il contenuto degli stessi, ma evitandosi comunque la genericità della richiesta mediante il richiamo alla pratica amministrativa alla quale il Consigliere è interessato, per cui risulta sufficientemente circostanziata e specificata la questione sostanziale in ordine alla quale si avanza la richiesta di accesso alla relativa documentazione. Per quanto concerne la richiesta prot. n. 2847 del 17 luglio 2006, con la quale i ricorrenti chiedevano copia del certificato di regolare esecuzione e degli atti prodotti alla Direzione Lavori relativamente alla chiusura degli interventi sugli spogliatoi e servizi nel parco comunale, occorre dare atto della cessazione della materia del contendere, avendo l'amministrazione comunale provveduto all'esibizione degli atti richiesti, come dichiarato dalla difesa dei ricorrenti alla camera di consiglio del 25 ottobre 2006. Per quanto concerne la richiesta prot. n. 2848 del 17 luglio 2006 con la quale i ricorrenti chiedevano "copia di tutta la corrispondenza in arrivo ed in partenza intercorrente tra il Comune e altri enti istituzionali", non può che ritenersi l'inammissibilità della stessa per genericità, per le medesime considerazioni sopra svolte relativamente alla richiesta n. 2846. Per quanto concerne la richiesta prot. n. 2849 del 17 luglio 2006, con la quale i ricorrenti chiedevano "copia degli atti costitutivi di tutte le società che hanno partecipato all'ultimo bando per l'assegnazione degli aiuti "De Minimis" - LR 37/98", la stessa deve essere accolta, riconoscendosi il diritto dei ricorrenti ad ottenere copia integrale della documentazione richiesta - senza cancellazioni di sorta - posto che i Consiglieri comunali sono comunque tenuti al segreto, ai sensi dell’art. 43, 2°comma, del D.Lgs. 18/8/2000 n°267. Deve essere integralmente accolta la richiesta prot. n. 2850 del 17 luglio 2006, con la quale i ricorrenti chiedevano di prendere visione del protocollo generale e di quello riservato del Sindaco, qualora in sua dotazione. Preso atto che non esiste un protocollo riservato del Sindaco, deve ordinarsi all'amministrazione comunale di consentire ai ricorrenti di prendere visione del protocollo generale, senza alcun esclusione "di oggetti e notizie riservate e di materie coperte da segreto", posto che - si ribadisce - i Consiglieri comunali sono comunque tenuti al segreto, ai sensi sensi dell’art. 43, 2°comma, del D.Lgs. 18/8/2000 n°267. Per le suesposte considerazioni, relativamente al ricorso in esame, in parte deve dichiararsi la cessazione della materia del contendere, in parte deve essere respinto e, nella restante parte, deve essere accolto e, per l'effetto, deve ordinarsi all'amministrazione comunale resistente di esibire ai ricorrenti i documenti richiesti nei limiti e nei modi sopra specificati. Stante la parziale reciproca soccombenza, sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio. P.Q.M. IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER LA SARDEGNA SEZIONE SECONDA definitivamente pronunciando in ordine al ricorso in epigrafe, in parte dichiara cessata la materia del contendere, in parte lo respinge e, nella restante parte, lo accoglie e, per l'effetto, ordina all'amministrazione comunale resistente di consentire ai ricorrenti l'accesso ai documenti amministrativi, con le modalità, nei sensi e nei limiti di cui motivazione. Spese compensate. 17 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa. Così deciso in Cagliari, nella camera di consiglio, il giorno 25 ottobre 2006 dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna con l'intervento dei Signori: Lucia Tosti, Presidente; Rosa Panunzio, Consigliere; Marco Lensi, Consigliere estensore. Depositata in segreteria oggi:12/01/2007. della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, I Sezione, n. 123/2006, pubblicata il 18 gennaio 2006 e notificata il 3 marzo 2006. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio delle parti indicate sopra; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; *** CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - sentenza 28 novembre 2006 n. 6960 - Pres. Santoro, Est. Farina - Comune di Pieve Fissiraga (Lo) (Avv.ti Sandulli e Carta) c. Pacitto e altri (Avv.ti Failla e Nuzzaci) - (annulla T.A.R. Lombardia, Sezione I, sentenza 18 gennaio 2006 n. 123). Designato relatore, alla camera di consiglio del 23 giugno 2006, il consigliere Giuseppe Farina ed udita, altresì, per la parte appellante, l’avv. Sandulli, come da verbale; Vista l’ordinanza n. 3110/2006, in data 23 giugno 2006, di accoglimento della domanda di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata; ----------------------REPUBBLICA ITALIANA Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue. IN NOME DEL POPOLO ITALIANO FATTO E DIRITTO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) ha pronunciato la seguente DECISIONE 1. Ritenuto: sul ricorso in appello n.r.g. 3009 del 2006, proposto dal comune di Pieve Fissiraga, rappresentato e difeso dagli avv. Maria Alessandra Sandulli e Maura Carta ed elettivamente domiciliato presso lo studio della prima, in Roma, corso V. Emanuele II, n. 349; 1.1. che il Comune appellante ha interposto appello avverso la sentenza n. 123 del 2006 del Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, sede di Milano, Sezione I, recante accoglimento del ricorso dei quattro appellati, consiglieri comunali, per l’annullamento di tre atti concernenti richieste di accesso ad atti dell’ente locale non soddisfatte, nonché del relativo regolamento comunale; contro i sigg. Adriano Pacitto, Giuseppina Dossena, Enrico Borselli e Carlo Schivardi, rappresentati e difesi dagli avv. Vito Failla e Vittorio Nuzzaci ed elettivamente domiciliati presso lo studio del secondo di essi, in Roma, via della Giuliana, n. 44, per la riforma 1.2. che la sentenza è stata notificata nel domicilio eletto dal Comune in data 3 marzo 2006; 1.3. che il ricorso in appello è stato notificato, nel domicilio eletto in primo grado dai predetti consiglieri, in data 31 marzo 2006 e, poi, con invio a mezzo del servizio postale, in data 1° e 3 aprile 2006; 18 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 1.4. che il Comune propone censure contro talune statuizioni del primo giudice; 1.5. che le parti intimate si sono costituite in giudizio con memoria del 22 maggio 2006, per eccepire la tardività dell’ appello e confutare tutte le tesi del Comune; 1.6. che, nella camera di consiglio del 23 giugno 2006, fissata per la discussione della domanda di sospensione dell’ efficacia della sentenza, il Collegio ha informato la parte presente della possibilità di pronuncia sulla controversia con sentenza succintamente motivata, ai sensi dell’art. 26, commi 4 e 5, della l. 6 dicembre 1971, n. 1034; 1.7. che la decisione è stata deliberata dal Collegio nella medesima camera di consiglio. 2. Considerato: 2.1. che, con il ricorso introduttivo dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, le quattro persone ora intimate hanno chiesto l’annullamento di tre atti, sottoscritti dal sindaco, concernenti le loro richieste di accesso, in quanto consiglieri comunali, ad una serie di documenti amministrativi riguardanti l’attività dell’ente, e l’annullamento del regolamento per l’accesso agli atti da parte dei consiglieri comunali, approvato con deliberazione n. 41 del 30 settembre 2005, limitatamente ad alcuni articoli, assumendo la violazione dell’art. 43, comma 2, del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (t.u. delle leggi sull’ordinamento degli enti locali); 2.2. che il T.A.R. ha accolto il ricorso, stabilendo: 2.2.1. l’ammissibilità del ricorso, perché gli atti subordinano l’accesso ad una nuova istanza da redigere secondo il regolamento e sono perciò lesivi, giacché si sostanziano in un diniego di accesso; 2.2.2. l’incompetenza del sindaco, perché titolare di funzioni di indirizzo e di controllo, sicché i provvedimenti dovevano essere adottati dai responsabili dei servizi amministrativi, redattori degli atti richiesti dai consiglieri; 2.2.3. che, pur dovendosi esercitare il diritto di accesso "compatibilmente con le esigenze di funzionalità dell’ amministrazione e secondo modalità tali da non arrecare nocumento all’azione amministrativa", i consiglieri hanno diritto di ottenere dagli uffici le notizie ed informazioni in loro possesso, ai sensi dell’art. 43, comma 2, del predetto t.u., senza specificare le finalità della richiesta e con loro diretta responsabilità in tema di rispetto delle esigenze di riservatezza; 2.2.4. che però risulta illegittima la prescrizione del regolamento riguardante la formulazione di una sola domanda per ogni documento richiesto, perché limita eccessivamente l’istituto, rendendone più gravoso l’esercizio; 2.2.5. che perciò deve riconoscersi l’obbligo del Comune di far prendere visione degli atti domandati dalle predette persone e di rilasciarne copia "compatibilmente con le esigenze di funzionalità dell’ente locale"; 2.3. che non ha pregio l’eccezione delle parti intimate, circa la tardività della notificazione del ricorso in appello, rispetto alla data di notificazione della sentenza impugnata: 2.3.1. perché l’accesso ai documenti amministrativi del quale si discute non è quello regolato, con dimidiazione degli ordinari termini di proposizione del ricorso, dall’art. 25, comma 5, della l. 7 agosto 1990, n. 241, ma quello regolato dall’ art. 43, comma 2, del citato t.u. 267/2000, norma speciale concernente i diritti dei consiglieri comunali e provinciali. Sicché, nonostante la parziale coincidenza delle posizioni giuridiche tutelate dalla legge, non è giustificato estendere, per semplice analogia, la più riduttiva disciplina dei termini processuali stabilita dalla legge del 1990 a quella concernente il ricorso al giudice amministrativo, da parte dei consiglieri comunali (peraltro vigente da tempo antecedente: art. 24 l. 27 dicembre 1985, n. 816, ed art. 31 l. 8 giugno 1990, n. 142); 19 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 2.3.2. perché, in ogni caso, la notificazione eseguita in data 31 marzo 2006 – sopra: n. 1.3 – è tempestiva, anche rispetto al termine dimidiato suddetto, con riguardo alla notificazione della decisione impugnata, adempiuta in data 3 marzo 2006; 2.4. che non ha pregio la prima censura proposta dal Comune, circa l’inammissibilità del ricorso introduttivo, perché prodotto avverso atti non lesivi, che semplicemente rinviano ad una richiesta fatta con singoli atti l’accesso richiesto. Invero, si tratta pur sempre di un diniego di dar corso alla domanda, con conseguente insorgere dell’interesse, da parte dei richiedenti, di far verificare la legittimità del regolamento che tale procedimento impone; 2.5. che neppure è da condividere la tesi concernente omesse pronunzie o statuizioni non precise circa le disposizioni del regolamento comunale annullate. Invero: 2.5.1. è, innanzi tutto, agevole riconoscere l’annullamento disposto unicamente nei riguardi della prescrizione (sopra: 2.2.4) del "regolamento comunale per la disciplina del diritto dei consiglieri comunali all’accesso ai documenti amministrativi, in attuazione del disposto dell’art. 43, comma 2, del d. lgs. 267/2000". E tale norma è da individuare nell’art. 10, che contempla l’esercizio del diritto di accesso e che impone l’utilizzo di un modulo in cui sia specificato "il singolo documento amministrativo", che si chiede di conoscere; 2.5.2. poiché è stata fatta applicazione, come si desume in particolare dal diniego opposto con la nota del 17 ottobre 2005, del predetto art. 10, è conforme ai principi che sia stato contemporaneamente impugnato questo stesso articolo, posto a fondamento del diniego, sicché, contrariamente da quanto sostenuto dal Comune appellante, nei limiti ora precisati il ricorso introduttivo va considerato ammissibile e la pronunzia del primo giudice deve egualmente ritenersi corretta; 2.6. che non vanno però condivise, conformemente alle censure dedotte, le statuizioni del primo giudice circa la illegittimità della predetta disposizione regolamentare e circa l’ accoglibilità delle tre richieste per le quali si controverte; 2.7. che, invero, la limitazione dell’accesso, consistente nell’ incombente di formulare singole istanze per singoli documenti, non rende, come invece ha stabilito il T.A.R., eccessivamente gravoso l’esercizio del diritto, se non quando è eccessivamente ampia la domanda formulata, perché riferentesi ad una molteplicità di atti. Per poche e ragionevoli richieste, dover presentare singoli moduli, con le indicazioni prescritte, non comporta oneri seri. La disposizione regolamentare dell’art. 10, della quale si è fatto cenno, trova giustificazione in quelle evidenti esigenze di funzionalità dell’amministrazione locale, che sono un limite intrinseco a qualsiasi attività che miri al corretto svolgimento dell’attività amministrativa, come può e deve essere quella dei consiglieri comunali che ne vogliano conoscere in modo conforme ai compiti loro assegnati dalla legge. In caso contrario, l’attività degli uffici sarebbe manifestamente ostacolata da pluralità di domande, che si convertono in un eccessivo e minuzioso controllo dei singoli atti degli stessi uffici, con deviazione dai fini delle funzioni commesse ai consigli degli enti locali, sinteticamente definite, nell’art. 42 del predetto t.u., "di indirizzo e di controllo politico – amministrativo"; 2.8. che le regole suddette, peraltro condivise dal T.A.R. ma senza concreto esame delle istanze, non sono state osservate dalle domande dei consiglieri comunali, delle quali si discute. Come è reso palese, dal loro riferirsi ad "aree" di attività (richiesta del 14 ottobre) o ad altre, genericamente descritte, funzioni (richieste del 17 e 18 ottobre), o ad un cospicuo numero di copie dei "documenti ritenuti utili" riguardanti tredici atti protocollati in un ristretto numero di giorni; 2.9. che le richieste in parola sono, perciò, da ritenere non coerenti con il mandato ed i compiti, definiti dalla legge, per i predetti soggetti, e si configurano, di conseguenza, come forme di controllo specifico, non già inerente alle funzioni di indirizzo e controllo politico – amministrativo; 20 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 2.10. che ne deriva che, agli scopi suindicati, rispondono legittimamente, oltre al menzionato art. 10, gli artt. 2 e 3 del regolamento, che il consiglio comunale si è dato, e riguardanti, rispettivamente, l’esercizio del diritto "in modo da arrecare il minore aggravio possibile, sia organizzativo che economico, per gli uffici e per il personale comunale" (art. 2) e la delimitazione, conforme alla legge, delle funzioni dei consiglieri comunali, ai fini dell’ applicazione delle norme sull’accesso, avuto riguardo, vale a dire, all’ indirizzo ed al controllo sopra specificati (art. 3); 2.11. che nei limiti precisati deve essere riformata la sentenza impugnata, non criticata in tema di incompetenza del sindaco, al quale tuttavia potrebbero appartenere le questioni in esame, se hanno come presupposto la verifica dell’ ambito (art. 3 del regolamento comunale), entro il quale possono avere i consiglieri ingresso agli atti; TAR VENETO, SEZ. I - sentenza 23 novembre 2006 n. 3897 - Pres. Amoroso, Est. Rocco - Compagno (Avv. Sartori) c. Comune di Fossò (Avv. Ferruzzi) - (dichiara il ricorso ammissibile e lo respinge nel merito). ---------------------REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima sezione, con l’intervento dei magistrati Bruno Amoroso Fulvio Rocco - Presidente - Consigliere, relatore Marco Buricelli - Consigliere ha pronunciato la seguente 2.12. che vi sono ragioni per compensare le spese del giudizio. SENTENZA P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l’appello, come da motivazione. Spese compensate. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa. sul ricorso R.G. 1925/2006 proposto da Compagno Luciano, rappresentato e difeso dall’Avv. Antonio Sartori, con elezione di domicilio presso il suo studio in VeneziaMestre, Calle del Sale n. 33, Così deciso in Roma, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), nella camera di consiglio del 23 giugno 2006, con l'intervento dei Signori: Sergio Santoro Presidente Giuseppe Farina rel. est. Consigliere Corrado Allegretta Consigliere Aldo Fera Consigliere Aniello Cerreto Consigliere il Comune di Fossò (Venezia), in persona del Sindaco pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avv. Mauro Ferruzzi, con elezione di domicilio presso il suo studio in Venezia-Mestre, Via Fratelli Rondina n. 6, L’Estensore f.to Giuseppe Farina DEPOSITATA IN novembre 2006. Il Presidente f.to Sergio Santoro SEGRETERIA Il 28 contro per l'annullamento della deliberazione del Consiglio Comunale n. 29 dd. 8 giugno 2006, con riferimento all’aggiunta, ivi disposta, del comma 3-bis dell’art. 18 del regolamento comunale recante norme per l’accesso dei consiglieri e dei revisori alla documentazione amministrativa; nonché di ogni altro atto presupposto e conseguente. *** 21 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 VISTO il ricorso, notificato il 22 settembre 2006 e depositato il 9 ottobre 2006, con i relativi allegati; VISTO l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Fossò; VISTI gli atti tutti della causa; UDITI alla camera di consiglio del 25 ottobre 2006, convocata a’ sensi dell’art. 21 della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 così come integrato dall’art. 3 della L. 21 luglio 2000 n. 205 (relatore il consigliere Fulvio Rocco) l'Avv. Sartori per il ricorrente e l'Avv. Ferruzzi per il Comune di Fossò. RITENUTO a’ sensi dell’art. 26 della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 così come integrato dall’art. 9 della L. 21 luglio 2000 n. 205 e a scioglimento della riserva espressa al riguardo, di poter decidere la causa con sentenza in forma semplificata; RICHIAMATO IN FATTO quanto esposto nel ricorso e dalle parti nei loro scritti difensivi; CONSIDERATO quanto segue. 1.1. Il ricorrente, Sig. Luciano Compagno, espone di essere membro del Consiglio Comunale di Fossò (Venezia) e capogruppo della lista di minoranza “Solidarietà Fossò – Sandon” ivi rappresentata. Il medesimo ricorrente afferma di incontrare ripetute difficoltà nell’esercizio del diritto di accesso alla documentazione amministrativa e alle informazioni utili all’espletamento del proprio mandato: diritto che, per contro, è garantito dall’art. 43 del T.U. approvato con D.L.vo 18 agosto 2000 n. 267. Il Compagno afferma che un ulteriore ostacolo all’esercizio di tale diritto sarebbe stato introdotto mediante deliberazione del Consiglio Comunale n. 29 dd. 8 giugno 2006, recante quale oggetto “Modifiche al vigente regolamento di accesso agli atti amministrativi”. Nelle premesse di tale provvedimento si legge quanto segue: “ Visto il vigente Regolamento comunale dei diritti d’accesso risalente all’anno 1995, mai modificato negli ultimi anni e del quale si ravvisa l’inadeguatezza di alcune norme tra cui quelle regolanti il diritto d’accesso dei consiglieri (Titolo V - norme per l’accesso dei consiglieri e dei revisori) art. 18; considerato che con regolarità, pervengono a questo Ente, da parte di consiglieri comunali, numerose richieste di estrazione di copie riguardanti atti complessi, a titolo di esempio, le tavole dei P.R.G., le tavole di varianti urbanistiche e quant’altro abbia ad oggetto planimetrie di dimensioni consistenti, la cui foto-riproduzione comporta un costo elevato e un’oggettiva difficoltà ad esaudire la richiesta per mancanza di strumentazione idonea propria, ragion per cui ci si deve recare presso fotocopisterie attrezzate e sborsare denaro per l'estrazione di copie; visto il parere del Ministero dell'Interno - Dipartimento per gli affari Interni e territoriali - Direzione Centrale per le autonomie Prot. n. 15900/545/1.142/1Bis/5.10 del 12 maggio 2006, in risposta alla nota trasmessa da questo Comune in data 4 aprile 2006 Prot. n. 4744, in ordine alle possibili modalità di regolamentazione dell’accesso da parte dei consiglieri alla documentazione amministrativa dell’ente ed in particolare alla foto-riproduzione di atti complessi, quali quelli sopra evidenziati; riconosciuto il diritto dei consiglieri comunali all'accesso agli atti: l’accesso dei consiglieri comunali e provinciali agli atti amministrativi dell'ente locale, disciplinato dall'art. 43, comma 2, del D. L.vo 267 del 2000 prevede in capo agli stessi “il diritto di ottenere dagli uffici tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del loro mandato” ; la funzione, in base alla quale la legge riconosce il diritto di accesso del consigliere comunale o provinciale, è quella di controllo politicoamministrativo sull’ente, nell'interesse della collettività; va riservata quindi la massima ampiezza al diritto d’accesso dei consiglieri a tutti i documenti adottati dall’ente, in virtù del mandato affidato loro dal corpo elettorale, ma tale diritto non ha natura generalizzata e indiscriminata, in quanto si devono individuare i documenti oggetto del diritto; preso atto delle numerose pronunce giurisprudenziali in materia e dei pareri rilasciati dalla Commissione per l’accesso alla documentazione amministrativa, 22 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 che affrontano la questione delle difficoltà materiali che comporta, soprattutto per i piccoli comuni, lo svolgimento del diritto d’accesso; ravvisato che nel contemperare i diritti dei consiglieri con il dovere di economicità della pubblica amministrazione si ritiene doveroso regolamentare l’accesso dei consiglieri comunali aventi a riguardo gli atti complessi quali planimetrie di dimensioni consistenti, prevedendo modalità alternative di estrazione rispetto a quelle usuali, al fine di non risultare eccessivamente gravoso e non intralciare lo svolgimento dell’attività amministrativa e il regolare funzionamento degli uffici comunali; ritenuto, all’uopo, inserire altri due commi all'art. 18 del vigente regolamento: “2bis) Il diritto di accesso del consigliere non può configurarsi come generalizzato ed indiscriminato. I documenti, oggetto del diritto, devono essere concretamente individuati dal richiedente oppure essere individuabili; 3bis) Nel caso in cui le richieste abbiano ad oggetto l’estrazione di copie di atti elaborati, la cui foto-riproduzione comporti un costo elevato, quali ad esempio le tavole dei P.R.G. le tavole di varianti urbanistiche e quant’altro abbia ad oggetto planimetrie di dimensioni consistenti, sono previste modalità alternative quali la riproduzione su CD-rom in formato PDF, non modificabile”; ritenuto opportuno rinviare la generale revisione del vigente regolamento di accesso agli atti all’entrata in vigore del D.P.R. 184 del 12.aprile 2006 “Regolamento recante disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi”, recentemente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale; atteso che sulla proposta della presente deliberazione, e' stato acquisito il parere previsto dall’art. 49, comma 1, del D.L.vo 267 del 2000 in ordine alla regolarità tecnica da parte del responsabile del competente servizio”. In conseguenza di ciò, per effetto delle premesse testè riportate, l’art. 18 del Regolamento di cui trattasi è stato riformulato nei seguenti termini: “Art. 18 - Diritto di accesso ai consiglieri comunali”. “Nell’espletamento del mandato, i consiglieri comunali, esercitano il diritto di accesso mediante richiesta, anche verbale, al responsabile del procedimento, il quale la evade, di norma, immediatamente” (comma 1). “Eccezionalmente l’accesso può essere differito, nel qual caso il responsabile del procedimento concorda con gli interessati tempi e modalità per l’esame dei documenti e per il rilascio di copia” (comma 2). “Il diritto di accesso del consigliere non può configurarsi come generalizzato e indiscriminato. Tutti o documenti, oggetto del diritto, devono essere concretamente individuati dal richiedente oppure essere individuabili” (comma 2-bis). “I consiglieri comunali sono esentati dal pagamento dei costi di produzione nonchè di qualsiasi altro diritto” (comma 3). “Nel caso in cui le richieste abbiano ad oggetto l’estrazione di copie di atti elaborati, la cui foto-riproduzione comporti un costo elevato, quali ad esempio le tavole dei P.R.G., le tavole di varianti urbanistiche e quant’altro abbia ad oggetto planimetrie di dimensioni consistenti, sono previste modalità alternative quali la riproduzione su CD-rom in formato PDF, non modificabile” (comma 3-bis). “Nelle copie di atti e documenti rilasciate ai consiglieri comunali dovrà essere indicato che trattasi di copie destinate agli usi esclusivamente inerenti alla carica ricoperta dal richiedente” (quest’ultimo comma, nelle copie del provvedimento depositate sia dal ricorrente che dall’Amministrazione Comunale, è indicato come 6 e non 4 per un presumibile errore materiale). Il suesposto provvedimento di modifica dell’art. 18 del Regolamento è stato approvato dal Consiglio Comunale con nove voti favorevoli, 2 contrari e un astenuto. Il Consigliere Compagno ha espresso voto contrario, dando origine ad un’articolata discussione verbalizzata come segue: “Il Consigliere Compagno Luciano afferma che si tratta di una proposta di regime. Poiché c’è stata un’anticipazione telefonica il parere è stato pilotato. Prosegue il suo intervento dando lettura di un articolo apparso su “Il Sole 24 ore” il quale va nella direzione opposta rispetto a quella voluta con la presente proposta di deliberazione. Il Consigliere, poi, dà lettura del parere del Ministero dell’Interno che, nelle premesse, ammette le oggettive difficoltà di pronunciarsi in una materia ove abbondano sentenze contrarie. Lo stesso Consigliere 23 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 prosegue affermando l’impossibilità di limitare l’accesso dei consiglieri e che, per tale ragione, un ricorso contro la presente proposta di deliberazione potrebbe trovare fondamento. A conclusione del suo intervento osserva che il costo per la riproduzione delle cartografie non può essere addossato ai consiglieri. Chiede, pertanto, il ritiro della proposta consiliare nonché l’allegazione dell' articolo citato al verbale (allegato B).Il Consigliere Gastaldi Laura afferma che con la presente modifica non si impongono spese. Le delibere, le determine e quant’altro sia riproducibile con i mezzi in dotazione al Comune, infatti, continueranno ad essere fornite, ma le planimetrie sfuggono a questa possibilità: per esse il Comune non possiede macchinari per la riproduzione e quindi esternalizzare questo servizio provoca costi che il Comune non può sostenere. Si forniranno, pertanto, copie non cartografiche, ma su CD-ROM in PDF non modificabile. In questo modo il supporto informatico consentirà all’Ente di risparmiare denaro pubblico ed al Consigliere di ottenere l'accesso voluto. Il Consigliere Compagno Luciano replica affermando che non crede che il PRG sia costituito da 100 planimetrie. I costi vengono sostenuti altrove. Anche le lettere inviate ai diciottenni, infatti, hanno un loro costo ed in questo caso vengono spesi i soldi dei cittadini, mentre per la minoranza vengono introdotti dei paletti allo svolgimento del mandato. Il Consigliere Boscaro Federica osserva che gli inviti ai diciottenni sono una scelta e che non vi sono dei motivi per cui la stessa non possa essere effettuata. Anche presso altri Comuni si dà il benvenuto alle nuove famiglie con una lettera. Si tratta di una scelta di cultura civica. Il Consigliere Compagno Luciano afferma di rispettare ma di non condividere la scelta. Chiede, pertanto, il ritiro della proposta di deliberazione pena la proposizione di un ricorso al T.A.R. Chiede, infine, che le spese legali siano addebitate non al Sindaco ma al Sig. Carraro Guido. Il Sindaco chiede quale sia la differenza posto che la responsabilità patrimoniale ha solitamente riverberi sulla sfera personale. Chiede, infine, al Consigliere Compagno Luciano se abbia un personal computer. Il Consigliere Compagno Luciano risponde di possedere quello di suo figlio. Il Sindaco chiede la dichiarazione di voto”. 1.2. Ciò posto, con il ricorso in epigrafe il Compagno chiede l’annullamento della sopradescritta deliberazione consiliare n. 29 del 2006 limitatamente alla disposta inserzione nel testo dell’anzidetto art. 18 del comma 3-bis, in forza del quale - come si è visto innanzi - “nel caso in cui le richieste abbiano ad oggetto l’estrazione di copie di atti elaborati, la cui foto-riproduzione comporti un costo elevato, quali ad esempio le tavole dei P.R.G., le tavole di varianti urbanistiche e quant’altro abbia ad oggetto planimetrie di dimensioni consistenti, sono previste modalità alternative quali la riproduzione su CD-rom in formato PDF, non modificabile”. Con un primo ordine di censure il ricorrente deduce al riguardo l’avvenuta violazione degli artt. 7, 42 e 43, comma 2, del T.U. approvato con D.L.vo 267 del 2000, l’avvenuta violazione dei principi discendenti dagli artt. 1 e 97 Cost., nonché eccesso di potere per sviamento, irragionevolezza, ingiustizia manifesta e violazione del principio di proporzionalità. Secondo la prospettazione del ricorrente, il provvedimento impugnato recherebbe un’errata interpretazione della natura e della funzione del diritto dei consiglieri comunali che con esso si intenderebbe “disciplinare o, meglio, limitare. Nonostante le enunciazioni di principio contenute nella delibera, l’esercizio del diritto di accesso a documenti, notizie, informazioni utili all’espletamento del mandato” sarebbe, nella sostanza, “ricondotto ad un’ottica privatistica, di interesse del singolo consigliere comunale” che risulterebbe in tal modo “coordinato con l’esigenza “di non intralciare lo svolgimento dell’attività amministrativa e il regolare funzionamento degli uffici comunali”” (cfr. pag. 3 dell’atto introduttivo del presente giudizio). Quest’ottica, peraltro, ad avviso del medesimo ricorrente configgerebbe con giurisprudenza, ormai consolidata, che configura l’accesso del consigliere comunale alla documentazione amministrativa e alle informazioni utili all’esercizio del proprio mandato, affermato dall’art. 43 del T.U. approvato con D.L.vo 267 del 2000, quale diritto soggettivo pubblico funzionalizzato, ossia quale posizione che 24 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 implica l’esercizio di facoltà deputate al pieno ed effettivo svolgimento delle funzioni assegnate dalla legge al Consiglio Comunale, con la conseguenza che tale diritto può anche consistere nella pretesa che gli uffici dell’Amministrazione interpellati al riguardo eseguano elaborazioni dei dati e delle informazioni in loro possesso (cfr., ad es., Cons. Stato, Sez. V, 2 settembre 2005 n. 4471). Dalla lettura della deliberazione consiliare impugnata, si trarrebbe infatti la conclusione che il diritto soggettivo di cui trattasi si ridurrebbe, in buona sostanza, “ad un’azione quasi molesta che mette a repentaglio il buon andamento degli uffici” (cfr. ibidem, pag. 8) In particolare, il ricorrente reputa “puramente suggestivo” (cfr. ibidem) l’accostamento del nuovo comma 2-bis, che di per sé “recepisce indicazioni giurisprudenziali note, emesse in relazione a richieste di accesso emulative come l’istanza di ottenere copia di decine di falconi di pratiche amministrative senza curarsi di visionarle preventivamente per individuare gli elementi di interesse” (cfr. ibidem), al comma 3-bis qui segnatamente reso oggetto di contestazione, posto che quest’ultimo non riguarda le anzidette richieste emulative, ma attiene alla riproduzione di “atti elaborati ... la cui fotoriproduzione comporti un costo elevato” (cfr. ibidem). Il ricorrente reputa tale ultima espressione “molto generica in quanto in prima battuta sembrerebbe riferirsi alla riproduzione di atti dal contenuto elaborato e comunque di notevoli dimensioni, restando comunque imprecisato cosa si intenda per “costo elevato”, nel mentre dalla successiva esemplificazione sembrerebbe invece che ci si volesse riferire piuttosto ad “elaborati grafici, quali appunto tavole di P.R.G. o di varianti urbanistiche”, nel mentre permarrebbe comunque “un’incertezza di fondo sulla esatta nozione di atti elaborati la cui fotoriproduzione comporti un costo elevato” (cfr. ibidem). Sempre secondo il ricorrente, il comma in esame introdurrebbe inoltre limitazioni alle copie di “planimetrie di dimensioni consistenti”, non potendosi peraltro capire quali possano essere le “dimensioni consistenti” di una sola planimetria tali da comportarne un costo elevato di riproduzione. Ad avviso del ricorrente, quindi, la formulazione generica ed incerta sul discrimine della modalità alternativa alla riproduzione comporterebbe una prima lesione al diritto di accesso dei consiglieri comunali, stante l’inevitabile conseguenza che il diritto d'accesso ai documenti venga in tal modo “limitato o comunque regolato e concesso arbitrariamente da parte del Comune” (cfr. ibidem). Inoltre, proponendo modalità alternative di riproduzione come quella su CD-Rom in formato PDF non modificabile, di fatto si obbligherebbe il soggetto avente diritto all’esame di quei documenti ad avere a disposizione un personal computer: e “oltre al costo del computer bisogna naturalmente che l’interessato lo sappia usare, che disponga del software per la lettura del file PDF e che sappia far funzionare il tutto”; e “alla fine” rimarrebbe, “comunque una visione parcellizzata della planimetria visibile dal monitor del computer. Chi esamini una planimetria di uno strumento urbanistico magari perché deve esprimere il suo voto in seno al consiglio -comunale in merito alla sua approvazione deve poter comprendere il disegno complessivo dell’intero territorio comunale e la coerenza generale della nuova pianificazione. Appare evidente, a questo punto, come non si possa certo chiedere ad un Consigliere di un piccolo comune che riceve pochi euro (per la precisione € 18,60) per partecipare alle sedute di consiglio di munirsi di un personal computer per poter adempiere al proprio mandato, costringendolo comunque alla faticosa comprensione della tavola grafica per le ridotte dimensioni del monitor di un computer. E’ evidente quindi che alla fine il consigliere sarà costretto a ricercare un centro di fotoriproduzione, sostenere le spese per stampare il file della tavola grafica contenuto del CD rom. In qualsiasi modo, quindi, il Comune ha scaricato sui consiglieri di minoranza il costo di riproduzione delle tavole grafiche (sia per quanto riguarda l’uso di un personal computer, sia in termini di tempi e costi per trovare un centro specializzato in fotoriproduzione) ponendo un serio ostacolo 25 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 all’esercizio delle prerogative del Consiglio e all’efficacia del controllo sull’operato dell’amministrazione comunale” (cfr. ibidem, pag. 8). l’Amministrazione Comunale medesima consegna al Compagno documentazione amministrativa su supporto informatico in luogo della forma cartacea. Il ricorrente rileva che non è riportato nel contesto dell’art. 43 del T.U. approvato con D.L.vo 267 del 2000 l’obbligo - contemplato, per contro, dall’art. 10 del medesimo T.U. - del pagamento dei costi di rilascio delle copie degli atti ottenuti in sede di accesso, e che da ciò consegue che ai Consiglieri Comunali e Provinciali non deve essere addebitato il pagamento dei costi di riproduzione, né alcun altro tipo di costo. 2.2. Il Collegio respinge tale eccezione, innanzitutto con riguardo all’indubbia incidenza che il provvedimento impugnato riveste nei confronti dell’esercizio delle funzioni connesse allo ius ad officium proprio del consigliere comunale, risultando ben evidente che la disposizione regolamentare in esame è deputata a disciplinare le modalità di prestazione dell’Amministrazione nei confronti di un diritto attribuito ex lege al consigliere medesimo, e in secondo luogo poichè - come è ben noto – ai fini dell’impugnazione di un regolamento occorre accertarne l’immediata e concreta lesività, con riferimento all’entità e alle modalità dell’incidenza effettuale - e non semplicemente ipotetica ed eventuale - sulla sfera giuridica dei ricorrenti (cfr. sul punto, ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 6 giugno 1995 n. 556). Il ricorrente rimarca in tal senso che l’accesso dei consiglieri medesimi attiene, per quanto detto innanzi, alla funzione pubblica di cui essi sono portatori (cfr. sul punto, ex multis, T.A.R. Lazio, Sez. II, 27 ottobre 1999 n. 1712 e T.A.R. Lombardia, Brescia, 22 giugno 2004 n. 690), e che gli Enti Locali, al pari di tutte le pubbliche amministrazioni, sono tenuti a curare tutti gli adempimenti a loro carico e, quindi, a dotarsi di tutti i mezzi (personale, strumentazioni tecniche e materiali vari) necessari all’assolvimento dei loro compiti (cfr., su quest’ultimo punto, Cons. Stato, Sez. V, 4 maggio 2004 n. 2716). Il ricorrente, in conseguenza di tutto ciò, deduce quindi con un secondo ordine di censure l’avvenuta violazione del comma 3 del medesimo art. 18 del Regolamento del Comune di Fossò in materia di diritto di accesso, laddove – per l’appunto – si dispone che “i Consiglieri Comunali sono esentati dal pagamento dei costi di produzione nonchè di qualsiasi altro diritto”. 2.1 Ciò posto, il Collegio deve farsi innanzitutto carico di disaminare l’eccezione di inammissibilità del ricorso dedotta dal resistente Comune di Fossò . Secondo l’Amministrazione intimata, l’impugnativa del Compagno risulterebbe infatti proposta avverso un atto che non inciderebbe in via diretta sullo ius ad officium del singolo consigliere comunale e che, comunque, non comporterebbe – allo stato – una lesione della posizione giuridica della parte ricorrente, mancando nella specie un atto con il quale Nel caso di specie, l’immediatezza della lesione sussiste con ogni evidenza, posto che il ricorrente documenta agli atti di causa di aver chiesto all’Amministrazione Comunale in data 6 giugno 2006 il rilascio di “copia cartografica di tutti gli atti relativi alla delibera (rectius: proposta di deliberazione) di adozione” del “P.A.T.I. - Piano di assetto del territorio intercomunale per i Comuni di Camponogara e Fossò”, a quel tempo iscritta all’ordine del giorno del Consiglio (cfr. doc. 4 di parte ricorrente), e che la medesima Amministrazione Comunale documenta – a sua volta, ed in evidente contraddizione con quanto da essa sostenuto nella sua memoria di costituzione – di aver accolto tale istanza del Compagno consegnando a questi in data 27 giugno 2006 un CD rom in formato PDF non modificabile recante i contenuti dello strumento urbanistico anzidetto (cfr. doc. 13 di parte resistente depositato dalla difesa del Comune all’odierna camera di consiglio). Ciò posto, risulta ben evidente che non è interesse del ricorrente rimuovere gli effetti di un provvedimento che accoglie comunque la sua istanza di accesso, sia pure mediante 26 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 l’utilizzo di modalità da lui contestate, nel mentre sussiste l’interesse del ricorrente medesimo a rimuovere il provvedimento presupposto – ossia la disciplina di fonte regolamentare qui, per l’appunto, impugnata – che contempla in via generale le modalità in questione e che risulta già applicata nei suoi confronti dall’Amministrazione Comunale. 3.1. Tutto ciò premesso, il ricorso in epigrafe va respinto. 3.2. Il Collegio precisa – innanzitutto – che nella fattispecie in esame non è ravvisabile, a differenza di quanto prospettato dal ricorrente, un’ipotesi di materiale diniego del diritto soggettivo pubblico dei membri degli organi consiliari, affermato dall’art. 43, comma 2, del D.L.vo 267 del 2000, “di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonchè dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato”; né – e sempre a differenza di quanto affermato dal ricorrente - il nuovo comma 3 bis dell’art. 18 del regolamento anzidetto va riguardato quale specificazione della disciplina contestualmente introdotta dalla deliberazione qui impugnata con il nuovo comma 2-bis dell’art. 18 del medesimo regolamento comunale in materia di accesso alla documentazione amministrativa, laddove si dispone che “il diritto di accesso del consigliere non può configurarsi come generalizzato ed indiscriminato. I documenti, oggetto del diritto, devono essere concretamente individuati dal richiedente oppure essere individuabili”. Va infatti rilevato in proposito che la disciplina del diritto di accesso di cui all’anzidetto art. 43,comma 2, del T.U. approvato con D.L.vo 267 del 2000 si conferma come del tutto speciale rispetto all’istituto generale dell’accesso alla documentazione amministrativa proprio in quanto l’art. 22, comma 4, della L. 7 agosto 1990 n. 241 dispone ora, nel nuovo testo conseguente alla sostituzione di testo operata dall’art. 15 della L. 11 febbraio 2005 n. 15, che “non sono accessibili le informazioni in possesso di una pubblica amministrazione che non abbiano forma di documento amministrativo”, nonché in considerazione del fatto che, a’ sensi dell’art. 24, comma 3, della medesima L. 241 del 1990 a sua volta sostituito per effetto dell’art. 16 della L. 15 del 2005 – “non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell'operato delle pubbliche amministrazioni”, e che a’ sensi dell’art. 2, comma 2, ultima parte del D.P.R. 12 luglio 2006 n. 184 - recante, a sua volta, disposizioni regolamentari in materia di accesso alla documentazione amministrativa conseguenti all’entrata in vigore dell’anzidetta L. 15 del 2005 - “la pubblica amministrazione non é tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso”. Questo triplice ordine di limitazioni non risulta, infatti, estensibile alla specialità propria della disciplina di cui al predetto art. 43, comma 2, del T.U. approvato con D.L.vo 267 del 2000, se non altro in considerazione del fatto che l’accesso è ivi esplicitamente garantito anche nei confronti delle “notizie” e “informazioni …in possesso … del comune e della provincia, nonchè delle loro aziende ed enti dipendenti …” che risultano comunque “utili all’espletamento del … mandato” consiliare. Nel caso proposto all’esame del Collegio si pone - per contro - la questione se l’imposizione, in talune circostanze, dell’utilizzo di supporti informatici da parte dell’Amministrazione Comunale al fine di sovvenire alle richieste di accesso da parte dei membri dell’organo consiliare si configura, o meno, quale oggettivo ostacolo - sia sotto il profilo degli adempimenti materiali richiesti agli aventi titolo all’accesso medesimo, sia sotto il profilo dei costi ad essi addossati - al pieno esercizio della “posizione di diritto soggettivo pubblico funzionalizzato” dei consiglieri comunali e provinciali così come ribadita dall’ormai costante giurisprudenza, ivi compresa quella diffusamente citata dallo stesso ricorrente nell’atto introduttivo del presente giudizio (cfr., in particolare ivi la pag. 4 e ss., con particolare riguardo alla predetta decisione di Cons. Stato, Sez. V, 2 settembre 2005 n. 4471). Ciò posto, va evidenziato che al riguardo non sono a tutt’oggi ravvisabili disposizioni 27 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 normative o pronunce della Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi costituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri che affrontano specificatamente tale tema. La stessa nota del Ministero dell’Interno – Dipartimento per gli affari interni e territoriali – Direzione centrale per le Autonomie – Sportello delle Autonomie Prot. n. 15900/545/L.142/1 Bis/ 5.10 /n. 2005/12013/222 EE.LL., citata nelle premesse della deliberazione qui impugnata a conforto della sua adozione ed allegata quale parte integrante del relativo verbale non evidenzia puntuali indicazioni al riguardo, limitandosi ad affermare – in buona sostanza – l’esigenza, da un lato, che “gli Enti Locali, al pari di tutte le Pubbliche Amministrazioni” curino “tutti gli adempimenti a loro carico”, essendo tenuti “a dotarsi di tutti i mezzi (personale, strumentazioni tecniche, materiali vari) necessari all’assolvimento dei loro compiti” finalizzati a garantire il diritto di accesso di cui al predetto art. 43, comma 2, del T.U. approvato con D.L.vo 267 del 2000 (cfr. sul punto la dianzi citata decisione di Cons. Stato, Sez. V, 2716 del 2004) e, dall’altro, il “generale dovere della Pubblica Amministrazione di ispirare la propria attività al principio di economicità … che incombe non solo sugli uffici tenuti a provvedere, ma anche sui soggetti che richiedono prestazioni amministrative, i quali – specie se appartenenti alla stessa amministrazione – sono tenuti, in un clima di leale cooperazione – a modulare le proprie richieste” (cfr. parere della Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi costituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri dd. 10 dicembre 2002, resa al Comune di Rocca di Papa). Dal contemperamento di tali opposte esigenze viene ricavata la conseguenza della legittimità della misura introdotta nella fonte regolamentare del Comune di Fossò. “Conclusivamente – afferma infatti la predetta nota del Ministero dell’Interno – (e) soprattutto nel caso in cui il Consigliere Comunale chieda anche l’estrazione di copie di atti, la cui fotoriproduzione comporti, come nella fattispecie, un costo elevato e l’oggettiva difficoltà della mancanza di una strumentazione idonea, si ritiene che l’Ente possa senz’altro prevedere nell’emanando regolamento sulle modalità di accesso agli atti, alcuni precisi temperamenti o modalità alternative rispetto a quelli usuali, come ad esempio quello illustrato (riproduzione delle planimetrie su CD-rom in versione PDF non modificabile) che possano ovviare ai problemi sopra illustrati, assicurando, al contempo, il diritto di accesso del richiedente ed il regolare svolgimento dell’attività amministrativa dell’ente” (cfr. nota cit., pag. 6). Né offre maggiori spunti la decisione di Cons. Stato, Sez. V, 4 maggio 2004 n. 2716 che il Compagno ha chiesto ed attenuto di allegare al medesimo processo verbale della seduta consiliare, peraltro nella forma di un articolo di stampa che ne commenta il contenuto, e che si limita – nella sostanza – a ribadire il già dianzi considerato assunto della giurisprudenza secondo il quale “gli Enti Locali sono tenuti a curare tutti gli adempimenti a loro carico e, quindi, a dotarsi di tutti i mezzi necessari all’assolvimento dei loro compiti” (cfr. ivi). Più conferente al caso di specie risulta invece il parere n. 1 dd. 12 marzo 2004 reso a’ sensi dell’art. 7, comma 8, della L. 5 giugno 2003 n. 131 dalla Sezione di Controllo della Corte dei Conti per la Liguria su richiesta del Sindaco del Comune di Bargagli (Genova): tale pronuncia è citata nella nota Prot. n. 1433/05wa/ area II dd. 14 luglio 2005 a firma del Prefetto di Venezia e inviata al Presidente dell’Amministrazione Provinciale di Venezia e ai Sindaci della provincia medesima (cfr. doc. 7 di parte resistente) ed è integralmente consultabile nel sito www.corteconti.it//Sezionire/Liguria/Pareri/Anno-2004. Ivi si legge – per quanto qui segnatamente interessa – che “appare estremamente arduo ipotizzare danni di natura patrimoniale in relazione ai costi che gravano sull’amministrazione per l’estrazione di copie di atti effettuata a richiesta del consigliere di minoranza”, dovendosi opportunamente rammentare che “per “danno patrimoniale” in senso giuscontabile deve intendersi non una qualsiasi diminuzione del patrimonio dell’ente, ma un evento economicamente lesivo che si riveli oggettivamente “ingiusto” per 28 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 l’Amministrazione; “danno ingiusto” potrebbe essere un costo che per un verso risulti oggettivamente privo, in tutto o in parte, di corrispondente utilità per l’ente o per la collettività amministrata e per altro verso si ponga in relazione causale con una condotta antigiuridica (violazione dolosa o gravemente colposa di doveri di servizio). La latitudine del diritto di accesso ai documenti amministrativi di cui sono titolari i consiglieri comunali in quanto componenti dell’organo elettivo indurrebbe a far presumere che la richiesta di atti, anche in copia, da loro avanzata sia effettivamente strumentale, in una situazione di normale dialettica istituzionale all’interno dell’ente, all’espletamento del mandato politicoamministrativo. Una tale presunzione potrebbe essere vinta solamente da prove certe in senso contrario: una situazione di “danno patrimoniale ingiusto” potrebbe, cioè, sussistere ove risultasse effettivamente dimostrato che il diritto pretensivo del consigliere sia stato esercitato o consentito in modo non corretto in contrasto con la finalità della legge, così che i documenti acquisiti in copia non sono risultati utili né per l’esercizio del mandato amministrativo, né per i fini di questo. Ciò accadrebbe se, ad esempio, il consigliere chiedesse ed ottenesse, esorbitando dai limiti delle proprie facoltà, copia di atti amministrativi per fini esclusivamente personali e, dunque, estranei alla funzione pubblica di controllo che a lui spetta in quanto membro del corpo elettivo o, ancora peggio, per porre in essere una condotta “emulativa” al fine di recare molestia e intralcio al funzionamento degli uffici comunali con l’uso spropositato e dispendioso della macchina fotocopiatrice. In tali casi sorgerebbe l’obbligo di denuncia al Procuratore Regionale della Corte dei Conti, che è l’organo pubblico al quale l’ordinamento affida poteri istruttori per l’accertamento dei fatti causativi di danno patrimoniale alla pubblica amministrazione ad opera di dipendenti o di amministratori pubblici ai fini dell’eventuale esercizio dell’azione di responsabilità amministrativa. … La Sezione ritiene di potere osservare come richieste indiscriminate di copia di deliberazioni possano risultare esorbitanti rispetto alle esigenze cognitive che il doveroso esercizio della funzione di controllo sull’amministrazione impone alla vigile attenzione di ogni consigliere comunale, sia di minoranza che di maggioranza; si pensi a quegli atti di cui sarebbe superflua, ai fini dell’espletamento del mandato rappresentativo, l’acquisizione documentale, potendo rivelarsi più che sufficiente averne sommaria visione; si pensi, ancora, agli atti deliberativi particolarmente complessi dei quali fanno parte integrante corposi allegati amministrativi e tecnici, la cui riproduzione implicherebbe costi notevoli di copiatura per l’Amministrazione (ad esempio: atti approvativi di piani regolatori generali). Situazioni del genere suggerirebbero la opportunità di adottare una specifica disciplina regolamentare che valga a realizzare un razionale e giusto contemperamento fra le esigenze di garanzia e di controllo cui è informato il diritto di accesso spettante “ratione officii” a ciascun consigliere comunale e l’esigenza non meno rilevante per la finanza dell’ente locale (a maggior ragione se trattasi di un piccolo Comune) di un tendenziale contenimento dei costi nel rispetto del principio di economicità della attività amministrativa (art. 7 del T.U. 267 del 2000 e art. 1 della L. 241 del 1990). Del resto, ad una disciplina statutaria o regolamentare rinvia, come già accennato, l’art. 125 del T.U. approvato con D.L.vo 267 del 2000 a proposito delle forme da osservarsi per la messa a disposizione dei consiglieri dei testi delle deliberazioni adottate dalla Giunta. La Sezione di controllo esprime conclusivamente l’avviso che il Comune, nell’esercizio della potestà regolamentare oggi prevista in modo più ampio dal novellato art. 117 della Costituzione, - fatto salvo il diritto del consigliere di prendere visione di tutti gli atti utili all’espletamento del mandato (salvi il dovere di segretezza per quelli riservati nei casi previsti dalla legge e il divieto di divulgazione dei dati personali) - possa regolare le modalità di esercizio del diritto in modo che il rilascio di copia delle deliberazioni comunali e delle determinazioni dei responsabili di servizio (ed eventualmente di ogni altro documento di cui l’ente sia in possesso) avvenga con il minore aggravio possibile, sia organizzativo che economico, per gli uffici comunali”. Il giudice amministrativo – a sua volta – deve, all’evidenza, muovere da presupposti diversi rispetto a quelli propri del danno erariale viceversa utilizzati dalla Corte dei Conti e, 29 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 comunque – e per quanto rilevato innanzi - non omologanti i casi delle richieste di accesso cc.dd. “emulative” con le richieste di accesso ai “corposi allegati amministrativi e tecnici” testè citati e dei quali qui – per l’appunto – si discute: ma la conclusione a cui si perviene è, nella sostanza, analoga. A tale riguardo giova innanzitutto evidenziare che l’ormai consolidata esistenza, nell’ambito del nostro ordinamento, di un compiuto “sistema” di disposizioni normative finalizzate al diffuso utilizzo dell’informatica al fine del conveniente esercizio delle varie azioni di competenza delle pubbliche amministrazioni (cfr. al riguardo, ex multis, il D.L.vo 12 febbraio 1993 n. 39 e succ. modd. e intt., l’art. 176 del D.L.vo 30 giugno 2003 n. 196, il D.L.vo 5 dicembre 2003 n. 343 e il D.L.vo 7 marzo 2005 n. 82, recante quest’ultimo il codice dell’amministrazione digitale, con le conseguenti disposizioni applicative; per gli enti locali cfr., segnatamente, l’art. 12 del T.U. approvato con il D.L.vo 267 del 2000. nonché il progetto di e-government per essi predisposto e in corso di attuazione, il cui contenuto di massima è ricavabile dal sito http:/www.cnipa.gov.it/) rende del tutto apodittica, e per certo non conforme ai principi direttivi dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.), l’affermazione secondo la quale tutto ciò può riguardare i reciproci rapporti posti in essere tra le pubbliche amministrazioni medesime nonchè i rapporti da esse intrattenuti con l’utenza privata, ma non i rapporti tra le stesse amministrazioni e i componenti eletti nei loro organi consiliari. Del resto, proprio l’ormai generalizzata diffusione degli strumenti informatici presso i soggetti pubblici e privati, conforta l’intrinseca correttezza della definizione di “documento amministrativo” contenuta nell’attuale testo dell’art. 22 della L. 241 del 1990, laddove per l’appunto si legge - in termini sostanzialmente consonanti rispetto a quanto a sua volta disposto dall’art. 1 del T.U. approvato con D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445 – che esso consiste in “ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”. In tal modo è stata pertanto equiparata la produzione della documentazione amministrativa in via informatica rispetto alla tradizionale produzione cartacea, con la possibilità - ove del caso – della validazione del supporto informatico rispetto all’originale informatico o cartaceo (cfr. al riguardo l’art. 1, lett. p, nonché la sez. II, capo III e capo IV del D.L.vo 82 del 2005, nonché la deliberazione C.N.I.P.A. del 17 febbraio 2005 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 51 dd. 3 marzo 2005 e il D.P.C.M. 13 gennaio 2004, a sua volta pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 27 aprile 2004 n. 98). Pare addirittura superfluo rimarcare come mediante il generalizzato uso dello strumento informatico le pubbliche amministrazioni realizzano risparmi – per così dire – “di scala” pur a fronte dell’iniziale investimento per le acquisizioni sia dell’hardware che del software, con la conseguenza - per quanto qui segnatamente interessa - che la formazione di copie della documentazione amministrativa con modalità informatica comporta, all’evidenza, non soltanto minori spese ma anche minori tempi di lavorazione, con conseguente possibilità di una più conveniente utilizzazione del personale preposto alle relative incombenze. Secondo la prospettazione del ricorrente, a tali risparmi conseguiti dall’Amministrazione Comunale corrisponderebbe una traslazione nei suoi confronti dei relativi oneri economici. In buona sostanza – e come si è visto innanzi – il ricorrente lamenta che in questo modo si obbligherebbe coloro che chiedono di accedere alla documentazione detenuta dall’Amministrazione comunale ad avere a disposizione un personal computer, evidenziando – altresì – che “oltre al costo del computer bisogna naturalmente che l’interessato lo sappia usare, che disponga del software per la lettura del file PDF e che sappia far funzionare 30 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 il tutto”; che “alla fine” rimarrebbe, “comunque una visione parcellizzata della planimetria visibile dal monitor del computer”, posto che “chi esamini una planimetria di uno strumento urbanistico magari perché deve esprimere il suo voto in seno al consiglio comunale in merito alla sua approvazione deve poter comprendere il disegno complessivo dell’intero territorio comunale e la coerenza generale della nuova pianificazione”, e che non si potrebbe “certo chiedere ad un Consigliere di un piccolo comune che riceve pochi euro (per la precisione € 18,60) per partecipare alle sedute di consiglio di munirsi di un personal computer per poter adempiere al proprio mandato, costringendolo comunque alla faticosa comprensione della tavola grafica per le ridotte dimensioni del monitor di un computer”, con l’asseritamente scontata conseguenza “che alla fine il consigliere sarà costretto a ricercare un centro di fotoriproduzione, sostenere le spese per stampare il file della tavola grafica contenuto del CD rom”. Il complessivo ragionamento del ricorrente, testè riportato, non trova l’adesione del Collegio. Dirimente al riguardo non è la circostanza – emersa, come si è visto, nel corso della discussione nell’aula consiliare prodromica all’approvazione della deliberazione qui impugnata – secondo la quale il Compagno potrebbe fruire del personal computer domestico del figlio, ma il fatto che la forza politica di riferimento del medesimo ricorrente, ossia la “Lista Solidarietà Fossò – Sandon” intrattiene correntemente rapporti epistolari mediante l’utilizzo di un sistema computerizzato, comprensivo anche del logo – a sua volta computerizzato – che compare sulla sua carta intestata (cfr. doc. 4 di parte resistente, costituito dalla nota inoltrata in data 18 dicembre 2004 dallo stesso Compagno al Prefetto di Venezia). Del resto, non appare intrinsecamente credibile l’assunto sottinteso al suesposto ragionamento del Compagno – il quale, oltre a tutto, concomitantemente svolge pure le funzioni di Consigliere della Provincia di Venezia – secondo il quale la modestia del gettone percepito per la sua partecipazione alle sedute del Consiglio Comunale di Fossò implicherebbe la necessitata utilizzazione di strumenti tecnologicamente non avanzati per svolgere la propria azione politica. E’ ben noto – per contro – che proprio la comunicazione politica e la conseguente ricerca di consenso presso la pubblica opinione e, soprattutto, presso il corpo elettorale si fonda attualmente sulla diffusa utilizzazione dell’informatica e dei conseguenti strumenti che quest’ultima rende a sua volta disponibili: e la stessa, complessiva posizione politica occupata dal Compagno non disgiunta dalla predetta, documentata esistenza di corrispondenza della propria formazione politica di riferimento redatta su supporto informatico consente, quindi, di presumere nella specie che il medesimo ricorrente in realtà disponga di tutti i mezzi per poter convenientemente adeguarsi, senza aggravi di sorta, alla nuova disciplina di accesso alla documentazione amministrativa posta in essere per i consiglieri comunali di Fossò. Né può sostenersi che la consultazione della documentazione sia comunque più difficoltosa, posto che altrettanto notoriamente tutte le tipologie di personal computer, anche di meno recente fabbricazione e di prezzo più accessibile, contengono softwares che consentono sia la lettura dei documenti in formato PDF non modificabile, sia l’ingrandimento e la stampa delle cartografie in modo da ovviare alla parcellizzazione visiva delle medesime. In definitiva, quindi, il ricorrente non può ragionevolmente sostenere che, nella specie, i costi per la riproduzione della documentazione sono stati traslati a suo carico, posto che i costi medesimi sono stati comunque già affrontati da lui, ovvero dalla sua formazione politica, agli effetti dell’acquisizione di quegli stessi strumenti informatici che gli hanno fornito – e gli forniscono - un supporto non indifferente per l’acquisizione del consenso da parte del proprio elettorato. Semmai, l’unico profilo che richiede attenzione è la nozione – utilizzata, in chiave expressis 31 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 verbis esemplificativa, nella disposizione qui resa oggetto di impugnazione - “di atti elaborati, la cui foto-riproduzione comporti un costo elevato, quali … le tavole dei P.R.G., le tavole di varianti urbanistiche e quant’altro abbia ad oggetto planimetrie di dimensioni consistenti”. La mancanza di una puntuale individuazione delle ipotesi di ricorso alla riproduzione della documentazione mediante supporto informatico non rende peraltro la disposizione surriportata illegittima, posto che - anche a fronte della dianzi comprovata inesistenza di insormontabili incombenze per i consiglieri che esercitano al riguardo il loro diritto di accesso – rientra nelle normali incombenze del Segretario Comunale l’emanazione delle disposizioni che materialmente individuino le tipologie di documentazione per le quali risulta conveniente utilizzare il sistema di rilascio di copia informatica, avendo riguardo in tal senso alle concrete esigenze economico-funzionali dell’Amministrazione, Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio del 25 ottobre 2006. Il Presidente L'Estensore SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 23 novembre 2006. *** CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - sentenza 10 gennaio 2007 n. 55 - Pres. Iannotta, Est. Corradino - Presidio delle Guide Alpine Vulcanologiche del Monte Vesuvio (Avv. Abbondante) c. Fedele e c.ti (Avv.ti Laudadio, Scotto, Orefice e Pisani), Regione Campania (n.c.) e Collegio Regionale delle Guide Alpine Vulcanologiche della Regione Campania (Avv. Abbondante) - (conferma T.A.R. Campania Napoli, Sez. V, 15 febbraio 2005, n. 1070). ----------------------- E’ addirittura superfluo precisare che l’applicazione di tali misure dovrà essere rigorosamente omogenea per tutti i consiglieri comunali, sia di maggioranza che di opposizione, ben potendo il ricorrente reagire con tutti gli strumenti apprestati dall’ordinamento nelle ipotesi in cui ravvisi al riguardo casi di disparità di trattamento. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ha pronunciato la seguente 4. Le spese e gli onorari del giudizio possono essere integralmente compensati tra le parti, stante la novità della questione sottoposta all’esame del Collegio. P. Q. M. il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, lo respinge. DECISIONE Sul ricorso n. 3472/05 R.G. proposto dal Presidio delle Guide Alpine Vulcanologiche del Monte Vesuvio, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Nicola Abbondante, ed elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell’Avv. Antonio Pignatelli, Via del Corso, n. 504; CONTRO Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. - I Sigg.ri Nicola Fedele, Guglielmo Piscopo e Giulia Zucchetto, rappresentati e difesi dagli Avv.ti Felice Laudadio, Ferdinando Scotto, Andrea Orefice e Angelo Pisani, ed elettivamente domiciliati in Roma, presso lo 32 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 studio del dott. Gian Marco Grez, Via Lungotevere Flaminio, n. 46 – IV B; e nei confronti di - Regione Campania, in persona del Presidente della Giunta Regionale p.t., non costituita; - Collegio Regionale delle Guide Alpine Vulcanologiche della Regione Campania, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Nicola Abbondante, ed elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell’Avv. Antonio Pignatelli, Via del Corso, n. 504, appellante incidentale; L’appellante contrasta le argomentazioni del giudice di primo grado. Si sono costituiti i Sigg.ri Nicola Fedele, Guglielmo Piscopo e Giulia Zucchetto per resistere all’appello. PER LA RIFORMA della sentenza resa dal T.A.R. per la Campania, Napoli, Sezione Quinta, n. 1070/05, pubblicata in data 15 febbraio 2005. Visto il ricorso in appello con i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio dei Sigg.ri Nicola Fedele, Guglielmo Piscopo e Giulia Zucchetto; Visto l’atto di costituzione in giudizio del Collegio Regionale delle Guide Alpine Vulcanologiche della Regione Campania, che ha proposto appello incidentale; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Nominato relatore il Consigliere Michele Corradino; Udito alla pubblica udienza del 6.12.2005 l’avvocato Abbamonte, come da verbale d’udienza; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: FATTO Con sentenza n. 1070/05 del 15 febbraio 2005 il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Napoli, Sezione Quinta, accolse il ricorso proposto dai Sig.ri Nicola Fedele, Guglielmo Piscopo e Giulia Zucchetto per l’accertamento del silenzio-diniego formatosi sulla istanza di accesso, ex art. 22 della l. 241/90, inoltrata in data 5 giugno 2004 al Presidio delle Guide Alpine Vulcanologiche del Monte Vesuvio e alla Regione Campania e per la declaratoria del diritto dei ricorrenti all’accesso dei documenti richiesti. Si è, altresì, costituito il Collegio Regionale delle Guide Alpine Vulcanologiche della Regione Campania, che ha proposto appello incidentale. Con memorie depositate in vista dell’udienza la parti hanno insistito nelle proprie conclusioni. Alla pubblica udienza del 6.12.2005 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione, come da verbale. DIRITTO Il Collegio può prescindere dalla disamina dell’eccezione con cui i resistenti lamentano l’inammissibilità dell’appello poiché proposto dal Presidio senza la necessaria preventiva deliberazione dell’organo competente ad attribuire al Presidente il mandato ad litem, in quanto il ricorso è comunque infondato nel merito e pertanto non può essere favorevolmente definito. Con il primo motivo di gravame il ricorrente lamenta il proprio difetto di legittimazione passiva sostenendo che le convenzioni ed i documenti richiesti dagli appellanti di primo grado sono stati per lo più posti in essere dal Collegio Regionale delle Guide per conto del Presidio stesso. 33 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 La censura è infondata. Osserva il Collegio che l’appellante non ha negato nel corso del giudizio di primo grado di detenere gli atti richiesti dagli odierni resistenti, per cui è stato esattamente individuato come legittimato passivo del giudizio ai sensi dell’art. 25, comma 2°, della legge 241/90, a norma del quale la richiesta di accesso va inoltrata "all’amministrazione che ha formato il documento o che lo detiene stabilmente". D’altra parte non può dubitarsi della circostanza che è proprio il Presidio l’organismo di derivazione regionale istituito per la tutela del patrimonio artistico-culturale di interesse turistico e deputato alla regolamentazione dei relativi servizi. Né, comunque, risulta pertinente il richiamo del Presidio all’art. 12 della legge 6/89, riguardante la determinazione delle tariffe professionali, non costituenti l’oggetto dell’istanza dei resistenti, alla quale ultima non può opporsi la mancata specificazione dei documenti richiesti come motivo ostativo all’esibizione, giacchè nella domanda sono forniti tutti gli elementi utili per l’individuazione degli atti. Con gli altri motivi di ricorso l’appellante lamenta la carenza di legittimazione all’accesso da parte degli odierni resistenti per mancanza di interesse, in quanto le autorizzazioni all’esercizio dell’attività di guida vulcanologica da essi conseguite non sarebbero valide nell’ambito del presidio Vulcano Vesuvio e poi perché la competenza per regolare le visite turistiche al Vulcano sarebbe ormai dell’Ente Parco, che l’avrebbe sottratta al Presidio, circostanza di cui gli stessi ricorrenti di primo grado sarebbero a conoscenza, visto un ulteriore ricorso da essi presentato anche contro tale Ente. principi di partecipazione e di concreta conoscibilità della funzione pubblica da parte dell’amministrato, basato sul riconoscimento del principio di pubblicità dei documenti amministrativi. La giurisprudenza amministrativa ha costantemente affermato che ai fini della sussistenza del presupposto legittimante per l’esercizio del diritto di accesso deve esistere un interesse giuridicamente rilevante del soggetto che richiede l’accesso, non necessariamente connsistente in un interesse legittimo o in un diritto soggettivo, ma comunque giuridicamente tutelato, non potendo identificarsi con il generico ed indistinto interesse di ogni cittadino al buon andamento della attività amministrativa, ed un rapporto di strumentalità tra tale interesse e la documentazione di cui si chiede l’ostensione. Tale nesso di strumentalità deve, peraltro, essere inteso in senso ampio, posto che la documentazione richiesta deve essere, genericamente, mezzo utile per la difesa dell’interesse giuridicamente rilevante, e non strumento di prova diretta della lesione di tale interesse (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 7 settembre 2004, n. 5873; Sez. VI, 22 ottobre 2002, n. 5814). In sostanza, l’interesse all’accesso ai documenti va valutato in astratto, senza che possa essere operata, con riferimento al caso specifico, alcun apprezzamento in ordine alla fondatezza o ammissibilità della domanda giudiziale che gli interessati potrebbero eventualmente proporre sulla base dei documenti acquisiti mediante l’accesso (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 26 aprile 2005, n. 1896; Sez. IV, 19 marzo 2001, n. 1621) e quindi la legittimazione all’accesso non può essere valutata alla stessa stregua di una legittimazione alla pretesa sostanziale sottostante. Le censure non meritano accoglimento. Deve, in primo luogo, rilevarsi come il diritto di accesso ai documenti amministrativi introdotto dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, costituisce un principio generale dell’ordinamento giuridico, e si colloca in un sistema ispirato al contemperamento delle esigenze di celerità ed efficienza dell’azione amministrativa con i Sotto tale profilo, non può negarsi che i ricorrenti di primo grado vantino un interesse qualificato e una sicura legittimazione ad accedere alla documentazione negata, come correttamente riconosciuto dal T.A.R., posta altresì l’inconfigurabilità di esigenze di tutela di riservatezza ed essendo del tutto evidente la loro posizione differenziata e la titolarità di una 34 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 posizione giuridica soggettiva anche meramente potenziale, qual è appunto quella di non vedersi pretermessi o esclusi dallo svolgimento di ogni attività professionale turistica inerente il presidio Vulcano Vesuvio, come previsto dalla regolamentazione regionale. In proposito, infatti, la Giunta Regionale della Campania, con delibera n. 6722 del 9 settembre 1986, disciplinante il funzionamento dei presidi turistici permanenti, ha previsto che ai sensi della legge regionale 11/86 ciascun presidio è sempre aperto alle guide abilitate iscritte nell’apposito albo ed autorizzate ad esercitare la propria professione, anche se non incluse fra quelle destinate specificamente ad un presidio. giudizio è espressione di un apprezzamento latamente discrezionale del giudice e può essere censurato in appello solo se risultino palesemente illogiche o erronee le ragioni enunciate, pur non essendovi alcun obbligo in tal senso, a giustificazione della pronuncia. La conoscenza degli atti relativi alla istituzione e regolamentazione del presidio del Monte Vesuvio, oggetto della richiesta di accesso, risulta quindi senz’altro rilevante, per gli odierni resistenti, al fine della corretta individuazione e regolamentazione della propria attività di guida vulcanologica per la quale hanno conseguito apposita abilitazione, anche in vista di eventuali o in atto pretese giurisdizionali. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione V) rigetta l’appello in epigrafe; rigetta l’appello incidentale. Né, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, le convenzioni stipulate tra l’Ente Parco ed il Collegio Regionale delle guide alpine per il funzionamento del presidio possono influire negativamente sulla sussistenza dell’interesse all’accesso in capo ai ricorrenti, come pure la circostanza della proposizione di un ulteriore ricorso giurisdizionale contro gli stessi atti o avverso determinazioni a questi connesse. Va, infine, rigettato anche l’appello incidentale proposto dal Collegio Regionale delle Guide Alpine Vulcanologiche della Regione Campania, volto a contestare il capo della sentenza con cui il T.A.R. ha disposto la compensazione delle spese processuali tra detto Collegio ed i ricorrenti di primo grado. In proposito, infatti, va rilevato che secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 20 aprile 2000 n. 2423; 6 luglio 1999, n. 818; Sez. VI, 2 marzo 1999, n. 234, Cass. Civ., Sez. I, 12 luglio 2000 n. 9271) la statuizione di compensazione delle spese di Alla luce delle superiori considerazioni, il ricorso in appello e l’appello incidentale vanno rigettati. 3. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. P.Q.M. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi euro 5000 (cinquemila). Così deciso in Roma, palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del 6.12.2005 con l'intervento dei sigg.ri Raffaele Iannotta Presidente, Giuseppe Farina Consigliere, Chiarenza Millamaggi Cogliani Consigliere, Paolo Buonvino Consigliere, Michele Corradino Consigliere estensore. L'ESTENSORE Michele Corradino IL PRESIDENTE Raffaele Iannotta DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 10 gennaio 2007. *** TAR SICILIA - PALERMO, SEZ. I sentenza 15 novembre 2006 n. 3029 - Pres. ff. Giamportone, Est. Valenti - Pinco (Avv. Filippi) c. Poste Italiane s.p.a. (Avv.ti Castellese) - (accoglie). ------------------------ 35 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione Prima, ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso R.G. 1531/2006 proposto da PINCO Maria Teresa, rappresentata e difesa dall’Avv.to Pieranna Filippi ed elettivamente domiciliata in Palermo, presso il cui studio dell’Avv.to G. Rubino, via Oberdan n.5, CONTRO le Poste Italiane S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t. Avv. Andrea Sandulli, rappresentato e difeso dall’Avv.to Salvatore Castellese della Funzione Affari Legali Area Sud Palermo, ed elettivamente domiciliato in Palermo presso il medesimo Ufficio, Via Epicarno n.3, PER L’ANNULLAMENTO del silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di accesso agli atti inoltrata in data 18/05/06 e ricevuta dalle poste italiane S.p.A. in data 22/05/06, NONCHE’ PER L’EMANAZIONE di un ordine di esibizione ai sensi e per gli effetti dell’art.25 l.241/90. Visto il ricorso, notificato in data 17/07/2006 e depositato il 24/07/2006, con relativi allegati; Vista la costituzione in giudizio delle Poste Italiane S.pA. e la relativa memoria; Visti gli atti tutti della causa e la memoria conclusiva di parte ricorrente; Relatore alla Camera di consiglio del 29 settembre 2006 il Referendario Dr. Roberto Valenti; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue FATTO Con il ricorso in epigrafe ex art.25 L.241/90, notificato e depositato come in premessa, parte ricorrente espone di aver presentato in data 1/12/1995, n.q. di dipendente del (già) Ente Pubblico Economico delle Poste Italiane, apposita istanza volta al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità ivi meglio specificata. Con nota A/R del 11/01/2002 (ricevuta in data 15/01/2002) l’Ente Poste Italiane S.p.A. (Servizio Ris.Umane e SS.GG.) riscontrava la precedente istanza comunicando che "la soprintendenza Medica Regionale dell’INAIL, alla quale la società Poste Italiane ha dato incarico per gli accertamenti sanitari di rito, ha escluso l’origine professionale della patologia denunciata (…)". In data 18/05/06 la ricorrente procedeva quindi ad avanzare istanza di accesso alla documentazione relativa alla propria pratica, con particolare riferimento al parere emesso dall’INAIL: occorre precisare in questa sede come l’istanza di accesso di che trattasi sia stata rivolta congiuntamente sia nei confronti delle Poste Italiana S.p.A., sia nei confronti dell’INAIL – Dir. Reg. Sicilia. Lamenta parte ricorrente il mancato riscontro all’istanza di accesso in premessa da parte delle Poste Italiane S.p.A.. Invero, in risposta alla richiesta in parola, solo l’INAIL ha fatto pervenire la nota del 09/06/2006 prot.267/16.2 con cui ha comunicato che "tutti gli atti della pratica, compreso il parere della soprintendenza medica regionale INAIL, sono stati restituiti alla competente filiale delle Poste Italiane" (nota in atti, versata contestualmente alla memoria conclusiva del 25/09/2006). Perdurando il silenzio è stato proposto il presente ricorso, affidato alle doglianze della violazione di legge ed eccesso di potere, sotto diversi profili. Udito l’Avv.to P. Filippi per la ricorrente, 36 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Ha chiesto parte ricorrente, previo annullamento del silenzio rifiuto serbato dalle Poste Italiane S.p.A. nei confronti della istanza, il rilascio della documentazione richiesta di cui alla relativa domanda del 18/05/2006. Vinte le spese. Per resistere, si costituiva la Società Poste Italiane S.p.A., che preliminarmente ha eccepito il difetto proprio di legittimazione passiva in quanto la richiesta di accesso avrebbe dovuto essere rivolta all’Amministrazione che ha formato il documento: nel caso di specie il ricorso non risulta, per altro, essere stato notificato all’INAIL. Nel merito ne chiedeva il rigetto, siccome infondato, con vittoria di spese. Parte ricorrente conclusiva. ha presentato memoria Alla Camera di Consiglio del 29/09/2006, designato relatore il Referendario Dr. Roberto Valenti, ed udito l’Avv.to di parte ricorrente, come da verbale, la causa è stata posta in decisione. DIRITTO Si controverte in tema di accesso agli atti avanzata dalla ricorrente sulla documentazione relativa all’istanza per il riconoscimento della causa di servizio della patologia accusata. In particolare la ricorrente ha chiesto, congiuntamente all’ente di appartenenza (Poste Italiane S.p.A.) e all’INAIL, copia della documentazione relativa alla propria pratica, siccome con nota del 11/01/2002 le Poste Italiane S.p.A. avevano comunicato che la Soprintendenza Medica Regionale dell’INAIL, all’uopo incaricata in base ad apposita convenzione, aveva escluso la sussistenza della dipendenza da causa di servizio. Occorre prendere le mosse dalle eccezioni preliminari sollevate dalle parti costituite. Sostiene l’Ente intimato il proprio difetto di legittimazione passiva in quanto la domanda e la relativa tutela giurisdizionale avrebbero dovuto essere rivolte nei confronti dell’INAIL n.q. di Amm.ne che ha redatto l’atto per cui è causa. L’eccezione rileva nel caso di specie. Invero occorre considerare che, ai sensi della normativa di settore, l’accesso ai documenti amministrativi può essere esercitato, sussistendone i presupposti di legge, nei confronti dell’Amministrazione che ha redatto l’atto, ovvero nei confronti di quella che lo detenga stabilmente. Sul punto la giurisprudenza ha affermato che "Ai fini della individuazione dell'amministrazione obbligata all'esibizione dei documenti richiesti ai sensi dell'art. 25 l. 7 agosto 1990 n. 241, il criterio della formazione del documento è quello principale e generale, mentre quello della detenzione dello stesso assume un rilievo secondario e sussidiario. Segue da detta premessa, come corollario obbligato, che legittimata passiva deve intendersi (e presumersi) l'amministrazione che ha confezionato l'atto e, solo nell'ipotesi di successiva trasmissione della detenzione dello stesso a quella che lo detiene stabilmente, l'istanza di accesso può essere legittimamente rivolta a quest'ultima. In altri termini, la materiale disponibilità del documento non costituisce criterio generale di individuazione dell'amministrazione obbligata a pronunciare sull'istanza di accesso ma assume rilevanza a detto fine esclusivamente nel caso in cui sia comprovata una concorrenza dei due criteri, con la conseguenza che ove l'amministrazione che ha formato il documento sia diversa da quella che in atto lo detiene stabilmente, deve attribuirsi prevalenza al criterio del possesso dell'atto (T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 28 gennaio 2005 , n. 680). Negli stessi termini è stato altresì precisato che "L'art. 25 comma 2, l. n. 241 del 1990, il quale prevede che la richiesta di accesso debba essere <<rivolta all'amministrazione che ha formato il documento o che lo detiene stabilmente>> va interpretato, per evidenti ragioni di economia procedimentale e processuale, in un senso ampio, potendosi ritenere ammissibile che la richiesta di copia degli atti presupposti e preparatori, adottati da altre amministrazioni, 37 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 venga rivolta all'Amministrazione che gestisce la fase finale di un procedimento complesso, o che comunque adotta l'atto finale (T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 16 dicembre 2003 , n. 15365). Venendo al caso in esame, risulta provato, e non contestato dall’Ente intimato, che la domanda di accesso de quo sia stata contestualmente rivolta tanto alle Poste Italiane S.p.A., presso cui lavora la ricorrente, che nei confronti dell’INAIL che ha redatto il parere negativo sulla domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio. L’INAIL ha riscontrato l’istanza di accesso significando che sia il parere emesso che la pratica amministrativa di che trattasi erano stati restituiti alle Poste Italiane S.p.A., presso cui, quindi, poteva essere fatta valere l’actio ad exibendum. Risultano quindi presenti entrambi gli elementi richiamati dalla giurisprudenza citata prevalente in specie il criterio della stabile detenzione del documento richiesto ai fini della individuazione del soggetto legittimato passivamente all’esibizione. Ciò posto, risultano altresì prive di pregio le argomentazioni addotte dalla difesa delle Poste Italiane S.p.A. circa l’infondatezza del ricorso, con particolare riferimento anche ai limiti della applicazione della L.241 – e dell’istituti dell’accesso agli atti amministrativi in parte qua – ad un ente che agisce in regime di concorrenza con altri operatori. Ad avviso della resistente, solo in relazione all’esercizio di attività connessa al pubblico servizio di cui è concessionaria è – al limite – possibile (ricorrendone i presupposti) essere esercitato il diritto di accesso: cosa che in specie non sarebbe rilevabile. Ritiene il Collegio che le argomentazioni già svolte in relazione alla corretta individuazione del soggetto legittimato passivo dell’actio ad exibendum possano già da sole essere sufficienti a suffragare la prospettazione della difesa resistente. Il Consiglio di Stato ha precisato che "La normativa sull' accesso, di cui agli art. 22 ss. l. n. 241 del 1990, si applica anche nei confronti della s.p.a. Poste italiane , senza che abbia rilievo in contrario il fatto che il servizio sia svolto in regime di concorrenza, ovvero che la società svolga attività di diritto privato, poiché essa gestisce interessi pubblici, oltre che nell'interesse proprio, anche per soddisfare quelli della collettività" (Consiglio Stato , sez. VI, 27 giugno 2005 , n. 3417; negli stessi termini anche T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 16 dicembre 2002 , n. 4554). Con specifico riguardo alla questione in esame, risulta utile il richiamo alla giurisprudenza del Consiglio di Stato secondo cui "La qualità del richiedente l'accesso ai documenti amministrativi in possesso di Poste italiane s.p.a. di dipendente della predetta società fa chiaramente desumere come la richiesta di accesso sia giustificata dallo scopo di ottenere elementi utili al fine di un'eventuale controversia di lavoro" (Consiglio Stato , sez. VI, 26 gennaio 2006 , n. 229). Negli stessi termini il T.A.R. Reggio Calabria ha affermato che "è illegittimo il diniego opposto da Poste italiane s.p.a. ad un'istanza di accesso, sul rilievo che la società di cui si tratta è concessionaria di pubblico servizio e come tale rientra nella previsione normativa di cui all'art. 23 l. n. 241 del 1990. Nel caso di specie, è stato consentito l' accesso alla documentazione concernente il riconoscimento di un'infermità per causa di servizio, quindi a documentazione in tema di rapporto di lavoro dei dipendenti di Poste italiane s.p.a." (T.A.R. Calabria Reggio Calabria, 01 aprile 2004, n. 258). Le ampie argomentazioni svolte comportano la fondatezza delle censure articolate dalla ricorrente. Il diniego opposto – meglio articolato nelle memorie difensive dalle Poste Italiane S.p.a. - risulta infatti illegittimo, sia sotto il profilo della violazione di norma di legge che per eccesso di potere, sussistendo in specie un interesse giuridicamente rilevante da tutelare. 38 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Conseguentemente il ricorso deve essere accolto per quanto in motivazione riportato, e per l’effetto deve essere ordinato alle Poste Italiane S.p.A. di consentire l’accesso agli atti di che trattasi, con facoltà di estrazione di copia, di cui alla richiesta di parte ricorrente in narrativa Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. Italiane s.p.a, Centro Meccanizzazione Postale Campania (n.c.) - (accoglie). -------------------REPUBBLICA ITALIANA N. 7729 Reg. Sent. IN NOME DEL POPOLO ITALIANO ANNO 2006 P. Q. M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione prima, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, ordina alle Poste Italiane S.p.A. di consentire l’accesso ai documenti, con facoltà di estrazione copia, di cui alla richiesta del 18/05/2006, secondo le modalità di legge e previo rimborso delle spese di riproduzione. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania - Sezione V^ - composto dai Signori: N. 3051 Reg. Ric. ANNO 2006 1) Carlo d’Alessandro - Presidente 2) Paolo Carpentieri - Consigliere – relatore 3) Michelangelo Francavilla - Referendario Condanna le Poste Italiane S.p.A. al pagamento delle spese del presente giudizio in favore della parte ricorrente, che si liquidano in €.1.500,00, oltre I.V.A. e C.P.A. ha pronunciato la seguente SENTENZA - Agnese A. Barone - Referendario sul ricorso n. 3051/2006 Reg. Gen., proposto da Avino Aniello, Castelli Alfredo, D’Onofrio Eduardo, Esposito Salvatore, Esposito Vincenzo, Licata Gaetano Antonio, Muto Carmine, Pace Davide, Palmendola Giovanni, Pietropaolo Domenico, Saide Ettore, Scuotto Nicola e Verlini Livio Antonio, tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti Ettore Leperino e Alfonso Leperino, con domicilio eletto in Napoli alla via G. Ricciardi 28 - Roberto Valenti - Referendario Estensore contro Angelo Pirrone, Segretario. la società Poste Italiane s.p.a., in persona del legale rapp.te p.t., con sede in Roma, al viale Europa 190, rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Fiorillo e Raffaele De Luca Tamajo, con domicilio eletto in Napoli al viale Gramsci 14, presso lo studio di quest’ultimo; Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa. Così deciso in Palermo, nella Camera di Consiglio del 26 Settembre 206, con l'intervento dei Sigg.ri Magistrati: - Filippo Giamportone - Presidente f.f. Depositata in Segreteria il 15/11/2006 *** TAR CAMPANIA - NAPOLI, SEZ. V sentenza 28 luglio 2006 n. 7729 - Pres. D’Alessandro, Est. Carpentieri - Avino e altri (Avv.ti E. e A. Leperino) c. Poste Italiane s.p.a. (Avv.ti Fiorillo e De Luca Tamajo) e Poste la società Poste Italiane s.p.a– Centro Meccanizzazione Postale Campania, in persona del legale rapp.te p.t., con sede in Napoli alla via Galileo Ferraris 66, non costituita; per l’annullamento, previa sospensione 39 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 <<a) del diniego tacito, ex art. 25, 4 comma, legge 241/1990, delle Poste Italiane s.p.a. avverso l’istanza di accesso ai documenti amministrativi proposta dai ricorrenti con lettera raccomandata A/R del 7.2.2006 n. 12806514176-5 e n. 12806514177-6 inviate rispettivamente a Poste Italiane s.p.a. presso la sede legale in Roma al viale Europa 190 nonché presso il Centro Meccanizzazione Postale Campania, che materialmente detiene la documentazione richiesta, in Napoli alla via Galileo Ferraris n. 66/M, con cui gli istanti chiedevano il rilascio in copia della rappresentazione grafica delle giornate di riposo compensativo accantonate e non ancora godute nonché dei modelli 70/P relativi all’arco temporale dal 1 gennaio 2001 sino ad oggi; b) di ogni altro atto o provvedimento preordinato connesso e conseguente che sia comunque lesivo dei diritti dei ricorrenti; inviata all’ente di appartenenza, con raccomandate dell’8 febbraio 2006, fatte recapitare alla società intimata sia presso la sede legale di Roma che presso quella periferica di Napoli. Con tale istanza i ricorrenti hanno domandato la visione e l’estrazione di copia di tutti gli atti dai quali risultino le giornate di riposo compensativo accantonate e non ancora godute sino ad oggi, nonché copia dei modelli 70P relativi all’arco temporale dall’1 gennaio 2001 sino ad oggi, al fine di conoscere il complessivo monte orario di riposo compensativo spettante a ciascuno di essi, per poter meglio organizzare i propri periodi di riposo concertati con la società. Non avendo ottenuto alcun riscontro dall’amministrazione intimata, i ricorrenti hanno dunque adito questo giudice ai sensi dell’art. 25 della legge 241/1990. nonché per l’accertamento e la declaratoria del diritto dei ricorrenti ad ottenere copia della documentazione dianzi precisata ove risultano i giorni di riposo compensativo dagli stessi non goduti.>>. A sostegno del gravame deducono diversi motivi di illegittimità e concludono per l’annullamento del tacito diniego e l’accertamento del proprio diritto a prendere visione ed estrarre copia della predetta documentazione. VISTI il ricorso ed i relativi allegati; VISTO l’atto di costituzione in giudizio della società Poste Italiane s.p.a, con le annesse produzioni; VISTI gli atti tutti di causa; UDITI alla camera di consiglio del 22 giugno 2006 - relatore il Magistrato Dr. Carpentieri – gli avv.ti riportati a verbale; In data 21 giugno 2006 la società Poste Italiane s.p.a. si è costituita in giudizio facendo rilevare l’inesistenza di parte dei documenti richiesti (non esisterebbe alcuna rappresentazione grafica delle giornate di riposo compensativo accantonate e non ancora godute). Ha altresì obiettato che la normativa sull’accesso non sarebbe applicabile ad attività meramente interne e strumentali dell’ente non direttamente collegate all’espletamento o all’organizzazione del servizio pubblico. FATTO E DIRITTO I ricorrenti, tutti dipendenti della società Poste Italiane s.p.a., in servizio presso il Reparto Ordinarie Corrispondenze sez. AT (Aeroporto Transiti) dell’aeroporto di Napoli Capodichino, con il presente ricorso – ritualmente notificato in data 7/8 aprile 2006 e depositato presso la Segreteria del Tribunale il successivo 4 maggio – agiscoono per la declaratoria del diritto di accesso agli atti indicati nell’istanza – diffida Alla camera di consiglio del 22 giugno 2006 la causa è stata chiamata e assunta in decisione. Il ricorso è in parte fondato e andrà, per quanto di ragione, accolto. In primo luogo non merita condivisione l’argomento della società resistente che sostiene di non essere assoggettata alla normativa in 40 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 tema di accesso o, quanto meno, di non esserlo quando agisce in regime di concorrenza. Il Collegio, infatti, ritiene al riguardo di non doversi discostare dall’orientamento del Consiglio di Stato, secondo cui l’attività amministrativa, cui gli artt. 22 e 23 della legge 241 del 1990 correlano il diritto di accesso, ricomprende non solo quella di diritto amministrativo, ma anche quella di diritto privato posta in essere dai soggetti gestori di pubblici servizi che, pur non costituendo direttamente gestione del servizio stesso, sia collegata a quest’ultima da un nesso di strumentalità derivante anche, sul versante soggettivo, dalla intensa conformazione pubblicistica (Cons. St., IV, 26 gennaio 2006, n. 229). Nella sentenza ora citata, pronunziata contro la società Poste Italiane s.p.a., il Consiglio di Stato ha espressamente affermato il diritto di accesso dei dipendenti di tale società alle schede di rilevazione delle presenze (modelli 70/P). Ora il Collegio non nega la discutibilità di tale assunto, in base al quale è sufficiente, ai fini dell’assoggettamento allo speciale regime di pubblicità/trasparenza previsto dal Capo V della legge n. 241 del 1990, un collegamento anche del tutto indiretto e mediato tra gli atti di cui si chiede l’accesso e l’organizzazione del servizio pubblico, ma, per ragioni di unitarietà di trattamento e di favor per l’accesso, piuttosto che per la riservatezza degli atti, non intende, come detto, contraddire tale orientamento di maggior apertura del giudice di appello (orientamento peraltro oggi sorretto ulteriormente dalla previsione del nuovo comma 1-ter inserito nell’art. 1 della legge n. 241 del 1990 dalla legge n. 15 del 2005). Il Collegio non manca di rilevare che il nuovo regolamento recante la disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativo, introdotto con il d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184 (pubblicato nella G.U.R.I. n. 114 del 18 maggio 2006), contiene, nell’art. 2, comma 1 (Ambito di applicazione), la previsione, aggiuntiva rispetto al testo della legge 241/1990 e più restrittiva, per cui "il diritto di accesso. . . .è esercitabile nei confronti di tutti i soggetti. . . di diritto privato limitatamente alla loro attività disciplinata dal diritto nazionale o comunitario". Tale locuzione aggiuntiva potrebbe per certi aspetti autorizzare un ripensamento della suindicata giurisprudenza più estensiva, ma l’inapplicabilità "ratione temporis" di tale nuova disposizione al caso in esame esime il Collegio dal dover compiere questo approfondimento. Ciò posto, entrando più nel dettaglio, come detto, il ricorso può essere accolto solo in parte, limitatamente alla richiesta di accesso ai modelli 70/P (schede di presenza) relativi all’arco temporale dall’1 gennaio 2001 sino ad oggi. Deve essere respinta, invece, la domanda relativa all’accesso alla rappresentazione grafica delle giornate di riposo compensativo accantonate e non ancora godute. L’articolo 22, comma 4, della legge n. 241 del 1990, nel nuovo testo introdotto dall’articolo 15 della legge n. 15 del 2005, ha statuito inequivocamente che "Non sono accessibili le informazioni in possesso di una pubblica amministrazione che non abbiano forma di documento amministrativo, salvo quanto previsto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 , in materia di accesso a dati personali da parte della persona cui i dati si riferiscono". L’articolo 24, comma 3, della legge n. 241 del 1990, nel nuovo testo introdotto dall’articolo 16 della legge n. 15 del 2005, recependo un costante indirizzo giurisprudenziale, ha statuito inequivocamente che "Non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell'operato delle pubbliche amministrazioni". Ancor più inequivocamente il nuovo regolamento recante la disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi, introdotto con il d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184, applicabile in parte qua al caso in esame trattandosi, per quel che qui interessa, di disposizione interpretativa chiarificatrice della portata della norma primaria, ha stabilito, all’art. 2, comma 2, ultimo periodo, che ". . .la pubblica amministrazione non è tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare la richiesta di accesso.". 41 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Dalle ora trascritte norme emerge in modo chiaro il canone di giudizio secondo cui è inammissibile, per carenza di oggetto e inapplicabilità della specifica tutela di cui al Capo V della legge generale sul procedimento amministrativo, ogni domanda di accesso che abbia riferimento non già a documenti, intesi come forma del contenuto di atti amministrativi già formati [art. 22, comma 1, lettera d) cit.], nonché ogni domanda che miri direttamente alla conoscenza di informazioni possedute dall’amministrazione, ma che non siano state già tradotte in atti amministrativi (art. 22, comma 4, cit.), così come, conseguentemente, le domande volte non già alla visione o alla copia di documenti (contenenti atti) amministrativi, bensì all’acquisizione di informazioni che la stessa amministrazione dovrebbe appositamente raccogliere, compilare ed esporre in atti e documenti esclusivamente formati allo scopo (art. 24, comma 3, cit.). L’esame degli "atti" richiesti dai ricorrenti ("rappresentazione grafica delle giornate di riposo compensativo accantonate e non ancora godute") dimostra in modo evidente che si tratta in realtà non già di una domanda di accesso a documenti amministrativi preesistenti e individuabili, bensì di una richiesta di notizie e informazioni comunicabili agli interessati solo dopo l’estrapolazione delle stesse dal contenuto complessivo di documenti in possesso dell’amministrazione e la loro riassunzione in apposito atto da formarsi allo scopo. Applicando dunque la regola di giudizio sopra delineata agli "atti" oggetto della domanda proposta dai ricorrenti, si perviene alla conclusione della infondatezza della domanda dei ricorrenti, nella parte relativa all’accesso della rappresentazione grafica delle giornate di riposo compensativo, che fanno in realtà riferimento non già a documenti contenenti atti amministrativi già formati, bensì all’acquisizione di informazioni di cui potrebbe o dovrebbe essere in possesso l’amministrazione, ma che non si sono concretizzate in documenti amministrativi già esistenti e che invece la p.a. dovrebbe appositamente raccogliere e presentare in forma scritta al soggetto richiedente. Il Collegio ritiene invece fondata la domanda di accesso limitatamente ai modelli 70/P (schede di presenza) relativi all’arco temporale dall’1 gennaio 2001 ad oggi, trattandosi, in questo caso, di documenti amministrativi oggettivamente rientranti nella tipologia ammessa dalla legge e di atti non riservati a fronte dei quali i ricorrenti vantano un interesse all’accesso qualificato e concreto ed attuale. Per tutti gli esposti motivi il ricorso può solo in parte essere accolto, limitatamente alla richiesta dei ricorrenti di accesso ai modelli 70/P relativi all’arco temporale dall’1 gennaio 2001 ad oggi, con conseguente ordine di esibizione di tali documenti alla società Poste Italiane s.p.a.. Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione integrale delle spese processuali tra le parti in causa. P.Q.M. IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA CAMPANIA, SEZIONE V^, letto e applicato l’art. 25, commi 5 e 6, della legge 241/1990, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe lo accoglie in parte e, per l’effetto, ordina alla società Poste Italiane s.p.a., in persona del legale rapp.te p.t., l’esibizione dei modelli 70/P relativi all’arco temporale dall’1 gennaio 2001 ad oggi, richiesti dai ricorrenti con istanza notificata in data 8 febbraio 2006. Spese compensate. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità Amministrativa. Così deciso in Napoli nella Camera di Consiglio del 22 giugno 2006. Il Presidente Il Relatore Depositata in Segreteria in data 28 luglio 2006. *** TAR LAZIO - ROMA, SEZ. II - sentenza 29 dicembre 2006 n. 16384 - Pres. La Medica, Est. Bottiglieri - International Art Center s.a.s. (Avv.ti Farronato e Mosillo) c. Romeo gestioni 42 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 s.p.a. (n.c.) e Bnl Fondi immobiliari Sgr p.a. (Avv. Varì) - (accoglie). Visto l’atto di costituzione in giudizio della Bnl Fondi immobiliari Sgr p.a.; ---------------- Viste le memorie difensive depositate dalle parti; REPUBBLICAITALIANA Visti gli atti tutti della causa; IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE REGIONALE AMMINISTRATIVO Relatore, alla camera di consiglio dell’11 ottobre 2006, la dr.ssa Anna Bottiglieri; uditi l’avv. Mosillo e l’avv. Varì. Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. PER IL LAZIO Sezione Seconda FATTO E DIRITTO ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso n. 7046/06, proposto da International Art Center s.a.s., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Liliana Farronato e Stefano Mosillo, presso lo studio dei quali elettivamente domicilia in Roma, via Ortigara, n. 10; CONTRO - Romeo gestioni s.p.a., in persona del in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in giudizio; - Bnl Fondi immobiliari Sgr p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Pasquale Varì, presso il cui studio selettivamente domicilia in Roma, via Baldo degli Ubaldi, n. 115; 1. Con ricorso notificato in data 18 luglio 2006, depositato il successivo 20 luglio, l’istante società, che conduce in locazione l’unità immobiliare meglio indicata in epigrafe, per la quale, nell’ambito delle operazioni di dismissione del patrimonio da reddito di proprietà della comunione delle Asl del Lazio, ha esercitato il diritto di opzione, ha impugnato il silenzio serbato dagli intimati organismi in ordine alla istanza del 23 maggio 2006 per l’accesso alla documentazione inerente il procedimento di valutazione e determinazione del prezzo dell’immobile, avverso il quale ha formulato le censure di violazione dell’art. 22 e ss., l. 241/90, e l’eccesso di potere. L’intimata Romeo gestioni s.p.a. non si è costituita in giudizio. La Bnl Fondi immobiliari Sgr p.a. si è costituita in giudizio per resistere al ricorso, spiegando eccezioni di carattere pregiudiziale. per l’ACCESSO alla documentazione inerente il procedimento di valutazione e determinazione del prezzo dell’immobile condotto in locazione dalla ricorrente, sito in Roma, via della Palombella, n. 37, offerto in opzione con comunicazione n. TBD06/80, del 7 febbraio 2006. Visto il ricorso; La causa è stata chiamata, per la delibazione del merito, alla camera di consiglio dell’11 ottobre 2006. 2. Il Collegio deve, com’è d’uopo, prioritariamente esaminare le eccezioni pregiudiziali spiegate dalla Bnl Fondi immobiliari Sgr p.a.. Con la prima di tali eccezioni la citata società rappresenta di non essere in possesso della documentazione richiesta, avendo ricevuto 43 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 dall’apportante le varie unità immobiliari con valore di apporto e corrispondente prezzo di offerta già predeterminato. dalla ricorrente né alcuna difesa nel presente giudizio, di consentire l’accesso alla documentazione richiesta. Trattasi, quindi, più propriamente, di difesa di merito, che chiarisce che la società non può essere utilmente destinataria nella fattispecie in esame di un ordine di esibizione della documentazione richiesta dalla parte ricorrente. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio tra le parti costituite. P. Q. M. Il Tribunale Amministrativo Regionale A riguardo, quindi, il Collegio può limitarsi ad osservare che siffatta situazione avrebbe potuto, più utilmente, essere fornita alla ricorrente in risposta alla istanza formulata. Con la seconda eccezione la resistente oppone, in quanto soggetto di diritto privato, di non essere tenuta all’applicazione delle disposizioni della l. 241/90, e, conseguentemente, il difetto di giurisdizione dell’adito Tribunale. per il Lazio, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 7043/06, proposto da International Art Center s.a.s., come in epigrafe, ordina alla Romeo gestioni s.p.a. di consentire l’accesso alla documentazione richiesta. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa. L’eccezione è infondata. E’ noto, invero, che anche il soggetto privato, quando svolge un’attività diretta al soddisfacimento di interessi pubblici, è obbligato al rispetto della disciplina sull’accesso, in considerazione della strumentalità di questa ai principi di trasparenza e buon andamento dell’azione pubblica. Infine, la resistente eccepisce la carenza di interesse della ricorrente all’accesso agli atti richiesti, non avendo la medesima impugnato gli atti sin qui intervenuti relativi alla dismissione ed essendo, comunque, decaduta dal diritto di opzione, per mancato acquisto del bene nei termini prescritti. Anche tale eccezione è priva di fondamento, trattandosi di atti che spiegano, o sono idonei a spiegare, effetti giuridicamente rilevanti diretti ed indiretti nei confronti della ricorrente. 3. Non avendo nessuna delle intimate società dato prova di aver consentito l’accesso, il ricorso, anche per le considerazioni sin qui esposte, risulta fondato per quanto di ragione. Non resta, pertanto, al Collegio che ordinare all’intimata Romeo gestioni s.p.a., che non ha formulato alcuna risposta alla istanza proposta Così deciso in Roma, dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda, nella camera di consiglio dell’11 ottobre 2006. Domenico LA MEDICA Presidente Roberto CAPUZZI Consigliere Anna BOTTIGLIERI estensore. Primo Referendario, Il Presidente L’estensore Depositata in Segreteria in data 29 dicembre 2006. *** TAR CALABRIA - REGGIO CALABRIA, SEZ. I - sentenza 2 gennaio 2007 n. 2 - Pres. Passanisi, Est. Caruso - Lofaro (Avv. Cotrupi) c. Azienda Sanitaria Locale n. 11 di Reggio Calabria (n.c.) - (accoglie). --------------------- 44 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 REPUBBLICA ITALIANA Sent. N.2/07 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria, composto dai magistrati: Luigi Passanisi - Presidente Giuseppe Caruso - Consigliere, relatore/ estensore Caterina Criscenti - Primo Referendario ha pronunciato la seguente 241/1990, per ottenere la condanna dell'A.S.L. all’esibizione dei documenti e/o provvedimenti autorizzativi delle ore di lavoro straordinario che Egli ha prestato nel corso dell'anno 2000. Il ricorrente deduce di aver richiesto all’amministrazione copia della documentazione in parola, con nota raccomandata del 6 febbraio 2006. Non avendo ottenuto risposta alcuna alla sua richiesta di accesso, il ricorrente chiede che il Tribunale ordini all’A.S.L. l’esibizione della documentazione in questione, ai sensi dell’art. 25, comma 6, della legge n. 241/1990. SENTENZA sul ricorso n. 328/2006, proposto dal sig. Vincenzo Lofaro, rappresentato e difeso dall’avv. Giovanni Antonio Cotrupi ed elettivamente domiciliato in Reggio Calabria presso lo studio di questi, via Sbarre Centrali n. 125; CONTRO l' Azienda Sanitaria Locale n. 11 di Reggio Calabria, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio; P E R L’ E S I B I Z I O N E dei documenti e/o provvedimenti autorizzativi delle ore di lavoro straordinario prestate dal ricorrente nel corso dell'anno 2000; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti gli atti tutti della causa; Relatore il Consigliere Giuseppe Caruso; Udito, nella camera di consiglio del 7 giugno 2006, l’avv. G. A. Cotrupi per il ricorrente; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: FATTOEDIRITTO Con atto notificato il 24 marzo 2006 e depositato il 18 aprile 2006, il sig. Lofaro – dipendente dell'A.S.L. n. 11 di Reggio Calabria, con la qualifica di Assistente amministrativo ricorre, ai sensi dell’art. 25 della legge n. La causa è stata assunta in decisione nella camera di consiglio del 7 giugno 2006. Il ricorso è fondato. Il ricorrente ha inutilmente richiesto all’A.S.L. n. 11 di Reggio Calabria il rilascio di copia della documentazione relativa alle sue prestazioni di lavoro straordinario nel corso dell'anno 2000 - che sarebbero state retribuite solo in parte (30 ore su 70), con conseguente insorgenza di contenzioso - relativamente agli atti autorizzativi delle prestazioni medesime. In proposito, questo Tribunale, ritualmente adito dall’interessato, rileva che la documentazione de qua attiene alla sfera giuridico – patrimoniale del medesimo ed è, pertanto, certamente rientrante tra quella cui egli ha diritto ad accedere, ottenendone il rilascio di copia, in particolare al fine di verificare le autorizzazioni alle prestazioni straordinarie nell'anno 2000, dalla sussistenza delle quali dipende la contestata retribuibilità delle ore prestate. Il ricorso in esame va dunque accolto, con conseguente ordine all’A.S.L. di esibire al ricorrente, rilasciandone copia, i documenti e/o provvedimenti amministrativi che autorizzavano lo svolgimento delle ore straordinarie effettuate dal ricorrente stesso nel corso dell'anno 2000. Le spese seguono, come di regola la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo. 45 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 nelle persone dei Signori: P. Q. M. il Tribunale Amministrativo per la Calabria, Sezione Staccata di Reggio Calabria accoglie il ricorso in epigrafe e per l’effetto ordina all’A.S.L. n. 11 di Reggio Calabria l’esibizione, mediante rilascio di copia, dei documenti e/o provvedimenti amministrativi che autorizzavano lo svolgimento delle ore straordinarie di lavoro effettuate dal ricorrente nel corso dell'anno 2000. ROBERTO SCOGNAMIGLIO Presidente Condanna l’A.S.L. n. 11 di Reggio Calabria al pagamento delle spese di causa a favore del ricorrente, forfetariamente liquidate in € 1.000,00 oltre IVA e CPA, con distrazione a favore dell'avv. Giovanni Antonio Cotrupi, procuratore antistatario ex art. 93 cod. proc. civ. nella camera di consiglio del 19 Dicembre 2006 Ordina all’autorità amministrativa di eseguire la presente sentenza. Così deciso in Reggio Calabria, nella camera di consiglio del 7 giugno / 22 novembre 2006. L' ESTENSORE F.to Giuseppe Caruso IL PRESIDENTE F.to Luigi Passanisi GIANLUCA MORRI Primo Ref., relatore MAURO PEDRON Ref. ha pronunciato la seguente SENTENZA Visto il ricorso 1419/2006 proposto da: BARISELLI COSTRUZIONI SRL rappresentata e difesa da: AMATO GUIDO ROMERIO AURORA con domicilio eletto in BRESCIA VIA P.D.VITALIS,44 presso AMATO GUIDO DEPOSITATA PRESSO LA SEGRETERIA DEL T.A.R. OGGI 2 gennaio 2007 contro I.N.P.S. *** TAR LOMBARDIA - BRESCIA - sentenza 20 dicembre 2006 n. 1621 - Pres. Scognamiglio, Est. Morri - Bariselli Costruzioni s.r.l. (Avv.ti Amato e Romerio) c. INPS (Avv.ti Guerriera, Tagliente e Correra) - e INPS di Brescia (n.c.) e Gasperino e altri (n.c.) (accoglie). rappresentato e difeso da: GUERRERA SALVATORE TAGLIENTE ALDO CORRERA FABRIZIO con domicilio eletto in BRESCIA VIA BULLONI, 14 (UFF. LEGALE INPS) -------------------REPUBBLICA ITALIANA presso GUERRERA SALVATORE TRIBUNALE REGIONALE I.N.P.S. DI BRESCIA non costituitosi in giudizio; PER LA LOMBARDIA SEZIONE DI BRESCIA AMMINISTRATIVO e nei confronti di GASPERINO DAMIANO MORABITO CARMELO 46 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 documenti sottratti all’accesso a tutela del diritto di riservatezza di soggetti terzi. MORABITO ANTONIO STALTARI ANTONIO MORABITO ROCCO LONGO ROBERTO BOUDHIB JILANI BEN FRADJ SABER BEN AWARA AMBESI DOMENICO PICCININNO ANTONIO SABBAR ABDELHAK SATIF EL MOUSTAFA FRA MAURIZIO IEVA PIETRO La ricorrente censura l’opposto diniego richiamando l’orientamento espresso dalla giurisprudenza amministrativa circa la prevalenza del diritto di accesso quando è necessario per curare o per difendere interessi giuridici rilevanti (in questo caso di difesa giudiziaria, per la contestazione delle risultanze dei predetti accertamenti ispettivi). Si è costituita in giudizio l’Inps per contestare, nel merito, le deduzioni di parte ricorrente, chiedendone la reiezione poiché ritenute infondate. non costituitisi in giudizio; per l’annullamento del provvedimento Inps – Sede di Brescia – matr. 1512091430 del 2.10.2006 concernente diniego di accesso agli atti, Alla camera di consiglio del 19 Dicembre 2006 la causa è stata trattenuta per la decisione. Il ricorso è fondato e merita accoglimento. nonché per l’emissione dell’ordine di esibizione di cui all’art. 25 u.c. della legge 7.8.1990 n. 241; Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso; Visto l’atto di costituzione dell’Amministrazione intimata; in giudizio Visti tutti gli atti di causa; Udito il relatore Dott. Gianluca Morri e uditi, altresì, i difensori delle parti; Visto l’art. 25 della Legge n. 241/1990; Ritenuto in fatto e in diritto La ricorrente, in qualità di datore di lavoro sottoposto ad accertamento ispettivo Inps (verbali prot. INPS 1500. 11/08/2006.0067824 e INPS 1500 04/09/2006.0070822), rivolgeva istanza di accesso alle dichiarazioni spontanee, rese agli ispettori dell’Istituto, da alcuni lavoratori dell’azienda e ritenute rilevanti ai fini istruttori e di accertamento. L’Inps – Sede di Brescia – respingeva tuttavia detta istanza opponendo che la stessa riguardava Per quanto attiene al caso di specie, occorre soprattutto considerare che l'art. 24 comma 6 lett. d), della Legge n. 241/1990 (come sostituito dall'art. 16 della Legge n. 15/2005) ha previsto la possibilità di emanare regolamenti che possono sottrarre all'accesso i documenti amministrativi quando gli stessi riguardino la riservatezza di terzi, persone, gruppi ed imprese (con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale), garantendo comunque ai richiedenti (comma 7) l’accesso agli atti la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i loro stessi interessi giuridici; accesso che, a certe condizioni, può anche riguardare dati sensibili e giudiziari. In sostanza la norma riproduce il bilanciamento di interessi già previsto dall’art. 24 comma 2 lett. d) della citata Legge n. 241/1990 (testo originario), rendendo tuttavia maggiormente evidente il favore per il diritto di accesso quando è necessario al fine di tutela degli interessi giuridici del richiedente (con corrispondente recessione dell’esigenza di tutela della sfera privata altrui). Di conseguenza, quando l'accesso viene in rilievo per quest’ultima finalità deve prevalere rispetto all'esigenza di riservatezza dei terzi, come affermato dall’ormai costante 47 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 giurisprudenza amministrativa (cfr. ex multis: Consiglio Stato, Sez. VI, 20 aprile 2006, n. 2223; T.A.R. Lazio Roma, Sez. I, 27 febbraio 2006, n. 1437; T.A.R. Veneto, Sez. I, 6 febbraio 2006, n. 301; giurisperudenza che si rifà alle fondamentali statuizioni contenute nella decisione Cons. Stato, Ad. Plen., 4 febbraio 1997 n. 5). Ordina al Responsabile del procedimento presso l’Inps – Sede competente -, di esibire, a favore della ricorrente, tutta la documentazione specificatamente indicata nell’istanza di accesso datata 22.9.2006 e depositata presso l’Amministrazione in data 27.9.2006. Nel caso in esame appare evidente che l’accesso alle dichiarazioni spontanee, rese da alcuni lavoratori dell’azienda, e che hanno costituito la base dei verbali ispettivi di cui sopra, è connesso ad esigenze di tutela dell’interesse giuridico del datore di lavoro a contestare le risultanze dei predetti accertamenti qualora ritenuti illegittimi per erroneità o falsità dei relativi pressuposti. La presente sentenza sarà eseguita dall’Amministrazione ed è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti. Né può considerarsi ostativa a tale conclusione la previsione regolamentare interna opposta dall’Amministrazione atteso che, per i principi generali sulla gerarchia delle fonti, la Legge n. 241/1990 prevale sulla norma di cui al citato regolamento, che va quindi disapplicato. In ogni caso va infine rilevato che la norma regolamentare interna non potrebbe comunque trovare applicazione al caso in esame, atteso che il suo scopo protettivo è quello di "prevenire pressioni, discriminazioni o ritorsioni a danni dei lavoratori" (Determinazione del Commissario straordinario Inps n. 1951 del 16.2.1994, All. A punto II/12), mentre i lavoratori che hanno reso le dichiarazioni in oggetto non prestano più attività lavorativa o collaborativa con la ricorrente almeno dall’anno 2003. Spese compensate. BRESCIA, li 19 Dicembre 2006 NUMERO SENTENZA 1621 / 2006 DATA PUBBLICAZIONE 20 - 12 - 2006 *** CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - sentenza 13 dicembre 2006 n. 7391 - Pres. Giovannini, Est. Chieppa - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (Avv.ti Cossu, Correra e Coretti) c. Pasquettaz s.p.a. e Industria Carni s.n.c. di Pasquettaz Martino & Figli in liquidazione (Avv.ti Sinibaldi, Alice e Manni) ed Apro Sandor, Barkozi Miklos, Bellan Gabor, Bucsa Ferenc, Konz Ianos e Petres Zsolt (n.c.) (conferma T.A.R. Piemonte, Sez. I, sent. n. 4021 del 2005). ---------------------------- In conclusione l’impugnato diniego è illegittimo e va annullato. Nonostante la soccombenza, il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per disporre la compensazione delle spese tra le parti. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente P.Q.M. DECISIONE il T.A.R. per la Lombardia - Sezione staccata di Brescia – accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato. sul ricorso in appello proposto dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, legale rappresentante pro tempore, rappresentat e difes 48 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 dagli avv.ti Benedetta Cossu, Fabrizio Correra e Antonietta Coretti, ed elettivamente domiciliat presso l’Avvocatura centrale dell’istituto, in Roma, via della Frezza, n. 17; contro Pasquettaz s.p.a. e Industria Carni s.n.c. di Pasquettaz Martino & Figli in liquidazione, legali rappresentanti pro tempore, costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi dagli avv.ti Michele Sinibaldi, Giampaolo Alice e Stefano Manni, ed elettivamente domiciliati presso il primo, in Roma, via Ricciotti, n. 11; e nei confronti Apro Sandor, Barkozi Miklos, Bellan Gabor, Bucsa Ferenc, Konz Ianos e Petres Zsolt, Lavoro di Torino – Servizio Ispezione del Lavoro di Torino in data 5 ottobre 2005, prot. n. A7204-26212, recante reiezione della domanda presentata dalle ricorrenti per ottenere l’accesso ad atti amministrativi inerenti i verbali di accertamento 9 settembre 2005, n. 204, prot. nn. E/204-23255 ed E/204/23249, contenenti le dichiarazioni rese da alcuni lavoratori all’ispettore del lavoro ed agli ispettori dell’INPS nel corso delle visite ispettive presso le ricorrenti. Il giudice di primo grado ha ordinato all’INPS di consentire alle società ricorrenti l’accesso alla documentazione di cui alla menzionata richiesta, esclusi gli atti di indagine compiuti dagli Ispettori del Lavoro nell’esercizio di poteri di polizia giudiziaria. Avverso tale sentenza ha proposto appello l’INPS. per l’annullamento della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte, I, n. 4021/2005; Visto il ricorso con i relativi allegati; Vist att di costituzione in giudizio dla società appellata; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; La Pasquettaz s.p.a. e l’Industria Carni s.n.c. di Pasquettaz Martino & Figli in liquidazione si sono costituite in giudizio, chiedendo la reiezione dell’appello. Con ordinanza del 28 aprile 2006, questa Sezione ha sospeso l’impugnata sentenza, disponendo adempimenti istruttori a carico dell’amministrazione appellante. All’odierna camera di consiglio la causa è stata trattenuta in decisione. Visti gli atti tutti della causa; Alla camera di consiglio del 24-10-2006 relatore il Consigliere Roberto Chieppa. Udit Sgrdi per delega dell’Avv. Correra, Sinibaldi; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: FATTOEDIRITTO 1. Con l’impugnata sentenza il Tar ha in parte accolto il ricorso proposto dalla Pasquettaz s.p.a. e dall’Industria Carni s.n.c. di Pasquettaz Martino & Figli in liquidazione avverso il provvedimento del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Direzione Provinciale del 2. L’oggetto del presente giudizio è costituito dall’applicazione alla fattispecie in esame dei principi elaborati dalla giurisprudenza in tema di limiti al diritto di accesso agli atti compiti dagli ispettori del lavoro in sede di verifiche. Il Tar ha ritenuto che l’art. 2, comma 1, lett. c) D.M. 4 novembre 1994, n. 757, che sottrae al diritto di accesso le dichiarazioni rese dai lavoratori in occasione di indagini ispettive a carico del loro datore di lavoro fino a quando non sia cessato il rapporto, si pone in palese contrasto con l’art. 24 L. 7 agosto 1990, n. 241, per il quale il diritto alla riservatezza recede di fronte al diritto di difesa, e pertanto deve essere disapplicato in virtù del principio generale secondo il quale, nel conflitto fra due norme 49 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 diverse, occorre dare preminenza a quella legislativa rispetto alla norma regolamentare ogni volta che questa precluda l’esercizio di un diritto soggettivo. Il giudice di primo grado ha, quindi, accertato il diritto delle ricorrenti ad ottenere l’accesso alla documentazione in argomento, con esclusione, tuttavia, degli atti di indagine compiuti dagli Ispettori del Lavoro nell’esercizio di poteri di polizia giudiziaria, che sono coperti dal segreto istruttorio penale e sono pertanto sottratti all’accesso a sensi dell’art. 329 cod. proc. pen.. L’amministrazione appellante non contesta in sé il principio affermato dal Tar, ma sostiene che non è possibile operare una distinzione tra atti coperti dal segreto istruttorio e atti accessibili, in quanto nel caso di specie gli ispettori del lavoro hanno accertato illeciti sa amministrativi che penali, dando comunicazione all’autorità giudiziaria con conseguente applicazione del limite al diritto di accesso per atti coperti dal segreto istruttorio penale. Il ricorso in appello è fondato. Il Collegio non ritiene di doversi discostare da un recente precedente della Sezione, in cui è stata affrontata analoga questione (Cons. Stato, VI, n. 1923/2006). In tale occasione, la Sezione ha in primo luogo disapplicato l'art. 2 comma 1 lett. c), d.m. 4 novembre 1994 n. 757, che sottrae al diritto di accesso le dichiarazioni rese dai lavoratori in occasione di indagini ispettive a carico del loro datore di lavoro fino a quando non sia cessato il rapporto, ritenendolo in palese contrasto con l'art. 24 l. 7 agosto 1990 n. 241 ed ha poi esaminato i limiti al diritto di accesso derivanti dal segreto istruttorio penale. E’ stato evidenziato che tra i casi di segreto previsti dall'ordinamento, rientra quello istruttorio in sede penale, delineato dall'art. 329 c.p.p., a tenore del quale <<gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria sono coperti dal segreto fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari>>. Tale norma segreta gli atti di indagine, che siano posti in essere dal pubblico ministero ovvero dalla polizia giudiziaria. Non ogni denuncia di reato presentata dalla pubblica amministrazione all'autorità giudiziaria costituisce atto coperto da segreto istruttorio penale e come tale sottratta all'accesso, in quanto, se la denuncia è presentata dalla pubblica amministrazione nell'esercizio delle proprie istituzionali funzioni amministrative, non si ricade nell'ambito di applicazione dell'art. 329, c.p.p. (in tal senso v. anche Cons. Stato, VI, n. 22/99). Tuttavia se la pubblica amministrazione che trasmette all'autorità giudiziaria una notizia di reato non lo fa nell'esercizio della propria istituzionale attività amministrativa, ma nell'esercizio di funzioni di polizia giudiziaria specificamente attribuite dall'ordinamento, si è in presenza di atti di indagine compiuti dalla polizia giudiziaria, che, come tali, sono soggetti a segreto istruttorio ai sensi dell'art. 329 c.p.p. e conseguentemente sottratti all'accesso ai sensi dell'art. 24, L. n. 241/1990 Nel caso esaminato con la sentenza n. 1923/06 si trattava proprio di atti di una indagine ispettiva condotta da un ispettore del lavoro, nel corso della quale erano emersi, oltre che illeciti amministrativi, anche l'illecito penale di intermediazione vietata nell'impiego di manodopera, di cui all'art. 1, L. 23 ottobre 1960, n. 1369. Di tale illecito penale era stata notiziata dall'ispettore del lavoro l'autorità giudiziaria e posto che, ai sensi dell'art. 8, co. 1, D.P.R. 19 marzo 1955, n. 520, l’ispettore del lavoro aveva compiuto atti di indagine nell'esercizio di poteri di polizia giudiziaria, era stato ritenuto applicabile l'art. 329 c.p.p., in base al quale i relativi atti sono coperti da segreto istruttorio penale e sottratti all'accesso. Era stato anche evidenziato che l'interessato può eventualmente chiedere visione e copia degli atti al pubblico ministero titolare delle indagini, ai sensi dell'art. 116 c.p.p., competendo solo all'autorità giudiziaria penale valutare se 50 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 consentire o meno all'interessato la visione di atti coperti da segreto istruttorio. *** Tali principi sono perfettamente applicabili al caso di specie, in cui, a seguito dell’istruttoria disposta dalla Sezione, è emerso che tutti gli atti oggetto della richiesta di accesso sono stati redatti dagli ispettori dell’Inps e dall’ispettore del lavoro e sono stati trasmessi all’autorità giudiziaria, essendo emersi illeciti penali in seguito all’attività di indagine svolta dall’ispettore del lavoro. TAR VENETO, SEZ. I - sentenza 27 aprile 2006 n. 1130 - Pres. Amoroso, Est. Stevanato CSA Infissi S.n.c. di De Antoni Giovanni & C. (Avv. Bullo) c. Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (Avv.ra Stato) e Direzione provinciale del lavoro di Venezia (n.c.) (respinge). Avendo, quindi, quest’ultimo operato quale ufficiale di polizia giudiziaria, gli atti sono sottratti al diritto di accesso ai sensi dell’art. 329 c.p.p. e possono eventualmente essere chiesti all'autorità giudiziaria penale. --------------------- 3. In conclusione, l’appello deve essere accolto e, in riforma della sentenza impugnata, deve essere respinto il ricorso proposto in primo grado. Bruno Amoroso Presidente Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima Sezione, con l’intervento dei magistrati: Lorenzo Stevanato Consigliere, relatore Fulvio Rocco Consigliere Ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio. ha pronunciato la seguente P. Q. M. SENTENZA Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie il ricorso in appello indicato in epigrafe e per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso proposto in primo grado. sul ricorso n. 600/2006 proposto da CSA INFISSI S.n.c. di DE ANTONI GIOVANNI & C. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Chiara Bullo in Venezia, via Verdi 5; Compensa tra le parti le spese del giudizio.Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa. contro Così deciso in Roma, il 24-10-2006 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori: la DIREZIONE PROVINCIALE DEL LAVORO DI VENEZIA in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio; Giorgio Giovannini Presidente Lanfranco Balucani Consigliere Rosanna De Nictolis Consigliere Aldo Scola Consigliere Roberto Chieppa Consigliere Est. DEPOSITATA dicembre 2006. IN il MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege; per l'annullamento SEGRETERIA il 13 del provvedimento del direttore della Direzione provinciale del lavoro di Venezia in data 51 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 20.2.2006, prot. n. 5808 e per l’accesso ai documenti relativi al procedimento di illecito amministrativo negato dall’Amministrazione. gli Ispettori del Lavoro sono Ufficiali di Polizia Giudiziaria, con la conseguenza che ove abbiano Visto il ricorso, notificato il 15.3.2006 e depositato presso la segreteria il 20.3.2006 con i relativi allegati; accertato, nel corso di un’ispezione, la sussistenza – oltre che di illeciti amministrativi – anche di fatti di reato e rinviato gli atti alla competente autorità giudiziaria, tali atti debbono ritenersi soggetti a segreto istruttorio e sottratti all’ accesso, a tenore dell’art. 24 della L. 241/90. visto l'atto di costituzione della P.A.; visti gli atti tutti della causa; uditi all’udienza camerale del 26 aprile 2006 (relatore il Consigliere Lorenzo Stevanato) gli avvocati: Bullo per la parte ricorrente e Cerillo per la P.A.; ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: Il ricorso (a prescindere dalla sua possibile inammissibilità per non essere stato notificato ad almeno un controinteressato ex art. 24, co. 1, lett. c. L. 241/90, da identificarsi nei dipendenti della Cooperativa che hanno reso le testimonianze e sono titolari del contrapposto interesse a che le stesse non vengano divulgate) è infondato nel merito. FATTO E DIRITTO La ricorrente rappresenta di aver ricevuto notifica del verbale di accertamento di illecito amministrativo, emesso in esito ad una verifica ispettiva effettuata dai competenti organi del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, da cui era emerso che due lavoratori erano stati impiegati nell’ambito di un contratto simulato d’appalto di servizio con la Cooperativa Lavoro 2000. Per poter meglio articolare le proprie difese in sede di audizione ex art. 18 della L. 24.11.81 n. 689, l’istante chiedeva l’accesso agli atti e documenti del procedimento di cui trattasi e, fra l’altro, alle sommarie informazioni testimoniali raccolte in sede ispettiva. Tale richiesta veniva, con l’atto presentemente opposto, respinta in quanto trattasi di atti di indagini di polizia giudiziaria sottoposti a procedimento penale, sottratti al diritto di accesso. Contro il diniego l’istante deduce: violazione delle disposizioni in materia di accesso , violazione del diritto di difesa e carenza di motivazione. L’Amministrazione, costituita, chiede la reiezione del ricorso. In particolare, osserva che L’Amministrazione ha motivato il diniego di accesso ad una parte dei documenti in quanto si tratta di atti di indagine di polizia giudiziaria sottoposti a procedimento penale e quindi rientranti tra quelli sottratti all’accesso ai sensi dell’art. 8, comma V, lett. c) del D.P.R. 352/92 e degli artt. 2 e 3 del D.M. 757/94. Osserva in proposito il Collegio che, come precisato da C.S. sez. VI, n. 1923 del 10.4.2003, in linea di massima, deve ritenersi che nel contrasto tra il diritto del datore di lavoro a conoscere le dichiarazioni rese dai dipendenti nel corso del procedimento ispettivo ed il diritto alla riservatezza degli stessi, prevalga quello del primo, con la conseguenza che lo stesso ha titolo all’accesso in modo totale (cioè comprensivo dell’estrazione di copia) per quanto concerne le dichiarazioni rese dagli ex dipendenti (non più soggetti a possibili ritorsioni), e nella forma della sola visione per quanto riguarda i dipendenti ancora in forze (nello stesso senso, anche C.S., sez. VI n. 6341 del 17.10.2003 e Tar Veneto, sez. III n. 2760 del 14.5.2003). Tale diritto peraltro viene meno quando gli atti di cui trattasi siano soggetti al segreto istruttorio in sede penale, disciplinato dall’art. 329 c.p.p., a tenore del quale "gli atti di indagine compiuti dal P.M. e dalla polizia giudiziaria sono coperti 52 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 dal segreto fino a quando l’imputato non ne possa avere conoscenza e comunque non oltre la chiusura delle indagini preliminari". La rilevanza escludente del segreto è espressamente stabilita dall’art. 24, co. 1, lett. a, della L. 241/90. Sono, quindi, sottratti all’accesso anche gli atti posti in essere dagli organi di polizia giudiziaria che abbiano dato origine ad un procedimento penale. Non ogni denuncia di reato presentata dalla P.A. costituisce atto coperto da segreto istruttorio penale, ma solo quella che sia stata effettuata nell’esercizio di funzioni di polizia giudiziaria specificamente attribuite dall’ordinamento, che costituiscono atti di indagine di polizia giudiziaria, come tali rientranti nell’ambito dell’art. 329 c.p.p. (cfr. C.S., sez. IV, n. 1091 del 13.7.98, T.a.r. Veneto, I, n. 1267/05). Nel caso di specie, gli atti di indagine sono stati effettuati da ispettori del lavoro che hanno constatato l’esistenza non solo di illeciti amministrativi, ma anche penali, di cui l’autorità giudiziaria è stata notiziata e per i quali si sta procedendo penalmente a carico dei responsabili. Gli ispettori del lavoro sono, ai sensi dell’art. 8, comma 1, del D.P.R. 19.3.55 n. 520 (e di costante giurisprudenza), oltre che funzionari amministrativi, ufficiali di polizia giudiziaria, e, in quanto tali, hanno possibilità di accertamento dei reati e obbligo di rapporto. Gli atti di indagine che essi compiono in tale veste ricadono quindi nell’ambito di applicazione dell’art. 329 c.p.p., sono coperti da segreto istruttorio penale e sottratti all’accesso. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima sezione, lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Venezia, addì 26 aprile 2006. SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 27 aprile 2006. *** CONSIGLIO DI STATO - SEZIONE IV Sentenza 5 dicembre 2006 n. 7111; Pres. ed est. L. Maruotti; A. Biga (Avv. G. P. Dall’Ara) c. Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Ascoli Piceno (n.c.), Demasi (n.c.) -----------------REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente DECISIONE sul ricorso in appello n. 4778 del 2006, proposto dal Correttamente, quindi, la resistente Amministrazione ha denegato l’accesso a tale parte dei documenti richiesti. signor Antonio Biga, rappresentato e difeso dall’avvocato Gian Pietro Dall’Ara, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Roma, al viale delle Milizie n. 1, scala A, piano III, int. 12; In definitiva, il ricorso va respinto. contro Spese e competenze di causa possono essere totalmente compensate tra le parti, sussistendone i presupposti di legge. il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Ascoli Piceno, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituitosi nella presente fase del giudizio; P. Q. M. e nei confronti 53 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 dell’avvocato Salvatore Demasi, non costituitosi nella presente fase del giudizio; per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche, 30 marzo 2005, n. 274, e per l’accoglimento del ricorso di primo grado n. 991 del 2004; Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati; Visti gli atti tutti del giudizio; Data per letta la relazione del Consigliere di Stato Luigi Maruotti alla camera di consiglio del 3 novembre 2006; Udito l’avvocato Gian Pietro Dall’Ara per l’appellante; Considerato in fatto e in diritto quanto segue: Premesso in fatto 1. In data 16 giugno 2004, il signor Antonio Biga ha chiesto al Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Ascoli Piceno di accedere agli atti del procedimento disciplinare avviano nei confronti dell’avvocato Salvatore Demasi, a seguito di un suo esposto di data 27 ottobre 2003. Col provvedimento n. 160 del 16 luglio 2004, il Presidente del Consiglio dell’Ordine ha negato l’accesso, per esigenze di tutela della riservatezza dell’avvocato Demasi. 2. Col ricorso di primo grado n. 991 del 2004 (proposto al TAR per le Marche), il signor Biga ha impugnato il diniego ed ha chiesto che sia consentito l’accesso agli atti del procedimento. Il TAR, con la sentenza n. 274 del 2005, ha respinto il ricorso. 3. Col gravame in esame, il signor Biga ha impugnato la sentenza del TAR ed ha chiesto che, in sua riforma, il ricorso di primo grado sia accolto. Il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Ascoli Piceno e l’avv. Demasi non si sono costituiti nella presente fase del giudizio. 3. Alla camera di consiglio del 3 novembre 2006 la causa è stata trattenuta in decisione. Considerato in diritto 1. Nel presente giudizio, è controverso se l’appellante possa accedere agli atti del procedimento disciplinare avviato dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Ascoli Piceno, nei confronti dell’avvocato S.D. Tale procedimento è stato attivato a seguito di un esposto di data 27 ottobre 2003, con cui il medesimo appellante rilevava che – a suo avviso – l’avvocato S.D. aveva commesso alcune irregolarità e violazioni degli obblighi professionali, nel corso della gestione di alcune pratiche affidategli. Col provvedimento impugnato in primo grado, il Presidente del Consiglio dell’Ordine – pur avendo confermato l’esistenza del procedimento disciplinare - ha respinto la domanda di accesso, ‘stante la normativa sulla privacy’. Il TAR per le Marche, con la sentenza gravata, ha respinto il ricorso proposto dall’interessato avverso il diniego di accesso, rilevando che: - l’autore di un esposto, che ha condotto all’avvio di un procedimento disciplinare nei confronti di un professionista, non sarebbe titolare di un interesse personale e concreto all’accesso ai relativi atti; - nella specie, l’istanza di accesso risulterebbe anche generica, perché non sarebbero state esternate le specifiche ragioni poste a sua base, non essendo sufficiente il riferimento alla tutela di ‘proprie situazioni giuridicamente rilevanti’. 2. Col gravame in esame, l’appellante ha dedotto che: - a seguito della revoca dei mandati e del loro conferimento ad un altro difensore, l’avvocato S.D. non aveva dato alcuna risposta alla richiesta di informare il cliente sullo stato delle cause pendenti, né aveva restituito la documentazione a suo tempo fornita; - nell’istanza di accesso, contrariamente a quanto rilevato dal TAR, egli ha richiamato le vicende accadute; - nella medesima istanza, ha dedotto la sussistenza di un proprio specifico interesse a accedere agli atti del procedimento, per la tutela delle proprie situazioni giuridicamente rilevanti. 3. Ritiene la Sezione che il gravame sia fondato e vada accolto. 3.1. Va premesso che: - il diniego impugnato in primo grado non si è fondato su alcuna norma primaria o secondaria, in ipotesi preclusiva dell’accesso in pendenza di un procedimento disciplinare (sul presupposto dell’applicabilità dell’art. 22 della legge n. 241 54 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 del 1990, esso ha negato l’accesso unicamente per le esigenze della riservatezza dell’avvocato S.D.); - la sentenza gravata ha ravvisato l’infondatezza del ricorso e della istanza d’accesso originaria, per ragioni diverse (l’insussistenza di un interesse del cliente a partecipare al procedimento disciplinare e la genericità della stessa istanza). 3.2. Ciò posto, ritiene la Sezione che non sussistano le ragioni ostative rilevate nel diniego d’accesso e nella sentenza gravata. Come ha correttamente rilevato l’appellante, l’istanza di accesso ha dettagliatamente richiamato le circostanze poste a base del precedente esposto ed ha anche evidenziato il suo interesse ad accedere agli atti del procedimento disciplinare, al fine di tutelare le proprie situazioni giuridicamente rilevanti. Il cliente – allorquando segnala al Consiglio dell’Ordine la sussistenza di fatti tali da giustificare l’esercizio del potere disciplinare nei confronti di un professionista con cui ha concluso contratti – si assume la responsabilità di quanto dichiara. Se i fatti non corrispondono al vero, e in presenza dei relativi presupposti, il professionista può avvalersi dei rimedi di tutela previsti dall’ordinamento, con la proponibilità sia della querela per diffamazione, sia dell’azione risarcitoria per il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali conseguenti alla infondata incolpazione. Se il Consiglio dell’Ordine avvia il procedimento disciplinare per la verosimiglianza dei fatti narrati nell’esposto, il cliente ha interesse a partecipare al procedimento, per fornire ulteriori elementi valutativi. Se al termine del procedimento i fatti sono accertati dal Consiglio dell’Ordine, il cliente che ha trasmesso l’esposto può accedere agli atti emessi dal medesimo Consiglio, per verificare se esso abbia ravvisato la violazione delle regole deontologiche, ovvero la sussistenza del dolo o della colpa grave del professionista. Ciò comporta che il cliente ha interesse ad accedere agli atti con cui il Consiglio dell’Ordine ha valutato i fatti narrati nell’esposto sin dalla eventuale archiviazione o dall’avvio del procedimento disciplinare, sotto molteplici profili. Egli, accedendo agli atti, può valutare se vi siano elementi da far valere nei giudizi pendenti e per i quali vi è stata la sostituzione del difensore, può valutare se sia il caso di svolgere ulteriori attività nel corso del procedimento disciplinare e, quando il Consiglio dell’Ordine abbia accertato la sussistenza dei fatti narrati nell’esposto, può valutare se sussistano elementi tali da indurre a proporre in sede civile una azione nei confronti del professionista, ai sensi dell’art. 2236 del codice civile. In materia, non sussistono preminenti ragioni di riservatezza del professionista, in quanto si tratta di accedere non a dati sensibili, bensì ad atti aventi stretto riferimento ai rapporti contrattuali intercorrenti col cliente. Ovviamente, è salvo il potere-dovere del Consiglio dell’Ordine di negare l’accesso agli atti che effettivamente contengano dati sensibili del professionista, come potrebbe ipotizzarsi nel caso in cui questi, per giustificare quando accaduto ed escludere ogni profilo di colpevolezza, abbia esibito documenti comprovanti la sussistenza di ragioni di salute, temporanee o permanenti, che non abbiano consentito di svolgere i propri compiti con la dovuta diligenza. E’ inoltre salvo il potere-dovere del Consiglio dell’Ordine di differire motivatamente l’accesso, ove sussistano ragioni giustificative inerenti ad esigenze istruttorie. Tuttavia, salvi questi casi, il Consiglio dell’Ordine deve consentire al cliente - che si è assunto la responsabilità di quanto asserito nell’esposto - l’accesso ai documenti da cui si evincano le statuizioni del medesimo Consiglio. Risulta pertanto fondata l’originaria istanza di accesso, poiché essa ha specificamente richiamato l’interesse posto a sua base, mentre non sussistono – né sono state rilevate nella sede amministrativa o giurisdizionale – ragioni preclusive inerenti ad effettive esigenze di tutela della riservatezza, apoditticamente enunciate nel diniego di accesso. 4. Per le ragioni che precedono, l’appello è fondato e va accolto. Per l’effetto, in riforma della sentenza del TAR per le Marche n. 274 del 2005, il ricorso di primo grado va accolto. 55 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 La Sezione, pertanto, ordina al Consiglio dell’Ordine di consentire all’appellante l’accesso agli atti del procedimento disciplinare avviato nei confronti dell’avvocato S.D. La condanna al pagamento delle spese e degli onorari dei due gradi del giudizio segue la soccombenza. Di essa è fatta liquidazione nel dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) accoglie l’appello n. 4778 del 2006 e, in riforma della sentenza del TAR per le Marche n. 274 del 2005, accoglie il ricorso n. 991 del 2004 ed ordina al Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Ascoli Piceno di consentire l’accesso agli atti del procedimento disciplinare avviato, su esposto dell’appellante, nei confronti dell’avvocato Salvatore Demasi. Condanna il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Ascoli Piceno al pagamento di euro 3.000 (tremila) in favore dell’appellante, per spese ed onorari dei due gradi del giudizio. Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità amministrativa. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi il giorno 3 novembre 2006, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, con l’intervento dei signori: Luigi Maruotti - Consigliere e Pres. f.f. estensore Pierluigi Lodi - Consigliere Vito Poli - Consigliere Bruno Mollica - Consigliere Sandro Aureli - Consigliere DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 5 dicembre 2006 (Art. 55, L.27/4/1982, n. 186) *** Consiglio di Stato, sez. IV, decisione 21 novembre 2006 n. 6793. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N.6793/2006 Reg.Dec. N. 2695/2006 Reg.Ric. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente DECISIONE sul ricorso in appello n. 2695 del 2006, proposto dalla s.p.a. De Lieto Costruzioni Generali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Pierluigi Valentino e Domenico Scopelliti ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via Panama n. 74, presso lo studio dell’avvocato Pierluigi Valentino; contro la s.p.a. SACE (Servizi assicurativi del commercio estero), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12; e nei confronti dello Stato della Libia, presso l’Ambasciata di Libia in Italia, in persona dell’Ambasciatore pro tempore, non costituitosi nella presente fase del giudizio; per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sez. III ter, 9 dicembre 2005, n. 13254, e per l’accoglimento del ricorso di primo grado n. 9470 del 2005; Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati; Vista la nota di costituzione in giudizio della s.p.a. S.A.C.E., depositata in data 7 aprile 2006; Visti gli atti tutti del giudizio; Data per letta la relazione del Consigliere di Stato Luigi Maruotti alla camera di consiglio del 3 novembre 2006; Uditi l’avvocato Pierluigi Valentino per l’appellante e l’avvocato dello Stato Pino per la s.p.a. S.A.C.E.; Considerato in fatto e in diritto quanto segue: Premesso in fatto 1. Con una istanza di data 20 giugno 2005, la s.p.a. De Lieto Costruzioni Generali ha chiesto – tra l’altro – alla s.p.a. S.A.C.E. di accedere all’accordo da questa concluso con lo Stato Libico in data 26 ottobre 2000, nonché ai relativi allegati, riguardanti il pagamento di crediti riguardanti le esportazioni e i lavori realizzati da imprese italiane nel territorio libico. 56 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Col provvedimento n. 3515 del 14 luglio 2005, la s.p.a. S.A.C.E. ha respinto l’istanza di accesso, rilevando l’applicabilità dell’art. 2, comma 1, del regolamento riguardante l’attività della s.p.a. S.A.C.E., pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 69 del 24 marzo 2005, e secondo il quale sono sottratti all’accesso i ‘documenti attinenti la redazione di accordi di ristrutturazione del debito pubblico di Stati esteri’. 2. Col ricorso n. 9470 del 2005, proposto al TAR per il Lazio, la società ha impugnato il diniego di accesso, chiedendo che sia ordinata l’esibizione degli atti. Il TAR, con la sentenza n. 13254 del 2005, ha respinto il ricorso ed ha compensato tra le parti le spese e gli onorari del giudizio. 3. Col gravame in esame, la s.p.a. De Lieto Costruzioni Generali ha chiesto che, in riforma della sentenza del TAR, il ricorso di primo grado sia accolto. La s.p.a. S.A.C.E. si è costituita in giudizio, chiedendo la reiezione del gravame. 4. Alla camera di consiglio del 3 novembre 2006 la causa è stata trattenuta in decisione. Considerato in diritto 1. Nel presente giudizio, è controversa la legittimità del provvedimento con cui la s.p.a. S.A.C.E. ha respinto la domanda di accesso formulata dall’appellante per accedere agli allegati all’accordo concluso in data 26 ottobre 2000 tra la medesima società e lo Stato Libico, riguardanti il pagamento di crediti riguardanti le esportazioni e i lavori realizzati da imprese italiane nel territorio libico. Il diniego di accesso si è fondato sull’art. 2, comma 1, del regolamento riguardante l’attività della s.p.a. S.A.C.E., pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 69 del 24 marzo 2005, per il quale sono sottratti all’accesso i ‘documenti attinenti la redazione di accordi di ristrutturazione del debito pubblico di Stati esteri’. 2. Col gravame in esame, l’appellante ha impugnato la sentenza di reiezione emessa dal TAR per il Lazio ed ha chiesto l’accoglimento del ricorso di primo grado. 3. Per il suo carattere preliminare (attinente alla sussistenza o meno dell’interesse all’accesso), va esaminato con priorità il terzo motivo, con cui – in base a una dettagliata ricostruzione dei suoi rapporti con i debitori libici e la s.p.a. S.A.C.E - l’appellante ha censurato la sentenza gravata, nella parte in cui questa ha rilevato, a p. 3, che l’istanza di accesso non avrebbe comprovato la sussistenza di propri crediti insoluti e non assicurati. 4. Ritiene la Sezione che tale censura sia condivisibile. Infatti, con l’originaria istanza di accesso l’appellante aveva già chiaramente evidenziato il suo interesse ad ottenere la documentazione, per valutare le opportune iniziative per riscuotere i crediti sussistenti nei confronti dei debitori libici. 5. Si deve pertanto passare all’esame dei primi due motivi d’appello. Col primo, l’appellante ha dedotto che la sentenza impugnata non avrebbe accertato se effettivamente l’accordo di data 26 ottobre 2000 abbia riguardato la ‘ristrutturazione del debito pubblico di Stato estero’. Secondo l’assunto, l’accordo avrebbe in realtà natura transattiva, in considerazione delle reciproche concessioni tra le parti, e non sarebbe riconducile alla tipologia degli accordi di ristrutturazione del debito, sicché non si applicherebbero le disposizioni limitative del regolamento della s.p.a. S.A.C.E., da interpretare restrittivamente. Col secondo, l’appellante ha dedotto che la sentenza impugnata non avrebbe verificato se l’ostensione degli atti riguardanti l’accordo fosse idonea ad offendere o a mettere in pericolo la salvaguardia della sicurezza, della difesa nazionale e delle relazioni internazionali, indagine che risulterebbe tanto più necessaria perché il tabulato allegato all’accordo – riguardante la situazione debitoria dei committenti libici verso creditori italiani - è stato predisposto unilateralmente dalla s.p.a. S.A.C.E. 5. Ritiene la Sezione che tali motivi d’appello vadano esaminati congiuntamente, per la loro stretta connessione e l’unitarietà della domanda d’accesso. Essi risultano infondati e vanno respinti, poiché la s.p.a. S.A.C.E. ha legittimamente applicato l’art. 2, comma 1, del regolamento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 69 del 24 marzo 2005, che ha sottratto all’accesso i ‘documenti attinenti la redazione di accordi di ristrutturazione del debito pubblico di Stati esteri’. 57 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Con l’espressione ‘accordi di ristrutturazione’, l’art. 2, comma 1, si è riferito a tutti gli accordi aventi per oggetto preesistenti rapporti di credito e debito. Tra tali accordi, rientrano: a) quelli che si limitino alla ricognizione di debiti e ne dispongano la riduzione o la rimodulazione delle scadenze; b) quelli che prendano in considerazione le contestazioni tra le parti e giungano ad un accordo transattivo, con reciproche concessioni; c) quelli che abbiano un contenuto misto, con un oggetto di ricognizione di alcuni debiti e di transazione rispetto ad altri. Non è pertanto fondato il primo motivo, poiché il TAR ha correttamente constatato come l’accordo del 26 ottobre 2000 (con i relativi allegati) rientri nel novero degli accordi disciplinati dall’art. 2, comma 1. Neppure risulta fondato il secondo motivo. Per il particolare rilievo delle relative esigenze di interesse pubblico, la disposizione regolamentare non ha attribuito alla s.p.a. S.A.C.E. alcun potere di valutare, di volta in volta, se l’ostensione degli atti sia idonea ad offendere o a mettere in pericolo la salvaguardia della sicurezza, della difesa nazionale e delle relazioni internazionali. Per la sua applicabilità, è sufficiente che l’istanza riguardi l’atto obiettivamente riconducibile al genus sottratto all’accesso. Non rileva in contrario il fatto che alcuni atti allegati all’accordo, oggetto dell’istanza di accesso, siano stati predisposti – sia pure in parte – dalla stessa s.p.a. S.A.C.E. Infatti, una volta formalmente ‘allegati’ all’accordo con lo Stato estero (al termine delle relative trattative e in base a una valutazione di opportunità delle parti), tali atti ne diventano parte integrante sul piano formale, evidenziando, anche sul piano sostanziale, le medesime esigenze di salvaguardia delle relazioni internazionali che, come per l’accordo finale, l’art. 2, comma 1, ha tenuto in considerazione per l’esclusione dell’accesso. 6. Per le ragioni che precedono, l’appello nel suo complesso va respinto. Anche per la qualità degli scritti del soccombente, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese e gli onorari della presente fase del giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) respinge l’appello n. 2695 del 2006, nei sensi indicati in motivazione. Compensa tra le parti le spese e gli onorari del secondo grado del giudizio. Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità amministrativa. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi il giorno 3 novembre 2006, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, con l’intervento dei signori: Luigi Maruotti Consigliere e Pres. f.f. estensore Pierluigi Lodi - Consigliere Vito Poli Consigliere Bruno Mollica Consigliere Sandro Aureli Consigliere Il Consigliere Pres. f.f. ed estensore Il Segretario Luigi Rosario Giorgio Carnabuci Maruotti DEPOSITATA IN SEGRETERIA il.21 novembre 2006(Art. 55, L.27/4/1982, n. 186) Il Direttore della Sezione Antonio Serrao *** Consiglio di Stato, sez.VI, decisione 7 giugno 2006 n. 3418. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. 3418/06 Reg.Dec. N. 5427 Reg.Ric. ANNO 2005 Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente DECISIONE sul ricorso in appello proposto dalla società Siemens A.G., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Raffaele Izzo, Stefano Bonatti e Rinaldo Bonatti, ed elettivamente 58 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 domiciliato presso il primo, in Roma, via Cicerone, n.28; contro Sistemi territoriali s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dagli avv.ti Marco Annoni e Andrea Segato, ed elettivamente domiciliato in Roma, via Udine n. 6, presso il secondo; e nei confronti Stadler Bussnang A.G., non costituitosi in giudizio; per l’annullamento della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto, Sezione I, n. 818/2005; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della parte appellata; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Alla camera di consiglio del 22-11-2005 relatore il Consigliere Roberto Chieppa. Uditi gli avv.ti Amadio per delega dell’avv. Bonatti e l’avv. Segato; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: FATTO E DIRITTO 1. La società Siemens A.G. ha partecipato ad una gara d’appalto per la fornitura di cinque rotabili ferroviarie a trazione diesel per il trasporto viaggiatori indetta da Sistemi Territoriali s.p.a. ed è stata esclusa per non conformità dei contenuti della proposta al bando di gara. Con istanza del 22.10.2004 Siemens A.G. chiedeva l’accesso agli atti di gara per verificare la conformità al bando dell’offerta presentata dall’aggiudicataria. La stazione appaltante consentiva l’accesso ai soli verbali di gara, senza permettere né la visione né l’estrazione di copia della documentazione tecnica presentata da Stadler Bussnang A.G. La Siemens A.G. proponeva allora ricorso al Tar per l’esercizio del diritto di accesso e con l’impugnata sentenza il Tar per il Veneto dichiarava il ricorso improcedibile in considerazione dell’avvenuta messa a disposizione della richiedente della documentazione richiesta. 2. Il ricorso in appello proposto dalla Siemens AG avverso tale decisione è fondato nei sensi di seguito indicati. Innanzitutto è erronea la dichiarazione del Tar di improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto, come affermato dalla ricorrente e non contestato da controparte, l’accesso agli atti è stato consentito in modo non completo rispetto ala richiesta, limitatamente ai verbali di gara e a parte della documentazione presentata dalla impresa controinteressata. Permane quindi l’interesse della ricorrente ad esercitare l’accesso in relazione all’intera offerta tecnico-economica presentata dall’aggiudicataria della gara. 3. E’ infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso proposta dalla appellata, secondo cui la mancata impugnazione del provvedimento di esclusione e di aggiudicazione della gara alla controinteressate priverebbe la Siemens AG dell’interesse a coltivare il giudizio avente ad oggetto l’esercizio del diritto di accesso agli atti una gara divenuta ormai non più contestabile. Il diritto di accesso, infatti, non assume carattere meramente strumentale alla difesa in giudizio della situazione sottostante, ma ha una valenza autonoma, non dipendente dalla sorte del processo principale e dalla stessa possibilità di instaurazione del medesimo. La posizione che legittima l’accesso non deve, quindi, possedere tutti i requisiti che legittimerebbero al ricorso avverso l’atto lesivo della posizione soggettiva vantata, ma è sufficiente che l’istante sia titolare di una posizione giuridicamente rilevante e che il suo interesse si fondi su tale posizione. Con l’introduzione dell’azione a tutela dell’accesso, il legislatore ha inteso assicurare all’amministrato la trasparenza della pubblica amministrazione, indipendentemente dalla lesione, in concreto, di una determinata posizione di diritto o di interesse legittimo; l’interesse alla conoscenza dei documenti amministrativi viene elevato a bene della vita autonomo, meritevole di tutela separatamente dalle posizioni sulle quali abbia poi ad incidere l’attività amministrativa, eventualmente in modo lesivo. Di conseguenza, il rimedio speciale previsto a tutela del diritto di accesso deve ritenersi consentito anche in assenza di una rituale 59 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 impugnazione degli esiti di una gara, in relazione alla quale il diritto di accesso è stato richiesto. 4. La società appellata evidenzia che l’interpretazione della normativa in materia di accesso, su cui si fonda il ricorso, costituisce violazione del principio in base a cui l’esigenza di riservatezza, relativa a specifici beni della vita riconosciuti e tutelati anche da altra norma (come il know how industriale), prevale sul diritto di accesso. Anche tale tesi è priva di fondamento nei termini di seguito indicati. Già in precedenza, questo Consiglio di Stato ha evidenziato che la partecipazione ad una gara comporta, tra l'altro, che l'offerta tecnico progettuale presentata fuoriesca dalla sfera di dominio riservato dell'impresa per porsi sul piano della valutazione comparativa rispetto alle offerte presentate da altri concorrenti, con la conseguenza che la società non aggiudicataria ha interesse ad accedere alla documentazione afferente le offerte presentate in vista della tutela dei propri interessi giuridici (Cons. Stato, IV, n. 4078/2002). In altri termini, in presenza di una offerta vincente, non può negarsi ad altra impresa partecipante l'accesso agli atti necessari alle finalità di controllo dei requisiti tecnici e di tutte le altre caratteristiche del prodotto, oggetto della fornitura, minuziosamente contemplati nel relativo bando di gara (per l’affermazione del principio in relazione ad una procedura di appalto concorso, vedi Cons. Stato, V, n. 518/1999). Del resto, il problema relativo allo stabilire se il diritto alla riservatezza dei terzi costituisca, o meno, un ostacolo invalicabile all'esercizio del diritto di accesso ai documenti amministrativi è già stato risolto dalla Adunanza plenaria e dalla successiva giurisprudenza di questo Consiglio di Stato nel senso che l'interesse alla riservatezza, tutelato dalla normativa mediante una limitazione del diritto di accesso, recede quando l'accesso stesso sia esercitato per la difesa di un interesse giuridico, nei limiti in cui esso è necessario alla difesa di quell'interesse (Cons. Stato, Ad. Plen. n. 5 del 4 febbraio 1997; IV Sez. 24 marzo 1998 n. 498; V Sez. 22 giugno 1998 n. 923). Proprio perché la tutela dei personali interessi giuridici costituisce la ragione per cui è possibile superare le esigenze di riservatezza della posizione del concorrente aggiudicatario, l'accesso è assicurato soltanto nella mera forma della visione dell'atto, come espressamente previsto dall'art. 24 della legge n. 241/1990, che - nel porre limitazioni al diritto di accesso stabilisce, al comma 2, che va comunque garantita agli interessati «la visione degli atti relativi ai procedimenti amministrativi, la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i loro interessi giuridici». Il bilanciamento tra il diritto di accesso degli interessati e il diritto alla riservatezza dei terzi non è stato rimesso alla potestà regolamentare o alla discrezionalità delle singole amministrazioni, ma è stato compiuto direttamente dalla legge che, nel prevedere la tutela della riservatezza dei terzi, ha fatto salvo il diritto degli interessati alla visone degli atti relativi ai procedimenti amministrativi, la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici (Consiglio Stato sez. IV, 4 febbraio 1997, n. 82). Il concetto di difesa degli interessi giuridici assume un carattere generale, comprensivo sia della difesa tecnica processuale, sia della difesa procedimentale. Tuttavia, in presenza di un contrapposto diritto alla riservatezza (nel caso di specie, relativa a beni della vita tutelati da altre norme dell’ordinamento, quale il know how industriale), il diritto di accesso è idoneo a prevalere nella menzionata forma attenuata della visione degli atti solo in relazioni a quegli atti o a quelle parti di documenti, la cui conoscenza è necessaria per curare o per difendere gli interessi giuridici del richiedente. Con particolare riguardo alle procedure di evidenza pubblica, la difesa degli interessi giuridici del partecipante alla gara, risultato non aggiudicatario, va limitata a quei documenti o parti di essi valutati dall’amministrazione per l’ammissione alla procedura, per la verifica della sussistenza dei requisiti di partecipazione e per la valutazione dell’offerta e l’attribuzione dei punteggi. In questo senso si è recentemente espressa questa Sezione con motivazioni, da cui il Collegio non ritiene di doversi discostare (Cons. Stato, VI, n. 14/2004). 5. Con riferimento al regolamento interno della stazione appaltante, si osserva che la 60 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 limitazione del diritto di accesso per i documenti e gli atti di natura tecnico professionale prodotti dalle imprese partecipanti a pubbliche gare opera solo con riferimento alla estrazione di copia degli atti stessi e non anche alla visione, che ai sensi del medesimo regolamento è comunque garantita ai richiedenti. Una diversa interpretazione condurrebbe alla disapplicazione del regolamento in quanto illegittimo e non alla negazione del diritto di accesso. 6. Pertanto, deve essere riconosciuto il diritto del ricorrente di prendere visione dell’intera offerta presentata dalla società aggiudicataria, spettando però all'amministrazione l’adozione di adeguate misure di tutela della riservatezza (cancellature, omissis) in relazione alle eventuali parti dell’offerta, idonee a rivelare i segreti industriali e che non siano state in alcun modo prese in considerazione in sede di gara. In tal modo, non si tratta di rimettere all’amministrazione la verifica circa la necessità del documento per la cura o la tutela di interessi giuridici del privato (il che si porrebbe in contrasto con il principio di parità delle armi, che esclude che una delle parti della controversia possa verificare l’utilità del documento per la difesa della controparte); si tratta, invece, di imporre all’amministrazione di evidenziare gli elementi del progetto che ha valutato in favore dell’aggiudicatario (e conseguentemente di limitare l’accesso, nella forma della visione, a quei documenti o a quelle parti di documento). Tale soluzione consente di contenere la descritta prevalenza del diritto di accesso sul diritto alla riservatezza industriale nei limiti strettamente necessari alla cura o difesa degli interessi giuridici, precludendo anche la visione di quelle parti di documento, non utilizzate – per stessa ammissione dell’amministrazione procedente – ai fini della positiva valutazione dell’offerta dall’aggiudicataria. 7. In conclusione, l’appello deve essere accolto e, in riforma della sentenza impugnata, deve essere accolto il ricorso di primo grado nei sensi in precedenza indicati, con ordine alla Sistemi Territoriali spa di consentire la visione della documentazione richiesta nei limiti precisati. Ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio. P. Q. M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie il ricorso in appello indicato in epigrafe e per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso proposto in primo grado nei sensi indicati in parte motiva e ordina alla Sistemi Territoriali s.p.a. di consentire alla ricorrente la visione della documentazione richiesta nei limiti precisati sempre in parte motiva. Compensa tra le parti le spese del giudizio. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Roma, il 22-11-2005 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori: Mario Egidio Schinaia - Presidente Sabino Luce - Consigliere Giuseppe Romeo - Consigliere Lanfranco Balucani - Consigliere Roberto Chiappa - Consigliere Est. Presidente f.to Mario Egidio Schinaia Consigliere estensore Segretario f.to Roberto Chieppa f.to Vittorio Zoffoli DEPOSITATA IN SEGRETERIA il..................07/06/2006................... (Art. 55, L.27/4/1982, n.186) Il Direttore della Sezione f.to Maria Rita Oliva **** TRG Trentino Alto Adige – Trento; sentenza 27 gennaio 2003 n. 39 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE REGIONALE DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA DEL TRENTINO-ALTO ADIGE - SEDE DI TRENTO ha pronunciato la seguente SENTENZA 61 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 sul ricorso n. 316 del 2002 proposto dalla ALPENHAUS S.R.L. (incorporante di FABER S.R.L.), in persona dell’Amministratore unico dott. Alessandro Podini, rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco Paolucci, Vittorio Paolucci e Alberto Paoletto, presso quest’ultimo domiciliata in Trento, Via S. Francesco d’Assisi n. 10; CONTRO la REGIONE TRENTINO - ALTO ADIGE, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato e presso la stessa domiciliata in Trento, Largo Porta Nuova n. 9; per l’accesso ai documenti già richiesti alla Regione con domanda 7-8 luglio 2002, alla quale la Regione T.A.A. ha risposto solo parzialmente e con palese illegittima elusione dei propri precipui obblighi, anche a mezzo di illeciti artifizi; nonchè avverso il silenzio conseguente alla diffida notificata alla medesima Regione in data 20.9.2002 a dare compiuta ottemperanza alla suddetta istanza di accesso ai documenti. Visto il ricorso con motivi aggiunti e relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione regionale intimata; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Uditi alla Camera di Consiglio del 14 novembre 2002 - relatore il consigliere Gianfranco Bronzetti - l’avv. Vittorio Paolucci per la Società ricorrente e l'avvocato dello Stato Sarre Pirrone per l'Amministrazione resistente; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: FATTO Con ricorso notificato in data 11-14 ottobre 2002 la Società Alpenhaus (incorporante della Faber s.r.l.) esponeva che la predetta Società Faber - a seguito di bando pubblicato su diversi giornali dalla Regione Trentino -Alto Adige nel luglio 1998 per l’acquisto a Bolzano di “idoneo immobile in grado di ospitare i propri Uffici del Catasto e del Libro fondiario” (collocazione nelle vicinanze degli Uffici giudiziari e finanziari, superficie non inferiore a 5.000 mq. netti e congruo numero di posti macchina ad uso esclusivo) - aveva presentato rituale offerta in data 14.8.1998 (e cioè entro il termine previsto del 15.8.1998) dell’immobile in ricostruzione sito a Bolzano in Via Roma. Precisava ancora la Società ricorrente che l’Amministrazione regionale con deliberazione giuntale n. 1537 del 24.9.1998 e con nota assessorile del 30.9.1998 manifestava interesse alla proposta, confermando che sarebbero state avviate le procedure per addivenire, previa valutazione estimativa dell’immobile, alla formulazione di un’ipotesi di accordo contrattuale. Chiariva, infine, la ricorrente che l’Amministrazione regionale non dava corso alla procedura, pubblicando per contro in data 6.6.1999 sui quotidiani un nuovo avviso per la ricerca dell’immobile agli usi indicati, in relazione al quale la Società Faber ripresentava la propria offerta in data 28.6.1999. Sennonchè, avendo appreso che la Regione aveva preferito l’offerta immobiliare della concorrente Società Habitat, la Faber s.r.l. nel novembre 2001 interponeva azione risarcitoria avanti al Tribunale civile di Trento e correlativamente, a seguito dell’intervenuto atto di fusione, la Società Alpenhaus (quale incorporante della Faber) in data 12.6.2002 formulava al Presidente della Giunta regionale domanda di accesso ai seguenti documenti: 1) delibera della Giunta regionale del TrentinoAlto Adige 24 settembre 1998 n. 1537, con tutti gli allegati ed i provvedimenti e/o documenti in essa richiamati, ivi compresa la relazione tecnica del 23 settembre 1998 del Direttore dell’Ufficio Tecnico geom. Castelli; 2) delibera della Giunta regionale del TrentinoAlto Adige 28 giugno 1999 n. 609, con tutti gli allegati ed i provvedimenti e/o documenti in essa richiamati; 3) delibera della Giunta regionale del TrentinoAlto Adige 29 luglio 1999 n. 885 di rettifica della precedente deliberazione della Giunta regionale 28 giugno 1999 n. 609, con tutti gli allegati ed i provvedimenti e/o documenti in essa richiamati; 4) delibera della Giunta regionale del TrentinoAlto Adige 3 aprile 2000 n. 445, con tutti gli allegati ed i provvedimenti e/o documenti in essa richiamati, ivi compresi, tra gli altri: - nota dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato prot. n. 3459 del 9 ottobre 1999; 62 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 - nota dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato prot. n. 4236 del 3 dicembre 1999; - nota dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato prot. n. 4289 del 7 dicembre 1999; - nota dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato prot. n. 255 del 21 gennaio 2000; - nota dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato del 21 febbraio 2000. Poichè l’Amministrazione regionale ottemperava solo parzialmente ed in modo non adeguato a tale richiesta, la ricorrente in data 20.9.2002 notificava formale diffida ad adempiere, che peraltro trovava ancora parziale accoglimento. Pertanto la Società Alpenhaus proponeva la presente azione ai sensi dell’art. 25 della legge n. 241 del 1990, integrandola con “motivi aggiunti” notificati in data 25-26 ottobre 2002. In concreto, la ricorrente chiede a questo Tribunale amministrativo di pronunciarsi in merito all’istanza di accesso, ordinando alla Regione Trentino-Alto Adige la consegna dei documenti richiesti e sopra specificati (deliberazioni della Giunta regionale, con dichiarazione di conformità, e relativi allegati, nonchè note, conformi all’originale, dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato), con estrazione degli stessi dalla documentazione ufficiale della Regione medesima. DIRITTO Il ricorso è fondato in parte, nei termini appresso indicati. 1.- Per quanto concerne le deliberazioni della Giunta regionale chieste con dichiarazione di conformità all’originale, la relativa domanda di accesso risulta superata dall’avvenuto rilascio delle stesse, come da nota del Presidente della Regione del 4.11.2002 prodotta in giudizio dalla difesa della Società ricorrente. Con ciò viene anche a cadere la richiesta di nomina di un Commissario ad acta e di connessa trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica. 2.- Resta, invece, aperta la questione dei “pareri” dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato richiamati nella deliberazione giuntale n. 445 del 2000. Secondo l’orientamento giurisprudenziale dominante i suddetti pareri si considerano soggetti all’accesso ove siano riferiti all’iter procedimentale e vengano pertanto ad innestarsi nel provvedimento finale, mentre risultano coperti dal segreto professionale (artt. 622 c.p. e 200 c.p.p.) quando attengano alle tesi difensive in un procedimento giurisdizionale (cfr.: Cons. Stato, Sez. V, 26.9.2000, n. 5105; Cons. Stato, Sez. V, 2.4.2001, n. 1893; T.A.R. Puglia - Bari 16.1.2001, n. 124): considerazione quest’ultima che trova riscontro anche negli artt. 2 e 5 del D.P.C.M. 26.1.1996, n. 200 (Regolamento recante norme per la disciplina di categorie di documenti formati o comunque rientranti nell’ambito delle attribuzioni dell’Avvocatura dello Stato sottratti al diritto di accesso). Nella specie, la deliberazione della Giunta regionale n. 445 del 2000 riporta cinque pareri con diversa connotazione. Invero, due pareri (note n. 3459 del 9 ottobre e n. 4236 del 3 dicembre 1999) sono innegabilmente riferibili alla fase procedimentale amministrativa (accettabilità della nuova offerta della Faber s.r.l. e modalità di presentazione dei progetti esecutivi degli offerenti), come traspare dalla parte motiva dell’atto deliberativo: essi devono quindi ritenersi oggetto del diritto di accesso ai sensi dell’art. 25 della legge n. 241 del 1990. Per contro, gli altri tre pareri (nota n. 4289 del 7 dicembre 1999, nonchè note del 21 gennaio e del 21 febbraio 2000), pur potendo far sorgere qualche dubbio in ordine alle effettive finalità, sembrano tesi a valutare l’aspetto comportamentale dell’Amministrazione regionale: come tali vanno fatti rientrare nell’ambito della funzione di consulenza legale, con rilevanza sulla vertenza civile pendente avanti al Tribunale di Trento, restando perciò stesso coperti dal segreto professionale. 3.- Il ricorso va quindi accolto nei termini esposti, ordinando alla Regione di esibire alla Società ricorrente i documenti sopra specificati (con facoltà di averne copia conforme all’originale) e cioè le note (pareri) dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato n. 3459 del 9 ottobre 1999 e n. 4236 del 3 dicembre 1999. Sussistono, peraltro, giustificati motivi per la compensazione delle spese di giudizio. P.Q.M. il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino - Alto Adige, sede 63 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 di Trento, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 316/2002, lo accoglie in parte e per l’effetto ordina alla Regione Trentino-Alto Adige di esibire alla Società ricorrente, autorizzandola ad averne copia conforme all’originale, gli atti richiesti come indicati in motivazione, fissando per l’adempimento il termine di 20 (venti) giorni dalla comunicazione della presente sentenza. Spese del giudizio compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa. Così deciso in Trento, nella Camera di Consiglio del 14 novembre 2002, con l’intervento dei Magistrati: dott. Paolo Numerico Presidente dott. Silvia La Guardia Consigliere dott. Gianfranco Bronzetti Consigliere estensore Pubblicata nei modi di legge, mediante deposito in Segreteria, il giorno 27 gennaio 2003. Il Segretario Generale dott. Fiorenzo Tomaselli provvedimento di sequestro, non giustifica il rifiuto o il differimento dell'accesso, nè comporta uno specifico obbligo di segretezza che escluda o limiti la facoltà per i soggetti interessati di prendere conoscenza degli atti, anche alla luce della previsione dell'art. 258 c.p.p. In senso analogo v. anche TAR Lazio I, 26.2.1996 n. 274, in TAR 1996 pg. 784 *** Anno 2007 Lavoro- Il diritto di accesso può avere ad oggetto anche atti posti in essere da soggetti privati gestori di pubblici servizi qualora pur non costituendo direttamente gestione del servizio stesso, siano collegati a quest’ultimo da un nesso di strumentalità. n. n. 463/07 101/07 Reg. Dec. Reg. Gen. **** T.A.R. Lazio, sez. II, 26 settembre 1996 , n. 1746 L'avvio di procedimenti giudiziari su atti della p.a. non produce l'automatico effetto della segretazione degli atti e documenti oggetto d'indagine, a meno che non sia intervenuto il sequestro o altra misura interdittiva. Neppure la nuova disciplina del segreto e del divieto di pubblicazione di atti del procedimento penale comporta, in via generale, limiti alla ostensione o estrazione di copie degli atti stessi, quanto meno nei riguardi dei soggetti direttamente interessati. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L’ABRUZZO Sezione Staccata di Pescara composto dai signori: Dott. Antonio Catoni Presidente Dott. Michele Eliantonio Consigliere, estensore **** T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 23 febbraio 1995, n. 38; Dott. Luciano Rasola Consigliere ha pronunciato la seguente La circostanza dell'avvenuta trasmissione degli atti, oggetto della domanda di accesso, al vaglio della magistratura penale, peraltro senza un 64 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 SENTENZA Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 sul ricorso n. 101/07, proposto da Di Prospero Umberto, rappre-sentato e difeso dall’avv. Claudio Verini, elettivamente domiciliato con il proprio difensore in Pescara, via Marco Polo, 3, presso lo studio dell’avv. Agostino Russo; contro il Consorzio Agrario Interprovinciale di Chieti e Pescara soc. coop. a r.l., con sede in Pescara, in persona del legale rappresentante protempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Paola Damiani e Giulio Cerceo, elettivamente domiciliato presso il secondo difensore in Pescara, viale G. D’Annunzio, 142; per ottenere l’accesso agli atti richiesti con istanza del 17 gennaio 2007 e l’annullamento degli atti con i quali è stata respinta la predetta richiesta di accesso. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio del Consorzio Agrario Interprovinciale di Chieti e Pescara; Vista la memoria prodotta dalla parte resistente a sostegno delle proprie ragioni; Visti gli atti tutti del giudizio; Udito alla camera di consiglio del 12 aprile 2007 il relatore consigliere Michele Eliantonio e uditi, altresì, l’avv. Claudio Verini per il ricorrente e gli avv. Giulio Cerceo e l’avv. Marco Di Rito - su delega dell’avv. Paola Damiani - per il Consorzio Agrario resistente; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: richiesta di conciliazione inoltrata alla Direzione Provinciale del Lavoro di L’Aquila. Riferisce con il gravame di aver chiesto con istanza del 17 gennaio 2007 al Consorzio di accedere alla predetta deliberazione, nonché alle deliberazioni dello stesso Consiglio del 22 e del 15 settembre 2005, contenenti l’assunzione rispettivamente dei sig.ri Vittorio Cicerone e Fabio Gildo Colonna, ma che tale richiesta era stata respinta con nota 23 gennaio 2007, n. 54/07/GFC, in ragione della testuale considerazione che i Consorzi agrari sono enti di natura privatistica e che i predetti verbali “affrontano questioni attinenti all’operato e agli interessi del Consorzio stesso, delle quali il richiedente non è legittimato a prendere conoscenza nel rispetto anche della normativa sulla tutela della privacy”. Con il ricorso in esame l’interessato è insorto dinanzi questo Tribunale, ai sensi dell’art. 25, VI comma, della L. 7 agosto 1990, n. 241, avverso tale provvedimento al fine di ottenere l’accesso ai predetti atti, deducendo nella sostanza che il Consorzio in parola, in quanto esercita un’attività di pubblico interesse, avrebbe dovuto consentirgli - in base al disposto dell’art. 22, I comma, lettera e), della L. 7 agosto 1990, n. 241 - l’accesso agli atti in parola che contenevano determinazioni riguardanti la sua persona. Il Consorzio Agrario Interprovinciale di Chieti e Pescara si è costituito in giudizio e con memoria depositata il 23 marzo 2007, dopo aver pregiudizialmente eccepito il difetto di giurisdizione di questo Tribunale in ordine alla controversia proposta, ha diffusamente contestato il fondamento della richiesta proposta. Alla camera di consiglio del 12 aprile 2007 la causa è stata introitata a decisione. FATTO Il sig. Umberto Di Prospero, dirigente del Consorzio Agrario Interprovinciale di Chieti e Pescara, è stato licenziato con deliberazione del Consiglio di Amministrazione del 25 gennaio 2006 ed ha impugnato tale licenziamento con DIRITTO 65 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 1. - L’impugnata nota, con la quale il Consorzio Agrario Interprovinciale di Chieti e Pescara ha respinto la richiesta di accesso presentata dal ricorrente è motivato con riferimento alla testuale considerazione che i Consorzi agrari sono enti di natura privatistica e che i predetti verbali “affrontano questioni attinenti all’operato e agli interessi del Consorzio stesso, delle quali il richiedente non è legittimato a prendere conoscenza nel rispetto anche della normativa sulla tutela della privacy”. Inoltre, va in aggiunta ricordato che il diverso regime degli atti adottati dal gestore del servizio pubblico in quanto soggetto di diritto privato che comporta la loro ostensibilità - dipende dal rapporto di connessione esistente tra gli atti ed il servizio di pubblico interesse; da cui ne consegue che più stretto è il legame con il servizio pubblico, più gli atti sono passibili di accesso, poiché adottati nel rispetto del principio di imparzialità di cui all’art. 97 della Costituzione (T.A.R. Lazio Roma sez. III 10 aprile 2006 n. 2503). Il ricorso – deve subito precisarsi – è solo parzialmente fondato. Relativamente, poi, agli atti attinenti al rapporto di lavoro alle dipendenze di un soggetto privato gestore di un servizio pubblico, è stato precisato che tali atti possono essere passibili di accesso solo quando producano effetti nella sfera pubblicistica, o più correttamente, di interesse generale, quando cioè assumano rilievo ai fini della corretta e funzionale gestione del servizio stesso e non quando siano necessari per la sola tutela di tipo economico dei prestatori di lavoro nei confronti del loro datore di lavoro, da utilizzarsi presumibilmente in sede contenziosa (T.A.R. Lazio, sede Roma, sez. III 10 aprile 2006 n. 2503). 2. - Il problema che in via pregiudiziale il Collegio è chiamato a risolvere è quello volto ad accertare se il diritto di accesso di cui agli artt. 22 e segg. della L. 7 agosto 1990, n. 241, sia o meno esercitabile nei confronti dei Consorzi agrari. Va al riguardo ricordato che - come è noto - il n. 1, lettera e), di tale art. 22, dispone testualmente che per pubblica amministrazione, ai fini dell’applicazione della normativa sul diritto di accesso, si intendono anche “i soggetti di diritto privato” limitatamente, però “alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario”. Ora, interpretando tale normativa, il giudice amministrativo ha già chiarito che le regole dettate in tema di trasparenza della p.a. e di diritto di accesso ai relativi atti si applicano oltre che alle pubbliche amministrazioni, anche ai soggetti privati chiamati all’espletamento di compiti di interesse pubblico, quali i concessionari di pubblici servizi, le pubbliche società ad azionariato pubblico, etc. (cfr., per tutti, Cons. St., Ad. plen., 5 settembre 2005 n. 5); cioè il diritto di accesso può avere ad oggetto anche atti posti in essere da soggetti privati gestori di pubblici servizi che, pur non costituendo direttamente gestione del servizio stesso, siano collegata a quest’ultima da un nesso di strumentalità derivante, anche, sul versante soggettivo, dall’intensa conformazione pubblicistica (Cons. St, sez. VI, 26 gennaio 2006 n. 229, e 30 dicembre 2005 n. 7624). Fatta tale premessa va, in aggiunta, rilevato che i Consorzi Agrari Interprovinciali - come costantemente affermato in giurisprudenza (cfr. per tutti Cass. civ., sez. I, 28 agosto 2004, n. 17201, e Cons. St., sez. VI, 3 novembre 1999, n. 1706, e 19 ottobre 1999, n. 1451) - sono certamente soggetti di diritto privato, “ancorché siano volti a perseguire fini di rilevanza pubblica e, pertanto, siano sottoposti a controlli pubblici”. Tale giurisprudenza ha, inoltre, anche precisato che tali soggetti, pur essendo certamente privati, sono però “sottoposti a controlli pubblici e limitazione dell’autonomia statutaria, in considerazione delle finalità di contribuire all’incremento e al miglioramento della produzione agricola e ad iniziative di carattere sociale e culturale nell’interesse degli agricoltori (artt. 2 e 3 d. lg. n. 1235 del 1948)” (così, T.A.R. Puglia, sez. Lecce, II, 3 marzo 2006, n. 1358). 66 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Ciò posto, il Collegio è dell’avviso che in ragione dello svolgimento dei predetti servizi di pubblico interesse svolti, sia esperibile il diritto di accesso nei confronti di quegli atti dei Consorzi agrari che, pur non costituendo direttamente gestione del servizio stesso, siano collegati a quest’ultima da un nesso di strumentalità. Inoltre, tale diritto di accesso può avere ad oggetto anche gli atti attinenti al rapporto di lavoro alle dipendenze del Consorzio, quando tali atti producano effetti nella sfera pubblicistica, o più correttamente, di interesse generale, quando cioè assumano rilievo ai fini della corretta e funzionale gestione del servizio stesso; e tra tali atti vanno compresi anche quelli relativi alla nomina dei dirigenti, dal momento che tali atti assumono un indubbio rilievo ai fini della corretta e funzionale gestione del servizio stesso. Con riferimento a quanto sopra esposto, sembra, in definitiva, alla Sezione che possono essere passibili di accesso gli atti di nomina e di licenziamento dei dirigenti di una Consorzio agrario. 3. - Una volta giunti a tale conclusione, sembra evidente al Collegio che l’istante abbia di certo diritto ad accedere alla deliberazione del Consiglio di Amministrazione del 25 gennaio 2006, con la quale era stato disposto il suo licenziamento. Tale atto, infatti, ha un indubbio rilievo ai fini della corretta e funzionale gestione dei compiti (anche pubblicistici) svolti dal Consorzio; inoltre, l’istante è certamente titolare di una situazione giuridica soggettiva che lo legittima all’esame di tale atto deliberativo. Deve, pertanto, concludersi che l’attuale ricorrente abbia diritto ad accedere alla predetta deliberazione del Consiglio di Amministrazione, senza che possa in merito assumere rilievo la circostanza opposta con l’atto impugnato, secondo cui tale verbale “affronta questioni attinenti all’operato e agli interessi del Consorzio stesso”. 4. - Con l’istanza del 17 gennaio 2007 il ricorrente ha anche chiesto al Consorzio di accedere alle deliberazioni dello stesso Consiglio del 22 e del 15 settembre 2005, contenenti l’assunzione rispettivamente dei sig.ri Vittorio Cicerone e Fabio Gildo Colonna. Tale richiesta è inammissibile per non avere l’interessato notificato il gravame - come è prescritto dall’art. 21 della L. 6 dicembre 1971, n. 1034 - anche a tali soggetti che rivestono, indubbiamente, la posizione di controinteressati nel giudizio in esame (Cons. St., sez. V, 18 settembre 2006 , n. 5434). Come è noto, infatti, nel giudizio d’impugnazione dei provve-dimenti amministrativi è controinteressato il soggetto, nominato nel provvedimento o facilmente identificabile dal provvedimento stesso, cui il provvedimento attribuisce una posizione giuridica favorevole che verrebbe eliminata dall’annullamento del provvedimento medesimo. Ora, l’Adunanza Plenaria delle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato con decisione 24 giugno 1999, n. 16, ha stabilito che la regola della notificazione ad almeno un controinteressato vale anche per lo speciale giudizio d’accesso agli atti amministrativi disciplinato dalla L. 7 agosto 1990, n. 241. È naturale che, riferita a tale giudizio, la nozione di controinteressato subisca un adattamento, e designi colui al quale si riferiscono i documenti ai quali è chiesto l’accesso, e che può avere interesse ad opporsi alla visione dei documenti medesimi. Deve, peraltro, trattarsi di soggetti, come ha stabilito l’Adunanza plenaria, "determinati", ossia dei soggetti la cui esistenza e la cui identificazione siano certe e note prima dell’accesso ai documenti. Nel caso in esame il ricorrente aveva fatto domanda di accesso agli atti contenenti l’assunzione rispettivamente dei sig.ri Vittorio Cicerone e Fabio Gildo Colonna, per cui l’istante era evidentemente a conoscenza dell’esistenza dei predetti soggetti che avrebbero potuto avere interesse ad opporsi alla visione dei documenti medesimi ed ai quali 67 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 avrebbe necessariamente dovuto notificare il ricorso giurisdi-zionale contro il diniego di accesso. Non avendo intimato anche i predetti soggetti, la richiesta di accesso a tali atti deliberativi non può non essere respinto, tanto più ove si consideri che il Consorzio, con l’impugnato atto di diniego - come già detto - aveva anche evidenziato la necessità di dover rispettare “la normativa sulla tutela della privacy”. 5. - Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso in esame deve, pertanto, essere accolto nei limiti sopra indicati, cioè limita-tamente all’accesso alla deliberazione del Consiglio di Amministrazione del 25 gennaio 2006, nella sola parte in cui è stato disposto il licenziamento del ricorrente. Sussistono, per concludere, giuste ragioni per disporre la totale compensazione tra le parti delle spese e degli onorari di giudizio. P. Q. M. Il Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, Sezione staccata di Pescara, accoglie nei termini di cui in motivazione il ricorso specificato in epigrafe. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa. Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del 12 aprile 2007. Il Presidente L’Estensore Il Segretario d’udienza Pubblicata mediante deposito il 19.04.2007 Il Direttore della Segreteria reg. gen. n. 101/07 ------------------------------------------------------------------------------------------------------------Consigliere comunale – Paga come qualsiasi cittadino le copie cartacee degli atti richiesti in accesso Consiglio Stato sez. V Data: 28 dicembre 2007 Numero: n. 6742 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Quinta Sezione ANNO 2007 ha pronunciato la seguente DECISIONE sul ricorso n. 1900/2007, proposto dal Sig. Luciano COMPAGNO, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Sartori e Mario Ettore Verino, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma,Via Lima n. 15; contro il COMUNE DI FOSSÒ, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Caffarelli e Mauro Ferruzzi, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, Via Tigrè n. 37; per la riforma della sentenza n. 3897 in data 23 novembre 2006, resa in forma semplificata dalla Sezione I del T.A.R. per il Veneto; Visto il ricorso in appello con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune intimato; Visti gli atti tutti della causa; Relatore, alla pubblica udienza del 20 aprile 2007, il Consigliere Francesco GIORDANO; Uditi, altresì, gli avvocati Verino e Caffarelli; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: FATTO 68 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 L'appellante, consigliere comunale del Comune di Fossò e capogruppo della lista di minoranza Solidarietà Fossò-Sandon, impugna la sentenza indicata in epigrafe con cui la sezione 1^ del T.A.R. per il Veneto ha respinto il suo ricorso n. 1925/2006, volto ad ottenere l'annullamento della deliberazione comunale n. 29/2006, limitatamente all'aggiunta, ivi disposta, del comma 3-bis dell'art. 18 del regolamento comunale, recante "Norme per l'accesso dei consiglieri e dei revisori alla documentazione amministrativa". Si sostiene che, nonostante il diritto di accesso ai documenti amministrativi ed a tutte le informazioni detenute dall'Amministrazione sia garantito dall'art. 43 del T.U.E.L. n. 267/2000, il sig. Compagno ha incontrato difficoltà ed ostacoli nell'esercitare tale diritto, che sono culminati nella recente modifica dell'art. 18 delle vigenti norme regolamentari, con l'introduzione dei commi 2-bis e 3-bis. Avverso la sentenza che, come sopra detto, ha respinto il suo ricorso proposto in primo grado, il menzionato consigliere comunale interpone il presente atto di appello, affidandolo alle medesime censure già dedotte dinanzi al TAR per il Veneto: 1) Violazione degli artt. 7, 42 e 43, comma 2° del T.U.E.L. n. 267/2000, nonché degli artt. 1 e 97 Cost.; Eccesso di potere per sviamento. Irragionevolezza ed ingiustizia manifeste. Violazione dei principi di proporzionalità. In sintesi, assume l'appellante che il provvedimento impugnato riposerebbe su un'errata interpretazione della natura e della funzione del diritto dei consiglieri comunali, che con esso si intenderebbe limitare e negare quanto al supporto cartaceo. Presentando tale "diritto" la sostanza di un diritto soggettivo pubblico, funzionalizzato non tanto ad un interesse personale del Consigliere comunale o provinciale, quanto alla cura di un interesse pubblico connesso al mandato conferito, ogni limitazione al suo esercizio, sancito dall'art. 43, interferirebbe inevitabilmente con la potestà istituzionale del Consiglio comunale di sindacare la gestione dell'ente, al fine di assicurarne, con la trasparenza e la piena democraticità, anche il buon andamento. 2) Violazione dell'art. 18 del regolamento del Comune di Fossò disciplinante il diritto e le modalità di accesso agli atti amministrativi da parte dei Consiglieri comunali. La norma di cui al comma 3-bis, introdotta nell'art. 18 del regolamento comunale, sarebbe in contrasto con il precedente comma 3 che esenta i consiglieri comunali dal pagamento dei costi di produzione, nonché di qualsiasi altro diritto. Lamenta l'appellante che in ordine a tale motivo il TAR avrebbe sostanzialmente omesso di pronunciarsi. Conclude il sig. Compagno con la richiesta di annullamento della sentenza impugnata e di accoglimento del ricorso di primo grado, con vittoria di spese ed onorari del doppio grado di giudizio. Resiste il Comune intimato alla pretesa dell'appellante, argomentando puntualmente a sostegno della propria tesi difensiva e concludendo per il rigetto del proposto appello. DIRITTO Il signor Luciano Compagno, ex sindaco del Comune di Fossò (VE) che attualmente riveste la carica di consigliere e capogruppo della lista di minoranza presso lo stesso Comune (nonché quella di consigliere della provincia di Venezia), ha proposto ricorso al T.A.R. Veneto per ottenere l'annullamento del comma 3-bis dell'art. 18 del regolamento comunale di accesso agli atti amministrativi, introdotto dall'organo consiliare con la deliberazione 8 giugno 2006, n. 29. Il primo giudice ha respinto il gravame con la sentenza resa in forma semplificata n. 3897/06, che l'interessato impugna ora nel presente giudizio di secondo grado, prospettando le medesime doglianze dedotte nel ricorso introduttivo originario. L'appello è infondato. Privo di pregio è il primo ordine di censure con cui l'appellante, muovendo dal diritto di accesso riconosciuto ai consiglieri comunali (e provinciali) di ottenere dai competenti uffici degli enti locali, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, "tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del loro mandato" (art. 43, comma 2° T.U.E.L. n. 267/2000), afferma che la delibera impugnata, nonostante le enunciazioni di principio in essa contenute, sarebbe supportata da un'errata interpretazione della natura e della funzione di tale diritto, in 69 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 quanto il suo esercizio verrebbe ricondotto ad una prospettiva "individuale" di interesse del singolo consigliere comunale, che andrebbe coordinato con l'esigenza di non intralciare lo svolgimento dell'attività amministrativa ed il regolare funzionamento degli uffici comunali. Viceversa, poiché la situazione giuridica di cui si tratta presenta la sostanza di un diritto soggettivo pubblico funzionalizzato, siccome implicante l'esercizio di facoltà finalizzate al pieno ed effettivo svolgimento delle funzioni assegnate direttamente al Consiglio comunale, ogni limitazione all'esercizio del diritto sancito dall'art. 43 interferirebbe inevitabilmente con la potestà istituzionale del predetto organo deliberante di sindacare la gestione dell'ente locale. Sarebbero, comunque, generiche ed incomplete le espressioni contenute nella contestata disposizione regolamentare, in ordine alle nozioni di "atti elaborati", di "costi elevati " e di "planimetrie didimensioni consistenti". In definitiva, dunque, i consiglieri comunali verrebbero a sopportare i costi di riproduzione di atti e documenti, al pari della generalità dei cittadini che esercitano il diritto di accesso, ai sensi degli artt. 22 e ss. della legge n. 241/90. 2.2 Si premette che le integrazioni all'art. 18 del regolamento, approvate dal Consiglio comunale di Fossò con la censurata delibera n. 29 in data 8 giugno 2006, sono le seguenti: comma 2bis): "Il diritto di accesso del consigliere non può configurarsi come generalizzato e indiscriminato. I documenti, oggetto del diritto, devono essere concretamente individuati dal richiedente oppure essere individuabili." comma 3bis): "Nel caso in cui le richieste abbiano ad oggetto l'estrazione di copie di atti elaborati, la cui foto-riproduzione comporti un costo elevato, quali ad esempio le tavole dei P.R.G., le tavole di varianti urbanistiche e quant'altro abbia ad oggetto planimetrie di dimensioni consistenti, sono previste modalità alternative quali la riproduzione su CD-rom in formato PDF, non modificabile." Ciò posto, si legge testualmente, nel preambolo dell'impugnata deliberazione consiliare, che "con regolarità pervengono a questo Ente, da parte di consiglieri comunali, numerose richieste di estrazione di copie riguardanti atti complessi, a titolo di esempio, le tavole dei P.R.G., le tavole di varianti urbanistiche e quant'altro abbia ad oggetto planimetrie di dimensioni consistenti, la cui foto-riproduzione comporta un costo elevato e un'oggettiva difficoltà ad esaudire la richiesta per mancanza di strumentazione idonea propria, ragion per cui ci si deve recare presso fotocopisterie attrezzate e sborsare denaro per l'estrazione di copie;". Il Comune di Fossò, dunque, si è trovato nella necessità di dare equa soluzione ad un problema concreto che, a fronte dell'esigenza dei consiglieri comunali di poter disporre di copie di atti complessi nell'espletamento della loro funzione, evidenziava le difficoltà in cui versava l'Amministrazione a causa della carenza di idonea strumentazione e dell'aggravio dei costi da sostenere per soddisfare le richieste degli interessati. Conseguentemente, acquisiti i pareri del caso e sulla base delle pronunce giurisprudenziali in materia, il Consiglio comunale ha ritenuto di contemperare i diritti dei consiglieri con il dovere di economicità della P.A., prevedendo modalità alternative di estrazione rispetto a quelle usuali, affinché l'accesso non risultasse eccessivamente gravoso e non intralciasse lo svolgimento dell'attività amministrativa ed il regolare funzionamento degli uffici. Peraltro, in senso contrario a quanto sostenuto dall'appellante, l'organo deliberante ha correttamente considerato la natura e la rilevanza del diritto dei consiglieri comunali di accesso agli atti, riconoscendo che la funzione loro attribuita dal legislatore è quella di controllo politico-amministrativo sull'ente, nell'interesse della collettività, e riservando, quindi, la massima ampiezza al diritto d'accesso dei consiglieri comunali a tutti i documenti adottati dall'ente, in virtù del mandato loro affidato dal corpo elettorale. Non risponde, perciò, al vero che l'Amministrazione abbia ricondotto ad una prospettiva "individuale" l'interesse del consigliere comunale ad esercitare il diritto di accesso nell'espletamento del suo mandato, ma risulta, invece, più aderente all'oggettiva realtà dei fatti constatare che, ferma restando la natura di diritto soggettivo pubblico funzionalizzato del diritto in questione, si è ravvisata la necessità di pervenire ad un giusto bilanciamento degli interessi in gioco, stante la scarsità delle risorse disponibili e la possibilità 70 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 di ovviare con altri mezzi alle difficoltà che erano venute a determinarsi. Se, infatti, non appare revocabile in dubbio che -ai sensi dell'art. 43, comma 2° del D.Lgs. n. 267/2000- la funzione esercitata dal consigliere comunale (e provinciale) esige che al medesimo vengano fornite tutte le notizie e le informazioni utili all'espletamento del suo mandato, in guisa che notevolmente più ampio è il contenuto del suo diritto di accesso rispetto a quello riconosciuto alla generalità dei cittadini a norma degli artt. 22 e seguenti della legge n. 241 del 1990, occorre però considerare che il soddisfacimento di tale diritto non può essere esclusivo, completo ed incondizionato e trarre origine da richieste generiche ed indiscriminate, in disparte quelle emulative, sol perchè è volto a consentire l'ottimale esercizio di una pubblica funzione; ma soggiace alle limitazioni che derivano dalla molteplicità dei servizi che il Comune deve assicurare ai cittadini amministrati, nel rispetto degli impegni di contenimento della finanza pubblica e di progressiva razionalizzazione delle spese generali di gestione dell'ente. Non si nega, invero, che al consigliere comunale non possa essere opposto alcun diniego, salvo casi eccezionali e contingenti, determinandosi altrimenti un illegittimo ostacolo al concreto esercizio della sua funzione, che è quella di verificare che il sindaco e la giunta municipale esercitino correttamente la loro funzione (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 21 agosto 2006, n. 4855). Ciò che preme, tuttavia, rilevare è che il carattere strumentale dell'informazione resa al consigliere comunale, rispetto al compito ascritto al supremo organo di governo dell'ente locale cui l'interessato appartiene, di esercitare il generale potere di indirizzo e di controllo politico-amministrativo sull'ente medesimo (cfr. Cons, Stato, Sez. V, 2 settembre 2005, n. 4471), non può prescindere dall'esigenza di garantire che l'esercizio di tale diritto, fatta salva la facoltà del consigliere di prendere visione di tutti gli atti utili all'espletamento del mandato, avvenga in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici comunali, sia dal punto di vista organizzativo che economico (cfr. Corte dei Conti, Sez. controllo Liguria, n. 1 del 12/3/2004), anche se le amministrazioni pubbliche sono tenute (tendenzialmente) a dotarsi di tutti i mezzi (personale, strumentazioni tecniche, materiali vari) necessari all'assolvimento dei loro compiti. Essendo, dunque, divenuti praticamente insostenibili i costi di foto-riproduzione di taluni documenti particolarmente complessi e voluminosi, come quelli esemplificati nelle premesse della delibera n. 29/2006 e nello stesso testo regolamentare aggiunto all'art. 18, era inevitabile che il Comune di Fossò facesse ricorso, peraltro legittimamente, a modalità alternative quale quella consistente nella riproduzione delle planimetrie su CD-rom in formato PDF non modificabile, secondo il parere espresso dallo Sportello delle Autonomie della Direzione Centrale per le Autonomie, appartenente al Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali del Ministero dell'Interno, nella sua lettera di risposta, in data 12 maggio 2006, ad un quesito formulato proprio in ordine all'accesso alla documentazione amministrativa dell'ente locale e, in particolare, alla fotoriproduzione di tavole di varianti urbanistiche e planimetrie di notevoli dimensioni non riproducibili con la normali strumentazioni a disposizione degli uffici comunali. Trattasi, in effetti, di una soluzione tecnica che, oltre a porsi in sintonia con i tempi attuali caratterizzati da un'elevata specializzazione tecnologica, soprattutto nel campo informatico, consente di contenere sensibilmente i costi di gestione dell'accesso, sia in termini strettamente economici che di concreto disimpegno di parte del personale dell'ente, prima verosimilmente utilizzato nell'estrazione di copie dei documenti per i consiglieri comunali. Né appare credibile che l'adozione della predetta modalità, affidata all'uso di supporti informatici, valga a trasferire indebitamente, sui consiglieri comunali, costi di gestione del diritto di accesso che, invece, attengono all'esercizio della funzione pubblica e non all'interesse individuale dei consiglieri medesimi. Al riguardo, va innanzi tutto condiviso l'avviso espresso dalla Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi, secondo cui il generale principio di economicità, al quale deve ispirare la propria attività la P.A., riguarda non solo gli uffici tenuti a provvedere, ma anche i soggetti che richiedono prestazioni amministrative i quali, specie se appartenenti alla stessa amministrazione devono, in clima di 71 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 leale cooperazione, moderare le loro richieste (cfr. parere del 10/12/2002, reso al Comune di Rocca di Papa). Va, poi, sottolineato che il giudice di prime cure ha affrontato diffusamente la questione posta dal sig. Compagno con la doglianza relativa alla paventata traslazione nei suoi confronti degli oneri economici che, a suo dire, sarebbero comunque connessi alla contestata modalità. In proposito, occorre intanto dire che l'art. 18, comma 3 bis del regolamento comunale per l'accesso agli atti del Comune di Fossò, contempla modalità alternative, quali il ricorso allo strumento informatico del CD-rom in formato PDF non modificabile, limitatamente a casi ben delineati anche se indicati a solo titolo esemplificativo, come quello della richiesta di copie delle tavole di un piano regolatore generale la cui foto-riproduzione comporti un costo elevato. Pertanto, solo in ipotesi molto particolari e con valutazione caso per caso, può verificarsi l'eventualità che gli atti richiesti vengano riprodotti su CD-rom. In secondo luogo, si osserva che, fermo restando il diritto dei consiglieri comunali di prendere visione dei documenti che siano ritenuti necessari per l'esercizio della funzione pubblica di cui gli stessi sono titolari, la censurata norma non reca alcun obbligo per gli interessati di tradurre su supporto cartaceo il contenuto dei CD-rom che siano loro eventualmente consegnati. Ad ogni modo, appare dirimente la constatazione che il diritto di cui all'art. 43 del T.U.E.L. è destinato a subire delle limitazioni, allorché evidenti esigenze di funzionalità amministrativa inducano l'ente a provvedere prioritariamente, nel rispetto del principio di economicità e del patto di stabilità interno, alla realizzazione dei servizi pubblici essenziali per la collettività. Comunque, così come correttamente operato dal primo giudice, la doglianza del consigliere Compagno non può che essere esaminata alla luce della sua posizione individuale, giacché solo con diretto riferimento alle condizioni personali in cui versa il ricorrente nel momento in cui agisce in giudizio, anziché in un'improbabile prospettiva generalizzata, è consentito valutare la rilevanza dell'interesse dell'istante nella sua immediatezza, concretezza ed attualità. Orbene, proprio in tale ottica il primo decidente ha esattamente rilevato che non è decisiva, al riguardo, la circostanza, emersa in sede di discussione assembleare, secondo cui il Compagno dispone del personal computer domestico del proprio figlio, bensì il fatto che la forza politica della quale fa parte, la "Lista Solidarietà Fossò-Sandon", utilizza normalmente il sistema informatico per i suoi rapporti epistolari. Pertanto, poiché "la comunicazione politica e la conseguente ricerca di consenso presso la pubblica opinione e, soprattutto, presso il corpo elettorale si fonda attualmente sulla diffusa utilizzazione dell'informatica e dei conseguenti strumenti che quest'ultima rende a sua volta disponibili", la "stessa,complessiva posizione politica" dell'appellante, riguardata alla stregua della "documentata esistenza di corrispondenza della propria formazione politica di riferimento redatta su supporto informatico consente, quindi, di presumere nella specie che il medesimo ricorrente in realtà disponga di tutti i mezzi per poter convenientemente adeguarsi, senza aggravi di sorta, alla nuova disciplina di accesso alla documentazione amministrativa posta in essere per i consiglieri comunali di Fossò." (cfr. sent. imp., pagg. 27-28). Le riportate argomentazioni, che il Collegio condivide, forniscono un adeguato riscontro anche al secondo motivo di appello, che riproduce quello dedotto in primo grado circa l'esenzione dei consiglieri comunali dal pagamento dei costi di produzione, nonché di qualsiasi altro diritto (art. 18, comma 3, regolam. cit.). In effetti, contrariamente all'assunto dell'appellante, la prima sezione del T.A.R. per il Veneto si è indirettamente, ma esaurientemente pronunciata proprio con riferimento alla posizione personale del sig. Compagno, rilevando che i costi che l'interessato ritiene traslati a suo carico, in realtà sono stati già affrontati "dalla sua formazione politica, agli effetti dell'acquisizione di quegli stessi supporti informatici che gli hanno fornito -e gli forniscono- un supporto non indifferente per l'acquisizione del consenso da parte del proprio elettorato." (cfr. sent. imp., pag. 28). Da ultimo, va disattesa, perché chiaramente pretestuosa, anche la censura di genericità della contestata disposizione, giacché possono 72 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 ovviare alla lamentata imprecisione dei concetti, non solo la competenza e la professionalità del Segretario comunale, ma anche il comune buon senso e le valutazioni che, volta per volta, gli uffici saranno discrezionalmente chiamati ad effettuare, avendo sempre di mira l'obiettivo di ottemperare puntualmente, come per legge, alle richieste documentali dei consiglieri comunali. In conclusione, l'appello va respinto, perché destituito di fondamento giuridico. Quanto alle spese di lite, si ritiene che le stesse possano essere integralmente compensate fra le parti del giudizio. P. Q. M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione V, respinge il presente atto d'appello e dispone l'integrale compensazione delle spese di lite fra le parti del giudizio. Consigliere comunale - Diritto incondizionato all’accesso T.A.R. Catanzaro Calabria sez. II Data: 13 novembre 2007 Numero: n. 1750 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE REGIONALE PER Catanzaro - AMMINISTRATIVO LA CALABRIA - Sezione seconda composto dai signori magistrati: Dr. Guido ROMANO - Presidente Dr. Giuseppe CHINÉ - Giudice rel. Dr. Carlo DELL'OLIO - Giudice ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso n. 948/2007, proposto da P. A., T. F., tutti rappresentati e difesi dall'avv. Paolino Rizzuti, selettivamente domiciliato in Catanzaro, v. G. Jannoni, presso lo studio dell'avv. Daniela Dante, CONTRO il Comune di Praia a Mare, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Oreste Morcavallo, domiciliato, in assenza di domicilio eletto in Catanzaro, presso la Segreteria del T.A.R., avverso il diniego di accesso a documenti amministrativi opposto ai ricorrenti dal Sindaco di Praia a Mare con nota del 5.09.2007, prot. 14664. Visto il ricorso con i relativi allegati; Vista la memoria di costituzione dell'Amministrazione intimata, con i relativi allegati; Visti gli atti tutti della causa; Designato relatore, alla camera di consiglio dell'8 novembre 2007, il dr. Giuseppe Chiné; Uditi gli avvocati delle parti costituite come da relativo verbale; Ritenuto che i ricorrenti, nella qualità di consiglieri comunali del Comune di Praia a Mare appartenenti al medesimo gruppo consiliare di minoranza denominato "Praia Città d'Europa", si dolgono del diniego opposto dall'Amministrazione, con la nota sindacale oggetto di gravame, sull'istanza di accesso, formulata con la nota dell'8.08.2007, concernente la presa visione "delle pratiche amministrative riferite ad ogni singola autorizzazione delle attività di stabilimento balneare - stagione estiva 2007"; Rilevato che, con la nota sindacale impugnata, il diniego di accesso è stato motivato con riferimento ad una presunta genericità dell'istanza proposta dai ricorrenti, tenuto anche conto della disciplina contenuta negli artt. 5, comma 4 e 11, comma 4, del regolamento comunale per la disciplina del diritto di accesso approvato con delibera di Giunta comunale n. 39 del 28.12.2000; Rilevato, peraltro, che si appalesa infondata l'eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dal difensore dell'Amministrazione, in quanto i ricorrenti, con l'atto di gravame, chiedono al Tribunale di "ordinare al Comune di Praia a Mare la esibizione di quanto risulta oggetto di accesso" (pag. 9), univocamente richiamando il contenuto dell'istanza dell'8.08.2007; FATTO E DIRITTO 73 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Considerato che: - per indirizzo giurisprudenziale consolidato, pienamente condiviso dal Collegio, l'art. 43, comma 2, del d. lgv. n. 267/2000 attribuisce al consigliere comunale un "non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d'utilità all'espletamento del loro mandato, ciò anche al fine di permettere di valutare - con piena cognizione - la correttezza e l'efficacia dell'operato dell'Amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio, e per promuovere, anche nell'ambito del Consiglio stesso, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale", di talché "a differenza dei soggetti privati, il consigliere non è tenuto a motivare la richiesta, né l'Ente ha titolo per sindacare il rapporto tra la richiesta di accesso e l'esercizio del mandato, altrimenti gli organi dell'amministrazione sarebbero arbitri di stabilire essi stessi l'ambito del controllo sul proprio operato" (C.d.S., sez. V, 20 ottobre 2005, n. 5879); - la prescelta lettura della norma legislativa sopra richiamata non esclude, tuttavia, che il diritto di accesso del consigliere comunale sia soggetto al rispetto di alcune forme e modalità: "oltre alla necessità che l'interessato alleghi la sua qualità, permane l'esigenza che le istanze siano comunque formulate in maniera specifica e dettagliata, recando l'esatta indicazione degli estremi identificativi degli atti e dei documenti o, qualora siano ignoti tali estremi, almeno degli elementi che consentano l'individuazione dell'oggetto dell'accesso" (C.d.S., sez. V, 2 settembre 2005, n. 4471); Considerato, ancora, che l'istanza di accesso nella specie proposta dai ricorrenti presenta un oggetto specifico e determinato, concernente la mera presa visione "delle pratiche amministrative riferite ad ogni singola autorizzazione delle attività di stabilimento balneare - stagione estiva 2007"; Evidenziato che non assume alcun rilievo nella presente controversia la disciplina contenuta negli artt. 5, comma 4 e 11, comma 4, del regolamento comunale, trattandosi di norme dedicate al diritto di accesso di soggetti diversi dai consiglieri comunali, ai quali ultimi è dedicata la disciplina speciale di cui all'art. 43, comma 2, del d. lgv. n. 267/2000; Ritenuta, pertanto, la fondatezza del proposto gravame, in quanto l'Amministrazione, con la nota impugnata, ha illegittimamente negato l'accesso ai documenti amministrativi richiesto dai ricorrenti, da cui consegue l'annullamento della medesima nota e l'ordine al Comune di Praia a Mare di concedere ai ricorrenti l'accesso, nella forma della mera visione, alle pratiche amministrative riferite ad ogni singola autorizzazione delle attività di stabilimento balneare - stagione estiva 2007, nei termini meglio precisati in dispositivo; Considerato che, per la natura delle questioni esaminate, sussistono comunque giusti motivi per compensare spese, diritti ed onorari di giudizio; P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria - Catanzaro - Sez. II - accoglie il ricorso in epigrafe e, per l'effetto: a) annulla la nota sindacale impugnata; b) ordina al Comune di Praia a Mare di concedere ai ricorrenti, entro trenta giorni dalla notificazione della presente decisione, l'accesso, nella forma della mera visione, alle pratiche amministrative riferite ad ogni singola autorizzazione delle attività di stabilimento balneare - stagione estiva 2007. Compensa spese, diritti ed onorari di giudizio. Consigliere comunale Non grava sul consigliere l’onere di motivare le proprie richieste di accesso Consiglio Stato sez. V Data: 22 febbraio 2007 Numero: n. 929 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE Sezione Quinta ha pronunciato la seguente DECISIONE sul ricorso n. 5429 del 2006, proposto dal signor Giovanni De Paoli, rappresentato e difeso dall'avv. Federico Sorrentino e dall'avv. Daniele Granara, elettivamente domiciliato 74 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 presso il primo in Roma, Lungotevere delle Navi 30; contro il Comune di Varese Ligure, rappresentato e difeso dall'avv. Luig Cocchi e dall'avv. Gabriele Pafundi, elettivamente domiciliato presso il secondo in Roma, viale Giulio Cesare 14; e nei confronti del signor Davide Merciari, non costituito in giudizio; per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria, 22 maggio 2006 n. 474, resa tra le parti. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune appellato; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore alla pubblica udienza del 17 ottobre 2006 il consigliere Marzio Branca, e uditi gli avvocati Federico Sorrentino e Gabriele Pafundi. Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. FATTO Il signor Giovanni De Paoli, consigliere comunale in Varese Ligure, con istanze in data 29 dicembre 2005, 30 gennaio e 28 gennaio 2006, ha chiesto l'accesso a documenti in possesso del predetto Comune. Con nota in data 11 febbraio 2006 il Segretario comunale ha invitato il richiedente a prendere visione degli atti presso gli uffici ed ha richiederne copia solo in quanto strettamente indispensabile. Il sig. De Paoli ha proposto ricorso al TAR Liguria per l'annullamento della detta nota e per l'accertamento del diritto all'accesso a norma dell'art. 25 e seguenti della legge n. 241 del 1990. Dopo la notificazione del ricorso il Comune ha parzialmente accolto le richieste del ricorrente, e il TAR ha dichiarato il ricorso in parte improcedibile ed in parte infondato, ritenendo legittimo che l'accesso ai documenti da parte del consigliere comunale sia subordinato ad adempimenti di carattere formale. Il sig. De Paoli ha proposto appello chiedendo la riforma delle sentenza e l'accertamento del diritto all'accesso agli atti non ancora rilasciati. Il Comune di Varese Ligure si è costituito in giudizio ed ha depositato memoria per resistere al gravame Alla pubblica udienza del 17 ottobre 2006 la causa è stata trattenuta in decisione. DIRITTO La sentenza viene contestata in primo luogo con riguardo alla proposizione con la quale si è ritenuto legittimo il diniego di accesso ai documenti del Comune, opposto al consigliere comunale ricorrente, perché le richieste erano state indirizzate al sindaco anziché al segretario comunale, come previsto dall'art. 26 del Regolamento del consiglio comunale. L'appellante ha dedotto che l'inosservanza di una norma regolamentare di carattere meramente organizzatorio non può impedire l'esercizio del diritto sancito dall'art. 42, comma 3, del d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267, sia perché il Sindaco è il rappresentante legale dell'Ente, sia perché le richieste avanzate dal ricorrente sono comunque pervenute all'organo competente ad evaderle. Il motivo è fondato. In disparte la circostanza, sottolineata dall'appellante, che, a norma dell'art. 26 del Regolamento consiliare, le richieste non debbono essere indirizzate al segretario comunale, ma vanno presentate "presso la Segreteria Comunale", la norma in questione non può aver altro significato che quello di indicare l'ufficio cui le richieste di accesso vanno presentate al fine di garantirne la sicura e sollecita trattazione. La tesi che la richiesta di accesso ad atti del Comune debba essere indirizzata al segretario comunale a pena di inammissibilità sembra andare ben al di là di ogni più fantasiosa interpretazione. E va detto, ad onor del vero, che nella nota impugnata una simile tesi viene neppure adombrata. Il secondo ordine di censure concerne le proposizioni con le quali la sentenza appellata ha affermato la legittimità della norma del regolamento che impone al consigliere comunale di indicare le finalità per le quali richiede l'accesso agli atti del Comune. L'appellante ha osservato che il diritto di accesso non può subire compressioni per 75 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 pretese esigenze di natura burocratica, perché ne risulterebbe ostacolato l'esercizio del mandato istituzionale. La censura è fondata. La giurisprudenza amministrativa ha avuto occasione di affermare, con recenti e puntuali decisioni (Cons. St. Sez. V, 9 dicembre 2004, n. 7900; 2 settembre 2005 n. 4471), che il diritto di accesso del consigliere comunale agli atti del Comune assume un connotato tutto particolare, in quanto finalizzato "al pieno ed effettivo svolgimento delle funzioni assegnate al Consiglio comunale". Ne consegue che "Sul consigliere comunale, pertanto, non grava, né può gravare, alcun onere di motivare le proprie richieste d'informazione, né gli uffici comunali hanno titolo a richiederle ed conoscerle ancorché l'esercizio del diritto in questione si diriga verso atti e documenti relativi a procedimenti ormai conclusi o risalenti ad epoche remote. Diversamente opinando, infatti, la struttura burocratica comunale, da oggetto del controllo riservato al Consiglio, si ergerebbe paradossalmente ad "arbitro" - per di più, senza alcuna investitura democratica - delle forme di esercizio della potestà pubbliche proprie dell'organo deputato all'individuazione ed al miglior perseguimento dei fini della collettività civica. L'esistenza e l'«attualità» dell'interesse che sostanzia la speciale actio ad exhibendum devono quindi ritenersi presunte juris et de jure dalla legge, in ragione della natura politica e dei fini generali connessi allo svolgimento del mandato affidato dai cittadini elettori ai componenti del Consiglio comunale." (sent. n. 4471/05). Da tale orientamento il Collegio non ha motivo di discostarsi, e pertanto l'appello merita accoglimento. L'accoglimento dell'appello conduce alla riforma della sentenza impugnata anche con riguardo alla statuizione sulle spese, le quali, in ragione della soccombenza del Comune, vanno poste a carico del medesimo per entrambi i gradi del giudizio, nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l'appello in epigrafe, e per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, a norma dell'art. 25 comma 6 della l. n. 241 del 1990 ordina al Segretario del Comune di Varese Ligure l'esibizione dei documenti richiesti dall'appellante e il rilascio delle relative copie; condanna il Comune al pagamento in favore del consigliere Giovanni De Paoli delle spese di entrambi i gradi di giudizio, e ne liquida l'importo in Euro 5.000,00; ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa. GARA: Carenza di interesse all’accesso ad atti di gara nell’ambito di una indagine sull’impatto ambientale di un’ opera T.A.R. Pescara Abruzzo sez. I Data: 11 aprile 2007 n. 450 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER L'ABRUZZO Sezione staccata di Pescara composto dai magistrati: - Antonio CATONI presidente - Michele ELIANTONIO consigliere - Dino NAZZARO consigliere relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA Nei giudizi proposti con ric. n. 76 del 2007 da D'INTINO Giovanni, costituito con gli avv. Corrado DEL PESCHIO LIBERATORE e Salvatore MANCUSO, come in ricorso CONTRO LA GESTIONE TRASPORTI METROPOLITANI Spa, (G.T.M.) quale rappresentata, in giudizio con l'avv. Tommaso MARCHESE, come in atti; BEATTY BALFOUR RAIL Spa, in quanto anche soggetto capofila dell'A.T.I. aggiudicataria della gara d'appalto; PER L'ESIBIZIONE ED IL RILASCIO, in virtù del DIRITTO D'ACCESSO dei documenti richiesti con relativa istanza: a) capitolato d'appalto, b) bando di gara, c) determinazione a contrarre, d) verbali di gara, quali atti della gara d'appalto per la realizzazione 76 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 dell'impianto TPL elettrificato a tecnologia innovativa tra i comuni di Pescara e Montesilvano; in uno all'annullamento del provvedimento di rigetto del 23.1.2007 prot. n. 437/P.F.; visto il ricorso, la costituzione con memoria della GTM, gli atti di giudizio ed i documenti depositati; udito alla c.c. del 22 marzo 2007 il consigliere Dino NAZZARO e gli avv. S. MANCUSO e T. MARCHESE; visto le conclusioni rassegnate in atti; ritenuta la causa per la decisione e considerato, quanto segue, in FATTO e DIRITTO - il ricorrente, abita in Pescara, in prossimità della cd. Strada - parco (via Castellammare) ed ha esercitato il diritto d'accesso per gli atti specificati in epigrafe, intendendo tutelararsi dall'inquinamento ambientale ed elettromagnetico, nonché dalla possibile svalorizzazione della sua proprietà posta in zona; - la GTM ha concesso l'accesso allo studio di fattibilità dell'opera, precisando che il progetto esecutivo, non era ancora elaborato, e negato l'accesso agli altri atti di gara. IL diniego è ritenuto illegittimo in relazione agli artt. 22 e ss. della L. n. 241/1990 (partecipazione), artt. 3 e 5 del D.Lgs. n. 195/19.8.2005 (informazioni ambientali) ed art. 24 cost., nonché per eccesso di potere (difetto di motivazione). "Ex adverso" si oppone come gli atti richiesti non abbiano alcuna diretta attinenza con l'interesse del ricorrente, che non avrebbe una posizione differenziata in relazione agli atti di gara. - in via preliminare, va osservato come la richiesta di annullamento dell'atto di diniego risulta inammissibile in relazione alla tipicità del giudizio di accesso, teso, previa declaratoria, ad ottenere un adempimento positivo da parte della P.A. (cd. democrazia amministrativa); il gravame va, pertanto, circoscritto nei limiti di legge (artt. 22 ss. L. n. 241/90 nel testo vigente). Nella fattispecie viene esercitato il diritto all'informazione ambientale (art. 2 L. n. 195/2005) che investe qualsiasi informazione circa lo stato dell'ambiente (aria, suolo, territorio, siti naturali ecc.), nonché i fattori (sostanze, energia, rumore, radiazioni, emissioni ecc.) che possono incidere sull'ambiente. Nel caso in esame, quindi, quel che è essenziale è lo studio di fattibilità dell'opera, per il quale l'accesso è stato consentito, ed il progetto esecutivo, non ancora elaborato; gli altri atti (capitolato di gara, il bando e verbali) attengono al momento procedimentale - contrattuale di aggiudicazione dell'appalto, che non possono essere ricompresi nell'ambito dell'informazione ambientale. Il ricorrente, inoltre, in quanto soggetto completamente estraneo alla gara pubblica, non ha alcun interesse diretto, concreto ed attuale nei confronti della stessa (art. 22 L. 241/1990); in effetti, l'accesso al piano dell'opera, quale progettata ed esecutiva, soddisfa in pieno il diritto di conoscenza del ricorrente, cittadino residente in zona, in merito all'intervento previsto (trasporto urbano innovativo) sulla strada - parco e consente la valutazione della sua incidenza sulla salubrità ambientale e personale, oltre che in merito alla tutela dei suoi diritti patrimoniali, nel pieno rispetto dell'art. 24 della costituzione. In base a quanto esposto, il provvedimento di diniego, per gli atti specificati, è sufficientemente motivato, ponendo una distinzione tra il valore dei vari atti richiesti, al di là di ogni aspetto infraprocedimentale. Il ricorso va respinto e le spese seguono la soccombenza, come per legge. P.Q.M. Il Tribunale amministrativo per l'Abruzzo, sezione staccata di Pescara, - respinge il ricorso in epigrafe; - condanna D'Intino Giovanni al pagamento, in favore della convenuta costituita G.T.M., delle spese di causa (onorari di avvocato, diritti di procuratori e spese vive) che si liquidano in complessivi 2000. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del 22 marzo 2007. DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 11 APR. 2007. Accesso agli atti non coperti da segreto industriale 77 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 T.A.R. Bari Puglia sez. I Data: 06 giugno 2007 Numero: n. 1473 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA PUGLIA Sede di Bari - Sezione Prima ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso n. 319 del 2007, proposto dal "Consorzio italiano cooperative lavoratori ausiliari del traffico soc. coop. (Ciclat)", con sede in Bologna, via della Villa, 17-19, in persona del legale rappresentante in carica, in proprio e quale capogruppo mandatario della costituita associazione temporanea d'imprese con mandanti "Consorzio nazionale servizi soc. coop. (Cns)", "Manital a.c.p.a.", "Consorzio Miles", rappresentato e difeso dagli avvocati Lorenzo Marco Agnoli e Riccardo Maria Riccardi, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo, in Bari, piazza Umberto I, n. 32; contro l'Ufficio scolastico regionale per la Puglia, in persona del Direttore in carica, ed il Ministero della Pubblica Istruzione, in persona del Ministro in carica, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, presso i cui uffici, in Bari, via Melo, n. 97, domiciliano ex lege; e nei confronti di - "Dussmann Service s.r.l." (già "Pedus Service s.rl. P. Dussmann s.r.l."), con sede in Trento, frazione Ravina, via Stella n. 11, in persona del legale rappresentante in carica, in proprio e nella qualità di capogruppo mandataria dell'a.t.i. con "Miorelli Service s.p.a." , non costituita in giudizio; - "Miorelli Service s.p.a", con sede in Mori (Tn), via Giacomo Matteotti, n. 21, in persona del legale rappresentante in carica, inproprio e nella qualità di mandante dell'a.t.i. con "Dussmann Service s.r.l.", non costituita in giudizio; per l'accesso ai sensi dell'art. 25, comma 5°, della legge 7.8.1990 n. 241, nella forma del rilascio o deposito di copia di tutta la documentazioneinerente l'offerta economica dell'a.t.i. "Dussmann Service s.r.l. "Miorelli Service s.p.a.". Visto il ricorso con i relativi allegati; Viste le memorie prodotte delle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore, alla camera di consiglio del 4 aprile 2007, il consigliere Concetta Anastasi e uditi gli avvocati presenti, come da verbale di udienza; Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue: FATTO Con atto notificato in data 5 marzo 2007 e depositato in data 15 marzo 2007, l'impresa ricorrente premetteva di aver partecipato alla gara, indetta con bando pubblicato sulla G.U.C.E. dell'11.5.2006 dall'Amministrazione scolastica intimata, per l'affidamento del servizio di pulizia e di altre attività ausiliarie presso gli istituti scolastici della Regione Puglia, finalizzata alla stipula di un accordoquadro (o "contratto normativo"), costituente il presupposto per la conclusione di singoli accordi con gli istituti scolastici (o "contratti attuativi"), per una durata triennale e per un valore stimato di . 59.206.725, oltre I.V.A., secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell'art. 23 del Decreto Legislativo 17.3.1995 n. 157 e del D.P.C.M. 13.3.1999 n. 117, mediante l'attribuzione di punteggi ripartiti per l'offerta economica e per l'offerta tecnica. Precisava, che, all'esito della procedura, rimanevano validamente in gara soltanto l'a.t.i. ricorrente e l'a.t.i. controinteressata, la quale presentava un'offerta economica caratterizzata da forti ribassi, tanto da essere assoggettata, con il verbale n. 30 del 21.12.2006, al subprocedimento di verifica dell'anomalia, nell'ambito del quale, l'a.t.i. controinteressata, con nota del 27.1.2006, rendeva le proprie giustificazioni, che venivano, infine, ritenute condivisibili dalla commissione di gara, nella seduta del 29.12.2006 (verbale n. 32), nella quale veniva collocata al primo posto della graduatoria. Parte ricorrente esponeva che, con nota del 28.12.2006, aveva rilevato l'incongruità dei 78 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 calcoli relativi all'offerta economica della controinteressata, contestualmente presentando istanza intesa ad ottenere l'accesso a tutta la documentazione presentata dalla ricorrente per la partecipazione alla gara. Lamentava che, poiché, successivamente, la commissione di gara, con verbale del giorno 11.1.2007, riconfermava l'aggiudicazione in favore della controinteressata, si vedeva costretta a proporre l'odierno ricorso, deducendo una serie di censure avverso gli atti di gara, con cui chiedeva l'annullamento dell'aggiudicazione nonché il risarcimento dei danni. Con il presente ricorso, chiedeva altresì il previo riconoscimento dell'obbligo dell'Amministrazione di consentire l'accesso a tutti gli atti presentati dall'a.t.i. aggiudicataria ai fini della partecipazione alla gara, non essendo stata integralmente esitata la propria istanza di accesso del 28.12.2006. Precisava, in particolare, che l'Amministrazione, dopo aver dato comunicazione alla controinteressata con nota prot. 76 dell'8.1.2007 della pendenza dell'istanza di accesso ed avendone altresì acquisito il riscontro con nota del 22.1.2007, rispondeva che "potrà prendere visione della documentazione di interesse nei limiti specificati dalla ditta Pedus (oggi Dussmann) nella lettera del 22.1.2007", così, ad avviso dell'esponente, realizzando un inammissibile rinvio "per relationem" agli atti di un privato, inteso altresì ad impedire un'effettiva e piena conoscenza della documentazione. Con atto formale depositato in data 29.3.2007, si costituiva la difesa erariale per l'Amministrazione intimata e contestualmente depositava copia dei seguenti atti: 1) bando e disciplinare di gara; 2) copia dell'offerta economica e relazione tecnica di pagg. 99 e allegati; 3) offerta economica della "Ciclat"; 4) offerta economica del "Consorzio Ageco"; 5) verbali della commissione di gara dal n. 1 al n. 32, quest'ultimo inerente l'aggiudicazione provvisoria; 6) richieste di chiarimenti di tutte le ditte partecipanti alla gara e relative risposte; 7) comunicazione di aggiudicazione provvisoria alla controinteressata nonché comunicazione di esclusione dalla gara al "Consorzio AGECO"; 8) istanza di accesso del "Consorzio CICLAT" del 4.1.2007; 9) comunicazione alla controinteressata di cui alla nota prot. 76 dell'8.1.2007 e riscontro della medesima di cui alla nota prot. 76 del 22.1.2007; 10) comunicazione dell'Amministrazione al "Consorzio CICLAT" del 22.1.2007; 11) dichiarazioni di avvenuto accesso, da parte del "Consorzio CICLAT", rispettivamente, del 24.1.2007 e del 2.2.2007. All'odierna camera di consiglio, la difesa di parte ricorrente dichiarava che, nella specie, permaneva ancora l'interesse alla decisione sull'istanza di accesso ai documenti, non avendo l'Amministrazione prodotto le dichiarazioni, rese dall'aggiudicataria ai fini della partecipazione alla gara, in ordine al possesso dei requisiti. Alla camera di consiglio del 4.4.2007, il ricorso passava in decisione quanto alla domanda suddetta. DIRITTO Il Collegio è chiamato a pronunciarsi sull'istanza di accesso informativo, avanzata in seno al ricorso in epigrafe dalla società istante, non utilmente graduata ai fini dell'aggiudicazione nella gara di evidenza pubblica di cui si impugnano gli atti. Dopo una parziale soddisfazione da parte dell'Amministrazione resistente, il residuo interesse della ricorrente riguarda le dichiarazioni rese dell'aggiudicataria ai fini della partecipazione alla gara in relazione al possesso dei requisiti previsti dal bando. Dette dichiarazioni costituiscono atti certamente rilevanti ai fini dell'esercizio del diritto di difesa della parte ricorrente, senza che il generico diritto alla riservatezza dei terzi possa costituire un ostacolo invalicabile all'esercizio del suo diritto di accesso ai documenti amministrativi (Cons. Stato: Ad. Plen. n. 5 del 4 febbraio 1997; IV Sez. 24 marzo 1998, n. 498; V Sez. 22 giugno 1998, n. 923). Ritiene, infatti, il Collegio, al riguardo, che siffatta situazione giuridica ostativa all'accesso, la quale dovrebbe essere a valenza specifica e normativamente qualificata alla protezione di particolari beni della vita tutelati da altre norme (che, nella specie, potrebbero essere il segreto industriale o la scoperta scientifica), non appare 79 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 rinvenibile in capo alla società aggiudicataria dell'appalto in questione. Ed infatti, l'art. 5, comma 1, lett. b), del D.M. 29 ottobre 1996, n. 603, nel dare attuazione al disposto dell'art. 8, comma 5, del D.P.R. 27 giugno 1992, n. 352, contenente il regolamento di esecuzione della legge n. 241/90, individua, fra le diverse categorie dei documenti da considerarsi inaccessibili per motivi di riservatezza, ma soggetti a visione se necessario per la cura e la tutela di interessi giuridici, quelli contenenti progetti tecnici o studi presentati da concorrenti nelle procedure di acquisizione di beni e servizi (lettera b). Invero, la partecipazione ad una gara comporta anche che la documentazione presentata fuoriesca dalla sfera di dominio riservato dell'impresa per porsi sul piano della valutazione comparativa rispetto alle offerte presentate da altri concorrenti, con la conseguenza che la società non aggiudicataria ha interesse ad ottenere l'accesso a quegli atti necessari alle finalità di controllo dei requisiti soggettivi ed oggettivi contemplati nel bando di gara. Pertanto, nella specie non sussistono ostacoli concreti all'accesso alle chieste dichiarazioni mediante estrazione di copia, non trattandosi di atti attinenti al segreto industriale, alla scoperta scientifica od al "know how" aziendale, considerato altresì che già sono stati resi ostensibili mediante estrazione di copia anche atti attinenti a "dati sensibili" (vedasi dichiarazione carichi pendenti). Alla luce delle suesposte considerazioni, l'istanza va accolta nei limiti di cui sopra e, per l'effetto, va posto l'obbligo, in capo all'Amministrazione intimata, di consentire alla parte ricorrente l'estrazione di copia delle dichiarazioni relative al possesso dei requisiti soggettivi ed oggettivi, rese dall'aggiudicataria ai fini della partecipazione alla gara . Le spese sono riservate al definitivo. P.Q.M. il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Bari, Sezione Prima, accoglie nei limiti di cui in motivazione la domanda di accesso avanzata dalla ricorrente e, per l'effetto, pone l'obbligo, in capo all'Amministrazione, di consentire l'estrazione di copia delle dichiarazioni inerenti il possesso dei requisiti soggettivi ed oggettivi, rese dall'aggiudicataria ai fini della partecipazione alla gara. Spese riservate al definitivo. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Bari, nella camera di consiglio del 4 aprile 2007, con l'intervento dei Signori: Corrado Allegretta - Presidente Concetta Anastasi - Componente, Est. Raffaele Greco - Componente DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 06 GIU. 2007. Diniego dell’ accesso agli atti riguardanti procedimenti pendenti. N.6312/2007 Consiglio di Stato IN REPUBBLICA ITALIANA NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente DECISIONE sul ricorso in appello proposto da Cangiano Vincenzo e Cangiano Stefano, rappresentati e difesi dagli avvocati Raffaele Mirigliani e Ferdinando Iazzetta, ed elettivamente domiciliati in Roma presso lo studio del primo, via Frezza n. 59, contro il Ministero dell'Interno, la Prefettura di Napoli - Ufficio Territoriale del Governo, il Ministero della Difesa e il Comando Provinciale dei Carabinieri di Napoli, non costituiti, per l'annullamento della sentenza n. 9841 del 2006 del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sez. V, resa inter partes. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti gli atti tutti della causa; Alla pubblica udienza del 16 ottobre 2007, relatore il Consigliere Giuseppe Romeo, nessuno è comparso. Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 80 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 1. Con la sentenza impugnata, il TAR Napoli ha respinto il ricorso degli istanti per la declaratoria del "diritto all'accesso, ai sensi dell'art. 25 della legge n. 241/1990 e dell'art. 4 del d. P.R. 27.6.1992, n. 382, della documentazione richiesta con formale istanza di accesso agli atti (con contestuale invito ad adempiere anche ai sensi dell'art. 16 della legge n. 86 del 26.4.1990, che ha novellato l'art. 328 del Codice penale, esponendo quantomeno le ragioni del ritardo nel termine di legge dei 30 gg.), presentata in relazione al procedimento amministrativo conseguente alla richiesta di risarcimento danni avanzata con nota del 5.12.2005, nonché per l'annullamento del silenzio rifiuto sulla domanda di accesso e la condanna degli enti intimati alla esibizione e al rilascio dei documenti richiesti. Il primo giudice, dopo avere richiamato l'esposizione "in fatto" del ricorso dell'istante, lo ha giudicato infondato, in quanto la domanda degli interessati non è rivolta alla visione e all'estrazione di copia di atti già formati, ma a "conseguire inammissibilmente il rilascio di informazioni sullo stato di un presunto procedimento che l'amministrazione avrebbe dovuto iniziare a seguito della (loro) domanda risarcitoria". 2. Appellano gli originari ricorrenti, chiedendo la riforma della sentenza impugnata, dal momento che la loro domanda non sarebbe né generica né indeterminata", ma riferita ad una "specifica pratica". 3. Il ricorso, erroneamente inserito nel ruolo di udienza del 16 ottobre 2007, è stato trattenuto in decisione, dopo che, alla Camera di Consiglio del 5 giugno 2007, è stata respinta la domanda cautelare di sospensione della sentenza impugnata, per mancanza dei presupposti. 4.- L'appello è infondato, giacché la domanda degli istanti, sebbene riferita ad una precisa "pratica" (relativa alla domanda di risarcimento danni a suo tempo avanzata), non specifica quali atti l'Amministrazione avrebbe compiuto e non reso ostensibili. La "pendenza del procedimento amministrativo", attivato con la richiesta di danni, non è sufficiente a giustificare la richiesta di accesso per la visione e la estrazione di atti che, allo stato, gli istanti omettono di indicare. Piuttosto bisogna convenire con il primo giudice sul fatto che gli interessati abbiano interesse più che alla visione di atti (non espressamente indicati, e di cui si ignora se siano stati perfezionati), alla sollecita definizione della loro domanda di risarcimento danni (si lamenta, infatti, la mancata definizione in termini del procedimento attivato), rispetto alla quale l'istanza di accesso è del tutto inconferente. L'appello va, pertanto, respinto. Nulla per le spese. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge l'appello in epigrafe. Nulla per le spese. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2007 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) nella Camera di Consiglio con l'intervento dei Signori: Gaetano Trotta Presidente Carmine Volpe Consigliere Giuseppe Romeo Consigliere est. Luciano Barra Caracciolo Consigliere Domenico Cafini Consigliere DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 07 DIC. 2007. Sospensione feriale Anche all’accesso agli atti si applicano le norme sulla sospensione feriale T.A.R. Milano Lombardia sez. IV 20 novembre 2007 N. 6380 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA MILANO SEZIONE IV nelle persone dei Signori: MAURIZIO NICOLOSI Presidente GIANLUCA BELLUCCI Primo Ref. GIOVANNI ZUCCHINI Ref., relatore ha pronunciato la seguente 81 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 SENTENZA Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 nella Camera di Consiglio del 06 Novembre 2007 Visto il ricorso ex art. 25 legge 241/1990 RG 2107/2007 proposto da: ACS DOBFAR SPA rappresentato e difeso da: PRATI LUCA con domicilio eletto in MILANO PIAZZA BERTARELLI,1 presso PRATI LUCA contro IDRA SRL rappresentata e difesa da: FAVALLI GIACINTO DI GIOIA ANGELO con domicilio eletto in MILANO VIA SAN BARNABA32 presso DI GIOIA ANGELO e nei confronti di COMUNE DI VIMERCATE non costituito in giudizio per l'annullamento, avverso il diniego all'accesso di cui alla comunicazione di Idra SRL del 27 agosto 2007 prot. N. 5251. Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso; Visto l'atto di costituzione in giudizio di: IDRA SRL Udito il relatore Ref. GIOVANNI ZUCCHINI e uditi i difensori presenti delle parti come da verbale; FATTO La società esponente (d'ora innanzi denominata anche "ACS"), operante nel settore farmaceutico, effettua i propri scarichi nella fognatura comunale di Vimercate. Il depuratore relativo a quest'ultima è gestito da Idra Srl, società a totale partecipazione pubblica (Comuni e Provincia di Milano). Di fronte ad una serie di contestazioni mosse nei confronti di ACS, oggetto anche di un'ordinanza comunale di chiusura dello scarico recapitante in pubblica fognatura, in quanto le immissioni in quest'ultima da parte della società avrebbero determinato addirittura il blocco dell'impianto di depurazione, la ricorrente presentava istanza di accesso agli atti ad Idra Srl, ai sensi della legge 241/1990 e del d.lgs. 195/2005 (sull'accesso del pubblico all'informazione in materia ambientale). Oggetto di tale istanza erano una serie di numerose informazioni attinenti essenzialmente alla gestione dell'impianto di depurazione ed agli scarichi di altri utenti domestici ed industriali convogliati a loro volta nel medesimo impianto. Con provvedimento del 27.8.2007, Idra accoglieva solo in parte la richiesta di accesso, ritenendola per la restante parte inammissibile. Contro tale provvedimento era proposto il presente gravame, lamentando la violazione sia del d.lgs. 195/2005 sia della legge 241/1990. Si costituiva in giudizio Idra Srl, chiedendo che il gravame fosse dichiarato tardivo, inammissibile e comunque infondato. All'udienza camerale del 6.11.2007, la causa era trattenuta in decisione. DIRITTO 1. Preliminarmente deve respingersi l'eccezione di tardività del ricorso, posto che, anche nello speciale rito di cui all'art. 25 della legge 241/1990 (applicabile anche in materia di accesso alle informazioni ambientali in virtù dell'espresso richiamo di cui all'art. 7 del d.lgs. 195/2005), risulta trovare applicazione la legge 742/1969 sulla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, avendo il termine di proposizione del ricorso senza dubbio natura processuale, mentre, per quanto riguarda il processo amministrativo, la sospensione feriale non trova applicazione solo nel procedimento di sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato (cfr. art. 5 legge 742/1969; sul rapporto fra legge 742/1969 ed il giudizio di cui all'art. 25 legge 241/1990, nel senso indicato dal Collegio, si veda Consiglio di Stato, sez. V, 27.9.2004, n. 6326). 2. Nel merito, il ricorso deve essere in parte respinto, per quanto riguarda quelle richieste, contenute nell'istanza dell'esponente del 2.7.2007, alle quali Idra ha dato positivo riscontro nella nota impugnata del 27.8.2007, invitando la ricorrente o ad accedere presso i propri uffici di Via Trieste a Vimercate, ovvero segnalando specificamente il sito internet, con la relativa pagina, nel quale poter accedere alle informazioni (si ricordi che, a norma dell'art. 3, comma 4°, del d.lgs. 195/2005, l'informazione ambientale può essere messa a disposizione in 82 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 varie forme, purché tutte facilmente accessibili per il richiedente). Al contrario, il ricorso è inammissibile con riguardo alla specifica informazione circa lavori di manutenzione commissionati non da Idra Srl, ma dalla propria controllante (e socio unico), Idra Patrimonio SpA, che è in ogni caso soggetto giuridico distinto da Idra e non ritualmente evocato nel presente giudizio, in violazione dell'obbligo, pacifico in giurisprudenza (v.si Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, n. 16/1999), che impone la rituale notificazione del ricorso ex art. 25 legge 241/1990 anche ai controinteressati, a pena di inammissibilità, tenuto conto che Idra Patrimonio, proprio in quanto soggetto giuridicamente distinto dalla resistente Idra, deve reputarsi, nella presente fattispecie, quale controinteressato. Di conseguenza, la declaratoria di rigetto ed inammissibilità riguarda le richieste di informazioni contraddistinte nell'atto impugnato del 27.8.2007 ai seguenti alinea (-): primo, quinto, settimo, nono, decimo (in parte), dodicesimo. 3. Per la restante parte, il ricorso merita accoglimento, giacché il diniego opposto risulta innanzi tutto in contrasto con le speciali previsioni di cui al d.lgs. 195/2005, di attuazione della direttiva 2003/4/CE sull'accesso alle informazioni in materia ambientale. Come noto, tale decreto, che ricalca il pregresso d.lgs. 39/1997, oggi abrogato, realizza una forma di pubblicità delle informazioni ambientali più ampio della generale disciplina della legge 241/1990 sull'accesso ai documenti amministrativi: in particolare, in deroga a quest'ultima legge, la normativa comunitaria consente l'accesso all'informazione a chiunque ne faccia richiesta, senza necessità di dichiarare il proprio interesse (art. 3, comma 1°, d.lgs. 195/2005), senza contare che il concetto stesso di <<informazione ambientale>> deve intendersi in senso lato, non limitato cioè soltanto agli specifici documenti amministrativi già formati, con conseguente necessità, per l'Amministrazione, di una eventuale attività di elaborazione di notizie in proprio possesso (Consiglio di Stato, sez. IV, 7.9.2004, n. 5795). Si aggiunga ancora che, nel caso di specie, l'esponente ha in ogni caso evidenziato il proprio interesse all'accesso, attesa la necessità di approntare al meglio le proprie difese a fronte delle contestazioni della violazione alla disciplina degli scarichi, mosse nei suoi riguardi. Di conseguenza, le richieste non posso neppure essere definite generiche, come vorrebbe Idra Srl, posto che l'esponente ha sufficientemente indicato i limiti e l'ambito delle informazioni ambientali alle quali intende accedere (del resto, il d.lgs. 195/2005, consente, all'art. 5 comma 1° lett. c, di negare le informazioni solo in caso di eccessiva genericità della richiesta, senza contare che, a norma dell'art. 3, comma 3° dello stesso decreto, anche in caso di eccessiva genericità, l'Autorità pubblica può chiedere all'istante di specificare i dati richiesti). La società Idra Srl dovrà pertanto, esibire o in ogni caso rendere disponibili in forma facilmente accessibile alla ricorrente le informazioni di cui alle richieste contraddistinte, nell'atto impugnato del 27.8.2007, ai seguenti alinea (-): secondo, terzo, quarto, sesto, ottavo, decimo (in parte) ed undicesimo. 4. La reciproca soccombenza induce il Tribunale a disporre l'integrale compensazione fra le parti delle spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sez. IV, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta in parte ed in parte lo dichiara inammissibile, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, lo accoglie per la restante parte, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e per l'effetto ordina l'esibizione delle informazioni di cui in motivazione. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa. Così deciso in MILANO, nella camera di consiglio del 6 Novembre 2007. DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 20 NOV. 2007. Sono sottoposte alle norme sul diritto di accesso le informazioni inserite nei terminali informatici delle banche dati delle P.A. da un determinato soggetto appartenente all’amministrazione, individuabile tramite registrazine con Password. L’atto stesso dell’inserimento nel sistema e 83 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 della digitazione della dicitura costituisce provvedimento amministrativo C.G.A.R n 927 / 2007 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia-na in sede giurisdizionale ha pronunciato la seguente DECISIONE sul ricorso in appello n. 168/07 proposto da GIOVANNA CARLA AVARO, in proprio e nella qualità di esercente la potestà genitoriale nei con-fronti del minore Marco Vasta, rappresentata e difesa dagli avvocati Alessandro Carruba e Giuseppe Ippolito, ed elettivamente domiciliata in Palermo, via Noto n. 12, presso lo studio dell’avvocato Gaetano Armao; contro Il MINISTERO DEGLI INTERNI QUESTURA DI CATANIA, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, nei cui uffici in Palermo, via A. de Gasperi, n. 81, è domiciliato ope legis; e nei confronti di VASTA SERGIO, non costituito in giudizio; per la riforma della sentenza del T.A.R. per la Sicilia – sezione staccata di Catania (sez. II) - n. 2540/06 del 22 novembre – 27 dicembre 2006. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura dello Stato per l’Amministrazione appellata; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore il Consigliere Claudio Zucchelli; Uditi alla camera di consiglio del 22 febbraio 2007 l’avvocato C. Giunta, su delega dell’avvocato G. Ippolito, per l’appellante e l’avvocato dello Stato Di Maggio per l’Amministrazione appellata; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: FATTO La signora Giovanna Carla Avaro, venuta a conoscenza che il passaporto del figlio minore Marco era stato oggetto di “blocco” risul-tante dai terminali della Questura, in data 24 giugno 2006 inoltrava al-la questura di Catania istanza di revoca dello stesso blocco e di acces-so alla documentazione amministrativa. Ed in particolare copia del provvedimento con cui era stato disposto il blocco del passaporto e di tutti gli atti e documenti relativi. In data 26 luglio 2007 diffidava l’amministrazione ad adempiere alla richiesta di accesso. Perdurando l’inadempimento, adiva il TAR di Catania lamen-tando l’illegittimità dell’inadempimento e della emanazione di un provvedimento interdittivo alla libera circolazione di un cittadino. Si costituiva in giudizio l’Amministrazione resistendo. Con la sentenza di cui in epigrafe il TAR respingeva il ricorso, osservando: 1. Gli articoli 23 e seguenti della legge n. 241 del 1990 si riferisco-no solo ad atti e documenti formati dalla P.A. 2. Non sussiste un interesse diretto concreto ed attuale rispondente ad una situazione giuridicamente tutelata; 3. Con il deposito della nota della Questura di Catania Cat. 1/06/Gab del 20 novembre 2006 la ricorrente è in grado di acquisire le notizie richieste con la domanda di accesso. Avverso la detta sentenza promuove appello l’appellante in epi-grafe lamentando: 1. L’inserimento di un blocco informatico sul passaporto deve essere consequenziale ad un provvedimento restrittivo alla libera circolazione, che quindi deve essere portato a conoscenza dell'interessato. 2. Dalla risposta della Questura si rileva l’esistenza di un’istanza di revoca dell’assenso all’espatrio presentata dal padre del minore. Per-tanto l’accesso è altresì diretto a chiarire i termini documentali di que-sta vicenda. 3. La nota della Questura versata in atti è successiva alla istanza di accesso, e comunque non riporta il contenuto della opposizione all’espatrio. DIRITTO La sentenza impugnata, in particolare nella prima parte della motivazione, assume un significato di atto o documento non condivisibile. Per comprendere meglio i termini della questione occorre ri-cordare che attraverso i sistemi informatici la Pubblica Amministra- 84 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 zione è autorizzata a gestire, come, in effetti, gestisce, una moltitudine di posizioni giuridiche virtualmente rappresentate dalle informazioni immagazzinate in supporti magnetici. Talvolta il mezzo informatico è chiamato a compiere operazioni autonome, che producono un risultato originale rispetto ai dati utilizzati, incrociando, confrontando, elabo-rando dati di provenienze diverse; talvolta, ed è il caso che qui interes-sa, esso serve a semplificare e velocizzare la gestione di dati ed infor-mazioni: Concettualmente si tratta di operazioni identiche a quelle concernenti i dati, riguardanti i cittadini, trattati e conservati cartace-amente tramite registri, elenchi o così dette “pratiche” costituite, ap-punto, da una raccolta di documenti scritti. Le risposte alle interrogazioni fornite dai terminali, che mate-rialmente appaiono sul video, corrispondono, sotto un profilo concettuale, alle pagine dei registri cartacei e dei fogli un tempo utilizzati e conservati dentro le “cartelle” o i “faldoni”. Così come il documento cartaceo è il risultato di un atto di conoscenza o volontà del funziona-rio o impiegato che materialmente lo ha formato e lo ha inserito nella “pratica”, così le informazioni lette sul video sono il risultato di un’operazione di immissione di esse, paragonabile alla scritturazione sul registro o alla compilazione di un documento, a monte del quale, tuttavia, è sempre un atto di conoscenza o volontà di un funzionario o impiegato pubblici. Ne consegue l’esistenza di procedure assai rigorose attraverso le quali solo soggetti abilitati possono inserire o variare i dati che compaiono sui video, allo stesso modo in cui solo il pubblico funzio-nario autorizzato poteva variare i registri cartacei o inserire nelle “pra-tiche” atti scritti apponendo la sua firma per indicare l'agente dotato di potere amministrativo ed assumerne la responsabilità. La circostanza, meramente estrinseca, che l’apprensione conoscitiva del dato non pos-sa avvenire mediante l’uso dei sensi ordinari (la vista in primo luogo), ma solo attraverso l’utilizzazione di uno strumento particolare (l’ela-boratore) non muta la sostanza del dato e delle operazioni. Il sistema informatico utilizza, anch’esso, come noto, una sorta di firma, costituita dalle così dette “registrazioni di log” che indivi-duano il soggetto che si è inserito nel sistema, il giorno, l'ora ed il con-tenuto della nuova registrazione, attribuita, tramite la password, ad un determinato funzionario. Tali registrazioni e tali risultanze sono documenti ed atti nel senso indicato dagli articoli 23 e seguenti della legge n. 241 del 190. A questa univoca conclusione si perviene in relazione all’arti-colo 22, comma 1 lettera d) della legge citata, il quale intende per: “«documento amministrativo», ogni rappresentazione grafica, fotoci-nematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del con-tenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedi-mento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attivi-tà di pubblico interesse.” Si consideri inoltre l'articolo 1, comma 1, lettera p) del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’Amministrazione digita-le), il quale considera documento informatico la rappresentazione in-formatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti. Non vi è quindi il minimo dubbio che il così detto “blocco” che, alla interrogazione al terminale, è apparso in corrispondenza del passaporto del minore Marco, costituisse in sé un provvedimento am-ministrativo adottato sotto forma elettronica da parte di un soggetto appartenente alla Amministrazione il quale si è inserito, utilizzando la sua password, nel sistema ed ha materialmente digitato l’iscrizione dalla quale sono scaturiti, per l’appunto, conseguenze “giuridicamente rilevanti”. E’ del tutto irrilevante che, a monte di esso, sia esistito o meno un documento in forma scritta che autorizzava il funzionario o l’addetto informatico a tale operazione. Anche in mancanza, l’atto stesso dell’inserimento nel sistema e della digitazione della dicitura costituisce provvedimento amministrativo, e la presenza delle “regi-strazioni di log” è in grado di attribuire la paternità dello stesso al funzionario che lo ha compiuto. In maniera non dissimile, l’inserimento di un atto o di un’annotazione scritta nella “pratica” determina conse-guenze giuridiche e problema diverso è appurare, in caso di necessità, se tale atto o tale annotazione sono stati introdotti da un soggetto che ne aveva il potere, identificandolo, allo 85 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 scopo, tramite una firma o una sigla sul materiale foglio di carta, o supporto cartaceo. La richiesta di accesso qui all’esame, quindi, non solo è am-missibile e fondata, ma particolarmente opportuna nei casi di specie, nei quali la volatilità apparente delle registrazioni informatiche, e so-prattutto la loro non apprensione ai sensi comuni della vista e del tatto, può aprire ampi spazi di illegittimità ed arbitrio. Che questa sia l’unica conclusione possibile, alla luce dei prin-cipi del diritto conciliati con l’evoluzione delle tecnologie, è dimostra-to dalla stessa vicenda qui all’esame. In effetti, il minore Marco Vasta ha subito una compressione del suo diritto costituzionale alla mobilità, sancito dall’articolo 16 se-condo comma della Costituzione, per motivi ignoti e che nessuna Amministrazione ha voluto chiarire. Lasciare tali situazioni prive di una tutela anche sotto il profilo dell’accesso significherebbe, di fatto, tornare ai tempi antecedenti la legge n. 241 del 1990, quando documenti, atti e registri della P.A. era-no sostanzialmente oggetto di segreto, con la maggiore aggravante del fatto che, all’epoca, almeno la traccia documentale non poteva non sussistere, salvi i casi di distruzione dell’atto pubblico, e comunque era apprensibile ad un qualsiasi essere umano che ne venisse in pos-sesso. Viceversa, nel caso delle registrazioni informatiche la loro apprensione è possibile solo attraverso il mezzo tecnico e mediante un’operazione specifica di apertura del “file” e di sua lettura, mentre l’eliminazione è alla portata di qualunque operatore autorizzato all’accesso al sistema in maniera sostanzialmente anonima, salve le ripetute “registrazioni di log” che richiedono però, per la loro lettura, un intervento specializzato della stessa P.A.. Ma è appunto anche a tali dati che si estende il diritto di accesso, poiché il cittadino ha diritto a conoscere quale sia il funzionario che ha apposto una determinata di-citura sul suo profilo informatico, le ragioni e le norme di legge che sono state applicate. Né si può sostenere, nel caso di specie, che la nota versata in at-ti dalla Questura sia sufficiente alla bisogna. Da essa, infatti, non è possibile conoscere l’autorità che ha or-dinato il blocco, le motivazioni, il funzionario responsabile di quel procedimento, le date esatte degli avvenimenti etc. Risulta palese che un tale interesse sussiste in capo alla parte privata, e il Giudice amministrativo è chiamato ad analizzare e verificare gli eccessi di potere che abbiano comportato lesione di tale fondamentale interesse. Spetterà alla Amministrazione verificare se gli atti ritenuti ille-gittimi implichino anche responsabilità di pubblici dipendenti. Non condivisibile, quindi, è l’affermazione della inesistenza di un interesse concreto e diretto alla conoscenza di tali “atti virtuali” della Pubblica Amministrazione. In effetti, le conseguenze giuridiche scaturiscono esattamente da essi, e non da altro. Nel caso in esame sa-rebbe bastato che al controllo di frontiera l’agente della Polizia di Sta-to si fosse inserito nel sistema per la verifica del passaporto e, in tal caso, avrebbe rilevato la dicitura di blocco, impedendo l’espatrio e quindi violando seduta stante il diritto costituzionale del minore. So-stenere che tale “blocco” risultante sul video del terminale sia un non atto o non abbia idoneità a produrre effetti giuridici non sembra am-missibile. In conclusione, il ricorso di primo grado è fondato e pertanto l’appello deve essere accolto. L’Amministrazione fornirà alla ricorrente tutte le informazioni riguardanti la procedura di blocco del passaporto del minore Marco Vasta, ivi comprese le “registrazioni di log” che identificano il sogget-to che materialmente ha introdotto il blocco nel sistema elettronico, le copie di tutti i documenti, pubblici e privati, che in maniera anche in-diretta hanno determinato un soggetto, non ancora identificato, alla decisione di inserire tale blocco. Le spese, seguono la soccombenza e sono liquidate in disposi-tivo. P. Q. M. Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia-na in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo accoglie e per l’effetto accoglie anche il ricorso di pri-mo grado. Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese dei due gradi del giudizio che liquida in complessivi euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre ad IVA e accessori se dovuti. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità am-ministrativa. 86 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Così deciso in Palermo, dal Consiglio di Giustizia Amministra-tiva per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 22 febbraio 2007, con l’intervento dei signori: Giusep-pe Barbagallo, Presidente, Pier Giorgio Trovato, Claudio Zucchelli, estensore, Antonino Corsaro, Filippo Salvia, componenti. F.to: Giuseppe Barbagallo, Presidente F.to: Claudio Zucchelli, Estensore F.to: Maria Assunta Tistera, Segretario Depositata in segreteria il 8 ottobre 2007 ha pronunciato la seguente SENTENZA Visto il ricorso 799/2007 proposto da: PERRONE FRANCESCO rappresentato e difeso da: CAPONE LOREDANA con domicilio eletto in LECCE E’ illegittima la limitazione dell’accesso ai documenti alla sola visione, senza estrazione di copia degli stessi. VIA V.M. STAMPACCHIA 9 REPUBBLICA ITALIANA CAPONE LOREDANA presso contro TRIBUNALE REGIONALE AMMINISTRATIVO PER LA PUGLIA LECCE SECONDA SEZIONE Registro Dec.: 3016/07 Registro Generale: 799/2007 nelle persone dei Signori: GIULIO Presidente CASTRIOTA SCANDERBEG TOMMASO CAPITANIO Ref. SILVANA BINI Ref. , relatore INPS - DIREZIONE PROVINCIALE DI LECCE I.N.P.S. - SEDE DI ROMA per l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione, della nota della Direzione Provinciale inps di Lecce prot. inf. INPS 4100 del 17/5/2007 n. 0043405, spedita il 28/5/2007, nella parte in cui ha escluso l’estrazione di copia degli atti richiesti con istanza di accesso ex L. 241/90 del 27/3/2007 limitando lo stesso alla sola visione degli atti previa, ove occorra, disapplicazione e/o annullamento del Regolamento INPS per la disciplina del diritto di accesso a norma della legge 7 agosto 1990 n.241 approvato con Determinazione del Commissario Straordinario n.1951 del 16/2/1994, nella parte in cui all’art. 17, considera riservate, e quindi sottratte al diritto di accesso anche nella forma della estrazione di copia, le dichiarazioni dei lavoratori che costituiscono base per la redazione di un verbale ispettivo; Visto il ricorso con i relativia allegati; Visti gli atti tutti della causa; Uditi, nella Camera di Consiglio del 12 luglio 2007, il relatore Ref. SILVANA BINI e l’Avv. Paladini in sostituzione dell’Avv. Capone; Considerato che: 87 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Il ricorrente, titolare dell’omonima impresa edile, a fronte della notifica del verbale di accertamento dell’INPS di Lecce n. 508 del 22.2.2007, contenente la contestazione di omissioni contributive, ha chiesto con istanza del 22.3.2007 l’accesso degli atti istruttori relativi al procedimento di accertamento, comprese le dichiarazioni rese da parte di alcuni lavoratori dipendenti. All’istanza seguiva la notifica dell’atto di diffida, in data 26.3.2007. La domanda di accesso veniva rigettata con nota del 28.3.2007 n. 0028576, a firma del funzionario responsabile della sede di Lecce, sull’assunto che “ gli atti richiesti sono sottratti all’accesso secondo quanto previsto dal regolamento per la disciplina del diritto di accesso a norma della L. 241/90 – allegato A – II punto 12”. Avverso detto atto il ricorrente ha proposto l’inscritto ricorso ex art 25 L. 241/90, articolando i seguenti motivi: Violazione dei principi generali in materia di accesso ai documenti amministrativi ex artt. 22 e ss. L.N. 241/90. Violazione dei principi di trasparenza ed imparzialità dell’azione amministrativa. Violazione artt. 24 e 111 Cost. Eccesso di potere. Illogicità manifesta dell’azione amministrativa. Violazione dei principi di partecipazione del procedimento amministrativo. Omessa ed erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto. Violazione dei principi generali in materia di accesso ai documenti amministrativi ex artt. 22 e ss. L.N. 241/90 così come modificati dalla L.N. 15/05. Violazione art.7 D.P.R. n. 184/06. Falsa ed erronea applicazione Reg. Inps approvato con determinazione n.1951 del 16/2/1994. Difetto di motivazione. Violazione art. 9 D.P.R. 184/06. Eccesso di potere. Manifesta illogicità e contraddittorietà dell’azione amministrativa. Sviamento. Con successiva nota del 17.5.2007, l’INPS precisava poi che, a seguito di chiarimenti forniti dalla Direzione Generale, la richiesta può essere accolta, “anche se limitatamente alla sola visione degli atti”. Quest’ultima comunicazione veniva gravata con motivi aggiunti, notificati in data 15.6.2007. Ritenuto che il ricorso sia fondato e meriti accolgimento per le seguenti ragioni. Il ricorrente ha un interesse attuale e qualificato all’accesso agli atti, comprese le dichiarazioni rese dai lavoratori dipendenti, essendo sottoposto ad un accertamento da parte dell’INPS. L’INPS ha negato l’accesso, richiamando la norma regolamentare che sottrae all’accesso, in relazione alla esigenza di salvaguardare la vita privata e la riservatezza di persone fisiche, di persone giuridiche, di gruppi, imprese ed associazioni, i documenti contenenti notizie acquisite nel corso delle attività ispettive, quando dalla loro divulgazione possano derivare azioni discriminatorie o indebite pressioni o pregiudizi a carico di lavoratori o di terzi. Questa norma è finalizzata a salvaguardare la posizione dei lavoratori che, nel corso di indagini ispettive disposte dal Ministero del Lavoro, rendono dichiarazioni relative al proprio rapporto di lavoro che possono coinvolgere il proprio datore di lavoro. Il divieto di accesso alle dichiarazioni suddette, quindi, tutela i lavoratori - dichiaranti contro il pericolo di azioni discriminatorie, indebite pressioni ed eventuali ritorsioni. Il Collegio, tuttavia, ritiene di poter condividere l'ormai consolidato orientamento giurisprudenziale (da ultimo: TAR Veneto, prima sez. sent. n. 301/2006) secondo cui tali previsioni regolamentari contrastano con la norma primaria di cui all'art. 24 della l. n. 241/1990, che, al comma 7, assicura il diritto all'accesso: "ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici". Il diniego all’accesso è quindi illegittimo e deve essere annullato. Quanto alla nota del 17.5.2007, impugnata con motivi aggiunti, il Collegio richiama il principio già affermato da questa Sezione, in tema di rapporto tra accesso e visione degli atti ( sent. 481/2007), secondo cui il diritto di accesso non può essere limitato alla sola visione dei documenti, ma si estende necessariamente all'estrazione di copia degli stessi. E’ stato infatti osservato che “l'art. 25, primo comma, L. n. 241 del 1990, sia nel testo antecedente la riforma introdotta dalla L. 11 88 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 febbraio 2005 n. 15 che nel testo attuale, stabilisce che «il diritto di accesso si esercita mediante esame ed estrazione di copia dei documenti amministrativi, nei modi e con i limiti dalla presente legge »: l'esame e l'estrazione di copia sono quindi previste come modalità congiunte dell'esercizio del diritto, senza deroghe o eccezioni di sorta. I casi di impedimento al diritto di accesso sono, invece, ricondotti solo all'esclusione o al differimento (artt. 24, primo, secondo e sesto comma, L. n. 241 del 1990 e 9 D.P.R. 12 aprile 2006 n. 184 Anche l'art. 7 D.P.R. n. 184/06 disciplina, nei commi V e VI, come modalità congiunte l'esame del documento e l'estrazione di copia. In base a questo quadro normativo, il Giudice amministrativo ha osservato che “se la presa visione del documento viene designata come «esame», la «visione degli atti» prevista dall'art. 24, secondo comma, lett. d) indica l'accesso nella unitarietà delle sue modalità di esercizio. Del resto, il preteso scorporo della facoltà di esame del documento da quella di estrazione di copia non sarebbe idoneo a tutelare nessuno dei confliggenti interessi in gioco: non quello alla riservatezza dei terzi, giacché il richiedente avrebbe, comunque, conoscenza del documento; non quello alla difesa del richiedente, che in mancanza della copia del documento non potrebbe finalizzarne l'accesso ad un uso giuridico.” (TAR Lazio sez. III n. 2212/2006)”. Conclusivamente, si accoglie il ricorso e si ordina alla Amministrazione intimata di consentire al ricorrente l'accesso agli atti richiesto con l'istanza del 22 Marzo 2007. Va disposta la irripetibilità delle spese di giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Seconda Sezione di Lecce accoglie il ricorso indicato in epigrafe Spese irripetibili. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa. Così deciso in Lecce, nella Camera di Consiglio del 12 luglio 2007 Dott. Giulio Castriota Scanderbeg - Presidente Dott.ssa Silvana Bini - Estensore Pubblicata il 27 luglio 2007 Appalti : Un’impresa che ha partecipato ad una gara pubblica ha titolo all’accesso, e non alla sola visione, alle offerte tecniche presentate da altre concorrenti alla procedura, cui è stata conferita l’aggiudicazione o una posizione migliore nella classifica. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA PUGLIA BARI PRIMA SEZIONE Registro Sentenze: 337/07 Registro Generale: 1558/2006 nelle persone dei Signori: VITO MANGIALARDI Presidente f.f., relatore CONCETTA ANASTASI Consigliere RAFFAELE GRECO Referendario ha pronunciato la seguente SENTENZA nella Camera di Consiglio del 24 gennaio 2007 sul ricorso 1558/2006 proposto da: SPORT MANAGEMENT SRL SSD IN PROPRIO E MAND.RTI + 2 BARI MULTISERVIZI SPA RARI NANTES BARI SRL SSD rappresentato e difeso da: PACCIONE AVV.LUIGI ATTOLICO AVV.ANTONIA con domicilio eletto in BARI VIA Q.SELLA, 120 presso PACCIONE AVV.LUIGI contro COMUNE DI BARI rappresentato e difeso da: CAPRUZZI AVV.BIANCALAURA CIOFFI AVV.ROSA con domicilio eletto in BARI VIA PRINCIPE AMEDEO, 152 presso CAPRUZZI AVV.BIANCALAURA e nei confronti di 89 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 POLISPORT SOCIETA' SPORTIVA DILETTANTISTICA A RL rappresentato e difeso da: LORUSSO AVV.FELICE EUGENIO con domicilio eletto in BARI VIA AMENDOLA N.166/5 presso la sua sede e nei confronti di ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA BARI NUOTO e nei confronti di ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA ORIZZONTE CATANIA per l'annullamento, -del provvedimento di aggiudicazione provvisoria del pubblico incanto per la concessione della gestione, per la durata di sette anni, del complesso natatorio comunale sito in Bari al viale di Maratona, giusta verbale della Commissione esaminatrice del 20.07.2006; -del provvedimento di aggiudicazione definitiva -ove già emesso- del detto pubblico incanto; -di tutti i verbali posti in essere dalla Commissione Esaminatrice per l'aggiudicazione della suindicata concessione di servizio pubblico; -di ogni atto presupposto e/o connesso, ancorchè ignoto, in quanto lesivo, ivi compreso, ove occorra, il bando di gara e il disciplinare limitatamente agli interessi delle ricorrenti. Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso; Vista la sentenza n. 3952/06 con cui questo TAR pronunciando su istanza incidentale di accesso ex art. 25 co.5 legge 241/90 presentata da parte ricorrente, Ordinava al Comune di depositare presso la Segreteria di questa Sez. il progetto- offerta dell’aggiudicataria provvisoria; Visto l'atto di costituzione in giudizio di: COMUNE DI BARI POLISPORT SOCIETA' SPORTIVA DILETTANTISTICA A RL; Visto che con atto depositato -previa notifica- in data 7.12.06 la Polisport ha proposto ricorso per incidente di esecuzione, chiedendo opportune, anzi necessarie, misure affinchè l’ostensione del progetto offerta del raggruppamento facente capo alla Polisport potesse avvenire senza pregiudizio per gli interessi professionali della controinteressata; Udito il relatore Cons. VITO MANGIALARDI e uditi altresì per le parti gli avvocati presenti come da verbale di udienza; Ritenuto in fatto e diritto quanto segue: FATTO E DIRITTO Con istanza incidentale in epigrafe evidenziata, la Polisporti srl in riferimento all’accesso a favore delle ricorrenti disposto da questo TAR – giusta sentenza n. 3952/2006- al progetto offerta di essa aggiudicataria provvisoria di cui si ordinava il deposito agli atti di causa, ha proposto ricorso per incidente di esecuzione chiedendo predisposizione di “tutte le misure necessarie affinchè l’ostensione del progetto offerta del raggruppamento facente capo alla Polisport avvenga senza pregiudizio per gli interessi professionali ed imprenditoriali della controinteressata, ed in particolare in modo tale da evitare che i contenutii progettuali possano essere indebitamente utilizzati dalle ricorrenti, o da chiunque altro nell’ambito di garede future o, comunque, in successive occasioni.”. Ritiene il Collegio di premettere e con riferimento a problema già dibattuto in giurisprudenza circa la limitazione dell’accesso alla sola visione (e non anche alla estrazione di copia) per bilanciare l’esigenze di accesso con quelle di riservatezza (favorevole ad essa limitazione CdS , VI Sez, 9 gennaio 2004 n. 14 –contra invece IV Sez. 6 ott. 1999 n. 1627), che esso problema deve ritenersi superato dalla intervenuta normativa di cui alla legge n. 15/2005 modificativa in parte qua della 241/90. Ed infatti in base alla nuova disciplina deve ricomprendersi nel diritto di accesso sia la visione sia il rilascio di copia del documento, e ciò soprattutto a seguito dell’abrogazione della disposizione dettata dall’art. 24 comma 2 lettera d) nella formulazione dell’originaria legge 241, abrogazione che fa ritenere superata ogni possibilità di distinguere tra le due modalità di accesso che non si ravvisano più separabili (in termini Tar Lazio, Roma, Sez. III, 30 marzo 2006, n. 2212). Ciò detto, e sottolineata pure la genericità delle misure richieste dalla parte (vedi quanto scritto a riguardo nell’istanza e sopra testualmente riportato), ritiene il Collegio di ribadire che una impresa che abbia partecipato ad una gara pubblica ha titolo all’accesso alle offerte tecniche presentate da altre concorrenti alla gara risultate aggiudicatarie o classificatesi in 90 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 posizione migliore, essendo la conoscenza dei dati contenuti in tali offerte necessaria ai fini di una predisposizione di un’adeguata difesa in sede processuale, da ritenersi prevalente rispetto alla riservatezza ( cfr. TAR Piemonte Sez. II, 25 febbraio 2006,m n. 1127). In detti termini sostanziali si è espressa anche questa Sezione nella sentenza sopra menzionata n. 3952/06 -cui ha fatto seguito il presente ricorso per incidente di esecuzione- in cui si annotava che la richiesta di accesso (ndr. della ricorrente Ati Sport Management) risulta prodotta in modo non certo emulativo, ma in base ad un interesse che ben si collega all’istante impresa che ha contestato nel raggruppamento aggiudicatario carenza di requisiti partecipativi… L’interessata Polisport per il tramite della sua difesa a supporto della sua richiesta (che già si è qualificata generica) viene ad esprimere il timore che i contenuti progettuali del depositato progetto-offerta possano essere indebitamente utilizzati dalla ricorrente o da chiunque altro nell’ambito di gare future. In tema, il Collegio non può che ribadire che l’accesso al progetto-offerta è stato statuito accogliendosi l’interesse processuale della parte, con la implicita conseguenza che il deposito del progetto offerta è da servire in questa sede processuale ( ric. n.1558/06) e non già per altri fini. Il timore espresso dalla Polisport che agisce in via di prevenzione troverà protezione –qualora si si abbia a concretizzare- nella normativa predisposta a tutela delle opere di ingegno (diritti soggettivi e quindi AGO), talchè le disposizioni dettate in materia di acceso risultano a riguardo non conferenti. In conclusione il ricorso per incidente di esecuzione (a seguito della sent. n. 3952/06) che ci ha occupato, richiamata la precisazione che sopra si è evidenziata, va disatteso. Quanto alle spese di giudizio, si ravvisano ragioni per disporne la compensazione tra le parti in causa. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia sede di Bari, Sez. Prima, respinge il ricorso per incidente di esecuzione depositato previa notifica il 7 dic. 2006 e nell’ambito del giudizio di cui al ric. n. 1558/2006. Spese compensate. Così deciso in Bari nella Camera di Consiglio del 24 gennaio 2007 Il Presidente Rel. Est. (dr. Vito Mangialardi) *** Anno 2008 N. 6121/08 REG.DEC. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Quinta Sezione ha pronunciato la seguente DECISIONE sul ricorso iscritto al NRG 5005\2008, proposto dal Consorzio di tutela del Cannonau di Sardegna, rappresentato e difeso dall’avvocato Antonello Podda ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato G. Di Gioia in Roma, piazza Mazzini, n. 27; contro Regione Autonoma della Sardegna, in persona del presidente pro tempore, non costituito; e nei confronti di Consorzio Vino e Sardegna CON.VI.SAR. S.C.A.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito. per l'annullamento dell’ordinanza del Tribunale Amministrativo Regionale della Sardegna, n. 16 del 13 marzo 2008. 91 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 commerciale (cfr. nota del Centro regionale di programmazione del 14 dicembre 2007). Visto il ricorso in appello; visti gli atti tutti della causa; data per letta alla camera di consiglio del 7 ottobre 2008 la relazione del consigliere Vito Poli, udito l’avvocato Di Gioia su delega dell’avvocato Podda; ritenuto e considerato quanto segue: FATTO e DIRITTO 1. Il Consorzio di tutela del Cannonau di Sardegna (in prosieguo Consorzio) è stato escluso dalla gara, bandita dalla Regione Sardegna, avente ad oggetto il finanziamento delle proposte progettuali di ricerca e sviluppo dell’innovazione tecnica e tecnologica finalizzate alla valorizzazione dei vitigni autoctoni della Sardegna. 1.1. Con determinazione prot. n. 5651/354 del 1° ottobre 2007 la gara è stata aggiudicata al Consorzio Vino e Sardegna CON.VI.SAR. S.C.A.R.L (in prosieguo Convisar). Il Consorzio ha impugnato il bando ed il provvedimento di esclusione con ricorso notificato il 14 novembre 2007 e depositato il successivo 30 novembre. In data 27 novembre 2007, presso il Centro regionale di programmazione, un legale del Consorzio prendeva visione della documentazione afferente la procedura di gara; in quel contesto acquisiva conoscenza, fra l’altro, del provvedimento di aggiudicazione definitiva della gara ma, stante la mole della documentazione, si determinava nel senso di estrarne copia; il giorno seguente, pertanto, inoltrava specifica richiesta in tal senso (cfr. lettera del 28 novembre 2007). Il Centro regionale di programmazione accoglieva solo parzialmente la domanda di accesso escludendo i documenti afferenti la proposta progettuale del Convisar che aveva formulato espressa opposizione per tutelare le informazioni riservate di natura tecnica e 1.2. Con ricorso notificato in data 21 dicembre 2007, il Consorzio ha proposto istanza a mente dell’art. 25, comma 5, secondo periodo, l. n. 241 del 1990, onde ottenere l’accesso ai documenti negati; nel corpo del ricorso si legge: <<In data 27.11.2007, nel corso dell’accesso agli atti presso il Centro Regionale di Programmazione della Regione Autonoma Sardegna, la difesa del Consorzio ricorrente apprendeva che l’Amministrazione aveva aggiudicato – previa determina n. 5651/354, del 1 ottobre 2007, di approvazione della valutazione espressa dalla Commissione tecnico – scientifica – la gara pubblica al Consorzio CON.VI.SAR., unico concorrente rimasto in gara, e stipulato anche la convenzione, in data 12 ottobre 2007. In tale occasione la difesa del Consorzio … scriveva di pugno e depositava una richiesta … di copia di tutti gli atti e documenti relativi al bando pubblico in esame, compresa la proposta progettuale e gli allegati del Consorzio aggiudicatario .. Il giorno successivo la medesima richiesta, datata 28.11.2007, battuta al computer … veniva trasmessa, a mezzo fax, al Centro Programmazione Regionale …>>. 1.3. In data 7 gennaio 2008 il Consorzio acquisiva la documentazione richiesta, ad eccezione di quella relativa all’offerta presentata dal Convisar; il 7 marzo 2008 notificava atto di motivi aggiunti – depositato il successivo 11 marzo – sviluppando censure nei confronti del provvedimento di aggiudicazione. 2. Con ordinanza n. 16 del 13 marzo 2008 l’adito T.a.r. ha respinto la domanda di accesso: a) facendo leva sulla norma speciale sancita dall’art. 13, co. 5, d.lgs. n. 163 del 2006 codice dei contratti pubblici – interpretata nel senso che solo l’effettiva possibilità di ottenere tutela in sede giurisdizionale consentirebbe l’ostensione di documenti che incidono sui segreti tecnici e commerciali delle imprese; b) rilevando, conseguentemente, l’inutilità della documentazione richiesta in relazione alla 92 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 assenza di una tempestiva impugnazione del provvedimento di aggiudicazione. 3. Con ricorso notificato il 10 e 11 giugno 2008, e depositato il successivo 19 giugno, il Consorzio ha interposto appello avverso la su menzionata ordinanza del T.a.r. deducendo, in estrema sintesi: che alla data del 27 novembre 2007 non aveva avuto conoscenza integrale della documentazione richiesta avvenuta solo in data 7 gennaio 2008; che non aveva mai affermato di aver avuto conoscenza della documentazione in questione prma del 7 gennaio 2008; che era stata violata la normativa sancita dalla l. n. 241 del 1990, specie dopo le modifiche apportate dalla l. n. 15 del 2005, nella parte in cui garantisce l’accesso a documenti la cui conoscenza sia necessaria per difendere propri interessi giuridici. 4. Non si costituivano le parti intimate. 5. La causa è passata in decisione alla camera di consiglio del 7 ottobre 2008. 6. L’appello è sia inammissibile che infondato e deve essere respinto nella sua globalità. 6.1. L’art. 25, co. 5, stabilisce che: <<Contro le determinazioni amministrative concernenti il diritto di accesso e nei casi previsti dal comma 4 è dato ricorso, nel termine di trenta giorni, al tribunale amministrativo regionale, il quale decide in camera di consiglio entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, uditi i difensori delle parti che ne abbiano fatto richiesta. In pendenza di un ricorso presentato ai sensi della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, il ricorso può essere proposto con istanza presentata al presidente e depositata presso la segreteria della sezione cui è assegnato il ricorso, previa notifica all'amministrazione o ai controinteressati, e viene deciso con ordinanza istruttoria adottata in camera di consiglio. In pendenza di un ricorso presentato ai sensi della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, il ricorso può essere proposto con istanza presentata al presidente e depositata presso la segreteria della sezione cui è assegnato il ricorso, previa notifica all’amministrazione o ai controinteressati, e viene deciso con ordinanza istruttoria adottata in camera di consiglio. l. n. 241 cit. La decisione del tribunale è appellabile, entro trenta giorni dalla notifica della stessa, al Consiglio di Stato, il quale decide con le medesime modalità e negli stessi termini. Le controversie relative all'accesso ai documenti amministrativi sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo>>. Per quanto rileva ai fini della presente controversia, dal tenore letterale della norma emerge che: il legislatore ha qualificato espressamente come istruttoria l’ordinanza che chiude, davanti al giudice di primo grado, "l’incidente di accesso"; l’appello avverso le pronunce di primo grado è stato espressamente limitato alle decisioni rese dal T.a.r. In linea generale nel processo amministrativo i mezzi di impugnazione devono essere previsti espressamente in forza del principio di tipicità ; sono pertanto oggetto di gravame solo i provvedimenti del giudice di primo grado che espressamente la legge qualifica come impugnabili (art. 28, l. T.a.r.); ne sono escluse le ordinanze istruttorie, anche perché pacificamente ritenute prive di contenuto decisorio. Secondo una impostazione sostanzialistica si ritengono tuttavia impugnabili i provvedimenti del giudice amministrativo di primo grado che, pur non avendo la forma esteriore di sentenza, abbiano un reale contenuto decisorio della controversia, il ché si verifica allorché essi esplicitamente o implicitamente risolvano in tutto o in parte la questione che oppone le parti, ovvero un punto pregiudiziale di essa. 93 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 In tema di impugnazione dell’ordinanza che decide sul ricorso in materia di accesso in corso di causa, la giurisprudenza del Consiglio di Stato, da cui la sezione non intende discostarsi (cfr. Cons. St., sez. VI, 25 marzo 2004 n. 1629; sez. VI, 10 ottobre 2002 n. 5450; sez. VI, 22 gennaio 2002 n. 397, ord.), ha operato una distinzione tra ordinanze che si pronunciano sul ricorso accogliendolo o respingendolo in relazione ai presupposti inerenti all’accesso in quanto tale, e ordinanze che respingono il ricorso perché ritengono i documenti richiesti non utili ai fini del giudizio in corso. presso gli uffici del Centro regionale di programmazione avvenuto il 27 novembre 2007. Nel primo caso l’ordinanza ha natura decisoria ed è appellabile: in particolare, l’ordinanza che decide sul ricorso in materia di accesso in corso di causa è appellabile sia nel caso in cui il giudice escluda l’accessibilità sulla base della ritenuta carenza dei presupposti previsti dalla disciplina dell’accesso, sia nel caso in cui il giudice accolga la domanda di accesso ritenute sussistenti le condizioni legittimanti l’ostensione senza passare al vaglio della pertinenza dei documenti in relazione al giudizio in corso. La rubrica dell’art. 13 descrive il duplice oggetto della disciplina: Nel secondo caso l’ordinanza ha natura istruttoria e non è appellabile. Nella specie deve ritenersi che il T.a.r. abbia rifiutato l’accesso perché, nella sostanza, ha giudicato la documentazione richiesta inutile ai fini della decisione della causa, essendo pertinente ad un provvedimento che non poteva più costituire oggetto di giudizio stante il decorso dei termini perentori per impugnarlo. 6.2. In ogni caso le argomentazioni sviluppate dal T.a.r. sono condivisibili anche nel merito, ove si dovesse ritenere la natura decisoria dell’ordinanza oggetto del presente appello. Le prime due censure appaiono infondate sulla scorta della ricostruzione dei fatti salienti di causa operata al precedente punto 1: è assodato che la ricorrente ha avuto conoscenza piena degli elementi essenziali del provvedimento di aggiudicazione definitiva (numero di protocollo, data, organo che lo ha emanato, effetti lesivi prodotti) al momento dell’accesso Per quanto concerne l’applicabilità (al caso di specie) e la conseguente violazione della disciplina generale sull’accesso, la sezione osserva quanto segue. 6.3. L’accesso agli atti delle procedure di affidamento dei contratti pubblici è oggetto della disciplina dettata dall’art. 13 codice dei contratti pubblici. a) la previsione di particolari limiti oggettivi e soggettivi all’accessibilità degli atti concernenti le procedure di affidamento dei contratti pubblici; b) l’introduzione di veri e propri doveri di non divulgare il contenuto di determinati atti, assistiti da apposite sanzioni di carattere penale. Tale disciplina, essendo destinata a regolare in modo completo tutti gli aspetti relativi alla conoscibilità degli atti e dei documenti rilevanti nelle diverse fasi di formazione ed esecuzione dei contratti pubblici, costituisce una sorta di microsistema normativo, collegato all’idea della peculiarità del settore considerato, pur all’interno delle coordinate generali dell’accesso tracciate dalla l. n. 241 del 1990. Dal punto di vista storico risulta evidente come la l. n. 15 del 2005, riformulando gli artt. 22 e ss. della l. n. 241 del 190, avesse dimenticato di considerare il mondo degli appalti, nel quale viceversa si riscontravano (e si riscontrano) serie esigenze di limitazione temporanea o oggettiva dell’accesso. Da qui l’introduzione nel codice dei contratti di una specifica soluzione normativa equilibrata, basata sull’individuazione di regole proprie (qualificabili come speciali, se non addirittura eccezionali, in raffronto con il principio di accessibilità, ora sancito dal nuovo testo dell’art. 22, l. n. 241 cit.), inserite nella cornice 94 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 delle regole generali in materia di accesso ai documenti; in questa prospettiva si coglie il senso della previsione introduttiva del comma 1 dell’art. 13 cit., in forza della quale: <<salvo quanto espressamente previsto nel presente codice, il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, ivi comprese le candidature e le offerte, è disciplinato dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni>>. L’art. 13, oltre ad individuare fattispecie di differimento dell’accesso (comma 2), prevede in modo puntuale una serie di esclusioni oggettive al diritto di accesso, facendo salve le regole più restrittive previste per gli appalti interamente segretati (comma 5); fra queste rileva, ai fini della presente controversia, quella sancita dalla lett. a) del comma 5, concernente le <<informazioni fornite dagli offerenti nell’ambito delle offerte ovvero a giustificazione delle medesime, che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali>>. La norma in questione amplia i limiti oggettivi del segreto dettando delle regole speciali che devono considerarsi, per le ragioni esposte in precedenza, incondizionatamente prevalenti sulla disciplina generale sulla trasparenza amministrativa, anche in mancanza di espressa previsione nell’ambito delle limitazioni oggettive di cui all’art. 24, l. n. 241 cit. Secondo la disciplina dettata dall’art. 13 cit., tuttavia, l’esclusione dall’accesso non è sempre radicale ed assoluta. Infatti il comma 6 prevede che: <<in relazione all’ipotesi di cui al comma 5, lettera a) e b), è comunque consentito l’accesso al concorrente che lo chieda in vista della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto nell’ambito della quale viene formulata la richiesta di accesso>>. La norma sembra ripetere, specificandoli, i principi dell’art. 24, l. n. 241 cit., che stabilisce una complessa operazione di bilanciamento tra gli interessi contrapposti alla trasparenza ed alla riservatezza. Il linguaggio utilizzato dal codice dei contratti è però diverso: più puntuale e restrittivo, definisce esattamente l’ambito di applicazione della esclusione dall’accesso. In primo luogo, sul versante della legittimazione soggettiva attiva, la disposizione riguarda solo il concorrente che abbia partecipato alla selezione; la preclusione all’accesso è invece totale qualora la richiesta sia formulata da un soggetto terzo, che pure dimostri di avere un interesse differenziato, alla stregua della legge generale sul procedimento (circostanza questa che non ricorre nel caso di specie). In secondo luogo, sul piano oggettivo, l’accesso eccezionalmente consentito è strettamente collegato alla sola esigenza di una difesa in giudizio; in questa prospettiva, quindi, la previsione è molto più restrittiva di quella contenuta nell’art. 24, l. n. 241 cit., la quale contempla un ventaglio più ampio di possibilità consentendo l’accesso ove necessario per la tutela della posizione giuridica del richiedente, senza alcuna restrizione alla sola dimensione processuale. Per altro, nel contesto dell’art. 13 cit., poiché si utilizza la locuzione <<in vista>>, non è necessario che, al momento della richiesta di accesso, il giudizio sia già instaurato, ma è sufficiente che la lite sia anche solo potenziale. Per non dilatare in modo irragionevole la portata della norma, si deve ritenere che essa imponga di effettuare un accurato controllo in ordine alla effettiva utilità della documentazione richiesta, alla stregua di una sorta di prova di resistenza; tale giudizio prognostico, anche quando è effettuato dal giudice secondo il rito speciale divisato dall’art. 25, l. n. 241 cit., non può prescindere dalle eventuali preclusioni processuali in cui sia incorso il richiedente: si pensi al concorrente che intenda accedere all’offerta dell’aggiudicatario dopo che siano scaduti i termini decadenziali per impugnare l’aggiudicazione definitiva; ovvero al caso del tutto assimilabile (verificatosi nel presente giudizio), in cui siano scaduti i termini per proporre i motivi aggiunti avverso l’aggiudicazione. 95 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 In definitiva, dal combinato disposto dei commi 5 e 6, dell’art. 13, d.lgs. n. 163 del 2006, discende che non è consentito esercitare l’accesso alla documentazione posta a corredo dell’offerta selezionata, ove l’impresa aggiudicataria abbia dichiarato che sussistano esigenze di tutela del segreto tecnico o commerciale, ed il richiedente non abbia dimostrato la concreta necessità di utilizzare tale documentazione in uno specifico giudizio. Vito Poli Rel. Estensore - Consigliere Che è quanto verificatosi nella vicenda oggetto del presente gravame, come esattamente rilevato dal T.a.r. della Sardegna. *** 7. Sulla scorta delle rassegnate conclusioni l’appello deve essere respinto. N. 00989/2008 REG.RIC. Nulla sulle spese del presente grado di giudizio non essendosi costituite le parti intimate. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso meglio specificato in epigrafe: - respinge l’appello e per l’effetto conferma l’ordinanza impugnata; ESTENSORE IL PRESIDENTE f.to Vito Poli f.to Stefano Baccarini DEPOSITATA 09.12.2008. IN SEGRETERIA il N. 01535/2008 REG.SEN. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente SENTENZA - nulla sulle spese del presente grado di giudizio. Sul ricorso numero di registro generale 989 del 2008, proposto da: Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa. Biagio PRATICO’, Rosa CEGLIE, Mario Daniele MANAGO’, Antonio PRATICO’, Francesco TRIMBOLI, rappresentati e difesi dall’Avv. Paolino RIZZUTI ed elettivamente domiciliati in Catanzaro alla Via Jannoni, n. 43 presso lo studio dell’Avv. Daniela DANTE; Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7 ottobre 2008, con la partecipazione di: Stefano Baccarini Presidente - Filoreto D’Agostino Consigliere - Claudio Marchitiello Consigliere - Marco Lipari Consigliere - contro l’Amministrazione comunale di Praia A Mare in persona del Sindaco legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dal Sindaco dr. Carlo LOMONACO ex art. 25 comma 5 bis della L. 7 agosto 1990, n. 241 e domiciliato presso l’Ufficio di Segreteria del TAR in assenza di domicilio eletto in Catanzaro, 96 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 il Responsabile dell’Ufficio Tecnico – Area Urbanistica del Comune di Praia a Mare; f) della nota del Responsabile dell’Ufficio Tecnico in data 12 settembre 2008, n. 14979/1 con la quale in relazione alla istanza di accesso di Antonio Praticò nella qualità di consigliere comunale in data 4 agosto 2008, n. 14979 ha negato l’accesso ai documenti richiesti mediante la estrazione di copie di tre concessioni demaniali; il Responsabile dell’Area Gestione Finanziaria del Comune di Praia A Mare; e per la declaratoria l’annullamento per la declaratoria del "Regolamento per la disciplina dei diritti di accesso dei cittadini alle informazioni agli atti e documenti amministrativi e ai servizi" del Comune di Praia A Mare approvato con deliberazione di C.C. del 28 dicembre 2000, n. 39 modificato con deliberazione di C.C. del 4 giugno 208, n. 7 nella parte in cui nel combinato disposto dell’art. 25, comma 4 e art. 6, 7 ed 8 illegittimamente estende ai Consiglieri Comunali le ipotesi di esclusione di accesso stabilite per qualsiasi altro cittadino o soggetto esterno alla P.A. e limita il diritto di accesso dei consiglieri comunali per l’esercizio del loro mandato; il Segretario comunale anche in qualità di responsabile dell’Area Demografica, il Comandante p.t. della Polizia Municipale del Comune di Praia a Mare; di illegittimità e l’annullamento: a) della nota del Comandante della Polizia Municipale del 29 agosto 2008, n. 2159 di diniego dell’accesso mediante estrazione copia dei documenti richiesti dai ricorrenti, in qualità di Consiglieri comunali; b) della nota del responsabile dell’Ufficio Tecnico comunale del 29 agosto 2008, n. 9058/Uff. tec. Con la quale in ordine alla richiesta di accesso agli atti da parte dei ricorrenti sono state fissate le date di accesso; c) della nota del responsabile dell’Ufficio tecnico comunale in data 5 settembre 2008, n. 9058/Uff.Tec./1 con la quale a seguito dei solleciti dei ricorrenti sono state fissate altre date per l’accesso ai documenti richiesti anticipate rispetto a quelle concesse con la nota precedente; d) della nota del Responsabile dell’Ufficio Tecnico in data 11 settembre 2008, n. 14855/2 con la quale in relazione alla istanza di accesso del ricorrente Sig. Antonio Praticò in data 31 luglio 2008, n. 14855 ha negato l’accesso mediante estrazione di copia; e) della nota del responsabile dell’Area Gestione Economica e Finanziaria del Comune di Praia A Mare in data 11 settembre 2008, n. 15101/2 con la quale in relazione ad altre tre istanze di accesso ha negato l’accesso mediante estrazione di copie dei documenti richiesti; di illegittimità e nonché per l’esibizione ed il rilascio di copia dei documenti richiesti ex art. 25 comma 6 della L. n. 241 del 1990; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Praia A Mare in Persona del Sindaco P.T.; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 06/11/2008 il dott. Pierina Biancofiore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue: FATTO 97 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Con ricorso notificato ai soggetti in epigrafe indicati il 18 settembre 2008 e depositato il 20 successivo i ricorrenti, consiglieri di minoranza presso il Consiglio Comunale di Praia A Mare hanno richiesto con note varie più oltre indicate l’accesso ad alcuni atti per l’esercizio del loro mandato ai sensi dell’art. 43, comma 2 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, ricevendone o il differimento oppure la visione al posto della estrazione di copia richiesta e soltanto in alcuni casi la copia dei documenti richiesta. Impugnano altresì il Regolamento comunale sull’accesso in parte qua. l’accesso alla documentazione da essi richiesta oppure ne avrebbe consentito la sola visione oppure lo avrebbe proprio negato, tutto ciò in quanto essi sono consiglieri appartenenti al gruppo di minoranza in seno al Consiglio Comunale e, quindi, opererebbero per l’adempimento del mandato loro attribuito dagli elettori. Impugnano pure e ne chiedono quindi l’annullamento in parte qua, il Regolamento comunale sull’accesso nella parte in cui limiterebbe le modalità di esercizio del diritto di accesso ai consiglieri comunali in adempimento del loro mandato. Avverso le note come in epigrafe indicate lamentano la violazione dell’art. 97 Cost.; violazione dell’art. 43, comma 2 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267; violazione e falsa applicazione degli articoli 22 e seguenti della L. n. 241 del 1990 e s.m.i.; violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi generali in materia di accesso agli atti da parte dei Consiglieri comunali; erroneità ed illegittimità dei presupposti; eccesso e sviamento di potere per omessa erronea ed illegittima motivazione falso scopo e falsa causa. Con altra doglianza fanno valere, in aggiunta a tutte quelle rubricate sopra, anche l’eccesso di potere per omessa, insufficiente ed illegittima motivazione. Concludono, quindi per l’accoglimento del ricorso. 1. In primo luogo va esaminata ed accolta l’eccezione di inammissibilità della parte di domanda inerente l’annullamento del Regolamento comunale sull’accesso anzidetto, per come opposta dalla resistente Amministrazione comunale. Ad esso si è opposta l’Amministrazione comunale che, costituitasi in giudizio e rappresentata anche in giudizio dal Sindaco, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso sotto più profili ed ha concluso per la reiezione dello stesso. Il ricorso è stato trattenuto in decisione alla Camera di Consiglio del 6 novembre 2008. DIRITTO Il ricorso è in parte inammissibile in parte infondato. I ricorrenti agiscono in giudizio per ottenere la declaratoria di illegittimità di alcune note meglio in epigrafe indicate con le quali l’Amministrazione comunale avrebbe o differito Infatti attraverso il rito speciale che consente la tutela giurisdizionale del diritto di accesso, come stabilito dagli articoli 22 e seguenti della L. 7 agosto 1990, n. 241 non è consentito introdurre domande di annullamento di provvedimenti, seppure generali, come è il richiamato Regolamento comunale, in quanto queste richiedono che sia proposto il normale giudizio di legittimità. Conforme è la giurisprudenza in tal senso: "Nel ricorso riguardante l'accesso agli atti l'ulteriore domanda avente ad oggetto l'annullamento di un provvedimento amministrativo deve essere trattata con il rito ordinario essendo il procedimento speciale dell'art. 25 l. n. 241 del 1990 previsto per i soli ricorsi "contro le determinazioni amministrative concernenti il diritto di accesso e nei casi previsti dal comma 4" ovvero nelle ipotesi in cui all'inutile decorso del termine di 30 giorni consegue la formazione del silenzio - rifiuto dell'amministrazione;" (TAR Campania, sezione V, 12 dicembre 2005, n. 20171). Sotto il profilo procedurale, dunque, per quanto concerne l'impugnativa del provvedimento deve essere disposta la separazione del processo, la formazione di nuovo fascicolo e, previa conversione del rito, l'iscrizione del ricorso a 98 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 nuovo ruolo perché lo stesso sia trattato secondo il rito ordinario e con le forme dell'udienza pubblica, ovviamente ove ne ricorrano gli estremi di tempestività della notifica e del deposito dell’atto introduttivo del giudizio. In tale senso si è pronunciata questa stessa sezione con la sentenza n. 97 del 9 febbraio 2005. Di conseguenza va disposta la conversione in rito ordinario dell’impugnativa del "Regolamento per la disciplina dei diritti di accesso dei cittadini alle informazioni agli atti e documenti amministrativi e ai servizi" del Comune di Praia a Mare approvato con deliberazione di CC del 28 dicembre 2000, n. 39 modificato dalla deliberazione di CC del 4 giugno 2008, n. 7, atteso che l’attuale ricorso risulta correttamente notificato nei termini in data 18 settembre 2008. Non risultando infatti dalla delibera n. 7 del 4 giugno 2008 impugnata, gli estremi di pubblicazione all’albo comunale, ma risultando dal suo tenore che uno dei ricorrenti, il consigliere di minoranza Biagio Praticò, è stato presente alla discussione, la piena conoscenza dell’atto va fatta decorrere dalla data di adozione della stessa delibera, con conseguente tempestività del ricorso avverso di essa proposto, seppure unitamente a quello di accesso. 2. Stralciata la parte di impugnativa relativa al Regolamento comunale sull’accesso va rilevato, tuttavia, che la parte della domanda più strettamente riguardante gli atti di differimento e/o negativi dell’accesso è infondata. A sostegno delle loro pretese i ricorrenti argomentano che, contrariamente a quanto loro opposto anche verbalmente dall’Amministrazione comunale, non sono tenuti a motivare la propria richiesta di informazioni, poiché diversamente opinando, la P.A. si ergerebbe paradossalmente ad arbitro delle forme di esercizio delle potestà pubblicistiche dell’organo deputato all’individuazione ed al perseguimento dei fini collettivi. La posizione non è condivisibile. La circostanza che il Testo Unico sugli Enti Locali abbia riconosciuto la particolare forma di accesso costituita dall’accesso del consigliere comunale per l’esercizio del mandato di cui è attributario non può portare allo stravolgimento dei principi generali in materia di accesso ai documenti e non può comportare che, attraverso uno strumento dettato dal legislatore per il corretto svolgimento dei rapporti cittadino – pubblica amministrazione, il primo, servendosi del baluardo del mandato politico, ponga in essere strategie ostruzionistiche o di paralisi dell’attività amministrativa con istanze che a causa della loro continuità e numerosità determinino un aggravio notevole del lavoro negli uffici ai quali sono rivolte e determinino un sindacato generale sull’attività dell’amministrazione oramai vietato dall’art. 24, comma 3 della L. n. 241 del 1990. E soprattutto la particolare disposizione del Testo Unico degli Enti Locali va coordinata con la modifica introdotta all’art. 22 della L. n. 241 del 1990, dalla L. n. 15 del 2005, di tal che anche il consigliere comunale deve essere portatore di un interesse diretto, concreto ed attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento per il quale richiede l’accesso. I consiglieri comunali ricorrenti non dimostrano in alcun modo quale sia l’interesse diretto, concreto ed attuale ad ottenere i documenti che più oltre si vanno ad analizzare e per i quali è stato negato il rilascio delle copie, mentre è stato consentito il cd. accesso debole tramite la visione degli atti e la circostanza che le istanze di accesso agli atti sono state 31 nel corso dei mesi di luglio ed agosto 2008 rende pure evidente l’ulteriore profilo di infondatezza delle loro pretese, cui sopra accennato per violazione dell’art. 24, comma 3 della L. n. 241 del 1990 e s.m.i. Infatti la numerosità delle istanze, che tendono ad ottenere la documentazione di tutti i settori dell’Amministrazione appare più rivolta a compiere un sindacato generalizzato dell’attività degli organi decidenti, deliberanti e 99 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 amministrativi dell’Ente che non all’esercizio del mandato politico finalizzato ad un organico progetto conoscitivo in relazione a singole problematiche che di volta in volta l’elettorato, di cui sono espressione i consiglieri comunali, porti alla loro attenzione. E ciò risulta più evidente riprendendo l’oggetto delle richieste di accesso, come di seguito riprodotte proprio per dimostrare l’assunto posto in evidenza dal TAR, laddove ad esempio non è dato comprendere la motivazione della richiesta di ottenere la copia di "tutte le determinazioni assunte dall’Ufficio di ragioneria dal 1° maggio 2008 al 31 maggio 2008" e dal "1° giugno 2008 al 30 giugno 2008 con la copia del registro cronologico delle determinazioni e del registro generale delle determinazioni" oppure volta ad ottenere "tutte le determinazioni del Settore Lavori pubblici dal 1° maggio 2008 al 31 maggio 2008" e dell’Area Urbanistica "dal 1° maggio 2008 al 31 maggio 2008". elaborati tecnici per il Piano di Spiaggia Comunale redatto in esecuzione della delibera della Giunta Comunale n. 38/2008 - nota n. 15184 del 6 agosto 2008 avente per oggetto l’estrazione di copia della relativa documentazione riferita alle determinazioni assunte dal Responsabile dell’Ufficio Tecnico nel periodo dal 1° luglio 2008 al 31 luglio 2008; - nota n. 14979 del 4 agosto 2008 avente per oggetto l’estrazione di copia delle concessioni demaniali riferite all’occupazione di suolo demaniale per le attività lidi – stabilimenti balneari, parco giochi divertimenti – giostre e quant’altro trasmesse all’Agenzia del demanio di Cosenza in più date anche mediante visione; - nota n. 15341 dell’8 agosto 2008 avente per oggetto l’estrazione di copia della relativa documentazione riferita alla delibera di Giunta comunale n. 2/2008 con la quale si autorizza il Responsabile dell’Ufficio tecnico comunale a compiere tutti gli atti consequenziali alla presente deliberazione, per l’affidamento dei servizi di supporto all’esistente organizzazione con personale comunale per i servizi di manutenzione della viabilità e edifici comunali, manutenzione del servizio idrico fognario, manutenzione della rete di pubblica illuminazione, servizio di raccolta rifiuti e spezzamento, pulizia degli uffici della sede municipale, uffici di polizia municipale, museo comunale e centro anziani, esclusa la fornitura di materiali con affidamento alla Felum Società Cooperativa…per la durata di mesi due per l’importo di E.38.000 IVA, nonché di tutti gli atti consequenziali posti in essere tra il Responsabile del Servizio Tecnico con la Coop. FELUM; - nota n. 15100 del 5 agosto 2008 avente ad oggetto l’estrazione di copia della relativa documentazione riferita alle determinazioni assunte dal responsabile dell’Ufficio tecnico comunale nel periodo dal 1° maggio 2008 al 30 maggio 2008 anche mediante la visione; - nota n. 15342 dell’8 agosto 2008 avente per oggetto l’estrazione di copia della documentazione relativa alla delibera di Giunta comunale n. 2/2008 con la quale si autorizza il responsabile dell’Ufficio tecnico a compiere tutti gli atti consequenziali alla detta delibera…; - nota n. 15104 del 5 agosto 2008 avente per oggetto il rilascio della copia e relativa documentazione riferita alla redazione dello studio di incidenza per il Piano Spiaggia Comunale redatto in esecuzione della delibera della Giunta Comunale n. 111/2008; - nota n. 14855 del 31 luglio 2008 avente ad oggetto l’estrazione di copia della relativa documentazione riferita alla delibera di Giunta Comunale n. 127 del 17 aprile 2008 avente ad oggetto "Approvazione investimento per affidamento incarichi professionali per la redazione del Piano Strutturale Comunale e regolamento edilizio ed urbanistico del Comune di Praia A Mare" nonché tutti gli atti di gara con particolare riferimento al disciplinare di gara riferito all’incarico del PSC e relativo Le note sono le seguenti con l’oggetto pure in esse specificato. - nota n. 15108 del 5 agosto 2008 avente per oggetto il rilascio della copia e relativa documentazione riferita alla redazione della relazione dello studio geologico e annessi 100 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Regolamento Edilizio nonché l’atto che disciplina il rapporto tra le parti e la relativa Convenzione; - nota n. 15101 del 5 agosto 2008 avente per oggetto estrazione di copia della relativa documentazione riferita al registro cronologico delle determinazioni assunte dal Responsabile dell’Ufficio Ragioneria per il periodo dal 1° giugno 2008 al 30 giugno 2008 e di copia del relativo registro generale delle determinazioni assunte dai vari responsabili degli uffici; - nota n. 15103 del 5 agosto 2008 avente per oggetto l’estrazione di copia del bilancio di previsione esercizio finanziario 2008 già approvato con delibera consiliare. Come è dato rilevare, dunque, dall’elenco sopra riportato e che peraltro riproduce soltanto alcune delle richieste effettuate dai ricorrenti, quelle per le quali vi sarebbe stata la sola visione o il diniego, la quantità e l’assenza di specificità di alcune delle istanze porta a ritenere che esse siano rivolte ad un controllo generalizzato dell’attività di tutti i settori del Comune e non per l’effettuazione del mandato politico. E nonostante ciò occorre rilevare che il Comune, pur dopo avere negato in un primo tempo l’accesso, come per la richiesta di rilascio della copia di tre concessioni demaniali marittime inviata all’Agenzia del Demanio di Cosenza, successivamente ha esaudito la richiesta stessa, rilasciando la copia dei detti documenti; oppure a fronte del differimento dell’accesso mediante visione di alcuni degli atti richiesti ne ha anticipato la stessa visione, accogliendone le istanze dei ricorrenti, sicchè rispetto a tali richieste va pure dichiarata la sopravvenuta carenza di interesse. Riguardo poi all’atto col quale è stata negata la richiesta di ottenere la copia delle determinazioni adottate dall’Ufficio di ragioneria, dei registri cronologici delle determinazioni di tutti gli Uffici e del Bilancio di previsione, ostandovi al rilascio il disposto dell’art. 6, comma 10 del Regolamento sull’accesso, quest’ultimo è subordinato alla valutazione dell’impugnativa sul Regolamento che è stata spostata in sede ordinaria. Per le considerazioni di cui sopra il ricorso va dichiarato in parte inammissibile riguardo all’impugnativa del "Regolamento per la disciplina dei diritti di accesso dei cittadini alle informazioni agli atti e documenti amministrativi e ai servizi" del Comune di Praia a Mare approvato con deliberazione di CC del 28 dicembre 2000, n. 39 modificato dalla deliberazione di CC del 4 giugno 2008, n. 7 e ne va disposta la separazione e la sua conversione in rito ordinario con rinvio ad una udienza pubblica da determinarsi, per il resto va respinto. Le spese seguono la soccombenza e vanno determinate come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria – Sezione Seconda definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe lo dichiara in parte inammissibile riguardo all’impugnativa del "Regolamento per la disciplina dei diritti di accesso dei cittadini alle informazioni agli atti e documenti amministrativi e ai servizi" del Comune di Praia a Mare approvato con deliberazione di CC del 28 dicembre 2000, n. 39 modificato dalla deliberazione di CC del 4 giugno 2008, n. 7 e ne va disposta la separazione e la sua conversione in rito ordinario con rinvio ad una udienza pubblica da determinarsi e per il resto lo respinge. Condanna i ricorrenti al pagamento di Euro 3000,00 a favore dell’Amministrazione comunale di Praia a Mare per spese di giudizio ed onorari. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 06/11/2008 con l'intervento dei Magistrati: Pierina Biancofiore, Presidente FF, Estensore 101 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Anna Maria Verlengia, Referendario Visti gli atti tutti della causa; Vincenzo Lopilato, Referendario Relatore, alla Camera di Consiglio del 15 luglio 2008, il cons. Goffredo Zaccardi; DEPOSITATA 27/11/2008. IN SEGRETERIA Il Uditi gli avv.ti Dani e Gicca Palli; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue. *** . Reg.Dec. 5148/2008 FATTO N. 4758 Reg. Ric. Anno 2008 REPUBBLICAITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente DECISIONE sul ricorso in appello n. 4758/2008 proposto dal Comune di Sassuolo, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avv. Fabio Dani ed elettivamente domiciliato presso lo studio del dr. Gianmarco Grez in Roma, Lungotevere Flaminio n. 46; contro il sig. Gianfrancesco Menani, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Fregni e Stelio Gicca Palli ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Via G. Antonelli n. 50; per l’annullamento della sentenza n. 1431/2008 pronunciata tra le parti dal Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Emilia Romagna, seconda sezione; Visto il ricorso in appello con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione dell’appellato Menani; in giudizio Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; La sentenza appellata è stata emessa a tenore dell’articolo 25, quinto comma, della legge n. 241 del 7 agosto 1990 (legge 241/1990), sul ricorso proposto dal sig. Menani, consigliere comunale del Comune di Sassuolo, per l’annullamento del diniego, opposto con nota n. 143 del 3 gennaio 2008 e successiva comunicazione del 15 gennaio 2008 n.1136, sulla istanza di accesso diretta ad ottenere in copia autentica due documenti: a) la bozza del Piano Strutturale Comunale e del Regolamento Urbanistico Edilizio – PSC e RUE - consegnata ai consiglieri comunali in data 8 giugno 2006 e discussa in Consiglio Comunale il 15 giugno 2006; b) il documento n. 5 allegato al ricorso di cui al fascicolo n. 960/2007 recante un prospetto di confronto delle differenze tra la bozza consegnata ai consiglieri ed il testo che risulta approvato dal Consiglio Comunale . Di tali documenti l’appellato era in possesso, ma il Tribunale Amministrativo Regionale li aveva ritenuti privi di rilevanza probatoria nel giudizio avviato per l’annullamento delle delibere consiliari di approvazione del PSC e del RUE dall’attuale appellato perchè di "provenienza informale ed indeterminata". Infatti con ordinanza n. 680/2007, adottata nel suddetto giudizio, il predetto Tribunale aveva statuito di non consentire l’accesso agli atti in parola sulla base della motivazione qui richiamata. La decisione oggetto del presente giudizio ha ritenuto, invece, che sussisteva un interesse qualificato del sig. Menani all’accesso agli atti in relazione alla impugnazione delle delibere consiliari di adozione e approvazione del PSC e 102 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 del RUE di cui al ricorso 960/2007 e che, non negando il Comune di essere in possesso degli atti di cui trattasi e non rientrando detti documenti nelle categorie di atti non accessibili individuate dall’articolo 24 della legge 241/1990, l’accesso doveva essere ammesso nella forma richiesta: con la precisazione che, per il secondo di detti atti, detenuto in originale dal Prefetto di Bologna, l’Amministrazione era tenuta a trasmettere la richiesta al Prefetto stesso a tenore dell’articolo 6, secondo comma, del DPR n. 184 del 12 aprile 2006. Nell’atto di appello il Comune di Sassuolo ha contestato detta impostazione chiedendo la riforma della decisione appellata. Le parti hanno presentato memorie illustrative delle rispettive posizioni. DIRITTO L’appello è, a giudizio del Collegio, infondato. Devono essere svolte alcune considerazioni preliminari in punto di fatto: non è controversa la circostanza che i documenti di cui il sig. Menani chiede di poter estrarre copia autentica gli siano stati trasmessi dal Comune appellante in allegato alla nota n. 22060 del 5 luglio 2007 ed, inoltre, che detti documenti sono stati esaminati nel corso del procedimento di approvazione delle due deliberazioni consiliari che il sig. Menani ha impugnato in primo grado con il ricorso n. 960/2007 innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna. Questa seconda circostanza è stata affermata dall’attuale appellato nel ricorso di primo grado e nella memoria presentata in questa fase del giudizio, senza trovare smentita da parte del Comune appellante. In particolare la bozza di PSC - RUE è stata consegnata al sig. Menani ed agli altri consiglieri comunali in data 8 giugno 2006 ed è stata discussa nella seduta del 15 giugno 2006 mentre il prospetto riassuntivo delle differenze tra tale documento ed il contenuto delle delibere poi approvate è stato posto all’ordine del giorno della IV Commissione consiliare "Affari istituzionali di controllo e garanzia" nella seduta del 10 aprile 2007 e discusso nella successiva seduta del 30 maggio 2007. Si tratta, quindi, di due documenti che sono entrati a far parte del complesso di atti esaminati e discussi nel corso del procedimento di approvazione delle due deliberazioni consiliari impugnate dal sig. Menani in primo grado rispetto ai quali è pieno ed incontestabile il diritto di accesso dell’appellato nella sua qualità di consigliere comunale e, per converso, l’obbligo del Comune di esibirli, anche in copia autentica, essendo atti di cui è tenuto a curare la conservazione. Né ha alcun rilievo la circostanza che il sig. Menani ne fosse già in possesso posto che, nel corso del giudizio innanzi al TAR Emilia Romagna, il Tribunale, con la già ricordata ordinanza n. 680/2007, ha negato forza probatoria alla documentazione in parola (perché "di provenienza informale ed indeterminata") al fine di dimostrare la differenza di contenuto tra quanto il Consiglio Comunale ha esaminato e discusso e quanto risulta formalmente deliberato. Tale situazione, quindi, ha reso non solo ragionevole, ma necessaria, la richiesta di copie autentiche degli atti in questione dai quali, è opportuno ricordarlo, il sig. Menani sostiene siano desumibili una serie di difformità dei testi discussi ed approvati, difformità che ha analiticamente indicato nel ricorso di primo grado. E’, pertanto, evidente che solo dal riscontro di tali documenti, per come risultano portati all’attenzione degli organi comunali con il verbale delle riunioni del Consiglio Comunale in cui sono state adottate le delibere impugnate ed, infine, dal raffronto con il contenuto delle stesse, potrà chiarirsi la fondatezza o meno del ricorso dell’appellato. Da ciò consegue ineludibilmente la sussistenza di un interesse qualificato all’accesso agli atti, e correttamente il giudice di primo grado ne ha dato atto nella decisione appellata fornendo anche una motivazione adeguata con il richiamo alla circostanza della pendenza del giudizio 103 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 avviato dall’appellato per l’annullamento delle delibere comunali di approvazione del PSC e del RUE. Sono, quindi, da respingere le eccezioni di difetto di interesse e di carenza di motivazione della sentenza appellata svolte su questo punto. Prive di pregio sono poi le considerazioni volte a limitare la portata della ordinanza del TAR n. 680/2007 sopra richiamata al solo prospetto delle differenze espressamente citato nel dispositivo. E’, infatti, chiara l’intenzione del primo giudice di privare, data la provenienza non sicura, tutta la documentazione di supporto alle tesi del sig. Menani di forza probatoria, ed il riferimento al solo prospetto non è decisivo perché in questo documento sono condensati, per quel che serve in questa sede, anche i contenuti della bozza di PSC – RUE. Parimenti da disattendere è l’assunto che la bozza più volte richiamata non è conservata agli atti del Comune perché non protocollata e non costituisce per tale motivo un atto interno ma un semplice foglio di lavoro: non si comprende perché allora è stata allegata alla nota comunale n. 22060 del 5 luglio 2007 di cui porta ovviamente il numero di protocollo, ma soprattutto come tale definizione si attagli ad un documento distribuito e discusso dai consiglieri comunali in sede di adozione ed approvazione delle deliberazioni concernenti il PSC ed il RUE. La eventuale mancanza di una copia agli atti del Comune potrà semmai introdurre un problema di responsabilità dei funzionari tenuti alla conservazione degli atti degli organi comunali e di avvio delle attività per recuperarne una copia da custodire ma, di certo, non ridurre la tutela del diritto di accesso dei consiglieri comunali. Quanto alle censure dirette a contestare la procedura di esibizione del prospetto è pienamente legittimo che, essendo detto documento in possesso del Prefetto di Bologna che lo ha ricevuto in allegato ad un esposto poi trasmesso al Comune di Sassuolo per avere elementi di risposta, in applicazione dell’articolo 6, secondo comma del DPR 12 aprile 2006 n. 184, il giudice di primo grado abbia disposto per l’invio della istanza del sig. Menani al Prefetto di Bologna per gli adempimenti di competenza né, in alcun modo in forza di tale statuizione il Prefetto diviene parte necessaria del presente giudizio rimanendo libero, nell’esercizio delle funzioni proprie, di accogliere o meno la istanza. Neppure vi è stata pronuncia "ultra petita" in quanto è all’interno delle statuizioni da prendere per soddisfare la pretesa fatta valere in giudizio dall’attuale appellato che è stato disposto l’invio della stessa al Prefetto, fermo restando che ben potrebbe il Comune rilasciare copia autentica della documentazione a suo tempo ricevuta dal Prefetto semplificando le attività necessarie per consentire l’accesso richiesto dal sig. Menani. E’, poi, ben chiaro che, a fronte della inadempienza dell’Amministrazione, compete al giudice provvedere a rendere operanti gli obblighi di legge. Nessun rilievo ha la rinuncia che il sig. Menani il giorno successivo alla ricezione dell’atto impugnato, avrebbe espresso con riguardo alla richiesta di estrazione di copia del prospetto: detta dichiarazione era con evidenza diretta a conseguire, quantomeno, la bozza di PSC – RUE; cadendo questo presupposto viene meno anche la dichiarazione di rinuncia parziale all’accesso. Del tutto fuori luogo è la considerazione svolta nella parte finale dell’appello in ordine alla facoltà di negare l’accesso all’autore del documento o comunque a chi ne sia in possesso in quanto, nel caso di specie, si tratta di conseguire copie autentiche. Non sussiste, infine, la denunciata violazione delle norme che fissano le modalità di autenticazione degli atti: nel caso in esame i documenti richiesti hanno costituito oggetto di discussione nel procedimento di approvazione di due atti fondamentali per il Comune di Sassuolo (chiunque li abbia prodotti o redatti) e dovevano, e debbono, essere conservati dal funzionario che conserva gli atti relativi alle deliberazioni consiliari, che potrà autenticarne il contenuto per come acquisiti agli atti del Comune. 104 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Alla stregua delle considerazioni che precedono l’appello deve essere respinto mentre, in considerazione della statuizione resa con ordinanza n. 680/2007 - che ha considerato atti informali i documenti di cui viene chiesto l’accesso determinando in qualche modo incertezza sull’obbligo di esibirli nella forma richiesta - possono essere compensate le spese del giudizio. Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio- Sede di Roma -Sezione III quater composto dai seguenti magistrati: Dr. Mario Di Giuseppe - Presidente Dr. Linda Sandulli - Consigliere relatore Dr. Carlo Taglienti - Consigliere P. Q. M. Il Consiglio di Stato, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello indicato in epigrafe, lo rigetta. Spese compensate. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa. Così deciso in Roma, dal Consiglio di Stato, Sezione Quarta, riunito in camera di consiglio, addì 15 luglio 2008, con l'intervento dei seguenti Magistrati: ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso n. 3133 del 2008 proposto da Marcelli Giorgio, rappresentato e difeso dall’avvocato Corrado Morrone ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, Viale XXI Aprile n. 11; CONTRO Goffredo ZACCARDI - Consigliere, est. L’Azienda Unità Sanitaria Locale Roma C, in persona del rappresentante legale in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Gabriella Mazzolli e Barbara Bentivoglio ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma Viale dell’Arte 68; Carlo SALTELLI - Consigliere per l’annullamento Sergio DE FELICE - Consigliere L’ESTENSORE IL PRESIDENTE del provvedimento di cui alla nota dell’AUSL Roma C, UOC, Attività Legale, dell’8 febbraio 2007, protocollo 7655, di diniego di accesso ai documenti e agli atti amministrativi richiesti ex art. 22 l. 241 del 1990; Goffredo Zaccardi Luigi Cossu Visto il ricorso con i relativi allegati; Depositata in Segreteria il 21/10/2008. Visti gli atti della causa; *** Nominato relatore all’Udienza in Camera di Consiglio del 14 maggio 2008 il consigliere dr. Linda Sandulli e sentiti gli avvocati come da verbale d’udienza ; Luigi COSSU - Presidente Vito CARELLA - Consigliere N. 7930/2008 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue: FATTO 105 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Dirigente medico nella disciplina di medicina legale il dr. Marcelli ha preso servizio presso l’Azienda intimata a partire dal 30 ottobre 2005, a seguito di mobilità. Riferisce di aver "sofferto" varie illegittimità tra le quali - prima per ordine di importanza - è quella del mancato riconoscimento di permessi espressamente ammessi dalla normativa di settore e richiesti a vario titolo come per assistenza ai genitori colpiti da grave handicap e per assolvere ad incarichi esterni, consentiti dalla medesima normativa. Assume che la mancata fruizione dei congedi richiesti gli ha procurato un danno economico materiale oltre che morale. Riferisce anche di aver portato la sua vicenda all’attenzione del Servizio attività legale dell’Azienda, nell’ottobre 2006, anche in considerazione degli atti di diffida dal medesimo rivolti all’AUSL. Soggiunge di aver fornito, sempre, adeguata motivazione in relazione ad ogni istanza e di aver ottenuto un incontro per il 7 novembre 2006 con l’avvocato Mazzoli presso la sede legale "per considerare le richieste inoltrate a questa amministrazione". In esito a tale incontro sarebbe stata riconosciuta la fondatezza delle sue doglianze ed avrebbe ottenuto somme illegittimamente trattenute dall’Azienda. Ha presentato formale istanza di accesso alla documentazione che lo riguarda, al fine di valutare la situazione e procedere, eventualmente, in altre sedi alla tutela dei suoi interessi, senza ottenere quanto richiesto. Impugna il diniego all’accesso pronunciato dall’Azienda intimata e deduce i seguenti motivi: Violazione e falsa applicazione dell’articolo 24 della legge n. 241 del 1990 come modificato dalla legge n. 15 del 2005 e dei principi generali in tema di accesso. Violazione dell’articolo 3 della medesima legge. Violazione dell’articolo 2 della legge n. 200 del 26 gennaio 1996 e del dPR n. 184 del 12 aprile 2006. Eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria. Violazione dell’articolo 97 della Costituzione e dei principi di imparzialità, trasparenza e buon andamento. In via subordinata i medesimi principi e le medesime norme sotto diverso profilo. Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata che ha contestato le argomentazioni addotte dal ricorrente chiedendo il rigetto del gravame. All’udienza del 14 maggio 2008 la causa è stata trattenuta in decisione. DIRITTO Dirigente medico nella disciplina di medicina legale presso l’Azienda intimata, a partire dal 30 ottobre 2005, il dr. Marcelli, dopo aver contestato alla medesima Azienda la mancata concessione di permessi retribuiti e la rigidità dell’orario impostogli, ha chiesto, con nota del 22 gennaio 2008 di "prendere visione dei documenti amministrativi del procedimento concluso con l’emanazione del provvedimento finale favorevole ….contenuti nel relativo fascicolo ". Si è visto negare l’accesso in applicazione dell’articolo 24 della legge n. 241 del 1990 che ad avviso dell’azienda resistente sarebbe applicabile nella specie, rientrando la questione del ricorrente in una fase contenziosa e non meramente amministrativa ed essendo i pareri resi dai legali e per tale ragione, sottratti all’accesso, secondo gli articoli 622 c.p. e 200 cpp, e secondo l’articolo 2 del dPCM n. 200 del 26.1.1996, contenente le norme per la disciplina di categorie e documenti dell’Avvocatura dello Stato. L’ultima disposizione, in particolare, ancorché riguardante gli atti dell’Avvocatura dello Stato troverebbe applicazione anche al di fuori dell’ambito della difesa erariale in quanto sarebbe ricognitiva dei principi applicabili nella materia. 106 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 La ricostruzione della vicenda dall’Amministrazione resistente non condivisa dal Collegio. fatta viene Sul punto, ritiene di dover richiamare l’orientamento consolidato del giudice amministrativo, secondo il quale:" Ai sensi del combinato disposto di cui agli art. 10 d.P.R. n. 554 del 1999 e 24 l. n. 241 del 1990, sono sottratte all'accesso le relazioni riservate del direttore dei lavori e dell'organo di collaudo sulle domande e sulle riserve dell'impresa posto che la definizione di "riservata" data ai suddetti atti dall'art. 31 bis l. n. 109 del 1994, denota come il legislatore abbia voluto impedire la diffusione delle surriferite relazioni al di fuori delle amministrazioni cui sono indirizzate, in quanto si inseriscono in una controversia in atto o potenziale tra l'Amministrazione e l'appaltatore concernente l'esecuzione del contratto, nella quale si fronteggiano interessi di natura patrimoniale e che solo indirettamente, per le possibili conseguenze sulla finanza pubblica, presentano riflessi di ordine pubblicistico; tale divieto, viceversa, non opera nei confronti di un parere legale che, laddove oggettivamente correlato ad un procedimento, assume valenza endo - procedimentale, decadendo a ruolo di mero elemento istruttorio (Consiglio Stato, sez. V, 15 aprile 2004, n. 2163) e, sempre sul medesimo tema il principio secondo il quale: "Gli scritti defensionali degli avvocati, siano essi del libero foro o appartente ad uffici legali di enti pubblici, sono esclusi dall'accesso in quanto il segreto professionale è specificamente tutelato dall'ordinamento. Nell'ambito degli atti coperti da segreto, come tali sottratti all'ostensione, rientrano in linea generale gli atti redatti dai legali e dai professionisti in relazione a specifici rapporti di consulenza con l'amministrazione, detto segreto gode di una tutela qualificata, enucleata dalla disciplina dettata dagli art. 622 c.p. e 200 c.p.p. Debbono quindi ritenersi accessibili i soli pareri resi, anche da professionisti esterni all'amministrazione, che si inseriscono nell'ambito di un'apposita istruttoria procedimentale, posto che in tale evenienza il parere è oggettivamente correlato ad un procedimento amministrativo, mentre debbono ritenersi coperti da segreto i pareri resi dopo l'avvio di un procedimento contenzioso (giudiziario, arbitrale, od anche meramente amministrativo), oppure dopo l'inizio di tipiche attività precontenziose, quali la richiesta di conciliazione obbligatoria che precede il giudizio in materia di rapporto di lavoro (Consiglio Stato, sezione V, 2 aprile 2001 , n. 1893). Più recentemente, è stato affermato che: "Ai fini dell'opposizione del segreto professionale alle istanze di accesso agli atti, ai sensi dell'art. 24 comma 1 l. 7 agosto 1990 n. 241 e dell'art. 2 d.P.C.M. 26 gennaio 1996 n. 200 (Regolamento recante norme, per la disciplina di categorie di documenti formati o comunque rientranti nell'ambito delle attribuzioni dell'Avvocatura dello Stato sottratti al diritto di accesso), occorre distinguere fra pareri legali resi in relazione a contenziosi (sottratti al diritto di accesso) e pareri legali che rappresentano, anche per effetto di un richiamo esplicito nel provvedimento finale, un passaggio procedimentale istruttorio di un procedimento amministrativo in corso; solo il primo tipo di pareri, infatti, è sottratto all'accesso, in quanto non è la sola natura dell'atto a giustificarne la segretezza, ma la funzione che l'atto stesso svolge nell'azione dell'amministrazione. (T.A.R. Sardegna Cagliari, sez. II, 26 gennaio 2007, n. 38). Alla luce della giurisprudenza richiamata, alla quale, peraltro, fa riferimento la stessa difesa dell’Azienda, è facile osservare che il punto di discrimine tra l’ostensibilità o meno del parere reso da un legale, esterno o interno ad un ente, non è costituito dalla natura dell’atto ma dalla sua funzione. Se il parere viene reso in una fase endoprocedimentale, prodromica quindi ad un provvedimento amministrativo, lo stesso è ammesso all’accesso mentre se viene reso in una fase contenziosa o anche precontenziosa, l’accesso è escluso a tutela delle esigenze di difesa. Fatta questa precisazione il Collegio ritiene necessario rilevare quale sia l’ambito riconosciuto al diritto d'accesso ai documenti 107 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 amministrativi, nel nostro ordinamento, che è quello di un margine amplissimo riconosciuto sia come risposta effettiva al principio di trasparenza dell’agire pubblico sia come esigenza di garantire la possibilità della cura e della difesa di interessi giuridici da parte dei singoli. Diritto che è destinato a prevalere su quello alla riservatezza dei terzi e che non può risolversi in una clausola di stile, ma dev'essere garantito in relazione alla situazione di fatto e di diritto nella quale la domanda d'accesso s'inserisce e tale effettività deve essere controllabile dal giudice dell'accesso. (Consiglio Stato, sez. V, 3 aprile 2000, n. 1916). Perché un diritto di tale portata subisca una limitazione è necessario, pertanto, che si sia in presenza di una fattispecie tipica e certa quale, secondo la giurisprudenza richiamata, un procedimento contenzioso (giudiziario, arbitrale, od anche meramente amministrativo intendendo per tale il contenzioso avviato con ricorso amministrativo) in atto, oppure che si sia in presenza dell'inizio di tipiche attività precontenziose, quali la richiesta di conciliazione obbligatoria che precede il giudizio in materia di rapporto di lavoro e non si tratti di un procedimento amministrativo. Ne consegue che, in mancanza di un vero e proprio contenzioso o di una fase precontenziosa come quelle accennate, non può essere ritenuto sufficiente ad escludere l’esercizio di tale diritto un procedimento amministrativo preordinato a fare chiarezza interpretativa sulle norme da applicare ed idoneo all’eliminazione di un possibile o potenziale conflitto tra uffici o tra dipendenti all’interno dell’amministrazione. Ciò, ancor più se il procedimento relativo, come nella specie, si è concluso con l’adozione di un provvedimento favorevole all’istante, facendo venir meno anche le pretese esigenze di riservatezza riguardanti l’attività defensionale. I pareri degli uffici legali interni, espressi nell’ambito di tale procedura costituiscono una fase istruttoria del provvedimento conclusivo e lo giustificano (in tanto i soldi sono stati erogati in quanto quello o quei pareri hanno giustificato l’esborso) sicchè essi restano assorbiti nel procedimento senza che se ne possa negare l’accesso. Nessun vincolo di segretezza, quindi, che non può operare in quanto il principio della riservatezza recede qualora il parere costituisca una fase di un procedimento amministrativo in atto. Se si ammettesse, del resto, che in presenza di qualunque contrasto interpretativo sull’applicazione delle norme di un settore si ricade, automaticamente, in una fase contenziosa si arriverebbe a circoscrivere pesantemente – e ingiustificatamente – lo stesso ambito di operatività del diritto di accesso stabilito dagli articoli 22 e seguenti della legge n. 241 del 1990 con sacrificio del diritto di difesa del richiedente l’accesso. Nel caso del dr. Marcelli inoltre, non può non rilevarsi che a fronte della richiesta di tutta la documentazione relativa alla questione trattata in ordine alle sue istanze su permessi, orari e assegnazione di materiale, l’Amministrazione resistente ha opposto un generale diniego di accesso giustificandolo con il richiamo al segreto professionale dei pareri legali resi e ha escluso così dall’accesso tutta la documentazione compreso quella adottata dagli uffici della medesima Azienda rispetto ai quali nessun impedimento all’accesso è comunque configurabile. Il ricorso deve essere pertanto accolto. Le spese di lite in considerazione della natura della questione trattata possono essere compensate tra le parti. PQM Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio - Sede di Roma - Sezione III quater Accoglie il ricorso proposto da Marcelli Giorgio, meglio specificato in epigrafe e per l’effetto annulla l’atto impugnato dichiarando l’obbligo dell’Azienda resistente di consentire l’accesso alla documentazione richiesta. 108 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Compensa le spese di lite. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 14 maggio 2008 Dr. Mario Di Giuseppe - Presidente Dr. Linda Sandulli - Consigliere estensore Depositata in Segreteria in data 27 agosto 2008. *** N. 4790/2008 PER L’ANNULLAMENTO della nota prot. n. CR/2007/7466 del 7 febbraio 2007, con cui il Comune intimato ha autorizzato il Condominio controinteressato ad accedere agli atti ed alla D.I.A. a suo tempo posti in essere dal sig. MACRÌ per l'effettuazione di lavori di ristrutturazione edilizia negli immobili siti in Roma, alla via Vigliena n. 2 ed al v.le Giulio Cesare nn. 44/46 e n. 38 (int. 2). Visto il ricorso con i relativi allegati; REPVBBLICA ITALIANA Visto l’atto di costituzione delle parti intimate; IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE REGIONALE dell’Amministratore pro tempore, controinteressato, rappresentato e difeso dagli avvocati Mario SANINO e Gianpaolo RUGGIERO ed elettivamente domiciliato in Roma, al v.le dei Parioli n. 180; AMMINISTRATIVO PER IL LAZIO, SEZ. II ha pronunciato la seguente Visti gli atti tutti della causa; Relatore all’udienza camerale del 7 maggio 2008 il Cons. dott. Silvestro Maria RUSSO e uditi altresì, per le parti, soltanto gli avvocati DI SANTO e RUGGIERO; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: SENTENZA sul ricorso n. 3314/2008, proposto dalla Ditta RELAIS GROUP di Roberto MACRÌ, con sede in Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Gianni DI SANTO ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via M. Dionigi n. 57; CONTRO il COMUNE DI ROMA, in persona del sig. Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Cristina MONTANARO ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via del Tempio di Giove n. 21 E NEI CONFRONTI del Condominio di viale Giulio Cesare n. 30/38, con sede in Roma, in persona FATTO E DIRITTO 1. – Il sig. Roberto MACRÌ, nella qualità di titolare pro tempore della Ditta RELAIS GROUP con sede in Roma, rende noto d’aver prodotto al Comune di Roma alcune D.I.A. per l'effettuazione di lavori di ristrutturazione edilizia negli immobili siti in Roma, alla via Vigliena n. 2 ed al v.le Giulio Cesare nn. 44/46 e n. 38 (int. 2). Il sig. MACRÌ dichiara pure che, in data 8 ottobre 2007 ed in esecuzione d’un provvedimento del Comune stesso, il sig. Ivano ROSSI, Amministratore del Condominio di viale Giulio Cesare nn. 30/38 in Roma ed il di lui tecnico di fiducia arch. Francesco CIANFRIGLIA gli hanno chiesto d’ accedere nei locali, da lui condotti, di via Vigliena n. 2 in Roma. In tal occasione, il sig. MACRÌ assume 109 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 che l’arch. CIANFRIGLIA gli ha esibito copia delle D.I.A. a suo tempo presentate, in una con gli elaborati grafici e le relazioni tecniche asseverate. Sicché il sig. MACRÌ s’è rivolto al Comune di Roma, chiedendogli di giustificare le ragioni di tale accesso nei predetti locali, di fornirgli la copia della comunicazione a se stesso ex art. 3 del DPR 12 aprile 2006 n. 184 e d’ accedere a sua volta alla documentazione in virtù della quale tale P.A. aveva fornito al sig. ROSSI la copia delle D.I.A. de quibus. Il Comune di Roma, con nota prot. n. CR/N 60636del 14 novembre 2007, ha risposto al sig. MACRÌ «… che non risulta in atti tale documentazione…», ossia la comunicazione ex art. 3 del DPR 184/2006. 2. – Pertanto, il sig. MACRÌ adisce questo Giudice, con il ricorso in epigrafe, per l’annullamento della nota prot. n. CR/2007/7466 del 7 febbraio 2007, con cui il Comune intimato aveva autorizzato il Condominio di v.le Giulio Cesare nn. 30/38 ad accedere agli atti ed alla D.I.A. de quibus. Il ricorrente deduce essenzialmente che l’art. 3 del DPR 184/2006, nel prevedere l’obbligo di comunicazione ai soggetti individuati come controinteressati alle istanze d’accesso ex artt. 22 e ss. della l. 7 agosto 1990 n. 241, gli garantisce un diritto alla riservatezza e, quindi, d’opposizione alla richiesta d’accesso, onde l’omissione di detta comunicazione gli ha impedito d’opporsi all’istanza del Condominio controinteressato. Resiste in giudizio il Comune intimato, concludendo per il rigetto della pretesa attorea. S’è costituito nel presente giudizio anche il Condominio controinteressato, che eccepisce il difetto di legittimazione del ricorrente all’uso del rimedio ex art. 25 della l. 241/1990, l’inammissibilità del gravame in epigrafe perché rivolto ad ottenere una pronuncia condannatoria fuori dagli schemi previsti dal medesimo art. 25, la tardività dell'impugnazione attorea e, nel merito, l’infondatezza di quest’ultimo. All’udienza camerale del 7 maggio 2008, su conforme richiesta delle parti presenti, il ricorso in epigrafe è assunto in decisione dal Collegio. 3. – Si può prescindere da ogni considerazione circa la tardività e l'inammissibilità del ricorso in epigrafe, perché è del tutto privo di pregio e va disatteso, per le considerazioni qui di seguito indicate. 4. – Ai fini d’una miglior comprensione della res controversa, rammenta il Collegio che l’impugnazione attorea muove dal fatto, in sé materialmente vero e, comunque, non revocato in dubbio, per cui l’accesso del Condominio agli atti dell’odierno ricorrente è avvenuto senza la previa comunicazione, da parte del Comune intimato, a’sensi dell’art. 3, c. 1 del DPR 184/2006, con ciò impedendo al medesimo sig. MACRÌ d’opporvisi a tutela della sua riservatezza. Per vero, il citato art. 3, c. 1 impone alla P.A., cui sia indirizzata la richiesta d’accesso e nell’ambito del relativo procedimento, di dar comunicazione ai soggetti controinteressati, ove li individui a’sensi dell'art. 22, c. 1, lett. c) della l. 241/1990, mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento, o per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione, affinché costoro, in base al successivo c. 2, possano giovarsi della loro facoltà d’opposizione. Ora, in virtù del testé indicato art. 22, c. 1, lett. c), in materia d’accesso ai documenti amministrativi, per controinteressati s’intendono «… tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza…». Non è chi non veda come la norma primaria riconosca la posizione di controinteresse in capo soltanto a coloro, tra tutti quelli nominati o coinvolti nel documento oggetto dell'istanza ostensiva, che per effetto dell'accesso vedrebbero pregiudicato il loro diritto alla riservatezza. Ebbene, non sottovaluta certo il Collegio l'ampliamento e la progressiva importanza 110 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 assunta dal diritto alla riservatezza, ma quest’ultimo concerne solo quelle vicende collegate in modo apprezzabile alla sfera privata del soggetto (cfr. così Cons. St., VI, 25 giugno 2007 n. 3601), secondo quanto al riguardo prevedono, in generale (compresi i dati sensibili e giudiziari), l’art. 59 e, per i dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale, l’art. 60 del Dlg 30 giugno 2003 n. 196. Sul punto, già la Sezione (cfr. TAR Lazio, II, 19 ottobre 2006 n. 10620) ebbe modo di precisare, con statuizione da cui il Collegio non ha motivo di discostarsi, che, nel bilanciamento di interessi che connota la disciplina del diritto d'accesso, questo prevale sull'esigenza di riservatezza dei terzi ogniqualvolta esso serva per la cura o la difesa di interessi giuridici del richiedente, come nella specie, dove il Condominio controinteressato ha acceduto agli atti del ricorrente per verificare se ed in qual misura i lavori edili da lui effettuati implichino problemi alla statica del fabbricato. La Sezione ha altresì chiarito che il diritto d'accesso recede qualora si tratti di dati personali (dati c.d. « sensibili »), cioè di quegli atti idonei a rivelare l'origine razziale o etnica, le convenzioni religiose o politiche, lo stato di salute o la vita sessuale dei terzi, nel qual caso l'art. 60 del Dlg 196/2003 consente l'accesso solo a condizione che la posizione giuridica soggettiva, che il richiedente deve far valere o difendere, sia di rango almeno pari a quello della persona cui si riferiscono tali dati (cfr. pure Cons. St., VI, 27 ottobre 2006 n. 6440). Fuori da questa ipotesi, che non sussiste in materia urbanistico - edilizia —nel qual campo il ricorrente ed il Condominio controinteressato in pratica controvertono—, resta fermo il jus receptum (cfr., per tutti, Cons. St., VI, 23 ottobre 2007 n. 5569) per cui l'accesso prevale anche sul diritto alla riservatezza qualora sia strumentale (e nella specie, certamente lo è) alla cura o alla difesa degli interessi giuridici del soggetto richiedente, salvo che vengano in considerazione (ma non è questo il caso) appunto quei dati sensibili o sensibilissimi, idonei cioè a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale, per il cui trattamento dispone l’art. 60 del Dlg 196/2003. Sicché, ai fini dell’operatività dell’istituto partecipativo ex art. 3, c. 2 del DPR 184/2006, non basta predicare d’aver un generico interesse alla riservatezza dei dati cui un terzo intende accedere, a pena di formulare una pretesa meramente formalista, se non emulativa. Occorre infatti fornire un serio principio di prova, atto a dimostrare in concreto, soprattutto quando non si versi in alcuno dei casi ex artt. 59 e 60 del Dlg 196/2003, la natura comunque riservata delle informazioni contenute in atti e documenti altrimenti accessibili. In altre parole, pure l’accesso ai documenti amministrativi è procedimentalizzato secondo le regole di cui all’art. 25 della l. 241/1990 ed agli artt. 2 e ss. del DPR 184/2006, sia pur con formula assai semplice e priva di solennità, atta a garantire la trasparenza e la conoscibilità dell’agire amministrativo. Resta perciò fermo anche per l’accesso il principio del raggiungimento dello scopo di cui all’art. 21octies della l. 241/1990, onde le norme sulla partecipazione al procedimento amministrativo non possono esser applicate meccanicamente e formalisticamente (arg. ex Cons. St., V, 9 ottobre 2007 n. 5251). Tanto nella considerazione che l’omessa comunicazione ex art. 3, c. 1 del DPR 184/2006 implica sì un vizio procedimentale che si riverbera sull’ ammissione del controinteressato ad accedere alle D.I.A. de quibus, ma, poiché quest’ultima non avrebbe potuto avere in concreto altro risultato, è considerato dalla legge non annullabile perché la circostanza che il suo contenuto sia, malgrado i vizi, quello corretto priva il ricorrente dell'interesse a coltivare un giudizio annullatorio, da cui non potrebbe ricavare alcuna concreta utilità (arg. ex Cons. St., VI, 21 settembre 2006 n. 5547; id., IV, 12 settembre 2007 n. 4828, per la violazione dell’art. 10-bis della l. 241/ 1990; id., V, n. 5251/2007, cit.). Invero, non l’astratto scostamento dal modello normativo determina l’illegittimità dell’atto, ma solo la difformità che danneggia in concreto la parte che lo denuncia, stante lo stretto legame, proprio del contenzioso amministrativo delineato dapprima dalla giurisprudenza e, quindi, dalla novella del 2005 alla l. 241/1990 tra tutela dell’interesse azionato e vizio dell’atto. Non nega il Collegio che, tanto nel procedimento, quanto nel 111 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 processo innanzi a questo Giudice, le forme rappresentino il ragionevole punto d’equilibrio tra le opposte esigenze e dimostrino la presumibile conformità a diritto d’ una statuizione che non può pretendere, di per sé sola, di legittimarsi per forza propria. Tuttavia ed in disparte il ripudio dell’ordinamento di tutele strumentali per fini solo o ictu oculi emulativi o in abuso di diritti, l'omessa allegazione, come nella specie, d’ un sia pur minimo principio di prova sull’utilitas ritraibile (ossia, di un’effettiva riservatezza rispetto ad esigenze di giustizia altrui) implica che il ricorrente vanta solo un interesse diseconomico, non coerente, cioè, con i principi ex art. 1 della l. 241/1990, che la P.A. procedente deve parimenti realizzare. N. 521/2008 5. – Il ricorso in epigrafe va così rigettato, ma la complessità della questione e giusti motivi suggeriscono l’integrale compensazione, tra tutte le parti, delle spese del presente giudizio. CONSORZIO SERVIZI QUALIFICATI - CIQ, rappresentato e difeso dagli avv. Andrea Mozzati e Vito Salvadori, con domicilio eletto presso il secondo in Brescia via XX Settembre 8; P.Q.M. il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sez. 2°, respinge il ricorso n. 3314/2008 in epigrafe. Spese compensate. Ordina all'Autorità amministrativa d’eseguire la presente sentenza. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 7 maggio 2008, con l’intervento dei sigg. Magistrati: Luigi TOSTI, PRESIDENTE, Silvestro Maria ESTENSORE, RUSSO, CONSIGLIERE, Stefano TOSCHEI, CONSIGLIERE. IL PRESIDENTE L’ESTENSORE Depositata in Segreteria in data 21 maggio 2008. *** REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) ha pronunciato la presente SENTENZA Sul ricorso numero di registro generale 1129 del 2007, proposto da: contro TEA SERVIZI ENERGETICI INTEGRATI (TEA SEI) SRL, rappresentata e difesa dagli avv. Ermes Coffrini, Marcello Coffrini, e Chiara Ghidotti, con domicilio eletto presso quest’ultima in Brescia via Solferino 55; TEA SPA, non costituitasi in giudizio; nei confronti di MARTINI & MARTINI DI MARTINI VITTORIO E GINO SNC, rappresentata e difesa dagli avv. Ermes Coffrini, Marcello Coffrini, e Chiara Ghidotti, con domicilio eletto presso quest’ultima in Brescia via Solferino 55; per l'accesso - ai documenti delle procedure negoziate indette rispettivamente da TEA spa con nota prot. n. 6979 del 28 novembre 2006 e da TEA SEI srl con nota prot. n. 602 del 24 maggio 2007 (con particolare riferimento ai verbali delle commissioni giudicatrici, ai provvedimenti di aggiudicazione, e all’offerta tecnica ed 112 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 economica presentata dalla società controinteressata nella seconda procedura); Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di TEA SEI srl; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Martini & Martini di Martini Vittorio e Gino snc; Viste le memorie difensive; Visti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 novembre 2007 il dott. Mauro Pedron; Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Considerato quanto segue: FATTO e DIRITTO 1. Il ricorrente Consorzio Servizi Qualificati CIQ (Consorzio) svolge la propria attività nel settore della sicurezza degli impianti di utenza del gas (regolato dalla deliberazione dell’AEEG n. 40 del 18 marzo 2004 e successive modifiche). In tale ambito il ricorrente ha sviluppato e commercializzato un modello di accertamento automatizzato riguardante la documentazione degli impianti post-contatore (in data 4 ottobre 2004 è stata depositata la relativa domanda di brevetto, registrata il 5 ottobre 2004 sub n. GE2004000092). 2. Il 21 marzo 2005 il Consorzio ha stipulato un contratto con TEA spa avente ad oggetto il servizio di accertamento della sicurezza per il periodo 21 marzo 2005 – 30 settembre 2006. L’art. 7 del contratto evidenzia che la metodologia di alcune delle attività svolte dal Consorzio rientra nella domanda di brevetto depositata il 4 ottobre 2004 e vincola TEA spa a mantenere la riservatezza e a non utilizzare la stessa metodologia in successivi affidamenti del servizio con altri soggetti. 3. Alla scadenza del rapporto TEA spa con nota del direttore generale prot. n. 6979 del 28 novembre 2006 ha indetto una procedura negoziata per un nuovo affidamento del servizio. Ritenendo che l’impostazione del servizio oggetto di tale procedura fosse ancora basata sulla propria metodologia il Consorzio con nota del 6 dicembre 2006 ha diffidato TEA spa dal farne uso senza autorizzazione. A questo punto TEA spa con nota del direttore generale prot. n. 89 del 4 gennaio 2007 ha revocato la procedura di gara. 4. In seguito vi è stata una fase di confronto tra il Consorzio e TEA SEI srl (società costituita il 31 ottobre 2006, subentrata nel ramo d’azienda, e interamente controllata da TEA spa). In particolare è stata valutata dalle parti la possibilità di una proroga dell’incarico del Consorzio. Le trattative non hanno però condotto ad alcun esito e TEA SEI srl con nota prot. n. 602 del 24 maggio 2007 ha indetto una procedura negoziata per un nuovo affidamento del servizio. 5. Di fronte a questa scelta il Consorzio con nota trasmessa il 19 luglio 2007 ha chiesto copia degli atti della procedura negoziata compreso il verbale della commissione giudicatrice, il provvedimento di aggiudicazione, nonché l’offerta tecnica ed economica presentata dalla società controinteressata. 6. TEA SEI srl ha risposto con nota prot. n. 1066 del 3 ottobre 2007 dichiarandosi disponibile a consegnare copia della lettera di invito ma opponendo un rifiuto per quanto riguarda l’offerta tecnica ed economica della controinteressata Martini & Martini snc a causa dell’opposizione manifestata da quest’ultima ex art. 3 del DPR 12 aprile 2006 n. 184 a tutela del know how aziendale. 7. Contro il diniego parziale di accesso il Consorzio ha presentato ricorso al TAR Brescia ex art. 25 della legge 7 agosto 1990 n. 241 con atto notificato il 17 ottobre 2007 e depositato il 25 ottobre 2007. Nel ricorso si precisa che quale oggetto della richiesta di accesso deve intendersi l’intera serie degli atti delle due 113 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 procedure negoziate (rispettivamente quella indetta da TEA spa il 28 novembre 2006 e quella indetta da TEA SEI srl il 24 maggio 2007) e quindi non solo le lettere di invito ma anche i verbali delle commissioni giudicatrici e i provvedimenti di aggiudicazione, oltre all’offerta tecnica ed economica presentata dalla società controinteressata nella seconda procedura. Si è costituita in giudizio TEA SEI srl chiedendo la reiezione del ricorso. Con analoghe conclusioni si è costituita anche la società controinteressata. difendere l’aggiudicazione. Nei confronti dei soggetti rimasti estranei alla gara i concorrenti riacquistano però un diritto pieno alla riservatezza. Per superare tale diritto è necessario che sia dimostrato come attraverso la tutela della riservatezza sia in realtà garantita una situazione di abuso. In altri termini la richiesta di accesso non può essere fondata semplicemente sull’esigenza esplorativa di verificare se vi sia stata violazione della proprietà intellettuale ma di tale violazione devono essere forniti indizi significativi. 8. Per quanto riguarda la legittimazione del ricorrente si osserva che la condizione di ex gestore e quella di titolare di domanda di brevetto costituiscono congiuntamente una giusta causa di accesso. Nel caso in esame l’ente aggiudicatore del servizio aveva del resto riconosciuto contrattualmente le limitazioni temporali all’uso della metodologia elaborata dal ricorrente (v. sopra al punto 2). Di conseguenza la necessità di verificare il rispetto dell’impegno contrattuale legittima il ricorrente a chiedere copia degli atti della procedura di gara per accertare su quale base sia impostato il nuovo servizio e se vi siano elementi che ricadono nella tutela della proprietà intellettuale. 10. Sulla base di queste considerazioni deve essere esclusa la possibilità per il ricorrente di accedere direttamente all’offerta tecnica della controinteressata mentre gli deve essere consentito di ricercare eventuali indizi di abuso presenti nei restanti atti della procedura. Sono quindi accessibili non soltanto le lettere di invito e i provvedimenti di aggiudicazione ma anche i verbali delle commissioni giudicatrici. Questi ultimi normalmente contengono riferimenti descrittivi dell’offerta tecnica senza tuttavia esporre nel dettaglio l’intero progetto di gestione. Da questi riferimenti un soggetto che opera nello stesso settore, e quindi dotato di adeguata professionalità, può desumere se vi siano elementi che corrispondono alla propria metodologia. L’accesso ai verbali (senza allegati documentali) può quindi essere considerato un ragionevole equilibrio tra le esigenze di accesso e quelle di riservatezza (anche ai sensi dell’art. 13 comma 7 del Dlgs. 163/2006 per quanto riguarda i contratti nei settori speciali). Se da questa forma parziale di accesso emergessero elementi ulteriori a sostegno del sospetto di utilizzazione abusiva della proprietà intellettuale potrebbe poi essere formulata una nuova e motivata istanza all’ente aggiudicatore. 9. Occorre però fare una precisazione per quanto riguarda il progetto presentato dal soggetto aggiudicatario come parte dell’offerta tecnica. Le medesime esigenze di tutela della proprietà intellettuale invocate dal ricorrente impongono infatti di stabilire un filtro a questa parte della richiesta di accesso. Mentre per i concorrenti che si confrontano nella procedura di gara vale il principio di reciproca trasparenza ora codificato dall’art. 13 comma 6 del Dlgs. 12 aprile 2006 n. 163, in base al quale le offerte tecniche sono sempre conoscibili in tutti gli aspetti rilevanti ai fini dell’aggiudicazione, per i soggetti che come il ricorrente non hanno partecipato alla gara il diritto di difesa non può beneficiare di una tutela altrettanto vasta. In effetti all’interno della procedura di gara i partecipanti accettano il rischio di far conoscere ai concorrenti la propria offerta tecnica avendo come contropartita la possibilità di esercitare un identico diritto di accesso per conseguire o 11. Il ricorso deve quindi essere accolto parzialmente come specificato sopra al punto 10. Le copie degli atti devono essere messe a disposizione del ricorrente entro 30 giorni dalla comunicazione della presente sentenza. La complessità di alcune questioni consente l’integrale compensazione delle spese tra le parti. 114 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 P.Q.M. ha pronunciato la seguente il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione staccata di Brescia, definitivamente pronunciando, accoglie parzialmente il ricorso come precisato in motivazione. SENTENZA Le spese sono integralmente compensate tra le parti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 22 novembre 2007 con l'intervento dei Magistrati: Gianluca Morri, Presidente Mauro Pedron, Referendario, Estensore Stefano Tenca, Referendario DEPOSITATA 20/05/2008 IN SEGRETERIA il sul ricorso n. R.g 7253 del 2008 proposto da GHENZI Giovanna, rappresentata e difesa dall’avv. Federico Tedeschini, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Roma, Largo Messico n. 7; contro - l’AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, non costituita in giudizio; - la EQUITALIA GERIT S.p.a.-Agente della riscossione per la Provincia di Roma, in persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Gianluca Mantellini, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Roma, Lungotevere Flaminio n. 18; (Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186) per l’annullamento IL SEGRETARIO del silenzio-rigetto formatosi in data 30 giugno 2008 sull’istanza di accesso notificata alla Agenzia delle entrate-Ufficio Roma 1 il 30 maggio 2008 ed alla Gerit S.p.a. il 29 maggio 2008 *** N.9516/2008 REPUBBLICA ITALIANA e per la declaratoria IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Luigi TOSTI - Presidente del diritto di prendere visione ed acquisitre copia di tutta la documentazione relativa al calcolo degli interessi applicati ai pretesi crediti di cui al preavviso di fermo dei veicoli n. 097.2006.000208292 del 16 febbraio 2007, inviato alla ricorrente, con particolare riferimento alle somme richieste con le cartelle esattoriali n. 097 2005 0110785609 e n. 097 2005 0202506956. Carlo MODICA de MOHAC - Componente; Visto il ricorso con i documenti allegati; Stefano TOSCHEI - Estensore; Vista la costituzione in giudizio della Gerit ed i documenti prodotti; Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Seconda composto dai Signori: 115 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Esaminate le ulteriori memorie depositate; Visti gli atti tutti della causa; Relatore alla camera di consiglio del 22 ottobre 2008 il dott. Stefano Toschei; presente per la parte ricorrente l’avv. Paola Conticiani, delegata dall’avv. Tedeschini e, per la società Gerit, l’avv. Mantellini; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. FATTO E DIRITTO 1. – La Signora Ghenzi ha presentato istanza sia all’Agenzia dell’entrate sia alla Gerit. S.p.a. al fine di ottenere l’accesso alla documentazione riguardante il calcolo degli interessi applicati ai pretesi crediti di cui al preavviso di fermo veicoli n. 097.2006.000208292 del 16 febbraio 2007. La ricorrente riferiva che il preavviso di fermo sarebbe collegato ad un preteso credito di € 10.862,69 costituito da tributi iscritti a ruolo ed oneri accessori elencati nel suddetto preavviso e riferiti al mancato pagamento di alcune cartelle esattoriali. Da qui la richiesta di ostensione degli atti che avevano consentito l’individuazione del ridetto credito che tuttavia restava senza alcuna risposta. 2. – Il richiesto accesso documentale ha per oggetto - in disparte la dichiarazione del difensore della Gerit, ribadita in Camera di consiglio, secondo il quale non esisterebbero gli atti richiesti giacché il computo degli interessi viene effettuato automaticamente e per effetto dell’utilizzo di programmi informatici, evenienza che, semmai, è riferibile solo al meccanismo di acquisizione della documentazione e non alla accessibilità della stessa, visto che è comunque sempre possibile riprodurre in stampa i processi informatici svolti nel corso della procedura – atti che sono riconducibili ad un procedimento tributario. Infatti la lett. e ter), aggiunta all'art. 19, comma 1, del decreto legislativo n. 546 del 1992, dall'art. 35 comma 26 quinquies della legge n. 248 del 2006 di conversione del decreto legge n. 223 del 2006 (c.d. decreto Bersani), deve interpretarsi nel senso che ha devoluto alla giurisdizione tributaria esclusivamente la cognizione dei provvedimenti di fermo amministrativo di beni mobili registrati emessi in relazione a carichi esattoriali scaduti aventi natura tributaria, dovendo escludersi l'attribuzione al giudice tributario della giurisdizione assoluta e generale sui provvedimenti di fermo, quale che sia la natura del carico iscritto a ruolo. Nondimeno appartengono alla giurisdizione tributaria le controversie che, con o senza impugnazione dell'atto di accertamento, attengono in via diretta ed immediata all'esistenza dell'obbligazione tributaria ed alla sua misura, con esclusione di quelle che riguardino unicamente la legittimità o meno di un atto successivo alla notifica della cartella di pagamento e che non può più involgere l'esame di questioni che afferiscono al credito sottostante. Da ciò consegue che sono impugnabili davanti al giudice tributario esclusivamente i provvedimenti di fermo che siano stati disposti a seguito del mancato pagamento di tributi iscritti a ruolo, comunque denominati. 3. – Precisato quanto sopra il Collegio ritiene che, nonostante la loro natura, i documenti richiesti possano essere considerati accessibili, non essendo applicabile nella specie la causa di esclusione delineata nell’art. 24, comma 1 lett. b), della legge 7 agosto 1990 n. 241. Come già precisato in altre occasioni dalla giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 9 luglio 2002 n. 3825, il potere di verifica fiscale è istituzionalmente esercitabile in funzione strumentale all’accertamento tributario e la relativa attività - avendo ontologicamente una funzione preparatoria del futuro provvedimento definitivo - di norma non fa sorgere il diritto di accesso ai documenti in relazione alla chiusura delle operazioni di verifica ai sensi degli artt. 22 e ss. della legge n. 241 del 1990, nel caso in cui non si sia stato ancora notificato alcun avviso di accertamento e, cioè, non sia stato adottato alcun atto di imposizione. Deve tuttavia deve ritenersi consentito il diritto dell'interessato di 116 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 accedere agli atti del procedimento tributario nel momento in cui - conclusosi tale procedimento - sia stato adottato l’atto impositivo, potendo quest’ultimo essere, in astratto, immediatamente lesivo di posizioni giuridiche e, quindi, impugnabile, ancor prima che in sede giudiziaria. Nello stesso senso e più di recente, successivamente rispetto alla novella del 2005, si è espresso il Consiglio. Stato, Sez. IV, 21 ottobre 2008 n. 5144 secondo cui la norma contenuta nell’art. 24, comma 1, lett. b) della legge n. 241 del 1990, in base ad una lettura della disposizione costituzionalmente orientata, deve essere intesa nel senso che la inaccessibilità agli atti di cui trattasi sia temporalmente limitata alla fase di pendenza del procedimento tributario, non rilevandosi esigenze di "segretezza" nella fase che segue la conclusione del procedimento con l’adozione del procedimento definitivo di accertamento dell’imposta dovuta sulla base degli elementi reddituali che conducono alla quantificazione del tributo (…) Diversamente opinando si perverrebbe alla singolare conclusione che, in uno Stato di diritto, il cittadino possa essere inciso dalla imposizione tributaria – pur nella più lata accezione della "ragion fiscale" – senza neppure conoscere il perchè della imposizione e della relativa quantificazione"). La norma surriportata esclude pertanto dall’accesso solo gli atti del procedimento tributario adottati nel corso di formazione del provvedimento, prima che lo stesso sia emanato, con la conseguenza che tale causa di esclusione opera con riguardo a documenti inerenti l’attività della Pubblica amministrazione diretta all’emanazione di atti preparatori nel corso della formazione di provvedimenti conclusivi e relativi al procedimento tributario, cioè di atti propedeutici alla emanazione del provvedimento terminale ed allorché sia ancora in corso il procedimento. In ragione di ciò deve riconoscersi il diritto di accesso qualora l’Amministrazione abbia concluso il procedimento, con l’emanazione del provvedimento finale e quindi, in via generale, deve ritenersi sussistente il diritto di accedere agli atti di un procedimento tributario ormai conclusosi con accertamento. l'adozione dell'atto di 4. – Né alcun rilievo può assumere nella specie, al fine di escludere il diritto di accesso documentale, la circostanza che gli atti sarebbero detenuti da una Società di riscossione dei tributi e quindi siano in possesso di un soggetto privato, atteso che, come ha chiarito l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nella decisione 5 settembre 2005 n. 5, "sin dall’indomani della emanazione dell’art. 23 della legge n. 241 del 1990, (…) le regole in tema di trasparenza si applicano oltre che alle pubbliche amministrazioni anche ai soggetti privati chiamati all’espletamento di compiti di interesse pubblico (concessionari di pubblici servizi, società ad azionariato pubblico etc). La detta linea interpretativa ha ottenuto conferma legislativa con le modifiche apportate all’art. 23 dalla citata legge n. 241 del 1990 dalla legge 3 agosto 1999 n. 265 e, più ancora, con la recente legge n. 15 del 2005 che si è spinta fino ad iscrivere - agli effetti dell’assoggettamento alla disciplina sulla trasparenza - tra le pubbliche amministrazioni anche i soggetti che svolgono (come nella specie) "attività di pubblico interesse". Ciò conduce a poter sostenere che l’affermazione secondo la quale il gestore privato di un pubblico servizio non può addurre la sua natura privata per sottrarsi all’obbligo di esibire gli atti e i documenti richiesti vale a maggior ragione oggi dopo che l’art. 15 della legge 11 febbraio 2005 n. 15 ha sostituito l’art. 22 della l. n. 241 del 1990 prevedendo alla lettera e) che ai fini dell’accesso per "pubblica amministrazione" si intendono anche "i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario" (cfr. anche T.A.R. Veneto, Sez. I, 23 novembre 2006 n. 3899). Tale è, d’altronde, l’attività svolta dalla Società resistente nel servizio di riscossione dei tributi. 5. - Deriva da quanto sopra l’accessibilità degli atti richiesti e, di conseguenza, l’accoglimento del ricorso proposto con condanna nei confronti della EQUITALIA GERIT S.p.a.-Agente della riscossione per la Provincia di Roma a consentire l’accesso documentale richiesto in 117 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 favore della Giovanna. ricorrente Signora Ghenzi Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo in complessivi € 2.000,00 (euro duemila). sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) P.Q.M. SENTENZA Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda, pronunciando in via definitiva sul ricorso indicato in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, dispone che la Società EQUITALIA GERIT S.p.a.-Agente della riscossione per la Provincia di Roma, in persona del dirigente dell’Ufficio competente, consenta l’accesso documentale richiesto in favore della Signora Ghenzi Giovanna. Sul ricorso numero di registro generale 811 del 2008, proposto da: Condanna la Società EQUITALIA GERIT S.p.a.-Agente della riscossione per la Provincia di Roma, in persona del rappresentante legale pro tempore, e rifondere le spese di giudizio in favore di Ghenzi Giovanna, nella misura complessiva di € 2.000,00 (euro duemila), oltre accessori come per legge. Comune di Almenno San Salvatore; Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del 22 ottobre 2008. Il Presidente - Il relatore ed estensore ha pronunciato la presente Marco Pessina, Mara Bonandrini, rappresentati e difesi dagli avv. Maria Giovanna Cattaneo, Enrico Melzani, con domicilio eletto presso T.A.R. Segreteria in Brescia, via Malta, 12; contro per l'annullamento del diniego prot. 5709 in data 1.7.2008 sull'istanza di accesso agli atti del 30.4.2008 e successivo sollecito del 26.6.2008 e per la conseguente emissione dell’ordine di esibizione di cui all’art. 25 u.c. della Legge 7.8.1990 n. 241. Visto il ricorso con i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Luigi Tosti - Stefano Toschei Depositata in Segreteria in data 31 ottobre 2008. *** Relatore nella camera di consiglio del giorno 15/10/2008 il dott. Gianluca Morri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue: N. 01469/2008 REG.SEN. FATTO e DIRITTO N. 00811/2008 REG.RIC. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Con nota in data 30.4.2008 i ricorrenti inoltravano, tramite il proprio difensore, istanza di accesso per acquisire copia della segnalazione pervenuta al Servizio Emergenza Infanzia 114 al fine di conoscere le generalità di chi inoltrava detta segnalazione da cui fu 118 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 avviata una successiva indagine circa pretesi maltrattamenti, perpetrati in ambito familiare, nei confronti dei figli Elisa e Federico; indagine rivelatasi poi negativa. Il competente Responsabile di Servizio del Comune di Almenno San Salvatore forniva tuttavia riscontro negativo a detta richiesta, evidenziando che il diritto alla riservatezza del terzo e la tutela del segreto d'ufficio dovevano considerarsi prevalenti rispetto al diritto all'accesso ai documenti amministrativi (in questo caso finalizzato alla tutela di interessi lesi da una segnalazione rivelatasi poi infondata). Con l'odierno gravame i ricorrenti chiedono l'accertamento del proprio diritto all'accesso e l'emissione del conseguente ordine di esibizione di cui all'art. 25 ultimo comma della citata Legge n. 241 del 1990. Il Comune di Almenno San Salvatore non si è costituito in giudizio ma ha prodotto relazione sui fatti di causa in ottemperanza all'ordinanza istruttoria 29.8.2008 n. 154. Il ricorso è fondato e merita accoglimento. 1. Va esaminato, in primo luogo, il rapporto tra il diritto di accesso e il diritto alla riservatezza richiamato dall'Amministrazione comunale a sostegno del proprio diniego. Il Collegio aderisce a quell'orientamento giurisprudenziale secondo cui il diritto alla riservatezza non può essere invocato quando la richiesta di accesso ha per oggetto, come nella presente fattispecie, il nome di coloro che hanno reso segnalazioni, denunce o rapporti informativi nell’ambito di un procedimento ispettivo (cfr., Cons. Stato Sez. V, 27.5.2008 n. 2511; Sez. VI, 23.10.2007 n. 5569; Sez. VI, 25.6.2007 n. 3601; Sez. VI, 12.4.2007, n. 1699; Sez. V, 22.6.1998 n. 923; Ad. Plen. 4.2.1997 n. 5). In linea generale va premesso che il rapporto tra diritto di accesso e diritto alla riservatezza è stato risolto direttamente dal legislatore grazie al vasto intervento riformatore operato dal Codice dei dati personali (D.Lgs. n. 196/2003), dalla Legge n. 15/2005 (recante la novella alla Legge n. 241/1990) e dal D.P.R. n. 184/2006, che hanno, nella sostanza ed in estrema sintesi, cristallizzato gli approdi cui era giunta la giurisprudenza del Consiglio di Stato (in particolare Ad. Plen. n. 5 del 1997), avanzando in ogni caso la soglia di tutela dell'accesso. In particolare l'art. 59, del Codice dati personali, fatta salva l'applicazione della disciplina derogatoria sancita dal successivo art. 60 per i dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale, ha demandato interamente alla Legge n. 241 del 1990 la regolamentazione del rapporto accesso-privacy anche per ciò che concerne i dati sensibili e giudiziari. L'art. 24 della Legge n. 241 del 1990, nel testo novellato, al comma 7 recita che "deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l'accesso è consentito nei limiti in sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall'art. 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale". Nel caso in esame i ricorrenti avanzano istanza di accesso al fine di conoscere le generalità di chi ha effettuato la segnalazione al Servizio Emergenza Infanzia 114; segnalazione da cui scaturì la successiva l'indagine da parte dei competenti uffici comunali. Non vengono quindi in rilievo dati sensibili o supersensibili di cui al menzionato art. 60. Al riguardo va osservato, come già messo in luce dalla giurisprudenza amministrativa, che la denuncia o l’esposto, invero, non può considerarsi un fatto circoscritto al solo autore, all’Amministrazione competente al suo esame e all’apertura dell’eventuale procedimento, ma riguarda direttamente anche i soggetti "denunciati", i quali ne risultano comunque incisi. Ciò vale a maggior ragione quando tali denunce hanno sviluppi così penetranti come 119 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 quelli che hanno coinvolto, nel caso di specie, la sfera personale e familiare dei ricorrenti. Nell'ordinamento delineato dalla L. n. 241/1990, ispirato ai principi della trasparenza, del diritto di difesa e della dialettica democratica, ogni soggetto deve, pertanto, poter conoscere con precisione i contenuti e gli autori di segnalazioni, esposti o denunce che, fondatamente o meno, possano costituire le basi per l'avvio di un procedimento ispettivo o sanzionatorio, non potendo la p.a. procedente opporre all'interessato esigenze di riservatezza. La tolleranza verso denunce segrete e/o anonime è un valore estraneo al nostro ordinamento giuridico. Emblematico, in tal senso, è l’art. 111 Cost. che, nel sancire (come elemento essenziale del giusto processo) il diritto dell’accusato di interrogare o far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, inevitabilmente presuppone che l’accusato abbia anche il diritto di conoscere il nome dell’autore di tali dichiarazioni. Tale sfavore verso le denunce e le dichiarazioni anonime emerge poi, a più riprese, dal codice di procedura penale: si pensi, ad esempio, all’art. 240 C.p.p. in forza del quale i documenti che contengono dichiarazioni anonime non possono essere acquisti né in alcun modo utilizzati, salvo che costituiscano il corpo del reato o provengano comunque dall’imputato; all’art. 195, comma 7, C.p.p. che sancisce l’inutilizzabilità della testimonianza di chi si rifiuta o non è in grado di indicare la persona o la fonte da cui appreso la notizia dei fatti oggetto dell’esame; all’art. 203 C.p.p. che pure prevede l’inutilizzabilità delle informazioni rese dagli informatori alla polizia giudiziaria quando il nome di tali informatori non venga svelato. Da questa cornice emerge chiaramente che al diritto alla riservatezza, pure costituzionalmente rilevante, non può certo riconoscersi ampiezza tale da includere il "diritto all’anonimato" di colui che rende una dichiarazione a carico di terzi nell’ambito di un procedimento ispettivo o sanzionatorio. L’anonimato sulle denunce o sulle dichiarazioni accusatorie è, al contrario, come si è visto, guardato con particolare sospetto dall’ordinamento: da qui l’evanescenza e l’infondatezza di ogni tentativo volto a qualificare tale inesistente diritto all’anonimato come una prerogativa del diritto alla riservatezza. 2. Va ora esaminato il rapporto tra diritto di accesso e segreto professionale anch'esso richiamato dall'Amministrazione comunale a sostegno del proprio diniego. In particolare l'Amministrazione evidenzia che, nel caso in esame, trova applicazione l’obbligo di segreto di cui dell'art. 1 della Legge n. 119/2001, secondo cui: "Gli assistenti sociali iscritti all'albo professionale istituito con legge 23 marzo 1993, n. 84, hanno l'obbligo del segreto professionale su quanto hanno conosciuto per ragione della loro professione esercitata sia in regime di lavoro dipendente, pubblico o privato, sia in regime di lavoro autonomo libero-professionale". In linea di principio va affermato che il segreto professionale rientra nell'ambito delle ipotesi, previste dall'art. 24 della Legge n. 241/90, che prevalgono sul diritto all'accesso. Questo non significa comunque che tutti gli atti formati o detenuti dal soggetto su cui incombe il segreto professionale siano automaticamente sottratti all'accesso, poiché si tratta di applicare una deroga, pur prevista dall'ordinamento, al principio generale, previsto dallo stesso ordinamento, dell'accessibilità a tutti gli atti dell'Amministrazione. Trattandosi quindi di una deroga, essa va applicata secondo il principio di stretta interpretazione. In alcuni casi è lo stesso ordinamento che delinea con chiarezza il rapporto tra accesso e segreto professionale. Può, al riguardo, essere ricordato l’art. 2 del DPCM n. 200/1996 recante norme per la disciplina di categorie di documenti formati o comunque rientranti nell'ambito delle attribuzioni dell'Avvocatura dello Stato sottratti 120 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 al diritto di accesso. Il predetto art. 2 individua le categorie di documenti inaccessibili, ai sensi dell'art. 24, comma 1, della Legge n. 241/90 , in virtù del segreto professionale, al fine di salvaguardare la riservatezza nei rapporti fra difensore e difeso. Per garantire dette esigenze vengono sottratti all'accesso i seguenti documenti: a) pareri resi in relazione a lite in potenza o in atto e la inerente corrispondenza; b) atti defensionali; c) corrispondenza inerente agli affari di cui ai punti a) e b). Come emerge chiaramente dalla norma, in questo caso l'ordinamento non si limita ad individuare i documenti sottratti all'accesso in forza del superiore segreto professionale, ma ne indica anche le concrete ragioni (salvaguardare la riservatezza nei rapporti fra difensore e difeso). Nel caso in esame deve quindi essere verificato se all’istanza di accesso formulata dai ricorrenti può essere legittimamente opposto il segreto professionale che incombe sull'assistente sociale del Comune convenuto. - che, di conseguenza, è il Comune che deve garantire il diritto d'accesso non potendosi trincerare dietro uno specifico segreto professionale che non può trovare applicazione nel caso in esame. Il ricorso deve quindi essere accolto con annullamento del provvedimento impugnato ed emissione dell'ordine di esibizione di cui all'art. 25 ultimo comma della Legge n. 241/90. Le spese di giudizio possono essere tuttavia compensate stante la complessità giuridica della vicenda. P.Q.M. il T.A.R. per la Lombardia - Sezione staccata di Brescia – definitivamente pronunciando accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato. A giudizio del Collegio la risposta deve essere negativa. Ordina al Comune di Almenno San Salvatore di esibire, a favore dei ricorrenti, gli atti e i documenti indicati nell’istanza di accesso datata 30.4.2008. Va, al riguardo, osservato: Spese compensate. - che la segnalazione di pretesi maltrattamenti in famiglia (recante il nominativo di colui che ha effettuato della segnalazione) non è pervenuta all'assistente sociale da un proprio informatore confidenziale, ma attraverso un servizio di pubblica utilità gestito da un ente terzo; La presente sentenza sarà eseguita dall’Amministrazione ed è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti. - che si tratta, pertanto, di un documento formatosi all'esterno dell'ambito di competenza propria dell'assistente sociale; documento detenuto dall'Amministrazione comunale in quanto ente preposto ai relativi controlli; - che la circostanza secondo cui il documento contenente detta segnalazione sia pervenuto all'assistente sociale del Comune di Almenno San Salvatore riguarda un semplice aspetto dell'organizzazione interna del Comune stesso, in cui può esistere una partizione organizzativa (ad esempio l'area o settore servizi sociali) all'interno della quale l'assistente sociale costituisce una sotto articolazione operativa; Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 15/10/2008 con l'intervento dei Magistrati: Giuseppe Petruzzelli, Presidente Mario Mosconi, Consigliere Gianluca Morri, Primo Referendario, Estensore DEPOSITATA 29/10/2008 IN SEGRETERIA *** N.2975/2009 REPUBBLICA ITALIANA 121 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 il Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 RESTA, con domicilio eletto in Roma, via TOMMASO SALVINI n.55; IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Quinta Sezione ANNO 2007 ha pronunciato la seguente DECISIONE Visto il ricorso in appello n. 9962/2007 proposto dalla società EPIFARMA SRL, rappresentata e difesa dall’Avv. GIOVANNI MARRAPESE, con domicilio eletto in Roma via della BALDUINA 114; per la riforma della sentenza del TAR LAZIO, ROMASezione III Quater, n. 10914/2007, concernente ACCESSO AGLI ATTI INERENTI IMMISSIONE IN COMMERCIO DI MEDICINAL. Visti i ricorsi incidentali proposti dalle società cointeressate; Visti gli atti e documenti depositati con l'appello; contro l’AIFA-AGENZIA ITALIANA FARMACO non costituitasi; DEL la società AESCULAPIUS FARMACEUTICI SRL, la società DOC GENERICI SRL, la società EG SPA, la società FIDIA FARMACEUTICI SPA, la società KRUGHER PHARMA SRL, la società LABORATORIO FARMACOLOGICO MILANESE SRL, la società VALETUDO SRL, la società ABC FARMACEUTICI SPA, la società TEVA PHARMA ITALIA rappresentate e difese dall’Avv. GIOVANNI MARRAPESE con domicilio eletto in Roma, via della BALDUINA 114; la società ALLEN SPA, la società ALMUS SRL, la società HEXAL SPA non costituitesi; la società GERMED PLIVA PHARMA SPA (GIA' PLIVA PHARMA SPA) rappresentata e difesa dall’avv.ssa ALESSANDRA GIOVANNETTI e dall’Avv. MASSIMO AUDISIO con domicilio eletto in Roma via BISSOLATI, 76, presso lo studio della prima; la società RATIOPHARM ITALIA SRL non costituitasi; la società WINTHROP PHARMACEUTICALS ITALIA SRL non costituitasi; la società SCHEING PLOUGH SPA rappresentata e difesa dall’Avv.ssa DONELLA Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udito il relatore Cons. Francesco Caringella e uditi, altresì, per le parti gli Avv.ti Marrapese, Resta e Giovannetti; Ritenuto la sussistenza dei presupposti per la definizione del giudizio con sentenza succintamente motivata, come da avviso dato alle parti, giusta il disposto degli art. 21 e 26 della legge n. 1034/1971; Rilevato che con la sentenza di prime cure il Primo Giudice ha accolto il ricorso proposto dalla società Schering-Plough S.p.A., titolare delle autorizzazioni all’immissione in commercio delle specialità medicinali GENTALYN crema e unguento e GENTALYN Beta, ai fini dell’accesso ai documenti relativi ai procedimenti all’esito dei quali, nel corso del 2004 e 2005, l’A.I.FA. ha rilasciato n. 38 autorizzazioni alla commercializzazione di medicinali considerati equivalenti; Ritenuto che sono parzialmente fondati i motivi degli appelli principale ed incidentali autonomi con i quali si deduce l’omessa evocazione in giudizio di talune delle società controinteressate destinatarie dei provvedimenti autorizzativi di che trattasi, ossia Laboratori Alter s.r.l., Idi Farmaceutici s.r.l., Merck Generics Italia s.p.a., 122 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Coperinico Farmaceutici Farmaceutici spa; s.r.l., Agips Reputato infatti che la mancata opposizione di detti soggetti all’accesso nel corso del procedimento non esclude, in mancanza di una dichiarazione di assenso, la ricorrenza di una posizione sostanziale di controinteresse in relazione all’esperimento in sede giudiziale di un’ actio ad exhibendum concernente procedimenti relativi a provvedimenti riguardanti in via diretta la loro sfera giuridica; Ritenuto, peraltro, che la scindibilità delle posizioni consente, nell’ambito di un giudizio sul rapporto quale quello scolpito dall’art. 25 della legge 7 agosto 1990, n. 241, di limitare la statuizione di annullamento con rinvio, ex art. 35 della legge n. 1034/1971, alla sola parte della sentenza di prime cure che ha riconosciuto l’accesso anche ai procedimenti relativi alle autorizzazioni riguardanti le suddette società; Considerato, invece, che non risultano fondate, con riguardo alle posizioni relative alle altre società correttamente evocate in giudizio, le censure con le quali si contesta la sussistenza dei presupposti per l’accesso ai documenti amministrativi; Reputato infatti, quanto alla ricorrenza della pozione legittimante, che l’adozione di provvedimenti autorizzativi imperniati su di un giudizio di equivalenza dei farmaci generici rispetto ai farmaci di cui è titolare la società incide in via diretta sulla sfera giuridica di detta ultima esponendola ad un’azione concorrenziale che radica il presupposto dell’interesse concreto, diretto ed attuale senza che sia all’uopo necessaria la dimostrazione di una specifica contrazione del fatturato; Ritenuto, in particolare, che la richiesta della ricorrente, lungi dall’innescare un non consentito "controllo generalizzato dell’operato dell’amministrazione" è sorretta dall’interesse a verificare, a difesa dei propri legittimi interessi economici sul mercato farmaceutico, l’effettiva equivalenza tra le specialità medicinali commercializzate dalla ricorrente e quelle per le quali è stata rilasciata la A.I.C. (autorizzazioni immissione in commercio) ad altre società ed è, pertanto, congruamente rivolta sul piano oggettivo agli atti inerenti al procedimento che hanno condotto all’adozione dei decreti autorizzativi rilasciati dall’A.I.FA. per l’immissione in commercio dei medicinali dei suoi diretti concorrenti; Ritenuto poi che, in ossequio alle coordinate giurisprudenziali, dalle quali questa Sezione non ravvisa ragione di discostarsi, il diritto di accesso ai documenti amministrativi prevale sull’esigenza di riservatezza del terzo ogni qualvolta, come nella specie, l’accesso venga in rilievo per la cura o la difesa di interessi giuridici del richiedente in quanto titolare di una posizione soggettiva giuridicamente rilevante e qualificata dall’ordinamento come meritevole di tutela; che, pertanto, anche il richiamo dell’art. 3, lett. O, del DM 31 luglio 1997, n. 353, in una con l’art. 24, comma 5, punto d),d ella legge n. 241/1990 all’esigenza di tutelare la riservatezza dei terzi con riguardo alla " documentazione relativa all'attività di studio, professionale, industriale (ivi incluse le fasi di analisi, ricerca, sperimentazione e produzione), nonché alla situazione finanziaria, economica e patrimoniale di persone, gruppi e imprese comunque utilizzata ai fini dell'attività amministrativa", va inteso, specie dopo le novità apportate dalla legge n. 15/2005 e successivo regolamento di esecuzione, con salvezza della conoscenza necessaria per la difesa degli interessi giuridici dell’accedente; che, peraltro, l’ interesse delle parti appellanti a che non vengano divulgate notizie attinenti ai metodi di produzione ed al cosiddetto "know how" di realizzazione, è stato congruamente contemperato dal Tribunale di prime cure con l’esclusione dall’acecsso delle le descrizioni sommarie del modo di preparazione dei preparati delle controinteressate; che si deve quindi confermare anche in appello, con eccezione delle posizioni delle società non evocate in giudizio, la declaratoria del diritto di accesso agli studi ed ai test di biodiversità ed in particolare, ove esistenti a quelli relativi: 123 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 a. alla descrizione dei metodi di controllo utilizzati dal fabbricante o dai fabbricanti: quali analisi qualitativa e quantitativa dei componenti e del prodotto finito; b. alle eventuali prove particolari di sterilità, per la ricerca di sostanze pirogene e dei metalli pesanti; di stabilità, biologiche e di tossicità,ed ai controlli sui prodotti intermedi della fabbricazione; c. ai risultati delle prove rispettivamente c. 1 fisico-chimiche, biologiche e microbiologiche; c. 2. farmacologiche e tossicologiche, ivi comprese le prove sul potere mutageno, qualora prescritte c. 3 cliniche. Reputato pertanto che l’appello va accolto nei limiti sopra specificati con compensazione delle spese di giudizio ricorrendone giusti motivi; P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie in parte, nei sensi in motivazione specificati, l’appello ed annulla con rinvio la sentenza appellata. Conferma per il resto la sentenza gravata. Spese compensate. Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio dell’8.1.2008. con l’intervento dei Signori: Pres. Raffaele IANNOTTA *** Anno 2009 - 2010 ATTI AMMINISTRATIVI - COMUNE E PROVINCIA Cons. Stato Sez. V, Sent., 23-09-2010, n. 7083 Fatto Diritto P.Q.M. Svolgimento del processo Appella la società mista indicata in epigrafe ed impugna la sentenza con la quale il Tribunale amministrativo regionale del Piemonte, ha accolto un ricorso un materia di accesso di un consigliere comunale relativamente ad alcuni documenti della stessa società mista, incaricata di svolgere alcuni servizi pubblici locali. Avverso la suddetta sentenza, l'appellante rileva che l'accesso in parola non poteva essere consentito, in quanto si trattava di una società di diritto privato, con la partecipazione comunale maggioritaria ma non totalitaria, per cui non essendo la medesima né un'azienda speciale (ex municipalizzata) né una società "in house", risulta evidente che la stessa società mista si pone al di fuori del contesto dell'art. 43 del testo unico degli enti locali (d. lgs. n. 267 del 2000) che consente l'accesso del consigliere comunale, oltre che agli atti del Comune, anche a quelli di aziende ed enti dipendenti dal Comune stesso; in ogni caso, non può obliterarsi che la natura privatistica della società appellante coinvolge evidentemente le norme del codice civile in materia,ove la riservatezza delle notizie aziendali è priorità assoluta. Infine, l'appellante fa presente che comunque l'istanza del consigliere comunale non avrebbe potuto comunque essere accolto, a causa della sua genericità. Cons. Aldo FERA Cons. Marzio BRANCA Cons. Francesco CARINGELLA Est. Cons. Michele CORRADINO ESTENSORE IL PRESIDENTE F.to Francesco Caringella f.to Raffaele Iannotta DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 13/06/08. Non costituiti in giudizio il soggetto appellato, la causa passa in decisione all'udienza camerale del 22 giugno 2010. Motivi della decisione L'appello è infondato. Va rilevato, infatti, che il Consigliere comunale, eletto dalla collettività locale, svolge la sua 124 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 funzione a tutela della collettività stessa e, strumentalmente, al fine di poter adempiere al proprio ufficio, deve essere messo a conoscenza di ogni attività che riguarda la pubblica amministrazione, titolare primaria del soddisfacimento degli interessi pubblici della collettività di riferimento. Nulla per le spese, per non essersi costituito in giudizio il soggetto appellato. Così stando le cose, è fuori discussione che tutto ciò che concerne l'attività della pubblica amministrazione in cui è incardinato il Consigliere comunale non può non essere messa a sua disposizione, potendo solo in casi eccezionali essere rinviato l'accesso ma mai negato in via definitiva. Nulla per le spese. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. V), definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe, lo rigetta. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa. N. 00017/2010 REG.SEN. Ora, una società mista, con partecipazione maggioritaria dell'ente locale, costituita ai sensi dell'art. 113 del testo unico degli enti locali n. 267 del 2000, è, sì, una società di diritto privato, ma è anche una società che svolge (esclusivamente o prevalentemente) uno o più servizi pubblici locali: è, in altre parole, una modalità alternativa ad altre (economia, azienda speciale, appalto, istituzione) per la gestione di servizi pubblici locali, e le modalità con cui vengono svolti tali servizi pubblici locali non può non ricadere nell'ambito dei poteri di cognizione del consigliere comunale. Certamente, si pongono delicati problemi in cui interferiscono le norme di diritto civile, nel senso che la richiesta va più correttamente diretta all'Amministrazione comunale, che poi dovrà provvedere alle conseguenti operazioni per far pervenire al consigliere interessato la documentazione richiesta, ma ciò è solo una modalità operativa che non può certamente portare al diniego di accesso, sulla base delle considerazioni di cui al provvedimento impugnato. N. 01483/2009 REG.RIC. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima) ha pronunciato la presente SENTENZA Sul ricorso numero di registro generale 1483 del 2009, proposto da: Giuseppe Gatti, rappresentato e difeso dall'avv. Gianluca Gatti, con domicilio eletto presso Gianluca Gatti in Gaggiano, via Gobetti 20; contro Anche la pretesa genericità della domanda, non è di per se stessa motivo di diniego definitivo, ma solo di precisazione della genericità, con invito alla precisazione dei documenti di cui si chiede l'accesso. Comune di Gaggiano in Persona del Sindaco P.T., rappresentato e difeso dagli avv. Flavia Mangiante, Massimo Ticozzi, con domicilio eletto presso Flavia Mangiante in Milano 4278af, c/o Segreteria T.A.R.; L'appello è, conseguentemente, infondato e va respinto. per l'annullamento 125 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 previa sospensione dell'efficacia, dell'atto del Segretario Comunale di Gaggiano del 30.4.2009 prot. n.4668di diniego di accesso ai seguenti documenti: - copia del ricorso per decreto proposto dal Comune di Gaggiano Tribunale di Milano nei confronti Nuova Edilizia e della Zurich Company; ingiuntivo davanti al della soc. Insurance - invito di integrazione documentale della domanda, ex art. 640 cpc, formulata dal Giudice al Comune di Gaggiano nel procedimento monitorio sopracitato; - parere legale relativo al ritiro del Comune al predetto ricorso per decreto ingiuntivo; e per il riconoscimento del diritto del ricorrente, in qualità di Consigliere Comunale, di accedere agli atti e documenti richiesti ex art. 43 TUEL;. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Gaggiano in Persona del Sindaco P.T.; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 1 luglio 2009 il dott. Piermaria Piacentini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue: consigliere comunale di minoranza del Comune di Gaggiano, ha chiesto l'accesso alla documentazione relativa ad un ricorso per decreto ingiuntivo presentato dall'Amministrazione comunale nei confronti di Nuova Edilizia S.p.A e Zurich Insurance Company s.a. e poi ritirato; in particolare: a.- il ricorso presentato al Tribunale civile di Milano b.- la richiesta da parte del giudice incaricato, di integrazione documentale ex art. 640 cod.proc.civ; c.- il parere di un legale che avrebbe suggerito all'Amministrazione di ritirare la richiesta di decreto ingiuntivo. Ritenuto che il primo (ricorso per decreto ingiuntivo) ed il secondo (richiesta del giudice di integrazione dei mezzi probatori) degli atti richiesti attengono ad un procedimento giurisdizionale da considerare estinto a seguito della rinuncia dell'Amministrazione e, pertanto non rientrano in quella categoria di atti ai quali l'accesso può essere negato anche al Consigliere comunale che ne faccia richiesta; - che il terzo atto, invece, rientra tra gli atti di consulenza che gli organi decidenti della Amministrazione acquisiscono al fine di meglio conformare la propria azione a criteri di legittimità e di opportunità e che pertanto non possono formare oggetto di accesso, senza violare il segreto professionale del legale e la stessa privacy dell'organo decidente che deve restare libero nell'acquisizione dei pareri che ritiene necessari alla formazione di unapropria sua corretta volontà e nella loro conseguente valutazione. Ritenuto altresì, che la parziale soccombenza giustifichi la compensazione delle spese e degli onorari del presente giudizio P.Q.M. FATTO e DIRITTO Premesso che con ricorso del 25 maggio 2009, il sig. Giuseppe Gatti, nella sua qualità di Il Tribunale Amministrativo regionale per la Lombardia ordina al Comune di Gaggiano di consentire al sig. Gatti Giuseppe l'accesso 126 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 (anche mediante estrazione di copia, a proprie spese) ai seguenti documenti: REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO a.- il ricorso per decreto ingiuntivo presentato al Tribunale di Milano dal Comune presentato dall'Amministrazione comunale nei confronti di Nuova Edilizia S.p.A e Zurich Insurance Company s.a.; Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta) b.- la richiesta da parte del giudice incaricato, di integrazione documentale ex art. 640 cod.proc.civ; ha pronunciato la presente Respinge la richiesta di accesso al parere del legale che avrebbe suggerito all'Amministrazione di ritirare la richiesta di decreto ingiuntivo. Sul ricorso numero di registro generale 4935 del 2009, proposto da: Armetta Enrico, Guadagno Angelo, Montanino Raffaele, Navarra Guido e Navarra Agostino, rappresentati e difesi dall'avv. Enrico Angelone, con domicilio eletto in Napoli, Calata San Marco, 4; Spese compensate SENTENZA Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. contro Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 1 luglio 2009 con l'intervento dei Magistrati: il Centro Agro Alimentare di Napoli – C.A.A.N. s.c.p.a., in persona del legale rapp.te p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Enrico Soprano, con domicilio eletto in Napoli, via Melisurgo, 4; Piermaria Piacentini, Presidente, Estensore Hadrian Simonetti, Referendario per l'annullamento Mauro Gatti, Referendario <<a) del provvedimento prot. n. 10282 del 30.06.2009, successivamente comunicato, con il quale il DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 12/01/2010 (Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186) IL SEGRETARIO *** N. 00448/2010 REG.SEN. N. 04935/2009 REG.RIC. Centro Agro Alimentare di Napoli ha negato ai ricorrenti, Consiglieri Comunali di Volla, l’accesso alla documentazione richiesta con l’istanza del 18.06.2009; b) per l’accertamento del diritto di accesso dei ricorrenti n. q. innanzi indicata agli atti e documenti amministrativi richiesti con l’istanza indicata sub a); c) per la conseguente condanna del Centro Agro Alimentare di Napoli all’esibizione dei documenti richiesti con l’istanza indicata sub a) che precede: d) per l’annullamento di ogni altro atto preordinato, connesso, consequenziale, comunque lesivo del diritto dei ricorrenti all’esibizione dei documenti indicati sub b) che precede>>. 127 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Centro Agro Alimentare di Napoli s.c.p.a.; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 gennaio 2010 il dott. Paolo Carpentieri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Con il ricorso in trattazione – notificato il 31 luglio 2009 e depositato in segreteria il 25 settembre 2009 – i sigg.ri in epigrafe elencati, consiglieri comunali del Comune di Volla, agiscono per ottenere l’accesso ai documenti (“tutte le delibere approvate dal consiglio di amministrazione”) del Centro Agro Alimentare di Napoli, società consortile tra pubbliche amministrazioni, richiesti con nota inoltrata il 18 giugno 2009, accesso negato dalla società consortile con l’impugnata nota prot. 10282 del 30 giugno 2009, a motivo che il “CAAN non può esser qualificato che soggetto di diritto privato, comunque non astretto alle regole di cui alla Legge 241/90 in tema di accesso”. Si è costituita a resistere in giudizio la società consortile intimata. Dopo un primo rinvio, accordato alla camera di consiglio del 3 dicembre 2009 su istanza delle parti, alla camera di consiglio del 14 gennaio 2010 la causa è stata chiamata e trattenuta in decisione. Il ricorso è fondato e va accolto. Il Collegio rileva preliminarmente, in rito, che l’azione avverso il diniego dell’accesso, regolata dall’art. 25 della legge n. 241 del 1990, pur avendo natura impugnatoria, quanto al modo e ai termini di proposizione, assume natura di accertamento e di condanna, quanto alla cognizione rimessa al giudice in relazione alla prevista pronuncia, in caso di accoglimento del ricorso, di condanna dell’amministrazione all’esibizione dei documenti richiesti. Ne segue che, in disparte la questione di quale sia la consistenza – se di diritto soggettivo o di interesse legittimo – della pretesa fatta valere all’accesso ai documenti amministrativi, l’ambito della cognizione del giudice si estende anche oltre lo schermo dello specifico atto di diniego opposto e/o delle specifiche censure avverso l’atto di diniego proposte in ricorso, investendo in sostanza la fondatezza della pretesa di accesso fatta valere. Ne deriva ulteriormente, quanto al caso concreto qui all’odierno esame del Collegio, che il vero thema decidendum della controversia non si individua tanto nella questione dell’applicabilità alla società consortile resistente del capo V della legge n. 241 del 1990, applicabilità esclusa nel diniego impugnato, che è questione in realtà pacifica ed espressamente risolta dagli articoli 22, comma 1, lettera e) e 23 della legge ora citata (onde la palese erroneità ed illegittimità al riguardo della impugnata nota negativa della società consortile prot. n. 10282 del 30 giugno 2009, che andrà annullata), quanto nella più seria questione di quali siano le peculiarità e i limiti dell’esercizio del sindacato ispettivo dei consiglieri comunali, riconosciuto come forma speciale di accesso ai documenti dell’ente locale di appartenenza dall’art. 43 del t.u.e.l. (di cui al d.lgs. n. 267 del 2000), e se tale potere di sindacato si possa estendere (e, se sì, in che misura) alle società partecipate dall’ente locale cui appartengono i consiglieri comunali che agiscono. Così meglio delimitato il tema del decidere, e rilevata per incidens l’evidente infondatezza delle eccezioni consortili di rito sul preteso, inammissibile cumulo di domande che sarebbe stato proposto dai ricorrenti (atteso che il cumulo di annullamento e condanna è insito 128 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 nella natura ibrida del rito per l’accesso ex art. 25 l. n. 241 del 1990), il Collegio osserva, quanto al fatto, che la società consortile resistente risulta costituita solo (o per la massima parte) da enti pubblici, tra cui il Comune di Volla, che detiene una percentuale del capitale sociale oscillante tra il 4 e il 5 per cento (la notizia, imprecisa, si ricava dalla memoria consortile, pag. 6), ed ha sicuramente funzioni strumentali agli enti partecipanti e conferenti, e/o di erogazione di servizio pubblico (come è agevole postulare, pur non disponendosi in atti del relativo statuto e atto costitutivo). Ciò premesso, e venendo al merito, il Collegio, uniformandosi alla prevalente giurisprudenza (Cons. Stato, sez. V, 9 dicembre 2004, n. 7900; Id., 5 settembre 2002, n. 4472), propende per la risposta affermativa. La richiamata giurisprudenza ha invero condivisibilmente affermato l’ammissibilità, ex art. 43 comma 2, del d.lg. 18 agosto 2000, n. 267, di una richiesta di informazioni riguardante una società a partecipazione pubblica (comunale) totalitaria, preposta all'erogazione dei servizi pubblici del trasporto urbano e dell'energia elettrica, inoltrata da un consigliere comunale, con riferimento sia all'art. 24 l. 27 dicembre 1985, n. 816, che prevede che i consiglieri comunali, per l'effettivo esercizio delle loro funzioni, hanno diritto di prendere visione dei provvedimenti adottati dall'ente e degli atti preparatori in essi richiamati, sia all'art. 31, comma 5, l. 8 giugno 1990, n. 142, che stabilisce che gli stessi hanno diritto di ottenere dagli uffici comunali e dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie ed informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del mandato (norma poi rifluita nel citato art. 43 del t.u.e.l.). La seconda delle pronunce citate (la n. 4472 del 2002) è stata resa in una fattispecie, analoga, di richiesta di informazioni, da parte di un consigliere comunale, nei confronti di una società a prevalente capitale comunale. La giurisprudenza richiamata ha esteso senz’altro agli atti degli enti partecipati il diritto di accesso dei consiglieri comunali previsto dal richiamato art. 43 del t.u.e.l., ricorrendo senz’altro l’eadem ratio e l’omogeneità di funzione dell’istituto. Se è vero, infatti, che i consiglieri comunali hanno diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d'utilità all'espletamento del loro mandato, ciò anche al fine dì permettere di valutare con piena cognizione di causa la correttezza e l'efficacia dell'operato dell'Amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio, e per promuovere, anche nell'ambito del Consiglio stesso, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale, è altrettanto vero che queste ragioni speciali che giustificano il sindacato dei consiglieri comunali sugli atti comunali devono valere parimenti anche allorquando le funzioni e i servizi comunali non sono svolti ed espletati direttamente dal Comune, ma per il tramite di appositi strumenti societari partecipati. Le disposizioni richiamate, infatti, – ha soggiunto la richiamata giurisprudenza – collegano l'accesso a tutto ciò che può essere effettivamente funzionale allo svolgimento dei compiti del singolo consigliere comunale e provinciale e alla sua partecipazione alla vita politico-amministrativa dell' ente (cfr.: Cons. Stato, V Sez., 21.2.1994, n. 119, Cons. Stato, V Sez., 26.9.2000, n. 5109, Cons. Stato, V Sez., 2.4.2001, n. 1893). Nell’ambito di questo collegamento funzionale devono coerentemente essere incluse anche le delibere delle società strumentali (o concessionarie di servizi pubblici), partecipate dal Comune, che costituiscono uno strumento mediante il quale si svolgono i compiti pubblicistici e le competenze del Comune di appartenenza. L’estensione di tale potere di sindacato dei consiglieri comunali agli atti e ai documenti delle società totalitariamente o maggioritariamente partecipate dagli enti locali, operata dal Giudice amministrativo nelle richiamate pronunce, sulla base di una lettura sostanzialistica della normativa di riferimento, risulta inoltre coerente alla giurisprudenza amministrativa in materia di società miste, la cui costituzione per la gestione dei servizi pubblici locali – ha ricordato il Consiglio di Stato – “costituisce un modello organizzativo e gestionale sì alternativo a quello dell'azienda 129 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 speciale, ma non per questo del tutto alieno a connotati e finalità sostanzialmente pubblici, perché, ai fini dell'identificazione di un soggetto pubblico, la forma societaria assume veste neutrale ed il perseguimento di uno scopo pubblico non è di per sé in contraddizione con il fine societario lucrativo - art. 2247 c.c. - (cfr. Cons. Stato, sez. V, 03/09/2001, n.4586; cfr.: <<Il modulo organizzativo della società mista per azioni ex art. 22 comma 3 lett. e), l. 8 giugno 1990 n. 142 (a prevalente capitale pubblico) delinea una forma di gestione diretta del servizio pubblico nel cui ambito non solo il rapporto tra pubblica amministrazione e società è di natura giuspubblicistica, ma soprattutto la società stessa diviene organo indiretto dell'ente, deputato allo svolgimento del servizio affidatole>> Cons. Stato, sez. V, 19/02/1998, n.192)”. La natura di società di capitale non preclude, pertanto, l'esercizio del diritto de quo, atteso che la proprietà della medesima è in parte imputabile al Comune; dalla partecipazione pubblica discende l'esercizio di attività certamente rientranti nella più generale attività dell'ente locale, che giustifica e legittima quindi la richiesta documentazione. In conclusione, risulta evidente, anche alla luce di recenti indici normativi, che le società partecipate pubbliche, siano esse strumentali agli enti partecipanti o concessionarie o affidatarie di servizi pubblici locali, restano assoggettate alle regole di buona amministrazione imparziale, secondo il principio di legalità, di cui all’art. 97 Cost. e al capo I della legge n. 241 del 1990. Finché questi strumenti societari impiegano soldi pubblici per lo svolgimento di funzioni pubbliche o per l’erogazione di servizi pubblici, non è consentito che il rivestimento formale privatistico possa consentire ad essi di sottrarsi alle regole di trasparenza e di controllabilità che indefettibilmente caratterizzano la funzione e il servizio pubblici. E così come è consentito al consigliere comunale di controllare l’operato dell’ente di appartenenza, così deve essergli consentito di controllare il modo in cui operano gli strumenti societari di cui l’ente di appartenenza intende avvalersi per il perseguimento (ancorché indiretto) di quelle stesse finalità pubblicistiche (di funzione o di servizio) appartenenti al suo ambito di competenza. Per tutti gli esposti motivi il ricorso è fondato e merita accoglimento. Le spese, secondo la regola della soccombenza, devono porsi a carico della società consortile resistente. P.Q.M. IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA CAMPANIA, SEZIONE V^, letto e applicato l’art. 25 della legge n. 241 del 1990 (e successive modifiche e integrazioni), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo accoglie e, per l’effetto, annulla la impugnata nota prot. n. 10282 del 30 giugno 2009 e ordina al Centro Agro Alimentare di Napoli – C.A.A.N. s.c.p.a., in persona del suo legale rapp.te p.t., l’esibizione, entro trenta giorni dalla comunicazione (o dalla notifica di parte, se anteriore) della presente sentenza, dei documenti richiesti dai ricorrenti con l’istanza del 18 giugno 2009. Condanna il Centro Agro Alimentare di Napoli – C.A.A.N. s.c.p.a., in persona del suo legale rapp.te p.t., al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in complessivi euro 1.000,00 (mille/00). Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 14 gennaio 2010 con l'intervento dei Signori: Antonio Onorato, Presidente Paolo Carpentieri, Consigliere, Estensore Gabriele Nunziata, Consigliere 130 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Societa' Asmt Servizi Industriali S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv. Cinzia Picco, prof. Paolo Scaparone, con domicilio eletto presso il secodno in Torino, via S. Francesco D'Assisi, 14; Comune di Tortona; L'ESTENSORE IL PRESIDENTE per l'annullamento previa sospensione dell'efficacia, del provvedimento prot. 3627/P7sg del 20/10/2009 a firma dell'Amministratore delegato della società Asmt, con il quale è stata rigettata l'istanza di accesso ai documenti amministrativi presentata dal sig. Paolo Ronchetti, pervenuta il 1° ottobre 2009; DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 28/01/2010 (Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186) IL SEGRETARIO di tutti gli atti antecedenti, presupposti, connessi, derivati e conseguenziali; *** nonché per la declaratoria del ricorrente a detto accesso e per il conseguente ordine all'ASMT di esibizione della documentazione richiesta e di rilascio di copie. N. 00934/2010 REG.SEN. N. 01271/2009 REG.RIC. Visto il ricorso con i relativi allegati; REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte Visto l'atto di costituzione in giudizio di Societa' Asmt Servizi Industriali S.p.A.; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; (Sezione Prima) Relatore nella Camera di Consiglio del giorno 17/12/2009 il Referendario Avv. Alfonso Graziano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; ha pronunciato la presente SENTENZA Sul ricorso numero di registro generale 1271 del 2009, proposto da: Paolo Ronchetti, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Ciccia, con domicilio eletto presso lo stesso in Torino, via Susa, 23; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue: FATTO e DIRITTO contro 131 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 1. Con istanza del 28.9.2009 (doc. 3 ricorrente) il sig. Ronchetti, Consigliere comunale di Tortona, richiedeva all’A.S.M.T. Servizi industriali S.p.A., società mista a partecipazione pubblica maggioritaria, affidataria di alcuni servizi pubblici locali da parte dell’Ente territoriale, di potere accedere all’elenco fornitori della società per gli anni 2006 - 2009, assumendo la strumentalità del richiesto diritto d’accesso all’espletamento del suo mandato elettivo. La società domandava un parere legale all’attuale patrono della stessa nel presente giudizio, il quale concludeva nel senso della legittimità del diniego sul rilievo che la società intimata, pur essendo partecipata maggioritariamente al 53% dal Comune di Tortona non sarebbe qualificabile come ente o azienda dipendente dal medesimo, ai sensi dell’art. 43 del TUEL, difettando il requisito del controllo analogo. Al che la società in questione denegava al Ronchetti il richiesto accesso documentale. Con il gravame in epigrafe insorge avverso il diniego, assunto con nota del 20.10.2009 (doc. 1 ricorrente) il Consigliere Ronchetti. Si costituiva in giudizio l’A.S.M.T. s.p.a con atto del 4.12.2009. Alla Camera di Consiglio del 17.12.2009 udita la lunga discussione dei procuratori delle parti e la Relazione del Referendario Avv. Alfonso Graziano, il ricorso è stato ritenuto in decisione. quello riconosciuto alla generalità dei cives, posto che ai sensi dell’art. 22 delle L. n. 241/1990, il diritto d’accesso c.d. ordinario vige anche nei riguardi dei soggetti di diritto privato gestori di pubblici servizi, qual è sicuramente la resistente Azienda. Non osterebbero a parere del Ronchetti al richiesto diritto di accesso, né il dato che la partecipazione maggioritaria del Comune alla Azienda non equivalga a qualificarla ente dipendente dal Comune, né la presenza nella compagine societaria della medesima di un socio privato minoritario. Non consta inoltre alcuna norma che delimiti la nozione di ente dipendente dal comune alle sole società in house. 2.2. A parere della Sezione le doglianze del ricorrente evidenziano tratti di manifesta fondatezza e vano conseguentemente accolte. Non persuadono le ragioni del diniego, desunte dal parere legale acquisito dall’Amministrazione ed allegato alla impugnata nota di diniego. Tale parere fonda la negazione della domanda di accesso sul rilievo che la A.S.M.T. pur essendo una società posseduta in misura maggioritaria dal Comune di Tortona, non sarebbe definibile in termini di ente o azienda dipendente del medesimo, ex art. 43 del d.lgs. n. 267/2000, non configurando il modello gestorio di cui al’art. 113 del Testo Unico, dell’in house providing, per difetto del fondamentale presupposto del controllo analogo. 2.1. Deduce il ricorrente un unico motivo di ricorso, conciso ma centrato, lamentando violazione dell’art. 43 del d.lgs. n. 267/2000 e 39 del Regolamento del Consiglio Comunale e delle Commissioni permanenti del Comune di Tortona, oltreché eccesso di potere per difetto di motivazione. Del pari non convince la semplificazione della questione e la sua riduzione alle sole norme civilistiche di cui all’art. 2381 c.c. che escluderebbe il diritto degli azionisti di ottenere informazioni sulla gestione della società al di fuori dell’assemblea. Sostiene, in particolare, il deducente che il diniego del richiesto accesso, ancorato sulla presunta non riconducibilità dell’A.S.M.T. S.p.A. al novero delle aziende dipendenti dal Comune di Tortona, conduce a restringere il diritto di accesso dei consiglieri rispetto a 2.3.1.1. Ritiene opportuno il Collegio procedere ad una rapida ricostruzione del corpus normativo che disciplina il diritto di accesso dei Consiglieri comunale e non può all’uopo non richiamare la recente sentenza del Tribunale, che ha avuto vasta eco e che ha effettuato una 132 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 ricognizione dei limiti e delle condizioni del diritto d’accesso dei consiglieri comunali in relazione agli atti dell’ente locale. Si è in quella sede (T.A.R. Piemonte, Sez. II, 31.7.2009, n. 2128 ) condivisibilmente conferita al diritto di accesso dei consiglieri comunali un’accezione alquanto ampia, tale da involgere qualsiasi informazione ritenuta dal richiedente utile all’espletamento del mandato elettivo, con esclusione delle sole richieste strumentali ed indeterminate, svincolando l’istanza sia dall’onere motivazionale che da quello formale della espressione in forma scritta. Sul versante oggettivo rammenta il Collegio che anche il Giudice di secondo grado accredita una nozione particolarmente lata di informazioni utili all’espletamento del mandato consiliare, precisando che “dal termine "utili" contenuto nella norma in oggetto non consegue, quindi, alcuna limitazione al diritto di accesso dei consiglieri comunali, bensì l'estensione di tale diritto a qualsiasi atto ravvisato utile all'espletamento del mandato".(Consiglio di Stato, Sez. V, 09 ottobre 2007, n. 5264).Né per altro verso può riconoscersi all’Amministrazione uno spazio di sindacato in punto all’interesse del consigliere alla visione degli atti e all’ottenimento delle informazioni, poiché “l'interesse del consigliere comunale ad ottenere determinate informazioni o copia di specifici atti detenuti dall'amministrazione civica non si presta, pertanto, ad alcuno scrutinio di merito da parte degli uffici interpellati in quanto, sul piano oggettivo, esso ha la medesima latitudine dei compiti di indirizzo e controllo riservati al Consiglio comunale (al cui svolgimento è funzionale)”(Consiglio di Stato, Sez. V, 2 settembre 2005, n. 4471). 2.3.1.2. Deve qui la Sezione unicamente aggiungere che il diritto d’accesso dei consiglieri comunali si estende anche agli atti formati o stabilmente detenuti da tutte le aziende o enti partecipati dal comune, non richiedendosi che le stesse integrino la figura dell’in house providing. Va al riguardo condivisa la tesi espressa dalla difesa del ricorrente, circa l’inesistenza di una norma di copertura all’argomento portato dal parere legale richiesto dalla ASMT, secondo il quale il diritto d’accesso dei consiglieri comunali può estendersi solo alle aziende comunali riconducibili all’alveo del’in house providing. Nessuna norma di legge o principio costituzionale abilita l’interprete ad operare una simile discriminazione, che oltre a non essere consentita dal legge a non rinvenire supporti ne diritto positivo, infrange de plano anche i canoni ermeneutici di scaturigine costituzionale, quali promananti dagli artt. 24 , 3 e 113 della Costituzione. 2.3.2. Quando il legislatore del TUEL del 2000 adoperava l’espressione “aziende o enti dipendenti” del Comune, invero, non poteva minimamente additare gli organismi in house, in allora sconosciuti (benché la sentenza Teckal sia stata resa dalla Corte del Lussemburgo il 1999) poiché non ancora elevati dalla giurisprudenza e poi dal legislatore a figura organizzatoria tipica. Basti pensale che la famosa predetta sentenza Teckal, del 1999, costituente il leading case in subiecta materia, originava da un rinvio interpretativo effettuato dal T.A.R. Emilia Romagna – Parma, vertente non certo in materia di pubblici servizi, ma di appalti pubblici di servizi misti a forniture, domandandosi principalmente il TAR parmense se le attività di fornitura, che economicamente si configuravano prevalenti rispetto al servizio di gestione di impianti termici comunali, erano tali da indurre a qualificare il contratto misto come appalto di servizi ovvero di forniture, i fini dell’applicazione della deroga al regime concorsuale sancita dall’art. 6 della Direttiva n, 92/50CEE disciplinante i soli appalti di servizi e non le forniture pubbliche. Quel primigenio precedente, che peraltro tanta fortuna e seguito ha avuto in tutta la giurisprudenza della Corte di Giustizia, non era peraltro idoneo in allora a delineare l’istituto e la figura dell’in house providing quale è stato poi tramandato alla dottrina pubblicistica e alla giurisprudenza dei tempi recenti, fino a rinvenire espressa sanzione nell’art. 113 del d.lgs. n. 267/200 (con le modifiche apportate nel 2003) e nell’art. 51 del d.lgs. n. 496/1997 in 133 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 materia di servizio di riscossione delle entrate comunali. 2.3.3. Orbene, opina la Sezione che il criterio ermeneutico di interpretazione delle leggi scolpito all’art. 12 delle preleggi al codice civile e individuabile in quello che la dottrina costituzionalistica ab immemorabile definisce criterio storico evolutivo, sia il primo dato deponente nel senso della piena assoggettabilità al diritto d’accesso dei consiglieri comunali, delle Aziende partecipate in misura maggioritaria dal Comune, introducendo il requisito pretorio comunitario del controllo analogo, un quid novi sconosciuto al legislatore del Testo unico del 2000. Prima di una fugace disamina dei principi costituzionali sopra lumeggiati, ritiene il Collegio di dover soggiungere che oltre al tratteggiato elemento interpretativo appuntato sulla contestualizzazione storica dell’art. 43 del d.lgs. n. 267/2000, alla quale è estraneo ogni riferimento al postumo requisito dell’in house ai fini di predicare la soggezione al diritto d’accesso dei consiglieri comunali di ogni azienda o società privata partecipata maggioritariamente dagli enti locali (comuni e province), ebbene, oltre al delineato elemento esegetico, milita a forte suffragio della divisata soggezione dell’ azienda a partecipazione pubblica locale maggioritaria, anche la riflessione in ordine alla prospettiva funzionale della partecipazione pubblica maggioritaria. Al riguardo non può trascurarsi che la ratio dell’estensione del diritto d’accesso dei consiglieri, operata dall’art. 43 del TUEL anche nei confronti delle aziende o enti dipendenti del Comune, risiede nel fatto che tali aziende ed enti dipendenti sono quelli che gestiscono pubblici servizi locali. Il legislatore ha cioè inteso individuare quali soggetti passivi del diritto di accesso dei rappresentanti della popolazione locale, gli enti o aziende dipendenti che gestiscano servizi pubblici locali per il Comune. La figura della società in house, pertanto, è solo uno dei possibili soggetti legittimati passivi della richiesta e del diritto di accesso dei consiglieri, non esaurendo certo il novero di tutti i legittimati passivi, poiché tale figura non esaurisce il novero delle società partecipate dall’Ente locale che possono gestire i servizi pubblici locali. 2.3.4. La prospettiva ermeneutica caldeggiata, sulla scorta dell’invocato parere legale, dalla società resistente, invero oblitera di considerare che i servizi pubblici locali possono essere gestiti oltre che in via diretta dagli organismi in house, ossia senza l’intermediazione di una procedura concorsuale, anche dalle società miste a prevalente capitale pubblico, quali la resistente ASMT. L’art. 113, comma 5, lett. b) del d.lgs. n. 267/2000 individua, infatti, quali soggetti gestori di servizi pubblici locali le società a partecipazione pubblica maggioritaria, le vecchie società di cui all’art. 22, 3° comma, lett. e) della L. N. 142/1990, il cui socio privato sia stato scelto mediante una procedura concorsuale ad evidenza pubblica. E questo è il caso della resistente ASMT, il cui capitale sociale risulta costituito e posseduto per ben il 53% dal Comune di Tortona e per la residua parte da alcuni comuni contermini e poi per la restante parte dalla società privata Iride s.p.a selezionata per il tramite di procedura ad evidenza pubblica. Ne consegue che l’A.S.M.T. è una società affidataria della gestione di servizi pubblici locali per il Comune di Tortona ai seni dell’art. 113, comma 5 lett. b) del TUEL, pur non integrando gli estremi dell’in house providing, figura individuata quale possibile modello gestorio dei servizi locali dalla lettera c) del comma 5 dell’art, 113 cit., in alternativa alla società mista a prevalente capitale pubblico locale. 2.3.5. Non individua pertanto la Sezione la ragione giuridica per la quale doversi predicare l’assoggettamento al diritto di accesso dei consiglieri comunali delle sole figure gestionali societarie dei servizi pubblici inquadrabili nel modello dell’in house, per escluderla nei confronti di società private che: 1. siano possedute dal Comune in misura maggioritaria; 134 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 2. siano affidatarie della gestione dei servizi pubblici parimenti in via diretta, ossia senza il previo espletamento di una pubblica gara, ma nelle quali il socio privato operativo sia stato scelto mediante gara. dei servizi gestione di servizi, a prescindere dalla misura della partecipazione del comune al capitale sociale e dalla qualità di società partecipata dall’ente o di mero concessionario della gestione dei servizi. 2.4.1. Il Tribunale è quindi del parere che il proprium che contrassegna le aziende o enti dipendenti del Comune, di cui all’art. 43 del d.lgs. n. 267/2000 i fini dell’assoggettamento al diritto di accesso dei consiglieri comunali, è da individuare nell’essere l’azienda o l’ente affidatario della gestione di un pubblico servizio locale, dovendosi includere nel novero di tali enti o aziende dipendenti, nei cui confronti il consigliere comunale vanta il diritto di accedere a tutti agli atti e informazioni utili all’espletamento del suo mandato, anche le società partecipate dal Comune o dalla Provincia in misura maggioritaria e che gestiscano servizi pubblici locali per conto del Comune o della Provincia. Si è infatti condivisibilmente precisato che “la natura di società di capitale non preclude, pertanto, l'esercizio del diritto de quo, atteso che la proprietà della medesima è in parte imputabile al Comune; dalla partecipazione pubblica discende l'esercizio di attività certamente rientranti nella più generale attività dell'ente locale, che giustifica e legittima quindi la richiesta documentazione. 2.4.2. Militano nel senso della delineata ragionevole estensione del quadro dei soggetti societari obbligati ad ostendere i documenti o a fornire le informazioni richieste dal conigliere comunale o provinciale, anche i principi costituzionali scaturenti dall’art. 24 che ritaglia il diritto di difesa, dell’art. 3 sul principio di uguaglianza, che sarebbe irragionevolmente compresso se si escludessero dall’obbligo di concedere l’accesso le società a partecipazione pubblica maggioritaria ma non integranti l’in house, nonché lo stesso art. 113 della Costituzione, in forza del quale contro gli ati della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa. Anche tale ultimo diritto di azione del consigliere comunale sarebbe irragionevolmente compresso se gli si negasse di accedere agli atti delle aziende partecipate maggioritariamente dal Comune e affidatarie della gestione dei servizi pubblici locali. 2.4.3. Segnala il Collegio che recentissimamente la giurisprudenza ha ritenuto soggette al diritto d’accesso de consiglieri comunali ex art. 43 del TUEL tutte le società di cui si avvalgono gli enti locali per la gestione In conclusione, risulta evidente, anche alla luce di recenti indici normativi, che le società partecipate pubbliche, siano esse strumentali agli enti partecipanti o concessionarie o affidatarie di servizi pubblici locali, restano assoggettate alle regole di buona amministrazione imparziale, secondo il principio di legalità, di cui all’art. 97 Cost. e al capo I della legge n. 241 del 1990. Finché questi strumenti societari impiegano soldi pubblici per lo svolgimento di funzioni pubbliche o per l’erogazione di servizi pubblici, non è consentito che il rivestimento formale privatistico possa consentire ad essi di sottrarsi alle regole di trasparenza e di controllabilità che indefettibilmente caratterizzano la funzione e il servizio pubblici”.( T.A.R. Campania - Napoli, Sez. V, 28 gennaio 2010 n. 448). Il caso di specie concerneva una richiesta di accesso formulata da un consigliere comunale nei riguardi di una società consortile comunale, nella quale è verosimile che il Comune possedesse solo una quota no maggioritaria del capitale sociale. 2.4.4. In conclusione, ritiene il Collegio che sia riduttiva la linea interpretativa accreditata dall’Amministrazione sulla scorta del parere legale acquisito, secondo cui la richiesta di accesso dei consiglieri comunali riguardo gli atti delle società partecipate non sfugga al disposto degl’’art. 2381 e 2403 c.c. in forza dei quali l’accesso va negato ai soggetti estranei agli organi della società e non può esercitarsi al di fuori dell’assemblea. 135 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 P.Q.M. Tale esegesi oblitera l’ineludibile contrassegno delle società digestione dei pubblici servizi, rappresentato dal vincolo della funzionalizzazione dell’attività della società agli scopi di pubblico interesse sottesi alla gestione di servizi di pubblica utilità. Rammenta per contro il Collegio che sono anni che il Consiglio di Stato insegna che il modulo gestionale della società mista, pur essendo apparentato agli schemi civilistici di diritto comune, partecipa della medesima natura delle figure istituzionali pubblicistiche, essendo accomunato dal vincolo di scopo. Ebbe infatti a precisare il Giudice d’appello che la società mista partecipata dall’ente locale “costituisce un modello organizzativo e gestionale sì alternativo a quello dell'azienda speciale, ma non per questo del tutto alieno a connotati e finalità sostanzialmente pubblici, perché, ai fini dell'identificazione di un soggetto pubblico, la forma societaria assume veste neutrale ed il perseguimento di uno scopo pubblico non è di per sé in contraddizione con il fine societario lucrativo - art. 2247 c.c. - (cfr. Cons. Stato, sez. V, 3/09/2001, n.4586). Ancor prima fu chiarito che “il modulo organizzativo della società mista per azioni ex art. 22 comma 3 lett. e), l. 8 giugno 1990 n. 142 (a prevalente capitale pubblico) delinea una forma di gestione diretta del servizio pubblico nel cui ambito non solo il rapporto tra pubblica amministrazione e società è di natura giuspubblicistica, ma soprattutto la società stessa diviene organo indiretto dell'ente, deputato allo svolgimento del servizio affidatole”( Cons. Stato, sez. V, 19/02/1998, n.192)". In definitiva, il gravame si profila fondato e va accolto, conseguendone l’annullamento della nota diniego di accesso impugnata e l’ordine all’A.S.M.T. di consentire al Cons. Ronchetti di accedere all’elenco dei fornitori 2006-2009 nonché ai bilanci trimestrali per gli stessi anni. Il Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte – Prima Sezione – definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe lo Accoglie e, per l’effetto, Annulla la nota del 20.10.2009 prot. 3627/P/sg dell’A.S.M.T. S.p.A. ed Ordina alla medesima di consentire l’accesso al Cons. Paolo Ronchetti all’elenco dei fornitori nonché ai bilanci trimestrali per gli anni 2006,2007,2008 e 2009. Condanna l’A.S.M.T S.p.A. a pagare al ricorrente le spese di lite, che liquida in € 1.000,00 oltre IVA e CNAP e rimborso del contributo unificato. Ordina che la presente Sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Torino nella Camera di Consiglio del giorno 17/12/2009 con l'intervento dei Magistrati: Franco Bianchi, Presidente Alfonso Graziano, Referendario, Estensore Paola Malanetto, Referendario L'ESTENSORE IL PRESIDENTE DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 15/02/2010 Le spese di lite vanno poste a carico della parte resistente in ossequio al principio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo. (Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186) IL SEGRETARIO 136 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 luglio 2010 il Cons. Carlo Saltelli e udito per gli appellanti l’avvocato Vitali, su delega dell' avv. Rizzuti; N. 06963/2010 REG.SEN. N. 05123/2009 REG.RIC. Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato FATTO in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) ha pronunciato la presente DECISIONE sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 5123 del 2009, proposto da: PRATICO’ BIAGIO, CEGLIE ROSA, MANAGO’ MARIO DANIELE, PRATICO’ ANTONIO, TRIMOBOLI FRANCESCO, rappresentati e difesi dall'avv. Paolino Rizzuti, con domicilio eletto presso Giovanni Crescella in Roma, viale Somalia, n. 169; contro COMUNE DI PRAIA A MARE, in persona del sindaco in carica, non costituito in giudizio, per la riforma della sentenza del T.A.R. CALABRIA – CATANZARO, Sez. II n. 1535 del 27 novembre 2008, resa tra le parti, concernente ACCESSO ALLA DOCUMENTAZIONE COMUNALE DA PARTE DI CONSIGLIERI COMUNALI. Visto il ricorso in appello con i relativi allegati; Viste le memorie difensive; 1. I signori Biagio Praticò, Rosa Ceglie, Mario Daniele Managò, Antonio Praticò e Francesco Trimboli, consiglieri comunali di minoranza del Comune di Praia a Mare, hanno chiesto al Tribunale amministrativo regionale per la Calabria l’annullamento di alcune note del Comandante della Polizia Municipale, del responsabile dell’Ufficio tecnico e del responsabile dell’Area gestione economica e finanziaria del predetto Comune di Praia a Mare, tutte datate tra il 29 agosto ed il 12 settembre 2008, concernenti il diniego di accesso ovvero il differimento dell’accesso ovvero l’accesso solo mediante visione ad alcuni atti necessari per l’esercizio del loro mandato, nonché l’annullamento del regolamento comunale in materia di accesso ai documenti nella parte in cui, a loro avviso, limitava l’esercizio del loro diritto di accesso. Essi hanno lamentato la violazione dell’articolo 97 della Costituzione, dell’articolo 43, comma 2, del D. lgs. 18 agosto 2000, n. 267, nonché la violazione e falsa applicazione degli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 e delle norme e dei principi generali in materia di accesso da parte dei consiglieri comunali ed ancora erroneità ed illegittimità dei presupposti, eccesso e sviamento di potere per omessa erronea ed illegittima motivazione, falso scopo e falsa causa. 2. L’adito tribunale, sez. II, con la sentenza n. 1535 del 27 novembre 2008, nella resistenza dell’intimata amministrazione comunale, ha dichiarato il ricorso in parte inammissibile 137 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 (quanto all’annullamento del regolamento comunale in materia di accesso, non rientrando tale impugnazione nel rito speciale disciplinato dall’articolo 25 della legge 7 agosto 1990, n. 241, disponendone lo stralcio e la iscrizione a nuovo ruolo, secondo il rito ordinario), e per il resto infondato, atteso che le richieste di accesso, di cui i ricorrenti avevano lamentato il diniego o il differimento dell’accesso o la sola visione, non risultavano supportate dal necessario interesse, diretto, concreto e attuale, che le giustificasse. 3. Con atto di appello notificato il 18 maggio 2009 gli originari ricorrenti hanno chiesto la riforma della predetta sentenza, sostenendone l’erroneità in quanto, per un verso, il diritto di cui all’articolo 43 del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 167 è più ampio di quello disciplinato dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e non è condizionato dalla prova dell’interesse che lo giustifica, essendo intimamente connesso allo svolgimento dello stesso munus istituzionale, e, per altro verso, le denegate o rinviate richieste di accesso erano tutt’altro che generiche; inoltre, secondo gli appellanti, l’accesso agli atti doveva essere consentito mediante estrazione di copia e non già attraverso la mera visione dell’atto, ciò pregiudicando il corretto esercizio del loro mandato politico. Il Comune di Praia a Mare non si è costituito in giudizio. 4. Gli appellanti hanno illustrato con apposita memoria conclusionale le proprie tesi difensive. All’udienza del 13 luglio 2010, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione. DIRITTO 5. L’appello è fondato e deve essere accolto. 5.1. Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, da cui non vi è motivo di discostarsi (da ultimo C.d.S., sez. V, 9 ottobre 2007, n. 5264), i consiglieri comunali hanno un non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d'utilità all'espletamento del loro mandato, ciò anche al fine di permettere di valutare - con piena cognizione - la correttezza e l'efficacia dell'operato dell'Amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio, e per promuovere, anche nell'ambito del Consiglio stesso, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale. Il diritto di accesso loro riconosciuto ha infatti una ratio diversa da quella che contraddistingue il diritto di accesso ai documenti amministrativi riconosciuto alla generalità dei cittadini (ex articolo 10 del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) ovvero a chiunque sia portatore di un "interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso" (ex art. 22 e ss. della legge 7 agosto 1990, n. 241): infatti, mentre in linea generale il diritto di accesso è finalizzato a permettere ai singoli soggetti di conoscere atti e documenti per la tutela delle proprie posizioni soggettive eventualmente lese, quello riconosciuto ai consiglieri comunali è strettamente funzionale all’esercizio del proprio mandato, alla verifica e al controllo del comportamento degli organi istituzionali decisionali dell’ente locale (C.d.S., sez. IV, 21 agosto 2006, n. 4855) ai fini della tutela degli interessi pubblici (piuttosto che di quelli privati e personali) e si configura come peculiare espressione del principio democratico dell’autonomia locale e della rappresentanza esponenziale della collettività (C.d.S., sez. V, 8 settembre 1994, n. 976). Di conseguenza sul consigliere comunale non può gravare alcun particolare onere di motivare le proprie richieste di accesso, atteso che diversamente opinando (com’è stato acutamente rilevato) sarebbe introdotta una sorta di controllo dell’ente, attraverso i propri uffici, sull’esercizio del mandato del consigliere comunale (C.d.S., sez. V, 22 febbraio 2007, n. 929; 9 dicembre 2004, n. 7900); è stato osservato d’altra parte che dal termine “utili”, contenuto nell’articolo 43 del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, non può conseguire alcuna limitazione al diritto di accesso dei consiglieri comunali, detto aggettivo garantendo in realtà l’estensione di tale diritto di accesso a qualsiasi 138 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 atto ravvisato utile per l’esercizio del mandato (C.d.S., sez. V, 20 ottobre 2005, n. 5879). Deve anche aggiungersi che il diritto del consigliere comunale ad ottenere dall’ente tutte le informazioni utili all’espletamento del mandato non incontra neppure alcuna limitazione derivante dalla loro eventuale natura riservata, in quanto il consigliere è vincolato al segreto d’ufficio (C.d.S., sez. V, 4 maggio 2004, n. 2716). In definitiva gli unici limiti all’esercizio del diritto di accesso dei consiglieri comunali possono rinvenirsi, per un verso, nel fatto che esso deve avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici comunali (attraverso modalità che ragionevolmente sono fissate nel regolamento dell’ente) e, per altro verso, che esso non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche ovvero meramente emulative, fermo restando tuttavia che la sussistenza di tali caratteri deve essere attentamente e approfonditamente vagliata in concreto al fine di non introdurre surrettiziamente inammissibili limitazione al diritto stesso. 5.2. Sulla scorta del delineato indirizzo giurisprudenziale, la sentenza impugnata non merita condivisione avendo posto a fondamento del rigetto del ricorso proposto la mancata prova dell’interesse diretto, concreto ed attuale all’accesso ai documenti richiesti, laddove, come si è avuto modo di rilevare, tale prova non deve essere fornita stante la qualità di consiglieri comunali dei richiedenti. Pur ammettendo che l’amministrazione avrebbe potuto negare l’accesso o differirlo adducendo la eventuale pretestuosità o lo scopo meramente emulativo delle richieste, sarebbe poi spettato al giudice verificare la effettiva ricorrenza di tali circostanze: tuttavia di tanto nel caso di specie non vi è stata alcuna prova. Inoltre erroneamente i primi giudici hanno fondato la propria convinzione sulla circostanza che con le denegate richieste di accesso i ricorrenti avrebbero inteso “compiere un sindacato generalizzato dell’attività degli organi decidenti”, atteso che la peculiare caratteristica del diritto di accesso riconosciuto ai consiglieri comunali, di più ampia estensione rispetto a quello previsto dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, ne fa proprio uno strumento di controllo e verifica dell’operato dell’amministrazione, non per finalità personali, bensì a tutela dell’interesse pubblico al corretto, efficiente ed efficace funzionamento delle istituzioni locali. Anche l’eventuale rilevante numero di richieste di accesso avanzate dai consiglieri comunali non può costituire un legittimo limite o peggio ancora un impedimento all’esercizio del diritto di accesso, fermo restando soltanto la necessità di contemperare nel modo più ragionevole e adeguato possibile dette richieste, finalizzate all’espletamento del mandato, con le esigenze di funzionamento degli uffici. 5.3. Quanto al caso in esame, deve evidenziarsi che l’oggetto delle impugnate note di diniego agli atti (così come riportato nella sentenza impugnata) risulta essere sufficientemente specificato ed in ogni caso nient’affatto generico ed emulativo, essendo ragionevolmente pertinente all’espletamento del mandato. Infatti la nota n. 14979 del 4 agosto 2008 riguarda le concessioni di suolo demaniali per le attività di lidi – stabilimenti balneari, parco giochi divertimenti – giostre; la nota n. 15104 del 5 agosto 2008 concerne la copia con relativa documentazione dello studio di incidenza per il Piano Spiaggia Comunale redatto in esecuzione della delibera della Giunta comunale n. 111/2008; la nota n. 15108 del 5 agosto 2008 è riferita alla richiesta di copia, con relativa documentazione, della relazione dello studio geologico e annessi elaborati tecnici per il Piano Spiaggia Comunale redatto in esecuzione della delibera della Giunta comunale n. 38/2008; le note n. 15341 e n. 15342 dell’8 agosto 2008 sono relative alla documentazione della delibera della Giunta comunale n. 2/2008 e alla sua esecuzione; la nota 14855 del 31 luglio 2008 è diretta ad ottenere la copia della documentazione relativa alla delibera della Giunta comunale n. 127/2008; la nota n. 15103 del 5 agosto 2008 riguarda la richiesta di copia del bilancio di previsione dell’anno 2008. 139 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Quanto alle note n. 15100 del 5 agosto 2008, n. 15184 del 6 agosto 2008 e n. 15101 del 5 agosto 2008, che riguardano la richiesta della documentazione riferita alle determinazioni assunte rispettivamente dal responsabile dell’ufficio tecnico comunale per il periodo dal 1° maggio al 31 maggio 2008 e dal 1° luglio al 31 luglio 2008, nonché a quelle assunte dal Responsabile dell’Ufficio Ragioneria per il periodo dal 1° giugno 2008 al 30 giugno 2008, la Sezione è dell’avviso che le relative richieste, sicuramente generiche se effettuate da un comune cittadino (in questo caso dovendo essere considerate come un sintomo di una pretesa di controllo generalizzato sul funzionamento degli uffici), essendo state invece presentate da consiglieri comunali devono essere considerate sufficientemente specifiche, essendo dirette ad ottenere copia dello stralcio del relativo registro generale delle determinazioni, indispensabile per poter individuare il documento utile all’esercizio del mandato ovvero per poter verificare in concreto l’operato dell’amministrazione in un determinato settore (quello, per esempio, della gestione dei beni demaniali attraverso il rilascio delle relative concessioni). Il fatto che alcuni degli originari dinieghi di acceso siano stati in realtà superati attraverso l’ammissione differita e calendarizzata alla visione degli atti non costituisce motivo per dichiarare inammissibile (in parte) il ricorso di primo grado ovvero il presente gravame, non essendo stata avanzata in tal senso alcuna richiesta dagli appellati che hanno evidentemente il contrario interesse a vedere affermato il loro pieno ed incondizionato diritto di accesso agli atti mediante ottenimento di copia degli stessi (tale essendo la indicata modalità di accesso e spettando semmai all’amministrazione motivare le ragioni che giustificano il differimento dell’accesso richiesto ovvero rendono utilizzabile solo l’altra modalità di accesso, cioè la visione del documento). 6. In conclusione l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, deve essere riformata in parte qua la sentenza impugnata, con l’accoglimento in parte qua del ricorso proposto in primo grado. La peculiarità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronuncia sul ricorso proposto dai signori Biagio Praticò, Rosa Ceglie, Mario Daniele Managò, Antonio Praticò e Francesco Triboli avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sez. II, n. 1535 del 27 novembre 2008 lo accoglie e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, accoglie in parte il ricorso proposto in primo grado. Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del doppio grado di giudizio. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 luglio 2010 con l'intervento dei Signori: Calogero Piscitello, Presidente Gianpiero Paolo Cirillo, Consigliere Cesare Lamberti, Consigliere Aniello Cerreto, Consigliere Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore L'ESTENSORE IL PRESIDENTE Il Segretario DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 17/09/2010 (Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186) Il Dirigente della Sezione ABUSO DI UFFICIO REATO IN GENERE - SEGRETI Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 30-09-2009) 1210-2009, n. 39706 140 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Fatto - Diritto P.Q.M. Svolgimento del processo - Motivi della decisione Il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Bologna ricorre per cassazione contro la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il G.I.P. del Tribunale in sede aveva dichiarato ai sensi dell'art. 425 c.p.p., n.d.p. contro T.L. perchè il fatto non sussiste in ordine al reato di rivelazione di segreto di ufficio di cui all'art. 326 c.p., per avere, quale consigliere comunale e quindi pubblico ufficiale divulgato documenti e comunicazioni di natura riservata, concernenti la gestione della casa di riposo "(OMISSIS)", a struttura convenzionata, di cui era venuto legittimamente a conoscenza in ragione del diritto di accesso, riconosciuto per tale qualifica ai sensi del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 54, rivelando tali notizie ad un giornalista per la pubblicazione sulla stampa, poi puntualmente avvenuta. Escludeva il G.I.P. che i documenti de quibus rivestissero la qualifica di atti segreti, giacchè la nozione di segreto di ufficio, tutelato dall'art. 326 c.p., presupponeva l'esistenza di atti tipici, che per espressa disposizione legislativa penale o extrapenale - fossero coperti dal requisito della segretezza, onde consentire all'interprete di valutare la sussistenza dell'elemento oggettivo del reato. Nel caso in esame mancava una specifica disciplina che come conseguenza e necessario corollario del diritto di accesso prevedesse l'obbligo del segreto di ufficio; la recente modifica di cui alla L. n. 241 del 1990, art. 24, che aveva sottratto altri atti al diritto di accesso, nulla aveva innovato rispetto al regime previgente di cui alle L. n. 121 del 1981, e L. n. 668 del 1986, che nulla prescrivevano in merito all'obbligo della segretezza, onde ad avviso del giudicante, attesa l'inesistenza di uno specifico obbligo ed esclusa la legittimità di qualsiasi riferimento a quelle che regolano ipotesi simili, non ultima la disciplina sancita per gli impiegati dello Stato, non potendo equipararsi il consigliere comunale ad un impiegato civile dello Stato, si doveva prendere atto che il reato non si era perfezionato per carenza dell'elemento materiale. "Di diverso avviso è l'organo requirente ricorrente, che a sostegno della richiesta di annullamento dell'impugnata decisione, denuncia la erronea applicazione della legge penale, e sostiene che la declaratoria di improcedibilità era frutto di una lettura inesatta delle disposizioni di legge e di regolamento disciplinanti la materia. La nozione di "notizie di ufficio, le quali debbono rimanere segrete", secondo l'insegnamento della Suprema Corte, assume non solo il significato di informazione sottratta alla divulgazione in ogni tempo e nei confronti di chiunque, ma anche quello di informazione, per la quale la diffusione sia vietata dalle norme sul diritto di accesso, nel momento in cui viene indebitamente diffusa, perchè svelata a soggetti non titolari del diritto o senza il rispetto delle modalità previste. Nel caso erroneamente era stato disatteso tale principio, che non riguarda solo gli impiegati dello Stato, come riduttivamente affermato dal G.I.P., e ciò sia per la portata generale dei limiti di accesso fissati dalla L. n. 241 del 1990, art. 24, sia per la presenza della norma di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 43, cit., a sua volta di settore per i consiglieri comunali e provinciali, e forse simmetrica rispetto alla norma, disciplinante il segreto di ufficio per gli impiegati civili dello Stato. Osserva il collegio che il ricorso non ha consistenza giuridica e va pertanto rigettato. Occorre partire dalla disamina della portata della norma incriminatrice che tutela le notizie, che devono rimanere segrete. Giurisprudenza pregressa, ma ancora attuale, è attestata sul principio che ai fini della configurabilità del reato il dovere di segreto, cui è astretto il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, deve derivare da una legge, da un regolamento, ovvero dalla natura stessa della notizia che può recare danno alla pubblica amministrazione (Cass. Sez. 6^ 6/2 - 14/9/1990 n. 12389). Tale principio correttamente è stato recepito dal G.I.P., quando ha ritenuto legittimo l'operato dell'imputato, consigliere comunale, nell'ottenere la disponibilità di quegli atti in ragione del diritto di accesso riconosciutogli par tale qualifica dall'art. 54 del Regolamento 141 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 attuativo del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 43, sul funzionamento del Consiglio Comunale, trattandosi di atti del suo ufficio, e nel ritenerli svincolati da qualsiasi segretezza in assenza di una specifica normativa, che qualificasse segreti gli atti divulgati. Lo stesso organo requirente ne da atto nel ricorso, quando riconosce il diritto del consigliere comunale di ottenere dal suo ufficio, fruendo del suo diritto di accesso, tutte le notizie e le informazioni utili all'espletamento del suo mandato. Non è invece condivisibile l'opinione del P.G. ricorrente, laddove comprende nella nozione di "notizie di ufficio" non solo le informazioni, sottratte per legge o per regolamento alla divulgazione in ogni tempo e luogo e nei confronti di chiunque, ma anche quelle, per le quali la diffusione sia vietata dalle norme sul diritto di accesso, nel momento in cui esse vengono indebitamente diffuse, perchè svelate a soggetti non titolari del diritto o senza il rispetto delle modalità previste. Diverse, ad avviso del collegio, sono le finalità perseguite rispettivamente dalla norma incriminatrice e dalla normativa sul diritto di accesso. della (OMISSIS). Se si volesse recepire il discorso del P.G., si giungerebbe all'assurdo di impedire l'attività di controllo dei Consiglieri Comunali e soprattutto di bloccare ogni azione di opposizione politica all'operato degli organi di governo. Nè può estendersi ai consiglieri comunali la disciplina sancita per gli impiegati civili dello Stato dal D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 15, come modificato dalla citata L. n. 241 del 1990, art. 28, che impone a tale categoria l'obbligo del segreto di ufficio sui provvedimenti o operazioni amministrative in corso o concluse, di cui sia venuto a conoscenza a causa delle funzioni, al di fuori dell'ipotesi e dalle modalità previste dalle norme sul diritto di accesso. Sul punto ha già adeguatamente risposto il G.I.P., che, ribadita l'ampiezza e i limiti del diritto di accesso e l'imprescindibilità della previsione normativa degli atti che devono rimanere segreti, ha richiamato la preclusione in materia penale di applicazioni analogiche in "malam partem". P.Q.M. Rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, il 30 settembre 2009. Occorre infatti ricordare come la L. n. 241 del 1990, abbia rivoluzionato la disciplina degli atti e dell'accesso agli stessi, sancendo in definitiva il principio che tutto ciò che non è segreto è accessibile. Essa contiene soltanto la regolamentazione del diritto di accesso e non anche di un parallelo obbligo di segretezza, regolando tale diritto unicamente in base all'interesse del richiedente, ovvero alla giustificazione addotta dallo stesso. Con ciò il legislatore ha inteso porre soltanto un freno all'ipotetico proliferare di richieste, che potenzialmente potrebbero paralizzare la Pubblica Amministrazione, esigendo il requisito dell'interesse, quale elemento regolatore del generico principio della completa accessibilità agli atti, restando quest'ultima comprimibile solo attraverso l'imposizione del segreto nei casi previsti dalla legge. E il caso in rassegna non rientra tra le ipotesi di segreto normativamente previste, nè risulta che il Sindaco avesse imposto alcun vincolo sugli atti e sulla vicenda Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2009 AMMINISTRAZIONE PUBBLICA - ATTI AMMINISTRATIVI - OPERE PUBBLICHE - POSTE E TELEGRAFI Cons. Stato Sez. VI, Sent., 02-10-2009, n. 5987 Fatto - Diritto P.Q.M. Svolgimento del processo - Motivi della decisione 1. Con lettera raccomandata recapitata in data 9 marzo 2009 l'odierna appellata, in qualità di ex dipendente a tempo determinato della Società P.I. S.p.A. inoltrava al predetto Ente istanza di accesso ai sensi della l. n. 241/1990, al fine di ottenere copia di: libro matricola; 142 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 registro delle presenze - mod 70 P; fascicolo personale; documenti da cui risultino il numero degli addetti con specifica se a tempo determinato o meno; organigramma dell'ufficio postale di Lonate Pozzolo. La richiesta era dichiarata finalizzata all'esercizio del diritto di difesa dell'interessata davanti al giudice del lavoro ai fini della conservazione del posto, mediante prosecuzione del rapporto di lavoro, previo annullamento delle clausole di apposizione del termine di cessazione del rapporto medesimo. 1.1. Decorsi inutilmente trenta giorni dalla richiesta, veniva proposto ricorso per l'accesso al Tar Lombardia - Milano che, con la sentenza in epigrafe, ordinava l'accesso. 2. Ha proposto appello P.I. s.p.a., lamentando che sebbene ai sensi della l. n. 241/1990 l'accesso sia consentito anche nei confronti di soggetti (formalmente) privati, tuttavia l'accesso è limitato alla loro attività di "pubblico interesse". Si assume che per P.I., che è una società di diritto privato, l'attività di pubblico interesse sarebbe solo quella di raccolta del risparmio postale e di fornitura del servizio postale universale. Tale non sarebbe, invece, l'attività inerente il rapporto di lavoro tra P.I. e i propri dipendenti, rapporto di lavoro di natura privatistica e rientrante nei poteri di autorganizzazione dell'Ente. Si lamenta, inoltre, che P.I. non avrebbe obbligo di redazione e tenuta di un organigramma, ma solo di un "libro unico del lavoro", comprensivo del calendario delle presenze, ai sensi dell'art. 39, d.l. n. 112/2008, sicché la sentenza di primo grado avrebbe ordinato l'accesso ad un atto (l'organigramma), inesistente. Si lamenta, infine, che l'obbligo di consentire l'accesso non implica anche l'obbligo di elaborare dati disaggregati; nella specie l'accesso al libro unico del lavoro non conterrebbe i dati in forma aggregata relativi all'ufficio postale di Lonate Pozzuolo. 3. Va anzitutto esaminato il motivo con cui P.I. sostiene di non essere assoggettata alla normativa in tema di accesso o, quanto meno, di non esserlo quando agisce in regime di concorrenza. 3.1. Il motivo è infondato. La Sezione ritiene di non doversi discostare dal già espresso orientamento, secondo cui l'attività amministrativa, cui gli artt. 22 e 23 l. n. 241/1990 correlano il diritto d'accesso, ricomprende non solo quella di diritto amministrativo, ma anche quella di diritto privato posta in essere dai soggetti gestori di pubblici servizi che, pur non costituendo direttamente gestione del servizio stesso, sia collegata a quest'ultima da un nesso di strumentalità derivante anche, sul versante soggettivo, dalla intensa conformazione pubblicistica (Cons. St., sez. VI, 26 gennaio 2006 n. 229; Id., 30 dicembre 2005 n. 7624; Id., 7 agosto 2002 n. 4152; Id., 8 gennaio 2002 n. 67). Con le citate decisioni, la Sezione ha ritenuto che i dipendenti di P.I. s.p.a., anche cessati dal rapporto, avessero diritto ad accedere ad alcuni atti relativi all'organizzazione interna della società, quali gli atti di un procedimento privatistico per la selezione dei dirigenti o i fogli firma delle presenze giornaliere, a nulla rilevando che l'attività di P. si svolga in parte in regime di concorrenza. In tali casi l'attività di P.I., relativa alla gestione del rapporto di lavoro con i propri dipendenti, è stata ritenuta strumentale al servizio gestito da P. ed incidente potenzialmente sulla qualità di un servizio, il cui rilievo pubblicistico va valutato tenendo conto non solo della dimensione oggettiva, ma anche di quella propriamente soggettiva di P.I.. 143 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Deve, di conseguenza, ritenersi che P.I. è soggetta alla disciplina in tema di accesso nei limiti già precisati con i citati precedenti della Sezione e che lo è nel caso di specie, in cui appunto l'accesso è stato richiesto in relazione alla predetta attività di organizzazione delle forze lavorative e quindi del servizio postale. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 settembre 2009 con l'intervento dei Signori: 4. Quanto alla censura con cui si lamenta che non esisterebbe un organigramma, ma solo un libro unico del lavoro, osserva il Collegio che non risulta specificato negli atti di causa il periodo in cui si è svolto il rapporto di lavoro della dipendente. Il libro unico del lavoro è previsto dall'art. 39, d.l. n. 112/2008; pertanto, ove il rapporto di lavoro si sia svolto, in tutto o in parte, prima dell'entrata in vigore di tale disposizione, va esibito il documento corrispondente, contenente le notizie richieste in sede di istanza di accesso; ove il rapporto si sia svolto, in tutto o in parte, dopo l'entrata in vigore della norma citata, va esibito il libro unico del lavoro. Rosanna De Nictolis, Consigliere, Estensore 5. Quanto alla censura con cui si lamenta che il dovere di consentire l'accesso non implica anche un dovere di consentire l'elaborazione di dati, va precisato che P.I. potrà, ove non sia in possesso di dati aggregati e ritenga di non essere in grado di aggregarli senza eccessivo dispendio, consentire l'accesso a tutti i dati richiesti disaggregati, mettendo a disposizione dell'interessata tutti i documenti necessari affinché l'opera di aggregazione sia compiuta a cura dell'interessata. 6. In conclusione, l'appello va respinto. Non si fa luogo a pronuncia sulle spese, in difetto di costituzione dell'appellata. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione VI), definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe, lo respinge. Nulla per le spese. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa. Claudio Varrone, Presidente Luciano Barra Caracciolo, Consigliere Domenico Cafini, Consigliere Roberto Garofoli, Consigliere ATTI AMMINISTRATIVI Cons. Stato Sez. VI, Sent., 04-12-2009, n. 7643 Fatto - Diritto P.Q.M. Svolgimento del processo - Motivi della decisione Il professor G.D. ha partecipato ad una procedura concorsuale per l'insegnamento di pianoforte, bandita dal Conservatorio Statale di Musica "Gesualdo Da Venosa" - Potenza, al termine della quale è risultato incluso nell'elenco dei non idonei. Ha, quindi, impugnato davanti al Tar del Molise la nota prot. n. 1378 del 6/4/09 con la quale il Conservatorio aveva rigettato l'istanza di accesso agli atti con cui egli aveva chiesto di visionare ed estrarre copia degli atti concorsuali relativi alla graduatoria di pianoforte prot. n. 867 pubblicata il 6/3/09, chiedendo altresì l'accertamento del suo diritto di accesso e l'emanazione del conseguente ordine all'Amministrazione di procedere in tal senso. Il Tar, con la sentenza impugnata, per un verso, ha riconosciuto il diritto d'accesso agli atti già resi pubblici dall'amministrazione mediante affissione all'albo del Conservatorio ed inserimento sul sito internet, mentre, per altro verso, ha respinto il ricorso ritenendo che l'interesse dichiarato dal richiedente, di "verificare la legittimità degli atti correlati alla procedura concorsuale de quo", non fosse sufficiente a radicare la legittimazione procedimentale. 144 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Con il presente appello, il professor D. ribadisce che il suo interesse non è quello di effettuare un controllo generalizzato, ma, avendo egli partecipato ad una procedura concorsuale, è quello di verificare se siano state commesse illegittimità al fine eventuale di proporre azioni giurisdizionali a tutela dei suoi interessi. Il Conservatorio Statale di Musica "Gesualdo Da Venosa" è costituito in appello. L'appello deve essere accolto. Secondo il primo giudice, nel caso di specie, l'Amministrazione avrebbe giustamente negato il diritto di accesso, ai sensi dell'articolo 24, comma 3, della legge 7 agosto 1990 n.241, che sanziona come non ammissibili le istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell'operato delle pubbliche Amministrazioni, in quanto "è proprio questa generica finalità di controllo che (il) ricorrente ha indicato nella sua richiesta del 9.3.2009 ("verificare la legittimità degli atti correlati alla procedura concorsuale de quo"), sia pure dopo avere premesso la sua qualità di concorrente inserito nell'elenco dei non idonei della graduatoria degli aspiranti all'insegnamento di "pianoforte"". L'assunto non può essere condiviso, in quanto, proprio quest'ultima affermazione, contenuta nella domanda di accesso, chiarisce il senso della verifica che l'interessato chiede di poter effettuare. una verifica, che non ha per scopo quello di controllare l'azione amministrazione in funzione di un generico rispetto della legalità, ma rappresenta la proiezione dell'interesse da lui dichiarato a tutelare la sua situazione giuridica soggettiva, qualificata dalla sua partecipazione al procedimento selettivo. Da qui la presenza di un interesse differenziato da quella degli altri soggetti dell'ordinamento, concreto ed attuale a verificare il corretto uso del potere da parte dell'Amministrazione, al fine di poter valutare con cognizione di causa la possibilità di intraprendere azioni a tutela della situazione giuridica di cui egli è indubbiamente portatore. Un interesse quindi che sicuramente rientra tra quelli legittimanti l'esercizio del diritto d'accesso, tanto più se si considera che, ""la nozione di "situazione giuridicamente rilevante" ex art. 22, L. n. 241 del 1990, per la cui tutela è attribuito il diritto di accesso, si configura come nozione diversa e più ampia rispetto all'interesse all'impugnativa, e non presuppone necessariamente una posizione soggettiva qualificabile in termini di diritto soggettivo o di interesse legittimo. La legittimazione all'accesso, conseguentemente, va riconosciuta a chiunque possa dimostrare che gli atti procedimentali oggetto dell'accesso abbiano spiegato o siano idonei a spiegare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica, stante l'autonomia del diritto d'accesso, inteso come interesse ad un bene della vita distinto rispetto alla situazione legittimante alla impugnativa dell'atto."" (Consiglio di Stato, Sez. VI,. del 27102006, n. 6440). Né alcun ostacolo può essere individuato nella particolare materia trattata, poiché l'articolo 24, comma 1 lettera d), a proposito dei procedimenti selettivi, esclude dall'accesso solo i documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale relativi a terzi. E non è questo il caso in esame. La sentenza impugnata, pertanto, va riformata nella parte in cui esclude dal diritto d'accesso la restante documentazione indicata nell'istanza del 9 marzo 2009. Le spese dei due gradi seguono la soccombenza e vanno liquidate in complessivi Euro 1000 (mille). P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta, definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, ordina all'Amministrazione resistente l'esibizione integrale dei documenti richiesti con l'istanza del 9 marzo 2009, entro il termine di 15 giorni dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente decisione. Condanna l'Amministrazione resistente al pagamento delle spese dei due gradi che sono 145 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 liquidate in complessivi Euro 1000 (mille) in favore dell'appellante G.D... tecnico (perché l'istanza di accesso riguardato un dato che lo riguarda). Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa. 3. Con il gravame in esame, l'appellante ha chiesto che, in riforma della sentenza del TAR, il ricorso di primo grado sia dichiarato ammissibile e sia accolto, perché fondato. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 luglio 2009 con l'intervento dei Magistrati: Giuseppe Barbagallo, Presidente Paolo Buonvino, Consigliere Aldo Fera, Consigliere, Estensore Domenico Cafini, Consigliere Maurizio Meschino, Consigliere AMMINISTRAZIONE PUBBLICA - ATTI DI NATURA ORGANIZZATIVA ADOTTATI DAL CSM Cons. Stato Sez. IV, Sent., 14-04-2010, n. 2093 Fatto Diritto P.Q.M. Svolgimento del processo 1. Con ricorso al TAR per il Lazio (Sede di Roma), il sig. B. ha impugnato il provvedimento n. P14673 del 9 luglio 2009, con cui il Comitato di Presidenza del C.S.M. previo parere conforme della nona commissione - ha respinto l'istanza formulata l'8 giugno 2009 per accedere ad alcuni documenti, ai sensi della legge n. 241 del 1990. L'istanza dell'interessato ha riguardato il calendario e le comunicazioni del corso organizzato dal CSM e tenutosi il giorno 5 maggio 2009, cui ha partecipato il magistrato titolare di una causa di lavoro (pendente presso il Tribunale di Verona, risalente al 2003 e nella quale egli è parte ricorrente), la cui udienza del 5 maggio 2009 è stata rinviata per l'esigenza dello stesso magistrato di partecipare al corso. 2. Con la sentenza n. 10730 del 2009, il TAR ha dichiarato il ricorso inammissibile, perché non notificato al medesimo magistrato, qualificato dal TAR come controinteressato in senso ha Col primo motivo, l'appellante ha dedotto che, anche a voler aderire alla tesi del TAR (per cui sarebbe un dato personale la semplice comunicazione del calendario di corsi di aggiornamento inviato dal CSM ad un magistrato), la sentenza sarebbe erronea, in quanto nella specie non sarebbe configurabile alcun controinteressato al ricorso di primo grado, poiché: a) l'art. 3 del d.P.R 12 aprile 2006, n. 184 (recante il regolamento sulla disciplina dell'accesso ai documenti amministrativi), dispone che l'Amministrazione ricevente l'istanza di accesso (e non il richiedente) ha l'onere di instaurare un contraddittorio sulla sua accoglibilità, sempre che esistano soggetti effettivamente controinteressati, e cioè soggetti che "dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza"; b) non sarebbe pertanto condivisibile la statuizione di inammissibilità del ricorso di primo grado, perché - non avendo il CSM ravvisato alcun controinteressato nel corso del procedimento - non sarebbe neppure configurabile alcun controinteressato nel presente giudizio. Col secondo motivo, l'appellante ha dedotto che in ogni caso nella specie non sarebbe qualificabile come controinteressato il magistrato del tribunale di Verona che ha partecipato al corso tenutosi il 5 maggio 2009, poiché per la legge n. 241 del 1990 (e successive modificazioni) è configurabile un controinteressato nel caso di proposizione di un ricorso per l'accesso solo quando oggetto della istanza siano dati personali e la loro conoscenza sia in grado di arrecare un pregiudizio alla riservatezza del loro titolare. Nella specie, l'appellante ha dedotto che la documentazione riguardante la comunicazione 146 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 del calendario di corsi di aggiornamento organizzati dal CSM ad un magistrato non può a questi arrecare alcun pregiudizio, pur se venga a conoscenza di un terzo interessato. Inoltre, l'appellante ha osservato che la parte ricorrente in una causa di lavoro (che pende nella specie da oltre sei anni presso il tribunale di Verona e nella quale si discute della legittimità di un licenziamento) ha il diritto di sapere se sia giustificato o meno un rinvio di sei mesi disposto d'ufficio "per partecipazione a corso CSM" del magistrato incaricato della trattazione della causa. Pertanto, le esigenze di riservatezza dovrebbero dunque essere necessariamente contemperate con l'interesse del richiedente a tutelare i propri diritti, che non possono essere pregiudicati da un "eccesso di garantismò. 5. Si è costituito in giudizio il CSM, per contestare con memoria la fondatezza dell'appello. Nella camera di consiglio del 2 marzo 2010 la causa è stata trattenuta in decisione. Motivi della decisione 1. - Nel presente giudizio (proposto ai sensi dell'art. 25 della legge n. 241 del 1990), è controverso se l'appellante - parte in un processo civile, la cui udienza del 5 giugno 2009 è stata rinviata alla data del 21 ottobre 2009 per l'indisponibilità del magistrato - abbia titolo ad accedere agli atti con cui il C.S.M., nell'organizzare un corso di aggiornamento seguito dal medesimo magistrato, ha fissato un calendario con un incontro concomitante con l'udienza già fissata e conseguentemente rinviata. In punto di fatto, va premesso che l'appellante ha proposto nel 2003 un ricorso alla sezione lavoro del Tribunale di Verona, impugnando il licenziamento disposto dal proprio datore di lavoro. Il processo è stato caratterizzato da rinvii e da avvicendamenti dei giudici incaricati della sua istruzione. Da ultimo, la causa è stata affidata ad un magistrato che avrebbe dovuto trattarla all'udienza del 5 maggio 2009. Tuttavia, con biglietto di cancelleria del 15 aprile 2009, la cancelleria della sezione lavoro ha comunicato al ricorrente il differimento dell'udienza al 21 ottobre 2009, a causa della "partecipazione del giudice a corso CSM". 2 - Volendo conoscere in maniera più approfondita le ragioni del rinvio della causa instaurata, in data 8 giuno 2009 l'appellante ha formulato al C.S.M. una istanza di accesso, al fine di acquisire "i documenti amministrativi riguardanti il calendario e le comunicazioni del corso CSM tenutosi il giorno 5 maggio 2009". Con il provvedimento impugnato in primo grado, il CSM ha respinto l'istanza, in conformità del parere reso dalla nona commissione. 3 - Con l'appellata sentenza, il TAR per il Lazio - rilevato che l'istanza di accesso era espressamente riferita al "calendario e comunicazioni del corso C.S.M. tenutosi il giorno 6 maggio 2009 cui ha partecipato il giudice dr. G. A.", e alla data in cui era stata a questi comunicata "la partecipazione al corso citato" - ha dichiarato il ricorso inammissibile per mancata notifica allo stesso magistrato, che ha qualificato come controinteressato in senso tecnico. 4 - Ritiene la Sezione che la sentenza gravata non sia condivisibile e che l'appello vada pertanto accolto, poiché il ricorso di primo grado risulta ammissibile e fondato. 5. In via preliminare, va osservato che l'art. 25, comma 5, della legge n. 241 del 1990 (nel testo attualmente vigente) dispone che il ricorso per l'accesso vada notificato al controinteressato, in coerenza con i principi enunciati dalla giurisprudenza di questo Consiglio sulla natura della posizione soggettiva fatta valere e sulla esigenza di tutela di chi potrebbe subire un pregiudizio dall'eventuale accoglimento della domanda (Cfr. Ad. Plen., 24 giugno 1999, n. 16). 147 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Ciò posto, la questione in esame va risolta verificando se nella specie il magistrato incaricato della trattazione della causa presso il tribunale di Verona possa in ipotesi subire un pregiudizio dall'accoglimento della istanza di accesso, formulata in sede amministrativa. 6. Ritiene la Sezione che nella specie non sia configurabile alcun controinteressato, per l'assenza di qualsiasi pregiudizio che potrebbe subire il magistrato incaricato della trattazione della causa presso il Tribunale di Verona.. 6.1. Sotto un primo profilo, rilevano al riguardo i principi riguardanti la tutela del diritto di accesso, che - come previsto dall'art. 22, comma 2, della legge n. 241 del 1990 (come modificata dalla legge n. 69 del 2009) - è connesso al perseguimento di rilevanti finalità di pubblico interesse, espressive di un "principio generale dell'attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza". richiedente (cfr. Cons. St., sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1455). E non vi è dubbio che la parte di un giudizio abbia il diritto di avere conoscenza degli atti amministrativi che ritardino la sua definizione, potendo in linea di principio valutare se a suo tempo agire ai sensi della legge n. 89 del 2001 (applicativa del principio della ragionevole durata del processo, desumibile dagli articoli 6 e 13 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, cui si adeguata la Costituzione nel 1999 con la modifica dell'art. 111). 6.3. In tal senso militano anche le disposizione del "Codice in materia di protezione dei dati personalì, approvato con il decreto legislativo n. 196 del 2003: - per l'art. 19, la comunicazione dei dati personali da parte di soggetti pubblici è ammessa, in via di principio, quando sia prevista da norme di legge o di regolamento; Il diritto d'accesso è collegato a una riforma di fondo dell'amministrazione, ispirata ai principi di democrazia partecipativa, della pubblicità e trasparenza dell'azione amministrativa (desumibili dall'art. 97 della Costituzione), che si inserisce a livello comunitario nel più generale diritto all'informazione dei cittadini rispetto all'organizzazione e alla attività soggettivamente amministrativa (Cons. St., Ad. Plen., 18 aprile 2006, n. 6), quale strumento di prevenzione e contrasto sociale ad abusi ed illegalità degli apparati pubblici latamente intesi. - per l'art. 59, si applicano le disposizioni della legge n. 241 del 1990, in ordine ai rapporti con la disciplina sul diritto di accesso, anche in relazione ai dati sensibili e giudiziari e alle operazioni di trattamento eseguibili nel caso di una istanza di accesso; 6.2. Tenuto conto della consistenza del principio di trasparenza, l'esigenza di tutela della altrui riservatezza appare in linea di principio tendenzialmente recessiva e non può impedire l'accesso ove essa non sia correlata a dati sensibili in senso stretto. 6.4. Osserva al riguardo la Sezione che il novellato art. 1 del Codice n. 196 del 2003 ricognitivo di un principio già desumibile dai valori fondanti l'art. 97 Cost. - si applica anche in relazione alla attività di organizzazione dello svolgimento della funzione giurisdizionale. Infatti, l'art. 24, comma 2, lett. d), della legge n. 241 del 1990 e l'art 11 del d.P.R. n. 184 del 2006, pur contemplando la tutela della riservatezza dei terzi, prevedono espressamente che non possono essere sottratti all'accesso i documenti la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere gli interessi giuridici del Infatti, l'art. 97 della Costituzione - nello stabilire i principi del buon andamento e della imparzialità - "non ha inteso riferirsi ai soli organi della pubblica amministrazione in senso stretto, ma anche agli organi dell'amministrazione della giustizia" (Corte - per l'art. 1 (come modificato dall'art. 4, comma 9, dalla legge n. 15 del 2009), "le notizie concernenti lo svolgimento delle prestazioni di chiunque sia addetto ad una funzione pubblica e la relativa valutazione non sono oggetto di protezione della riservatezza personale". 148 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Cost., 18 gennaio 1989, n. 18; Corte Cost., 7 maggio 1982, n. 86). Risulta dunque evidente che, per il combinato disposto delle previsioni dell'art. 25 della legge n. 241 del 1990 e dell'art. 1 del Codice n. 196 del 2003 (nei testi vigenti), l'attività giurisdizionale - per i suoi aspetti organizzativi - va qualificata come un servizio pubblico, al servizio della collettività e da svolgere nel più pieno rispetto dei principi di buon andamento e di trasparenza. Da un lato, l'utente del "servizio giustizia" può accedere agli atti amministrativi che in qualsiasi modo abbiano inciso, incidano o possano incidere sulla organizzazione del medesimo servizio. Dall'altro, non rileva in senso contrario il fatto che l'atto di natura organizzativa, inevitabilmente, menzioni un soggetto - sia pure investito di una pubblica funzione - cui spetti concretamente di svolgerla. 6.5. La Sezione pertanto ritiene che non rivesta la qualità di controinteressato in senso tecnico sia in sede procedimentale, sia nel caso di proposizione del ricorso ai sensi dell'art. 25 della legge n. 241 del 1990 - il magistrato titolare di una causa la cui udienza di trattazione sia stata rinviata, quando la parte del relativo giudizio abbia richiesto di accedere agli atti del C.S.M. che abbiano determinato il rinvio. In tal caso, il richiedente chiede gli atti unicamente per sapere le effettive ragioni dei rinvio e di verificare se questo sia effettivamente correlato alla organizzazione del corso di aggiornamento e se il CSM abbia organizzato i corsi tenendo anche conto degli impegni istituzionali già assunti dai partecipanti. Sotto tale profilo, poiché la presenza al corso è di per sé pienamente giustificata in quanto riferibile all'organizzazione del corso da parte dell'organo di autogoverno, neppure può essere ipotizzabile alcuna iniziativa individuale di alcuno nei confronti del magistrato titolare della causa pendente e rinviata in ragione di tale partecipazione: egli neppure in astratto è portatore di un interesse personale e contrapposto a quello di chi abbia chiesto l'accesso. 7. Le suesposte considerazioni inducono la Sezione a ritenere che: a) il diritto di accesso può essere esercitato anche quando si tratti di atti amministrativi di natura organizzativa posta in essere da un organo di autogoverno di una magistratura, che risultino connessi all'esercizio delle funzioni giudiziarie, anche quando si tratti di atti di organizzazione di corsi; b) la legge n. 241 del 1990 e il Codice n. 196 del 1993 non hanno introdotto "zone franche" ove non rilevi il principio di trasparenza dell'azione amministrativa, attuativo dei valori espressi dall'art. 97 della Costituzione (Ad. Plen., 24 giugno 1999, n. 16), applicabile anche per l'attività degli "organi dell'amministrazione della giustizia" (Corte Cost., 18 gennaio 1989, n. 18; Corte Cost., 7 maggio 1982, n. 86); c) anche per gli aspetti organizzativi degli uffici giudiziari, la normativa sull'accesso mira a rendere visibile una "casa di vetrò, all'interno della quale gli utenti del servizio giustizia possono verificare se gli atti - anche quelli dell'organi di autogoverno aventi come destinatari diretti i magistrati e come destinatari indiretti le parti dei giudizi di cui essi siano incaricati - risultino rispettosi dei principi di efficienza e del buon andamento desumibili dall'art. 97 della Costituzione; d) l'utente del servizio giustizia ha titolo ad ottenere copia degli atti amministrativi che in qualsiasi modo abbiano distolto il magistrato dalla trattazione della causa in cui egli sia parte, anche quando si tratti di atti riguardanti l'attività pubblica ed istituzionale di organizzazione e la frequenza dei corsi di aggiornamento per magistrati; e) i magistrati menzionati nei medesimi atti amministrativi di natura organizzativa non acquistano la qualità di controinteressati (al contrario di quanto avvenga qualora sia chiesta la divulgazione di dati riguardanti la loro sfera privata), poiché nessun pregiudizio può derivare 149 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 dalla conoscenza di elementi neutri (che di per sé non possono essere neppure posti a base di ipotetiche azioni ritorsive verso magistrati che per definizione hanno tenuto comportamenti leciti, in quanto coinvolti in una iniziativa assunta dall'organo di autogoverno). 8. Risulta pertanto ammissibile e fondato il ricorso di primo grado, poiché l'originaria istanza ha mirato a verificare se - sotto il profilo oggettivo e senza alcun pregiudizio di alcun magistrato - l'organo di autogoverno abbia organizzato il corso di aggiornamento nel rispetto delle situazioni soggettive delle parti nel giudizio per il quale era già stata fissata l'udienza. Risulta quindi pienamente condivisibile l'osservazione dell'appellante, secondo cui "un privato cittadino, parte attrice di una causa di lavoro che dura da sei anni e nella quale si discute del suo licenziamento, ha il diritto di sapere se un rinvio di sei mesi disposto da un giudice per partecipazione a corso CSM sia giustificato o meno". 9. Per completezza, rileva la Sezione che risulta fondata anche l'ulteriore osservazione dell'appellante, per il quale in sede giurisdizionale non può essere dichiarato inammissibile il ricorso per l'accesso, per assenza di notifica al controinteressato, quando la stessa Amministrazione non abbia ritenuto di dover consentire la partecipazione di altri in sede procedimentale. Infatti, per l'articolo 3, primo comma, del d.P.R. 12 aprile 2006 n. 184, "fermo quanto previsto dall'articolo 5, la pubblica amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso, se individua soggetti controinteressati, di cui all'articolo 22, comma 1, lettera c), della legge, è tenuta a dare comunicazione agli stessi, mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento, o per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione".. Tale disposizione (in coerenza con l'art. 15 della legge 11 febbraio 2005, n. 15) ha previsto che la stessa Amministrazione ha il dovere di consentire la partecipazione procedimentale del soggetto che a suo avviso potrebbe subire un pregiudizio dall'accoglimento dela istanza di accesso (e che acquisterebbe la qualità di controinteressato, nel caso di impugnazione del conseguente diniego). Nella specie, poiché il C.S.M. non ha dato applicazione all'art. 3, primo comma, del d.P.R. n. 184 del 2006, in sede giurisdizionale - ove fosse davvero risultata la qualità di un controinteressato - si sarebbe dovuto ravvisare un errore scusabile e fissare un termine per la integrazione del contraddittorio. Peraltro, poiché per le argomentazioni che precedono nel presente giudizio non può essere ravvisato un controinteressato in senso tecnico, nella specie l'accoglimento dell'appello va disposto in ordine alla fondatezza della pretesa, senza annullare con rinvio la sentenza gravata. 10. Per le considerazioni che precedono, l'appello va accolto e per l'effetto, in riforma della sentenza gravata, va dichiarato l'obbligo dell'amministrazione di rilasciare copia all'appellante di tutti gli atti da lui richiesti. Le spese dei due gradi del giudizio, tenuto conto della novità delle questioni, possono essere compensate tra le parti. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quarta - accoglie l'appello n. 701 del 2010 e per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado e dispone che il Consiglio Superiore della Magistratura consenta l'accesso agli atti, così come chiesto con l'originaria istanza dell'appellante Spese compensate dei due gradi del giudizio. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 marzo 2010 con l'intervento dei Signori: Luigi Maruotti, Presidente FF 150 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Armando Pozzi, Consigliere, Estensore Sergio De Felice, Consigliere Diego Sabatino, Consigliere I primi Giudici hanno respinto il ricorso rilevando che i documenti di cui alla richiesta di accesso non erano collegati direttamente ad una situazione giuridicamente tutelata propria del sindacato e neppure ad una situazione propria degli iscritti al sindacato stesso. Guido Romano, Consigliere ASSOCIAZIONI E ATTIVITA' SINDACALI - ACCESSO AGLI ATTI DA PARTE DI UN SINDACATO Cons. Stato Sez. VI, Sent., 11-01-2010, n. 24 Fatto Diritto P.Q.M. Svolgimento del processo Con l'impugnata sentenza il Tar della Liguria ha respinto il ricorso di primo grado proposto dalla odierna parte appellante e finalizzato ad ottenere l'accertamento del proprio diritto all'accesso ai documenti di cui alla istanza presentata il 15 dicembre 2008. Tale richiesta era stata avanzata dalla qui appellante associazione sindacale in relazione alla circostanza che il poligono di tiro esistente presso al Caserma della P.S. "Ilardi" di Genova era ormai chiuso da tre anni per la necessità di svolgere lavori di adeguamento alla normativa vigente. Stante il protrarsi dei lavori, era stato chiesto di ottenere dall'appellata amministrazione copia degli atti adottati per l'affidamento dei lavori di adeguamento e/o manutenzione del Poligono (in particolare: nome dell'impresa e il termine previsto per la conclusione dei lavori, copia di tutti gli atti relativi alla interruzione dei lavori e gli eventuali provvedimenti adottati successivamente, nonché lo stato del procedimento relativo alla riapertura del poligono di tiro). L'odierna parte appellante aveva impugnato il provvedimento reiettivo, sostenendo che sussisteva l'interesse del sindacato a conoscere i documenti richiesti atteso che gli stessi hanno attinenza alla propria attività in quanto si riverberano direttamente sulle modalità di svolgimento delle esercitazioni di tiro degli appartenenti alla Polizia di Stato di Genova. In particolare, è stato osservato dal Tar che il collegamento tra il ritardo nella conclusione dei lavori nella caserma "Ilardi" e la sicurezza dei lavoratori della polizia appariva indiretto. Si sosteneva infatti, nel ricorso di primo grado, che la necessità di recarsi fuori Genova per l'espletamento delle esercitazioni di tiro limitasse la possibilità degli appartenenti alla Polizia di Stato di potere accedere alle esercitazioni: i primi Giudici hanno rilevato che tale conseguenza, ove anche fondata, dipendeva dall'amministrazione che non organizzava con sufficiente frequenza le trasferte per le esercitazioni. Secondo il Tar della Liguria, (pur sconoscendosi esistenza e contenuto della normativa interna relativa al numero e alla frequenza delle esercitazioni di tiro) la chiusura del poligono non influiva negativamente sulla possibilità che il sindacato aveva di fare valere l'eventuale inosservanza, da parte dell'amministrazione, della relativa normativa: la conoscenza delle cause del ritardo, inoltre, non influiva sulla possibilità per l'associazione sindacale di fare valere i diritti degli iscritti e neppure consentiva all'associazione una più agevole tutela degli stessi. Anche il versante relativo alla prospettazione secondo cui la necessità di recarsi fuori Genova comportava l'espletamento di trasferte anche pericolose (con possibilità di incidenti stradali) non appariva decisivo: l'incidenza causale della chiusura del poligono sulla possibilità di incidenti durante le trasferte era solo indiretta in quanto tali incidenti, quando non accidentali, derivavano dal mancato rispetto durante la trasferta delle normativa sulla sicurezza stradale e non certo dalla chiusura del poligono: il sindacato potrebbe interloquire sulle modalità di effettuazione delle trasferte ma non già non sulle vicende relative all'appalto dei lavori. 151 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Conclusivamente, ha osservato il Tar, la richiesta di accesso per cui è causa configurava un tentativo di controllo generalizzato sull'operato della amministrazione e meritava pertanto di essere disattesa. Tale posizione giuridica attiva, tuttavia, in qualsiasi modo la si voglia qualificare, deve sussistere affinchè la pretesa all'accesso agli atti possa trovare protezione. Avverso detta decisione ha proposto un articolato appello l'originaria parte ricorrente chiedendo l'annullamento della decisione appellata, in quanto contraddittoria ed erronea. E ciò vale laddove l'istante agisca in proprio, ma anche allorchè la richiesta (congiunta od isolata) venga articolata da associazioni esponenziali. L'appellante sindacato ha sottolineato che si è in presenza di un interesse tutelato che pertiene sia alla formazione sociale, che ai propri iscritti, che alla intera collettività: l'addestramento all'uso delle armi degli operatori di polizia, infatti, costituisce precipuo interesse della collettività, integrando momento fondamentale per garantire che i medesimi maneggino le armi con padronanza ed evitando inutili rischi. Non sussistono elementi per discostarsi dall'orientamento in passato espresso dalla Sezione secondo cui "il diritto di accesso non si configura mai come un'azione popolare (fatta eccezione per il peculiare settore dell' accesso ambientale), ma postula sempre un accertamento concreto dell'esistenza di un interesse differenziato della parte che richiede i documenti. La titolarità (o la rappresentatività) degli interessi diffusi non giustifica un generalizzato e pluricomprensivo diritto alla conoscenza di tutti i documenti riferiti all'attività di un gestore del servizio e non collegati alla prestazione dei servizi all'utenza, ma solo al più limitato diritto alla conoscenza di atti, relativi a servizi rivolti ai consumatori, che incidono in via diretta e immediata, e non in via meramente ipotetica e riflessa, sugli interessi dei consumatori." (Consiglio Stato, sez. VI, 10 febbraio 2006, n. 555). La irragionevolezza di costringere gli operatori a lunghe e costose trasferte è evidente; i lavori di adeguamento del poligono erano stati disposti su specifica segnalazione del sindacato odierno appellante ed avevano formato oggetto di accordo con le organizzazioni sindacali: erroneamente si era escluso da parte dei primi Giudici che il sindacato non avesse legittimazione. Sotto altro profilo, nessun apprezzabile interesse poteva essere sotteso alla mancata ostensione degli atti. L'appellata amministrazione si è costituita nell'odierno giudizio non depositando difese scritte. Motivi della decisione L'appello è infondato. Ritiene il Collegio di condividere la ricostruzione sistematica secondo cui "quale che sia la natura del diritto d" accesso lo stesso è strumentale rispetto alla protezione di un'ulteriore o sottesa situazione soggettiva che non necessariamente è di interesse legittimo o di diritto soggettivo, ma che può avere la consistenza di un interesse collettivo o diffuso o di un interesse semplice o di fatto" (Consiglio Stato, sez. V, 10 agosto 2007, n. 4411). Anche in materia di "accesso ambientale", peraltro, (laddove maggiormente si è assistito ad una dilatazione, in primis legislativa, del concetto di interesse sotteso all'accesso), si è avuto modo di sottolineare in senso definitorio che "la domanda di accesso alle informazioni ambientali può consistere anche in una generica richiesta di informazioni sulle condizioni di un determinato contesto ambientale, a condizione che questo sia specificato e che la richiesta non sia mirata ad un mero sindacato ispettivo sull'attività del comune."(Consiglio Stato, sez. VI, 16 febbraio 2007, n. 668, e n. 555 del 10.2.2006). Con particolare riferimento alla legittimazione attiva delle organizzazioni sindacali, è stato condivisibilmente rilevato che "l'organizzazione sindacale può essere titolare di un interesse giuridicamente rilevante all'accesso di atti e 152 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 documenti amministrativi, sia in relazione alla posizione di singoli iscritti, con necessaria esclusione di ogni ipotesi di pur potenziale conflitto di interessi, sia in relazione a un interesse proprio dell'organizzazione, il quale sia rapportabile - secondo la terminologia giuslavoristica - a una posizione di parte del conflitto collettivo che intercorre istituzionalmente tra sindacato e datore di lavoro e quindi, nel settore pubblico, tra sindacato e amministrazione che agisca nella veste di datore di lavoro." (Consiglio Stato, sez. IV, 30 dicembre 2003, n. 9158) A tal proposito, invero, in passato è stato affermato dalla Sezione che il principio della trasparenza amministrativa accolto dal nostro ordinamento non è affatto assoluto e incondizionato, ma subisce alcuni temperamenti, basati, fra l'altro, sulla limitazione dei soggetti attivi del diritto di accesso. La posizione legittimante l'accesso è costituita da una situazione giuridicamente rilevante (comprensiva anche degli interessi diffusi) e dal collegamento qualificato tra questa posizione sostanziale e la documentazione di cui si pretende la conoscenza (decisione del 22 maggio 2006, n. 2959). La titolarità (o la rappresentatività) degli interessi diffusi non giustifica, tuttavia, un generalizzato e pluricomprensivo diritto alla conoscenza di tutti i documenti riferiti all'attività del gestore del servizio e non collegati alla prestazione dei servizi all'utenza. Con tale decisione, invero, si è definito l'interesse tutelato, che tuttavia era pur sempre riconducibile allo statuto fondante dell'organismo associativo richiedente e soprattutto coerente con la posizione attiva vantata. L'altro "polo" dell'interpretazione giurisdizionale, del pari in passato predicata dalla Sezione, è volto a qualificare l'interesse sotteso all'actio ad exibendum, affermando che "il diritto di accesso è riconosciuto a chiunque compresi i soggetti portatori di interessi diffusi e collettivi - vi abbia interesse, per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti e detto interesse deve essere diretto, concreto ed attuale." (Consiglio di Stato, sez. VI, 27 febbraio 2008, n. 721). Con specifico riferimento alla posizione delle associazioni sindacali, di recente la Sezione ha precisato che "sussiste il diritto dell' organizzazione sindacale ad esercitare il diritto di accesso per la cognizione di documenti che possano coinvolgere sia le prerogative del sindacato quale istituzione esponenziale di una determinata categoria di lavoratori, sia le posizioni di lavoro di singoli iscritti nel cui interesse e rappresentanza opera l'associazione. Rileva, infatti, un duplice profilo di legittimazione che consente di azionare il diritto di accesso da parte delle organizzazioni sindacali sia iure proprio, sia a tutela di interessi giuridicamente rilevati della categoria rappresentata. Detta sfera di legittimazione, non può tuttavia tradursi in iniziative di preventivo e generalizzato controllo dell' intera attività dell'amministrazione datrice di lavoro, sovrapponendosi e duplicando compiti e funzioni demandati ai soggetti istituzionalmente ed ordinariamente preposti nel settore di impiego alla gestione del rapporto di lavoro. Tale preclusione è espressamente codificata all' art. 24, comma terzo, della legge n. 241/1990, nel teso novellato dall' art. 16 della legge n. 15/2005, in base al quale "non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell' operato delle pubbliche amministrazioni". Pertanto, la domanda di accesso, ancorché esplicata in esercizio della prerogative dell' organizzazione sindacale soggiace al filtro dell'esistenza di un interesse diretto, concreto e attuale corrispondente ad un situazione giuridicamente tutelata che trovi collegamento nel documento che si vuole conoscere." (sez. VI, 6 marzo 2009, n. 1351). Nel caso di specie, proprio alla stregua dei condivisibili principi dianzi esposti, deve rilevarsi che la posizione attiva sottesa alla pretesa all'accesso azionata è sfornita dei superiori caratteri di concretezza, ed esattamente il Tar si è pronunciato nel senso della infondatezza della pretesa. A monte non emerge a quale interesse specifico e diretto risponda la richiesta di accesso dell'appellante associazione. 153 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Parte appellante "giustifica" detta richiesta con la tesi secondo cui l'addestramento all'uso delle armi degli operatori di polizia costituisce precipuo interesse della collettività, integrando momento fondamentale per garantire che i medesimi maneggino le armi con padronanza ed evitando inutili rischi. Si osserva da un canto che tale circostanza non legittima il Sindacato ad eventualmente intraprendere attività finalizzate ad incidere sul quomodo mediante il quale l'amministrazione garantisce l'addestramento; sotto altro profilo che, come esattamente evidenziato dal Tar, prospettare i rischi attinenti alla circolazione stradale discendenti dalla necessità di svolgere l'addestramento in altro sito costituisce elemento del tutto distonico dall'interesse come prima qualificato. Distonico e, a tacer d'altro, privo di qualsivoglia collegamento (se non indiretto in massimo grado). Sotto altro profilo, e per concludere sull'argomento, non è dato riscontrare nel sistema del pubblico impiego "non contrattualizzato" italiano, un sistema cogestorio che legittimi le associazioni sindacali ad ingerirsi in scelte tipicamente discrezionali dell'amministrazione quali, per esempio, quella di allocare un sito lavorativo (o, come nella ipotesi in questione, addestrativo) in un luogo piuttosto che in un altro. A tali inaccoglibili conclusioni, invero, ove spinto alle estreme conseguenze, indurrebbe l'accoglimento delle tesi dell'appellante associazione sindacale. Alla stregua delle argomentazioni sostenute nel ricorso in appello, si dovrebbe giungere ad affermare, ad esempio, la sussistenza di un interesse rilevante all'accesso agli atti con i quali si è deliberata la delocalizzazione di un commissariato, ed il trasferimento dello stesso in altro sito, più distante dal centro, perché onererebbe i dipendenti ad un più lungo percorso per raggiungerlo (o perché, ma gli esempi potrebbero essere infiniti, ubicato in prossimità del mare, esporrebbe i medesimi dipendenti a condizioni climatiche meno favorevoli, etc). Tale tesi merita la reiezione. Per il vero, sebbene non sia stato direttamente prospettato un possibile intervento del Giudice penale o contabile, dal complessivo contenuto del gravame emerge in realtà la possibile ratio della richiesta di accesso in esame: quella di svolgere un completo controllo sulle modalità di svolgimento del procedimento relativo alla ristrutturazione del poligono, laddove si fa riferimento (pag. 3 del ricorso in appello) ai costi sostenuti dall'amministrazione per organizzare le trasferte ed ad una conseguente non oculata spendita del pubblico denaro. Anche tale interesse - che ben potrebbe definirsi "parainvestigativo" - esula però dagli interessi sia dell'Associazione Sindacale che degli aderenti. Esso, può concludersi, potrebbe agevolmente essere soddisfatto in sede di procedimento penale o di giudizio contabile, e rientra nelle prerogative degli organi giurisdizionali competenti eventualmente aditi vagliare la necessità di acquisire la documentazione in premessa indicata a quei fini (si veda, in particolare, sul punto la decisione della Sezione n. 555/06, laddove si è puntualizzato che l'accesso non può essere un mezzo per compiere una indagine o un controllo ispettivo, "cui sono ordinariamente preposti organi pubblici, perché in tal caso nella domanda di accesso è assente un diretto collegamento con specifiche situazioni giuridicamente rilevanti".). Anche sotto tale angolo prospettico appare, pertanto, esatta e meritevole di conferma l'appellata sentenza e non meritevole di accoglimento l'appello proposto che, conclusivamente, deve essere respinto. Sussistono nondimeno giusti motivi per compensare le spese del grado, a cagione della specificità degli elementi di fatto sottesi alla presente controversia, ed alla natura della stessa. P.Q.M. 154 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge il ricorso in appello indicato in epigrafe. dell'Aquila, dell'allegazione di uno specifico nesso di collegamento tra il presunto interesse strumentale dedotto dall'appellato e il materiale documentale chiesto in visione. Spese del grado compensate. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 31 luglio 2009 con l'intervento dei Signori: Per altro verso, ad avviso dell'amministrazione appellante, la domanda di accesso formulata dal Signor A. si presentava indeterminata e ingiustificatamente estesa all'intero "carteggio" relativo all'opera pubblica in corso di realizzazione, senza tuttavia indicare le ragioni di siffatta latitudine della richiesta né i temi precisi della stessa. Paolo Buonvino, Presidente FF Luciano Barra Caracciolo, Consigliere Maurizio Meschino, Consigliere 3. - Si è costituito, per resistere all'appello, il Signor A.. Questi ha eccepito in via preliminare l'irricevibilità e l'inammissibilità dell'impugnazione; nel merito, ha chiesto la conferma integrale della sentenza gravata. Roberto Giovagnoli, Consigliere Fabio Taormina, Consigliere, Estensore ATTI AMMINISTRATIVI –ACCESSO AGLI ATTI DEL DANNEGGIATO DA LAVORI PUBBLICI Cons. Stato Sez. V, Sent., 29-04-2009, n. 2749 Fatto - Diritto P.Q.M. Svolgimento del processo - Motivi della decisione 1. - Il Comune dell'Aquila interpone appello avverso la sentenza, di estremi specificati in epigrafe, con la quale il Tribunale amministrativo dell'Abruzzo ha accolto il ricorso, promosso dal Signor A., onde ottenere il riconoscimento del diritto di accesso alla documentazione inerente i lavori di costruzione della rete tranviaria aquilana nel tratto insistente su viale Corrado IV, con particolare riferimento allo stato di avanzamento delle opere. 2. - I motivi che sorreggono l'impugnazione sono essenzialmente due. Per un verso, l'ente civico appellante ritiene che il primo Giudice abbia erroneamente accolto un'actio ad exhibendum inammissibile, giacché asseritamente formulata in modo generico e soprattutto mancante, secondo il Comune 4. - Nella camera di consiglio del 9 gennaio 2009 il ricorso è stato trattenuto in decisione. 5. - Giova premettere alla successiva esposizione delle ragioni del decidere una succinta ricostruzione della vicenda sulla quale si è innestata la presente controversia. Con note raccomandate del 7 settembre 2007 e del 13 novembre 2007 il Signor P.A. rappresentò al Comune dell'Aquila di aver riportato, in data 1° agosto 2007, la rottura del collo del femore, in occasione del sinistro occorsogli mentre percorreva in bicicletta il tratto finale di viale Corrado IV; ad avviso dell'istante, l'eziogenesi dell'infortunio patito era da ricondursi alla indebita presenza in loco di rotaie della sede tranviaria aquilana, in corso di ultimazione. In particolare, con la seconda nota, rimasta senza riscontro, il Signor A. chiese di poter visionare, con riferimento allo stato di avanzamento dei lavori (affidamento, ultimazione; certificato di collaudo, ecc.), il "carteggio" inerente i lavori di costruzione della rete tranviaria - nella parte relativa al suddetto viale e in corrispondenza del luogo dell'incidente - al precipuo fine di estrarre copia di quando necessario all'instaurazione di un giudizio per il risarcimento dei danni nei confronti del Comune dell'Aquila (come d'altronde preannunciato nella prima nota, spedita nel mese di settembre). 155 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 A seguito del silenzio serbato dalla civica amministrazione, il richiedente adì il T.a.r., onde ottenere l'accertamento del diritto a visionare la documentazione richiesta e i provvedimenti consequenziali. 6. - La manifesta infondatezza dell'appello consente di trascurare l'esame delle eccezioni preliminari sollevate dall'appellato. 7. - Ingiustificatamente l'ente civico ricorrente dubita della sussistenza, nella fattispecie, di un tutelabile interesse all'accesso. Risulta, per contro, indiscutibile che l'actio ad exhibendum promossa dal Signor A. sia sorretta da un interesse concreto, diretto e attuale. L'appellato ha difatti subito una lesione dell'integrità psicofisica che, allo stato, ascrive - sulla base dell'allegazione di un nesso di causalità non irragionevolmente individuato - a responsabilità del committente (il Comune dell'Aquila, per l'appunto) e dell'esecutore di lavori relativi alla locale rete tranviaria. E' evidente allora che l'esigenza di conoscere quantomeno la ditta o la ragione sociale dell'impresa incaricata di realizzare le opere e lo stato di avanzamento delle stesse (onde individuare il soggetto tenuto all'osservanza delle indispensabili cautele nella custodia del cantiere) non sia preordinata a mera emulazione né punti al conseguimento di utilità non meritevoli di tutela; altrettanto incontrovertibile è, da un lato, la circostanza che la lesione patita ponga il Signor A. in una situazione certamente differenziata e qualificata e, dall'altro lato, il peculiare rilievo che l'ordinamento assegna, ai fini dell'accesso, alle esigenze di difesa, stante l'inviolabilità del relativo diritto (v. l'art. 24, comma 7, della L. n. 241/1990, secondo cui: "(d)eve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici."). Sussiste altresì, in considerazione della preannunciata intenzione di verificare il ricorso dei presupposti per l'avvio di un giudizio di risarcimento del danno, anche l'attualità dell'interesse fatto valere e, sotto questo aspetto, i documenti chiesti in visione, in disparte il profilo della sufficiente specificazione degli stessi (sul punto, v., infra, il successivo paragrafo) che pure non appare contestabile, sicuramente si configurano quale mezzo al fine dell'esercizio del rimedio giurisdizionale prospettato. 7.1. - Nemmeno è condivisibile la censura in ordine alla denunciata carente individuazione del materiale documentale oggetto dell'istanza. Il rischio di un accesso indiscriminato o con finalità esplorative è, invero, scongiurato, nella specie, dalla precisazione contenuta nella missiva del 13 novembre 2007, con la quale il Signor A. ha circoscritto il perimetro oggettivo della propria richiesta ai soli atti a) relativi all'esecuzione dei lavori; b) indispensabili alla proposizione della domanda di ristoro dell'illecito aquiliano e c) comunque concernenti unicamente il tratto di strada teatro del sinistro. 7.2. - Alla luce di quanto appena osservato nemmeno coglie nel segno la critica di eccesiva indeterminatezza del riferimento al "carteggio" inerente i suddetti lavori di costruzione. Non è revocabile in dubbio che il Signor A., lungi dal nutrire interesse a conoscere dell'intero svolgimento della gara, avverta piuttosto la necessità, obiettivamente non pretestuosa, di sapere chi stia lavorando su viale Corrado IV per realizzare la sede tranviaria e sulla base di quali disposizioni del Comune dell'Aquila. La richiesta non presenta dunque un'ingiustificata latitudine e reca, di contro, un'idonea confinazione del tema d'indagine, tale da permettere una rapida selezione del materiale dovuto. 7.3. - L'unico limite legale all'accesso è semmai da rinvenirsi, con particolare riferimento all'ambito dell'istanza formulata dall'appellato, nell'art. 13 del D.Lgs. n. 113/2006. La disposizione citata, fatta salva la disciplina prevista dal codice dei contratti pubblici per gli appalti segretati o la cui esecuzione richieda speciali misure di sicurezza, prevede ipotesi tassative di differimento dell'accesso, correlate sia alla natura delle procedure di gara esperite, sia all'oggetto dei documenti 156 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 richiesti, sia, soprattutto, al tempo in cui intervenga l'istanza di accesso: la conseguenza della disciplina è che gli atti esplicitamente menzionati dall'art. 13, almeno fino alle scadenze dei vari termini ivi fissati, non possono essere comunicati a terzi né resi in qualsiasi altro modo noti. Pertanto, pur non venendo in rilievo nella specie, almeno sulla base degli atti e delle informazioni in possesso del Collegio, alcuna delle ipotesi contemplate dal suddetto art. 13, l'Amministrazione comunale dovrà nondimeno tener conto, nell'eseguire la sentenza del T.a.r. dell'Abruzzo, del vincolo di legge sopra richiamato (qualora in concreto ricorrente), nei ristretti limiti della sua applicabilità. 8. - La sentenza impugnata, rivelatasi immune dai vizi denunciati, merita pertanto integrale conferma. 9. - Il regolamento delle spese processuali del grado, liquidate come da dispositivo, segue la soccombenza. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando, respinge l'appello. Condanna il Comune dell'Aquila alla rifusione, in favore del Signor A., delle spese processuali del secondo grado del giudizio, liquidate in complessivi euro 5.000,00 (cinquemila/00). Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, nella camera di consiglio del 9 gennaio 2008, con l'intervento dei magistrati: Raffaele Iannotta - Presidente Cesare Lamberti - Consigliere Marzio Branca - Consigliere Gabriele Carlotti - Consigliere estensore Angelica Dell'Utri Costagliola - Consigliere OPERE PUBBLICHE – ACCESSO AI FINI DI DIFESA Cons. Stato Sez. VI, Sent., 19-10-2009, n. 6393 Fatto Diritto P.Q.M. Svolgimento del processo Con la pronuncia impugnata il primo giudice ha respinto l'impugnazione proposta dalla società odierna appellante avverso il provvedimento con cui l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Puglia e della Basilicata ha consentito la sola visione, senza estrazione di copia, dell'offerta tecnica presentata dall'aggiudicataria P. S.a.s. nel corso della procedura di gara indetta per l'affidamento del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo. Nel dettaglio, il primo giudice ha ritenuto che l'ostensione dei documenti contenenti progetti tecnici o studi presentati dai concorrenti è consentito nella sola forma della presa visione con esclusione della possibilità di estrazione di copia. Avverso la pronuncia insorge la società ricorrente, ritenendone l'erroneità. All'udienza del 14 luglio 2009 la causa è stata trattenuta per la decisione. Motivi della decisione Il ricorso va accolto per le ragioni di seguito illustrate. Giova considerare che, nel caso di specie, non è in discussione la fondatezza della pretesa ostensiva azionata dalla società ricorrente, la controversia vertendo solo sulle modalità di esercizio della stessa, dalla stazione appaltante identificate nella mera visione senza estrazione di copia. Ritiene il Collegio che debba trovare applicazione la disciplina dettata, per l'accesso agli atti delle procedure di gara, dall'art. 13, D. Lgs. n. 163/2006, il cui comma 1 rinvia alla disciplina generale dell'accesso dettata dagli 157 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 artt. 22 e seguenti della legge n. 241/1990, salvo a dettare talune disposizioni speciali. motivata e comprovata dichiarazione dell'offerente, segreti tecnici o commerciali. Tra queste, quelle previste dal comma 5 che, a salvaguardia del diritto alla riservatezza dei partecipanti alle procedure di affidamento e dei soggetti privati che hanno formato alcuni degli atti ivi indicati, introduce un divieto di accesso e di divulgazione assoluto e non circoscritto (come quello di cui al precedente comma 3) alla fase anteriore rispetto all'adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva, in quanto finalizzato non già a tutelare la regolarità della procedura di affidamento quanto a proteggere le posizioni giuridiche soggettive dei concorrenti in gara e degli altri soggetti privati coinvolti. Ciò posto, il Collegio non può non prendere atto della mancata formulazione, nel caso di specie, della indicata manifestazione di interesse alla non divulgazione da parte della società Panda, dei cui atti di gara la società ricorrente intende ottenere copia. Il citato comma 5 prevede, invero, che "fatta salva la disciplina prevista dal presente codice per gli appalti segretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, sono esclusi il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione in relazione: a) alle informazioni fornite dagli offerenti nell'ambito delle offerte ovvero a giustificazione delle medesime, che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell'offerente, segreti tecnici o commerciali". Una precisazione, a quest'ultimo riguardo, appare ancora necessaria. Il legislatore ha inteso quindi escludere dal raggio di azionabilità del diritto di ostensione la documentazione suscettibile di rivelare il knowhow industriale e commerciale contenuto nelle offerte delle imprese partecipanti, sì da evitare che operatori economici in diretta concorrenza tra loro possano utilizzare l'accesso non già per prendere visione della stessa allorché utile a coltivare la legittima aspettativa al conseguimento dell'appalto, quanto piuttosto per giovarsi delle specifiche conoscenze possedute da altri al fine di conseguire un indebito vantaggio commerciale all'interno del mercato. Lo stesso comma 5 subordina, tuttavia, il funzionamento della causa di esclusione alla manifestazione di interesse da parte della stessa impresa cui si riferiscono i documenti cui altri intende accedere: è necessario, invero, che si tratti di informazioni integranti, secondo Deve, pertanto, concludersi nel senso della riespansione della disciplina generale in tema di accesso dettata dalla legge n. 241/1990, nella quale peraltro non è previsto un generale limite modale volto ad escludere che l'accesso si eserciti mediante il conseguimento di copia, oltre che con la visione del documento. Giova considerare che lo stesso art. 13, D. Lgs. n. 163/2006, dopo aver previsto i casi in cui il diritto di accesso è escluso, dispone al comma 6 che "in relazione all'ipotesi di cui al comma 5, lettere a) e b), è comunque consentito l'accesso al concorrente che lo chieda in vista della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto nell'ambito della quale viene formulata la richiesta di accesso". Si tratta di previsione che riafferma quella tendenziale prevalenza del c.d. accesso difensivo, in generale disposta dall'art. 24, co. 7, l. n. 241/1990. Ebbene, né l'art. 13, co. 6, D. Lgs. n. 163/2006, né l'art. 24, nella formulazione risultante a seguito della legge n. 15/2005, prevedono che l'accesso c.d. difensivo, come tale prevalente sulle antagoniste ragioni di riservatezza o di segretezza tecnica o commerciale, possa e debba essere esercitato nella forma della sola visione, senza estrazione di copia. Quanto alla disciplina generale, in particolare, l'intervenuta normativa di cui alla l. n. 15 del 2005, modificativa in parte qua della l. n. 241 del 1990, comporta che debba ricomprendersi nel diritto di accesso sia la visione che il rilascio di copia del documento, attesa l'abrogazione 158 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 della disposizione dettata dall'art. 24, comma 2, lett. d), nella formulazione originaria della l. n. 241/1990, che prevedeva, invece, a tutela della riservatezza dei terzi, persone ed imprese, la possibilità di escludere il diritto d'accesso "garantendo peraltro agli interessati la visione degli atti relativi ai procedimenti amministrativi, la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i loro interessi giuridici": abrogazione che fa ritenere superata ogni possibilità di distinguere tra le due indicate modalità di accesso (in termini lo stesso Tar Bari, sez. I, 5 febbraio 2007, n. 337). Fatto - Diritto P.Q.M. Svolgimento del processo - Motivi della decisione 1) - Con la sentenza impugnata il TAR ha accolto il ricorso proposto dall'odierno appellato per la declaratoria del diritto all'accesso agli atti amministrativi della Fondazione ex bancaria Cassa dei Risparmi di Forlì (istituita ai sensi del d.lgs. n. 153/1999) indicati nel fax inviato alla Fondazione il 16 marzo 2009. Gli atti richiesti erano, in particolare, i seguenti: Sussistono giustificate ragioni per disporre la compensazione tra le parti delle spese di giudizio. a) delibera del Consiglio di Amministrazione della Fondazione (di cui il richiedente non conosceva gli estremi esatti) con la quale si proponeva all'Assemblea dei Soci "la definitiva dismissione a favore del Gruppo bancario S. Paolo - Imi e Cari Firenze"; P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sul ricorso, lo accoglie ordinando alla stazione appaltante di consentire l'accesso anche con estrazione di copia. b) delibera del Consiglio di Amministrazione adottata il 5 dicembre 2005 per stipulare con l'azionista di maggioranza (Intesa - San Paolo) un nuovo patto di sindacato e suoi ulteriori addendi; Alla stregua delle esposte ragioni, va pertanto accolto il gravame. Spese compensate. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 luglio 2009 con l'intervento dei Magistrati: Claudio Varrone, Presidente c) delibera adottata per sostituire l'originario Statuto (dal sito Internet si evince che "Il primo Statuto della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì porta la data del giugno 1992. Da allora la carta fondamentale della Fondazione ha conosciuto diverse trasformazioni sulla scorta delle modifiche legislative susseguitesi nel tempo, fino a raggiungere la forma attuale, approvata dal Ministero dell'economia e delle finanze il 25 luglio 2005"). Roberto Giovagnoli, Consigliere Il TAR ha respinto l'eccezione di inammissibilità sollevata dalla resistente Fondazione sottolineando, innanzitutto, che il ricorrente risultava possedere la qualifica di socio della Fondazione. Claudio Contessa, Consigliere Ciò posto, i primi giudici hanno rilevato che: FONDAZIONI BANCARIE OPERE PUBBLICHE Cons. Stato Sez. VI, Sent., 03-03-2010, n. 1255 "a) il diritto di accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce, a termini dell'art. 22, comma 2, della legge 7 agosto 1990 n. 241, principio generale dell'attività amministrativa, Roberto Chieppa, Consigliere Roberto Garofoli, Consigliere, Estensore 159 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza, ed attinente ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione; b) sempre in base all'articolo 22 della legge 7 agosto 1990 n. 241, il diritto all'accesso ai documenti amministrativi è riconosciuto a tutti coloro che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso; c) l'articolo 25 (e successive modificazioni) della legge 241 cit. prevede che "la richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata", tale norma, però, ha carattere generale, dovendosi adattare alle specifiche situazioni nelle quali si inserisce la richiesta di accesso, con la conseguenza che la motivazione della richiesta, anche se non enunciata specificamente dall'interessato, potrà emergere dai rapporti intercorsi o intercorrenti tra il richiedente e l'Amministrazione di cui si chiede di visionare alcuni atti (Consiglio di Stato, V, 6 dicembre 2006 n. 7187); d) non può revocarsi in dubbio l'ammissibilità del ricorso al procedimento di accesso nei confronti della Fondazione della Cassa dei Risparmi di Forlì, ancorché soggetto di diritto privato, e ciò alla stregua della stessa lettera dell'articolo 23 della legge 7 agosto 1990 n. 241, nel testo attualmente vigente, secondo il quale l'accesso può esercitarsi nei confronti "della pubbliche amministrazioni, delle aziende autonome e speciali, degli enti pubblici e dei gestori di pubblici servizi", e dunque anche nei confronti di soggettività giuridiche aventi natura privata ma operanti normalmente secondo moduli tipicamente riconducibili all'alveo pubblicistico; e) la Fondazione è qualificabile come organismo di diritto pubblico ai sensi e per gli effetti derivanti dal Codice dei contratti (cfr. espressamente sul punto T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 31 luglio 2007, n. 7283) e perciò pienamente sussumibile nella categoria degli enti tenuti all'obbligo di trasparenza sotteso alla disciplina dell'accesso; f) nella specie, peraltro, si pone la questione se possa configurarsi un diritto di accesso nei confronti di un'attività regolata dal diritto privato, quale quella in effetti posta in essere dalla resistente (al riguardo, il TAR ha ritenuto che sarebbe illogico discriminare l'attuazione del principio di trasparenza in base al criterio formale del regime giuridico dell'attività medesima, che potrebbe condurre alla sostanziale elusione del principio stesso di trasparenza nell'attività amministrativa); g) infine, in ordine all'affermazione che gli atti oggetto della richiesta non sono documenti amministrativi, i primi giudici hanno osservato che l'accesso non è correlato "agli atti amministrativi", bensì "all'attività" della pubblica amministrazione o dell'organismo pubblico, nel cui ambito concettuale rientra non solo l'attività di diritto amministrativo, ma anche quella di diritto privato, atteso che anch'essa è volta alla cura concreta degli interessi della collettività e dunque ugualmente sottoposta al principio apicale di trasparenza. Per l'effetto, il TAR ha accolto il ricorso, con conseguente declaratoria dell'obbligo dell'ente resistente di dare corso alla richiesta di accesso nei termini di cui all'istanza. 2) - Appella la sentenza la Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, che ne deduce l'erroneità, anzitutto, perché, contrariamente a quanto affermato dai primi giudici, la Fondazione stessa non sarebbe organismo di diritto pubblico, secondo quanto previsto dall'art. 1, comma 10 ter, del d.l. n. 162/2008, convertito in legge n. 201/2008 e come risultante, comunque, dai principi generali desumibili dall'ordinamento italiano e da quello comunitario (in particolare, non sarebbe configurabile alcun finanziamento, né controllo pubblico sulla gestione, né sarebbe prevista la nomina negli organi di amministrazione, direzione e vigilanza di soggetti designati dalla mano pubblica in misura pari ad almeno metà dei componenti; in particolare solo per il Consiglio Generale sarebbero previste designazioni di fonte pubblica, ma in misura 160 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 non eccedente i sette componenti sui 22 che compongono l'organo; inoltre, la Fondazione appellante non sarebbe stata istituita per la soddisfazione di bisogni definiti da enti pubblici, ma sarebbe un soggetto dell'ordinamento civile, la cui istituzione non sarebbe nella disponibilità di alcun ente o potere pubblico, né sarebbe stata costituita per soddisfare strumentalmente interessi propri di soggetti di diritto pubblico, dovendosi escludere il riconoscimento, alle fondazioni, di funzioni pubbliche); tutto ciò condurrebbe ad escludere l'applicabilità, nella specie, della disciplina sull'accesso di cui all'art. 3 (recte: 2) del d.p.r. n. 184/2006. La sentenza appellata sarebbe erronea, inoltre, anche nella parte in cui ha ritenuto la sussistenza di un concreto interesse personale dell'originario ricorrente all'accesso di cui si tratta, non essendo, per converso, ammissibile l'uso strumentale dell'accesso volto a realizzare un controllo generalizzato sull'attività della pubblica amministrazione. Infine, contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, non sarebbe ammissibile la richiesta di ostensione di atti inerenti all'attività privatistica. Resiste personalmente l'appellato che insiste, nelle proprie memorie, per il rigetto dell'appello e la conferma della sentenza impugnata. 3) - L'appello è da accogliere. Primo e centrale punto oggetto di contestazione è quello relativo alla natura della Fondazione appellante. Contrariamente a quanto osservato dall'appellato, il TAR ha espressamente ritenuto che " la Fondazione è qualificabile come organismo di diritto pubblico ai sensi e per gli effetti derivanti dal Codice dei contratti (cfr. espressamente sul punto T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 31 luglio 2007, n. 7283) e perciò pienamente sussumibile nella categoria degli enti tenuti all'obbligo di trasparenza sotteso alla disciplina dell'accesso"; lo stesso TAR ha anche precisato che la Fondazione ex bancaria Cassa dei Risparmi di Forlì è stata istituita ai sensi del d.lgs. n. 153/1999; e proprio la qualificazione di "organismo di diritto pubblico" ha reso, per i primi giudici, sussumibile, la Fondazione, tra le "soggettività giuridiche aventi natura privata, ma operanti normalmente secondo moduli riconducibili all'alveo pubblicistico" che giustificherebbero l'operare, nel loro confronti, della disciplina sull'accesso (punto 3, lettere d ed e della sentenza appellata). Al riguardo, correttamente l'appellante si richiama, quindi, al disposto di cui all'art.1, comma 10 ter, del d.l. n. 162 del 23 ottobre 2008 (comma inserito dalla legge di conversione 22 dicembre 2008, n. 201), a mente del quale: "ai fini della applicazione della disciplina di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, non rientrano negli elenchi degli organismi e delle categorie di organismi di diritto pubblico gli enti di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, e gli enti trasformati in associazioni o in fondazioni, sotto la condizione di non usufruire di finanziamenti pubblici o altri ausili pubblici di carattere finanziario, di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e di cui al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, fatte salve le misure di pubblicità sugli appalti di lavori, servizi e forniture". La norma, invero, smentisce quanto rilevato dai primi giudici in merito al fatto che, proprio ai sensi del Codice dei contratti "la Fondazione è qualificabile come organismo di diritto pubblico" (con la conseguente assoggettabilità alla disciplina sull'accesso). A questo si aggiunga, come dedotto dall'appellante, che la Fondazione in questione non risulta fruire di alcun finanziamento pubblico; che né lo Stato, né altri enti di diritto pubblico, esercitano, sulla stessa, alcun controllo sulla gestione (controllo che, in base ai principi comunitari, è l'unico che consenta di esercitare un effettiva influenza decisionale in seno agli organismi coinvolti), né risulta che gli organi di amministrazione, direzione o vigilanza debbano essere costituititi da soggetti designati dalla mano pubblica in misura pari ad almeno metà dei componenti (invero, solo per il Consiglio Generale prevede, lo Statuto, designazioni di fonte pubblica, ma in misura non eccedente i sette componenti sui 22 che 161 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 compongono l'organo); inoltre, la Fondazione appellante rientra tra i soggetti dell'organizzazione delle libertà sociali e non svolge funzioni pubbliche (C. Cost., n. 300 del 29 settembre 2003; n. 301/2003); va riconosciuto carattere di utilità sociale agli scopi dalle stesse perseguiti, ma tale carattere non può essere confuso con la "attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario" espletata da "soggetti di diritto privato", di cui all'art. 2, comma 1, del d.p.r. n. 184/2006, solo queste ultime afferendo all'espletamento di funzioni pubbliche. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione VI, definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe, lo accoglie e, per l'effetto, respinge il ricorso di primo grado. Si aggiunga, a quanto precede, in punto di interesse alla ostensione della documentazione richiesta, che il ricorrente è un socio della Fondazione che non risulta far valere un proprio interesse diretto, personale e definito all'acquisizione di quanto richiesto, avendo avanzato una richiesta documentale di natura e portata tale (la delibera del Consiglio di Amministrazione della Fondazione con la quale si proponeva all'Assemblea dei Soci "la definitiva dismissione a favore del Gruppo bancario S. Paolo - Imi e Cari Firenze" e quella del 5 dicembre 2005 per stipulare con l'azionista di maggioranza un nuovo patto di sindacato e suoi ulteriori addendi; nonché la delibera adottata per sostituire l'originario Statuto) da far configurare, piuttosto, l'inammissibile intendimento di esercitare un generalizzato controllo sull'attività gestionale dall'odierna appellante. Giuseppe Barbagallo, Presidente Deve, in definitiva escludersi, quindi, sia che l'appellante Fondazione possa farsi rientrare tra i soggetti destinatari della disciplina sull'accesso, sia che l'originario ricorrente abbia fatto valere un interesse legittimante l'accesso stesso. 4) - Per tali assorbenti motivi l'appello in epigrafe va accolto e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso di primo grado. Per la novità delle questioni trattate devono essere integralmente compensate tra le parti le spese del doppio grado. Spese del doppio grado compensate. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2010 con l'intervento dei Magistrati: Paolo Buonvino, Consigliere, Estensore Roberto Garofoli, Consigliere Bruno Rosario Polito, Consigliere Claudio Contessa, Consigliere ACCESSO ALL’ORDINE PROFESSIONALE T.A.R. Emilia-Romagna Bologna Sez. II, Sent., 02-02-2010, n. 633 Fatto - Diritto Svolgimento del processo - Motivi della decisione 1.Il ricorrente ha adito il T.A.R. impugnando il diniego di accesso ad un esposto presentato contro di lui al proprio ordine professionale e per ottenere l'esibizione e la copia di detta nota nonché di tutti gli atti eventualmente contenuti nel fascicolo aperto in proposito in conseguenza di detto esposto. Si è costituito in giudizio, senza difensore, l'Ordine professionale intimato che ha insistito per il rigetto del ricorso. Le parti hanno sviluppato le rispettive difese con separate memorie e nel corso della discussione orale e la causa è stata trattenuta in decisione all'odierna camera di consiglio. 2.Il ricorso è fondato, e pertanto va accolto. P.Q.M. 162 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 L'art. 22 della L. n. 241/90, ai commi 2 e 3, precisa che "l'accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell'attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza, ed attiene ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale...", e che "tutti i documenti amministrativi sono accessibili, ad eccezione di quelli indicati all'articolo 24, commi 1, 2, 3, 5 e 6". In precedenza, e cioè prima delle recenti modifiche normative, l'art. 24 prevedeva, al comma 4, l'obbligo per le singole amministrazioni "di individuare, con uno o più regolamenti..., le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all'accesso per le esigenze di cui al comma 2", tra le quali era compresa, alla lett. d), quella di salvaguardare "la riservatezza di terzi, persone, gruppi ed imprese, garantendo peraltro agli interessati la visione degli atti relativi ai procedimenti amministrativi, la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i loro interessi giuridici". Il nuovo testo dell'art. 24, come sostituito dall'art. 16 L. 11 febbraio 2005 n. 15, al comma 1 esclude il diritto di accesso solo: a) per i documenti coperti da segreto di Stato, e nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo di cui al comma 6 e dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 2; b) nei procedimenti tributari; c) nei confronti dell'attività della pubblica amministrazione diretta all'emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione; d) nei procedimenti selettivi, nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale relativi a terzi. 3.In definitiva, con specifico riferimento ai rapporti tra accesso e riservatezza, la nuova disciplina contenuta nell'art. 24 della L. 241/1990, come sostituito dall'art. 16 della L. 15/2005, appresta al primo una tutela più ampia che in passato, sotto due distinti profili. Innanzitutto, l'individuazione dei casi in cui l'accesso può essere escluso per ragioni, tra l'altro, di riservatezza, può aver luogo solo con il regolamento governativo (comma 6, lett. d), mentre alle singole amministrazioni viene sottratta ogni potestà d'intervento in materia. In secondo luogo, mentre nell'originaria versione dell'art. 24, secondo quanto prevedeva il comma 2, lettera d), l'accesso a documenti riservati era limitato alla sola "visione" degli atti amministrativi necessari alla cura dei propri interessi, nell'attuale versione dell'art. 24, come sostituito dall'art. 16 della legge 15/2005, tale previsione è stata sostituita dal nuovo comma 7, ai sensi del quale "deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici". In sostanza, la tutela dell'istante, prima limitata alla visione degli atti, viene quindi estesa all'onnicomprensivo concetto di "accesso" che secondo la definizione contenuta nell'art. 22, comma 1, lettera a) della L. 241/90, come sostituito dall'art. 15 della L. 15/05 - include sia la visione degli atti che l'estrazione di copia. Per quanto riguarda i rapporti fra diritto all'accesso e tutela della privacy lo stesso comma 7 aggiunge che l'accesso, sebbene solo "nei limiti in cui sia strettamente indispensabile", è consentito anche "nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari", ed anche "in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale", in quest'ultimo caso "nei termini previsti dall'articolo 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196" (sul punto si veda TAR Marche, I, n. 10/2009 e TAR Catania, IV, n. 715/2008). Inoltre l'art. 59 del medesimo D. Lgs.vo 196/2003, concernente proprio all'accesso a 163 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 documenti amministrativi", dispone che "fatto salvo quanto previsto dall'articolo 60, i presupposti, le modalità, i limiti per l'esercizio del diritto di accesso a documenti amministrativi contenenti dati personali, e la relativa tutela giurisdizionale, restano disciplinati dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e dalle altre disposizioni di legge in materia, nonché dai relativi regolamenti di attuazione, anche per ciò che concerne i tipi di dati sensibili e giudiziari e le operazioni di trattamento eseguibili in esecuzione di una richiesta di accesso. Le attività finalizzate all'applicazione di tale disciplina si considerano di rilevante interesse pubblico". 4. Alla stregua di quanto sopra nel caso di specie sussistono i presupposti per l'esercizio del diritto di accesso sia in relazione all'esposto presentato nei suoi confronti, indicato nella nota del 15/7/2009, prot. n. 842/2009 dell'Ordine degli Architetti, sia in relazione ad ogni altro atto o documento contenuti nel fascicolo di cui al citato esposto e relativa convocazione (vedi altresì la decisione della Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri del 19 aprile 2007, concernente un caso identico di accesso di un iscritto all'Ordine ad un esposto presentato nei suoi confronti ed alla conseguente decisione di questo T.A.R. n. 2403 del 16/10/2007). 5. In conclusione, il ricorso va accolto, con il conseguente ordine all'Ordine professionale intimato di consentire la visione e l'estrazione di copia dei documenti richiesti entro il termine di 30 giorni, decorrente dalla notificazione della presente sentenza ad opera del ricorrente, o dalla sua comunicazione in via amministrativa. 6. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'EmiliaRomagna - Bologna, Sezione II accoglie il ricorso in epigrafe e per l'effetto annulla il provvedimento impugnato ed ordina all'Ordine professionale intimato di consentire la visione e l'estrazione di copia dei documenti richiesti con le missive del 10 agosto e 21 settembre 2009 entro il termine di 30 giorni, decorrente dalla notificazione della presente sentenza ad opera del ricorrente, o dalla sua comunicazione in via amministrativa. Condanna l'Ordine professionale intimato al pagamento delle spese di causa in favore del ricorrente che si liquidano in complessivi Euro 2.440,11(duemilaquattrocentoquaranta, undici), oltre C. P. A ed I. V. A.. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 21/01/2010 con l'intervento dei Magistrati: Giancarlo Mozzarelli, Presidente Alberto Pasi, Consigliere Ugo Di Benedetto, Consigliere, Estensore NATURA GIURIDICA DELL’ORDINANZE SULL’ACCESSO AGLI ATTI Cons. Stato Sez. V, Sent., 25-06-2010, n. 4068 Fatto - Diritto P.Q.M. Svolgimento del processo - Motivi della decisione 1.Con l'ordinanza indicata in epigrafe il TAR Lazio, nella pendenza di un giudizio di impugnazione, ha dichiarato inammissibile l'istanza proposta al Presidente della sezione, ex art. 25, comma 5°, L. 7 agosto 1990 n. 241 e successive modificazioni, dalla società N.C.V.R. rivolta ad accertare l'illegittimità del diniego implicito di accesso opposto dalla Regione Lazio nei confronti dell'istanza diretta ad ottenere copia della documentazione e dei provvedimenti relativi al rilascio dell'autorizzazione ex L. R., n.49/1989 in favore della società Tra.Ser e conseguente inclusione di essa nelle liste delle società autorizzate dalla Regione per l'espletamento del servizio di trasporto sanitario. In particolare, il TAR ha ritenuto che la richiesta di accesso non riguardasse un interesse 164 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 attuale ai fini della tutela di situazioni giuridicamente rilevanti e comunque fosse diretta ad ottenere atti frutto di attività di indagine dell'Amministrazione e non già esistenti e determinati 2.Avverso detta ordinanza ha proposto appello la ricorrente originaria, osservando quanto segue; nel ricorso n. 10959/2008, pendente presso lo stesso Tar, la Società aveva impugnato gli atti della gara per il servizio triennale del trasporto di materiale biologico, indetta dalla ASL Roma/B ed aggiudicata alla Tra.Ser, sostenendosi che l'aggiudicataria non poteva essere autorizzata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a munire i propri veicoli di dispositivi di segnalazione acustica poichè la medesima non aveva alcuna autorizzazione da parte della Regione ex L.R. n.49/1989; autorizzazione che invece aveva ottenuto successivamente alla notificazione del ricorso (avvenuta nel novembre 2008); di conseguenza aveva interesse attuale a conoscere gli atti del procedimento sulla cui base era stata rilasciata l'autorizzazione ex L.R. n.49/1989 a favore della Tra.Ser, con indicazione della relativa data, e della conseguente inclusione negli elenchi delle società autorizzate dalla regione Lazio per l'espletamento del servizio di trasporto sanitario; la documentazione richiesta è ben individuabile e non richiede l'elaborazione di atti: l'accesso non è rivolto a verificare genericamente l'operato dell'Amministrazione ma a stabilire la legittimità della indicata procedura di gara. Ha concluso per l'accoglimento dell' appello ai fini del rilascio di copia della documentazione richiesta. Alla camera di consiglio del 9 marzo 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisone. 3.L'ordinanza c.d. "istruttoria" del TAR è nella specie senz'atro appellabile. L'art. 25, comma 5°, L: n.241/1990 stabilisce, per quanto interessa, che "In pendenza di un ricorso presentato ai sensi della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, il ricorso può essere proposto con istanza presentata al presidente e depositata presso la segreteria della sezione cui è assegnato il ricorso, previa notifica all'amministrazione o ai controinteressati, e viene deciso con ordinanza istruttoria adottata in camera di consiglio. La decisione del Tribunale è appellabile, entro trenta giorni dalla notifica della stessa, al Consiglio di Stato, il quale decide con le medesime modalità e negli stessi termini. Le controversie relative all'accesso ai documenti amministrativi sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo". Ora, pur avendo il legislatore qualificato espressamente come istruttoria l'ordinanza che chiude, davanti al Giudice di primo grado, "l'incidente di accesso", deve osservarsi che sono comunque impugnabili i provvedimenti del giudice amministrativo di primo grado che, pur non avendo la forma esteriore di sentenza, abbiano un reale contenuto decisorio della controversia, il ché si verifica allorché essi esplicitamente o implicitamente risolvano in tutto o in parte la questione che oppone le parti, ovvero un punto pregiudiziale di essa, dal momento che. al fine di stabilire se un provvedimento abbia natura di sentenza o di ordinanza, è decisiva non già la forma adottata ma il suo contenuto in base al principio della prevalenza in materia della sostanza sulla forma (V. Cass. S.U. 11 dicembre 2007 n. 2537). Con particolare riferimento all'ordinanza che decide il ricorso in materia di accesso in corso di causa, questo Consiglio di Stato, ha operato una distinzione, che il Collegio condivide, tra ordinanze che si pronunciano sul ricorso accogliendolo o respingendolo in relazione ai presupposti inerenti all'accesso in quanto tale, e ordinanze che respingono il ricorso perché ritengono i documenti richiesti non utili ai fini del giudizio in corso. Nel primo caso l'ordinanza ha natura decisoria ed è appellabile sia nel caso in cui il giudice escluda l'accessibilità sulla base della ritenuta carenza 165 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 dei presupposti previsti dalla disciplina dell'accesso, sia nel caso in cui il giudice accolga la domanda di accesso ritenute sussistenti le condizioni legittimanti l'ostensione senza passare al vaglio della pertinenza dei documenti in relazione al giudizio in corso. Nel secondo caso l'ordinanza ha natura meramente istruttoria e non è appellabile autonomamente (cfr. Cons. St., sez. VI, 25 marzo 2004 n. 1629; sez. V 9 dicembre 2008 n.6121.). Nella specie, il TAR ha respinto l'istanza ritenendo insussistenti i presupposti richiesti per consentire l'accesso e perciò la relativa decisione è soggetta ad impugnazione. non può essere invocato allorché lo stesso interessato non chieda l'esibizione di documenti di cui sia certa l'esistenza, ma intenda provare l'esistenza di documenti che egli afferma essere stati a suo tempo formati (Consiglio di Stato, sez. IV, 15 novembre 2004, n. 7463; id., sez. IV, 22 febbraio 2003, n. 961; id., sez. VI, 25 settembre 2002, n. 4883; id., sez. VI, 30 settembre 1998, n. 1346). Infatti, ammettendo una richiesta di esibizione di documenti non corredata con la prova dell'esistenza delle notizie riferibili all'interesse di cui l'istante è titolare in essi contenute, essa si trasformerebbe in un inammissibile strumento di controllo sull'attività stessa (Consiglio di Stato, sez. IV, 31 gennaio 2005, n. 218). 4.L'appello è anche fondato nel merito. La ricorrente ha interesse attuale a conoscere gli atti del procedimento sulla cui base era stata rilasciata l'autorizzazione ex L.R. n.49/1989 a favore della Tra.Ser, con indicazione della relativa data, e della conseguente inclusione negli elenchi delle società autorizzate dalla regione Lazio per l'espletamento del servizio di trasporto sanitario, dal momento che ha un ricorso pendente presso lo stesso Tar avverso gli atti di una gara sostenendosi che l'aggiudicataria avrebbe conseguito tale necessaria autorizzazione solo dopo la notificazione del ricorso (novembre 2008). Inoltre, contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, l'accesso non è rivolto a verificare genericamente l'operato dell'Amministrazione ma a stabilire la legittimità della indicata procedura di gara. Infine, nonostante una certa imprecisione della domanda di accesso in quanto non sono stati indicati gli estremi dell'autorizzazione in contestazione, la documentazione richiesta è ben individuabile, essendo stato precisato l'anno in cui tale autorizzazione sarebbe intervenuta (2008) e comunque il suo accoglimento non abbisogna dell'elaborazione di atti ma l'ostensione degli atti e provvedimenti esistenti. E' pur vero, come riconosce pacificamente la giurisprudenza, che il diritto d'accesso riguarda esclusivamente documenti già esistenti e detenuti dall'Amministrazione, così che esso Ma, una posizione eccessivamente rigida impedirebbe di fatto al privato ogni tipo di accesso di fronte ad un'Amministrazione neghittosa con riferimento ad atti di cui non si conoscano gli esatti termini di identificazione, per cui si è precisato che se il ricorrente fornisce argomenti e indizi circa l'esistenza degli atti a cui chiede l'accesso e l'Amministrazione non fornisca la prova a sostegno del proprio assunto dell'inesistenza dei documenti richiesti (e nella specie manca qualsiasi contestazione dell'esistenza degli atti e documenti richiesti), correttamente il Giudice ordina l'accesso, residuando un problema di esecuzione del giudicato, se del caso mediante commissario ad acta, relativamente alla ricerca materiale dei documenti, fermo restando che il giudicato che ordina l'accesso sarà evidentemente eseguibile nei limiti in cui i documenti esistono (Consiglio di Stato, sez. VI, 26 giugno 2003, n. 3853). Si tratta quindi di un modo di bilanciare le limitate possibilità di conoscenza dei fatti da parte del privato con i poteri istruttori concessi al giudice amministrativo (Sez. IV 10 dicembre 2009 n. 7725). 5.In conclusione, l'appello va accolto ed in riforma della sentenza appellata va disposta a carico della Regione Lazio la ostensione della documentazione richiesta dal ricorrente. Spese ed onorari di lite dei due gradi, tenuto conto della particolarità della vicenda contenziosa, possono essere compensati. 166 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 P.Q.M. Il Consiglio di Stato, sezione Quinta, accoglie l'appello indicato in epigrafe e per l'effetto, in riforma dell'ordinanza appellata, dispone a carico della regione Lazio l'esibizione dei documenti richiesti. Compensa spese ed onorari dei due gradi di giudizio. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2010 con l'intervento dei Signori: Pier Giorgio Trovato, Presidente Cesare Lamberti, Consigliere Marco Lipari, Consigliere Aldo Scola, Consigliere concessionaria di ottenere copia conforme della detta cartella con relativa relata di notifica, al fine di poter opporre la cartella in sede giurisdizionale; - che, riscontrando la richiesta, la concessionaria inviava unicamente l'estratto della cartella, precisando che da tale documento si evinceva la data di notifica dello stesso; che, ritenendo insufficiente tale produzione, il D.A. agiva dinanzi al T.A.R. per sentir dichiarare il proprio diritto all'ostensione degli atti. Costituitasi E.F. s.p.a., che provvedeva al deposito agli atti del giudizio dell'estratto della cartella esattoriale e della copia della relata di notifica, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. dava atto del deposito dei detti atti, riteneva improcedibile il ricorso per cessata materia del contendere e condannava la parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio per "abuso dello strumento processuale". Aniello Cerreto, Consigliere, Estensore IMPOSTE E TASSE IN GENERE LEGITTIMAZIONE ALL’ACCESSO Cons. Stato Sez. IV, Sent., 30-11-2009, n. 7486 Fatto Diritto P.Q.M. Svolgimento del processo Con ricorso iscritto al n. 5612 del 2009, M.D.A. ha proposto appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione prima, n. 1307 del 29 maggio 2009 con la quale era stato dichiarato improcedibile per cessata materia del contendere il ricorso proposto contro E.F. s.p.a. (poi incorporata in E.E. s.p.a.) per l'accesso ai documenti indicati nell'istanza proposta in data 5 febbraio 2009. A sostegno delle doglianze proposte dinanzi al giudice di prime cure, la parte ricorrente aveva premesso: - di aver saputo, da visure effettuate presso E.F. s.p.a., della pendenza di una cartella esattoriale, dallo stesso mai ricevuta, e di aver richiesto alla Contestando le statuizioni del primo giudice, l'appellante D.A. ha evidenziato come gli atti esibiti non fossero per nulla idonei a far ritenere cessata la materia del contendere. Si è costituita in giudizio E.E. s.p.a. (già E.F. s.p.a.), chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare l'appello. Alla Camera di Consiglio del 29 luglio 2009, il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione. Motivi della decisione 1. - L'appello è fondato e merita accoglimento. 2. - In via preliminare, la Sezione ritiene di dover superare le eccezioni preliminari proposte dalle parti. In merito all'eccezione di tardività del ricorso di primo grado, come sollevata anche in grado di appello da E.E. s.p.a., deve confermarsi la bontà della decisione del T.A.R. che ha sottolineato come il termine decadenziale sia stato rispettato, in quanto veniva a scadere in giorno festivo, ossia il 22 marzo 2009, ed è quindi stato 167 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 correttamente notificato il giorno successivo, giusta il disposto dell'art. 155, comma 4, c.p.c.. In merito all'eccezione di mancata costituzione della effettiva resistente E.F. s.p.a., va evidenziato come questa sia stata correttamente presente nel giudizio in primo grado e che invece in grado di appello sia stata sostituita dalla E.E. s.p.a., società incorporante e quindi ex lege succeduta nel rapporto controverso. La legittimazione dell'attuale appellata non appare quindi dubbia. 3. - Affrontando le questioni sostanziali, ritiene la Sezione di dover immediatamente soffermarsi sulle ragioni della sentenza di rito emessa dal T.A.R. per la ritenuta cessata materia del contendere. Va infatti sottolineato come la cartella di pagamento, ossia l'atto di cui il ricorrente ha chiesto l'ostensione, ed il documento ricevuto, intestato "estratto cartella" e stampigliato come "copia conforme dell'estratto di ruolo", siano documenti diversi. In particolare, la cartella esattoriale è prevista dall'art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 quale documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli e deve essere predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero delle Finanze (attualmente, il modello vigente è quello approvato dall'Agenzia delle entrate con provvedimento del 22 aprile 2008). Il documento ricevuto dal ricorrente è invece un elaborato informatico formato dall'esattore, sebbene sostanzialmente contenente gli stessi elementi della cartella originale. La differenza ontologica tra i due documenti non può però essere superata dall'omogeneità contenutistica, omogeneità che peraltro non è stata messa in dubbio dalle parti. La ragione per cui non è permesso all'amministrazione, ed al privato che esercita funzioni pubbliche, di sostituire arbitrariamente il documento richiesto con altro sebbene equipollente deriva espressamente dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 "Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi", che all'art. 22 lett. d) fornisce la nozione di documento amministrativo e nello stesso contesto, alla lett. a) precisa come il diritto di accesso sia "il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi", ossia un diritto di acquisizione di quegli stessi documenti o delle loro copie e non di succedanei. In questa ottica, questa Sezione ha già evidenziato come elemento fondante dell'actio ad exhibendum sia la conformità del documento esibito al privato all'originale, non avendo neppure rilievo scusante l'esistenza per la pubblica amministrazione di impedimenti tecnici (Consiglio di Stato, sez. IV, 10 aprile 2009, n. 2243). A maggior ragione, l'accesso documentale non può essere soddisfatto dall'esibizione di un documento che l'amministrazione, e non il privato ricorrente, giudica equipollente. Pertanto, deve ritenersi che, in sede di giudizio di primo grado, la concessionaria non abbia esibito il documento richiesto dalla parte privata e che quindi la declaratoria di cessazione della materia del contendere si sia fondata su una valutazione errata degli atti acquisiti al fascicolo processuali. Per tali ragioni, l'appello va accolto. 4. - L'accoglimento dell'eccezione di illegittimità della pronuncia in rito comporta l'applicazione della giurisprudenza di questo Consiglio (ex multis Consiglio di Stato, sez. VI, 17 ottobre 1988, n. 1152; id., 24 febbraio 1981, n. 84; id., 30 settembre 1980, n. 794; Consiglio di Stato, sez. IV, 11 febbraio 2005, n. 399; id., 19 febbraio 2008, n. 546; id., 2 ottobre 2008, n. 4774) per cui l'erronea declaratoria da parte del giudice di primo grado dell'improcedibilità del ricorso non costituisce un vizio di forma od un difetto di procedura che, ai sensi dell'art. 35, l. 6 dicembre 1971 n. 1034, comporta l'annullamento della sentenza con rinvio dell'affare al giudice di primo grado, così che il giudice di appello deve trattenere la causa e deciderla nel merito. Venendo quindi alla questione dell'esistenza della situazione soggettiva che legittima il privato a richiedere l'accesso, occorre evidenziare come la difesa di E.E. s.p.a. si sia soffermata diffusamente sul fatto che gli atti già esibiti fossero comunque in grado di consentire la tutela giurisdizionale e che in ogni caso erano 168 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 atti già in possesso del ricorrente, in quanto notificatigli. Fondamentalmente, le eccezioni proposte da Equitalia E.Tr. s.p.a. evidenziavano l'inesistenza dell'interesse ad ottenere l'ostensione sia perché erano stati forniti al privato documenti aventi la stessa valenza, sia perché gli originali gli erano stati effettivamente notificati che quindi non li deteneva più unicamente per propria colpa. 4.1. - Entrambe le ragioni devono essere disattese. che la concessionaria non ha quindi alcuna legittimazione a sindacare le scelte difensive eventualmente operate dal privato. Questo significa che è ben vero, come afferma E.E. s.p.a., che i due distinti documenti sono praticamente identici dal punto di vista contenutistico (e di questa sostanziale identità e dell'utile conseguito dal privato nell'ottenere la cartella anziché l'estratto la Sezione terrà conto per valutare la ripartizione delle spese processuali), ma questa valutazione non incide sulla fondatezza del diritto all'accesso. In merito al primo profilo, questo Consiglio ha già indicato i limiti intrinseci alla sindacabilità delle ragioni poste a fondamento dell'accesso. Si è affermato (Consiglio di Stato, sez. V, 10 gennaio 2007, n. 55) che l'interesse giuridicamente rilevante del soggetto che richiede l'accesso non solo non deve necessariamente consistere in un interesse legittimo o in un diritto soggettivo, dovendo solo essere giuridicamente tutelato purché non si tratti del generico ed indistinto interesse di ogni cittadino al buon andamento dell'attività amministrativa e che, accanto a tale interesse deve sussistere un rapporto di strumentalità tra tale interesse e la documentazione di cui si chiede l'ostensione. Questo rapporto di strumentalità deve però essere inteso in senso ampio, ossia in modo che la documentazione richiesta deve essere mezzo utile per la difesa dell'interesse giuridicamente rilevante e non strumento di prova diretta della lesione di tale interesse. Pertanto, l'interesse all'accesso ai documenti deve essere considerato in astratto, escludendo che, con riferimento al caso specifico, possa esservi spazio per apprezzamenti in ordine alla fondatezza o ammissibilità della domanda giudiziale proponibile. La legittimazione all'accesso non può dunque essere valutata facendo riferimento alla legittimazione della pretesa sostanziale sottostante, ma ha consistenza autonoma, indifferente allo scopo ultimo per cui viene esercitata. In merito al secondo profilo, l'appellata E.E. s.p.a. introduce un profilo di meritevolezza soggettiva per l'accesso ai documenti, affermando che "non può ritenersi serio l'interesse dell'appellante all'acquisizione di un documento di cui lo stesso è già inconfutabilmente in possesso". In concreto, trasponendo in termini organizzativi l'affermazione della concessionaria appellata, una volta notificato un documento, l'amministrazione non sarebbe tenuta alla esibizione, avendo adempiuto ai propri doveri. Pertanto le osservazioni di E.E. s.p.a. sono del tutto inconferenti, atteso che non è dubitabile che la copia della cartella di pagamento ex se costituisca strumento utile alla tutela giurisdizionale delle ragioni della ricorrente e Dall'altro punto di vista, di carattere più particolare, occorre rimarcare come per i concessionari viga la norma dell'art. 26 comma 4 del d.P.R. 602 del 1973 che li obbliga a "conservare per cinque anni la matrice o la L'assunto è del tutto sconfessato a livello normativo, sotto un duplice profilo, uno di carattere generale, l'altro più legato alla funzione del concessionario delegato per la riscossione. In relazione al primo aspetto, non può che rimarcarsi come la valutazione di meritevolezza proposta dall'appellata sia del tutto estranea alla previsione di legge, che ha invece come presupposti per l'accesso unicamente l'esistenza di una situazione giuridica tutelabile e il nesso di strumentalità astratto sopra evidenziato. Il comportamento del privato, quand'anche pretestuoso, non è considerato dalla norma e si colloca all'esterno all'area di rilevanza delineata dalla legge. Non ha quindi alcun rilievo se il privato ha perso, ha distrutto o semplicemente dimenticato il documento, ciò che conta è che sussistano le condizioni oggettive per ottenere l'ostensione del documento. 169 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 copia della cartella con la relazione dell'avvenuta notificazione o l'avviso del ricevimento ed ha l'obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell'amministrazione". Come si vede, in relazione alla particolare tipologia di atti detenuti, il legislatore individua direttamente un obbligo di custodia degli atti ed un dovere di ostensione su mera richiesta del contribuente. Le disposizioni sul diritto di accesso risultano pertanto di maggiore definizione e speciali rispetto alla disciplina generale del procedimento amministrativo in quanto, in questo caso, la valutazione sulla sussistenza di un interesse all'esibizione è fatta direttamente dalla legge, e non va più svolta caso per caso. A maggior ragione, quindi, la richiesta del ricorrente non poteva essere valutata sotto il profilo della meritevolezza soggettiva da parte del concessionario, obbligato ex lege alla custodia ed all'esibizione, senza che allo stesso residui alcun margine di scelta. 4.2. - Le dette considerazioni consentono di superare anche le eccezioni di E.E. s.p.a. in merito al carattere pretestuoso ed emulativo della domanda. Si tratta di questioni palesemente infondate se solo si tiene conto che la documentazione richiesta dall'attuale appellante appartiene al novero di quelle di cui il concessionario è tenuto alla custodia ed all'esibizione e che le spese sostenute (per costi di riproduzione, diritti di ricerca e visura o imposte di bollo) vanno riversate sul richiedente. Anche questa eccezione va quindi respinta. 5. - Infine, ritiene la Sezione di doversi soffermare sulla condanna alle spese che, nel giudizio di primo grado, è stata adottata contro il ricorrente. Il T.A.R. della Puglia, ritenendo che lo strumento processuale sia stato azionato in modo abusivo perché teso a conseguire l'ostensione di un atto già ricevuto in notifica, ha condannato l'attuale appellante al pagamento delle spese processuali. La soluzione adottata dal giudice di prime cure è del tutto incompatibile con il vigente sistema giuridico ed espressione di una concezione sanzionatoria della determinazione sulle spese che non ha alcun fondamento normativo e va decisamente disattesa. Va innanzi tutto evidenziato come l'originario ricorrente ha ricevuto gli atti da lui richiesti in sede giudiziaria, come affermato dallo stesso T.A.R. che ha parlato di deposito da parte di E.E. s.p.a. ed ha conseguentemente dichiarato la cessata materia del contendere. Pertanto, seguendo il ragionamento del giudice di primo grado, l'azione giudiziaria è stata correttamente avviata e la pretesa avanzata è stata soddisfatta, a giudizio iniziato, da un comportamento della parte resistente che avrebbe dovuto aver luogo fuori e prima del processo. In casi analoghi, la giurisprudenza, applicando correttamente il concetto di soccombenza, ha ritenuto di poter condannare, anche nei casi di cessata materia del contendere, la parte vincitrice virtuale, ossia colui che chiedeva l'ostensione. Nel caso in esame, invece, nonostante la situazione di pregresso inadempimento di E.E. s.p.a. e nonostante che questa fosse stata sanata solo a seguito del giudizio, e nonostante che vi fosse una palese situazione di soccombenza della stessa concessionaria, il T.A.R. ha ritenuto di condannare alle spese la parte vincitrice, in palese e diametrale contrasto con la disciplina di legge. Per altro verso, anche facendo risaltare il profilo dell'abuso dello strumento processuale, va rimarcato che nel nostro ordinamento non esistono sanzioni atipiche per il distorto uso dello strumento processuale, come pure non trova spazio il cd. "contempt of court", in cui altri ordinamenti fanno ricadere simili ipotesi, fattispecie che comunque importa altre conseguenze e non provoca il sovvertimento delle rispettive posizioni in relazione al pagamento delle spese processuali. Nel nostro sistema, al contrario, l'espressa previsione di legge, che impone che le spese non possano essere messe in carico alla parte vincitrice, può dar vita al massimo ad una compensazione, compensazione che può anche esserci qualora lo strumento processuale sia stato utilizzato per conseguire risultati minimi, sproporzionati rispetto alla rilevanza dello strumento stesso (vedi in particolare, Cassazione civile, sez. un., 30 luglio 2008 n. 20598). 170 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 È del tutto palese, quindi, come la condanna alle spese della parte ricorrente e virtualmente vittoriosa in primo grado sia del tutto illegittima, ponendosi in diametrale contrasto con le previsioni di legge e va pertanto, come tutta la sentenza, va conseguentemente annullata. 6. - L'appello va quindi accolto. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalla palese sproporzione tra l'interesse concreto realizzato dalla parte vittoriosa e il costo delle attività processuali richieste (secondo la già citata, Cassazione civile, sez. un., 30 luglio 2008 n. 20598). P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede: 1. Accoglie l'appello n. 5612 del 2009 e per l'effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione prima, n. 1307 del 29 maggio 2009, accoglie il ricorso di primo grado e ordina a Equitalia E.Tr. s.p.a. di consentire, entro il termine di giorni 30 dalla comunicazione in via amministrativa o notificazione della presente decisione, l'accesso agli atti richiesti, mediante loro estrazione di copia, salvi i rimborsi per costi di riproduzione, diritti di ricerca e visura ed imposte di bollo; 2. Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 29 luglio 2009, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sezione Quarta - con la partecipazione dei signori: Luigi Cossu, Presidente Pier Luigi Lodi, Consigliere Goffredo Zaccardi, Consigliere Armando Pozzi, Consigliere Diego Sabatino, Consigliere, Estensore ATTI AMMINISTRATIVI T.A.R. Campania Napoli Sez. V, 12-06-2008, n. 5872 Fatto Diritto P.Q.M. Svolgimento del processo Espone in fatto l'odierna ricorrente di essere docente non di ruolo nella graduatoria regionale del concorso per titoli ed esami per la classe di concorso A019 e nella graduatoria regionale per insegnamento sul sostegno nella scuola media superiore - Area AD03; in particolare non avrebbe mai beneficiato della riserva di cui agli artt.3 e 18 della Legge n.68/1999 a causa della preferenza accordata ai riservisti N a scapito dei riservisti M. Con istanza del 7/11/2007 l'interessata ha chiesto di poter visionare i documenti necessari per la tutela del diritto all'immissione in ruolo, riscontrata con la nota impugnata che, per una parte, ha rigettato la richiesta per difetto del requisito dell'attualità dell'interesse azionato, comunque impedendo di avere contezza delle modalità di ripartizione delle disponibilità esistenti tra le categorie di riservisti contemplate dalla legge. L'Avvocatura Distrettuale dello Stato si è costituita in giudizio per resistere al ricorso. Alla Camera di Consiglio del 5 giugno 2008 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione, come da verbale. Motivi della decisione 1.Con il ricorso in esame la ricorrente lamenta la violazione dell'art.22 della Legge n.241/1990. 2. Il Collegio ritiene di dover preliminarmente ribadire che il fine primario della normativa sull'accesso va individuato proprio nella necessità di assicurare la trasparenza amministrativa e di favorire lo svolgimento imparziale dell'azione pubblica; non si può ignorare la portata innovativa della Legge n.241/90 nella parte in cui essa fonda e dà facoltà di azione e di difesa ad una libertà certo presupposta fra i diritti della persona, ma al 171 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 tempo stesso priva di pretese di godimento in assenza di una puntuale disciplina a livello costituzionale. La normativa in materia di accesso, anche a seguito delle modifiche del 2005, è ispirata al valore funzionale dell'informazione, avuto riguardo ad una qualificazione soggettiva non generalizzata, ma nei confronti di soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso. 2.1 Le disposizioni della Legge n.241/1990, come modificate dalla Legge n.15/2005, affermano che l'accesso ai documenti amministrativi costituisce principio generale dell'attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza, attenendo ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Mentre originariamente la locuzione "diritto di accesso" sollevava dubbi sulla qualificazione come diritto soggettivo o interesse legittimo, ora si parla di "diritto degli interessati di prendere visione ed estrarre copia di documenti amministrativi", nel senso che l'esame e l'estrazione di copia del documento sono modalità congiunte dell'esercizio del diritto, senza deroghe o eccezioni di sorta. L'obiettivo è di assicurare la trasparenza dell'attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale, mentre l'art.10 della Legge 241 rimasto immutato dopo le recenti modifiche ha riguardo ad un accesso partecipativo, con l'obiettivo di assicurare la pienezza del contraddittorio e della partecipazione a quanti sono coinvolti in un procedimento amministrativo che li riguarda (T.A.R. Lazio, Roma, I, 15.12.2000, n.12144). Anche la configurazione introdotta dalla Legge n.205/2000 non ha modificato la originaria natura di istituto mirato al conseguimento della conoscibilità della documentazione, indipendentemente dall'esistenza attuale o eventuale di un processo in cui tale documentazione possa essere funzionalizzata ai fini della sua decisione e quindi come istituto non diretto ad acquisire soltanto gli atti strumentalmente preordinati alla decisione nel merito del ricorso principale (ord.za T.A.R. Lazio, Roma, II, 10.3.2001, n.1834). 3. Considerato che anche il DPR n.184 del 12/4/2006, recante disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi, ricostruisce l'accesso come situazione di diritto soggettivo in ragione sia della mancanza di discrezionalità per le Amministrazioni, verificati i presupposti per l'accesso, nell'adempiere alla pretesa del soggetto privato di prendere visione ed estrarre copia dei documenti amministrativi, sia della non necessità che il documento amministrativo sia relativo ad uno specifico procedimento, ed atteso che il diritto del cittadino all'informazione si connota certamente come interesse personale e concreto, serio e non emulativo né riducibile a mera curiosità, deve ritenersi che nella fattispecie sussista il presupposto soggettivo legittimante l'azione, derivante dall'aver interesse ad ottenere copia della documentazione afferente le modalità di ripartizione delle disponibilità esistenti tra le categorie di riservisti contemplate dalla legge. 3.1 L'istanza di parte ricorrente non concerne tra l'altro atti segreti o la cui conoscenza sia suscettibile di arrecare pregiudizio a terzi; al contrario, la conoscenza degli atti de quibus è dichiaratamente funzionale alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti di cui la parte ricorrente è indiscutibilmente titolare, per cui trova applicazione il principio di cui all'art. 24, comma 7, della Legge n.241/1990, secondo cui "deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici". A tal riguardo, va precisato che la disposizione da ultimo citata non prevede un momento preciso in cui il diritto di accesso deve essere esercitato, essendo sufficiente per il giudice accertare che la conoscenza della documentazione amministrativa richiesta è potenzialmente utilizzabile a fini di difesa, giudiziale o stragiudiziale, di interessi giuridicamente rilevanti. Né tantomeno rileva il fatto che l'interessato non dia poi corso 172 Reggio Emilia 3 dicembre 2010 Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990 all'azione giudiziale; si deve ritenere, infatti, che l'anticipazione del momento della conoscenza degli atti è funzionale anche ad una riduzione del contenzioso, in quanto, a seguito della visione dei documenti, l'odierna parte ricorrente potrebbe convincersi della correttezza dell'operato della P.A. e rinunciare all'azione giurisdizionale, laddove un differimento nel tempo dell'accesso può indurre l'interessato a proporre l'azione giurisdizionale, anche "al buio", per timore di incorrere nella decadenza. 4. Sulla base di tali premesse va dichiarata l'illegittimità della nota con cui è stata riscontrata in modo parziale la richiesta da parte ricorrente; in riconoscimento del diritto di parte ricorrente all'accesso della richiesta documentazione, va, nel contempo, dichiarato ai sensi dell'ultimo comma del precitato art. 25 l'obbligo dell'intimata Amministrazione di esibire la documentazione medesima nel termine di giorni quindici decorrente dalla comunicazione o, se a questa anteriore, dalla notificazione della presente decisione. Così deciso in Napoli, nella Camera di Consiglio del 5 giugno 2008. 4935convegno3dicembre2010 Era: 3691convegno26genn2007definitivo Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CAMPANIA - Sede di Napoli - V^ Sezione - accoglie il ricorso come in epigrafe proposto e, per l'effetto, dichiara l'illegittimità della nota impugnata adottata a seguito dell'istanza avanzata da parte ricorrente, nonché l'obbligo dell'intimata Amministrazione di esibire la documentazione come richiesta nel termine di giorni quindici decorrente dalla comunicazione o, se a questa anteriore, dalla notificazione della presente decisione. Condanna l'Amministrazione soccombente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 500,00. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa. La sentenza è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti. 173 Reggio Emilia 3 dicembre 2010