L`OSSERVATORE ROMANO
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L`OSSERVATORE ROMANO
Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO POLITICO RELIGIOSO GIORNALE QUOTIDIANO Non praevalebunt Unicuique suum Anno CLVI n. 202 (47.337) Città del Vaticano domenica 4 settembre 2016 . Alla vigilia della canonizzazione di madre Teresa di Calcutta il giubileo dei volontari e degli operatori di misericordia Ratificato il trattato di Parigi Mano tesa di Cristo Xi Jinping e Obama insieme sul clima Vigilia della canonizzazione di madre Teresa in piazza San Pietro, dove sabato mattina, 3 settembre — a ventiquattr’ore dalla solenne cerimonia che sarà presieduta da Papa Francesco — migliaia di volontari e “operatori di misericordia” hanno celebrato il giubileo proprio nel segno della testimonianza della religiosa, instancabile apostola di carità tra i poveri e i sofferenti. Testimonianza di un sacerdote francese Quando incontrai Teresa CHARLES DE PECHPEYROU A PAGINA 5 A loro si è unito lo stesso Pontefice, che definendoli «artigiani di misericordia» ha ricordato che «la credibilità della Chiesa passa in maniera convincente anche attraverso il servizio verso i bambini abbandonati, gli ammalati, i poveri senza cibo e lavoro, gli anziani, i senzatetto, i prigionieri, i profughi e gli immigrati, quanti sono colpiti dalle calamità naturali». Francesco ha messo in guardia, in particolare, dalla tentazione di «voltarsi dall’altra parte per non vedere la fame, le malattie, le persone sfruttate». Per il Papa «non si può distogliere lo sguardo» per «non vedere le tante forme di povertà che chiedono misericordia». Si tratta di «un peccato grave», un «peccato moderno» che talvolta si riscontra nella stessa comunità cristiana. Ma — ha ammonito il Pontefice — «non sarebbe degno della Chiesa né di un cristiano “passare oltre” e supporre di avere la coscienza a posto solo perché abbiamo pregato o perché sono andato a messa la domenica». «La vostra presenza è la mano tesa di Cristo che raggiunge tutti» ha detto infine rivolgendosi ai volontari e richiamando la figura della religiosa fondatrice delle Missionarie della carità — «domani avremo la gioia di vedere madre Teresa proclamata santa: lo merita!» ha scandito — che costituisce una «testimonianza di misericordia dei nostri tempi» e «si aggiunge alla innumerevole schiera di uomini e donne che hanno reso visibile con la loro santità l’amore di Cristo». PECHINO, 3. La Cina ha ratificato oggi l’accordo mondiale sul clima raggiunto il 12 dicembre a Parigi. Poche ore dopo, anche gli Stati Uniti hanno ratificato l’intesa. L’annuncio è arrivato in una dichiarazione congiunta rilasciata dal presidente statunitense, Barack Obama, e dal presidente cinese, Xi Jinping, alla vigilia del vertice del G20 di Hangzhou. Obama, in una cerimonia con il presidente cinese, Xi Jinping, ha affermato che la cooperazione è «la miglior chance che abbiamo» per salvare il pianeta. I due leader hanno simbolicamente consegnato al segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, i rispettivi documenti, in base ai quali i due Paesi si impegnano ai passi necessari per onorare l’accordo di Parigi, che fissa i target sulla riduzione delle emissioni responsabili dell’effetto serra per ogni singolo Paese. «Non si tratta — ha aggiunto Obama — di una battaglia che ogni singolo Paese per quanto potente può fare da solo. Un giorno potremo vedere tutto ciò nel momento in cui finalmente decideremo di salvare il pianeta». Da parte sua, Xi ha espresso l’auspicio che l’esempio sino-americano possa essere una spinta per gli altri Paesi affinché comincino a prendere iniziative sostanziali. Le due grandi potenze mondiali da sole rappresentano il 38 per cento delle emissioni globali di gas serra e la decisione di Washington e Pechino rappresenta un importante passo avanti nell’attuazione del testo che potrebbe entrare in vigore alla fine di quest’anno. L’ac- insulari, la cui esistenza è minacciata dalla crescita del livello delle acque oceaniche e che rappresentano solo l’1,08 per cento delle emissioni. Intanto, il presidente cinese ha dichiarato che il suo Paese è pronto a realizzare «aggiustamenti dolorosi» per dare soluzione ai problemi della sua economia e a portare queste riforme «fino al traguardo». Xi ha parlato dinanzi alla conferenza degli imprenditori delle economie del G20, il cosiddetto B20, riunita a Hangzhou. Il presidente cinese ha riconosciuto che il modello economico del suo Paese degli ultimi anni «non è più sostenibile», per cui si è impegnato a cambiare i suoi motori di crescita per fare della Cina «un Paese innovatore». Dal canto suo, Obama è arrivato in Cina per il suo undicesimo e con tutta probabilità ultimo viaggio in Asia del suo mandato. Una presenza in cui probabilmente confermerà l’attenzione a questo continente cui si è volta la politica estera statunitense sotto i due mandati della sua presidenza. Oggi, vigilia dell’importante appuntamento internazionale, Obama ha avuto, come detto, un lungo incontro con il suo omologo Xi Jinping, padrone di casa nel primo summit dei venti Paesi ospitato dalla seconda economia mondiale. È stato il loro ottavo faccia a faccia e il quarto incontro bilaterale ufficiale. Il primo si svolse in California nel 2015, quando entrambi decisero di aprire «una nuova tappa» nelle relazioni bilaterali. PAGINA 8 Si intensificano i contatti diplomatici tra Stati Uniti e Russia y(7HA3J1*QSSKKM( +.!z!;!z!&! Speranze di tregua ad Aleppo DAMASCO, 3. Gli Stati Uniti e la Russia stanno intensificando i contatti per raggiungere un accordo che consentirebbe di imporre un cessate il fuoco di 48 ore ad Aleppo, nel nord della Siria, e l’apertura di un corridoio umanitario. Lo hanno riferito questa mattina fonti diplomatiche all’emittente satellitare Al Arabiya. L’intesa sarebbe nient’affatto scontata e aspetti chiave dell’accordo sarebbero oggetto di discussione tra le parti, fra cui il segretario alla Difesa statunitense, Ash Carter, e i gruppi dell’opposizione siriana. In particolare, si starebbe trattando sul transito di aiuti umanitari attraverso una delle vie d’accesso al centro di Aleppo controllate dalle forze governative (nei check-point i militari del Governo di Damasco non avrebbero il permesso di ispezionare i carichi) e sulla possibilità che gli aerei di Bashar Al Assad si limitino a voli di ricognizione in modalità «non-combat» sulla zona. Da quanto trapela, l’intesa potrebbe portare a una condivisione d’informazioni d’intelligence tra Washington e Mosca che permetterebbe alle forze russe di effettuare nuovi raid in Siria. Secondo le fonti l’accordo potrebbe essere annunciato dal segretario di Stato americano, John Kerry, e dal ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, già a partire da domani, più probabilmente all’inizio della prossima settimana. Proprio Kerry e Lavrov non erano riusciti la scorsa settimana a Ginevra a raggiungere il ben più ambizioso obiettivo d’imporre una tregua a livello nazionale. Nel frattempo, però, «la Turchia non permetterà che i curdi costituiscano un “corridoio del terrore” al nostro confine sud». Con queste parole, il presidente Recep Tayyip Erdoğan ha ribadito la posizione di Ankara rispetto all’avanzata dei curdi siriani del Pyd e i fini dell’operazione Scudo dell’Eufrate, con la quale l’esercito turco ha fatto il proprio ingresso nel nord della Siria. Erdoğan ha anche smentito la Casa Bianca, negando che i curdi si siano ritirati a est del fiume Eufrate. Secondo Ankara questo ripiegamento, del quale gli Stati Uniti si erano fatti garanti, è condizione imprescindibile per qualsiasi accordo. Il presidente turco ha quindi ribadito che la Bambini in strada alla periferia di Aleppo (Reuters) comunità internazionale non può permettersi di «esprimere preferenze tra organizzazioni terroristiche», dicendosi «incredulo» dinanzi a certe dichiarazioni che giungono dall’O ccidente. Nei giorni scorsi, riferendosi ai curdi del Pyd, il portavoce del Pentagono, Jeff Davis, aveva affermato che «la gente con cui lavorano gli Stati Uniti ha mantenuto la promessa» di ritirarsi oltre l’Eufrate. E una fonte del dipartimento della Difesa, come riferito dall’agenzia curda Rudaw, aveva confermato la notizia del ritiro: «Abbiamo chiarito agli elementi dell’Ypg (Unità di protezione del popolo, braccio militare del Pyd, ndr) che devono tornare a est dell’Eufrate, nel rispetto degli impegni presi. Riteniamo che sia già successo». Dal canto suo, il premier turco, Binali Yıldırım, nella relazione sui primi 100 giorni del suo Governo, ha escluso un ritorno al processo di pace con i curdi del Pkk, affermando tuttavia che è ferma intenzione di Ankara riallacciare i rapporti con Siria ed Egitto. «Hanno perso la loro chance» ha detto Yıldırım riferendosi al Pkk. «Non faremo sconti e andremo fino in fondo, salveremo i cittadini curdi dal problema del terrorismo». E, intanto, in Iraq, almeno 15 persone sono morte ieri e 50 sono rimaste ferite a Baghdad in una serie di attentati e in un incidente avvenuto in un deposito di armi di una milizia sciita. Altri 20 poliziotti iracheni sono stati uccisi e circa 40 sono rimasti feriti in uno scontro avvenuto con i miliziani jihadisti dell’Is a Salaheddin, provincia dell’Iraq settentrionale. I due presidenti ad Hangzhou (Reuters) cordo infatti sarà operativo quando sarà ratificato da almeno 55 Paesi che producono un totale del 55 per cento delle emissioni globali. Secondo gli analisti, la ratifica di Stati Uniti e Cina potrebbe mettere le ali all’accordo di Parigi. Il 21 settembre, Ban Ki-moon ha invitato tutti gli Stati a New York per ufficializzare la ratifica, durante l’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Gli obiettivi dell’accordo sono ambiziosi e richiederanno uno sforzo colossale, soprattutto da parte del gigante asiatico, che deriva il 70 per cento della sua elettricità dal carbone. La notizia della ratifica è stata diffusa dall’agenzia di stampa statale Xinhua, secondo la quale il Comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo — principale organo legislativo — ha intrapreso l’azione prima dell’incontro tra Xi Jinping e Barack Obama. L’accordo di Parigi è stato firmato, a conclusione della Cop21, da 180 Paesi, ma ogni Nazione, in base alla propria legislatura, deve ratificarne il testo. Finora, secondo il sito web delle Nazioni Unite, solo 24 Paesi hanno concluso il processo, ma sono per lo più piccoli Stati Al summit del G20 si parlerà più di economia che di politica, anche se verranno affrontate le principali questioni internazionali. Per un G20 di successo, come la Cina si augura, Pechino insiste sulle questioni relative all’economia globale, più che sulle questioni politiche. La conferma era arrivata nei giorni scorsi dal viceministro degli Esteri cinese, Li Baodong, che aveva sottolineato che «il summit di Hangzhou deve focalizzarsi sulle questioni economiche». NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha nominato il Cardinale Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, Suo Inviato Speciale alla consacrazione della Cattedrale di Karonga (Malawi), che avrà luogo il 5 novembre 2016. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 domenica 4 settembre 2016 La riapertura del ponte Tre occhi ad Amatrice (Ansa) Annunciati nuovi centri di accoglienza per i profughi Parigi chiuderà il campo di Calais ROMA, 3. Dopo la scossa di magnitudo 4.3 nella notte a Norcia, in Umbria, la terra è tornata a tremare nelle Marche alle 12.18, con grado 4.5, nella zona fra Macerata, tra Montegallo e Castelsantangelo sul Nera. Intanto, il Governo ha convocato per martedì tutte le parti coinvolte per l’avvio del progetto Casa Italia. Le due scosse oltre i quattro gradi sulla scala Richter non sembra abbiano provocato ulteriori seri danni. Il sismologo Massimo Cocco, dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, ha spiegato che le due scosse sono state provocate dall’attivazione di nuove faglie, secondo l’andamento teorico noto. «Il quadro di interpretazione della situazione non cambia», ha osservato. La scossa nella notte, con profondità di 11 chilometri, è stata avvertita anche a Rieti e Macerata oltre che a Foligno e nella zona del Perugino. A Norcia ieri è arrivato il commissario straordinario per la ricostruzione, Vasco Errani, che, in questi giorni ha visitato tutti i luoghi devastati dalla tragedia del 24 agosto scorso. Ad Amatrice, dopo dieci giorni di lavori, è stato riaperto il ponte Tre occhi, importante via di collegamento per il paese del reatino. Il sindaco di Amatrice ha detto che la nuova Continua a tremare la terra tra Umbria e Marche Scosse a Norcia e Macerata struttura, inaugurata dal capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio e dalle autorità locali, si chiamerà ponte della rinascita. A proposito di ricostruzione, martedì a Palazzo Chigi, il Governo avvierà gli incontri con tutti i soggetti coinvolti in vista dell’attuazione del piano Casa Italia. Fabrizio Curcio, capo della Protezione Civile, ha detto che «serviranno sette mesi per realizzare delle casette». Da parte sua, Giovanni Azzone, rettore del Politecnico di Milano, nominato project manager di Casa Italia, è intervenuto sulla stampa per ricordare che «oggi ci sono agevolazioni fiscali e finanziarie per gli interventi antisismici ma in pochi le usano e in pochi le conoscono». «Questo significa — ha aggiunto Azzone — che tali agevolazioni così come sono non funzionano e devono essere ripensate». Azzone ha sottolineato anche che in Italia «ci sono grandi finanziamenti per l’edilizia scolastica, ma si devono integrare in un progetto nazionale» e va chiarito, ha Verso le terze legislative in un anno Crisi infinita a Madrid MADRID, 3. La Spagna si prepara a tornare alle urne per la terza volta in un anno, dopo che, ieri sera, il Parlamento di Madrid ha bocciato il secondo tentativo del presidente del Governo incaricato, Mariano Rajoy, di formare un Esecutivo di minoranza. Al leader del Partito popolare (Pp) sarebbe bastata la maggioranza semplice dei voti (176 su un totale di 350), ma anche ieri — come due giorni fa — a favore hanno votato solo 170 deputati. Centottanta i voti contrari. I partiti rappresentati in Parlamento hanno adesso due mesi di tempo, fino al 31 ottobre, per trovare un accordo per la formazione di un Governo prima che re Filippo VI convochi nuove elezioni per dicembre. I quattro grandi partiti, consapevoli della crescente esasperazione del Paese verso la loro incapacità a uscire dalla crisi, si sono detti però pronti a una riforma della legge elettorale per anticipare il voto al 18 dicembre, voto che altrimenti dovrebbe svolgersi a ridosso del Natale. Quella di Rajoy era comunque una sconfitta annunciata. Già mercoledì scorso, alla prima votazione in Parlamento, aveva fatto il pieno dei 170 voti possibili: 137 Pp, 32 di Ciudadanos e un deputato di Coalición Canaria. Contro avevano votato 85 socialisti del Psoe, 71 di Podemos, 24 indipendentisti e nazionalisti catalani e baschi. Ora il percorso si fa ancora più incerto, con la possibilità sempre più concreta delle terze elezioni in un anno, che tutti considerano «assurde» (sarebbe la prima volta dal 1945 in un Paese dell’Europa occidentale). Una ipotesi è che le elezioni basche e galiziane del 25 settembre cambino lo scenario politico — se ci sarà una nuova sconfitta del socialista Pedro Sánchez — e possano spingere i leader del Psoe a imporre un cambiamento di rotta. E che, in parallelo, producano un avvicinamento dei nazionalisti baschi (5 deputati) a Rajoy, il quale potrebbe ritentare l’investitura in ottobre. L’ex presidente del Governo, il socialista Felipe González, ha proposto che il Pp presenti un altro candidato al posto di Rajoy. Ma sembra molto improbabile che ciò POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano [email protected] www.osservatoreromano.va autotrasportatori, lavoratori del porto e semplici cittadini si preparano a manifestare lunedì, per chiedere più sorveglianza sulle strade che portano alla città e all’imbocco del tunnel sotto la Manica. In Italia, sul fronte degli sbarchi, oggi sono arrivati al molo Marconi del porto di Messina, in Sicilia, 812 migranti che si trovavano a bordo della nave della marina militare Bersagliere. Tra loro molte donne, otto delle quali incinte, e diversi bambini. Si tratta di persone come sempre soccorse nei giorni scorsi nel Canale di Sicilia. E ieri a Cagliari, in Sardegna, c’è stato l’arrivo di 931 migranti, di cui 200 minori, sulla nave Dattilo della Guardia costiera e sono stati arrestati ben 13 presunti scafisti, di cui sette risultano essere minorenni. Per due di loro c’è anche l’accusa di aver procurato il decesso di tre persone già già senza vita al momento del soccorso in mare. C’è da dire che, contando altri sbarchi nella giornata precedente, in 48 ore sono arrivati sull’isola otre 1548 migranti. Guardando alla Calabria, nel porto di Corigliano Calabro, è attesa domani la nave di un’organizzazione umanitaria denominata «Vos Chablis» con a bordo circa 800 migranti. E il comandante della nave della Guardia costiera Dattilo, Alessio Morelli, ha ricordato che da marzo 2015 a oggi solo la nave Dattilo ha soccorso 22.000 persone. Morelli ha spiegato che i mezzi che intraprendono questi viaggi stanno cambiando. Per esempio, oltre ai casi di gommoni stracolmi di persone, «sempre più spesso i migranti che arrivano dall’Asia, soprattutto Pakistan e Bangladesh, utilizzano piccole imbarcazioni in legno e costituiscono gruppi poco numerosi». Si moltiplicano così le operazioni di salvataggio in mare. Istituito un Governo tecnico a Skopje Si vota nel Meclemburgo - Pomerania Anteriore Elezioni regionali tedesche Rajoy durante il dibattito in Parlamento (Reuters) avvenga. Un’altra ipotesi, molto fragile, vedrebbe Psoe e Podemos tentare la costruzione di una coalizione “del cambiamento”, con l’appoggio degli indipendentisti e di Ciudadanos. Una strada, però, per ora esclusa dal Psoe. La probabilità L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum inoltre sottolineato, se i fondi europei possano essere dirottati su Casa Italia. Intanto, nelle zone terremotate due uomini sono stati arrestati in flagranza di reato, per furto aggravato, dai carabinieri di Ascoli Piceno mentre riempivano un furgone di materiale della protezione civile e dei vigili del fuoco e di donazioni ai terremotati. È accaduto la notte scorsa al campo Rio di Acquasanta Terme, in provincia di Ascoli Piceno, dove è allestita una tendopoli. Originari di Roma, i due si stavano appropriando di materiale destinato all’opera di soccorso e all’assistenza degli sfollati, comprese donazioni di privati cittadini. Atti di sciacallaggio che suscitano sdegno e offendono la memoria delle vittime del terremoto, il dolore dei sopravvissuti e la generosità dei soccorritori. Così come ha fatto la pubblicazione sulla rivista francese «Charlie Ebdo» di alcune disgustose e ignobili vignette che deridono le popolazioni colpite dal sisma e non rispettano nemmeno i morti. BRUXELLES, 3. La Francia chiuderà la cosiddetta “giungla” di Calais, il campo profughi che si trova ai margini della città nel nord del Paese, in cui sono accampati migliaia di migranti. Lo ha detto ieri il ministro dell’Interno, Bernard Cazeneuve, annunciando nuovi centri di accoglienza. Intanto, sulle coste italiane proseguono gli sbarchi e gli arresti di presunti scafisti. Arrivate quasi duemila persone in due giorni. Nell’ultima operazione in Sardegna sono stati fermati 13 scafisti di cui sette minorenni. L’ampia area verde a Calais sarà smantellata e lo Stato francese creerà nuovi posti in centri d’accoglienza e campi rifugiati entro la fine di quest’anno. Sono le promesse fatte da Cazeneuve durante la sua visita — l’ottava in due anni — nella città diventata il simbolo della crisi dei profughi in Francia. Secondo quanto riferito dal sindaco della città, Natacha Bouchard, durante una riunione del ministro dell’Interno con i rappresentanti degli enti locali si è parlato di sgombero in una sola tappa. Ma le autorità precisano che i tempi dell’operazione restano da definire, anche perché resta il nodo dell’autorizzazione da parte della giustizia a demolire i numerosi negozi e tavole calde improvvisate sorti negli ultimi mesi tra le tende. A metà agosto, il tribunale amministrativo regionale ha detto “no”, e ora si attende l’esito del ricorso al Consiglio di Stato. Parallelamente allo sgombero, ha detto ancora Cazeneuve, sarà portata avanti «la creazione da qui alla fine dell’anno di 2000 nuovi posti in centri di accoglienza e orientamento e di 6000 posti in centri per richiedenti asilo», a cui si dovrebbero aggiungere fino a 5000 nuovi posti alloggio nel 2017. In attesa che le promesse si concretizzino, più concreta è, al momento, che si torni a votare. «Una vergogna», ha tuonato Rajoy puntando il dito contro Sánchez, accusandolo di «volere ripetere il voto fino a un risultato di suo gradimento». Campagna elettorale in Austria per il ballottaggio presidenziale VIENNA, 3. In Austria si alzano i toni della campagna elettorale in vista del ballottaggio bis per le presidenziali del 2 ottobre prossimo. Per irregolarità nello scrutinio dei voti per corrispondenza, la Corte costituzionale di Vienna aveva annullato la vittoria al secondo turno del candidato indipendente (ma sostenuto dai Verdi), l’ecologista Alexander Van der Bellen, che a maggio si era imposto per soli 31.026 voti sull’ultranazionalista Norbert Hofer, leader del Partito della libertà. Il primo turno si era invece chiuso con la vittoria di Hofer. Determinanti, per ribaltare l’esito del voto, erano state le 740.000 schede elettorali spedite per posta, GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Giuseppe Fiorentino vicedirettore Piero Di Domenicantonio che avevano consegnato la vittoria finale a Van der Bellen. Ma il Partito della libertà, secondo cui sarebbero state registrate irregolarità in 94 dei 117 collegi elettorali, aveva annunciato un ricorso, accolto dalla Corte costituzionale. Van der Bellen è chiamato a difendere un vantaggio di nemmeno 30.000 voti, un’impresa per nulla scontata dopo la Brexit e dopo le stragi di Nizza e di Monaco. Hofer, infatti, punta molto sui temi della sicurezza e della difesa della cultura e dell’identità mitteleuropea, mentre Van der Bellen si oppone ai venti nazionalisti e alla chiusura ermetica dei confini. Gli analisti concordano che saranno decisivi i voti degli indecisi. Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione BERLINO, 3. Domenica sono in programma le elezioni regionali nel Land nord-orientale tedesco del Meclemburgo - Pomerania Anteriore, dove il partito cristiano-democratico (Cdu) del cancelliere, Angela Merkel, rischia di essere superato dai populisti di destra di Alternativa per la Germania (Afd). Quelle nella regione dell’ex Ddr sono le prime di sei tornate elettorali che si terranno in Germania prima delle elezioni federali del settembre del 2017. L’11 si vota per le Comunali in Bassa Sassonia e fra due settimane a Berlino. I sondaggi prevedono che la grande coalizione tra Cdu e socialdemocratici della Spd — al Governo a livello nazionale e da dieci anni nel Meclemburgo - Pomerania Anteriore Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va — possa essere confermata. Oltre ad attribuire alla Spd una vittoria con il 28 per cento dei consensi, un sondaggio pubblicato nelle ultime ore dall’istituto Wahlen prevede, soprattutto, un testa a testa — attorno al 22 per cento — tra la Cdu e Afd. Un’altra rilevazione (Insa) sta catalizzando il dibattito pre-elettorale, prospettando addirittura un sorpasso senza precedenti sulla formazione di Merkel, ferma al 20 per centro, da parte del partito nazional-populista accreditato di un 23 per cento. Nelle regionali di marzo in Sassonia-Anhalt, la formazione di destra ottenne una simile affermazione con il 24,3 per cento dei consensi, sorpassando, però, la Spd. Un comizio elettorale a Schwerin (Ansa) Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 SKOPJE, 3. Nella Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia è stato costituito ieri un Governo tecnico di transizione, che avrà il compito di portare il Paese alle elezioni anticipate dell’11 dicembre. A favore del nuovo Esecutivo hanno votato 95 deputati. Due i contrari. La creazione del Governo tecnico 100 giorni prima del voto era prevista dall’accordo dei giorni scorsi fra le quattro principali forze politiche, che hanno deciso — con la mediazione dei rappresentanti di Stati Uniti e Ue — di tenere le nuove elezioni a dicembre. A guidarlo è l’attuale premier, Emil Dimitriev, e di esso fanno parte anche esponenti dell’opposizione. Il Parlamento sarà sciolto 60 giorni prima del voto e la campagna elettorale dovrebbe cominciare il 20 novembre. Il Paese balcanico, ricordano gli analisti, vive una lunga crisi politica che va avanti dal febbraio 2015, quando il leader dell’opposizione socialdemocratica, Zoran Zaev, accusò il premier conservatore, Nikola Gruevski, e il suo Governo di avere intercettato le conversazioni telefoniche di oltre 20.000 persone, compresi politici, magistrati, diplomatici, giornalisti. Tentativi di tenere elezioni anticipate erano falliti il 24 aprile e, successivamente, il 5 giugno. Soddisfazione per l’accordo raggiunto sulle elezioni è stata espressa dall’Unione europea. Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Ivan Ranza, direttore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO domenica 4 settembre 2016 pagina 3 Forze di sicurezza a Davao sul luogo della strage (Reuters) La firma dell’accordo tra Governo di Bogotá e le Farc il 26 settembre a Cartagena Pace in Colombia Bomba in un mercato provoca quattordici morti Grave attentato nel sud delle Filippine MANILA, 3. Il gruppo jihadista Abu Sayyaf ha rivendicato l’attentato di ieri nel mercato notturno della città filippina di Davao, nel sud-est, che ha provocato almeno 14 vittime e oltre settanta feriti, molti dei quali ricoverati in ospedale in gravi condizioni. Lo ha detto il sindaco di Davao, Sarah Duterte, figlia del presidente del Paese asiatico. «L’ufficio del presidente ci ha confermato che è stata una rappresaglia di Abu Sayyaf», il gruppo islamista affiliato al cosiddetto Stato islamico (Is), ha precisato il primo cittadino. Davao è la più grande città delle Filippine meridionali, con una popolazione di due milioni di abitanti e si trova a circa 1500 chilometri dalla capitale Manila. Il presidente Duterte ha annullato il suo primo viaggio all’estero, in Brunei, per seguire gli sviluppi della situazione dopo il grave attentato. Da quando è entrato in carica, a inizio luglio, il capo dello Stato ha sferrato una vasta offensiva militare contro i terroristi di Abu Sayyaf, responsabili, tra l’altro, di periodici sequestri di persona (tra cui quello dell’italiano Rolando Del Torchio, liberato lo scorso aprile). Hong Kong al voto per il rinnovo del Parlamento HONG KONG, 3. I cittadini di Hong Kong si recano domani alle urne per le prime elezioni legislative dopo il cosiddetto “movimento degli ombrelli” del 2014, un movimento di protesta che voleva il suffragio universale. Due anni dopo si presentano alle urne i partiti tradizionali, divisi fra gruppi invisi a Pechino e quelli a favore dell’attuale Governo, e anche i nuovi partiti politici emersi dal “movimento degli ombrelli”, caratterizzati da gruppi locali e candidati che hanno fatto la campagna elettorale per l’indipendenza di Hong Kong dalla Cina. Uno sviluppo inaspettato, indicano gli analisti politici, dato che nel 1997, quando la Gran Bretagna cedette la sovranità di Hong Kong alla Cina, la popolazione locale non aveva alcuna aspirazione indipendentista. Le elezioni di domenica dovranno, dunque, stabilire la composizione del Consiglio legislativo — il mini-Parlamento di Hong Kong — che viene però eletto con un sistema ben lontano da quel suffragio universale che era stato chiesto dai manifestanti. I 70 seggi del Consiglio sono, infatti, riempiti per metà da parlamentari eletti tramite voto corporativo, e solo 35 di loro sono eletti dal voto popolare. Non a caso, la rete televisiva statunitense Cnn ha definito le elezioni di Hong Kong come «le più complicate al mondo». Secondo un recente sondaggio condotto dalla Chinese university, i consensi per l’indipendenza di Hong Kong sono in crescita. Pochi giorni fa, nei combattimenti nell’isola di Jolo, una delle principali roccaforti di Abu Sayyaf, a 900 chilometri da Davao (città natale del presidente Duterte, di cui è stato sindaco per oltre 20 anni), sono rimasti uccisi almeno trenta jihadisti e quindici soldati. Circa 7000 soldati sono stati impegnati nella lotta al movimento armato, che si calcola conti su poche centinaia di militanti. Gli analisti ricordano che nel sud delle Filippine sono attivi altri gruppi armati separatisti musulmani, e che l’accordo di pace per un’ampia autonomia siglato con il principale di essi — il Fronte islamico di liberazione Moro — si è arenato in Parlamento. Nelle campagne meridionali opera anche una guerriglia comunista, che il presidente sta cercando di coinvolgere nelle trattative di pace. Poche ore dopo l’attentato, Duterte — che ieri sera si stava dirigendo proprio verso il mercato notturno e che, secondo alcuni media locali, era il vero obiettivo dell’attacco — ha dichiarato lo stato di illegalità in tutto l’arcipelago asiatico. In una dichiarazione alla stampa, il presidente ha precisato che la mossa non si tradurrà nell’imposizione della legge marziale, ma potrà consentire ai militari di essere dispiegati nei centri urbani a sostegno della polizia per aumentare i controlli e istituire posti di blocco. «Questi sono tempi eccezionali», ha detto il capo di Stato ai giornalisti visitando il luogo dell’esplosione. Due giorni fa, la polizia ha reso noto di avere sventato un attentato contro Duterte, scoperto grazie alla dichiarazione di un contrabbandiere d’armi, che aveva fatto intendere come influenti narcotrafficanti volessero vendicarsi contro il presidente, la cui “guerra alla droga” ha causato oltre 2000 vittime in pochi mesi. BO GOTÁ, 3. Il presidente colombiano, Juan Manuel Santos, ha annunciato che firmerà il trattato di pace con le Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) alla fine di questo mese a Cartagena. «Questo è forse l’annuncio più importante della mia vita — ha detto Santos in un discorso — aggiungendo che la cerimonia della firma è prevista per il 26 settembre. La scorsa settimana il Governo Santos e le Farc hanno raggiunto uno storico accordo, ponendo fine a 42 anni di ostilità da parte del più grande gruppo ribelle dell’America latina. L’accordo dovrà poi essere approvato dai colombiani, chiamati a esprimersi in un referendum indetto per il 2 ottobre. Nessun dettaglio è stato fornito sulla cerimonia. Prima della sua firma, l’accordo deve essere ratificato anche dalla conferenza nazionale delle Farc, che inizierà il prossimo 17 settembre e si concluderà il 23. Inizialmente prevista per il 13, la conferenza è stata rinviata «per ragioni logistiche», secondo un comunicato dei ribelli. causato oltre 260.000 morti, a cui si aggiungono milioni di sfollati. Secondo le stime del Governo di Bogotá, le persone colpite in maniera diretta o indiretta dal conflitto sono state oltre sette milioni e mezzo. Negli ultimi anni, le Farc — nate negli anni sessanta come braccio armato del partito comunista impe- gnato nella lotta contro i grandi latifondi armati — si finanziavano anche con il narcotraffico e i sequestri. Il rapimento più noto attuato dalle Farc fu quello della candidata presidenziale Ingrid Betancourt, tenuta prigioniera per sei anni fino alla sua liberazione nel 2008. Di nuovo in piazza i sostenitori di Rousseff Cortei antigovernativi a San Paolo Al potere in Uzbekistan per 27 anni A Samarcanda i funerali del presidente Karimov TASHKENT, 3. Sono previsti per oggi a Samarcanda i funerali del presidente dell’Uzbekistan, Islam Karimov, morto in seguito a un ictus che lo aveva colpito lo scorso fine settimana. Dopo una giornata di incertezza sulla sorte del capo dello Stato, 87 anni, ieri sera tardi a confermare la notizia del decesso è stata una delle sue figlie, Lola KarimovaTillyaeva. «Ci ha lasciato», ha scritto sulla sua pagina facebook. Il presidente russo, Vladimir Putin, ha definito la morte di Karimov «una perdita pesante per l’intero popolo uzbeko, la Comunità degli Stati indipendenti (Csi) e i Paesi partner nell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai». Karimov, che ha governato il Paese dell’Asia centrale per più di un quarto di secolo dopo la caduta dell’Unione sovietica, non ha un successore chiaro. Formalmente, è il presidente del Senato che per tre mesi assume i poteri in Uzbekistan in caso di impedimento del presidente. Ma da quando Karimov è stato ricoverato, Nigmatulla Yulda- Ancora tensioni in Gabon LIBREVILLE, 3. Non accenna a diminuire la tensione in Gabon dopo le violenze scoppiate all’annuncio della conferma alla guida del Paese del capo di Stato uscente, Ali Bongo. Più di 1000 persone sono state arrestate dalle forze di sicurezza. I risultati delle elezioni presidenziali a turno unico hanno dato la vittoria a Bongo con il 49,8 per cento delle preferenze, contro il 48,23 per cento del leader dell’opposizione, Jean Ping, uno scarto di circa 6000 voti. Ora, tocca alla Corte costituzionale confermare i numeri. L’opposizione, tuttavia, ha denunciato «elezioni fraudolente» e ha chiesto di rendere pubblici i risultati di ogni seggio, una richiesta avanzata anche da Stati Uniti e dall’Ue. In una nota dell’Eliseo, il presidente francese, François Hollande, ha espresso profonda preoccupazione per la crisi politica in Gabon e ha «condannato duramente le violenze e i saccheggi, così come le minacce e gli attacchi contro i sostenitori dei principali candidati». Migliaia di manifestanti si sono riversati nelle strade, contestando la La firma dell’intesa, composta da 297 pagine, dovrebbe favorire lo scioglimento delle Farc, che al momento contano circa 7.000 militanti. Secondo quanto concordato, i membri delle Farc dovrebbero consegnare le armi a una missione delle Nazioni Unite dispiegata in 28 aree rurali entro sei mesi. A chi confesserà i propri crimini di guerra sarà consentito di scontare la propria pena prestando servizi sociali nelle aree più colpite dal conflitto. Al futuro movimento politico saranno riservati 10 seggi in Parlamento per due legislature, fino al 2026. Dopo, dovrà dimostrare la propria forza alle urne. In attesa del referendum, Governo e Farc stanno comunque facendo dei passi avanti per l’attuazione dell’intesa: ieri i negoziatori all’Avana hanno annunciato che a partire dal 10 settembre i bambini soldato con meno di 15 anni lasceranno i campi dei guerriglieri e saranno presi in carico da rappresentanti dell’Unicef. La Colombia si avvia dunque a mettere fine a un conflitto che ha vittoria di Bongo, erede di una dinastia al potere da quasi mezzo secolo. Sparatorie sono scoppiate in più parti della capitale, Libreville, e colonne di fumo si sono alzate dal Parlamento, il cui ingresso è stato dato alle fiamme dai dimostranti, che si sono ripetutamente scontrati con le forze di sicurezza in assetto antisommossa. Da parte loro, i sostenitori di Ping — già presidente dell’Unione africana dal 2008 al 2012 — hanno denunciato un assalto della polizia alla sede del comitato elettorale, che avrebbe provocato due morti. Hollande ha chiesto «a tutte le parti» di esercitare «moderazione e calma», esortando le autorità a mettere in atto un «processo che garantisca la trasparenza dei risultati elettorali». Sono circa 450 i soldati di Parigi di stanza nell’ex colonia, insieme a circa 10.000 cittadini francesi. Un analogo invito alla calma è arrivato ieri anche dall’alto rappresentante per la Politica estera e la sicurezza comune dell’Unione europea, Federica Mogherini. shev, in carica dal gennaio dello scorso anno, non si è manifestato in alcun modo. Il premier Shavkat Mirziyoyev, 59 anni, a capo del Governo dal 2003 con la delega sull’agricoltura, settore cruciale dell’economia del Paese, ha invece presenziato al posto di Karimov a uno degli eventi per la giornata dell’Indipendenza che si è celebrata giovedì in scala ridotta. Viene infatti indicato come uno dei possibili successori, insieme al vicepremier e ministro delle finanze, Rustam Azimov, 57 anni, ex banchiere, negoziatore di Tashkent con l’Fmi ed esponente più liberale del regime. Il capo della Casa Bianca, Barack Obama, ha dichiarato che con la morte del presidente Islam Karimov «l’Uzbekistan inizia un nuovo capitolo della sua storia». «Gli Stati Uniti — ha assicurato in una nota il capo della Casa Bianca — restano impegnati nella partnership con l’Uzbekistan, alla sua sovranità, sicurezza e a un futuro basato sui diritti di tutti i suoi cittadini». Proteste di sostenitori dell’ex presidente Rousseff a San Paolo (Reuters) BRASILIA, 3. Dopo giorni di cortei e proteste, una nuova manifestazione è stata organizzata a San Paolo, in Brasile, domenica dai sostenitori dell’ex presidente della Repubblica, Dilma Rousseff, che contestano il nuovo capo dello Stato Michel Temer. Si tratta di movimenti sociali, vicini al Partito dei lavoratori (Pt), che non hanno accettato l’impeachment approvato dal Senato con cui Rousseff è uscita di scena mercoledì scorso. Nel Paese si discute anche sulla decisione, presa dalla maggioranza dei senatori, di respingere l’interdizione dai pubblici uffici per otto anni dell’ex capo di Stato Rousseff, prevista dalla Costituzione in caso di impeachment. Da parte sua, il presidente Temer, che si trova ad Hangzhou in Cina, per partecipare al G20, parlando con i giornalisti ha affermato che «dopo un lungo periodo di turbolenza politica e strangolamento economico, il Brasile ha voltato pagina, lasciandosi alle spalle tutta l’instabilità economica e politica degli ultimi anni». Temer è stato ricevuto dal presidente cinese Xi Jinping, con cui ha discusso degli investimenti cinesi in Brasile che spaziano dal settore dell’energia alle infrastrutture e all’acciaio. In alcune dichiarazioni alla stampa rilasciate alla vigilia della sua missione in Cina, Temer si è impegnato a trovare, durante il suo primo viaggio internazionale come presidente in carica, «le risorse e gli investitori» per il futuro del Brasile. Colloqui sul processo politico libico Missione di Kobler ad Algeri TRIPOLI, 3. Mentre proseguono i combattimenti a Sirte tra le forze fedeli al premier libico designato, Fayez Al Sarraj — sostenute dai raid dell’aviazione statunitense — e i miliziani del cosiddetto Stato islamico (Is) asserragliati negli ultimi bastioni della città, l’inviato speciale dell’Onu per la Libia è atteso oggi e domani ad Algeri per una serie di colloqui con il ministro per gli Affari maghrebini dell’Unione africa- Forze del premier Al Sarraj impegnate a Sirte (Reuters) na e della Lega araba, Abdelkader Messahel, a proposito «degli ultimi sviluppi del processo politico in Libia e sugli sforzi richiesti per la restaurazione della pace, la sicurezza e la riconciliazione nazionale in questo Paese amico e vicino». Secondo un comunicato del ministero degli Esteri algerino l’inviato delle Nazioni Unite terrà una conferenza aperta ai rappresentanti dei corpi diplomatici, incentrata «sugli sforzi a proposito del regolamento in corso e sulle prospettive del processo di pace in Libia». Dal canto suo, il ministro degli Esteri francese, Jean-Marc Ayrault, ha dichiarato che «la minaccia terrorista e la proliferazione dei traffici costituiscono sfide urgenti», e il Governo guidato da Fayez Al Sarraj «per sradicare l’Is, deve prendere il controllo di tutte le istituzioni e del territorio. Ma per questo ha bisogno di trovare un compromesso con il Parlamento di Tobruk e il generale Haftar». Il capo della diplomazia di Parigi ha aggiunto che «la Francia è pronta a sostenere questi sforzi, in collegamento con le potenze regionali, a cominciare dall’Egitto». L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 domenica 4 settembre 2016 Uno dei 102 acquerelli dedicati da Salvador Dalí alla «Divina Commedia» di MARCO BECK hi Pisa, vituperio de le genti / del bel paese là dove ’l sì suona […]». Continua ancora oggi a echeggiare, varcando una distanza di oltre sette secoli da quando Dante compose il XXXIII canto dell’Inferno, la violenta invettiva contro la città che, nel vortice dei conflitti tra le fazioni dei guelfi e dei ghibellini, perpetrò l’infamia della condanna a morte inflitta dall’arcivescovo Ruggieri al conte Ugolino della Gherardesca: una pena efferata sia per la modalità anticipatrice di uno dei futuri orrori di Auschwitz, il “bunker della fame” dove consumò il suo martirio san Massimiliano Kolbe; sia per il coinvolgimento di due figli e due nipoti del presunto traditore, del tutto «innocenti» in virtù dell’«età novella». Oggi, però, Pisa si sta riscattando. Ha ormai “perdonato” al vate fiorentino l’apocalittica minaccia di un’inondazione provocata dalla Capraia e dalla Gorgona giunte a ostruire la foce dell’Arno. Nella locale università insegna Letteratura italiana Marco Santagata, che con le sue pubblicazioni (saggi, una biografia e persino un romanzo) ma soprattutto con l’edizione delle Opere di Dante nei Meridiani di Mondadori sta significativamente contribuendo a un rinnovato approccio alla figura e agli scritti del sommo poeta, sull’abbrivio del doppio anniversario (20152021). E per suo impulso proprio la città “vituperata” ha organizzato nello scorso maggio la manifestazione Dante posticipato: incontri tematici, mostre, letture pubbliche, esibizioni di scrittori. Un altro evento collettivo ad maiorem Dantis gloriam, di notevole spessore culturale, si è svolto a Milano nel 2015: il tradizionale Dies aca- La fede nella Commedia «A Quanto più il mondo del poeta si allontana da noi tanto più si accresce la nostra volontà di conoscerlo Parola di Montale demicus dell’Accademia ambrosiana, emanazione della Biblioteca ambrosiana, è stato dedicato a una serie di approfondimenti specialistici sul capolavoro dantesco. Ne è scaturito un volume dalle molteplici, affascinanti sfaccettature: Peccato, penitenza e santità nella «Commedia», a cura di M. Ballarini, G. Frasso e F. Spera (Roma, Bulzoni Editore, 2016, pagine XII + 216, euro 20). Il titolo stesso conferisce legittimo risalto a quelle convergenze poeticospirituali con il leitmotiv del giubileo della misericordia che di fatto innervano la maggior parte dei contributi offerti da dodici autorevoli “addetti ai lavori”. Inaugura la rassegna il cardinale Gianfranco Ravasi, che ripercorre — con acume esegetico contrappuntato da rimandi non solo scritturali e patristici ma anche artistico-musicali (paragone tra Dante e Bach) e filosofico-teologici (Kierkegaard in Timore e tremore: «La fede è la più alta passione dell’uomo») — il canto XXIV del Paradiso, là dove san Pietro sottopone Dante a un vero e proprio “esame di teologia”. Le cinque domande dell’esaminatore e le corrispondenti risposte del «baccelliere» tracciano, in chiave intensamente autobiografica, un profilo della religiosità di Dante rispetto alle questioni “lievi e gravi” del credere. Emerge, in tutta la sua vastità e profondità, la cultura biblica del poeta. L’affermazione «fede è sustanza di cose sperate / e argomento delle non parventi» è palesemente ricalcata sulla definizione che egli leggeva, secondo la Vulgata latina, nella Lettera agli Ebrei (11, 1). Spiega poi Dante come la logica, il «silogizzar» che invera la sua fede, si fondi «in su le vecchie e ’n su le nuove cuoia», cioè sul sacro dittico dell’Antico e del Nuovo Testamento. E nella scia di Agostino e di altri padri della Chiesa, fino a Tommaso d’Aquino, ecco la prova dirimente, il supremo miracolo che certifica l’assoluta veridicità del Vangelo: la conversione del mondo pagano operata Come stella in cielo prodigiosamente da evangelizzatori in apparenza deboli e marginali fra cui lo stesso Pietro. Infine, al culmine di una riepilogativa professione di fede aperta dal dogma trinitario, Dante suggella il suo “catechismo” con una sintesi folgorante: «Quest’è la favilla / che si dilata in fiamma poi vivace, / e come stella in cielo in me scintilla». Puntuale nel cogliere il “dantismo” anche di Paolo VI (lettera apostolica Altissimi cantus del 1965) e di Benedetto XVI (enciclica Spe salvi, 2007, n. 13), il cardinale Ravasi ricorda come proprio questa splendida immagine sia stata citata da Papa Francesco all’inizio della sua prima enciclica, Lumen fidei (2013, n. 4), per descrivere la luce della fede destinata a illuminare tutta l’esistenza umana. Ancora sul Paradiso incentra il suo intervento monsignor Marco Ballarini. Analizzando i due canti agiografici XI-XII, che hanno come protagonisti Francesco d’Assisi e Domenico di Guzmán, il dottore dell’Ambrosiana sottolinea anzitutto che Dante ci vieta di leggere quei due modelli di «santità nuova (e ultima?)» in chiave di semplice parallelismo, di mera giustapposizione biografica. È un medesimo progetto provvidenziale che li vede uniti in una comune militanza per la rigenerazione della Chiesa. Nella loro duplice, infaticabile missione si attua la conciliazione di aristotelismo domenicano (primato dell’intelletto) e agostinismo francescano (primato della volontà), il superamento della frattura tra razionalismo e misticismo, radicati in simbiosi nel fondamento evangelico. I due “campioni” impegnati a «mantener la barca / di Pietro in alto mar per dritto segno» corrispondono all’ideale dantesco di un cristianesimo povero, immune da ogni pretesa di potere, ma anche combattivo contro la corruzione ecclesiastica, il dilagare dell’eresia e le derive spiritualistiche, nel quadro di una fedele comunione con la Sede apostolica. Italianista e francesista, autore di pregevoli indagini sui rapporti tra teologia e letteratura, Ballarini ha trattato un suggestivo tema dantesco anche in una sua recente raccolta di saggi letterari, Lo Spirito e le lettere, vol. I (Edizioni di Storia e Letteratura, 2015, pagine XII + 228, euro 24). Distillando da emblematici passi della Commedia il pensiero di Dante circa il corpo, l’anima e la risurrezione della carne, il sacerdote e docente milanese ha sondato le “ragioni del cuore” che s’innestano nel tronco teologico del dogma sino a giustificare il «disio» di rivedere con occhi corporei, grazie all’escatologica palingenesi della carne, quanti nella carne abbiamo amato prima della morte. Meritano almeno una menzione e un encomio, tra gli altri artefici del convegno ambrosiano e dei relativi Atti, Giuseppe Frasso (Paradiso XXIV-XXVI: appunti sulla santità apostolica), Alfonso D’Agostino (La seduzione del male), Francesco Spera (Il tempo e lo spazio della penitenza), Claude Cazalé Bérard (Il poeta e la sua scrittura come strumento della Redenzione). Alla ricorrenza di un genetliaco incastonato nel mega-anniversario della nascita di Dante va ricondotta la pubblicazione di un’opera corale i cui pregi contenutistici si rispecchiano nella sontuosa veste tipografica: Per beneficio e concordia di studio, a cura di Andrea Mazzucchi (pagine XXIV + 940, euro 75), volume stampato dalle Arti Grafiche Bertoncello di Cittadella (Pd) nel dicembre 2015 con l’impiego, non casuale, del carattere “D ante” (!) e distribuito dalla Salerno Editrice. Come chiarisce il sottotitolo, si tratta di un repertorio di Studi danteschi offerti a Enrico Malato per i suoi ottant’anni. Coprende uno spettro cromatico di temi e spunti che spaziano da un’acuminata specializzazione a una levigata divulgatività: ben cinquantasette studiosi hanno composto uno sfavillante mosaico in onore di uno dei nostri maggiori dantisti, ciascuno inserendovi una propria tessera peculiare. Affiorano compendi o lacerti di lavori in corso. C’è chi recupera, con aggiornamenti esegetici, perso- naggi e luoghi “topici” della Commedia, come Luciano Canfora, ricercatore di radici classiche nell’invenzione dantesca del «nobile castello» all’interno del Limbo; Franco Cardini, che riconsidera, tra storia e leggenda, la figura del Saladino, «eroe per l’Europa cavalleresca»; Giuseppe Galasso, che si concentra sulla posizione di Dante in merito ai due grandi Svevi, Federico I Barbarossa e Federico II, l’«eretico» condannato all’inferno tra gli epicurei. Particolarmente interessanti le sintesi sulla “fortuna” di Dante nell’interpretazione di alcuni suoi estimatori eccellenti: Matteo Palumbo illustra la visione che delle tre cantiche aveva Boccaccio, con le conseguenti rifrazioni (e talora inversioni di segno) sulla narrativa del Decameron; Floriana Calitti rivela la lungimirante modernità delle letture dantesche nel saggismo letterario del Foscolo esule a Londra; Antonio Saccone riporta alla ribalta la ragionata passione di Montale per la Commedia, in sintonia con altri due insigni poeti del Novecento da lui coltivati, Eliot e Pound. Si segnalano anche penetranti scorci di una dantologia “trasversale”, ad esempio l’affondo di Lina Bulzoni nel «valore etico del tempo» e nell’«arte medievale della memoria», a partire dalle complesse articolazioni dell’«albero dei peccati» (Inferno XI). Una singolare angolatura viene poi proposta attraverso la citazione di numerosi romanzi, perlopiù thriller, in cui Dante, tessitore nel suo poema di trame criminali (Paolo e Francesca, Ugolino, Pia de’ Tolomei...), assurge al ruolo di detective capace di risolvere casi Eugène Delacroix, «Ugolino e i suoi figli» (1856-1860) di misteriosi delitti: è questo l’ambito nel quale si aggirano, privilegiando il modello seriale di Giulio Leoni, tanto Paolo Orvieto quanto Carlachiara Perrone. Giovanni Boccaccio vide nell’amata Commedia un «eccellentissimo dono» consegnato per sempre ai posteri. Eugenio Montale ha attribuito la straordinarietà del perpetuarsi di quel dono al fatto che «quanto più il mondo di Dante si allontana da noi, di tanto si accresce la nostra volontà di conoscerlo». Alla luce dell’inesausta sete di conoscenza testimoniata dalla fioritura di tali e tante ricognizioni dantesche, com’è possibile non concordare col poeta degli Ossi di seppia? Nel segno dell’intelligenza teologica Dante e la misericordia di GIOVANNI BATTISTA RE Dante Alighieri è stato non solo il più grande poeta italiano, che ha vissuto con intensa partecipazione la vita dei suoi tempi, ma aveva anche una straordinaria intelligenza teologica che, con piglio sicuro, si è addentrata nelle problematiche più alte della dottrina cristiana. Sul tema della misericordia divina il poeta fiorentino esprime considerazioni teologicamente profonde ed esatte. Attirano l’attenzione soprattutto due episodi raccontati nella cantica del Purgatorio, luogo di purificazione e di espiazione, che Dante qualifica come il posto in cui le anime attendono «a farsi belle» (Purgatorio II, 75), per rendersi degne di salire in paradiso al cospetto di Dio. Dante è sorpreso di trovare nel purgatorio, e non all’inferno, il re Manfredi, figlio di Federico II, re di Sicilia e di Puglia. Anzi, è talmente sorpreso che, in un primo tempo, scambia quell’uomo «biondo... bello e di gentile aspetto» col re Davide e lo riconosce solo dopo che l’interessato gli dice: «Io son Manfredi, nipote di Costanza imperatrice». Manfredi era stato scomunicato dal Papa ed era morto nella battaglia di Benevento il 26 febbraio del 1266. Egli chiede a Dante di chiarire, quando tornerà sulla terra, la sua sorte. E spiega che quando in battaglia fu colpito da due lance mortali, «io mi rendei, piangendo, a quei che volertier perdona. Orribil furon li peccati miei; ma la bontà infinita ha si gran braccia, che prende ciò che si rivolge a lei» (Canto III, vv.119-123) Il secondo episodio si trova nel quinto canto del Purgatorio e riguarda Bonconte, figlio di Guido di Moltefeltro, ucciso nella battaglia di Campaldino nel 1289. In terra né la moglie Giovanna, né altri parenti lo ricordano nelle loro preghiere, Agnolo Bronzino, «Dante rivolto verso il Purgatorio» (1530) per cui egli tiene sempre la testa bassa per la vergogna. Bonconte racconta a Dante che quando nella battaglia gli fu «forata la gola» e perse la vista e la parola, «nel nome di Maria finii, e quivi caddi e rimase la mia carne sola» (versi 100-102). Dio non è solo «l’amor che muove il sol e l’altre stelle» ma è anche colui che «volentier perdona» Nel momento estremo della vita, Bonconte invocò il nome della Madonna, ricordando la conclusione dell’Ave Maria recitata in gioventù: «Prega per noi peccatori adesso e nell’ora della nostra morte». Ma questa invocazione della Beata Vergine Maria, che salva Bonconte, fa arrabbiare il demonio che scatena una tempesta di proteste, perché un angelo del cielo gli strappa dalle mani quell’anima solo «per una lacrimetta» all’ultimo istante di vita, mentre Satana era sicuro di portarsi quell’anima all’inferno (versi 87107). Si tratta di altissima poesia, perfettamente corrispondente all’insegnamento cattolico sulla divina misericordia. Per Dante, Dio non solo è «l’amor che muove il sol e l’altre stelle», ma è anche colui che «volentier perdona». Come insegna anche Papa Francesco, la misericordia di Dio è una dolcissima verità che sta al centro del Vangelo e che costituisce «l’architrave della vita della Chiesa». Dio non abbandona nessuno, ma dà a tutti la possibilità di un nuovo inizio. Non ci sono situazioni dalle quali non possiamo uscire. Nella vita si può sbagliare, ma l’importante è rialzarsi sempre. Dio ci ama, e proprio perché ci ama, nella sua infinita misericordia è sempre disposto a perdonarci, purché da parte nostra vi sia il pentimento del male compiuto e il proposito di portare i nostri passi sulla via del bene. L’OSSERVATORE ROMANO domenica 4 settembre 2016 pagina 5 Jamie Lee, «Ritratto di Madre Teresa con bambino in stile Pop Art» (XX secolo) Testimonianza di un sacerdote francese Quando incontrai Teresa di CHARLES DE PECHPEYROU ono poche le persone a non essere rimaste sconvolte dal loro primo incontro con madre Teresa di Calcutta. Padre Christian Daleau, un sacerdote francese di 81 anni, che oggi esercita il suo ministero nella diocesi di Luçon, affacciata sull’Atlantico, e che ha servito l’opera di madre Teresa per molti anni, è tra coloro S per i quali quell’incontro ha rappresentato una vera e propria svolta. Siamo alla fine degli anni Settanta. Questo sacerdote, che aveva scelto di dedicarsi all’insegnamento nel centro della Francia, ha scoperto da poco quella straordinaria figura della Chiesa, grazie a una delle sue alunne, che gli confida il suo desiderio di entrare nella vita religiosa per seguire il cammino di madre Teresa e che si mostra sorpresa dal fatto che il suo professore, un sacerdote, non la conosca. Decide allora d’interessarsi a colei che oggi chiama “la madre”. Man mano che familiarizza con la sua figura e si dedica alla diffusione del suo pensiero, padre Daleau sente crescere in lui il desiderio d’incontrarla. Il primo incontro avviene a Roma nel 1977: «Ammetto che mi colpì più di quanto mi aspettassi, per la sua semplicità e la sua presenza nel momento che stava vivendo» confessa oggi al nostro giornale. All’incontro era presente anche il fratello di madre Teresa, ufficiale in pensione residente in Sicilia; cercava di attirare la sua attenzione, ma lei non gli dava ascolto, incontrato la moglie del presidente. Il presa com’era da alcuni bambini venuti tempo passava e iniziavo a preoccuparmi, ma lei mi ha rassicurato: il presidente avefin lì per salutarla. «In quel momento non provai alcun va messo a nostra disposizione la sua aurimpianto per aver lasciato l’insegnamento tomobile e la sua scorta. Ritenendo che i e aver seguito la piccola religiosa nel suo motociclisti stessero rischiando la propria lavoro al servizio dei più poveri» racconta il sacerdote francese. Padre DaAveva un attaccamento speciale per la recita leau ha potuto poi constatare questa preoccupadel rosario soprattutto nelle emergenze zione di madre Teresa Lo fece recitare anche per i motociclisti per il momento presente in un contesto completadella scorta di Giscard d’Estaing mente diverso, ossia in temendo che stessero rischiando la vita per lei occasione dell’incontro della religiosa con il presidente della Repubblica Valéry Giscard d’Estaing nel Palazzo vita per aprirci la strada in direzione dell’Eliseo, nel 1980. «Con alcuni amici dell’aeroporto, madre Teresa ci ha ingiunl’abbiamo accompagnata lì in macchina e to di recitare il rosario per loro. Una volta abbiamo cercato di far sì che tutto andas- arrivati, ha chiesto a ognuno quanti figli se bene. Dopo il suo incontro con il capo aveva e di portare loro la sua benedizione. di Stato, abbiamo celebrato la messa nel Uno dei motociclisti si è messo a piangeconvento dei domenicani in rue du Fau- re, turbato da quella presenza sempre al bourg Saint-Honoré. Solo dopo la messa, servizio degli altri. Benedire era il suo moin un secondo momento, madre Teresa ha do particolare di dire grazie». In un’altra occasione, mentre tornava a Parigi con madre Teresa dall’abbazia benedettina di Saint-Louis-du-Temple a Vauhallan, nella regione parigina, padre Daleau rimase colpito dall’attaccamento di madre Teresa alla recita del rosario, soprattutto in situazioni di urgenza. «Una volta arrivati a Parigi, la sera, mi disse che l’indomani doveva partire urgentemente per Roma. Ma come? Una suora prese il telefono e cominciò a chiamare tutte le compagnie aeree. Nel frattempo madre Teresa c’invitò a pregare. La vidi prendere un grande rosario legato alla sua cintola. Le decine passavano. E all’improvviso la suora ci annunciò di aver trovato un posto su un volo Alitalia! Non potrei giurare che quello sia stato l’effetto immediato della nostra preghiera, ma c’era una fiducia illimitata in Dio» rammenta il sacerdote francese. Padre Daleau ha anche ricordato con emozione il giorno in cui ha accompagnato madre Teresa a Oslo, dove doveva ricevere il premio Nobel per la Pace. Era il 10 dicembre 1979. «Il momento più emozionante fu chiaramente il suo discorso, e si rifiutò di partecipare alla cena di gala; mi colpiva il fatto che lei associava sempre la pace alla fede cristiana e al Vangelo, tanto era impregnata dalla presenza di Gesù che determina tutto, presente in tutti i dettagli. Mi fu poi difficile pubblicare e diffondere quel testo in Francia, giudicato, per i suoi continui riferimenti al Vangelo e a Cristo, non abbastanza neutrale per essere accolto da tutti». Cinque anni dopo, sempre in Francia, madre Teresa animò una veglia di preghiera nella cattedrale d’Orleans. Come a Oslo, sottolinea padre Daleau, che aveva organizzato l’incontro, «la sua preoccupazione era di far prendere coscienza ai cristiani d’occidente che una condivisione delle ricchezze era necessaria, ma che andava di pari passo con un approfondimento della fede». Soprattutto visitando i “poveri tra i poveri”, piuttosto che raccogliendo fondi. «Madre Teresa temeva che i donatori si sentissero così liberi dal doversi impegnare di persona a favore dei più bisognosi — spiega padre Daleau —. E voleva prima di tutto dei co-worker, che si facessero, come lei, un posto tra i poveri». Quel crocifisso appuntato sul sari Concluso il simposio di AsiaNews di VINCENZO FACCIOLI PINTOZZI Mf Husain, «Mother Therese» (1994, particolare) Concerto a San Paolo di ROSSELLA FABIANI «Cantare l’inno di madre Teresa, con le parole che lei stessa scrisse quando aveva appena 18 anni, è per me, per la mia vita e per la mia carriera, un grande regalo». Inva Mula, la più famosa soprano albanese, è la protagonista del concerto che si tiene questa sera, sabato, nella basilica di San Paolo fuori le Mura, alla vigilia della canonizzazione della religiosa. E per lei, artista musulmana, è stata un’emozione straordinaria. «L’avevo interpretato — ha detto ancora la soprano, riferendosi all’inno — la prima volta un anno fa nella cattedrale di Pristina, in Kosovo, e non potevo immaginare allora che sarei stata adesso qui a Roma in un’occasione così importante». Il concerto si aprirà con l’Ave Maria di Schubert per concludersi appunto con l’inno di madre Teresa, ed è stato organizzato dall’amministratore apostolico di Prizren, Dodë Gjergji, assieme alla Conferenza episcopale d’Albania e ai vescovi di Macedonia e Montenegro. La basilica di San Paolo fuori le Mura è stata scelta «proprio perché anche San Paolo, come madre Teresa, è l’evangelizzatore della nostra terra e anche a lui abbiamo voluto rendere omaggio con la musica», ha detto monsignor Gjergji. La musica, quindi, come veicolo di dialogo e di amore. Con un’orchestra — la Filarmonica del Kosovo — e cantanti musulmani che hanno reso omaggio a una santa cattolica. Del resto anche madre Teresa diceva che «la musica, come l’amore, sono due cose che non hanno bisogno di spiegazioni», perché nascono dal cuore e superano ogni frontiera. edere presto un santuario nei pressi di Aden «per onorare le martiri della carità, quelle suore di madre Teresa che con il loro impegno e il loro estremo sacrificio hanno onorato nel miglior modo possibile la memoria e l’esempio della fondatrice». È l’auspicio espresso da monsignor Paul Hinder, vicario apostolico della Penisola arabica, concludendo i lavori del Simposio internazionale di AsiaNews dedicato alla ormai prossima santa. Il presule era stato previsto fra i relatori, ma alcuni impegni lo avevano V Nello Yemen devastato dalla guerra civile la gente muore di fame E alle missionarie della Carità è impedito di accostarsi all’eucaristia costretto a disdire la partecipazione. Liberatosi all’ultimo momento, è giunto a metà dell’incontro ed è stato invitato a parlare prima della fine. «Mi avete colto di sorpresa — ha detto sorridendo ai presenti — perché non pensavo di dover intervenire. Ma voglio chiedere a tutti voi presenti di pregare per noi». La si- tuazione nello Yemen, Paese a stragrande maggioranza islamica devastato da una sanguinosa guerra civile, «è terribile. Da anni la gente muore di fame, e le violenze si moltiplicano». Allo stesso modo, «è terribile la situazione delle ultime missionarie della Carità rimaste nell’area. Dal rapimento di padre Tom (il salesiano Tom Uzhunnalil, scomparso dopo il raid del 4 marzo scorso in cui persero la vita quattro suore) non possono accostarsi all’Eucaristia. E se conoscete madre Teresa e le sue missionarie, sapete che dolore enorme possa essere per loro». Il tema è stato in effetti centrale durante tutto il Simposio. Aprendo i lavori il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, si è distaccato dal testo preparato per sottolineare l’importanza fondamentale della «cristologia nell’operato di madre Teresa. Senza comprendere che Cristo è stato ed è il centro dell’opera di questa Congregazione e della sua fondatrice, non si comprende la realtà del loro sterminato amore nei confronti di chi soffre di più». Anche il direttore di AsiaNews, padre Bernardo Cervellera, ha voluto rimarcare la predominanza dell’annuncio evangelico attraverso le opere di carità e la necessità fondamentale di rimanere sempre con gli occhi fissi su Gesù Cristo: «Papa Francesco ce lo ricorda sin dalla sua elezione. La Chiesa e i cattolici impegnati nel sociale non sono e non possono diventare un’organizzazione non governativa. Il compito del cristiano è prima di tutto annunciare il Vangelo e la Madre lo ha fatto sempre, con le parole e con i gesti». Uno dei testimoni diretti della vita di madre Teresa, l’arcivescovo di Mumbai, cardinale Oswald Gracias, ha aperto il suo intervento chiedendosi cosa avrebbe detto «lei» davanti a questo incontro: «Avrebbe detto che non si dovrebbe parlare di uomini e donne, ma di Gesù. E ci avrebbe invitato tutti a smetterla di chiacchierare per andare a fare qualcosa per i poveri». Ricchissimo di aneddoti personali e di ricordi — divertenti e commoventi — il contributo del cardinale Gracias ha spaziato dal coraggio all’amore della prima missionaria della Carità: «Ma avrebbe potuto fare questo senza Cristo, senza i sacramenti, senza una fede semplice e profonda? No, non avrebbe potuto. Senza Dio, la “piccola matita” si sarebbe spezzata». L’arcivescovo di Mumbai ha anche voluto raccontare la reazione del suo Paese, l’India, alle critiche nei confronti delle missionarie della Carità che in questi giorni — come spesso accade sulla stampa internazionale — sono state riportate alla luce per cerca di offuscare la rilevanza mondiale della canonizzazione. «Mi hanno invitato — ha raccontato ai presenti — a rispondere a un politico Senza una fede semplice e profonda avrebbe potuto fare tutto quello che ha fatto? No, non avrebbe potuto Senza Dio la “piccola matita” si sarebbe spezzata dell’ala oltranzista del governo. Questi aveva ritirato fuori le vecchie storie: la Madre non è una santa ma un’astuta sfruttatrice della povertà altrui. Per rendere più vivace il dibattito, i giornalisti televisivi prima di me hanno fatto commentare queste critiche a quindici persone comuni, tutte non cristiane tranne una. Ebbene, gli intervistati hanno espresso soltanto amore e ammirazione per la fondatrice e le sue suore: alla fine mi è rimasto da dire solo “sono d’accordo”. E hanno chiuso il collegamento». Della centralità eucaristica nella vita delle suore di Madre Teresa ha parlato lungamente anche sister Mary Prema Pierick, attuale superiora della Congregazione: «Quando sono stata accolta nell’ordine la nostra Madre mi ha voluto appuntare il crocifisso sul sari e, con la sua voce bassa, mi ha detto: “Figlia mia, ricevi il simbolo del nostro Sposo. Segui le sue tracce in cerca di anime. Porta Lui e la sua luce nella casa dei poveri, in modo particolare di coloro che ne hanno più bisogno. Porta e diffondi sempre la carità del suo cuore. Soltanto così potrai dissetare la sua sete di anime”». Sono parole, ha concluso con evidente commozione la religiosa, «che in quella prima mattina non avevo compreso, ma che con il tempo hanno scavato in profondità nel mio cuore. Madre Teresa ha sempre messo prima di tutto la fame più profonda che accomuna ogni essere umano, di ogni religione e in ogni parte del mondo: la fame di D io». L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 domenica 4 settembre 2016 Un sussidio dell’Ecumenical Water Network MANILA, 3. «Siamo contrari a queste uccisioni, così come siamo contrari al ritorno della pena di morte nella nazione. Stiamo incoraggiando tutti i gruppi cattolici a presentare ognuno la propria posizione, affinché vi possano essere suggerimenti e spunti importanti per risolvere la situazione. Dobbiamo, alla fine di questo percorso, individuare una “voce comune” che sia quella della Chiesa e del popolo che rappresenta». Sulla lunga serie di omicidi che si registra ormai da settimane nelle Filippine e che vede come vittime presunti narcotrafficanti è intervenuto il vescovo ausiliare di Manila, Broderick S. Pabillo, che in una dichiarazione ad AsiaNews ha ribadito con forza la posizione dell’episcopato. «La Chiesa vigila e vigilerà — sottolinea il presule — affinché non tornino gli anni bui», per allontanare «le ombre della dittatura militare». Tuttavia, per riuscirci, «è necessaria unità e compattezza nel denunciare ogni deriva giustizialista». Secondo dati ufficiali la guerra ai trafficanti di droga ha già provocato nelle Filippine duemila morti. Ma potrebbero essere addirittura il doppio come stimano alcune organizzazioni della società civile che denunciano anche il Siamo ancora in tempo Preoccupazione per il clima di violenza nelle Filippine A rischio il rispetto dei diritti umani fatto che spesso gli autori di queste stragi non vengono perseguiti, anche se risulta che abbiano sparato contro persone disarmate. Esecutori materiali di questi omicidi extra giudiziari — accusano i vescovi — sono gruppi armati che Qualità del nuovo evangelizzatore SYDNEY, 3. «Per il successo del rinnovamento delle parrocchie, il nuovo evangelizzatore ha bisogno di quattro qualità: coraggio, fiducia, senso dell’urgenza e gioia». È quanto ha dichiarato il cardinale Donald William Wuerl, arcivescovo di Washington, nel discorso di apertura di Proclaim 2016, la conferenza sulla nuova evangelizzazione organizzata dalla Conferenza episcopale australiana. Per rendere efficace il rinnovamento delle parrocchie, secondo il porporato, è necessario «un rinnovamento della nostra fede personale perché siamo stati chiamati a uscire e a essere discepoli missionari. Prima di tutto, abbiamo bisogno di soffermarci in preghiera con lo spirito. Poi, abbiamo bisogno di vivere fiduciosi nella verità; infine, dobbiamo avere il desiderio di condividere la nostra fede come discepoli evangelizzatori. Quando la parrocchia incoraggia i suoi membri a essere evangelizzatori — ha concluso — essa può diventare un centro di irradiazione missionaria costante». compiono veri e propri raid, godendo spesso di una certa immunità. Per monsignor Pabillo questa situazione sta mettendo a rischio il rispetto dei diritti umani. Tra l’altro «non è ben chiaro se le vittime siano davvero trafficanti di droga». Nella Chiesa e nella società civile si sono levate molte voci di condanna e in difesa dei diritti civili della popolazione. Tuttavia, spiega il vescovo, queste voci «non sembrano essere abbastanza rumorose». Per questo, aggiunge, «abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti, anche della comunità internazionale, per essere sicuri che chi è al potere ascolti quanto abbiamo da dire». Il pericolo, osserva il vescovo ausiliare di Manila, è anche nell’appoggio dell’opinione pubblica a questo modo di combattere il narcotraffico. Oltretutto, spiega, non c’è certezza sulla catena di comando, e le forze dell’ordine talvolta paiono agire in maniera indipendente e fuori controllo. Il vescovo Pabillo ammette che «la tossicodipendenza e il commercio di stupefacenti sono un problema enorme per le Filippine, forse addirittura il più grave. Ma non ci si può concentrare soltanto su questo problema, la guerra alla droga non può essere l’unico focus». Sulla piaga degli omicidi extragiudiziari è intervenuto nei giorni scorsi anche il cardinale arcivescovo di Manila, Luis Antonio G. Tagle. Dopo aver invitato a «promuovere sempre il rispetto della vita umana, che è sacra, a proteggerla in ogni condizione e a ogni stadio della sua evoluzione» (il riferimento era soprattutto alla piaga dell’aborto), il porporato ha condannato il mercato della droga. «Vendere queste sostanze illegali e spingere i giovani verso il vizio è un’altra forma di omicidio: si uccidono i loro sogni, le loro menti e le loro relazioni sociali e familiari». Tuttavia, davanti a un colpevole, «ci si deve sforzare affinché abbia una nuova vita e la possibilità di rialzarsi in piedi». SAN PAOLO, 3. «L’acqua, il cibo e la giustizia climatica sono la chiave per un futuro sostenibile». Questo è stato uno dei messaggi principali dell’Ecumenical Water Network del World Council of Churches (Wcc) durante i lavori dell’assemblea generale dei Consiglio dei presbiteriani e dei riformati delle Chiese dell’America latina (Aipral), svoltosi a San Paolo, in Brasile. Come parte del lavoro sui cambiamenti climatici e l’accesso all'acqua potabile, l’Aipral ha messo a punto un nuovo strumento pedagogico: si tratta di un libro dal titolo «Siamo in tempo». Il testo si propone di ispirare le riflessioni su come la creazione di Dio sia influenzata dalle pratiche umane, dal consumismo, dall’avidità e dalla mancanza di responsabilità nei confronti del dono di una casa comune. Dal punto di vista della fede cristiana, il libro «Siamo in tempo» affronta temi come l’acqua, i cambiamenti climatici, la natura come creazione di Dio, la salute ambientale, la sicurezza alimentare, la biodiversità, l’ecoteologia e inoltre mette in evidenza i suggerimenti che la fede cristiana può offrire nei momenti di crisi. La nuova pubblicazione è il risultato di numerosi dibattiti e incontri svolti negli ultimi anni in America latina, tra cui la consultazione sul tema «Giustizia climatica e acqua», durante la quale ha svolto un ruolo attivo la copresidente del network ecumenico del Wcc, Veronica Flachier. Per noi, come Chiese riformate — ha spiegato Gabriela Mulder, che ha presieduto le consultazioni dell’Aipral — è indispensabile lavorare per la giustizia climatica. Non possiamo negare, come cristiani, che questo problema non sia una priorità e una responsabilità. Ci auguriamo che la nuova guida possa essere di aiuto per rispondere a questo problema come comunità di fede». Anche in occasione della conferenza di Stoccolma, organizzata per celebrare la Settimana mondiale dell’acqua e che si è conclusa venerdì, Dinesh Suna, membro del Wcc, ha ribadito che «come Chiese non possiamo limitarci a festeggiare la Giornata mondiale dell’acqua ma dobbiamo occuparci della sua accessibilità garantita a tutti», e ha incoraggiato i partecipanti ad aderire all’esortazione del Wcc di eliminare la produzione di acqua in bottiglia dal Nord America ed Europa dove «l’acqua del rubinetto è sicura e potabile». Fidei donum veneti in Thailandia Il caffè della missione BANGKOK, 3. Borse di studio grazie al caffè: è uno dei tanti progetti realizzati da padre Bruno Rossi, missionario fidei donum padovano, dal 1999 in Thailandia. A beneficiarne sono i ragazzi del centro di formazione che ha sede a Chae Hom, nella provincia di Dampang, che nel 2000 è diventato parrocchia. «Da tre anni — racconta ad AsiaNews — abbiamo iniziato questa nuova attività, che ha l’intento di aiutare gli agricoltori dei monti che coltivano caffè di buona qualità. Negli anni passati il re ha lanciato un progetto per sostituire la coltivazione di oppio con quella di caffè e lo Stato compra i chicchi dai contadini per poi tostarlo». L’idea di padre Rossi è stata quella di eseguire la tostatura in loco, per poi vendere il prodotto a prezzo maggiore sul mercato. È così che è nato il “Caffè Bruno”: «Abbiamo comprato una tostatrice da trenta chili e l’abbiamo portata nel centro. Ora compriamo il caffè dai coltivatori, lo tostiamo e lo rivendiamo in Thailandia e all’estero. Con i guadagni creiamo borse di studio per i ragazzi». Ogni anno il centro produce ottocento chili di qualità arabica al 100 per cento, che «porta un guadagno non indifferente. Grazie a questo progetto la struttura potrà sostenersi senza bisogno di aiuti esterni anche quando i missionari se ne andranno». Tutto è nato dal rapporto con i missionari del Pime, già presenti in Thailandia da tempo: «Ora siamo in quattro, tre della diocesi di Padova e uno di Belluno. Ci siamo stabiliti nella provincia di Chiang Rai, nel nord-ovest del Paese, ma abbiamo due parrocchie a Chae Hom e una a Lamphun, regione molto industrializzata». In totale, i sacerdoti si occupano di quaranta villaggi abitati da diverse tribù (akha, lahu, hmong, karen). All’arrivo dei missionari, le due chiese non esistevano e la messa veniva celebrata in modo saltuario nei villaggi sparsi nella grande regione. A Chae Hom, come detto, si trova una delle attività principali, il centro di formazione: «Lì — spiega padre Rossi — ospitiamo i ragazzi provenienti dalle montagne, che altrimenti sarebbero troppo distanti dalle scuole per frequentare le lezioni. Abbiamo una capienza di cento persone ma ora ce ne sono sessanta perché nel frattempo abbiamo inaugurato altre due strutture più vicine ai villaggi». Solo la metà degli studenti ospitati è cattolica e «sempre più spesso riceviamo richieste di genitori buddisti che vogliono mandare i loro figli da noi». Dare agli studenti una casa per frequentare la scuola, seguire i cattolici che vivono nei villaggi sulle montagne, aiutare i coltivatori locali di caffè: questi i principali obiettivi dei missionari veneti in questa parte della Thailandia. Un progetto organizzato da quindici diocesi del Triveneto che a metà degli anni Novanta hanno pensato di aprire una missione in Asia con l’obiettivo di collaborare a un progetto comune. A Chae Hom le famiglie dei ragazzi devono provvedere solo alle spese della scuola, per il resto «offriamo tutto noi, chiediamo solo un contributo iniziale di due sacchi di riso. Qualche anno fa — continua il missionario — grazie a una colletta italiana abbiamo comprato un appezzamento di terra che i ragazzi coltivano a riso. Il lavoro li aiuta a integrarsi fra loro, maschi e femmine, cattolici e non». Pur essendo un centro cattolico, viene chiesto anche ai ragazzi buddisti o animisti di partecipare alle attività religiose. La partecipazione all’eucaristia è libera per tutti, e molto spesso è più alto il numero di non cattolici. «Ciò fa capire che questi ragazzi sono in una fase di ricerca interiore», conclude padre Bruno. Iniziativa della comunità evangelica in Italia Lavoro e creato ROMA, 3. Dal 1° settembre al 4 ottobre sempre più Chiese cristiane nel mondo osservano un particolare periodo liturgico dedicato alla preghiera e all’azione per l’ambiente. Nell’ambito del «Tempo per il creato 2016», la Commissione globalizzazione e ambiente (Glam) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) ha preparato una raccolta di materiali intitolata «Lavoro, un intervento nel creato a immagine di Dio? Dominio o servizio?». Il tema del lavoro — si legge nell’introduzione — è stato scelto sulla scia dell’esperienza della «Carovana per la dignità e la sostenibilità del lavoro» che ha viaggiato nel 2015 attraverso l’Italia. Esperienza che ha messo in evidenza come «la giustizia economica e la giustizia climatica si tengano per mano. Entrambe chiedono conto della sostenibilità del lavoro per chi lo svolge, per la società e per il pianeta». I principali problemi sono quelli della disoccupazione, dell’emigrazione giovanile qualificata, della precarietà, della sempre più bassa remunerazione, fatti che hanno riportato il tema del lavoro «nell’agenda della politica, dell’economia, dei media e delle chiese». La raccolta della Glam propone anche materiale teologico a uso delle comunità per i culti del «Tempo per il creato», periodo che va appunto dal 1° settembre, inizio dell’anno liturgico nella tradizione ortodossa, al 4 ottobre, festa di san Francesco d’Assisi. L’idea — ricorda Riforma.it (quotidiano on-line delle chiese evangeliche battiste, metodiste e valdesi in Italia) — fu lanciata nel 1989 dall’allora patriarca ecumenico Demetrio e successivamente adottata da tutte le comunità cristiane del mondo, che si impegnano a celebrarlo ecumenicamente. Impegno ribadito di recente sia dalla Conferenza delle chiese europee sia dal Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa. L’OSSERVATORE ROMANO domenica 4 settembre 2016 pagina 7 Eugène Delacroix «Il buon samaritano» (1849, particolare) Alla giornata di ringraziamento dopo la canonizzazione di madre Teresa Il cardinale Puljić inviato papale a Skopje La missione dei cristiani nel mondo secondo John Henry Newman Per piacere a Dio di HERMANN GEISSLER Il 1° novembre 1836 il predicatore anglicano John Henry Newman ha tenuto un sermone sul tema «Rendere gloria a Dio nelle attività terrestri». Egli parte dalla considerazione che la grande maggioranza dei cristiani esercita una professione nel mondo ed è loro dovere «glorificare Dio proprio in tale missione, nell’ambito di essa e per mezzo di essa». Secondo Newman, nell’adempimento di questa missione si devono evitare due pericoli: da una parte, quello di essere assorbiti dal mondo e di esercitare la propria professione per spirito terreno. Newman ritiene che questo atteggiamento sia purtroppo dominante nelle società moderne: «Dello spirito di ambizione parlo, per usare una parola forte che d’altronde è l’unica a esprimere appieno il mio pensiero, di quella bassa ambizione che spinge ciascuno a preoccuparsi del successo e dell’ascesa nella vita, ad accumulare denaro, a sopprimere i rivali e a soppiantare i primi arrivati. Ecco un quadro della mentalità cui, più o meno, a seconda dei differenti temperamenti, tutti si ispirano nel loro atteggiamento verso il mondo. Meglio, molto meglio sarebbe allontanarsi totalmente dal mondo piuttosto che legarsi a esso così, meglio fuggire come Elia nel deserto, che servire a Baal e ad Astarot in Gerusalemme». A causa di questa mentalità gli uomini diventano spesso schiavi del mondo e adoratori degli dei e soprattutto di “mammona”, del denaro. D’altra parte, Newman accenna anche a un’altra tentazione, cioè quella di fuggire dal mondo. Il predicatore di Oxford descrive questo atteggiamento falso con queste parole: «Sapendo di dover essere ciò che la Scrittura chiama “l’uomo spirituale” (1 Corinzi, 2, 15), egli si immagina che per diventarlo occorra assolutamente rinunziare a ogni seria attività terrena, disinteressarsene, disprezzando i naturali e normali piaceri della vita. Si fa un dovere di violare gli usi della società assumendo un’aria melanconica e un triste tono di voce; si mantiene silenzioso e assente anche in mezzo agli amici e ai familiari, quasi dicesse a se stesso: “Ho occupazioni troppo alte per partecipare a queste effimere, miserabili cose”». Il cristiano, che tende verso Dio e la vita eterna, non deve svalutare la sua responsabilità nel mondo, trascurando persino i suoi doveri terreni. Il retto atteggiamento dei cristiani consiste nel considerare le proprie occupazioni nel mondo come “via al Paradiso”, indirizzando tutte le attività alla gloria di Dio: «Possiamo compiere ogni cosa volentieri, per il Signore e non per gli uomini, essendo attivi e raccolti a un tempo». Per corroborare i fedeli in quest’atteggiamento, Newman offre alcuni consigli. Cita innanzitutto una parola di san Paolo che è il motto dell’intero sermone: «Sia [...] che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio» (1 Corinzi, 10, 31). Da quest’affermazione il predicatore deduce che ogni cosa può essere fatta per la gloria di Dio, anche e in particolare ciò che pare piccolo o insignificante. Anzi, per la gloria di Dio il cristiano può accettare e sopportare anche difficoltà e insuccesso: «Volentieri quindi intendo accettare una condizione che, all’insaputa di tutti, mi sarà penosa. Invece di lamentarmi con Dio, mi occuperò con diligenza di ciò che non mi va a genio: rinnegherò me stesso; non c’è sofferenza che non possa essere sopportata in modo passabile confortati dal pensiero di Dio, dalla sua grazia e da una solida volontà». Compiendo fedelmente il dovere quotidiano e accettando le sfide che si pongono per la gloria di Dio, il fedele può trovare pace, consolazione e serenità. Il fedele cercherà poi «di far risplendere davanti agli uomini la propria luce interiore», dicendo nel proprio cuore: «I miei genitori, i miei educatori o il mio principale non dovranno poter mai dire di me che la religione mi ha rovinato. Mi vedranno al contrario più attivo e solerte di prima, i miei compagni mai avranno occasione di ridere della mia ostentazione: non ostenterò mai nulla, ma compirò, con la benedizione di Dio, il mio dovere in modo virile». Attraverso un lavoro impegnato, fedele e sincero, il cristiano ren- Grazie a un accordo elettricità rinnovabile a prezzi contenuti In Inghilterra e Galles diocesi cattoliche più “verdi” LONDRA, 3. In Inghilterra e Galles sedici diocesi e più di tremiladuecento parrocchie cattoliche potranno comprare energia elettrica a 5 sterline (quasi 6 euro) per metro quadro all’anno anziché 49 sterline (oltre 58 euro). Il risparmio complessivo sarà significativo, di circa 180.000 sterline, ovvero più di 213.000 euro. A darne notizia — sul suo sito in rete — è l’arcidiocesi di Westminster, guidata dal cardinale Vincent Gerard Nichols, presidente della Conferenza episcopale. La lodevole iniziativa è frutto di un accordo che coinvolge l’Interdiocesan Fuel Management Ltd e la Churchmarketplace, due società fondate dalla Chiesa per negoziare prezzi più convenienti sul mercato di merci e servizi, in linea con i principi di sussidiarietà e solidarietà della dottrina sociale cattolica. È grazie alla negoziazione di queste due organizzazioni che, d’ora in poi, le diocesi interessate (compresa quella di Westminster) godranno di elettricità rinnovabile con costi significativamente più bassi. L’intesa è diventata necessaria dopo che un anno fa il Governo britannico ha deciso di applicare anche alle diocesi cattoliche l’imposta sul mutamento climatico, con un aggravio dei costi per l’elettricità rinnovabile e rendendo così più difficile la scelta di usare energia pulita. La collaborazione tra l’Interdiocesan Fuel Management Ltd e la Churchmarketplace potrebbe essere estesa anche a scuole e università cattoliche, in modo tale che l’energia rinnovabile diventi un’opzione conveniente per tutte le organizzazioni legate alla Chiesa in Inghilterra e Galles. de testimonianza della luce del Vangelo. Newman fa anche presente che lo stesso Signore Gesù ha lavorato per molti anni, alcuni apostoli sono stati pescatori prima della loro chiamata, Paolo ha persino continuato la sua professione di costruttore di tende anche dopo la sua conversione. Come è possibile incontrare Cristo nei poveri, nei perseguitati, nei bambini, così il fedele può trovarlo nell’umile lavoro di ogni giorno: «Si accorgerà allora che si può trovare vera unione col Salvatore anche nella fatica. Come è necessario vederlo nelle occupazioni di ogni genere che egli assegna ai suoi eletti. Il credente si incontrerà con Cristo nell’esercizio della propria vocazione umana. Non sarà per averla trascurata, che potrà godere maggiormente della presenza del Signore: lo sentirà invece vicino a sé nel dovere quotidiano, elevato quasi alla dignità di un sacramento». Newman descrive il lavoro quotidiano come una realtà quasi sacramentale, perché in esso la persona può incontrare in modo particolare il Cristo lavoratore. Inoltre Newman parla dell’umiltà che Gesù ha predicato e vissuto e che spinge i suoi discepoli a compiere i propri doveri con grande disponibilità. Gli esempi di Gesù «devono necessariamente agire sul cristiano; egli si darà con amore al proprio lavoro, senza procrastinare di un attimo, felice di farsi umile per partecipare a quelle condizioni di vita che hanno attirato le più speciali benedizioni di Gesù». Nel lavoro quotidiano possiamo imitare l’umiltà e l’abbassamento di Gesù in molti modi. L’umiltà è una virtù esigente per noi tutti, ma ci rende felici, amabili e conformi al cuore di Cristo. La professione terrena è infine anche un mezzo «per tenere lontani i pensieri inutili e vani. Spesso nascono nel cuore cattivi sentimenti, proprio perché l’ozio li favorisce. L’uomo che ogni giorno ha il suo dovere da compiere, e che ora per ora lo esegue, si sottrae a una moltitudine di tentazioni: esse non hanno il tempo necessario per prendere il sopravvento su di lui». Un famoso detto citato da Newman afferma: «L’ozio è il padre dei vizi». Concludendo, Newman sottolinea che occorre sempre compiere le proprie attività terrene con diligenza, sincerità e rettitudine, non per piacere a questo mondo, ma a Dio. Perseverare in un simile atteggiamento rimane una grande sfida per i cristiani. Newman quindi invita i fedeli a pregare perché Dio ci conceda ogni giorno la grazia di fare la sua volontà, di mangiare e di bere, di digiunare e di pregare, di lavorare con le mani e con lo spirito per la gloria di Colui che ci ha creati e redenti con il suo sangue. Newman vede la responsabilità dei cristiani nel mondo soprattutto nella loro missione di esercitare le proprie attività per la gloria di Dio. Come insegna la costituzione dogmatica Lumen gentium, la missione dei fedeli laici nel mondo è soprattutto quella «di illuminare e ordinare tutte le cose temporali, alle quali sono strettamente legati, in modo che siano fatte e crescano costantemente secondo il Cristo e siano di lode al Creatore e Redentore» (n. 31). Gli spunti di Newman possono aiutarci a mettere in pratica queste parole. Lo scorso 20 agosto è stata pubblicata la nomina del cardinale Vinko Puljić, arcivescovo di Sarajevo (Bosnia ed Erzegovina), a inviato speciale del Papa alla celebrazione che si terrà a Skopje (Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia) l’11 settembre prossimo, a conclusione della giornata di ringraziamento per la canonizzazione di madre Teresa di Calcutta. La missione pontificia al seguito del porporato sarà composta da don Davor Topic, parroco della cattedrale di rito latino di Skopje e decano del clero della diocesi latina di Skopje, e da don Zoran Stojanov, parroco della parrocchia di rito bizantino di Radovo e decano dell’esarcato apostolico di Macedonia. Di seguito il testo della lettera papale di nomina. Venerabili Fratri Nostro VINCENTIO S.R.E. Cardinali PULJIĆ Archiepiscopo Metropolitae Vrhbosnensi vel Seraiensi Quos ad amori Christi caritate in pauperrimos eximia vocans respondendum, iisdem concedit Deus, qui mysteria regni parvulis revelavit (cfr. Mt 11, 25), in afflictis fratribus Christo ministrare et, suscepto obsequio humanae humilitatis, sollicitudine salutis flagrare ac sanctificationis animarum comburi. Hac aeterni Patris misericordia suffulti ac reconciliati in corpore carnis eius per mortem, permanentes in fide fundati atque immobiles a spe Evangelii, dum spiritualem pauperum intimam communicantes destitutionem ambulamus in tenebris, dominicae caritatis luce tamen collustramur, in passionibus mundi adimplentes ea, quae desunt passionum Christi in carne nostra, ut nosmetipsos exhibeamus perfectos in Christo (cfr. Col 1, 21-29). Quae omnia in sanctis praesertim vidimus consummata, per quos, imitatores eiusdem Salvatoris in mundo et iam in Christo viventes, ad mysteria salutis implenda conversationes invenimus ipsorumque insigni incitamur exemplo. Gaudeamus, igitur, haec omnia considerantes, celebrationibus, quibus Scopiae gratiae Deo agentur propter canonizationem beatae Matris Teresiae de Calcutta, virginis, quae exemplum hominibus mulieribusque huius temporis obtulit mirum illius «Si quis vult post me venire, abneget semetipsum et tollat crucem suam et sequatur me» (Mc 16, 24) cuiusque vita quasi continuatio Christi vitæ in hoc saeculo eluxit et veluti stella a stella differens in claritate (cfr. 1 Cor 15, 40-41) christifidelibus proponitur. Libenter, ergo, humanissimam Venerabilis Fratris Cyri Stojanov, Episcopi Scopiensis et Exarchae Apostolici Macedoniae, accepimus petitionem, ut eminentem aliquem ecclesiasticum virum eligeremus, qui nomine Nostro his dictis sollemnibus praeesset, et ad te, ergo, Venerabilis Frater Noster, animum Nostrum conversi sumus, qui, Archiepiscopus Metropolita Vrhbosnensis vel Seraiensis, gregem et hunc corroboras exemplo, verbo praedicatio- nis erudis grataque supplicatione tueris. Idcirco, harum Litterarum virtute, Te Missum Extraordinarium Nostrum nominamus, mandatis tibi factis, ut nomine Nostro Scopiae die XI proximi mensis Septembris Missarum sollemniis in actione gratiarum propter canonizationem beatae Teresiae de Calcutta, virginis, die IV eiusdem mensis in Urbe Nobis celebrandam, praeesse valeas. Spiritualem hic Nostram dilectionem omnibus christifidelibus atque hominibus bonae voluntatis ibi congregatis renunties ac, verbis Apostoli adhibitis illis «Estote ergo imitatores Dei [...] et ambulate in dilectione, sicut et Christus dilexit nos et tradidit seipsum pro nobis oblationem et hostiam Deo» (Eph 5, 1-2), omnes ad praeceptum adhorteris caritatis servandae et ad intellectum amoris in familiis sicut et publicis in adiunctis novo studio renovandum. Dum tibi, Venerabilis Frater Noster, Benedictionem Nostram Apostolicam impertimus omnibus, qui celebrationibus intererunt, trasmittendam, quo uberius fructus earundem sumantur spirituales, legationem tuam ardentibus precibus comitamur, a Deo misericordiae suppliciter exposcentes, ut, beatae Teresiae de Calcutta intercessione, per eiusdem Filii sitientis super crucem vultus contemplationem magis considerare invicem in provocationem caritatis et bonorum operum (Heb 10, 24) valeamus. Ex Aedibus Vaticanis, die XXII mensis Augusti, in memoria Beatae Mariae Virginis Reginae, anno MMXVI, Iubilaeo Misericordiae, Pontificatus Nostri quarto. Per la celebrazione del congresso eucaristico nazionale italiano Il presidente della Cei rappresenterà il Pontefice a Genova Lo scorso 16 agosto è stata pubblicata la nomina del cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana, a inviato speciale del Papa al Congresso eucaristico nazionale d’Italia, che sarà celebrato a Genova dal 15 al 18 settembre. Di seguito il testo della lettera pontificia di nomina. ANGELO S.R.E. Cardinali BAGNASCO Archiepiscopo Metropolitae Ianuensi Praesidi Conferentiae Episcopalis Italicae Laeti valde nuntium accepimus diebus XV-XVIII proximi mensis Septembris in clara urbe Ianua Congressum Eucharisticum Nationalem Italiae celebratum iri. Ad illum praesertim confluent plurimi Christifideles Italiae ex Cardinalibus, Episcopis, Sacerdotibus, Religiosis viris ac mulieribus et Laicis commemoraturi «fontem vitae Ecclesiae et pignus futurae gloriae» (Unitatis Redintegratio, 15). Quibus celebritatibus cupientes maiorem addere decorem, mentem Nostram ad Te, Venerabilis Frater Noster, convertimus, qui sollers Archiepiscopus Metropolita es eiusdem urbis et Praeses Conferentiae Episcopalis Italicae. Quare te eligimus ac renuntiamus Missum Extraordinarium Nostrum ut in Eucharistico hoc Congressu Nostram geras personam optatorum et hortationum, quae in animo habemus, interpres sis ac nuntius, minime dubitantes quin, ob tuas egregias animi ingeniique dotes rerumque ecclesiarum peritiam, commisso officio, Spiritu Sancto afflante, diligentissime sis functurus. Qua fausta oblata occasione fideles omnes adfuturos hortamur ut sanctissimam Eucharistiam «sacramentum pietatis, signum unitatis, vinculum caritatis, convivium paschale» (Sacrosanctum Concilium, 83) magis in dies colant deque Ea se nutriant ita ut sint inter se fraterne coniuncti et ad aedificationem Ecclesiae et mundi bonum conferre valeant. Volumus insuper adhortari ut quisque, si cotidie potest, praesertim in difficultatibus vitae, Sanctissimum Sacramentum Christi infiniti amoris et misericordiae, in nostris templis conditum et saepe solum, visitet, loquatur ut filius cum Eo Eumque silens auscultet, Eique se tranquillum committet. Praeterea cum tota Ecclesia dicimus meliusve canimus maxime fidentes: «Tantum ergo sacramentum veneremur cernui et antiquum documentum novo cedat ritui; praestet fides supplementum sensuum defectui. Genitori Genitoque laus et iubilatio, salus, honor, virtus quoque sit et bene- dictio; procedenti ab utroque compar sit laudatio. Amen». Deum denique deprecamur ut, intercedente Eius Sanctissima Matre, ex hoc Eucharistico Nationali Congressu uberrimi spirituales fructus oriantur, dum Tibi, Venerabilis Frater Noster, et omnibus ibi adstantibus, Be- nedictionem Apostolicam, dilectionis Nostrae testem, peramanter in Domino impertimur a vobis cunctis poscentes preces pro Nobis ac Nostro Petrino Ministerio. Ex Aedibus Vaticanis, die VII mensis Iunii, anno MMXVI, Iubilaeo Misericordiae, Pontificatus Nostri quarto. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 domenica 4 settembre 2016 «La vostra presenza è la mano tesa di Cristo che raggiunge tutti». Lo ha detto il Papa ai partecipanti al giubileo degli operatori di misericordia, riuniti in piazza San Pietro sabato mattina, 3 settembre. Abbiamo ascoltato l’inno all’amore che l’Apostolo Paolo scrisse per la comunità di Corinto, e che costituisce una delle pagine più belle e più impegnative per la testimonianza della nostra fede (cfr. 1 Cor 13, 1-13). Quante volte san Paolo ha parlato dell’amore e della fede nei suoi scritti; eppure in questo testo ci viene offerto qualcosa di straordinariamente grande e originale. Egli afferma che, a differenza della fede e della speranza, l’amore «non avrà mai fine» (v. 8): è per sempre. Questo insegnamento deve essere per noi di una certezza incrollabile; l’amore di Dio non verrà mai meno nella nostra vita e nella storia del mondo. È un amore che rimane sempre giovane, attivo, dinamico e attrae a sé in maniera incomparabile. È un amore fedele che non tradisce, nonostante le nostre contraddizioni. È un amore fecondo che genera e va oltre ogni nostra pigrizia. Di questo amore noi tutti siamo testimoni. L’amore di Dio, infatti, ci viene incontro; è come un fiume in piena che ci travolge senza però sopprimerci; anzi, al contrario, è condizione di vita: «Se non ho l’amore non sono nulla» — dice san Paolo (v. 2). Più ci lasciamo coinvolgere da questo amore e più la nostra vita si rigenera. Dovremmo veramente dire con tutta la nostra forza: sono amato, perciò esisto! L’amore di cui parla l’Apostolo non è qualcosa di astratto e di vago; al contrario, è un amore che si vede, si tocca e si sperimenta in prima persona. La forma più grande ed espressiva di questo amore è Gesù. Tutta la sua persona e la sua vita Il Papa saluta in piazza San Pietro i partecipanti al giubileo degli operatori di misericordia Mano tesa di Cristo non è altro che la manifestazione concreta dell’amore del Padre, fino a giungere al momento culminante: «Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» (Rm 5, 8). Questo è amore! Non sono parole, è amore. Dal Calvario, dove la sofferenza del Figlio di Dio raggiunge il suo culmine, scaturisce la sorgente dell’amore che cancella ogni peccato e che tutto ricrea in una vita nuova. Portiamo con noi sempre, in maniera indelebile, questa certezza della fede: Cristo «mi ha amato e ha consegnato sé stesso per me» (Gal 2, 20). Questa è la grande certezza: Cristo mi ha amato, e ha consegnato sé stesso per me, per te, per te, per te, per tutti, per ognuno di noi! Niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore di Dio (cfr. Rm 8, 35-39). L’amore, dunque, è l’espressione massima di tutta la vita e ci permette di esistere! Davanti a questo contenuto così essenziale della fede, la Chiesa non potrebbe mai permettersi di agire come fecero il sacerdote e il levita nei confronti dell’uomo lasciato mezzo morto per terra (cfr. Lc 10, 25-36). Non si può distogliere lo sguardo e voltarsi dall’altra parte per non vedere le tante forme di povertà che chiedono misericordia. E questo voltarsi dall’altra parte per non vedere la fame, le malattie, le persone sfruttate..., questo è un peccato grave! È anche un peccato moderno, è un peccato di oggi! Noi cristiani non possiamo permetterci questo. Non sarebbe degno della Chiesa né di un cristiano “passare oltre” e supporre di avere la coscienza a posto solo perché abbiamo pregato o perché sono andato a Messa la domenica. No. Il Calvario è sempre attuale; non è affatto scomparso né rimane un bel dipinto nelle nostre chiese. Quel vertice di com-passione, da cui scaturisce l’amore di Dio nei confronti della miseria umana, parla ancora ai nostri giorni e spinge a dare sempre nuovi segni di misericordia. Non mi stanche- rò mai di dire che la misericordia di Dio non è una bella idea, ma un’azione concreta. Non c’è misericordia senza concretezza. La misericordia non è un fare il bene “di passaggio”, è coinvolgersi lì dove c’è il male, dove c’è la malattia, dove c’è la fame, dove ci sono tanti sfruttamenti umani. E anche la misericordia umana non diventa tale — cioè umana e misericordia — fino a quando non ha raggiunto la sua concretezza nell’agire quotidiano. L’ammonimento dell’apostolo Giovanni rimane sempre valido: «Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità» (1 Gv 3, 18). La verità della misericordia, infatti, si riscontra nei nostri gesti quotidiani che rendono visibile l’agire di Dio in mezzo a noi. Fratelli e sorelle, voi qui rappresentate il grande e variegato mondo del volontariato. Tra le realtà più preziose della Chiesa ci siete proprio voi che ogni giorno, spesso nel silenzio e nel nascondimento, date forma e visibilità alla misericordia. Voi siete artigiani di misericordia: con le vostre mani, con i vostri occhi, con il vostro ascolto, con la vostra vicinanza, con le vostre carezze... artigiani! Voi esprimete il desiderio tra i più belli nel cuore dell’uomo, quello di far sentire amata una persona che soffre. Nelle diverse condizioni del bisogno e delle necessità di tante persone, la vostra presenza è la mano tesa di Cristo che raggiunge tutti. Voi siete la mano tesa di Cristo: avete pensato questo? La credibilità della Chiesa passa in maniera convincente anche attraverso il vostro servizio verso i bambini abbandonati, gli ammalati, i poveri senza cibo e lavoro, gli anziani, i senzatetto, i prigionieri, i profughi e gli immigrati, quanti sono colpiti dalle calamità naturali... Insomma, dovunque c’è una richiesta di aiuto, là giunge la vostra attiva e disinteressata testimonianza. Voi rendete visibile la legge di Cristo, quella di portare gli uni i pesi degli altri (cfr. Gal 6, 2; Gv 13, 34). Cari fratelli e sorelle, voi toccate la carne di Cristo con le vostre mani: non dimenticatevi di questo. Voi toccate la carne di Cristo con le vostre mani. Siate sempre pronti nella solidarietà, forti nella vicinanza, solerti nel suscitare la gioia e convincenti nella consolazione. Il mondo ha bisogno di segni concreti di solidarietà, soprattutto davanti alla tentazione dell’indifferenza, e richiede persone capaci di contrastare con la loro vita l’individualismo, il pensare solo a sé stessi e disinteressarsi dei fratelli nel bisogno. Siate sempre contenti e pieni di gioia per il vostro servizio, ma non fatene mai un motivo di presunzione che porta a sentirsi migliori degli altri. Invece, la vostra opera di misericordia sia umile ed eloquente prolungamento di Gesù Cristo che continua a chinarsi e a prendersi cura di chi soffre. L’amore, in- fatti, «edifica» (1 Cor 8, 1) e giorno dopo giorno permette alle nostre comunità di essere segno della comunione fraterna. E parlate al Signore di queste cose. Chiamatelo. Fate come ha fatto Sister Preyma, come ci ha raccontato la suora: ha bussato alla porta del tabernacolo. Così coraggiosa! Il Signore ci ascolta: chiamatelo! Signore, guarda questo... Guarda tanta povertà, tanta indifferenza, tanto guardare dall’altra parte: “Questo a me non tocca, a me non importa”. Parlatene con il Signore: “Signore, perché? Signore, perché? Perché io sono tanto debole e Tu mi hai chiamato a fare questo servizio? Aiutami, e dammi forza, e dammi umiltà”. Il nocciolo della misericordia è questo dialogo con il cuore misericordioso di Gesù. Domani, avremo la gioia di vedere Madre Teresa proclamata santa. Lo merita! Questa testimonianza di misericordia dei nostri tempi si aggiunge alla innumerevole schiera di uomini e donne che hanno reso visibile con la loro santità l’amore di Cristo. Imitiamo anche noi il loro esempio, e chiediamo di essere umili strumenti nelle mani di Dio per alleviare la sofferenza del mondo e donare la gioia e la speranza della risurrezione. Grazie. E prima di darvi la benedizione, vi invito tutti a pregare in silenzio per tante, tante persone che soffrono; per tanta sofferenza, per tanti che vivono scartati dalla società. Pregare pure per tanti volontari come voi, che vanno incontro alla carne di Cristo per toccarla, curarla, sentirla vicina. E pregare pure per tanti, tanti che davanti a tanta miseria guardano da un’altra parte e nel cuore sentono una voce che dice loro: “A me non tocca, a me non importa”. Preghiamo in silenzio. E lo facciamo anche con la Madonna: Ave o Maria... Preghiera alla Vergine di Aparecida Madre degli scartati Si è svolta sabato mattina, 3 settembre, alla presenza del Papa, la cerimonia di inaugurazione dell’immagine della Madonna di Aparecida collocata nei giardini vaticani. Di seguito le parole pronunciate da Francesco. Sono contento che l’immagine di Nostra Signora Aparecida sia nei Giardini. Nel 2013 avevo promesso di tornare quest’anno, cioè il prossimo anno: non so se sarà possibile, ma almeno La avrò più vicina, qui. Vi invito a pregare perché continui, Lei, a custodire tutto il Brasile, tutto il popolo brasiliano, in questo momento triste; che custodisca i più poveri, gli scartati, gli anziani abbandonati, i bambini di strada; che custodisca gli scartati e messi nelle mani degli sfruttatori di ogni genere; che salvi il suo popolo con la giustizia sociale e con l’amore di Gesù Cristo, suo Figlio. Chiediamo con amore, per tutto il popolo brasiliano, che Lei, Madre, benedica. È stata trovata dai poveri lavoratori: che oggi sia trovata da tutti, in modo speciale da quelli che hanno bisogno di lavoro, di educazione, da quelli che sono privi della dignità. PreghiamoLa insieme: Ave o Maria... Martirologio della carità Sembra un martirologio dei primi secoli, persino nella forma, la testimonianza di suor Sally, l’unica sopravvissuta al massacro nella casa delle missionarie della carità ad Aden, nello Yemen, il 4 marzo scorso. Quel giorno furono brutalmente uccise quattro suore con undici collaboratori, cristiani e musulmani. E il sacerdote salesiano don Tom Uzhunnali venne rapito, ma di lui non si sono avute più notizie. Papa Francesco ha stretto la religiosa indiana in un abbraccio, baciandole la testa e le guance, durante l’udienza in occasione del giubileo degli operatori di misericordia. Un abbraccio sotto il grande arazzo che raffigura madre Teresa, già collocato sulla loggia della basilica vaticana per la canonizzazione di domenica mattina. Suor Sally, che era la superiora della casa yemenita intitolata proprio alla fondatrice, racconta di essersi salvata nascondendosi dietro la porta della cella frigorifera. Poi non voleva andarsene per continuare il suo servizio accanto alle persone povere, anziani e disabili: assistevano ottanta persone, anche alcuni bambini. Del resto, dice con semplicità, tutte le suore erano pienamente consapevoli dei rischi che stavano correndo ad Aden: «Ma noi vogliamo servire i poveri, vivere e morire per loro», arrivando, come ha fatto la superiora generale suor Prema in un momento molto difficile, «a bussare con fiducia al tabernacolo per parlare con Gesù e chiedere il suo aiuto». Ora la sua speranza è che per i cristiani cessino le minacce e che il sangue delle sue consorelle sia seme di pace nel medio oriente e possa fermare le violenze. Ripete i loro nomi con tenerezza, sorridendo: suor Annselna, 57 anni, era indiana; suor Judith, 41 anni, keniana; suor Margarita, 44 anni, e suor Reginette, 32 anni, erano originarie del Rwanda. Dopo aver fatto il giro della piazza sulla jeep accompagnato da sei ragazze impegna- te nel volontariato, Francesco ha deposto una rosa bianca davanti all’immagine della Madonna, sul sagrato. A presentargli l’essenza di questa particolare giornata giubilare è stato l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. Ogni giorno, ha detto, «queste persone sono impegnate nel servizio umile e lontano dai riflettori, che porta sollievo e conforto a tante situazioni di sofferenza e di emarginazione: sono uomini e donne, giovani e anziani, che con la loro assistenza garantiscono un aiuto concreto alle differenti forme di povertà umana». Sono, ha proseguito, «la compagnia di Cristo là dove c’è solitudine; sono la carezza del Padre per quanti soffrono; sono il conforto della comunità cristiana per i tanti abbandonati, senza casa e patria. E, tuttavia, la loro opera nascosta è preziosa agli occhi di Dio che vede fin nelle pieghe più profonde della sofferenza umana». «Oggi sono venuti qui da ogni parte del mondo per celebrare con lei il giubileo della misericordia e per testimoniare che Dio è entrato nella loro vita» ha detto l’arcivescovo al Papa, aggiungendo: «Vengono da Betlemme e da Osaka, dall’Australia e dall’India, da tutti i paesi dell’Europa e in particolare dall’Italia, dall’Albania e dal Portogallo. Non hanno voluto mancare di essere con noi gruppi che giungano dal Canada e dal Togo, dall’Argentina e dall’Indonesia, dal Brasile e dagli Stati Uniti e poi dalla Nigeria, dal Messico, da Hong Kong». Rappresentano «parrocchie, comunità, associazioni e movimenti». Insomma, ha aggiunto monsignor Fisichella, «l’universalità della Chiesa ancora una volta si manifesta in questa piazza per dire grazie al Signore per essere entrato nella vita di questi volontari. In effetti, si sono sentiti tutti chiamati alla misericordia — sono stati “misericordiati” loro per primi — e per questo si sono trasformati in strumento di misericordia». E «i loro volti richiamano gli infiniti modi in cui si esprime la misericordia del Padre». Un pensiero del tutto particolare l’arcivescovo ha rivolto al «personale della Polizia e dei Vigili del fuoco che in questi giorni sono stati impegnati nei luoghi del terremoto per salvare vite umane». In piazza era presente una delegazione delle forze dell’ordine, con Liborio De Simone, Matteo Palladinetti e il cane Leo, divenuto il labrador più famoso d’Italia per aver tenacemente indicato ai soccorritori le tracce di Giorgia, la bambina di otto anni rimasta per sedici ore sotto le macerie a Pescara del Tronto. Particolarmente significative, poi, le testimonianze presentate da Mayas Keryo, profugo siriano arrivato in Italia attraverso i corridoi umanitari aperti dalla comunità di Sant’Egidio, e ora impegnato nel volontariato per le strade di Roma, e di Carolina Hodali, cattolica palestinese, che lavora con la Misericordia di Betlemme. E, ancora, hanno preso la parola la famiglia Maita, che vive «il volontariato come normalità», e Lorena Londoño, colombiana, che sta svolgendo il suo servizio come volontaria per il giubileo a Roma. Impressionante la storia di Roberto Giannoni: arrestato per un grave errore giudiziario e chiuso per un anno nel penitenziario fiorentino di Sollicciano, ha perso tutto quello che aveva, ma ha trovato la misericordia di Dio e ora è in prima fila, come volontario della San Vincenzo de’ Paoli, per stare accanto ai carcerati. Ad animare l’incontro in piazza San Pietro anche alcune esibizioni artistiche di alto profilo: Usha Uthup, cantante indiana legata da una lunga amicizia con madre Teresa, ha intonato For the poorest of the poor mentre Izzatilla Toshkenbov, dodicenne uzbeko, ha eseguito un brano con il chang, uno strumento popolare della sua terra. Nei giardini vaticani La Vergine di Aparecida, patrona del Brasile, da oggi veglia anche sulla Città del Vaticano. La sua immagine — collocata nei giardini vaticani, nei pressi della grotta della Madonna di Lourdes — è stata inaugurata e benedetta alla presenza del Papa. L’opera dell’artista brasiliano Cláudio Pastro vuole anche celebrare i trecento anni del ritrovamento dell’immagine nelle acque del rio Paraíba, avvenuto nel 1717. Vi è raffigurata, infatti, la scena della scoperta della statuetta: alla base una barca, accanto alla quale si vedono tre pescatori e una rete stilizzata con diversi pesci. All’inizio della cerimonia il cardinale Bertello, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, ha ringraziato il Pontefice per la sua presenza e ha sottolineato come da ora in poi i pellegrini che visiteranno i giardini, osservando l’immagine dell’Aparecida, saranno invitati a riflettere sul ruolo di Maria. Ha poi invocato la protezione della patrona del Brasile su Francesco e su quanti vivono e lavorano in Vaticano. Da parte sua il cardinale Raymundo Damasceno Assis, arcivescovo di Aparecida — che ha guidato la preghiera e ha benedetto l’immagine — ha ringraziato il Papa per la sua visita in Brasile nel 2013 e ha ricordato i lavori della quinta Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano e dei Caraibi svoltasi nel 2007 proprio ad Aparecida. Il porporato ha anche presentato i circa duecento pellegrini brasiliani che hanno animato la cerimonia con il canto alla Madonna. Oltre a loro, erano presenti i cardinali Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, e Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, gli arcivescovi Ilson de Jesus Montanari, segretario della Congregazione per i vescovi, numerosi presuli brasiliani e il rettore del santuario di Aparecida, João Bautista de Almeida. Per il Governatorato, i cui servizi tecnici si sono occupati dei lavori di installazione dell’opera, erano presenti il vescovo Fernando Vérgez Alzaga, segretario generale, e Rafael García de la Serrana Villalobos, direttore dei servizi tecnici. Ha partecipato alla cerimonia anche Denis Fontes de Souza Pinto, ambasciatore del Brasile presso la Santa Sede, che insieme con la Conferenza episcopale brasiliana ha promosso l’iniziativa.