ARTOM La giornata della fede
Transcript
ARTOM La giornata della fede
Giulio Artom La giornata della Fede 26 maggio 2016 Quasi 13 anni dopo l’ascesa al potere di Mussolini, Andrea De Bustis, allungato sulla poltrona nello studiolo della sua nuova casa milanese, fissava la testa di donna in marmo color avorio di Adolfo Wildt mentre rifletteva sui motivi che lo avevano indotto a mentire alla giovane moglie Anita. I quattro giorni trascorsi a Roma da Andrea a trattare affari con politici imbrillantinati e burocrati untuosi, ad accompagnare Anita per negozi e monumenti, a digerire con fatica il cibo pesante delle trattorie e a trattenere gli sbadigli ascoltando le chiacchere morte dei parenti lo avevano sfinito. Così, quando rimandare parlare la la mattina partenza Mussolini, per Andrea sua moglie andare le gli aveva chiesto a Piazza Venezia a aveva subito risposto di veder che il discorso del Duce sarebbe stato sicuramente trasmesso sul treno dove avrebbero potuto ascoltarlo seduti in prima classe. Era un’invenzione spontaneità bella e e buona, sicurezza, ma che detta Anita da se Andrea la con bevve, tale salvo risentirsi e rimanere imbronciata e silenziosa per tutto il viaggio una volta resasi conto che su quel moderno elettrotreno non era mai esistito alcun impianto di diffusione radio. L’entusiasmo e la cieca fiducia che Anita riponeva nel fascismo e nel suo considerava capo una rendeva frottola imperdonabile innocente, se quella non che Andrea addirittura una celia spiritosa. In ogni caso anche i sentimenti di Andrea nei confronti del regime non erano in discussione, e il giovane imprenditore non dimenticava mai quello che suo padre gli aveva detto prima di lasciargli le redini dell’azienda di famiglia specializzata nella produzione di lucido per scarpe: “Andrea, ricordati sempre che il fascismo per noi rappresenta tutto”. In effetti, ormai da diversi anni, grazie a un’attenta lubrificazione degli ingranaggi giusti, le forniture di lucido alle Forze Armate, alla Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale e all’Opera Nazionale Balilla avevano fatto lievitare 1 Giulio Artom La giornata della Fede 26 maggio 2016 i profitti della Società Anonima De Bustis e accrescere il benessere aspetti della di famiglia. Mussolini che Ciò nonostante continuavano a vi erano lasciare alcuni perplesso Andrea: l’oratoria barocca, la gestualità marcata, le smorfie da maschera tragica. E proprio il discorso del 2 ottobre, in cui il Duce annunciava l’inizio della Guerra d’Abissinia, gli era sembrato esaltazione questi nient’altro che vittimismo. Ma e pensieri situazione: un Andrea concentrandosi “Una nuova compendio sugli guerra di scacciava aspetti significa retorica, regolarmente positivi nuovi della soldati che infangheranno scarpe e stivali, da rendere di nuovo splendenti col lucido De Bustis”. A poco più generale”, di gli un mese dal avvenimenti “Discorso si erano della mobilitazione succeduti repentini: l’esercito italiano sotto il comando del Maresciallo De Bono era penetrato in territorio Etiope come una lama nel burro, aveva occupato Adua e intrapreso la marcia verso Macallè, mentre il Generale Graziani apriva un nuovo fronte nel sud del paese. Contemporaneamente si era però aperto anche un terzo fronte, a Ginevra, quando il 18 novembre la Società delle Nazioni, dopo aver condannato l’attacco italiano comminò al Bel Paese le sanzioni economiche. Un mese dopo, il 18 dicembre 1935, per rispondere all’”obbrobrioso assedio societario”, fu indetta dal Fascismo la “Giornata della fede” in cui gli italiani e soprattutto le italiane erano chiamati a rinunciare al loro oggetto più caro, l’anello nuziale, per donarlo alla Patria e contribuire a sostenere i costi della guerra. A Roma fu la stessa Regina Elena di Savoia ad aprire la cerimonia salendo la scalinata dell’Altare della Patria tra i cori dell’Opera Nazionale Dopolavoro, la Banda dei Carabinieri, bracieri di incenso e crogiuoli fumanti posati su tripodi bronzei e Fasci Littori. Nonostante le insistenze, Anita non era riuscita a convincere Andrea a ritornare nella Capitale e 2 Giulio Artom La giornata della Fede 26 maggio 2016 si dovette accontentare di una cornice più semplice a Milano, presso la Casa del Fascio di Via Nirone, sulla cui facciata campeggiava uno striscione con la scritta “Sanzioni? Chi se ne frega!”. La giornata era fredda, nevischiava, e Andrea indossava un cappotto Chesterfield a doppio petto grigio con collo di velluto e sciarpa in seta, Fedora con falda abbassata e francesine nere lisce con punta dritta. Appena arrivato si rese conto che il suo abbigliamento non era molto coerente con quello di centinaia di popolani, camicie nere e reduci accorsi sul luogo assieme a gruppi di ragazzotti fanatici che scandivano slogan contro “la perenne infamia” e “il crimine assurdo delle sanzioni”. In quell’ambiente a lui così estraneo, Andrea mascherava il disagio con sussiegosa sicumera. Accanto a lui Anita, fasciata in un semplice cappottino di lana autarchica, avanzava austera come una vestale verso il sito delle offerte, un elmetto militare sostenuto da un tripode di fucili con le baionette innestate. Con lentezza solenne, ma senza alcuna esitazione, la giovane donna allungò il braccio e lasciò cadere nell’elmetto i due cerchietti di metallo giallo, ricevendo in cambio due fedi d’acciaio con incisa all’interno la data 18 dicembre XIV° Era Fascista. Mentre si incamminavano verso casa Andrea pensava allo spettacolo di cui era appena stato al tempo stesso spettatore e attore. “Cosa mi accomuna a tutte queste altre persone, così diverse da me per ceto sociale, istruzione, cultura?” Diversamente Anita non era stata colta da richiesto, alcun che dubbio. la Pur privava consapevole per sempre del del sacrificio sacro simbolo dell’amor coniugale, si era recata ad offrire la sua fede alla patria in armi. L’invito del Duce era stato per lei un ordine. “È bastata una squilla…” recitava la scritta su una cartolina propagandistica raffigurante un piccolo balilla con la trombetta che guidava, come il pifferaio magico, una schiera di uomini e donne a donare l’oro alla patria. 3