Distretti Italiani 15 - Federazione dei distretti italiani
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Distretti Italiani 15 - Federazione dei distretti italiani
Periodico trimestrale a cura della Federazione dei Distretti Italiani - Direttore responsabile: Andrea Balestri Periodico trimestrale a cura della Federazione dei Distretti Italiani - Direttore responsabile: Andrea Balestri N° 15 - Luglio 2010 I Distretti puntano La Federazione dei Distretti verso sulla Green Economy il futuro con una nuova governance N° 12 - Dicembre 2008 L I catil’ambiente secondo le 4A Made in e ledelforeste. Italy: abbigliamento-moda, auSui marchi di ecocompatibilità stanno latomazione-meccanica, arredoC LUB DEI D ISTRETTI I NDUSTRIALI vorando in molti. Il Distretto conciario di casa, agroalimentare. Ciascuna delle 4A avrà due ad espoSolofra (Avellino), esempio, ha varato nenti in CdA, eletti direttamenun programma per la realizzazione di un te dalla base dei distretti, e quecomune di ecocompatibilità del sti marchio rappresenteranno i cluster di appartenenza e noncoinvolge più i singolitutta l’area produtdistretto che distretti. Lo stesso avverrà per i tiva. Il valore aggiunto consiste nel migliocomponenti del Comitato tecramento dell’immagine “verde” del pronico. dotto concia, moltoa quotata, ad esempio, Così facendo arriveremo un CdA composto da un presidennei Paesi scandinavi. te, da un past-president e da otto Uno dei settori del Made in Italy più colpiti rappresentanti dei cluster. Il Codallatecnico, crisi èa sua quello mitato volta,della sarà ceramica che ha composto da un direttore genenel Distretto di Sassuolo il punto di riferid’impresa, dando vita alla cosiddetta Greesigenze di sistemi distrettuali rale, da otto rappresentanti dei mento. Da tempo a Sassuolo hanno capito en Economy. I casi emblematici sono tanti. cluster e da alcuni esperti. che l’export (70% del cifatturato) si riconIn questo contesto necessario, vorrei citarne a mio alcuni avviso, che un goQuesta piccola rivoluzione verno della Federazione diverso. porterà, ne sono convinto, quista puntando ancheadsulla ceramica ecohanno respiro internazionale e danno l’idea Pur continuando a tenere preavere una governance fatta da sostenibile. Sono diventati così un modello della grande vitalità che stanno sviluppansenti i concetti fondamentali di persone che opereranno con una mondiale, in quanto applicano molte delle do i territori. mentalità intradistrettuale ed intraesperienza, la governance sarà ba- 2 -2-3. proiettata versoambientali la crescita e di sostenibilità L’assemblea annuale regionalecertificazioni Chi guarda molto edavanti è il Metadistretsata su consiglieri che rappresentino della Federazione. della Federazione esistenti. Ora stanno lavorando sulla casa to Veneto della bioedilizia, che fa capo a 4. Piattaforme innovative e cluster non più e non solo il singolo distretto, Fino ad oggi il principale punto di managers nei programmi UE deldistretti futuro: piastrelle associate al fotovolTreviso. Diverse aziende stanno lavorando bensì gruppi di cluster omogenei caforza dei è stata la collaboI progetti della Federazione: l’Ospaci diImpatto strutturare progetti trasversali tra imprese. Non basta più. sugli asfalti ecologici. ambientale 3 - 5.Politiche reti europee razione taico. servatorioeDistretti e condivisi a livello nazionale. Inoltre, Il futuro inevitabilmente atIl passerà Distretto dell’abbigliamento Gallaratezero e pieno gradimento addirittura delper i cluster la base, i distretti, devono interagire traverso la collaborazione e l’integra6. Il calabrone e le piattaforme a sua volta, investendo sul Progetto la Soprintendenzamaggiormente ai beni ambientali didecisioproduttive con gli organi zione frase,i distretti. Siamosta pronti ad B-Green (con relativo marchio). Per l’arVenezia. La certificazione Ue permette nali della Federazione che, daa statuto, di politiche industriali 4/5 7.- Manuale Dai Distretti alle reti sono un Consiglio di amministrazioper distretti redamento e l’abbigliamento, sviluppaquesti asfalti di trovare importanti canali Valter Taranzano (e ritorno) ne e un Comitato tecnico. Presidente delladiFederazione dei no tessuti fibre naturali, impiegando le di vendita all’estero. A Capannori (Luc8. Eventi e news Distretti Italiani piante di bambù, la canapa, il pino bianco ca), invece, c’è il più importante distretto questoemersa periodo asto ’indicazionen era viaggiando in lungo e in chiare lettere nel 1° Rapporto largo per l’Italia in primo dell’Osservatorio luogo perNazionale conoscere approfonditamente tutte le realtà Distretti Italiani. Alla domanda territoriali dei distretti che fanno “come risponderete alla crisi?”, le aziende parte della Federazione e poi per distrettuali avevano individuato nell’innopresentare a ognuno di loro la verrà,del valeloro a dire vazione una delle governance chiavi diche volta quella che mi piace chiamare una futuro. A mesi di distanza da quelle intervipiccola rivoluzione nella conduste, molto è stato fatto, in questo senso, dai zione della Federazione stessa. distretti della Federazione. L’innovazione Siccome abbiamo sempre più bisogno di peso e autorevolezza sta investendo settori strategici come quelper incentivare i collegamenli legati all’ambiente e all’ecosostenibilità. ti con operatori istituzionali, Temi che fanno leva sulla culturali responsabilità economici, e scienti- cartario italiano. L’80% della carta tissue (la carta igienica e per la pulizia) arriva da qui. Diverse aziende del distretto hanno preso a produrre e a commercializzare an- che all’estero carta tissue biologica. Altre Distretti italiani Economia, società e politica dei sistemi locali di piccole imprese 6/7 - La rabbia, 1 l’economia e l’immaginazione 8 - Dal mondo dei Distretti norvegese e la betulla. E il fatturato riprende a crescere. Valter Taranzano Presidente Federazione dei Distretti Italiani riciclano carta da macero, tutelando così 1 Vita interna L’assemblea annuale della Federazione Una occasione per fare il punto sui progetti N el mese di giugno si è svolta 2011) diverse pagine verranno dedicate ai mere, a Roma, l’assemblea ti i distretti. Tra i temi che con ogni pro- presso la sede di Unionca- focus su specifiche tematiche riguardan- annuale dei soci della Fe- babilità saranno sviluppati, la crisi (dati, derazione dei Distretti Italiani. In questo strategie, previsioni), le legislazioni re- contesto, il presidente Valter Taranzano gionali, i sistemi di governance, l’export, ha fatto il punto dei “lavori in corso” re- la redditività, la capitalizzazione delle im- lazionando in merito ai progetti che la Fe- prese, il trasferimento tecnologico e i mo- derazione sta portando avanti. Per ragioni delli di cooperazione. Temi che pongono di spazio ricordiamo i più importanti. costantemente i distretti e le Pmi sotto gli Visto il successo registrato dal progetto occhi degli analizzatori (economici e so- rivolto ai Distretti della Meccanica, re- ciali), in particolare oggi che la crisi sta alizzato in collaborazione con Unicredit colpendo l’occupazione (un processo an- e presentato lo scorso novembre a Mila- ticipato dalle conclusioni del I Rapporto no, la Federazione ha deciso di allargare dell’Osservatorio dei Distretti Italiani) e questo tipo di esperienza ai Distretti del- le prospettive di crescita. la Moda. Anche in questo caso il partner coinvolto è Unicredit. Il filo conduttore Sul fronte innovazione e tecnologia, tema dell’indagine sarà: “Come essere com- Politiche pattizie in toscana sostanza, verrà seguito lo schema pro- Altro progetto di ampio respiro è l’Os- meccanica, cioè verranno evidenziati i 2010: la banca dati della Federazione, petitivi: approfondimenti e logiche”. In cedurale già usato per i distretti della punti di forza e i punti di debolezza dei distretti del Sistema Moda Persona, pre- si in considerazione tramite un’analisi quali-quantitativa. I distretti attualmente partecipanti sono quattrordici: Lecchese, Prato e Biella per la produzione tessile; Metadistretto della filiera pugliese, Vero- na Moda e Veneto Sistema Moda per l’ab- bigliamento; Sportsystem di Montebelluna (TV), Fermano-Maceratese e Santa Croce sull’Arno (PI) per concia, calzature e cuoio; Vicenza, Valenza Po (AL) e Marcianise (CE) per l’oreficeria; Occhiale di Belluno e Cappello di Montappone (FM) per l’accessorio. Obiettivo ultimo del progetto, che parte appunto da un analisi qua- litativa e quantitativa dei dati distrettuali, è l’identificazione di ipotesi progettuali replicabili sul territorio e cofinanziabili. servatorio Nazionale Distretti Italiani partita lo scorso anno, si sta sviluppando velocemente e, di fatto, sta diventando il fiore all’occhiello della Federazione. Una finestra sul mondo distrettuale che vuole aprirsi sempre più, diventando la lente d’ingrandimento più autorevole e precisa dei distretti. Saranno allargate le partnership, con l’inserimento di nuovi soggetti istituzionali, e verranno create delle nuove sezioni. Inoltre, l’Osservatorio sta dando spazio a nuovi distretti identificati dal campione Unioncamere-Mediobanca e i distretti stessi saranno suddivisi in quattro categorie: dinamici (governance efficienti), maturi (forte radicamento al territorio), vulnerabili (privi di governance) e virtuali (quelli che esistono solo sul- la carta). Nel II Rapporto dell’Osservato- rio (che verrà presentato nel gennaio del 2 sempre “caldo”, è stata annunciata una collaborazione tra il Comet, Distretto della componentistica e della termoelettromeccanica di Pordenone, il distretto della meccatronica di Vicenza e il distretto della meccatronica di Palermo finalizzata a individuare progetti comuni. Anche in questo caso la Federazione si è configurata come trait d’union tra Nord e Sud dell’Italia, abbattendo ogni sorta di barriera. Un po’ quello che è già accaduto tra il Distretto della moda di Verona e quello tessile di Bari: cioè, la creazione di una fi- liera che è maturata fino agli attuali scambi di rapporti commerciali. Infine, particolare importanza stanno avendo alcuni progetti rivolti all’internazionalizzazione. Al riguardo, una recente missione in Serbia ha dato risultati confortanti sul fronte della promozione e della collaborazione fra le reti europee. Concludendo i lavori dell’assemblea della Federazione, il presidente Valter Taranzano ha annunciato che nel futuro queste trasferte conoscitive saranno più frequenti e mirate. Europa N Politiche e reti europee per i cluster ei giorni 29-30 settembre e 1 ottobre si svolgerà, a Bruxelles, l’European Cluster Conference 2010 che avrà come head line: “World-Class Clusters Renewing European Industry”. Questo evento, al quale parteciperanno dirigenti della Commissione, alti funzionari, autorità regionali, accademici e rappresentanti del mondo industriale, si occuperà del ruolo dei cluster per il rilancio dell’industria europea nella strategia generale di “Europe 2020”. La conferenza, che prevede un intervento introduttivo del Vice Presidente Antonio Tajani, è organizzata dalla Direzione Imprese e Industria della Commissione. Durante la Conferenza, saranno presentate le conclusioni dei lavori dell’ High Level European Cluster Policy Group. A margine dei lavori della Conferenza, sarà varato l’European Cluster Managers’ Club che raccoglierà professionisti di tutte le regioni europee coinvolti a vario titolo nella gestione di cluster e agenzie di sviluppo locale. I lavori scorreranno lungo tre temi guida: i) azioni e strumenti necessari per sostenere un tessuto produttivo moderno; ii) le condizioni di contesto più favorevoli all’affermazione di cluster nei settori innovativi; e iii) come far emergere le migliori politiche distrettuali che possono dare ai cluster caratteri di eccellenza su scala mondiale. La conferenza chiude idealmente una lunga stagione di azioni e di programmi della Commissione Europea sul tema dei cluster. Ricordiamo Europa Innova (2006), azione che ha sostenuto la cooperazione transnazionale tra operatori di cluster; si è formata una piccola comunità composta da amministratori pubblici, accademici, ricercatori, agenti di sviluppo e agenzie Le reti oltre i distretti che da allora si incontra regolarmente per scambiarsi esperienze. Da qui, sotto l’incoraggiamento della DG Industria, sono nati l’European Cluster Observatory e “PRO INNO Europe”, una piattaforma dedicata alle politiche che ha inventariato più di 130 strumenti di intervento a supporto dei cluster. In una precedente conferenza su “innovazione e cluster” (Stoccolma, 22-23 gennaio 2008) è stato definito un Memorandum dove i cluster sono indicati come i driver necessari per centrare gli obbiettivi di Lisbona. In due successivi documenti la Commissione ha invitato paesi e regioni a sostenerne la cooperazione transnazionale: “Towards more world class clusters in the European Union: implementing the broad-based strategy for innovation” (ottobre 2008), e “Towards more and better international cluster collaboration” (aprile 2009). L’ultimo tassello di questa architettura 3 politica istituzionale-relazionale è stato l’insediamento dell’High Level European Cluster Policy Group coordinato dalla prof.essa Tea Petrin (Università di Lubliana, già ministro dell’economia della Slovenia). I termini di riferimento assegnati a questo gruppo di lavoro erano : i) orientare le politiche degli stati membri per renderle adeguate a sostenere cluster capaci di operare con successo nei mercati globali (word-class cluster); ii) fornire a stati e regioni informazioni dettagliate sui cluster e le migliori prassi da questi messe in atto; iii) armonizzare e sintonizzare le politiche a favore dei cluster tra gli stati membri; iv) integrare le PMI più innovative nei cluster e nei progetti per il loro sviluppo; v) incrementare la qualità della gestione dei cluster in tutta l’Unione Europea. In queste conferenze ci sono probabilmente eccessi di riti e convenzioni burocratiche; in ogni caso la Federazione Distretti Italiani seguirà i lavori della European Cluster Conference e contribuirà ai suoi lavori portando le esperienze dei nostri distretti e confrontandole con quelle degli altri cluster europei. Tra le relazioni, che si alterneranno in sedute plenarie e numerosi panel tematici (industrie creative, nuove forme di cooperazione, dai finanziamenti pubblici a quelli privati, strumenti chiave per gestire con successo i cluster), si segnalano la presentazione del sito del Nuovo Osservatorio Europeo sui Distretti (Goran Lindquist, Stockholm School of Economics) e la sessione conclusiva sulle prossime azioni della UE a sostegno dei worldclass clusters. Il programma, la registrazione e le altre informazioni sulla conferenza al sito: http://www.proinno-europe.eu/clusterconference2010/ Politiche Dai distretti alle reti (e ritorno) Le macro e le micro trasformazioni dell’industria italiana I l Centro Studi Confindustria recentemente ha presentato una attenta ricerca (Nuovi produttori, mercati e filiere globali: le imprese italiane cambiano assetto, giugno 2010) che mette sotto i riflettori le trasformazioni dell’industria italiana; la bassa crescita registrata negli ultimi dieci anni, infatti, non ha affatto inibito i processi di adattamento del sistema produttivo alle nuove condizioni dei mercati. Scavando tra le pieghe del nostro declino industriale (che, come sappiamo, è stato certamente sovra rappresentato) emerge un continuo sforzo di cambiamento da parte di un gran numero di imprese lungo gli assi della rilocalizzazione geografica e della rimodulazione della “proposta di valore” del Made in Italy o di una combinazione delle due cose. Cambiamenti che hanno innescato inevitabilmente una serie di torsioni nelle strutture organizzative con la reintroduzione in azienda di produzioni prima affidate all’esterno per salvare i posti di lavoro in fabbrica, la re-ingegnerizzazione delle supply chain e la costruzione di nuovi e più avanzati rapporti di distribuzione, soprattutto nei mercati esteri. Una copiosa letteratura ha cercato di tracciare le macro e le micro trasformazioni dell’industria italiana proponendo una colorita scala di chiavi interpretative che, tra le altre cose, servono a placare l’ansia di tanti piccoli imprenditori desiderosi di capire la direzione di quanto sta succedendo tra filiere più lunghe, alleanze più strette, e ambiziosi progetti collettivi di ricerca, marchi commerciali e reti distributive. In poco tempo la nouvelle vague della sociologia industriale ha celebrato lo svuotamento dei vecchi distretti che si Le buone pratiche per lo sviluppo locale sono riallineati attorno a imprese leader, hanno inglobato servizi professionali più vicini ai grandi centri urbani che alle piccole province ed allungato il raggio operativo fino a dismettere i vecchi abiti per indossare quelli della “imprese rete”. La de-costruzione delle regole sintattiche dei distretti industriali e la contemporanea ricostruzione di nuove forme organizzative si sostanzia nel maggiore uso di legami gerarchici e formalizzati che implicano livelli più elevati di assunzione di rischi. Spesso occorre che scorra del tempo prima che si riconoscano le derive dei cambiamenti dentro la società e i sistemi economici ma questo non è stato per l’avvento delle reti di imprese! A queste si dedicano decine di convegni e si riservano carotaggi giornalistici; le associazioni di categoria cavalcano il tema (lo stesso “patto di Capranica” si è ribattezzato come Rete Imprese Italia); le università 4 lanciano master e corsi di alta formazione mentre fioriscono siti dedicati che offrono pacchetti di consulenze e propongo selezione dei 30 articoli più importanti pubblicati recentemente sul tema. Le reti di impresa, si osserva, sono qualcosa di più di un semplice up-grading dei distretti: per sganciarsi dalla cappa limitante delle piccole dimensioni, le multiformi schiere di pmi hanno cominciato a fare sistema, usano meglio le conoscenze, investono in capitale intellettuale e alimentano nuovi modi di fare business andando oltre i limiti sin qui manifestati nelle esperienze distrettuali. L’originalità delle reti, infatti, non sta nel “tenere insieme” gli operatori di un settore o di un territorio (come facevano appunto i vecchi distretti), ma nel ricavarne un di più di valore per i clienti. Terra di nessuno tra mercato e gerarchia Il termine rete era già usato correntemente nella letteratura economica per designare gli ibridi organizzativi che ricadono in quel continuum di strutture comprese tra il mercato e la gerarchia. Nel vivace dibattito in corso si fa riferimento, tuttavia, ad organizzazioni molto diverse tra loro: abbiamo reti di fatto e reti di diritto; alcune hanno una chiara matrice aziendale privata (ATI, consorzi, GEIE -Gruppo Europeo di Interessi Economici-, business network, etc); altre evocano raggruppamenti variamente costituiti tra sole imprese o tra queste e fondazioni, agenzie di sviluppo, associazioni di categoria, camere di commercio, università, centri di ricerca, enti di formazione, comuni e province. Un tipo di reti evocato come esempio positivo del nuovo clima di apertura e di collaborazione che si sta diffondendo è quello messo in atto dalle 4.000 aziende e dai 650 cen- Politiche tri di ricerca che hanno partecipato ai vari progetti di “Industria 2015”. Un altro aspetto non secondario è che non si fa nessuna distinzione fra le “reti d’imprese” e l’“impresa a rete” anche se le due espressioni sono solo apparentemente simili; mentre la prima sottintende un insieme di rapporti contrattuali “peer to peer”, “l’impresa rete” rimanda ad una organizzazione più forte delle altre che trascina con se una costellazione di subfornitori di varie dimensioni. In altri termini la “rete d’impresa” non era avulsa dalla matrice propria dei distretti industriali come abbiamo imparato a conoscerli, mentre l’“impresa rete” ruota attorno ad un soggetto non necessariamente più forte, ma comunque capace di indicare la strada e di trascinare i partner (e solo questi) sullo stesso progetto. Il carattere innovativo delle reti è che avrebbero in se gli enzimi per sciogliere i legami territoriali e per rendere i nostri distretti più simili ai cluster europei (v. nota pag. 3); ma a ben vedere il comune denominatore delle nuove organizzazioni reti di imprese, più che in quello che “ancora non sono” si caratterizza meglio per quello che “non sono più”, ovvero i buoni, vecchi distretti industriali. Anche se ci sono tracce evidenti che molti imprenditori stanno modificando il proprio modo di guardare alla dimensione aziendale e di rapportarsi alle altre imprese, la diffusione delle reti è solo agli inizi o, se guardiamo attentamente alle prassi consolidate di un settore per la verità poco studiato come l’edilizia (più di 500.000 imprese!), non è affatto una novità. Diversamente dagli affreschi dei giornali, gli studi statistici su networking tra le imprese italiane evidenziano che la propensione a operare in rete nelle forme alternative a quelle usate correntemente nei distretti è cosa ancora decisamente circoscritta (forse non più del 3% del totale delle im- Formare classi dirigenti locali prese, Istat, Rapporto annuale. La situazione del paese nel 2008, Roma, 2009) e che per il momento ci confrontiamo più con un fenomeno che si è appena messo in moto che con i postumi di un terremoto organizzativo. Politiche per le reti Con tutta la buona volontà è difficile negare che a destare tanto interesse per le reti d’imprese concorrono soprattutto i pochi scampoli di politiche industriali di cui fa mostra il Governo, con i reiterati annunci (se ne parla da oltre un anno: legge n. 99, aprile 2009) di provvedimenti a loro favore. Le richieste delle associazioni in questo sono abbastanza chiare: i “distretti” sono i destinatari degli interventi tesi a creare un contesto favorevole all’attività delle imprese (infrastrutture, energia, formazione, aree, ...); alle “reti” si deve fare riferimento, invece, per gli interventi diretti alle imprese: agevolazioni, incentivi, credito,... Il governo, notano convinte, ha 5 dato un segnale chiaro e forte di attenzione per queste nuove forme organizzative ma ora occorrono aiuti fiscali e incentivi mirati; senza un apporto sostanziale, la rincorsa verso le reti con ogni probabilità non andrà molto lontano. La manovra in esame in questi giorni alle Camere sta facendo un altro piccolo passo avanti; le forme, le modalità ed i termini per certificare la partecipazione ad una rete ed accedere ai benefici fiscali, amministrativi e creditizi a loro favore saranno definiti con un provvedimento del Direttore delle Agenzie delle entrate da emanarsi entro 30 giorni dall’approvazione del testo della manovra. E’ stato presentato anche un emendamento che prevede l’esenzione dalle imposte dei capitali che le singole imprese conferiscono alle reti. Ma per mettere in moto l’esercito dei piccoli che si starebbe per iscrivere alle reti occorre decisamente di più e, in ogni caso, non sarà facile separare il grano dei progetti dal basso, autenticamente aggregativi di pmi, dal loglio dei contratti di rete sottoscritti solo per accedere alle agevolazioni o per ritagliarsi un po’ di visibilità sui giornali. Anche le Regioni si sono lasciate contagiare dal fascino delle reti. L’Emilia Romagna ha già messo a disposizione (30 aprile 2010) delle reti d’impresa 12 milioni di € ma le domande di finanziamenti presentate sono state molte di più. La Toscana si accinge a varare un provvedimento che si ispira agli stessi criteri. L’Abruzzo, invece, ha previsto una azione specifica per animare e accompagnare gruppi di imprese nella costituzione delle reti ed ha messo a gara una dote di 650.000 € per la “promozione e diffusione di Reti di Imprese finalizzate alla implementazione dei processi di internazionalizzazione e di apertura ai mercati nazionali e locali per le PMI abruzzesi”. Insomma, c’è ancora molta confusione sotto il cielo! (A.B.) Recensioni P La rabbia, l’economia e l’immaginazione er un decennio Edoardo Nesi ha provato sia a fare lo scrittore che a tenere alta la bandiera del lanificio di famiglia fondato dai nonni dopo la prima grande guerra, ma vero imprenditore forse non lo è mai stato. Questo temeva la mamma quando gli metteva in valigia la giacca pied-de-poule di Versace perché sembrasse davvero un uomo di affari. Questo pensava il socio Alvaro quando Edoardo gli confessa che il cappotto knicherbocker l’aveva comprato per 30 euro al mercato dell’usato. Il fervente desiderio “di poter fare solo lo scrittore” è impresso nel suo progetto di vita, con l’inutile apprendistato nel magazzino ad inventariare casse di filati o a spulciare fatture che saranno pagate con puntualità svizzera e con i romanzi scritti davanti alla sua scrivania in azienda sotto lo sguardo, un po’ complice e un po’ rassegnato, del padre Alvarado. Ciò non toglie che Storia della mia gente ha tutti gli ingredienti di una grande impresa a partire dal mix di audacia, temerarietà e quanto basta di sfrontatezza per gridare, contro il vento dei fondamentali del pensiero economico, lo scoramento, il disincanto e la rabbia di una piccola comunità di provincia che assiste all’inesorabile declino del proprio distretto industriale, stilema di un capitolo sontuoso dello sviluppo economico italiano. Le chiavi interpretative del dramma che fa da cornice all’orgoglio ferito con il quale, dopo ottanta anni di attività, gli eredi dei giganti del miracolo economico decidono di ammainare la bandiera del Lanificio T&O Nesi e Figli, affiorano nei frammenti di storia aziendale che l’autore tratteggia senza farsi doman- Il declino del distretto di Prato de e senza lasciarsi sfiorare da dubbi: “immaginate un prodotto che per trenta anni non ha bisogno di essere cambiato...; unico problema, non riuscire a produrne abbastanza; azzerato ogni costo di ricerca e sviluppo, di pubblicità, di consulenze stilistiche; cancellate il concetto di rimanenza di magazzino e immaginate una città intera costellata di decine e decine di aziende come la nostra...”. Ma neanche lui, tra estati spese a girovagare per college americani e lunghe corse sulle veloci autobahn tedesche, credeva fino in fondo che potesse durare per sempre: “se è caduto l’impero di Alessandro il Grande possono ben cadere anche Prato e l’Italia di quel nostro minuscolo, brevissimo impero economico”. Nella storia di città, regioni e stati nazionali sovente si alternano fasi di sviluppo e di declino e ci sono state altre genera- 6 zioni che hanno lasciato in eredità materiale e spirituale ai propri figli meno di quanto avevano ricevuto; il benessere, per quanto conquistato con sudore e senza fratture sociali come nella Prato delle schiere di mezzadri e operai trasformati in piccoli imprenditori, può crescere per trenta anni, appunto, ma come ci ricorda la storia, può anche arretrare. Nessuno, però, avrebbe scommesso su un declino tanto forte e repentino, così come nessuno, nel ciclo precedente, avrebbe scommesso sul prorompente sviluppo economico pratese. Il destino pietrificato del suo distretto, questo è lo spettro contro cui si lancia l’autore, non si iscrive nelle normali parabole del mondo occidentale. Visto con la rabbia e l’empatia per il dramma della sua (la nostra) gente, il declino di Prato (ma le stesse considerazioni valgono per buona parte dei cento e più distretti industriali italiani) più che a ritardi e resistenze nella adozione di innovazioni o di adattamenti organizzativi o di mancati investimenti nella formazione tecnica, si propone prepotentemente come il risultato amorale di una “battaglia impari contro un’idea sbagliata, ma sostenuta dal mondo intero”, quella di un liberismo economico astratto, sradicato dalla storia. Il dissenso con gli economisti è più apparente che reale perché i fili dei rispettivi ragionamenti si collocano su piani diversi. Da un lato teorie (e politiche) economiche elaborate ai tempi della rivoluzione industriale e reinterpretate riflettendo sulle drammatiche esperienze delle due guerre mondiali e della depressione del ‘29, pietre angolari sulle quali sono stati costruiti gli edifici del Fondo Monetario, del WTO (prima Recensioni Gatt) e dell’Unione Europea. Dall’altro, il grido di dolore di una comunità che non è apertamente contro il gioco dei mercati e la globalizzazione ma punta il dito dritto contro una concorrenza asimmetrica e senza regole e contro l’incontenibile marea di merci che sta mettendo sotto sopra “uno dei più grandi regali che il mondo ha ricevuto dall’Occidente del XX secolo: il welfare e la legislazione sul lavoro”. Per gli economisti, le regole di quel gioco sono le stesse che hanno fornito propellente al miracolo economico di Prato e degli altri distretti italiani; in altri tempi e in altre condizioni l’apertura dei mercati ha allargato gli orizzonti dei lanifici pratesi che hanno messo in ginocchio, uno dopo l’altro, i produttori inglesi e irlandesi di tweed e di tartan tanto cari a Hemingway, le grandi aziende tessili di Norrköping in Svezia, di Aachen nel Nord Reno Westfalia e di Tilburg in Olanda, i produttori di filati pettinati a Roubaix nel Nord Pas de Calais. A fine anni Sessanta i dinamici imprenditori pratesi si presentavano ai cancelli delle aziende in crisi di questi centri per comprare filatoi e telai usati, non diversamente da quanto oggi fanno, con il rumore assordante della Nemesi storica, i loro concorrenti indiani e pakistani nel grande Macrolotto a Ovest di Prato. Per gli economisti ogni dazio è una camicia di forza, la competitività è la molla del commercio internazionale, il successo è la ricompensa di chi si ingegna e si applica più degli altri per fare cose nuove e meglio dei concorrenti. Per la gente di Nesi il mondo è diverso da quello degli economisti; la sua gente non crede nella bontà assoluta “dell’apertura mondiale degli scambi commerciali, e non per ragioni ideologiche ma per puro pragmatismo, per la semplice paura che a gran parte dell’Italia non solo non convenisse ma potesse persino risultare La rabbia della gente di Prato letale”; per la necessità impellente di continuare a credere nei progetti di vita di una città, di un distretto, di un intero paese. Non c’è solo rabbia nella storia spezzata della sua gente; c’è anche un misto di spaesamento e di rassegnazione che porta a bollare come “una cazzata” l’idea che dentro gli italiani alberghi una specie geniale di spirito artistico; a dubitare della “certezza universalmente condivisa che l’Italia sia la culla della creatività mondiale”; a ricordare che nella gloriosa storia industriale di Prato ci sono state schiere di imprese nate e cresciute “al riparo dall’occhio del fisco e delle leggi, in un mondo perfetto e chiuso, protetto dai muri e dai missili nucleari, dai dazi e dalle tariffe”; a prendersela veementemente con il sistema moda che plaude ai grandi stilisti ma non è capace di apprezzare i suoi tesori veri (i filati e i tessuti); a lanciare strali contro gli algidi gruppi internazionali dell’abbigliamento e della distribuzione che mortificano la creatività delle nostre manifatture; ad inveire contro le schiere di economisti italiani e comunitari abbagliati dalle teorie liberiste e rei di non aver adottato politiche industriali e commerciali in grado di 7 preservare il patrimonio culturale e sociale del mondo occidentale. Nella sua appassionante polemica Nesi fa vibrare le corde emotive, le più adatte per “far sentire ... per qualche minuto che cosa si prova a vivere per anni sott’assedio”. Sono gli stessi temi che echeggiano ne La paura e la speranza, il manifesto di Giulio Tremonti contro il “mercatismo”; sono gli ingredienti, più o meno confusi, di un sentiment radicato nelle piccole comunità dei distretti industriali, come fa pensare la sterzata dei loro elettori a favore della Lega nelle ultime elezioni regionali, puntualmente registrata dai sismografi distrettuali di Marco Fortis (“Perché non c’è stata la rivolta degli imprenditori. I dati dicono che i distretti hanno votato centro destra”, Economy, 28 aprile 2020); sono le torsioni dei quattro milioni di imprenditori e di otto milioni di partite Iva che, secondo Dario di Vico, agitano “i Piccoli, la pancia del Paese” (Marsilio, 2010). Se i toni apocalittici de L’Età dell’oro (2004), l’altro libro di Nesi dedicato al declino di Prato, ricordano la metafora delle macerie del capitalismo del Centenario di Oddone Camerata, per Storia della mia gente calzano le note dedicate da Eugenio Montale al Calzolaio di Vigevano di Lucio Mastronardi, “caso riuscito di trasformazione di una situazione locale e sociale in un ritmo narrativo”. La speranza che la sua gente possa riprendersi dalla deriva che la sta spingendo ai margini di una convivenza ordinata e dignitosa è legata all’auspico dello scrittore Richard Ford che “in qualche modo l’economia soccomba a un atto dell’immaginazione”. La rabbia di Nesi si impenna qui e non ci lascia punti di ancoraggio per capire dove può prendere forma questa impresa immaginifica, oggi la più difficile per tutti. (A.B.) Edoardo Nesi Storia della mia gente. La rabbia e l’amore della mia vita da industriale di provincia. Bompiani, Milano, 2010 Eventi e news Dal mondo dei Distretti Contattare la Federazione dei Distretti Italiani segnazione del prestigioso premio Cluster natrice Lisa Maran; c/o Confindustria gestione dei cluster, evidenziando l’im- stre (VE) – tel. 041 2517511 – fax. 041 petitività delle imprese. Il premio, inoltre, http://www.distretti.org/ ne dei distretti e indirettamente favorirà Manager del 2010! Il premio si propone Direttore: Daniela Fontana; coordi- di rendere merito ai risultati ottenuti nella Veneto; Via Torino, 151/C - 30172 Me- patto della gestione distrettuale sulla com- 2517574 - [email protected] darà visibilità ai casi più efficaci di gestio- Vita interna la diffusione delle migliori pratiche e lo scambio di esperienze tra i responsabili L’Assemblea della Federazione Di- dei progetti di tipo distrettuale. L’Europe- so la sede di Unioncamere, il 15 giugno far conoscere e apprezzare la professione occupati dei progetti di attività in corso Le domande di partecipazione vanno in- chiusi con l’approvazione dei bilanci. http://www.cluster-excellence.eu/ece_ stretti Italiani si è svolta a Roma, pres- an Cluster Managers’ Club cerca così di 2010. I lavori dell’Assemblea si sono del “cluster (o district) manager”. e di quelli per i prossimi mesi e si sono viate entro il 15 agosto a: Flash Premio europeo per manager di distretti. Il 29 settembre, nel quadro più generale della European Cluster Conference in programma a Bruxelles (v. pag 3), verrà assegnato il titolo di “Cluster Manager of the Year 2010”. Il progetto è stato promosso dall’European Cluster Managers’ Club. Le candidature saranno vagliate da una giuria internazionale composta da dieci esperti provenienti da diverse regioni europee. I manager dei cluster (nel caso dell’Italia, di distretti tradizionali, tecnologici o di reti di imprese) che, a vario titolo, sono in grado di documentare i buoni risultati ottenuti nella azione del proprio territorio contribuendo in modo Master in Reti d’Impresa. Inaugurato il 2 luglio , a Feltre, il corso di alta formazione in “Gestione e Sviluppo delle Reti di Impresa”. Per organizzarlo si sono associate Confindustria Belluno Dolomiti, la LUISS Business School, l’Università di Padova, la Fondazione per l’università e l’alta cultura in provincia di Belluno e ReteImpresa. Gli iscritti sono quattordici e provengono da sette diverse regioni italiane, da aziende, da associazioni e da società di consulenza. L’obiettivo è apprendere a lavorare con organizzazioni reticolari, valorizzando le potenzialità dell’interazione fra soggetti imprenditoriali, istituzioni e centri-ricerca sviluppamdo ecmy.html al tempo stesso consapevolezza cooperati- Pubblicazioni e di rappresentanza. I docenti provengono va, competenze di governance territoriale OECD Territorial Review: Sweden 2010, in gran parte dalla LUISS di Roma, ma ci delle rassegne curate da OCSE, esamina Padova, dalla Sapienza di Roma e dagli con particolare attenzione al rafforza- testimonianza verrà anche dalla Copen- torialità. Nel noto e apprezzato calco dei tiche si concluderanno alla fine di ottobre. rassegna puntuale corredata da una serie Eventi ti regionali e intergovernativi per raffor- tare la dolce vita. Le nuove opportunità Parigi. lo studio, realizzato nel quadro sono contributi anche dall’Università di le politiche regionali adottate in Svezia atenei di Bologna, Trento, Venezia. Una mento dell’innovazione e della imprendirapporti OCSE, il volume propone una di raccomandazioni sull’uso di intervenzare l’efficacia delle politiche regionali. hagen Business School. Le attività didat- Confindustria, Prometeia, Sace: Esporper il lusso accessibile italiano, Roma 13 aprile 2010, Tempio di Adriano G. Clark, J. Huxley, D. Mountford: Organizing Local EconomicDevelopment.TheRole significativo al rafforzamento della com- of Development Agencies and Companies, petitività delle imprese o del distretto nel LEED (Local Economic and Employement suo insieme, possono concorrere per l’as- Corsi Development), OECD, Parigi, 2010, 130 € Distretti Italiani: Direttore responsabile: Andrea Balestri. Associazione Industriali Massa Carrara; viale XX Settembre, 118 - 54033, Carrara, MS. Tel. 0585 846326 [email protected] 8