Dichiarazione verso la pace giusta Dio della vita
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Dichiarazione verso la pace giusta Dio della vita
E cumenismo | consiglio ecumenico delle chiese Dio della vita, guidaci alla giustizia e alla pace CEC – X Assemblea generale; Busan (Corea del Sud), 30.10-8.11.2013 «Coloro che cercano una “pace giusta” perseguono il “bene comune”. Sulla via della pace giusta, diverse discipline trovano un terreno comune, visioni del mondo contrapposte intravedono percorsi di azione complementari e ogni fede è solidale con l’altra». È l’indicazione programmatica di come la pace e la giustizia siano state al centro della X Assemblea del Consiglio ecumenico delle Chiese (CEC), che si è svolta a Busan (Corea del Sud) dal 30 ottobre all’8 novembre 2013. Non ci si è limitati a una riflessione teorica, perché i concetti di pace e giustizia, interconnessi e mai separati tra loro, vengono declinati concretamente a livello della comunità civile, dell’ambiente, del mercato, del rapporto tra le nazioni e dell’uso delle armi. Il messaggio finale ribadisce il filo rosso che richiama l’Assemblea costituente di Amsterdam – dove le Chiese, per la prima volta nella storia, affermarono di voler «stare assieme» –, per procedere oltre: «Vogliamo muoverci insieme. Questa Assemblea vi chiama a unirvi a noi in pellegrinaggio». Tra i testi dell’Assemblea, pubblichiamo di seguito la Dichiarazione sulla via della pace giusta; la Dichiarazione sull’unità; il Messaggio finale. Cf. Regno-att. 22,2013,698. Stampa (24.2.2013) da sito web www.chiese-epace.it. Il Regno - documenti 5/2014 Dichiarazione verso la pace giusta La «pace giusta» è un viaggio nel progetto di Dio per l’umanità e per tutta la creazione. Essa è radicata nell’auto-comprensione delle Chiese, nella speranza di una trasformazione spirituale e nella chiamata a perseguire la giustizia e la pace per tutti. È un viaggio che invita tutti noi a testimoniare con la propria vita. Coloro che cercano una «pace giusta» perseguono il «bene comune». Sulla via della pace giusta, diverse discipline trovano un terreno comune, visioni del mondo contrapposte intravedono percorsi di azione complementari e ogni fede è solidale con l’altra. La giustizia sociale affronta i privilegi, la giustizia economica affronta la ricchezza, la giustizia ecologica le varie forme di consumo e la giustizia politica il potere stesso. La misericordia, il perdono e la riconciliazione diventano esperienze pubbliche condivise. Lo spirito, la vocazione e il processo di pace sono trasformati. Com’è dichiarato nell’Appello ecumenico per una pace giusta (ECJP), intraprendere la strada della «pace giusta» vuol dire entrare in un processo collettivo, dinamico, di base che ha come finalità: liberare gli uomini dalla paura e dal bisogno, superare l’inimicizia, la discriminazione e l’oppressione, stabilire le condizioni per rapporti «giusti» che privilegiano l’esperienza dei più vulnerabili e rispettano l’integrità del creato. Insieme noi crediamo Insieme noi crediamo in Dio, il creatore di ogni forma di vita. Pertanto riconosciamo che ogni essere umano è fatto a immagine e somiglianza di Dio e cerchiamo di essere buoni amministratori del dono della creazione. Nel creare mirabilmente un mondo con più ricchezze naturali di quante fossero necessarie a sostenere innumerevoli generazioni di esseri umani e altri esseri viventi, 179 E cumenismo Dio ha reso manifesta una visione in cui tutte le persone possano vivere nella pienezza della vita e con dignità, senza distinzione di classe, sesso, religione, razza od origine etnica. Insieme noi crediamo in Gesù Cristo, il principe della pace. Perciò noi riconosciamo che l’umanità è riconciliata con Dio, per grazia, e ci sforziamo di vivere riconciliati gli uni con gli altri. La vita e gli insegnamenti, la morte e la risurrezione di Gesù Cristo, indicano la strada verso il regno pacifico di Dio. Nonostante la persecuzione e la sofferenza, Gesù resta saldo nel suo stile di umiltà e di non violenza attiva, fino alla morte. La sua vita d’impegno per la giustizia conduce alla croce, strumento di tortura e di esecuzione. Con la risurrezione di Gesù, Dio conferma che un tale amore, una tale obbedienza e una tale fiducia conducono alla vita. Per grazia di Dio, anche noi diventiamo capaci di prendere la via della croce, essere discepoli e portarne le conseguenze. Insieme noi crediamo nello Spirito Santo, colui che dà e sostiene tutta la vita. Pertanto riconosciamo la presenza santificante di Dio in tutta la vita, ci sforziamo di proteggere la vita e di guarire le vite spezzate. Sulla base dell’insegnamento di san Paolo, «sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino a oggi» (Rm 8,22) e, come spiega san Pietro: «Noi infatti, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia» (2Pt 3,13), possiamo affermare che lo Spirito Santo ci assicura che il Dio uno e trino perfezionerà e completerà tutta la creazione, alla fine dei tempi. In questo riconosciamo la giustizia e la pace sia come promessa sia come già presenti, sia come speranza per il futuro sia come benedizione qui e ora. Insieme, noi crediamo che la Chiesa è chiamata all’unità. Perciò riconosciamo che le Chiese debbano essere comunità giuste e pacifiche, riconciliate con le altre Chiese. Fondati nella pace di Dio e rafforzati attraverso l’opera riconciliatrice di Cristo, possiamo essere «agenti di riconciliazione e di pace con la giustizia nelle case, nelle Chiese e nelle società, nonché nelle strutture politiche, sociali ed economiche a livello globale» (cf. Consiglio ecumenico delle Chiese, VIII Assemblea generale, Volgiamoci a Dio. Esultiamo nella speranza, Harare, 8-13 dicembre 1998, in EO 5/1926ss). Insieme chiediamo La via della «pace giusta» fornisce un orizzonte di riferimento ecumenico complessivo e coerente per una riflessione, una spiritualità e un impegno attivo per costruire la pace. La pace giusta nella comunità, così che tutti possano vivere liberi dalla paura Molte comunità sono divise per classe economica, razza, colore, casta, sesso e religione. Violenza, intimidazione, abuso e sfruttamento prosperano all’ombra delle divisioni e delle disuguaglianze. La violenza domestica è una tragedia nascosta nelle società in tutto il mondo. 180 Il Regno - documenti 5/2014 Per costruire la pace nelle nostre comunità, dobbiamo rompere la cultura del silenzio sulla violenza in casa, nelle parrocchie e nella società. Là dove i gruppi religiosi vivono separati dalla società, noi dobbiamo unirci con le altre fedi per insegnare e sostenere la tolleranza, la non violenza, il rispetto reciproco; così come i leader cristiani e musulmani in Nigeria stanno facendo con il sostegno del movimento ecumenico. Le Chiese locali che lavorano per la pace rafforzano l’impegno della Chiesa internazionale per la pace, e viceversa. L’Advocacy ecumenica presso la Corte penale internazionale è una delle ragioni per cui almeno alcuni criminali di guerra oggi sono messi di fronte alla legge in una corte di giustizia; un passo storico nel diritto. Le Chiese possono aiutare a costruire culture di pace, imparando a prevenire e trasformare i conflitti. In questo modo esse possono aiutare le persone ai margini della società, stimolare sia le donne sia gli uomini a essere operatori di pace, sostenere i movimenti non violenti per la giustizia e i diritti umani, sostenere coloro che sono perseguitati per il loro rifiuto di imbracciare le armi per motivi di coscienza, offrire un sostegno a coloro che hanno vissuto conflitti armati, e infine dare all’educazione alla pace il giusto posto nelle Chiese e nelle scuole. La pace giusta con il creato, così che la vita possa continuare Gli esseri umani devono rispettare, proteggere e curare la natura. Eppure il nostro eccessivo consumo di combustibili fossili e di altre risorse sta facendo grande violenza a interi popoli e al pianeta. Il cambiamento climatico, conseguenza degli stili di vita dell’uomo e delle politiche nazionali, costituisce una minaccia globale per la giustizia e la pace. Il Consiglio ecumenico delle Chiese (CEC-WCC) è stato tra i primi a mettere in guardia sui pericoli del cambiamento climatico. Ora, dopo 20 anni di denuncia, le Chiese hanno contribuito a portare la giustizia ecologica nel dibattito internazionale sui cambiamenti climatici. La preoccupazione per l’ecogiustizia è ormai evidente, così come l’attenzione per le vittime dei cambiamenti climatici nei negoziati internazionali e presso il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite. L’incontro della X Assemblea del CEC a Busan ha ribadito con forza l’impegno ecumenico per la giustizia climatica. «Eco-congregazioni» e «chiese verdi» sono segni di speranza. Le Chiese e le parrocchie di molti paesi di tutto il mondo stanno collegando fede ed ecologia, studiando le questioni ambientali, monitorando le emissioni di carbonio e unendosi all’azione di Advocacy del CEC verso i Governi per ridurre le emissioni di gas a effetto serra. Alcuni Governi, come l’amministrazione della città di Seoul, stanno collaborando con le Chiese locali per aiutare l’estesissima capitale della Corea a risparmiare energia e riciclare i rifiuti. Sulla scia del disastro di Fukushima, cristiani e buddhisti, già uniti contro le armi nucleari, sono ora uniti contro le centrali nucleari. Essi stanno alzando una voce forte e profetica per un mondo libero dal nucleare. Per prendersi cura del prezioso dono della creazione di Dio, la riforma degli stili di vita e la ricerca della giustizia ecologica sono elementi chiave di una pace giusta. È necessaria un’azione di Advocacy ecumenica in modo che i Governi, le imprese e i consumatori proteggano l’ambiente e lo preservino per le generazioni future. La pace giusta nel mercato, così che tutti possano vivere con dignità C’è qualcosa di profondamente sbagliato quando la ricchezza delle tre persone più ricche del mondo è superiore al prodotto interno lordo (PIL) dei 48 paesi più poveri del mondo. Tale profonda ingiustizia socio-economica solleva gravi interrogativi circa una crescita economica che ignora la responsabilità sociale e ambientale. Tali disparità pongono sfide fondamentali per la giustizia, la coesione sociale e il bene pubblico all’interno di quella che è diventata una comunità umana globale. Le Chiese dovrebbero essere fortemente impegnate per la giustizia economica. Il CEC e le sue Chiese membro si uniscono con i movimenti popolari e con altre associazioni nella società civile per sfidare la povertà, la disuguaglianza e il degrado ambientale. L’analisi delle Chiese sulla ricchezza e sulla povertà ha portato a una forte sottolineatura ecumenica sulla «sufficienza economica» e a una forte critica alla cupidigia. Alcune Chiese hanno ora sviluppato indicatori per testare quanto gli individui, le società e le nazioni condividano gli abbondanti doni di Dio. Stabilire «economie di vita» è una chiave per costruire la pace nel mercato. Economie di vita promuovono l’uso attento delle risorse, la produzione e il consumo sostenibili, la crescita redistributiva, i diritti dei lavoratori, le tasse eque, il commercio equo e solidale, il diritto e l’accesso universale all’acqua pulita, all’aria pulita e ad altri beni comuni. Strutture di regolamentazione devono ricollegare la finanza non solo alla produzione economica, ma anche ai bisogni umani e alla sostenibilità ecologica. Rispondere con equità alle diverse dimensioni del lavoro è sempre più importante nei nostri tempi. La pace giusta tra le nazioni, così che le vite umane siano protette La storia ha visto grandi progressi nello stato di diritto e in altri sistemi di protezione per l’umanità. Eppure la situazione attuale della razza umana è in almeno due punti assolutamente inedita. Ora come non mai l’umanità è in grado di distruggere la maggior parte del pianeta attraverso la minaccia ambientale. Inoltre un piccolo numero di persone è in grado di annientare intere popolazioni con armi nucleari. Le minacce radicali di ecocidio e di genocidio impongono a tutti noi un impegno altrettanto radicale per la pace. C’è un grande potenziale per la costruzione della pace nella nostra natura. Le Chiese riunite nel CEC sono in una posizione ottimale per portare avanti azioni collettive in un mondo dove le maggiori minacce alla pace possono essere risolte solo a livello transnazionale. Su questa base, una rete diversificata di Chiese membro del CEC e di ministeri a esse collegati ha sostenuto con successo il primo Trattato globale sul commercio delle armi. La testimonianza delle Chiese nelle comunità dilaniate dalla guerra è stata udita molto in alto. Chiese di diverse regioni, per la prima volta, hanno fatto pressione sui Governi di queste regioni in guerra per concordare un trattato per disciplinare il commercio di armi. Un approccio simile è ora in corso per la costruzione di un movimento inter-regionale per rendere illegali le armi nucleari; un obiettivo coerente con le richieste dell’Assemblea di Vancouver (cf. Consiglio ecumenico delle Chiese, VI Assemblea generale, Gesù Cristo vita del mondo, Vancouver, 24 luglio-10 agosto 1983; EO 5/1089ss): – dichiarare la produzione, la distribuzione e l’uso di armi nucleari «un crimine contro l’umanità»; – affermare che «la questione delle armi nucleari è, intrinsecamente e come minaccia per l’umanità, una questione di etica cristiana e di fedeltà al Vangelo». Per la pace tra le nazioni, le Chiese devono lavorare insieme per rafforzare i diritti umani internazionali e il diritto umanitario, promuovere i negoziati multilaterali per risolvere i conflitti, supportare i Governi responsabili di garantire la tutela dei trattati, contribuire a eliminare tutte le armi di distruzione di massa e premere per la riassegnazione dei bilanci militari non necessari a esigenze civili. Dobbiamo unire le altre comunità di fede e le persone di buona volontà per ridurre le capacità militari nazionali e delegittimare l’istituzione della guerra. Insieme ci impegniamo La pace costituisce un modello di vita che riflette la partecipazione umana all’amore di Dio per tutta la creazione. Insieme ci impegniamo a condividere l’amore di Dio per il mondo cercando la pace e proteggendo la vita. Ci impegniamo a trasformare il modo di pensare la pace, il modo di pregare per la pace, il modo di insegnare la pace ai giovani e meno giovani e ci impegniamo ad approfondire le nostre riflessioni teologiche sulla promessa e la pratica della pace. Insieme ci impegniamo a costruire culture di pace nelle famiglie, nella Chiesa e nella società. Ci impegniamo a «mettere in movimento» i doni all’interno della nostra comunione di Chiese al fine di alzare la voce collettiva per la pace in molti paesi. Insieme ci impegniamo a proteggere la dignità umana, a praticare la giustizia nelle nostre famiglie e comunità, a trasformare i conflitti senza violenza e a bandire tutte le armi di distruzione di massa. Siamo consapevoli che la tutela della vita umana è un obbligo collettivo, oggi come mai prima nella storia. Ci impegniamo ad abbandonare i modelli di consumo che stanno modificando il pianeta come vettori della crescita economica, e rifiutiamo di accettare che la sicurezza di qualsiasi nazione dia la possibilità di annientare le altre nazioni o di colpire presunti nemici ovunque sulla terra. Ribadiamo l’Appello ecumenico per una pace giusta in cui si afferma: «La vita nelle mani di Dio è incomprimibile, ma non Il Regno - documenti 5/2014 181 E cumenismo regna ancora la pace. I principati e le potestà, pur non sovrani, riportano ancora le loro vittorie e noi saremo inquieti e lacerati finché non prevarrà la pace. Perciò la nostra costruzione della pace dovrà necessariamente sia da un lato criticare, denunciare, perorare e resistere sia dall’altro proclamare, rafforzare, consolare, riconciliare e guarire. Gli operatori di pace parleranno contro e parleranno a favore, demoliranno e costruiranno, faranno il lamento e la festa, il lutto e i canti di gioia. Finché il nostro anelito non si congiungerà con la realtà cui apparteniamo nel coronamento di tutte le cose in Dio, il lavoro per la pace continuerà come bagliore di grazia sicura» (cf. Regno-doc. 13,2011,433ss). Insieme raccomandiamo che il CEC: a. Intraprenda, in collaborazione con le Chiese membro e i ministeri specializzati, un’analisi critica della «responsabilità di prevenire, reagire e ricostruire» nella sua relazione con la pace giusta, e nel suo uso improprio per giustificare interventi armati. b. Favorisca e accompagni i ministeri e le reti ecumeniche di pace giusta nella pratica della prevenzione della violenza, nella non violenza come stile di vita, nella Advocacy collettiva e nell’avanzamento delle norme internazionali, dei trattati e del diritto. c. Incoraggi le Chiese membro a impegnarsi in programmi di cooperazione interreligiosa al fine di affrontare i conflitti nelle società multi-etniche e multireligiose. d. Richieda alle Chiese membro e ai partner di sviluppare strategie di comunicazione che sostengano la giustizia e la pace, proclamino la speranza di una trasformazione e parlino con parresia al potere. e. Faciliti un programma di riflessione e di azione nelle Chiese membro e nelle relative reti per costruire comunità sostenibili e portare a riduzioni collettive delle emissioni di carbonio e dell’uso di energia, promuovendo l’uso di energie alternative, rinnovabili e pulite. f. Elabori linee guida all’interno del concetto di «economie di vita» per la giusta condivisione di risorse e la prevenzione della violenza strutturale, definendo indicatori e parametri di riferimento utilizzabili. g. Convochi Chiese e organizzazioni collegate per lavorare insieme per la protezione dei diritti umani attraverso organismi previsti dai trattati internazionali e il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite; per lavorare per l’eliminazione del nucleare e di tutte le altre armi di distruzione di massa, in collaborazione con la Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari, e per promuovere la ratifica del Trattato sul commercio delle armi da parte dei loro rispettivi Governi e per monitorare la sua attuazione. h. Confermi la sua policy esistente (studio del 2009) e riaffermi il suo sostegno per il diritto umano di obiezione di coscienza al servizio militare per motivi religiosi, morali o etici, poiché le Chiese hanno l’obbligo di sostenere chi è in prigione perché si oppone al servizio militare. 182 Il Regno - documenti 5/2014 Raccomandiamo che i Governi: a. Adottino entro il 2015 e avviino l’attuazione di normative vincolanti con obiettivi definiti per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, in linea con le raccomandazioni contenute nella relazione 2013 del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici. b. Negozino e stabiliscano un divieto per la produzione, la distribuzione, il trasferimento e l’uso di armi nucleari in conformità con il diritto internazionale umanitario. c. Assicurino che tutte le rimanenti scorte di armi chimiche siano distrutte sotto i termini della Convenzione sulle armi chimiche e che le munizioni a grappolo siano distrutte il più presto possibile ai sensi della Convenzione internazionale sulle munizioni a grappolo. d. Dichiarino il loro sostegno a una messa al bando preventiva dei droni e di altri sistemi di armi robotiche, in grado di selezionare e colpire obiettivi senza l’intervento umano durante il funzionamento in modalità completamente autonoma. e. Riassegnino bilanci militari nazionali ai bisogni umanitari e di sviluppo, alla prevenzione dei conflitti e a iniziative civili di costruzione della pace. f. Ratifichino e applichino il Trattato sul commercio delle armi (ATT) entro il 2014 e su base volontaria includano tipi di arma non coperti dall’ATT. Dio della vita guida i nostri passi sulla via della pace giusta! Dichiarazione sull’unità 1. «In principio Dio creò il cielo e la terra» (Gen 1,1). La creazione è un dono del Dio vivente. Noi celebriamo la vita della creazione nella sua diversità e rendiamo grazie per la sua bontà. È volontà di Dio che l’intera creazione, riconciliata nell’amore di Cristo attraverso il potere trasformatore dello Spirito Santo, viva insieme nell’unità e nella pace (cf. Ef 1). La nostra esperienza 2. Oggi, l’intera creazione, il mondo e i suoi abitanti vivono nella tensione fra la più grande speranza e la più profonda disperazione. Noi rendiamo grazie per la diversità delle culture umane, per le meraviglie della conoscenza e della scoperta, per l’entusiasmo e la vivacità di molti giovani, per le comunità che si ricostruiscono e i nemici che si riconciliano, per le persone che sono guarite e le popolazioni che sono nutrite. Ci rallegriamo quando persone di fedi diverse lavorano insieme per la giustizia e per la pace. Questi sono segni di speranza e di nuovi inizi. Ma ci rattristiamo perché ci sono ancora luoghi dove i bambini di Dio piangono. L’ingiustizia economica e sociale, la povertà e la fame, la cupidigia e la guerra devastano il nostro mondo. Ci sono violenza, terrorismo, minacce di guerra, in particolare di guerra nucleare. Numerose sono le persone che vivono con HIV e AIDS e che soffrono per altre epidemie; le popolazioni sfollate, le cui terre sono state espropriate. Molte donne e bambini, come anche alcuni uomini, sono vittime della violenza, della diseguaglianza e del traffico di esseri umani. Ci sono persone emarginate ed escluse. Tutte e tutti rischiamo di diventare estranei alle nostre culture e scollegati dalla terra. La creazione è stata vittima di abusi e dobbiamo affrontare ciò che minaccia l’equilibrio della vita, una crisi ecologica sempre più grave e gli effetti del cambiamento climatico. Questi sono segni delle relazioni disordinate con Dio, degli uni con gli altri e con la creazione, e noi confessiamo che esse disonorano il dono del Dio della vita. 3. All’interno delle Chiese sperimentiamo una tensione simile fra gioia e dolore. Ci sono segni di una vita animata e di un’energia creatrice nella crescita delle comunità cristiane nel mondo intero con ricche diversità. In alcune Chiese c’è una profonda consapevolezza di aver bisogno le une delle altre e di essere chiamate da Cristo a essere in unità. Nei luoghi dove le Chiese sperimentano l’angoscia e la costante paura della persecuzione, la solidarietà fra cristiani di diverse tradizioni nel servizio della giustizia e della pace è un segno della grazia di Dio. Il movimento ecumenico ha incoraggiato nuove forme di amicizia, creando un terreno che favorisce la crescita dell’unità. Ci sono luoghi dove i cristiani lavorano e sono testimoni insieme, nelle loro comunità e in nuovi accordi regionali di alleanza, di una più stretta comunione e di unioni di Chiese. Sempre di più riconosciamo che siamo chiamati a condividere con, e a imparare da, persone di altre fedi, a lavorare con loro negli sforzi comuni per la giustizia e la pace e per preservare l’integrità della creazione di Dio bella, ma sofferente. Queste relazioni più profonde creano nuove sfide e allargano i nostri orizzonti. 4. Siamo anche afflitti dalle dolorose situazioni in cui la diversità è diventata divisione e non riconosciamo sempre il viso di Cristo nell’altro. Non possiamo riunirci intorno alla tavola nella comunione eucaristica. Rimangono questioni che dividono. Nuove questioni portano sfide taglienti che creano nuove divisioni dentro e fra le Chiese. Queste devono essere affrontate nella comunione delle Chiese per mezzo del discernimento che porta al consenso. Noi tendiamo facilmente a rinchiuderci nelle nostre tradizioni e comunità, senza lasciarci stimolare e arricchire dai doni che gli altri ci porgono. Talvolta sembra che abbracciamo una nuova vita di fede piena di creatività, ma che non include la passione per l’unità, né il desiderio di essere in comunione gli uni con gli altri. Questo ci rende più disposti a tollerare l’ingiustizia e persino i conflitti dentro le Chiese e fra di loro. Dato che alcuni divengono stanchi e delusi, noi stessi siamo frenati nel cammino ecumenico. 5. Non diamo sempre onore a Dio che è la sorgente della nostra vita. Ogni volta che abusiamo della vita con pratiche di esclusione ed emarginazione, con il rifiuto di seguire la giustizia, con la renitenza a vivere in pace, l’incapacità di cercare l’unità e lo sfruttamento della creazione, noi rigettiamo i doni che Dio ci porge. La nostra visione comune delle Scritture 6. Quando leggiamo insieme le Scritture sotto la guida dello Spirito, i nostri occhi si aprono a cogliere il posto della comunità del popolo di Dio nella creazione. Uomini e donne sono creati a immagine e somiglianza di Dio ed è loro data la responsabilità di prendersi cura della vita. L’alleanza con Israele segna un momento decisivo nello svolgimento del piano di salvezza di Dio. I profeti chiamano il popolo alleato di Dio a lavorare per la giustizia e per la pace, a prendersi cura dei poveri, dei reietti, degli emarginati e a essere luce per le nazioni (cf. Mi 6,8; Is 49,6). 7. Dio ha inviato Gesù Cristo, la Parola incarnata di Dio (cf. Gv 1,18). Attraverso il suo ministero e la sua morte in croce Gesù ha distrutto i muri di separazione e di ostilità, ha stabilito una nuova alleanza e instaurato unità e riconciliazione autentiche nel suo corpo (cf. Ef 1,9-10; 2,14-16). Egli ha annunciato il regno di Dio che viene, ha avuto compassione delle folle, ha guarito i malati e predicato la buona novella ai poveri (cf. Mt 9,35-36; Lc 4,14-24). Egli ha porto la mano ai disperati, ai peccatori, allo straniero, offrendo accoglienza e redenzione. Con la sua vita, la morte e la risurrezione e col potere dello Spirito Santo Gesù ha rivelato la comunione della vita di Dio santa Trinità e ha aperto a tutti un nuovo modo di vita in comunione gli uni con gli altri nell’amore di Dio (cf. 1Gv 1,1-3). Gesù ha pregato per l’unità dei suoi discepoli per la salvezza del mondo (cf. Gv 17,20-24). Egli ha affidato il suo messaggio e il suo ministero di unità e di riconciliazione ai suoi discepoli e attraverso loro alla Chiesa che è chiamata a continuare la sua missione (cf. 2Cor 5,18-20). Fin dai primi tempi la comunità dei credenti ha vissuto insieme, perseverando nell’insegnamento degli apostoli e nella vita in comune, spezzando il pane e pregando insieme, prendendosi cura dei poveri e proclamando la buona novella, pur lottando con le fazioni e le divisioni (cf. At 2,4 e 15). 8. La Chiesa, come corpo di Cristo, incarna l’amore di Gesù per l’unità e la riconciliazione fino al sacrificio di sé sulla croce per il mondo – una verità rivelata a noi e attraverso di noi. Al cuore della vita stessa di comunione di Dio c’è per sempre una croce e per sempre la risurrezione. Noi preghiamo e attendiamo con impazienza che Dio rinnovi l’intera creazione (cf. Rm 8,19-21). Dio è sempre là, davanti a noi, nel nostro pellegrinaggio e ci sorprende sempre, perdona i nostri errori e ci offre il dono della vita nuova. La chiamata di Dio all’unità oggi 9. Nel nostro cammino ecumenico siamo giunti a comprendere meglio la chiamata di Dio alla Chiesa, perché serva l’unità di tutta la creazione. La vocazione della Chiesa è di essere: pregustazione della nuova crea- Il Regno - documenti 5/2014 183 E cumenismo zione, segno profetico per il mondo intero della vita che Dio vuole per tutti e tutte; e serva che predica la buona novella del regno di giustizia, di pace e di amore di Dio. 10. Come pregustazione, la Chiesa riceve da Dio doni di grazia: la parola, testimoniata nella sacra Scrittura alla quale siamo invitati a rispondere con la fede nella potenza dello Spirito Santo; il battesimo, nel quale siamo fatti nuova creazione in Cristo; l’eucaristia, la più profonda espressione della comunione con Dio e degli uni con gli altri, che edifica la comunità e dalla quale siamo mandati in missione; un ministero apostolico per favorire l’espressione e lo sviluppo dei doni di tutti i fedeli e per guidare la missione della Chiesa. Le riunioni conciliari sono anch’esse doni che, con la guida dello Spirito, favoriscono la comunione per discernere la volontà di Dio, per insegnare insieme e per vivere una vita di sacrificio, servendo alle necessità gli uni degli altri e del mondo. L’unità della Chiesa non è uniformità, anche la diversità è un dono creativo e portatore di vita. Ma la diversità non può essere tanto grande che quelli che sono in Cristo divengano stranieri e nemici gli uni agli altri, fino ad attentare alla realtà unificante della vita in Cristo.1 11. Come segno profetico, la vocazione della Chiesa è quella di manifestare la vita che Dio vuole per l’intera creazione. Difficilmente siamo un segno credibile finché permangono le nostre divisioni che nascono da disaccordi fondamentali sulla fede. L’emarginazione e le divisioni fondate sulle origini etniche, la razza, il genere, gli handicap, il potere, lo status, la casta, e altre forme di discriminazione ugualmente oscurano la testimonianza della Chiesa all’unità. Per essere un segno credibile la nostra vita insieme deve riflettere le qualità della pazienza, umiltà, generosità, attento ascolto gli uni degli altri, mutua responsabilità, inclusività e una volontà di restare insieme, senza dire: «Non ho bisogno di te» (1Cor 12,21). Siamo chiamati a essere una comunità che difende la giustizia nella propria vita, che coabita in pace e che non si accontenta mai della pace facile che riduce al silenzio le proteste e il dolore, ma lotta per la pace vera che accompagna la giustizia. Soltanto quando i cristiani saranno riconciliati e rinnovati dallo Spirito di Dio, la Chiesa porterà autentica testimonianza della possibilità di una vita riconciliata per ogni persona e per tutta la creazione. È spesso nella sua debolezza e povertà, soffrendo come soffre Gesù, che la Chiesa è veramente segno e mistero della grazia di Dio.2 12. Come serva, la Chiesa è chiamata a rendere presente il piano di Dio – che è santo, è di amore e afferma la vita per il mondo – rivelato in Gesù Cristo. Per la sua stessa natura la Chiesa è missionaria, chiamata e inviata a testimoniare il dono della comunione che Dio vuole per tutta l’umanità e tutta la creazione nel regno di Dio. In questo lavoro di missione olistica – evangelizzazione e diaconia fatte secondo la via di Cristo – la Chiesa contribuisce a offrire la vita di Dio al mondo.3 Per la potenza dello Spirito la Chiesa deve proclamare la buona novella in modi che suscitino una risposta in differenti contesti, linguaggi e culture, deve realizzare la giustizia di Dio e lavorare per la pace di Dio. I cristiani sono chiamati a fare causa comune con i popoli di altre fedi, o privi di fede, nella misura del possibile, per il benessere di tutti i popoli e della creazione. 184 Il Regno - documenti 5/2014 13. L’unità della Chiesa, l’unità della comunità umana e l’unità di tutta la creazione sono interconnesse. Cristo che ci rende uno ci chiama a vivere nella giustizia e nella pace, e ci spinge a lavorare insieme per la giustizia e la pace nel mondo di Dio. Il piano che Dio ci ha fatto conoscere in Cristo è, nella pienezza dei tempi, di raccogliere tutte le cose in Cristo, «quelle nei cieli e quelle sulla terra» (Ef 1,10). Il nostro impegno 14. Noi affermiamo il posto della Chiesa nel disegno di Dio e ci pentiamo delle divisioni dentro e fra le nostre Chiese, confessando con dolore che la nostra disunione mina la nostra testimonianza alla buona novella di Gesù Cristo e rende meno credibile la nostra testimonianza a quell’unità che Dio desidera per tutti. Noi confessiamo la nostra incapacità di fare giustizia, operare per la pace e assicurare la perennità alla creazione. Malgrado i nostri fallimenti, Dio è fedele e indulgente e continua a chiamarci all’unità. Avendo fede nel potere creatore e ricreatore di Dio, aspiriamo a che la Chiesa sia una pregustazione, un segno credibile e un’efficace serva della nuova vita che Dio offre al mondo. È in Dio, che ci chiama alla vita in tutta la sua pienezza, che si rinnovano gioia, speranza e passione per l’unità. Perciò ci esortiamo gli uni gli altri a rimanere impegnati a conseguire lo scopo primario della comunione delle Chiese nel Consiglio ecumenico delle Chiese: «Chiamarsi a vicenda all’unità visibile in un’unica fede e in un’unica comunione eucaristica, espresse nel culto e nella vita comune in Cristo, mediante la testimonianza e il servizio al mondo e [di] avanzare verso quest’unità affinché il mondo creda».4 Affermiamo l’unicità della nostra comunione e il convincimento di voler ricercare insieme l’unità visibile della Chiesa, grati per la nostra diversità e consapevoli del nostro bisogno di crescere nella comunione. 15. In fedeltà a questa comune chiamata noi ricercheremo insieme la piena unità visibile della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica quando esprimeremo la nostra unità attorno all’unica tavola del Signore. Nel promuovere l’unità della Chiesa apriremo noi stessi a ricevere i doni di ogni altra tradizione e offriremo i nostri doni gli uni agli altri. Impareremo a commemorare insieme i martiri che hanno testimoniato la nostra fede comune. Continueremo le conversazioni teologiche facendo attenzione alle nuove voci e ai diversi metodi di approccio. Cercheremo di vivere le conseguenze dei nostri accordi teologici. Intensificheremo il nostro lavoro per la giustizia, la pace e la guarigione della creazione e affronteremo insieme le complesse sfide dei problemi sociali, economici e morali del nostro tempo. Ci sforzeremo di trovare modi di vivere insieme più giusti, più partecipativi e più inclusivi. Faremo causa comune con le comunità di altre fedi per il benessere dell’umanità e della creazione. Noi ci considereremo reciprocamene responsabili per l’adempimento di questi impegni. Soprattutto pregheremo incessantemente per l’unità per la quale ha pregato Gesù (cf. Gv 17): un’unità di fede, d’amore e di compassione che Gesù ha portato col suo ministero, un’unità simile all’unità che Cristo condivide col Padre, un’unità avvolta nella comunione della vita e dell’amore del Dio trino. Qui noi riceviamo il mandato per la vocazione della Chiesa all’unità nella missione e nel servizio. 16. Ci rivolgiamo a Dio, sorgente di ogni vita, e preghiamo: Dio della vita, guidaci alla giustizia e alla pace, le persone che soffrono possano conoscere la speranza; il mondo ferito trovi la guarigione; le Chiese divise giungano all’unità visibile, per mezzo dell’uno che ha pregato per noi e nel quale noi siamo un solo corpo, tuo Figlio Gesù Cristo che con te e lo Spirito Santo è degno di essere lodato, un solo Dio, ora e sempre. Amen. Messaggio finale Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, ci visiterà un sole che sorge dall’alto, per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte, e dirigere i nostri passi sulla via della pace (Lc 1,78-79) Care sorelle e cari fratelli, vi salutiamo nel nome di Cristo. 1. Ci siamo riuniti nella Repubblica di Corea per la X Assemblea del Consiglio ecumenico delle Chiese (30 ottobre-8 novembre 2013). Provenendo da 345 Chiese membri dell’unione fraterna (fellowship) e da organizzazioni appartenenti al movimento ecumenico, ci siamo uniti in preghiera, abbiamo condiviso vicende delle nostre comunità locali e abbiamo appreso con commozione forti messaggi di lotta e speranza. Ringraziamo per le molte dichiarazioni di impegno rilasciate. Il nostro pellegrinaggio comune ha sviluppato il tema: «Dio della vita, guidaci alla giustizia e alla pace». 2. Nella città di Busan, abbiamo camminato insieme lungo una strada di trasformazione: preghiamo che, mentre veniamo noi stessi trasformati, Dio faccia di noi strumenti di pace. Molti di noi hanno visitato altre parti della Corea dove abbiamo constatato le ferite aperte di una società dilaniata da conflitti e divisioni. Quanto necessaria la giustizia per la pace, la riconciliazione per la guarigione e un cambiamento del cuore perché il mondo sia completamente risanato! Abbiamo tratto incoraggiamento dalle Chiese attive e impegnate che abbiamo incontrato; il loro lavoro porta frutti abbondanti. 3. Condividiamo la nostra esperienza nella ricerca di unità in Corea come segno di speranza nel mondo. Questo non è l’unico paese in cui i popoli sono divisi, nella povertà e nella ricchezza, nella felicità e nella violenza, nel benessere e nella guerra. Non ci è consentito chiudere gli occhi di fronte a queste dure realtà o esimerci dal collaborare all’opera trasformatrice di Dio. In quanto unione fraterna (fellowship), il Consiglio ecumenico delle Chiese conferma la solidarietà con la popolazione e con le Chiese della penisola coreana e con tutti coloro che lottano per la giustizia e per la pace. 4. Dio nostro creatore è la sorgente di ogni vita. Nell’amore di Gesù Cristo e per la misericordia dello Spirito Santo noi, come comunione dei figli di Dio, operiamo insieme in vista del compimento del Regno. Chiedendo la grazia a Dio siamo chiamati, nella nostra diversità, a essere giusti amministratori della creazione di Dio. Questa è la visione del nuovo cielo e della nuova terra dove Cristo sarà «il perfetto compimento di tutte le cose» (Ef 1,23). 5. Viviamo in un tempo di crisi globale. Dobbiamo affrontare sfide economiche, ecologiche, socio-politiche e spirituali. Nell’oscurità e nell’ombra della morte, nella sofferenza e nella persecuzione, quanto è prezioso il dono di speranza del Signore risorto! Con la fiamma dello Spirito nei nostri cuori, preghiamo Cristo di illuminare il mondo: che la sua luce orienti l’intera nostra vita verso la cura dell’intera creazione e affermi che tutte le persone sono create a immagine di Dio. Ascoltando le voci che spesso ci giungono dagli emarginati, proponiamoci di condividere gli insegnamenti di speranza e di perseveranza. Impegniamoci nuovamente a operare per la liberazione e ad agire in modo solidale. Possa la parola di Dio illuminarci e guidarci nel nostro cammino. 6. Intendiamo agire insieme. Spronati dalle esperienze vissute a Busan, sproniamo a nostra volta tutte le persone di buona volontà a impegnarsi con i propri doni ricevuti da Dio a compiere azioni trasformatrici. Questa Assemblea vi invita a unirvi a noi nel pellegrinaggio. Possano le Chiese essere comunità di guarigione e compassione e possa la buona novella essere seminata da noi in modo che la giustizia cresca e la profonda pace di Dio abbracci il mondo. «Beati coloro che osservano il diritto e agiscono con giustizia in ogni tempo» (Sal 106,3). Dio della vita, guidaci alla giustizia e alla pace! 1 Noi preghiamo che nel momento in cui le nostre Chiese rispondono al documento di Fede e costituzione: La Chiesa: verso una visione comune (cf. Regno-doc. 19,2013,577ss), possiamo sperare di capire qualcosa di più dell’unità a cui Dio ci chiama a vivere nel e per il mondo. 2 Esprimiamo la nostra gratitudine ai numerosi programmi del CEC che ci hanno aiutato a comprendere ciò che significa essere una comunità fedele dove si affrontano e si superano le divisioni etniche, di razza, di sesso, di potere e di status. 3 Noi ringraziamo per tutto ciò che abbiamo imparato nel corso del «Decennio ecumenico per sconfiggere la violenza» riguardo la pace giusta nell’ottica di Dio, che è riassunto nel documento della Commissione Missione ed evangelizzazione intitolato: Insieme verso la vita – Missione ed evangelizzazione in contesti in evoluzione. 4 Costituzione e Regole del Consiglio ecumenico delle Chiese emendato dalla IX Assemblea, Porto Alegre, Brasile 2006, III: La nostra visione e i nostri obiettivi (cf. Regno-doc. 9,2006,330). Noi ricordiamo le parole della I Assemblea del Consiglio ecumenico delle Chiese nel 1948 ad Amsterdam: «Qui ad Amsterdam nel costituire il Consiglio ecumenico delle Chiese (...) ci siamo legati gli uni agli altri. Noi intendiamo restare uniti». Il Regno - documenti 5/2014 185