Ole Chiudigliocchi - Andersenstories.com

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Ole Chiudigliocchi
In tutto il mondo non c'è nessuno che sappia tante
storie quante ne sa Ole Chiudigliocchi. E come le sa
raccontare!
Verso sera, quando i bambini sono ancora seduti a
tavola, o sulle loro seggiole, arriva Ole Chiudigliocchi,
sale le scale silenziosamente, perché cammina senza
scarpe, apre lentamente la porta e plaff! spruzza un po'
di latte negli occhietti dei bambini, poco, poco, ma
comunque abbastanza perché loro non riescano più a
tenere gli occhi aperti e perciò non lo vedano; sguscia
dietro di loro, gli soffia dolcemente sul collo e subito
sentono la testa pesante, ma non tanto da far male;
perché Ole Chiudigliocchi vuole il bene dei bambini,
desidera soltanto che stiano tranquilli, e loro sono
davvero tranquilli solo quando finalmente vanno a
letto e devono stare zitti perché lui possa raccontare le
sue storie.
Quando i bambini finalmente dormono, Ole
Chiudigliocchi si siede sul loro letto; ha un bel vestito,
un mantello di seta, ma è impossibile dire di che colore
è perché a ogni suo movimento ha riflessi ora verdi,
ora rossi, ora blu. Tiene sotto le braccia due ombrelli,
uno pieno di figure, e lo apre sopra i bambini buoni
che così sognano per tutta la notte le storie più belle,
l'altro invece non ha niente e viene aperto sui bambini
cattivi che così dormono in modo strano e quando si
svegliano la mattina, non hanno sognato niente.
Ora ascoltiamo come Ole Chiudigli occhi per tutta una
settimana si è recato da un bambino di nome Hjalmar,
e sentiamo che cosa gli ha raccontato. Sono sette storie
in tutto, perché ci sono sette giorni in una settimana.
Lunedì
«Stai a sentire!» disse Ole Chiudigliocchi, dopo aver
messo a letto Hjalmar «ora voglio addobbare la
stanza» e così tutti i fiori dei vasi si trasformarono in
grandi alberi, che allungarono i rami fin sotto il soffitto
e lungo le pareti così da far diventare la stanza una
bellissima pergola, e tutti i rami erano carichi di fiori e
ogni fiore era più bello della rosa, profumava
deliziosamente e, se lo si mangiava, era più dolce della
marmellata; i frutti brillavano come fossero d'oro e poi
c'erano panini dolci che scoppiavano perché pieni di
uva sultanina: era davvero incredibile. Ma in quel
momento si sentirono lamenti spaventosi venire dal
cassetto del tavolo, dove Hjalmar aveva riposto i libri
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di scuola.
«Che succede?» esclamò Ole Chiudigliocchi andando
al tavolo, e aprì il cassetto. Era la lavagna che soffriva
e si sentiva oppressa perché c'era un numero sbagliato
nell'operazione di aritmetica e stava per buttare tutto
all'aria. Il gessetto, legato a una cordicella, si agitava
come un cagnolino, perché voleva aiutare la lavagna a
fare l'operazione, ma non ci riusciva. Poi anche il
quaderno di calligrafìa di Hjalmar cominciò a
lamentarsi, era proprio straziante da ascoltare! Su ogni
pagina si trovavano in colonna tutte le lettere
maiuscole, e vicino quelle minuscole - erano il
modello di calligrafìa - e di seguito si trovavano altre
lettere che credevano di essere identiche alle prime,
queste le aveva scritte Hjalmar e sembrava fossero
cadute giù dalle righe su cui avrebbero dovuto stare.
«Guardate, è così che dovete stare!» dissero i modelli
«così, ancora un po' da questa parte, con un colpetto!»
«Oh, ci piacerebbe proprio», risposero le lettere di
Hjalmar «ma non ci riusciamo, siamo cosi deboli!»
«Allora vi daremo la purga!» esclamò Ole
Chiudigliocchi.
«Oh no!» gridarono le lettere, e si drizzarono che era
un piacere guardarle.
«Ecco, così non abbiamo tempo di raccontare la
storia!» commentò Ole Chiudigliocchi «ma voi dovete
fare un po' di esercizi, un-due, un-due» e così le lettere
fecero un po' di ginnastica e diventarono dritte e
robuste proprio come i modelli; ma quando Ole
Chiudigliocchi se ne andò e Hjalmar al mattino andò a
guardarle, erano deboli come il giorno prima.
Martedì
Non appena Hjalmar fu a letto, Ole Chiudigliocchi
toccò con la siringa magica tutti i mobili che c'erano
nella stanza e subito questo cominciarono a parlare, e
tutti raccontavano di se stessi eccetto la sputacchiera
che se ne stava zitta e arrabbiata perché gli altri erano
così vanitosi da parlare solo di sé e pensare solo a se
stessi, e non pensavano affatto a lei che se ne stava
sola in un angolo e si faceva sputare addosso.
Sopra il comò era appeso un grande quadro in una
cornice dorata; rappresentava un paesaggio, si
vedevano alberi alti e antichi, fiori tra l'erba e un
grande lago con un fiume che scorreva dietro il bosco,
passava davanti a molti castelli e si gettava infine
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nell'immenso mare.
Ole Chiudigliocchi toccò il quadro con la siringa
magica e subito gli uccelli cominciarono a cantare, i
rami degli alberi a agitarsi e le nuvole a passare nel
cielo, tanto che si potevano vedere le ombre sul
paesaggio.
Ole Chiudigliocchi sollevò il piccolo Hjalmar fino alla
cornice e il bimbo infilò le gambine nel quadro,
proprio tra l'erba alta, e lì rimase; il sole splendeva tra i
rami degli alberi e giungeva fino a lui. Corse fino al
lago, salì su una barchetta che si trovava lì, colorata di
rosso e bianco, le vele splendenti come argento, e sei
cigni, con una corona d'oro intorno al collo e una stella
azzurra che brillava sul capo, diressero la barca
attraverso i verdi boschi, dove gli alberi raccontavano
di giganti e di streghe e i fiori narravano dei graziosi
elfi o di quello che avevano sentito dalle farfalle.
I pesci più belli, con le squame che sembravano d'oro e
d'argento, nuotavano dietro la barchetta, ogni tanto
spiccavano un salto e ricadevano di nuovo in acqua, e
gli uccelli, rossi e blu, grandi e piccoli, volavano in
due lunghe file seguendo la barca, i moscerini
danzavano e i maggiolini facevano bum, bum. Tutti
volevano seguire Hjalmar, e ognuno di loro aveva una
storia da raccontare.
Era proprio una bella gita! A volte i boschi si
infittivano ed erano tutti scuri, a volte sembravano
splendidi giardini rischiarati dal sole e pieni di fiori, e
c'erano grandi castelli di vetro e di marmo; sui balconi
erano uscite le principesse, e erano tutte bambine che
Hjalmar conosceva, perché aveva giocato con loro
altre volte. Tesero le mani verso il ragazzo e ognuna
aveva un maialino di marzapane molto più grazioso di
quelli che si comprano dalla venditrice ambulante, e
Hjalmar afferrò il maialino di marzapane mentre
passava con la barca, ma la principessa lo teneva ben
stretto, cosi ognuno rimase con un pezzo di maialino,
lei col più piccolo, Hjalmar col più grosso! A ogni
castello stavano di guardia principini che salutarono
con la sciabola d'oro e fecero cadere una pioggia di
canditi e di soldatini di piombo; erano ottimi principi!
Hjalmar passava ora attraverso boschi, ora attraverso
grandi radure, ora tra villaggi; passò anche nel
villaggio in cui abitava la sua balia, che lo aveva
tenuto in braccio quand'era molto piccolo e gli aveva
voluto così bene; lei gli fece cenno e lo salutò, e gli
cantò quella graziosa canzoncina che lei stessa aveva
scritto per Hjalmar:
Io penso a te tante volte Mio caro Hjalmar, mio tesoro!
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Oh, quanto ho baciato la tua piccola bocca, la tua
fronte, le tue guancine rosse. Ho ascoltato le tue prime
parole e ti ho dovuto dire addio. Che il Signore ti
benedica sulla terra, angelo del cielo!
E tutti gli uccelli si unirono al canto, i fiori danzarono
sul loro stelo e gli alberi si piegarono, era come se Ole
Chiudigliocchi raccontasse le storie anche a loro.
Mercoledì
Come scrosciava la pioggia fuori! Hjalmar la sentiva
nel sonno! E quando Ole Chiudigliocchi aprì la
finestra, l'acqua era arrivata fino al davanzale, era tutto
un grande lago là fuori e una splendida nave era
ancorata proprio davanti alla casa.
«Vuoi venire con me sulla nave, piccolo Hjalmar?»
chiese Ole Chiudigliocchi «così stanotte potremo
raggiungere paesi sconosciuti e saremo di ritorno
domattina.»
Subito Hjalmar si trovò sulla splendida nave col suo
vestito della domenica e venne il bel tempo così
navigarono lungo le strade, girarono dietro la chiesa e
si trovarono nell'immenso mare. Navigarono a lungo,
la terra non si scorgeva più, poi videro uno stormo di
cicogne, che proveniva dal loro stesso paese e si
dirigeva verso i paesi caldi; volavano tutte allineate
una dietro l'altra e avevano già volato per molto, molto
tempo una di loro era così stanca che le sue ali non
riuscivano più a reggerla, era l'ultima della fila e presto
rimase indietro rispetto alle altre, alla fine precipitò
sempre più in basso con le ali aperte, sfiorò con le
zampe l'albero della nave, scivolò lungo la vela e bum!
si trovò sul ponte.
Un mozzo la prese e la portò nel pollaio, tra galline,
anatre e tacchini; la povera cicogna si sentì tutta
avvilita in mezzo a loro.
«Ma che strano tipo!» esclamarono le galline.
Il tacchino si gonfiò più che potè e chiese chi fosse, e
le anatre si tirarono indietro, urtandosi tra loro e
dicendo: «Muoviti, muoviti!».
La cicogna raccontò della calda Africa, delle piramidi
e dello struzzo, che correva come un cavallo selvaggio
in mezzo al deserto, ma le anatre non capivano e si
urtavano tra loro dicendo: «Siamo d'accordo che è una
stupida?».
«Certo che è stupida!» ripetè il tacchino e poi
gorgogliò. Allora la cicogna tacque e si mise a pensare
alla sua Africa.
«Che belle zampe snelle ha lei!» osservò il tacchino.
«Quanto costano al metro?»
«Qua, qua, qua!» risero tutte le anatre, ma la cicogna
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finse di non aver sentito.
«Lei potrebbe ridere con noi!» le disse il tacchino
«dato che era una bella battuta! o forse era troppo
volgare per lei! ah! ah! lei non è una mente aperta!
allora ci divertiremo per conto nostro!» e le galline
chiocciarono, e le anatre schiamazzarono «gik! gak!
gik!» era spaventoso vedere come trovavano divertenti
certe cose!
Ma Hjalmar arrivò al pollaio, aprì la porta, chiamò la
cicogna che gli andò incontro; ora si era riposata e
sembrava volesse ringraziare Hjalmar col capo; poi
spiegò le ali e volò verso i paesi caldi; intanto le
galline chiocciavano, le anatre schiamazzavano e il
tacchino era diventato tutto rosso in viso.
«Domani faremo un buon brodo con voi!» disse
Hjalmar, e si svegliò di nuovo nel suo lettino. Era stato
un viaggio meraviglioso quello che Ole Chiudigliocchi
gli aveva fatto fare quella notte!
Giovedì
«Ascolta un po'» disse Ole Chiudigliocchi «non
spaventarti; adesso vedrai una topolina!» e intanto
tendeva verso di lui la mano con una leggera e
graziosa topolina. «È venuta a invitarti a un
matrimonio. Ci sono due topolini che questa notte si
sposeranno. Abitano sotto il pavimento della dispensa
di
tua
madre,
deve
essere
proprio
un
bell'appartamentino!»
«Ma come faccio a passare attraverso il buchino dei
topi che c'è nel pavimento?» chiese Hjalmar.
«Lascia fare a me!» rispose Ole Chiudigliocchi. «Ti
faccio diventare piccolo piccolo» e lo sfiorò con la sua
siringa magica: subito Hjalmar rimpicciolì fino a
diventare alto come un dito. «Ora potrai indossare i
vestiti del soldatino di piombo, penso che ti vadano
bene, e poi sta bene indossare l'uniforme quando si va
in società!»
«Certamente» rispose Hjalmar, e in un attimo si trovò
vestito come il più grazioso dei soldatini di piombo.
«Vuole essere così gentile da sedersi nel ditale di sua
madre?» gli disse la topolina «così avrò l'onore di
condurla!»
«Dio mio! deve disturbarsi la signorina?» chiese
Hjalmar, e così partirono per il matrimonio dei
topolini.
Passando sotto il pavimento, entrarono in un lungo
corridoio, largo appena per passarci con un ditale, e
tutto illuminato di legno marcio.
«Sente che buon odore c'è qui?» chiese la topolina che
lo tirava «tutto il corridoio è stato spalmato di lardo.
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Non potevano trovare niente di meglio!»
Infine entrarono nel salone delle nozze: a destra si
trovavano tutte le signore tope che chiacchieravano e
spettegolavano, come se si prendessero in giro a
vicenda; a sinistra avevano preso posto tutti i signori
topi che si lisciavano i baffi con le zampette; in mezzo
alla sala stavano gli sposi, erano in piedi dentro una
crosta di formaggio incavata e si baciavano
appassionatamente davanti agli occhi di tutti, perché
ormai erano fidanzati e presto si sarebbero sposati.
Continuavano a arrivare nuovi invitati, i topi
rischiavano ormai di calpestarsi a vicenda così gli
sposi si misero davanti alla porta in modo che non si
potesse più né entrare né uscire. Anche la sala era stata
spalmata di lardo come il corridoio, e questo era il
rinfresco, ma come dessert venne servito un pisello, su
cui un topolino della famiglia aveva inciso coi dentini
il nome degli sposi, o meglio le loro iniziali: una cosa
proprio fuori dell'ordinario!
Tutti i topi affermarono che era stato un bel
matrimonio e che la conversazione era stata davvero
piacevole.
E Hjalmar ritornò a casa; era stato senza dubbio
nell'alta società, ma per fare questo aveva dovuto
rimpicciolirsi e indossare l'uniforme del soldatino di
piombo.
Venerdì
«E da non credere quante persone adulte mi
vorrebbero!» disse Ole Chiudigliocchi «soprattutto
quelle che hanno fatto del male. Mi dicono: "Caro,
piccolo Ole, non riusciamo a chiudere gli occhi e per
tutta la notte guardiamo le nostre brutte azioni, che
sotto forma di mostriciattoli si siedono sul letto e ci
spruzzano addosso acqua bollente; vuoi venire a
cacciarli via, così che possiamo dormire bene?" e
sospirano profondamente "e ti pagheremmo volentieri,
buona notte, Ole! i soldi sono sul davanzale!." Ma io
non lo faccio per i soldi!» concluse Ole
Chiudigliocchi.
«Che cosa facciamo questa notte?» gli chiese Hjalmar.
«Non so se hai ancora voglia di andare a un
matrimonio, ma è ben diverso da quello di ieri. La
bambola grande di tua sorella, quella che sembra
proprio un giovanotto e che si chiama Herman, si
sposa con la bambola Bertha; inoltre è anche il suo
compleanno, quindi ci saranno moltissimi regali.»
«Sì, la conosco bene!» rispose Hjalmar «quando le
bambole hanno bisogno di nuovi vestiti, allora mia
sorella trova la scusa di un compleanno o di un
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matrimonio! è già successo almeno cento volte!»
«Sì, ma questa notte è il centounesimo matrimonio,
quindi sarà una festa senza limiti. Vieni a vedere!»
Hjalmar guardò allora sul tavolo; c'era una casetta di
cartone con le finestre illuminate e tutti i soldatini di
piombo presentavano le armi all'ingresso. Gli sposi
erano seduti sul pavimento e si appoggiavano a una
gamba del tavolo; erano pensierosi, e forse avevano le
loro ragioni. Ole Chiudigliocchi aveva indossato una
gonna nera della nonna e diede loro la benedizione.
Finita la cerimonia, tutti i mobili della stanza
intonarono la seguente bella canzone che era stata
scritta dalle matite, sull'aria della ritirata:
Il nostro canto giungerà
agli sposi come il vento
essi stanno tutti rigidi,
fatti di pelle di guanto.
Evviva gli sposi di pelle di guanto
cantiamo con forza nel vento!
Poi ricevettero i regali, ma rifiutarono tutte le cose da
mangiare perché a loro bastava l'amore.
«Ora andiamo in campagna o facciamo un viaggio
all'estero?» chiese la sposa, e così vennero interpellate
la rondine, che aveva viaggiato tanto, e la vecchia
chioccia, che aveva covato cinque volte i pulcini. La
rondine raccontò dei bei paesi caldi, dove i grappoli
d'uva sono grandi e pesanti, dove l'aria è mite e le
montagne hanno colori che non si possono
immaginare!
«Ma non hanno il nostro cavolo verde! » esclamò la
chioccia. «Io mi trovai un'estate in campagna con i
miei pulcini, e c'era una cava di sabbia dove andavamo
a raspare, e poi potevamo entrare in un orto pieno di
cavoli verdi! Com'erano verdi! non riesco a
immaginare niente di più bello!»
«Ma i torsi del cavolo sono tutti uguali!» commentò la
rondine «e poi qui c'è spesso cattivo tempo!»
«Ma a questo si è abituati» replicò la chioccia.
«Qui fa molto freddo e si gela!»
«Ma al cavolo fa bene! » disse la chioccia. «Inoltre
anche qui può venire il caldo. Non abbiamo avuto
quattro anni fa un'estate che durò cinque settimane?
Faceva così caldo che non si riusciva più a respirare! E
poi qui non ci sono tutti quegli animali velenosi che si
trovano all'estero. E non abbiamo neppure i briganti! È
vile chi non riconosce che il nostro paese è il più bello:
non merita neppure di abitare qui!» e intanto la
chioccia piangeva. «Anch'io ho viaggiato: ho percorso
in una botte più di dodici miglia! Non c'è proprio
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niente di divertente nel viaggiare!»
«È vero! La chioccia è una signora intelligente»
esclamò la bambola Bertha. «Nemmeno a me piace
viaggiare sulle montagne, non è altro che salire e
scendere! No, preferisco trasferirmi vicino a una cava
di sabbia e passeggiare nell'orto dei cavoli.»
E così fecero.
Sabato
«Mi racconti una storia?» esclamò il piccolo Hjalmar,
non appena Ole Chiudigliocchi lo ebbe messo a letto.
«Questa sera non abbiamo tempo! » rispose Ole, e aprì
il suo bell'ombrello sul bambino. «Guarda i cinesi!» e
tutto l'ombrello sembrava ora un vaso cinese con gli
alberi azzurri e i ponti a sella d'asino su cui passavano
cinesini che facevano cenni con la testa. «Dobbiamo
pulire e rendere bello tutto il mondo per domani»
spiegò Ole «perché domani è festa, è domenica. Devo
salire sul campanile per vedere se i folletti della chiesa
hanno lucidato le campane, così che suonino bene
domani, devo andare nei campi a controllare che il
vento abbia soffiato via la polvere dall'erba e dalle
foglie, e poi devo tirar giù dal cielo tutte le stelle per
lustrarle un po', e questa è la fatica più grande! Le
metto nel mio grembiule, ma prima devo numerarle e
devo anche numerare i buchi dove sono fissate nel
cielo perché così posso rimetterle al loro posto.
Altrimenti non sarebbero ben fissate e avremmo troppe
stelle cadenti: cadrebbero tutte, una dopo l'altra!»
«Senta un po', signor Chiudigliocchi» disse un vecchio
ritratto che era appeso nella camera di Hjalmar «io
sono il bisnonno di Hjalmar; la ringrazio per le storie
che lei racconta al ragazzo, ma non deve confondergli
le idee. Le stelle non possono essere tirate giù e
lustrate: le stelle sono globi proprio come la terra, e
proprio qui sta la loro bellezza!»
«Grazie,
vecchio
bisnonno!»
rispose
Ole
Chiudigliocchi «grazie mille! Tu sei la zucca della
famiglia, la zucca più antica! ma io sono molto più
vecchio di te. Sono un vecchio pagano, i greci e i latini
mi chiamavano Dio dei Sogni. Sono entrato nelle case
più signorili e le frequento ancora adesso, so stare con
i piccoli e con i grandi. Adesso prova a raccontare tu!»
e se ne andò col suo ombrello.
«Adesso non si può più neppure dire la propria
opinione!» brontolò il vecchio ritratto.
E Hjalmar si svegliò.
Domenica
«Buona sera» disse Ole Chiudigliocchi e Hjalmar lo
salutò col capo, ma subito saltò fuori dal letto e andò a
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girare il ritratto del bisnonno verso la parete, perché
non potesse intervenire come aveva fatto il giorno
prima.
«Adesso mi devi raccontare le storie dei "Cinque
piselli in un baccello," del "Gallo che faceva la corte
alla gallina" e dell'" Ago da rammendo" che era così
delicato da credere di essere un ago da ricamo!»
«Il troppo stroppia!» esclamò Ole Chiudigliocchi
«preferisco mostrarti qualcosa, e precisamente mio
fratello, che pure si chiama Ole Chiudigliocchi, ma che
non va mai dalle persone più di una volta, e quando ci
va le porta via con sé sul suo cavallo e racconta loro
delle storie; ne conosce soltanto due: una è così
straordinariamente bella che nessuno al mondo se la
può immaginare, e l'altra è così orribile e spaventosa
da non poterla raccontare!» e Ole Chiudigliocchi
sollevò il piccolo Hjalmar fino alla finestra e gli disse:
«Da qui vedrai mio fratello, l'altro Ole Chiudigliocchi;
lo chiamano anche Morte; ma vedrai che non è affatto
brutto come compare sui libri di figure dove è solo uno
scheletro. In realtà ha un abito tutto ricamato
d'argento, una bellissima uniforme da ussaro! Un
mantello di velluto nero vola nel vento, dietro il
cavallo; guarda come va al galoppo!».
E Hjalmar vide come quell'Ole Chiudigliocchi
cavalcava via, prendendo sul cavallo giovani e vecchi.
Alcuni li metteva davanti, altri dietro, ma prima
chiedeva sempre: «Che voti hai preso sulla pagella?».
«Buono» rispondevano tutti, ma lui diceva: «Fatemi
vedere!» e così gli mostravano la pagella, e quelli che
avevano "buono" e "ottimo" erano messi davanti a
ascoltare la bella storia, quelli che invece avevano
meritato "sufficiente" o "scarso" si sedevano dietro a
ascoltare la storia spaventosa; allora tremavano e
piangevano, volevano saltare giù dal cavallo, ma non
potevano farlo: erano come inchiodati.
«La Morte allora è un Ole Chiudigliocchi
straordinario!» esclamò Hjalmar «io non ho affatto
paura di lui!»
«Infatti non ne devi avere!» gli rispose Ole Chiudi
gliocchi. «Basta che tu abbia una bella pagella!»
«Questo sì che è istruttivo!» borbottò il ritratto del
bisnonno «allora è utile dire la propria opinione» e
così si sentì soddisfatto.
Questa è la storia di Ole Chiudigliocchi; questa sera te
ne potrà raccontare altre lui stesso.
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