Distretti Italiani 15 - Federazione dei distretti italiani

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Distretti Italiani 15 - Federazione dei distretti italiani
Periodico trimestrale a cura della Federazione dei Distretti Italiani - Direttore responsabile: Andrea Balestri
Periodico trimestrale a cura della Federazione dei Distretti Italiani - Direttore responsabile: Andrea Balestri
N° 15 - Luglio 2010
I Distretti puntano
La Federazione dei Distretti verso
sulla Green Economy
il futuro con una nuova governance
N° 12 - Dicembre 2008
L
I
catil’ambiente
secondo le 4A
Made in
e ledelforeste.
Italy: abbigliamento-moda, auSui marchi di ecocompatibilità stanno latomazione-meccanica, arredoC LUB DEI D ISTRETTI I NDUSTRIALI
vorando
in molti. Il Distretto conciario di
casa,
agroalimentare.
Ciascuna
delle
4A avrà due ad
espoSolofra (Avellino),
esempio, ha varato
nenti in CdA, eletti direttamenun programma per la realizzazione di un
te dalla base dei distretti, e quecomune
di ecocompatibilità
del
sti marchio
rappresenteranno
i cluster
di
appartenenza
e noncoinvolge
più i singolitutta l’area produtdistretto che
distretti. Lo stesso avverrà per i
tiva. Il valore aggiunto consiste nel migliocomponenti del Comitato tecramento dell’immagine “verde” del pronico.
dotto
concia,
moltoa quotata,
ad esempio,
Così
facendo
arriveremo
un
CdA
composto
da
un
presidennei Paesi scandinavi.
te, da un past-president e da otto
Uno dei settori del Made in Italy più colpiti
rappresentanti dei cluster. Il Codallatecnico,
crisi èa sua
quello
mitato
volta,della
sarà ceramica che ha
composto
da
un
direttore
genenel Distretto di Sassuolo il punto di riferid’impresa, dando vita alla cosiddetta Greesigenze di sistemi distrettuali
rale, da otto rappresentanti dei
mento. Da tempo a Sassuolo hanno capito
en Economy. I casi emblematici sono tanti.
cluster e da alcuni esperti.
che l’export
(70% del cifatturato) si riconIn questo contesto necessario,
vorrei citarne
a mio alcuni
avviso, che
un goQuesta
piccola rivoluzione
verno
della
Federazione
diverso.
porterà,
ne
sono
convinto,
quista puntando
ancheadsulla ceramica ecohanno respiro internazionale e danno l’idea
Pur continuando a tenere preavere una governance fatta da
sostenibile. Sono diventati così un modello
della grande vitalità che stanno sviluppansenti i concetti fondamentali di
persone che opereranno con una
mondiale,
in quanto
applicano molte delle
do i territori.
mentalità
intradistrettuale
ed intraesperienza,
la governance sarà ba- 2 -2-3.
proiettata versoambientali
la crescita e di sostenibilità
L’assemblea annuale regionalecertificazioni
Chi guarda molto edavanti
è il Metadistretsata su consiglieri che rappresentino
della Federazione.
della
Federazione
esistenti. Ora stanno lavorando sulla casa
to Veneto della bioedilizia, che fa capo a
4. Piattaforme innovative e cluster
non più e non solo il singolo distretto,
Fino ad oggi il principale punto di
managers
nei
programmi
UE
deldistretti
futuro:
piastrelle
associate al fotovolTreviso. Diverse aziende
stanno
lavorando
bensì gruppi
di cluster
omogenei caforza dei
è stata
la collaboI progetti della Federazione: l’Ospaci diImpatto
strutturare
progetti trasversali
tra imprese. Non basta più.
sugli asfalti ecologici.
ambientale
3 - 5.Politiche
reti europee razione taico.
servatorioeDistretti
e
condivisi
a
livello
nazionale.
Inoltre,
Il
futuro
inevitabilmente
atIl passerà
Distretto
dell’abbigliamento
Gallaratezero e pieno gradimento addirittura delper i cluster
la base, i distretti, devono interagire
traverso la collaborazione e l’integra6. Il calabrone e le piattaforme
a sua volta,
investendo
sul Progetto
la Soprintendenzamaggiormente
ai beni ambientali
didecisioproduttive
con gli organi
zione frase,i distretti.
Siamosta
pronti
ad
B-Green (con relativo marchio). Per l’arVenezia. La certificazione
Ue permette
nali della Federazione
che, daa statuto,
di politiche industriali
4/5 7.- Manuale
Dai Distretti
alle reti
sono
un
Consiglio
di
amministrazioper
distretti
redamento e l’abbigliamento, sviluppaquesti asfalti di trovare importanti canali
Valter Taranzano
(e ritorno)
ne e un Comitato tecnico.
Presidente
delladiFederazione
dei
no tessuti
fibre naturali,
impiegando le
di vendita all’estero. A Capannori (Luc8. Eventi e news
Distretti
Italiani
piante di bambù, la canapa, il pino bianco
ca), invece, c’è il più importante distretto
questoemersa
periodo asto
’indicazionen era
viaggiando in lungo e in
chiare lettere nel 1° Rapporto
largo per l’Italia in primo
dell’Osservatorio
luogo perNazionale
conoscere approfonditamente
tutte
le realtà
Distretti Italiani. Alla domanda
territoriali dei distretti che fanno
“come risponderete alla crisi?”, le aziende
parte della Federazione e poi per
distrettuali avevano
individuato
nell’innopresentare
a ognuno
di loro la
verrà,del
valeloro
a dire
vazione una delle governance
chiavi diche
volta
quella che mi piace chiamare una
futuro. A mesi di distanza da quelle intervipiccola rivoluzione nella conduste, molto è stato fatto,
in questo
senso,
dai
zione della
Federazione
stessa.
distretti della Federazione.
L’innovazione
Siccome abbiamo
sempre più
bisogno
di
peso
e
autorevolezza
sta investendo settori strategici come quelper incentivare i collegamenli legati all’ambiente
e all’ecosostenibilità.
ti con operatori istituzionali,
Temi che fanno leva
sulla culturali
responsabilità
economici,
e scienti-
cartario italiano. L’80% della carta tissue
(la carta igienica e per la pulizia) arriva da
qui. Diverse aziende del distretto hanno
preso a produrre e a commercializzare an-
che all’estero carta tissue biologica. Altre
Distretti
italiani
Economia, società e politica
dei sistemi locali
di piccole imprese
6/7 - La rabbia,
1 l’economia
e l’immaginazione
8 - Dal mondo dei Distretti
norvegese e la betulla. E il fatturato riprende a crescere.
Valter Taranzano
Presidente Federazione dei
Distretti Italiani
riciclano carta da macero, tutelando così
1
Vita interna
L’assemblea annuale della Federazione
Una occasione per fare il punto sui progetti
N
el mese di giugno si è svolta
2011) diverse pagine verranno dedicate ai
mere, a Roma, l’assemblea
ti i distretti. Tra i temi che con ogni pro-
presso la sede di Unionca-
focus su specifiche tematiche riguardan-
annuale dei soci della Fe-
babilità saranno sviluppati, la crisi (dati,
derazione dei Distretti Italiani. In questo
strategie, previsioni), le legislazioni re-
contesto, il presidente Valter Taranzano
gionali, i sistemi di governance, l’export,
ha fatto il punto dei “lavori in corso” re-
la redditività, la capitalizzazione delle im-
lazionando in merito ai progetti che la Fe-
prese, il trasferimento tecnologico e i mo-
derazione sta portando avanti. Per ragioni
delli di cooperazione. Temi che pongono
di spazio ricordiamo i più importanti.
costantemente i distretti e le Pmi sotto gli
Visto il successo registrato dal progetto
occhi degli analizzatori (economici e so-
rivolto ai Distretti della Meccanica, re-
ciali), in particolare oggi che la crisi sta
alizzato in collaborazione con Unicredit
colpendo l’occupazione (un processo an-
e presentato lo scorso novembre a Mila-
ticipato dalle conclusioni del I Rapporto
no, la Federazione ha deciso di allargare
dell’Osservatorio dei Distretti Italiani) e
questo tipo di esperienza ai Distretti del-
le prospettive di crescita.
la Moda. Anche in questo caso il partner
coinvolto è Unicredit. Il filo conduttore
Sul fronte innovazione e tecnologia, tema
dell’indagine sarà: “Come essere com-
Politiche pattizie in toscana
sostanza, verrà seguito lo schema pro-
Altro progetto di ampio respiro è l’Os-
meccanica, cioè verranno evidenziati i
2010: la banca dati della Federazione,
petitivi: approfondimenti e logiche”. In
cedurale già usato per i distretti della
punti di forza e i punti di debolezza dei
distretti del Sistema Moda Persona, pre-
si in considerazione tramite un’analisi
quali-quantitativa. I distretti attualmente
partecipanti sono quattrordici: Lecchese,
Prato e Biella per la produzione tessile;
Metadistretto della filiera pugliese, Vero-
na Moda e Veneto Sistema Moda per l’ab-
bigliamento; Sportsystem di Montebelluna (TV), Fermano-Maceratese e Santa
Croce sull’Arno (PI) per concia, calzature
e cuoio; Vicenza, Valenza Po (AL) e Marcianise (CE) per l’oreficeria; Occhiale di
Belluno e Cappello di Montappone (FM)
per l’accessorio. Obiettivo ultimo del progetto, che parte appunto da un analisi qua-
litativa e quantitativa dei dati distrettuali,
è l’identificazione di ipotesi progettuali
replicabili sul territorio e cofinanziabili.
servatorio Nazionale Distretti Italiani
partita lo scorso anno, si sta sviluppando
velocemente e, di fatto, sta diventando il
fiore all’occhiello della Federazione. Una
finestra sul mondo distrettuale che vuole
aprirsi sempre più, diventando la lente
d’ingrandimento più autorevole e precisa
dei distretti. Saranno allargate le partnership, con l’inserimento di nuovi soggetti istituzionali, e verranno create delle
nuove sezioni. Inoltre, l’Osservatorio sta
dando spazio a nuovi distretti identificati
dal campione Unioncamere-Mediobanca
e i distretti stessi saranno suddivisi in
quattro categorie: dinamici (governance
efficienti), maturi (forte radicamento al
territorio), vulnerabili (privi di governance) e virtuali (quelli che esistono solo sul-
la carta). Nel II Rapporto dell’Osservato-
rio (che verrà presentato nel gennaio del
2
sempre “caldo”, è stata annunciata una
collaborazione tra il Comet, Distretto della componentistica e della termoelettromeccanica di Pordenone, il distretto della meccatronica di Vicenza e il distretto
della meccatronica di Palermo finalizzata
a individuare progetti comuni. Anche in
questo caso la Federazione si è configurata come trait d’union tra Nord e Sud
dell’Italia, abbattendo ogni sorta di barriera. Un po’ quello che è già accaduto tra
il Distretto della moda di Verona e quello
tessile di Bari: cioè, la creazione di una fi-
liera che è maturata fino agli attuali scambi di rapporti commerciali.
Infine, particolare importanza stanno avendo alcuni progetti rivolti all’internazionalizzazione. Al riguardo, una recente missione
in Serbia ha dato risultati confortanti sul
fronte della promozione e della collaborazione fra le reti europee. Concludendo
i lavori dell’assemblea della Federazione,
il presidente Valter Taranzano ha annunciato che nel futuro queste trasferte conoscitive saranno più frequenti e mirate.
Europa
N
Politiche e reti europee per i cluster
ei giorni 29-30 settembre e
1 ottobre si svolgerà, a Bruxelles, l’European Cluster
Conference 2010 che avrà
come head line: “World-Class Clusters
Renewing European Industry”. Questo
evento, al quale parteciperanno dirigenti
della Commissione, alti funzionari, autorità regionali, accademici e rappresentanti
del mondo industriale, si occuperà del
ruolo dei cluster per il rilancio dell’industria europea nella strategia generale di
“Europe 2020”. La conferenza, che prevede un intervento introduttivo del Vice
Presidente Antonio Tajani, è organizzata
dalla Direzione Imprese e Industria della
Commissione. Durante la Conferenza, saranno presentate le conclusioni dei lavori
dell’ High Level European Cluster Policy
Group. A margine dei lavori della Conferenza, sarà varato l’European Cluster
Managers’ Club che raccoglierà professionisti di tutte le regioni europee coinvolti a vario titolo nella gestione di cluster
e agenzie di sviluppo locale.
I lavori scorreranno lungo tre temi guida:
i) azioni e strumenti necessari per sostenere un tessuto produttivo moderno; ii)
le condizioni di contesto più favorevoli
all’affermazione di cluster nei settori innovativi; e iii) come far emergere le migliori politiche distrettuali che possono
dare ai cluster caratteri di eccellenza su
scala mondiale.
La conferenza chiude idealmente una
lunga stagione di azioni e di programmi
della Commissione Europea sul tema dei
cluster.
Ricordiamo Europa Innova (2006), azione che ha sostenuto la cooperazione transnazionale tra operatori di cluster; si è
formata una piccola comunità composta
da amministratori pubblici, accademici,
ricercatori, agenti di sviluppo e agenzie
Le reti oltre i distretti
che da allora si incontra regolarmente per
scambiarsi esperienze. Da qui, sotto l’incoraggiamento della DG Industria, sono
nati l’European Cluster Observatory e
“PRO INNO Europe”, una piattaforma
dedicata alle politiche che ha inventariato più di 130 strumenti di intervento a
supporto dei cluster.
In una precedente conferenza su “innovazione e cluster” (Stoccolma, 22-23 gennaio 2008) è stato definito un Memorandum
dove i cluster sono indicati come i driver necessari per centrare gli obbiettivi di
Lisbona. In due successivi documenti la
Commissione ha invitato paesi e regioni
a sostenerne la cooperazione transnazionale: “Towards more world class clusters
in the European Union: implementing the
broad-based strategy for innovation” (ottobre 2008), e “Towards more and better
international cluster collaboration” (aprile 2009).
L’ultimo tassello di questa architettura
3
politica istituzionale-relazionale è stato
l’insediamento dell’High Level European Cluster Policy Group coordinato dalla
prof.essa Tea Petrin (Università di Lubliana, già ministro dell’economia della
Slovenia). I termini di riferimento assegnati a questo gruppo di lavoro erano : i)
orientare le politiche degli stati membri
per renderle adeguate a sostenere cluster
capaci di operare con successo nei mercati globali (word-class cluster); ii) fornire
a stati e regioni informazioni dettagliate
sui cluster e le migliori prassi da questi
messe in atto; iii) armonizzare e sintonizzare le politiche a favore dei cluster tra
gli stati membri; iv) integrare le PMI più
innovative nei cluster e nei progetti per il
loro sviluppo; v) incrementare la qualità
della gestione dei cluster in tutta l’Unione
Europea.
In queste conferenze ci sono probabilmente eccessi di riti e convenzioni burocratiche; in ogni caso la Federazione Distretti
Italiani seguirà i lavori della European
Cluster Conference e contribuirà ai suoi
lavori portando le esperienze dei nostri
distretti e confrontandole con quelle degli
altri cluster europei.
Tra le relazioni, che si alterneranno in sedute plenarie e numerosi panel tematici
(industrie creative, nuove forme di cooperazione, dai finanziamenti pubblici a
quelli privati, strumenti chiave per gestire
con successo i cluster), si segnalano la
presentazione del sito del Nuovo Osservatorio Europeo sui Distretti (Goran Lindquist, Stockholm School of Economics)
e la sessione conclusiva sulle prossime
azioni della UE a sostegno dei worldclass clusters.
Il programma, la registrazione e le altre
informazioni sulla conferenza al sito:
http://www.proinno-europe.eu/clusterconference2010/
Politiche
Dai distretti alle reti (e ritorno)
Le macro e le micro trasformazioni dell’industria italiana
I
l Centro Studi Confindustria recentemente ha presentato una attenta
ricerca (Nuovi produttori, mercati
e filiere globali: le imprese italiane
cambiano assetto, giugno 2010) che mette
sotto i riflettori le trasformazioni dell’industria italiana; la bassa crescita registrata negli ultimi dieci anni, infatti, non ha
affatto inibito i processi di adattamento
del sistema produttivo alle nuove condizioni dei mercati. Scavando tra le pieghe
del nostro declino industriale (che, come
sappiamo, è stato certamente sovra rappresentato) emerge un continuo sforzo di
cambiamento da parte di un gran numero
di imprese lungo gli assi della rilocalizzazione geografica e della rimodulazione della “proposta di valore” del Made
in Italy o di una combinazione delle due
cose. Cambiamenti che hanno innescato
inevitabilmente una serie di torsioni nelle
strutture organizzative con la reintroduzione in azienda di produzioni prima affidate all’esterno per salvare i posti di lavoro in fabbrica, la re-ingegnerizzazione
delle supply chain e la costruzione di nuovi e più avanzati rapporti di distribuzione,
soprattutto nei mercati esteri.
Una copiosa letteratura ha cercato di tracciare le macro e le micro trasformazioni
dell’industria italiana proponendo una colorita scala di chiavi interpretative che, tra
le altre cose, servono a placare l’ansia di
tanti piccoli imprenditori desiderosi di capire la direzione di quanto sta succedendo
tra filiere più lunghe, alleanze più strette,
e ambiziosi progetti collettivi di ricerca,
marchi commerciali e reti distributive.
In poco tempo la nouvelle vague della sociologia industriale ha celebrato lo
svuotamento dei vecchi distretti che si
Le buone pratiche per
lo sviluppo locale
sono riallineati attorno a imprese leader,
hanno inglobato servizi professionali più
vicini ai grandi centri urbani che alle piccole province ed allungato il raggio operativo fino a dismettere i vecchi abiti per
indossare quelli della “imprese rete”. La
de-costruzione delle regole sintattiche dei
distretti industriali e la contemporanea ricostruzione di nuove forme organizzative
si sostanzia nel maggiore uso di legami
gerarchici e formalizzati che implicano
livelli più elevati di assunzione di rischi.
Spesso occorre che scorra del tempo
prima che si riconoscano le derive dei
cambiamenti dentro la società e i sistemi economici ma questo non è stato per
l’avvento delle reti di imprese! A queste si
dedicano decine di convegni e si riservano carotaggi giornalistici; le associazioni
di categoria cavalcano il tema (lo stesso “patto di Capranica” si è ribattezzato
come Rete Imprese Italia); le università
4
lanciano master e corsi di alta formazione
mentre fioriscono siti dedicati che offrono
pacchetti di consulenze e propongo selezione dei 30 articoli più importanti pubblicati recentemente sul tema. Le reti di
impresa, si osserva, sono qualcosa di più
di un semplice up-grading dei distretti:
per sganciarsi dalla cappa limitante delle
piccole dimensioni, le multiformi schiere
di pmi hanno cominciato a fare sistema,
usano meglio le conoscenze, investono in
capitale intellettuale e alimentano nuovi
modi di fare business andando oltre i limiti sin qui manifestati nelle esperienze
distrettuali. L’originalità delle reti, infatti,
non sta nel “tenere insieme” gli operatori
di un settore o di un territorio (come facevano appunto i vecchi distretti), ma nel
ricavarne un di più di valore per i clienti.
Terra di nessuno tra mercato e
gerarchia
Il termine rete era già usato correntemente
nella letteratura economica per designare
gli ibridi organizzativi che ricadono in
quel continuum di strutture comprese tra
il mercato e la gerarchia. Nel vivace dibattito in corso si fa riferimento, tuttavia, ad
organizzazioni molto diverse tra loro: abbiamo reti di fatto e reti di diritto; alcune
hanno una chiara matrice aziendale privata (ATI, consorzi, GEIE -Gruppo Europeo di Interessi Economici-, business network, etc); altre evocano raggruppamenti
variamente costituiti tra sole imprese o tra
queste e fondazioni, agenzie di sviluppo,
associazioni di categoria, camere di commercio, università, centri di ricerca, enti di
formazione, comuni e province. Un tipo
di reti evocato come esempio positivo del
nuovo clima di apertura e di collaborazione che si sta diffondendo è quello messo
in atto dalle 4.000 aziende e dai 650 cen-
Politiche
tri di ricerca che hanno partecipato ai vari
progetti di “Industria 2015”.
Un altro aspetto non secondario è che non
si fa nessuna distinzione fra le “reti d’imprese” e l’“impresa a rete” anche se le
due espressioni sono solo apparentemente simili; mentre la prima sottintende un
insieme di rapporti contrattuali “peer to
peer”, “l’impresa rete” rimanda ad una organizzazione più forte delle altre che trascina con se una costellazione di subfornitori di varie dimensioni. In altri termini la
“rete d’impresa” non era avulsa dalla matrice propria dei distretti industriali come
abbiamo imparato a conoscerli, mentre
l’“impresa rete” ruota attorno ad un soggetto non necessariamente più forte, ma
comunque capace di indicare la strada e
di trascinare i partner (e solo questi) sullo
stesso progetto.
Il carattere innovativo delle reti è che
avrebbero in se gli enzimi per sciogliere
i legami territoriali e per rendere i nostri
distretti più simili ai cluster europei (v.
nota pag. 3); ma a ben vedere il comune
denominatore delle nuove organizzazioni reti di imprese, più che in quello che
“ancora non sono” si caratterizza meglio
per quello che “non sono più”, ovvero i
buoni, vecchi distretti industriali.
Anche se ci sono tracce evidenti che molti imprenditori stanno modificando il proprio modo di guardare alla dimensione
aziendale e di rapportarsi alle altre imprese, la diffusione delle reti è solo agli inizi
o, se guardiamo attentamente alle prassi
consolidate di un settore per la verità poco
studiato come l’edilizia (più di 500.000
imprese!), non è affatto una novità. Diversamente dagli affreschi dei giornali, gli
studi statistici su networking tra le imprese italiane evidenziano che la propensione
a operare in rete nelle forme alternative
a quelle usate correntemente nei distretti è cosa ancora decisamente circoscritta
(forse non più del 3% del totale delle im-
Formare classi dirigenti locali
prese, Istat, Rapporto annuale. La situazione del paese nel 2008, Roma, 2009) e
che per il momento ci confrontiamo più
con un fenomeno che si è appena messo
in moto che con i postumi di un terremoto
organizzativo.
Politiche per le reti
Con tutta la buona volontà è difficile negare che a destare tanto interesse per le reti
d’imprese concorrono soprattutto i pochi
scampoli di politiche industriali di cui fa
mostra il Governo, con i reiterati annunci (se ne parla da oltre un anno: legge n.
99, aprile 2009) di provvedimenti a loro
favore. Le richieste delle associazioni in
questo sono abbastanza chiare: i “distretti” sono i destinatari degli interventi tesi a
creare un contesto favorevole all’attività
delle imprese (infrastrutture, energia, formazione, aree, ...); alle “reti” si deve fare
riferimento, invece, per gli interventi diretti alle imprese: agevolazioni, incentivi,
credito,... Il governo, notano convinte, ha
5
dato un segnale chiaro e forte di attenzione per queste nuove forme organizzative
ma ora occorrono aiuti fiscali e incentivi
mirati; senza un apporto sostanziale, la
rincorsa verso le reti con ogni probabilità
non andrà molto lontano.
La manovra in esame in questi giorni alle
Camere sta facendo un altro piccolo passo avanti; le forme, le modalità ed i termini per certificare la partecipazione ad
una rete ed accedere ai benefici fiscali,
amministrativi e creditizi a loro favore
saranno definiti con un provvedimento
del Direttore delle Agenzie delle entrate
da emanarsi entro 30 giorni dall’approvazione del testo della manovra. E’ stato
presentato anche un emendamento che
prevede l’esenzione dalle imposte dei capitali che le singole imprese conferiscono
alle reti. Ma per mettere in moto l’esercito dei piccoli che si starebbe per iscrivere
alle reti occorre decisamente di più e, in
ogni caso, non sarà facile separare il grano dei progetti dal basso, autenticamente
aggregativi di pmi, dal loglio dei contratti
di rete sottoscritti solo per accedere alle
agevolazioni o per ritagliarsi un po’ di visibilità sui giornali.
Anche le Regioni si sono lasciate contagiare dal fascino delle reti. L’Emilia Romagna ha già messo a disposizione (30 aprile
2010) delle reti d’impresa 12 milioni di €
ma le domande di finanziamenti presentate sono state molte di più. La Toscana
si accinge a varare un provvedimento che
si ispira agli stessi criteri. L’Abruzzo,
invece, ha previsto una azione specifica
per animare e accompagnare gruppi di
imprese nella costituzione delle reti ed
ha messo a gara una dote di 650.000 €
per la “promozione e diffusione di Reti di
Imprese finalizzate alla implementazione
dei processi di internazionalizzazione e di
apertura ai mercati nazionali e locali per
le PMI abruzzesi”. Insomma, c’è ancora
molta confusione sotto il cielo! (A.B.)
Recensioni
P
La rabbia, l’economia
e l’immaginazione
er un decennio Edoardo Nesi
ha provato sia a fare lo scrittore che a tenere alta la bandiera del lanificio di famiglia
fondato dai nonni dopo la prima grande guerra, ma vero imprenditore forse
non lo è mai stato. Questo temeva la
mamma quando gli metteva in valigia la
giacca pied-de-poule di Versace perché
sembrasse davvero un uomo di affari.
Questo pensava il socio Alvaro quando Edoardo gli confessa che il cappotto
knicherbocker l’aveva comprato per 30
euro al mercato dell’usato. Il fervente
desiderio “di poter fare solo lo scrittore” è impresso nel suo progetto di vita,
con l’inutile apprendistato nel magazzino ad inventariare casse di filati o a
spulciare fatture che saranno pagate con
puntualità svizzera e con i romanzi scritti davanti alla sua scrivania in azienda
sotto lo sguardo, un po’ complice e un
po’ rassegnato, del padre Alvarado.
Ciò non toglie che Storia della mia gente ha tutti gli ingredienti di una grande
impresa a partire dal mix di audacia, temerarietà e quanto basta di sfrontatezza per gridare, contro il vento dei fondamentali del pensiero economico, lo
scoramento, il disincanto e la rabbia di
una piccola comunità di provincia che
assiste all’inesorabile declino del proprio distretto industriale, stilema di un
capitolo sontuoso dello sviluppo economico italiano.
Le chiavi interpretative del dramma
che fa da cornice all’orgoglio ferito con
il quale, dopo ottanta anni di attività, gli
eredi dei giganti del miracolo economico decidono di ammainare la bandiera
del Lanificio T&O Nesi e Figli, affiorano nei frammenti di storia aziendale che
l’autore tratteggia senza farsi doman-
Il declino del distretto
di Prato
de e senza lasciarsi sfiorare da dubbi:
“immaginate un prodotto che per trenta anni non ha bisogno di essere cambiato...; unico problema, non riuscire
a produrne abbastanza; azzerato ogni
costo di ricerca e sviluppo, di pubblicità, di consulenze stilistiche; cancellate
il concetto di rimanenza di magazzino
e immaginate una città intera costellata di decine e decine di aziende come
la nostra...”. Ma neanche lui, tra estati
spese a girovagare per college americani e lunghe corse sulle veloci autobahn
tedesche, credeva fino in fondo che potesse durare per sempre: “se è caduto
l’impero di Alessandro il Grande possono ben cadere anche Prato e l’Italia
di quel nostro minuscolo, brevissimo
impero economico”.
Nella storia di città, regioni e stati nazionali sovente si alternano fasi di sviluppo
e di declino e ci sono state altre genera-
6
zioni che hanno lasciato in eredità materiale e spirituale ai propri figli meno di
quanto avevano ricevuto; il benessere,
per quanto conquistato con sudore e senza fratture sociali come nella Prato delle
schiere di mezzadri e operai trasformati
in piccoli imprenditori, può crescere per
trenta anni, appunto, ma come ci ricorda
la storia, può anche arretrare. Nessuno,
però, avrebbe scommesso su un declino tanto forte e repentino, così come
nessuno, nel ciclo precedente, avrebbe
scommesso sul prorompente sviluppo
economico pratese.
Il destino pietrificato del suo distretto,
questo è lo spettro contro cui si lancia
l’autore, non si iscrive nelle normali parabole del mondo occidentale. Visto con
la rabbia e l’empatia per il dramma della
sua (la nostra) gente, il declino di Prato (ma le stesse considerazioni valgono
per buona parte dei cento e più distretti industriali italiani) più che a ritardi e
resistenze nella adozione di innovazioni
o di adattamenti organizzativi o di mancati investimenti nella formazione tecnica, si propone prepotentemente come
il risultato amorale di una “battaglia
impari contro un’idea sbagliata, ma sostenuta dal mondo intero”, quella di un
liberismo economico astratto, sradicato
dalla storia.
Il dissenso con gli economisti è più apparente che reale perché i fili dei rispettivi ragionamenti si collocano su piani
diversi. Da un lato teorie (e politiche)
economiche elaborate ai tempi della
rivoluzione industriale e reinterpretate
riflettendo sulle drammatiche esperienze delle due guerre mondiali e della depressione del ‘29, pietre angolari sulle
quali sono stati costruiti gli edifici del
Fondo Monetario, del WTO (prima
Recensioni
Gatt) e dell’Unione Europea. Dall’altro,
il grido di dolore di una comunità che
non è apertamente contro il gioco dei
mercati e la globalizzazione ma punta il
dito dritto contro una concorrenza asimmetrica e senza regole e contro l’incontenibile marea di merci che sta mettendo
sotto sopra “uno dei più grandi regali che il
mondo ha ricevuto dall’Occidente del XX secolo: il welfare e la legislazione sul lavoro”.
Per gli economisti, le regole di quel
gioco sono le stesse che hanno fornito
propellente al miracolo economico di
Prato e degli altri distretti italiani; in altri tempi e in altre condizioni l’apertura dei mercati ha allargato gli orizzonti
dei lanifici pratesi che hanno messo in
ginocchio, uno dopo l’altro, i produttori inglesi e irlandesi di tweed e di tartan tanto cari a Hemingway, le grandi
aziende tessili di Norrköping in Svezia,
di Aachen nel Nord Reno Westfalia e di
Tilburg in Olanda, i produttori di filati pettinati a Roubaix nel Nord Pas de
Calais. A fine anni Sessanta i dinamici
imprenditori pratesi si presentavano ai
cancelli delle aziende in crisi di questi
centri per comprare filatoi e telai usati,
non diversamente da quanto oggi fanno,
con il rumore assordante della Nemesi
storica, i loro concorrenti indiani e pakistani nel grande Macrolotto a Ovest di
Prato.
Per gli economisti ogni dazio è una camicia di forza, la competitività è la molla del
commercio internazionale, il successo è la
ricompensa di chi si ingegna e si applica
più degli altri per fare cose nuove e meglio
dei concorrenti. Per la gente di Nesi il mondo è diverso da quello degli economisti;
la sua gente non crede nella bontà assoluta “dell’apertura mondiale degli scambi
commerciali, e non per ragioni ideologiche
ma per puro pragmatismo, per la semplice
paura che a gran parte dell’Italia non solo
non convenisse ma potesse persino risultare
La rabbia della gente di Prato
letale”; per la necessità impellente di continuare a credere nei progetti di vita di una
città, di un distretto, di un intero paese.
Non c’è solo rabbia nella storia spezzata
della sua gente; c’è anche un misto di spaesamento e di rassegnazione che porta a bollare come “una cazzata” l’idea che dentro
gli italiani alberghi una specie geniale di
spirito artistico; a dubitare della “certezza
universalmente condivisa che l’Italia sia la
culla della creatività mondiale”; a ricordare
che nella gloriosa storia industriale di Prato
ci sono state schiere di imprese nate e cresciute “al riparo dall’occhio del fisco e delle
leggi, in un mondo perfetto e chiuso, protetto dai muri e dai missili nucleari, dai dazi e
dalle tariffe”; a prendersela veementemente con il sistema moda che plaude ai grandi stilisti ma non è capace di apprezzare i
suoi tesori veri (i filati e i tessuti); a lanciare
strali contro gli algidi gruppi internazionali
dell’abbigliamento e della distribuzione che
mortificano la creatività delle nostre manifatture; ad inveire contro le schiere di economisti italiani e comunitari abbagliati dalle
teorie liberiste e rei di non aver adottato politiche industriali e commerciali in grado di
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preservare il patrimonio culturale e sociale
del mondo occidentale.
Nella sua appassionante polemica Nesi fa
vibrare le corde emotive, le più adatte per
“far sentire ... per qualche minuto che cosa
si prova a vivere per anni sott’assedio”.
Sono gli stessi temi che echeggiano ne La
paura e la speranza, il manifesto di Giulio
Tremonti contro il “mercatismo”; sono gli
ingredienti, più o meno confusi, di un sentiment radicato nelle piccole comunità dei distretti industriali, come fa pensare la sterzata dei loro elettori a favore della Lega nelle
ultime elezioni regionali, puntualmente registrata dai sismografi distrettuali di Marco
Fortis (“Perché non c’è stata la rivolta degli
imprenditori. I dati dicono che i distretti hanno votato centro destra”, Economy, 28 aprile
2020); sono le torsioni dei quattro milioni di
imprenditori e di otto milioni di partite Iva
che, secondo Dario di Vico, agitano “i Piccoli, la pancia del Paese” (Marsilio, 2010).
Se i toni apocalittici de L’Età dell’oro (2004),
l’altro libro di Nesi dedicato al declino di
Prato, ricordano la metafora delle macerie
del capitalismo del Centenario di Oddone
Camerata, per Storia della mia gente calzano le note dedicate da Eugenio Montale al
Calzolaio di Vigevano di Lucio Mastronardi,
“caso riuscito di trasformazione di una situazione locale e sociale in un ritmo narrativo”.
La speranza che la sua gente possa riprendersi dalla deriva che la sta spingendo ai margini di una convivenza ordinata e dignitosa
è legata all’auspico dello scrittore Richard
Ford che “in qualche modo l’economia
soccomba a un atto dell’immaginazione”.
La rabbia di Nesi si impenna qui e non ci
lascia punti di ancoraggio per capire dove
può prendere forma questa impresa immaginifica, oggi la più difficile per tutti. (A.B.)
Edoardo Nesi
Storia della mia gente. La rabbia e l’amore
della mia vita da industriale di provincia.
Bompiani, Milano, 2010
Eventi e news
Dal mondo dei Distretti
Contattare la Federazione dei
Distretti Italiani
segnazione del prestigioso premio Cluster
natrice Lisa Maran; c/o Confindustria
gestione dei cluster, evidenziando l’im-
stre (VE) – tel. 041 2517511 – fax. 041
petitività delle imprese. Il premio, inoltre,
http://www.distretti.org/
ne dei distretti e indirettamente favorirà
Manager del 2010! Il premio si propone
Direttore: Daniela Fontana; coordi-
di rendere merito ai risultati ottenuti nella
Veneto; Via Torino, 151/C - 30172 Me-
patto della gestione distrettuale sulla com-
2517574 - [email protected]
darà visibilità ai casi più efficaci di gestio-
Vita interna
la diffusione delle migliori pratiche e lo
scambio di esperienze tra i responsabili
L’Assemblea della Federazione Di-
dei progetti di tipo distrettuale. L’Europe-
so la sede di Unioncamere, il 15 giugno
far conoscere e apprezzare la professione
occupati dei progetti di attività in corso
Le domande di partecipazione vanno in-
chiusi con l’approvazione dei bilanci.
http://www.cluster-excellence.eu/ece_
stretti Italiani si è svolta a Roma, pres-
an Cluster Managers’ Club cerca così di
2010. I lavori dell’Assemblea si sono
del “cluster (o district) manager”.
e di quelli per i prossimi mesi e si sono
viate entro il 15 agosto a:
Flash
Premio europeo per manager di distretti.
Il 29 settembre, nel quadro più generale
della European Cluster Conference in
programma a Bruxelles (v. pag 3), verrà
assegnato il titolo di “Cluster Manager
of the Year 2010”. Il progetto è stato promosso dall’European Cluster Managers’
Club. Le candidature saranno vagliate da
una giuria internazionale composta da
dieci esperti provenienti da diverse regioni europee. I manager dei cluster (nel
caso dell’Italia, di distretti tradizionali,
tecnologici o di reti di imprese) che, a vario titolo, sono in grado di documentare
i buoni risultati ottenuti nella azione del
proprio territorio contribuendo in modo
Master in Reti d’Impresa. Inaugurato il
2 luglio , a Feltre, il corso di alta formazione in “Gestione e Sviluppo delle Reti
di Impresa”. Per organizzarlo si sono associate Confindustria Belluno Dolomiti,
la LUISS Business School, l’Università
di Padova, la Fondazione per l’università e l’alta cultura in provincia di Belluno
e ReteImpresa. Gli iscritti sono quattordici e provengono da sette diverse regioni italiane, da aziende, da associazioni e
da società di consulenza. L’obiettivo è
apprendere a lavorare con organizzazioni reticolari, valorizzando le potenzialità
dell’interazione fra soggetti imprenditoriali, istituzioni e centri-ricerca sviluppamdo
ecmy.html
al tempo stesso consapevolezza cooperati-
Pubblicazioni
e di rappresentanza. I docenti provengono
va, competenze di governance territoriale
OECD Territorial Review: Sweden 2010,
in gran parte dalla LUISS di Roma, ma ci
delle rassegne curate da OCSE, esamina
Padova, dalla Sapienza di Roma e dagli
con particolare attenzione al rafforza-
testimonianza verrà anche dalla Copen-
torialità. Nel noto e apprezzato calco dei
tiche si concluderanno alla fine di ottobre.
rassegna puntuale corredata da una serie
Eventi
ti regionali e intergovernativi per raffor-
tare la dolce vita. Le nuove opportunità
Parigi. lo studio, realizzato nel quadro
sono contributi anche dall’Università di
le politiche regionali adottate in Svezia
atenei di Bologna, Trento, Venezia. Una
mento dell’innovazione e della imprendirapporti OCSE, il volume propone una
di raccomandazioni sull’uso di intervenzare l’efficacia delle politiche regionali.
hagen Business School. Le attività didat-
Confindustria, Prometeia, Sace: Esporper il lusso accessibile italiano, Roma
13 aprile 2010, Tempio di Adriano
G. Clark, J. Huxley, D. Mountford: Organizing Local EconomicDevelopment.TheRole
significativo al rafforzamento della com-
of Development Agencies and Companies,
petitività delle imprese o del distretto nel
LEED (Local Economic and Employement
suo insieme, possono concorrere per l’as-
Corsi
Development), OECD, Parigi, 2010, 130 €
Distretti Italiani:
Direttore responsabile: Andrea Balestri. Associazione Industriali Massa Carrara;
viale XX Settembre, 118 - 54033, Carrara, MS. Tel. 0585 846326 [email protected]
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