Forum economico Italia-Cina

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Forum economico Italia-Cina
NOTA PER LA STAMPA
Sintesi dell’intervento del Direttore generale ABI, Giovanni Sabatini
al Forum economico Italia-Cina - Pechino, 4 giugno 2010
L’impegno per l’internazionalizzazione
Da oltre cinque anni l’ABI lavora al fianco di ICE e Confindustria per promuovere
l’internazionalizzazione dell'economia italiana. Questo impegno si è tradotto in numerose iniziative e
missioni di sistema realizzate in oltre 30 Paesi di quattro continenti.
In Cina torniamo per la terza volta dal 2004 con una delegazione di nove dei principali gruppi bancari
italiani che rappresentano due terzi del settore. L’obiettivo, condiviso con imprese ed istituzioni, è di
rafforzare le relazioni commerciali e produttive in questo mercato strategico.
Il contesto macroeconomico
Per il 2010 e il 2011 il Fondo Monetario Internazionale prevede una crescita del PIL mondiale di oltre il
4%: si tratta tuttavia di una crescita a velocità multiple, con traiettorie divergenti tra economie avanzate e
mercati emergenti. L’area euro, con un tasso atteso per il prossimo biennio dell’1-1,5%, presenta un alto
grado di vulnerabilità ed una ripresa ancora fragile per le difficili condizioni finanziarie dell'Unione
Europea ed il limitato margine di manovra per gli interventi a sostegno all’economia. Diverso lo scenario
per i mercati emergenti: l’area asiatica crescerà ad un ritmo medio del 7%, mentre la Cina arriverà al 10%.
In questa regione, infatti, gli effetti della crisi internazionale sono stati meno severi e contrastati in modo
efficace da politiche fiscali e monetarie espansive. In particolare, la performance cinese si è rivelata di gran
lunga superiore alle aspettative, raggiungendo l’11,9% nel primo trimestre del 2010. L’interscambio con
l’estero è cresciuto del 44% e gli investimenti fissi del 25%. Primo esportatore e seconda economia al
mondo, la Cina è ormai un imprescindibile motore dell’economia globale.
Le banche italiane in Cina
In Cina si conta il maggior numero di banche italiane con una presenza diretta: nove tra i principali gruppi
hanno aperto ventidue uffici di rappresentanza e sette filiali, distribuite nelle regioni più importanti (di
queste, 4 filiali e 6 uffici sono ad Hong Kong). Due filiali già operano in valuta, mentre una terza sta
aspettando l’autorizzazione per farlo.
Alla presenza diretta si aggiunge una fitta rete di accordi di collaborazione sottoscritti da dieci gruppi
italiani con le controparti cinesi, per facilitare l’ingresso della clientela nei rispettivi circuiti finanziari. Due
banche italiane, inoltre, operano in stretto raccordo con le rispettive capogruppo estere che dispongono in
Cina di proprie sussidiarie nei principali centri economici e finanziari.
Negli ultimi anni si sono infine moltiplicate le acquisizioni nel mercato locale: nel 2006 Intesa SanPaolo ha
fondato con due policy banks cinesi, il primo fondo di Private Equity che acquista partecipazioni in imprese
italiane e cinesi di medie dimensioni, per favorirne la crescita in Europa e Cina. Nel 2007 ha acquisito il
19,99% di Qingdao City Commercial Bank ed il 19,9% di Union Life, una delle prime dieci compagnie di
assicurazione cinesi. UBI Banca ha invece creato la prima società italo-cinese attiva nel comparto dell’asset
management.
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Il plafond per le imprese in Cina
L’interesse per il mercato cinese trova conferma anche sotto il profilo delle risorse messe a disposizione
per finanziare esportazioni ed investimenti diretti: le banche italiane hanno stanziato circa 6 miliardi di
euro, oltre il 10% in più rispetto al plafond di 5,2 miliardi rilevato nel 2007. Le linee di credito, utilizzate
solo per il 46%, non prevedono copertura assicurativa SACE in considerazione del basso livello di rischio
Paese associato alla Cina e dell’affidabilità delle controparti locali.
Gli ostacoli per le banche estere in Cina
In questo quadro complessivamente positivo occorre tuttavia tener presente i numerosi vincoli
regolamentari che ancora limitano l’accesso e l’operatività delle banche estere nel mercato cinese. Basti
pensare che, ad oggi, solo il 2% del totale attivo del settore è riconducibile a gruppi stranieri, mentre l’80%
è ancora in mano pubblica. Per aprire una filiale o operare in valuta locale, infatti, sono richiesti anni di
attività nel mercato cinese non sempre giustificabili sotto il profilo prudenziale, requisiti di capitalizzazione
e liquidity ratios particolarmente gravosi. Resta, inoltre, il tetto del 20% alle partecipazioni di una banca
estera in un intermediario locale.
Gli ostacoli all’accesso nel mercato cinese saranno uno dei temi al centro dell’incontro di oggi con la
Banca Centrale cinese, l’Associazione bancaria, la China Banking Regulatory Commission ed i principali
intermediari locali. Pur comprendendo le ragioni di tutela della stabilità del comparto, infatti, auspichiamo
un ampliamento degli spazi concessi agli operatori esteri, attraverso la progressiva eliminazione delle
disparità di trattamento tuttora esistenti. Le Autorità cinesi sono del resto impegnate da tempo per
completare l’allineamento del settore agli standard operativi internazionali: un sistema creditizio solido e
diversificato, infatti, è una condizione essenziale per l’ulteriore sviluppo del Paese, oltre che la premessa
indispensabile per arrivare alla piena convertibilità della valuta locale.
Conclusioni
La crisi internazionale ci ha fatto toccare con mano il grado d’interdipendenza raggiunta dai mercati e i
rischi sistemici che ne conseguono. Rafforzare la cooperazione e il coordinamento internazionale delle
politiche economiche e delle regole che presiedono il funzionamento dei mercati è divenuto ormai
imprescindibile.
In Italia, le Istituzioni hanno reagito in modo rapido e deciso alla crisi finanziaria, predisponendo gli
strumenti necessari per contenerne gli effetti sull’economia reale. L’ABI e le banche si sono impegnate in
prima linea al fianco del Governo e del mondo imprenditoriale, sostenendo in particolare le famiglie e le
piccole e medie imprese. Anche grazie a questi interventi nel nostro Paese non si sono verificati fenomeni
di credit crunch e - come ha recentemente riconosciuto anche il Fondo Monetario - la solidità del sistema
bancario ha rappresentato uno dei punti di forza dell’economia italiana nella difficile congiuntura
internazionale.
Il quadro tuttavia è ancora critico e numerose sono le sfide da vincere per sostenere la ripresa: in questi
mesi, l’Unione Europea affronta i momenti più difficili dalla nascita della moneta unica e i suoi membri
dimostrano di saper reagire attuando un piano di salvataggio senza precedenti per contrastare i fenomeni
speculativi. Anche l’Italia è fortemente impegnata su questo fronte e sta dando il proprio contributo allo
sforzo comune per la salvaguardia dell’euro. In questo contesto, per tornare sul sentiero della crescita non
si può prescindere da un ulteriore sforzo per l’internazionalizzazione, in Cina e su tutti i mercati strategici
per la nostra economia.
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