Lunedì, 13 Gennaio 2014

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Lunedì, 13 Gennaio 2014
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Lunedì, 13 Gennaio 2014
Un aforisma al giorno
(ti leva qualche rompiscatole di torno!):
«Esistono due categorie di persone:
i giusti che pensano di essere peccatori
e i peccatori che si ritengono giusti!»
RASSEGNA STAMPA
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«Fate attenzione a chi fa i confronti» .................................................................... 2
Ecco tutte le insidie della polizza virtuale ............................................................ 3
Con il canale online i servizi aumentano .............................................................. 5
Gestione reclami, italiani soddisfatti ...................................................................... 7
Unit linked «trasparenti» ........................................................................................... 8
Rc Auto, linea soft per i premi.................................................................................. 9
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L’alleanza delle Fondazioni attorno a Mps ............................................................ 11
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Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
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Mini-Imu con l’insidia dei versamenti minimi ..................................................... 12
Accordo tra i governatori centrali Draghi: le banche saranno più forti ..... 13
I Btp, le banche e i veri conti del nostro debito .................................................. 14
Dublino via dalla crisi ma perde 300 mila posti ................................................. 15
2014, ripresa senza credito tre mosse per vincere la sfida ............................ 17
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COMPARATORI
«Fate attenzione
a chi fa i confronti»
Dopo la denuncia Uea e il faro Ivass ora sono sotto accusa gli spot televisivi
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I comparatori assicurativi online sono uno strumento sempre più utilizzato per fare
confronti e per scegliere la polizza giusta. Tuttavia, in questo settore, c’è poca trasparenza.
L’allarme lo ha lanciato nei mesi scorsi la Uea, un’associazione di intermediari assicurativi
che svolge attività d’istituto europeo di studi e ricerca per la promozione del settore.
Allarmata dalla rapida diffusione degli strumenti in assenza di regole precise, meno di un
mese fa è interventua anche l’Ivass, Authority di settore, che avviato un indagine sui siti
web che offrono comparazioni di prezzo sulle polizze assicurative. Se da un lato i
preventivatori possono consentire di trovare condizioni economiche più favorevoli, almeno
in termini strettamente economici, bisogna fare attenzione allaloro indipendenza e
soprattutto analizzare nel dettaglio le garanzie fornite. «Il prezzo più basso, talvolta,
nasconde delle limitazioni: si pensi ai sinistri accaduti in aree private come i parcheggi,
alcune compagnie dirette non li coprono - avverte Franco Barbieri, direttore della rivista
specializzata «Attualità Uea» -. Lo stesso si può dire per la guida in stato di ebbrezza, con
copertura in caso di sinistro esclusa da molte compagnie. Così può capitare di trovarsi
scoperti quando è troppo tardi». Ora l’Uea torna alla carica e ha realizzato un’indagine
sullapubblicitàtelevisiva deicomparatori. Pubblicità che a differenza di altre (come quella
finanziaria, per esempio) non è soggetta ad alcun controllo. Così si sprecano i termini come
confronto tra le migliori polizze, o ancora, tra le migliori compagnie. «Dalla nostra indagine
che verrà presentata giovedì prossimo, abbiamo riscontrato die ilmessaggio diffuso da
questi spot televisivi contiene elementi fortemente distorsivi della concorrenza e degli
elementi ingannevoli rispetto alla compiutezza delle polizze, spiega Barbieri. Una
situazione che potrebbe preludere a denunce all’AgCom. Oltre agli intermediari assicurativi
tradizionali (in particolare agli agenti) che potrebbero essere accusati di realizzare una
campagna per difendere le proprie quote di mercato, sul bisogno di fare chiarezza trai
compartori concordano anche i consumatori, sostenitori storici del mezzo che permette di
ottenere più preventivi con un solo click. «È in atto una “crisi di crescita” - spiega l’avvocato
Paolo Martinello, presidente di Altroconsumo -. I preventivatori sono uno strumento
essenziale per gli utenti, ma il loro crescente successo commerciale ha fatto proliferare
anche iniziative di soggetti meno seri e si fa fatica a distinguere comparatorisemplici da
quelli commerciali o dai “minícomparatorr, poco aggiornati con pochi prodotticonfrontati,
per non parlare poi degli abusivi». Insomma da bussola fondamentale per orientarsi nella
giungla di tariffe, il comparatore può diventare un veicolo potenzialmente ingannevole,
quindi è meglio cercare di capire chi c’è dietro. Esistono infatti preventivatori realizzati da
Authority (come quello dell’Ivass), da associazioni, da broker, ma anche da soggetti non
proprio disinteressati.
GGaabbrriieellee PPeettrruucccciiaannii
CONDIZIONI CONTRATTUALI
Ecco tutte le insidie
della polizza virtuale
Se il contratto non è linea con le esigenze, si può recedere nei primi 14
giorni
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Non si ferma la spending review delle famiglie italiane che, oltre a tagliare su cibo, abiti ed
elettrodomestici, hanno cominciato a dare una netta sforbiciata anche ai maggiori costi
della Rc auto. D’altronde, tra i tanti tristi primati, l’Italia può vantare anche quello di avere
le maggiori tariffe Rca d’Europa. E allora ci si comincia a informare di più, si fanno molti
preventivi con il canale online e senza indugi si cambia, approfittando dei forti sconti che
offrono le assicurazioni sul web. Negli ultimi anni, grazie alla maggiore informatizzazione
delle famiglie, il rapporto tra compagnia e cliente è cambiato radicalmente. Come
testimonia una recente indagine targata Ania-Bocconi, secondo cui la percentuale di clienti
che chiede un preventivo a un’altra compagnia è cresciuta dal 32% del 2004 al 44% di fine
2013 (il 27%, lo ha fatto attraverso canali diretti). E anche se solo un 20% trasforma la
richiesta in acquisto, è importante tenere presente che gli altri sono comunque stati
sensibilizzati sotto il profilo del costo e del servizio dal mercato diretto. Hanno testato
quindi la relazione a distanza con il settore e rappresentano i futuri clienti del mercato
online. L’abolizione, inoltre, del tacito rinnovo come clausola standard è un ulteriore
elemento del dinamismo di mercato che produce effetti sull’anzianità della compagnia e
sulla fedeltà. I clienti che hanno più strumenti informativi e giuridici sono stimolati
all’acquisto in maniera meno acritica rispetto al passato, quindi sono più propensi e
facilitati al confronto e meno vincolati al cambiamento.
TRA MASSIMALE E FRANCHIGIA Nel passare da un’assicurazione stipulata in filiale con
l’agente a una polizza online fai date, però, bisogna prestare molta attenzione. Oggi sul sito
di alcune compagnie basta inserire la propria data di nascita e la targa dell’autovettura per
avere subito a portata di clic una tariffa da “urlo”. Ma non bisogna fermarsi al primo step. E
prima di procedere all’acquisto è fondamentale accertarsi che tutte le condizioni presenti
nel contratto siano in linea con le proprie esigenze. Come potrebbe essere, per esempio, per
il massimale Rca, ovvero l’importo massimo che la compagnia risarcirà in caso di danni
provocati a cose o persone, che per legge parte da un minimo di 6 milioni di euro, di cui 5
milioni per i danni alle persone e i milione per i danni alle cose. Il massimale è presente
anche nella garanzia accessoria “infortuni guidatore” e il contraente ha la possibilità di
scegliere la soglia che ritiene più opportuna. Naturalmente, a un massimale più alto
corrisponde un premio maggiore. Inoltre, bisogna fare i conti con la franchigia, ovvero con
la quota del danno (assoluta o in percentuale) che rimane a carico dell’assicurato. Una
limitazione alla copertura assicurativa che viene applicata di solito all’opzione furto e
incendio, a quella “infortuni guidatore” e a una serie di garanzie accessorie come “rottura
cristalli” e “kasko” (serve a coprire anche gli eventuali danni causati al proprio veicolo, sia
in caso di collisione con altre autovetture sia in caso di uscita di strada o ribaltamento). La
franchigia applicata corrisponde mediamente al io% del danno (3% nel caso dell’opzione
infortuni guidatore), con una soglia minima che varia tra i 25o e i 500 ¬. Questo vuol dire
che se i danni sono inferiori al minimo previsto dalla polizza, l’importo non sarà risarcito
dall’assicurazione.
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SE LA COMPAGNIA SI RIVALE SUL CLIENTE Altro aspetto molto importante da
considerare è quello della rivalsa. Esistono infatti alcune polizze che prevedono il diritto di
rivalsa della compagnia nel caso in cui l’assicurato sia alla guida in stato di ebbrezza.
Mettersi al volante dopo aver bevuto è una cosa che può succedere, soprattutto tra i più
giovani. E se non si ha una copertura assicurativa adeguata si mette a rischio il patrimonio
della famiglia. È importante, dunque, andare a verificare che nella polizza che si va a
sottoscrivere sia presente anche la cosiddetta “protezione rivalse”. Non tutti i
“preventivatori” online palesano questa opzione. Quindi è bene leggere attentamente il
contratto spedito dalla Compagnia (nel caso di polizze stipulate via internet deve essere
inviato entro 5 giorni dalla data di pagamento del premio), accertandosi che ci sia la
copertura contro la rivalsa non solo per la guida in stato di ebbrezza, ma anche se il veicolo
dovesse circolare senza essere in regola con la revisione. La polizza sottoscritta online
diventa operativa al momento del pagamento, ma nei primi 15 giorni sarà sempre possibile
avvalersi del diritto di recesso. E se la compagnia con cui si sta stipulando una polizza
online non è blasonata, è sempre bene verificare che sia autorizzata a operare sul territorio
italiano, consultando i registri messi a disposizione dall’Ivass, l’istituto per la vigilanza sulle
assicurazioni.
[email protected]
GGaabbrriieellee PPeettrruucccciiaannii
INTERVISTA DELLA SETTIMANA
CON IL CANALE ONLINE
I SERVIZI AUMENTANO
Patrizia Contaldo Ricercatrice del Centre for applied research in finance
della Bocconi
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L’ assicurazione online? «Ha una funzionalità soprattutto educativa». Ne è convinta Patrizia
Contaldo, ricercatrice del Carefin, il Centre for applied research in finance della Bocconi,
che fa notare come, a fronte di un 44% di persone che utilizzano internet per fare preventivi
(il 27% attraverso canali diretti), rimane ancora molto bassa (20%), la percentuale di chi
trasforma la richiesta in acquisto: «Il preventivo online permette di fare confronti e
prendere coscienza del prodotto assicurativo. Grazie a internet, il cliente si informa di più e
diventa consapevole di quello che sta acquistando».
Con l’online, però, si risparmia anche.
Certo, sottoscrivendo una polizza via web si ha anche una riduzione del premio. Ma non
sempre per uno stesso profilo il prodotto acquistato online è più vantaggioso di quello
tradizionale. Bisogna stare molto attenti a quello che si sottoscrive, guardare i massimali e
soprattutto la franchigia.
Quali sono gli altri vantaggi che offre internet?
A settembre dello scorso anno è entrato in vigore il provvedimento Ivass (l’istituto per la
vigilanza sulle Assicurazioni, ndr) che obbliga le compagnie a creare una “home insurance”,
ovvero di mettere a disposizione del cliente un’area dedicata, accessibile tramite password
dalla homepage istituzionale, per agevolare la gestione delle polizze onlíne. Il vantaggio è
avere la visibilità della propria posizione. Quindi si può vedere il contratto sottoscritto, il
numero dei sinistri, la stato di avanzamento di una pratica relativa all’incidente. Inoltre, è
anche possibile avere subito una serie di documenti per poter interagire con la propria
compagnia.
E i limiti?
Uno dei principali è la difficoltà nel chiedere informazioni ulteriori rispetto a quelle riportate
sulla schermata del computer. Quindi, bisogna sempre leggere con attenzione la polizza
quando arriva a casa e verificare tutte le info che non è stato possibile controllare online. E se
non si è soddisfatti ci si può sempre avvalere della facoltà di recesso nei primi 14 giorni.
Può farci qualche esempio? Non tutti i “preventivatori” online rendono visibile la cosiddetta
“protezione rivalsa”, che mette al sicuro il contraente da una possibile rivalsa della
compagnia assicurativa nel caso in cui, per esempio, provochi un incidente in stato di
ebbrezza.
Come si svilupperà in futuro il prodotto Rc auto?
Avremo due principali tipologie di prodotto. Da una lato una mera assicurazione di
responsabilità civile, che sarà sottoscritta soprattutto dai più giovani e da un target più
sensibile alla questione prezzo; dall’altro un prodotto all inclusive, con una serie di servizi
accessori. E questo sarà un trend che riguarderà tutto il mondo assicurativo. Nel panorama
del ramo danni, e più in particolare della Rc auto, molto dipenderà anche dalla maggiore
diffusione della scatola nera, che già oggi permette alle compagnie di offrire garanzie extra
alla responsabilità civile, come l’antifurto satellitare o la possibilità di chiamare i soccorsi
spingendo un bottone. Va considerato, comunque, che la scatola nera è un meccanismo che le
autorità comunitarie pensano in prospettiva di inserire obbligatoriamente nelle vetture
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circolanti in Europa perché permette di garantire più sicurezza alla popolazione in caso di
incidenti. Quindi è destinato a un diffuso utilizzo. Questa prospettiva è rilevante perché
potrebbe essere estesa non solo a una parte ancora ridotta delle coperture auto, ma
all’insieme del portafoglio e ridurre i costi attuali per installare o togliere il meccanismo.
Però con la black box c’è l’incognita della violazione della privacy. Quello della privacy è
un falso problema. Sì, è vero, installando una scatola nera in auto si è localizzati sempre. Ma
lo stesso succede se nella propria autovettura c’è un telefonino. Bisogna guardare gli aspetti
positivi della localizzazione, come la possibilità
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RAPPORTO CLIENTE-COMPAGNIA
Gestione reclami,
italiani soddisfatti
Ok alla fase operativa, ma l’aspetto relazionale va migliorato
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Gli italiani si mostrano soddisfatti della modalità di gestione dei reclami da parte delle
compagnie assicurative. È quanto rileva l’Osservatorio Carefin, che ha indagato con due
ricerche l’impatto del regolamento Ivass sulla gestione del processo del reclamo sia per la
compagnia sia per il reclamante, valutandone l’impatto in termini di efficienza ed efficacia.
L’analisi condotta dal Centre for Applied Research in Finance della Bocconi ha ripercorso
l’intera attività di presentazione del reclamo da parte del cliente (dall’insorgenza della
lamentela al ricontatto per chiarimenti sulla risposta al reclamo ottenuta dalla compagnia) e
ha evidenziato un discreto livello di soddisfazione (70%) espresso dal cliente.
[/PAGINA]Risulta inoltre significativa la percentuale di chi si dichiara soddisfatto per gli
specifici “touch point” (punti di contatto, quindi agenzie della compagnia assicurativa, sito
internet, cali center) della gestione del reclamo. I clienti che risultano particolarmente attivi
nell’intero processo del reclamo si dividono tra gli “informati - consapevoli”, che si
informano preferibilmente su canali diretti, conoscono le modalità e i tempi ed hanno
aspettative oggettive, e i clienti “disinformati - insicuri”, ovvero coloro che si riferiscono
ripetutamente agli intermediari in tutto il processo. I risultati indicano che l’attività
nell’area reclami da parte delle compagnie, così come concepita attualmente, risulta ben
strutturata rispetto alle indicazioni della vigilanza e allo stesso tempo produce efficienza
nei confronti della clientela. Ma se il processo operativo ottiene buoni risultati, quello
relazionale presenta ancora aree di miglioramento. Dall’analisi della soddísfazíone emerge
ínfattí che non sempre vi è correlazione diretta tra quantificazione economica e
soddisfazione e che a volte i clienti che hanno espresso una lamentela pur con esito
negativo (reclamo respinto) sono favorevoli al rinnovo o suggeriscono la propria compagnia
agli amici. Di contro ci sono reclamanti “accolti” che esprimono giudizio positivo sulla
compagnia, ma non sulla gestione del reclamo. Si deduce come per il reclamante l’aspetto
economico assuma un ruolo importante, ma non esaustivo ai fini della soddisfazione.
Laddove le compagnie riescono a essere efficienti, ma anche efficaci su tutti i “touch point”,
possono migliorare ulteriormente i risultati sulla soddisfazione. È quindi sull’area della
relazione che le compagnie devono intervenire affinché ogni funzione che viene
direttamente in contatto con il cliente, anche inaspettatamente (contatto telefonico cliente
area reclami), presenti elevati livelli relazionali in termini di chiarezza e disponibilità
all’ascolto. [email protected]
GGiioovvaannbbaattttiissttaa TToonnaa
Strumenti finanziari. La Corte d’appello di Napoli inquadra la disciplina
applicabile alle polizze
Unit linked «trasparenti»
La compagnia deve precisare in quali fondi sono investiti i premi
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Le polizze unit linked sono prodotti finanziari e non assicurativi, e chi le propone deve dare
informazioni precise sui fondi in cui confluiscono i premi. Lo afferma la Corte di appello di
Napoli (presidente Giordano, relatore Cataldi) con una sentenza del io dicembre 2013, che
consolida un orientamento già espresso da altri giudici di merito e dalla Cassazione (ad
esempio, con la sentenza 60602). La vicenda Un’impresa di assicurazione era stata portata
in giudizio da alcuni clienti, che avevano sottoscritto delle polizze sulla vita. Alla scadenza
del termine, non essendosi verificato il rischio morte, a costoro era stato rimborsato appena
il 20% di quanto avevano versato, perché il capitale era stato investito in strumenti
finanziari azionari, in particolare in fondi comuni interni “tecnologici”, soggetti cingenti
perdite. Gli assicurati allora avevano lamentato davanti al tribunale di Napoli che le
informative da loro ricevute erano insufficienti e che le polizze vita camuffavano un
prodotto finanziario ad alto rischio. Il giudice di primo grado aveva accolto la domanda e
aveva applicato l’articolo 23 del Testo unico in materia di intermediazione finanziaria (Dlgs
58/98); aveva così dichiarato l’inadempimento contrattuale della compagnia, che non aveva
assolto a tutti gli oneri informativi previsti in favore dell’investitore al quale si offre un
prodotto finanziario. Ma la compagnia ha proposto appello per lamentare che l’articolo ioo,
lettera f), del Dlgs 58/98 (Tuif), vigente fino al 2005 (quando furono sottoscritte le polizze),
escludeva l’applicazione delle sue disposizioni ai prodotti finanziari emessi da banche o ai
prodotti assicurativi emessi da imprese di assicurazione. Solo con l’articolo 25-bis della
legge 262/2005 l’applicazione delle norme del Tuif era stata estesa ai prodotti finanziari
delle banche e delle assicurazioni. Pertanto, all’epoca della stipula, quelle polizze non si
potevano considerare prodotto finanziario, né la compagnia di assicurazione poteva
ritenersi tenuta ad assolvere i più gravosi obblighi informativi. La decisione La Corte di
appello respinge la tesi della compagnia di assicurazione e ricorda che l’articolo ioo, lettera
f), del Tuif non valorizzava solo la provenienza soggettiva del prodotto, ma dava rilevanza
soprattutto al suo contenuto. I giudici ricordano anche che già la circolare Isvap 551/2005
definiva le polizze unit linked come contratti di assicurazione sulla vita in cui la
prestazione da erogare alla scadenza è direttamente collegata al valore delle quote di fondi
di investimento interni. Nelle polizze oggetto di causa i premi versati dagli assicurati
confluivano in un fondo con percentuale tra 1170 e il 100% composto anche da strumenti
finanziari derivati; sicché i contratti non potevano garantire una prestazione
predeterminatile, dal momento che l’andamento dei mercati azionari è del tutto incerto.
Nelle assicurazioni sulla vita il rischio, riguardante un evento dell’esistenza dell’assicurato,
è assunto dall’assicuratore, che può ottenere un profitto in proporzione al tempo che
intercorre tra la stipula del contratto e l’evento dedotto. Nelle polizze un it linked, invece, il
rischio resta solo a carico dell’assicurato e non dipende dal tempo ma dall’andamento dei
mercati finanziari. Per questo allora, secondo i giudici d’appello napoletani, si deve
applicare il Tuif e, se la compagnia non prova di avere dettagliatamente informato il cliente
delle caratteristiche del fondo, incorre in ima responsabilità di natura precontrattuale,risarcibile con la differenza tra la somma versata al momento della
sottoscrizione e quella minore rimborsata alla scadenza.
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Scatola nera, convenzioni e lotta alle truffe: vademecum per gli automobilisti
Rc Auto,
linea soft per i premi
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Assicurazioni auto meno care e contrasto alle truffe: queste le otivazioni che hanno spinto il
governo a inserire nel decreto «Destinazione Italia » (il dl 145/2013, in vigore dal 24 dicembre
scorso) nuove norme sull’Rc auto. L’intervento ad hoc del legislatore, con le nuove disposizioni
approntate dal dl n.145 ha come obiettivo un radicale abbattimento dei premi assicurativi e una
ferma lotta alle frodi, il tutto nel rispetto della conto ronza tra imprese e della trasparenza del
mercato. Attraverso l’introduzione di nuove clausole contrattuali, più o meno obbligatorie per le
compagnie, il provvedimento può, in teoria, voler dire: “ risparmio tariffario superiore al 20%; “
drastica riduzione dei colpi di frusta simulati, degli incidenti messi a punto sulla carta e dei
rimborsi gonfiati. Ecco le novità più significative:
Ispezione del veicolo e installazione della scatola nera.
Se l’assicurato acconsente, in fase di stipula della polizza, alla preventiva ispezione del veicolo da
parte dell’assicuratore, quest’ultimo deve obbligatoriamente applicare una riduzione tariffaria. La
compagnia deve definire e pubblicizzare sul proprio sito internet lo sconto applicabile in caso dí
disponibilità dell’assicurato all’ispezione dell’auto. La formula più interessante del decreto, ma non
certo la più innovativa (le compagnie la propongono da oltre un lustro), è rappresentata
dall’installazione dí dispositivi elettronici sul mezzo. Le imprese assicurative sono tenute ad
applicare una riduzione tariffaria di almeno il 7% se l’assicurato accetta di installare sul proprio
veicolo la cosiddetta «scatola nera» o strumenti «equivalenti». In questo caso le registrazioni e i dati
forniti dal Check Box (i cui costi di installazione, disínstallazione, sostituzione e portabilità sono a
carico della compagnia) potranno essere fatti valere come prove in caso di contenzioso «salvo che la
parte contro la quale sono state prodotte dimostri il mancato funzionamento del dispositivo».
Diversamente da quanto avviene in altri paesi, le scatole nere di cui sopra non dispongono di
strumentazioni funzionali a filmare i percorsi delle auto, possono altresì registrare diversi
parametri fra cui la localizzazione geografica, la velocità di percorrenza, l’accelerazione, la
decelerazione, la marcia inserita, il regime di rotazione del motore e l’eventuale attivazione dei
dispositivi di sicurezza (airbag). Le informazioni raccolte verranno di seguito inviate via satellite a
un database «presso il centro coordinamento delle informazioni sul traffico, sulla viabilità e
sicurezza stradale». Successivamente il ministero delle infrastrutture e dei trasporti trasmetterà i
dati «alle compagnie di assicurazioni competenti per veicolo assicurato »; in tal modo l’assicuratore
potrà conoscere il reale comportamento degli automobilisti e accertare con oggettività le
responsabilità che sono alla base degli incidenti
Risarcimento in forma specifica.
«In alternativa al risarcimento per equivalente (ossia in denaro), è facoltà delle imprese di
assicurazione, in assenza di responsabilità concorsuale, risarcire in forma specifica (cioè in natura,
attraverso la riparazione del bene sinistrato) danni a cose, fornendo idonea garanzia sulle
riparazioni effettuate, con una validità non inferiore a due anni per tutte le parti non soggette a
usura ordinaria... ». Le assicurazioni potranno, in sintesi, stabilire annualmente se avvalersi della
facoltà di risarcire in forma specifica i danni nei confronti dei propri assicurati e dei terzi e, in tal
caso, il contraente beneficerà di uno sconto di almeno il 5%. Percentuale raddoppiata nelle aree
geografiche in cui più di frequente si ravvisano frodi assicurative, frodi individuate dal ministero
dello sviluppo economico in base al numero dei sinistri denunciati, all’ammontare dei rimborsi e al
numero di quelle accertate dall’autorità giudiziaria. La compagnia che intenda avvalersi di questa
facoltà dovrà darne comunicazione all’Ivass (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni) entro il 20
dicembre di ogni anno. Qualora intenda invece risarcire il danno per equivalente, dovrà informare
l’assicurato all’atto della stipula del contratto. Qualora l’assicurato opti per il risarcimento in forma
specifica, la riparazione verrà effettuata da officine convenzionate; in alternativa l’assicurato potrà
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chiedere l’ausilio di un autoriparatore di fiducia, che verrà poi rimborsato della somma dovuta dalla
compagnia assicurativa (la cifra non potrà comunque essere superiore al costo che l’assicurazione
sosterrebbe con le imprese convenzionate). «Resta comunque fermo il diritto del danneggiato al
risarcimento per equivalente nell’ipotesi in cui il costo della riparazione sia pari o superiore al
valore di mercato del bene». La somma corrisposta per il risarcimento non può a ogni modo
superare il valore di mercato del mezzo.
Divieto di cessione del diritto al risarcimento del danno.
Se nel contratto di assicurazione è previsto il divieto di cessione a terzi del diritto al risarcimento
dei danni, l’assicurato dovrà beneficiare di uno sconto pari almeno al 4%. Il divieto ha lo scopo di
impedire accordi «fraudolenti » tra cedente (danneggiato) e cessionario (per esempio il carrozziere),
consistenti nella cessione di un credito (il diritto al risarcimento del danno) il cui valore aumenta
«artificiosamente » in sede di fatturazione dei lavori. Con la nuova norma il credito sarà cedibile
solo con il consenso della compagnia di assicurazioni.
Medici convenzionati e lesioni visivamente accertate.
Si tratta di una norma obbligatoria relativa a clausole contrattuali, facoltative per l’assicurato, che
prevedono in caso di incidente con lesioni, l’utilizzo delle prestazioni di servizi medico-sanitari
effettuate da professionisti retribuiti direttamente dalle imprese ed elencati sul sito internet di
queste ultime. In caso di adesione l’automobilista usufruirà di una riduzione del premio almeno del
7%. Altra novità interessante è la modifica dell’art. 32, comma 3-quater della legge 27/2012. A
proposito di risarcibilità di lesioni di lieve entità «a seguito di riscontro medico legale da cui risulti
visivamente o strumentalmente accertata l’esistenza della lesione», il legislatore si è premurato di
cancellare l’avverbio «visivamente » con l’intento di porre un argine ai risarcimenti (in crescita
esponenziale in particolare nel Sud Italia) e ai danni derivanti da «colpo dì frusta», allorché gli stessi
non siano stati strumentalmente accertati, ma «presunti» esclusivamente dalla sintomatologia
soggettiva della vittima.
Sistemi anti-frode.
Per ciò che concerne il contrasto alle frodi, assumono particolare rilevanza le disposizioni
introdotte in materia testimoniale. Viene sancito il principio secondo cui, fatte salve le risultanze
contenute nei verbali redatti dalle autorità di polizia intervenute sul luogo dell’incidente, tutti gli
altri testimonidovranno essere identificati, pena l’inammissibilità della prova, al momento della
denuncia del sinistro o da quello della richiesta di risarcimento danni, salvo che il giudice non
riconosca «l’oggettiva impossibilità della loro tempestiva identificazione». Inoltre, qualora il giudice
dovesse riscontrare «l’eventuale ricorrenza dei medesimi testimoni» in più di tre cause nell’ultimo
quinquennio, dovrà trasmettere l’informativa alla procura della repubblica competente, sia per
consentire ulteriori accertamenti sia per verificare l’attendibilità del testimone. Quest’ultima
disposizione non si applica ovviamente a ufficiali e agenti di polizia chiamati a testimoniare. In
tema di diritto al risarcimento del danno la prescrizione rimane biennale, ma la relativa richiesta
dovrà essere presentata alla compagnia assicurativa entro tre mesi dall’incidente - salvo i casi di
forza maggiore - pena la decadenza. Le cose danneggiate ai fini dell’ispezione, dovranno rimanere a
disposizione della compagnia non più per 5 ma per 10 giorni. La procedura inerente la sospensione
dei termini per la conclusione del procedimento e per la presentazione di querela contro il
danneggiato, prevista nel caso emergano significativi parametri che facciano temere fenomeni
fraudolenti, viene estesa anche in presenza di altri indicatori di frode come per esempio la scatola
nera.
Sanzioni per le compagnie.
Le compagnie potranno liberamente decidere di non adottare le misure previste nel decreto (scatola
nera, risarcimento in forma specifica, divieto di cessione del diritto al risarcimento) ma in tal caso
avranno comunque l’obbligo di darne comunicazione al clienre. In caso contrario incorrerebbero in
una sanzione variabile da 1.000 a 10 mila euro. Chi deciderà di adottare le novità pubblicizzando la
relativa scontistica, senza poi applicarla, si vedrà comminare dall’Ivass un’ammenda tra i 5 mila e i
40 mila euro. Le sanzioni pagate dalle compagnie andranno ad alimentare il Fondo di garanzia per
le vittime della strada. Per concludere, dovranno essere stipulati per massimali non inferiori a 10
milioni di euro i contratti assicurativi relativi ai mezzi per il trasporto di persone con più di otto
posti.
AAnnggeelloo D
Dee M
Maattttiiaa
L’alleanza delle Fondazioni
attorno a Mps
Tra oggi e, soprattutto, domani si dovrebbero diradare le nubi che gravano sul Monte dei Paschi. In
particolare, mentre oggi il Ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, incontra le segreterie dei
sindacati dei lavoratori del Monte, domani, si terrà la riunione del consiglio di amministrazione
nella quale il presidente, Alessandro Profumo, si è riservato di rappresentare la propria definitiva
posizione dopo l’assemblea del 28 dicembre che ha accolto solo in parte la proposta del vertice di
ricapitalizzare la banca per 3 miliardi, decidendo però diversamente sulla realizzazione
dell’aumento, postergandolo a dopo la metà di maggio rispetto all’attuazione in gennaio. Negli
ultimi giorni si sarebbe determinato un orientamento da parte di entrambi gli esponenti alla guida
del Monte - l’a.d. Fabrizio Viola e il presidente Profumo, non certo entusiasta delle decisione
dell’assemblea - di rimanere alla guida dell’istituto in un momento assai difficile, dando prova così
di spirito istituzionale. In effetti, se dovesse, all’opposto, permanere una indeterminatezza sulla
continuità di guida della banca, i problemi già gravi si acuirebbero, essendo troppo facile, ai limiti
dell’irresponsabilità, agitare con leggerezza e con intento metaforico la frase “ morto un Papa, se ne
fa un altro” perché l’istituto di tutto avrebbe bisogno oggi meno che di una instabilità del vertice
che scaturirebbe anche dal tempo e dalle procedure per l’avvicendamento. Naturalmente, la
conferma della permanenza dei vertici, a proposito della quale si dovrà rispondere anche alla
precisa richiesta avanzata nei giorni scorsi dalla Consob per la tutela della trasparenza e del
mercato, andrà sostanziata da un chiarimento sulle prospettive strategiche ed operative, sul piano
industriale e, innanzitutto, sul modo in cui evitare di rimanere in una passiva attesa del mese
dell’aumento di capitale. Da questo punto di vista, torna l’essenzialità di una convergenza con
l’azionista di riferimento, la Fondazione, i cui esponenti è immaginabile siano ora, anche essi,
consapevoli dell’impossibilità dell’inoperoso attendere quella scadenza, soprattutto se non vogliono
trasformare quello che, secondo alcuni frettolosi osservatori, è stato il successo registrato con
l’assemblea anzidetta in una vittoria di Pirro. Il breve tempo trascorso dal 28 dicembre avrà fatto
comprendere a fondo, ai rispettivi esponenti dell’istituto e della Fondazione, la crucialità del
procedere di conserva, pur nella distinzione degli interessi di base. Altra strada non c’è:
l’arroccamento su di una visione localistica o esclusivamente aziendalistica non produrrebbe
risultati; all’opposto aprirebbe la strada verso una insostenibile situazione di stallo. Ora, invece,
occorre rivedere il programma deliberato per il rafforzamento patrimoniale con soluzioni valide e
aggreganti. Da questo punto di vista, l’ipotesi dell’acquisto di azioni possedute dalla loro consorella
senese, da parte di alcune fondazioni ( Cariplo, Cariverona e Compagnia S.Paolo), sia pure con
qualche differenza nella posizione delle stesse, non sarebbe affatto tramontata, cosi come è da
ritenere che non è venuto meno l’esame di possibili partecipazioni di altri soggetti, anche esteri. È
importante la delineazione di un nuovo assetto societario che rifletta la missione e le potenzialità
del Monte, preservandone l’indipendenza e il rapporto, corretto, con il territorio. La
nazionalizzazione non sarebbe una soluzione; costituirebbe, all’opposto, un passo per la successiva
vendita della banca, con la fine della sede legale a Siena e con lo sradicamento dalla tradizione per
la parte positiva che essa rappresenta; sancirebbe il fallimento di sforzi e di impegni ampiamente
sostenuti. Sarebbe importante che, tra oggi e domani, dell’ ipotesi sul futuro prossimo di questa
storica istituzione si sapesse qualcosa in più, rispondendo ad attese diffuse innanzitutto di coloro
che nel Monte lavorano, con la tradizionale dedizione, e poi del mercato, del territorio, delle
istituzioni. Già nell’incontro al Tesoro è auspicabile che siano dati riscontri rassicuranti. Non
bisogna dimenticare che il Tesoro, nella precedente gestione, consentì l’indebitamento bancario
della Fondazione per concorrere all’aumento di capitale del Monte: una decisione grave, i cui effetti
negativi si possono ora maggiormente rilevare: di qui l’esigenza di un più forte impegno del
dicastero.
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Oggi Saccomanni vede i sindacati dei dipendenti Domani è fissato il cda
Con l’aumento di capitale la banca avrà un assetto completamente nuovo
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Mini-Imu con l’insidia
dei versamenti minimi
Percorso a ostacoli per il calcolo sulla prima casa
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Attenti ai piccoli importi. La mini-Imu da versare entro il 24 gennaio in alcuni casi sarà
tutt’altro che mini, e arriverà a superare i 100 o 150 euro. Ma in molte altre situazioni
l’importo sarà vicinissimo alla soglia minima al di sotto della quale non si deve pagare
nulla. Quale soglia? Dipende. Se il Comune non ha preso posizione - abbassando o
aumentando l’importo - vale la regola statale secondo cui si paga solo da 12 euro in su. Ma
non è detto che la decisione municipale sia così facile da trovare: potrebbe essere nella
delibera Imu 2013, in quella approvata nel 2012, oppure nel regolamento Imu, o ancora nel
regolamento sulle entrate locali. Le variabili taglia-rata La mini-Imu è, di fatto, la “coda”
dell’Imu 2013 sulla prima casa, che non è stata azzerata del tutto. Va pagata nei 2.400
Comuni che hanno deliberato una tassazione sull’abitazione principale superiore al livello
base, ed è pari al 40% della differenza tra l’Imu calcolata con l’aliquota comunale e quella
con l’aliquota statale dello 0,4 per cento. L’importo medio della mini- Imu nei capoluoghi di
provincia spazia dai 95 euro di Milano ai i4 euro di Grosseto, passando peri 54 di Belluno e
i 33 di Campobasso (si veda la tabella a destra). Si tratta, però, di somme calcolate sulla
rendita catastale media cittadina - escluse le abitazioni di lusso che hanno versato l’Imu
piena - e conteggiando una detrazione di 200 euro, senza incrementi per i figli. Anche se la
media è quasi sempre sopra i 12 euro, ci sono alcune variabili che possono abbassare il
versamento fino a portarlo sotto il minimo. E che proprio per questo vanno monitorate con
attenzione mentre si calcola l’imposta. Vediamole nel dettaglio. O Il primo fattore che
riduce la mini-Imu è la rendita catastale particolarmente bassa. Non solo per immobili con
pochi vani catastali, ma anche per quelli in categorie “povere”. A Torino, per esempio, il
versamento medio cittadino è 88 euro, ma tra le case accatastate in A/4 (categoria popolare)
scende a 27 euro, mentre tra quelle in A/2 (categoria civile) sale fino a 152 euro. Ed è
appena il caso di ricordare che non sempre queste classificazioni corrispondono al reale
valore di mercato degli immobili. O Anche quando l’aliquota comunale è poco superiore allo
0,4% il versamento si assottiglia, perché si riduce la differenza tra importo annuo comunale
e statale: basta pensare ai 19 euro di pagamento medio per Teramo, dove il prelievo è allo
0,46 per cento. O Un altro fattore che lima l’importo dovuto è la presenza di detrazioni
extra per i figli - 50 curo per ogni convivente under 26 -odi sconti particolari decisi dal
Comune, anche se è raro che ci siano città con bonus e aliquote oltre lo 0,4 per cento. O
Non vanno poi dimenticate tutte quelle situazioni in cui un immobile ha avuto i requisiti
«abitazione principale» per meno di 12 mesi, per esempio perché il proprietario l’ha
acquistato e poi vi ha preso la residenza solo dopo aver finito i lavori di ristrutturazione,
magari i l i ° luglio. In questo caso, la mini-Imu sulla prima casa si dimezza. O Un’ultima
variabile è la presenza di più comproprietari, che impone di dividere il totale in due o più
obbligazioni tributarie autonome. Il codice giusto Se l’importo annuo dovuto è inferiore alla
soglia, il contribuente non deve fare nulla. Altrimenti, può scegliere per il pagamento il
bollettino postale o il modello F24. Gli importi vanno arrotondati all’unità di euro per ogni
singolo rigo d’imposta, in questo caso quello relativo all’abitazione principale e alle sue
pertinenze, contraddistinto dal codice tributo «3912».
M
Maarriikkaa ddee FFeeoo
ll sistema internazionale I nuovi criteri e l’obiettivo di facilitare la
concessione del credito
Accordo tra i governatori centrali
Draghi: le banche saranno più forti
Prima intesa sulle regole di Basilea 3 per debiti., derivati e liquidità
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FRANCOFORTE - Il Gruppo di supervisione del Comitato di Basilea (Ghos), presieduto da
Mario Draghi, ha compiuto ieri diversi passi avanti nel completamento del programma di
riforme del dopdcrisi, fra i quali ha particolare rilevanza l’intesa raggiunta in serata sulla
definizione comune dell’indice di leva finanziaria (leverage ratio), «per superare le
differenze fra le regolamentazioni nazionali». Secondo Draghi, presente a Basilea per
guidare i lavori del Gruppo dei governatori delle banche centrali e dei Capi della vigilanza
dei principali Paesi del globo, si tratta di un «significativo passo verso la piena operatività
di Basilea 3», e «renderà gli istituti finanziari più resistenti agli choc finanziari». Una misura
internazionalmente uniforme della leva finanziaria delle banche e requisiti standardizzati
di informativa sono elementi centrali dello schema di regolamentazione di Basilea 3 per le
banche con operatività internazionale. L’indice di leva finanziaria, ha spiegato ieri sera una
nota del Gruppo Ghos, anticipando la pubblicazione successiva dei dettagli dello standard
completo, «vuole essere una misura semplice, non basata sul rischio, volta a integrare e a
rafforzare i coefficienti patrimoniali per il rischio ». I dettagli e la calibrazione definitiva
saranno effettuati entro il 2017, con l’obiettivo di trasformare l’indice in requisito minimo
nell’ambito del primo pilastro, costituito dai requisiti patrimoniali minimi, che entrerà in
vigore nel 2018. In pratica, secondo i commenti a caldo di banchieri, prima della
pubblicazione dei dettagli, i regolatori intendono facilitare alle banche la concessione di
crediti al - l’economia, modificando alcuni componenti della leva finanziaria decisi in
precedenza, in modo da allargare alle banche il campo dell’intermediazione finanziaria
(anche sui derivati complessi), per permettere di gestire meglio i rischi collaterali del settore
creditizio verso l’economia reale. L’accordo di massima del modo internazionalmente
uniforme in cui si calcola la «leva finanziaria» è ritenuto rilevante: il compromesso
raggiunto dai governatori e regolatori del globo presieduti da Draghi (in seguito alle
richieste delle grandi banche internazionali e del Comitato di Basilea), ha permesso di
sbloccare la discussione, arenatasi da tempo fra i rappresentanti dei diversi Paesi, su alcune
poste del leverage ratio e su altri indicatori strutturali che permettono l’adozione di
strutture di finanziamento meno rischiose da parte delle banche. Con questo accordo si
completano, peraltro, gli ultimi nodi sulle norme di Basilea 3 che hanno imposto un livello
di patrimonio più alto in merito a liquidità e indebitamento: due temi che erano rimasti
ancora in sospeso e che vedevano una grande differenza tra Paese e Paese. Il gruppo dei
Governatori centrali inoltre ha esaminato e approvato le priorità strategiche del Comitato
per i prossimi due anni, per approfondire il programma di valutazione dell’attuazione delle
riforme concordate, esaminare l’equilibrio del quadro normativo e migliorare l’efficacia
della vigilanza. Per il presidente del Comitato di Basilea e governatore della banca svedese,
Stefan Ingves, «sono stati fatti buoni progressi per concludere l’ambizioso programma di
riforme », tuttavia, ha aggiunto, «c’è ancora da fare, ma il Comitato è sulla buona strada per
completare presto le riforme connesse con la crisi e per istituire un sistema bancario più
resistente».
C
Caarrlloo M
Maarriiaa PPiinnaarrddii
I Btp, le banche e i veri conti
del nostro debito
Ecco perché la discesa dello spread è un’ultima occasione da non sprecare
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Il nuovo anno ci ha portato uno spread sotto i 200 punti base ma, ancor più importante,
tassi sui Btp decennali sotto il 4%. In termini reali in realtà siamo in linea con le medie del
passato: anzi con un’inflazione ormai prossima allo zero ci sarebbe spazio ancora per
qualche limatura dei tassi nominali rispetto all’attuale 3,9%. Le conseguenze sono tutte
positive per l’auspicato e tanto sospirato rimbalzo dell’economia italiana, che a molti pare
ormai un miraggio. Lo sono ovviamente ancor più per i conti pubblici: ma solo se si
sfrutterà questa - probabilmente ultima - occasione per ridurre l’esorbitante debito pubblico
e carico fiscale e non per trasferire, ancora una volta, a spesa pubblica i risparmi che ne
derivano. II costo medio per il Tesoro attualmente pari al 4,2% è quindi destinato nei
prossimi mesi a calare, tenendo però conto che la vita media residua dei titoli pubblici è
leggermente superiore ai sei anni e quindi il calo sarà necessariamente limitato e graduale.
Ma c’è un altro grandissimo beneficio su cui si focalizza meno l’attenzione: la crescita di
valore dei Btp in portafoglio alle banche ed ai privati nell’ultimo anno. Il cosiddetto
fenomeno della «balcanizzazione» dei debiti pubblici del - I’eurozona, che ha riguardato in
modo particolare il debito italiano, ha portato la quota in mano agli investitori esteri, pari al
44% a fine 2010, all’attuale 34%. Ciò significa che superata la fase più critica che ha messo a
serio rischio la stabilità del sistema bancario italiano alla fine del 2011, il calo dei tassi
riscontrato nel 2013 è andato soprattutto a vantaggio degli operatori domestici che ne
detengono oltre due terzi. Se si pensa che il sistema bancario nazionale ha attualmente in
portafoglio oltre 200 miliardi solamente di Btp questo comporta che il maggior valore in
portafoglio in un solo anno si conti in molti miliardi di euro. Questo rende meno amara la
pillola rappresentata per le banche dai debiti in sofferenza: rispetto alla fine del 2009 sia i
debiti incagliati che quelli inesigibili sono infatti quadruplicati in termini relativi. Questo
quadro per fortuna negli ultimi mesi si è stabilizzato. La maggiore rilassatezza sul fronte
dei bilanci grazie alle plusvalenze implicite sui bond può far sperare nel 2014 in un
atteggiamento meno apprensivo sul credito alle imprese e sulla concessione dei mutui alle
famiglie. Ma il tutto resta assai precario e quindi è sempre più necessario evitare di
trasformare questo dividendo per il sistema Italia in una nuova fonte di crisi e di volatilità.
Quando si pensa con insensata leggerezza a scenari che prevedono l’abbandono dell’euro si
dovrebbe anche ricordare che vent’anni fa, con un debito di entità pari al 45% e di durata
media pari alla metà dell’attuale, il Tesoro pagava qualche miliardo in più di interessi
rispetto a quelli che paga attualmente. Basterebbe questo dato per dire che tornare indietro
sarebbe folle.
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Dublino via dalla crisi
ma perde 300 mila posti
L’Irlanda si libera della Troika. Pesanti costi sociali e rischio addio
multinazionali
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DUBLINO - Le facce dei tassisti, identiche a quelle dei poliziotti dei Dipartimenti di Polizia
di New York, eredità di secoli di emigrazione, hanno sempre il solito tratto bonario ma a
sentire i loro racconti niente è più come prima. Le vetrine di O’Connell Street, una delle più
eleganti strade di Dublino, vantano marchi famosi e costosi, ricordo degli anni Novanta
quando l’Irlanda era la «tigre celtica» e cresceva al ritmo del 9 per cento, ma oggi i
commessi di Bulgari e Benetton hanno l’aria scettica e tentano persino la caccia al cliente
sull’uscio del negozio. L’austerity della Troika, composta da Fmi, Bce e Unione europea, che
si insediò il 21 novembre del 2010 dopo la violenta crisi internazionale, ha lasciato il segno.
L’Irlanda può vantare di essere il primo paese che ha riconquistato la com- - pleta sovranità
economica: dopo un programma di assistenza da 85 miliardi e l’imposizione di circa 270
provvedimenti, alla fine del 2013 i «Lord protettori» dell’economia irlandese hanno fatto i
bagagli. La settimana scorsa il Tesoro ha avuto il battesimo del fuoco sul mercato: 3,7
miliardi di bond decennali collocati al tasso del 3,5 per cento. «Un successo», ha
commentato Michael Noonan, ministro delle Finanze della coalizione tra il centrodestra del
Fine Gael e i laburisti che guida il paese dal 2011 quando furono mandati all’opposizione,
dopo anni di potere, i centristi del Fianna Fail. A che prezzo? Una cura da cavallo: le
manovre da12011 al 2013 hanno pesato per 16,4 miliardi di euro, circa il 9,6 per cento del
Pil. La spesa corrente, bestia nera di ogni governo europeo, subisce un taglio di 3,4 punti in
quattro anni, daI2011 al 2014. Le cifre parlano chiaro, spiega John MaCarthy, capo
economista del Dipartimento delle Finanze di Dublino: «Abbiamo agito su pensioni e
Welfare». Per il resto si sono arrampicati sugli specchi: ticket, tessera sanitaria elettronica,
farmaci generici, Imu (che qui si chiama Local property tax: si paga dal luglio scorso al 2 per
mille). Nel 2015 il deficit-Pil sarà comunque sotto i13 per cento. Malvolentieri hanno
accettato le indicazioni della Troika di riformare il sistema dell’acqua che fa capo alla
societàpubblica IrishWater: fino ad oggi gli irlandesi la consumavano gratis. La Troika ha
imposto il pagamento, gli irlandesi stanno istallando i contatori nelle case. Ma il processo
va al rallentatore e l’Irish Times da un paio di giorni denuncia consulenze poco trasparenti
in quello che i giornali chiamano il «dinosauro dell’acqua». Visti sotto la griglia che conta
per i mercati i numeri sembrerebbero positivi: dopo la caduta del 6,4 del Pil nel 2009 il
prossimo anno si dovrebbe toccare, secondo il governo, il 2 per cento. «La crescita, sebbene
modesta, torna ad essere diffusa », ha spiegato cautamente venerdì scorso il governatore
della Central Bank of Ireland, Patrick Honohan, durante un mega convegno organizzato dal
TrinityCollege e dalla Commissione europea, per celebrare ilritorno acasa del «figliol
prodigo» Irlanda. Mai problemi restano. I dati certificati dalla Troika indicano un tasso di
disoccupazione in diminuzione dal 14,7 per cento de12011 a112,3 atteso per quest’anno.
Ma le slides dell’economista Zsolt Darvas, del think tank brussellese Bruegel, lasciano
l’amaro in bocca. Almeno tre grafici suonano l’allarme: l’Irlanda durante la crisi ha perso il
1 2 per cento dell’occupazione, pari a circa 300 mila posti di lavoro; la disoccupazione di
lungo termine (cioè coloro che sono disoccupati da più di un anno) è la terza più alta
d’Europa (dietro Slovenia e Croazia); un quinto deiragazzivive in famiglie senza lavoro (il
record negativo dell’Unione). Senza contare l’emigrazione: nell’ultimo anno hanno
abbandonato l’Irlanda in 80 mila. Lo sa anche Craig Beaumont, uomo dell’Fmi, capo della
Troika, che lascia le ultime disposizioni con il biglietto dell’aereo in tasca: «L’uscita
dell’Irlanda dalla crisi si gioca nell’ultima parte di questo decennio». Se ne vanno, ma non è
finita. Resta il debito: i salvataggi delle banche lo hanno raddoppiato, portandolo dal 64,4
per cento del 2009 al 124,4 del 2013.I1 governo conta di averlo avviato verso la riduzione: il
prossimo anno sarà de1120,8 del Pil con un ritorno diun buon avanzo primario che
rassicura i mercati. Ma il problema è enorme: «La somma tra debito pubblico e privato in
Irlanda è tra le più alte del mondo», osserva Dan O’Brien, dell’Institute of international and
European Affairs, tra i più ascoltati economisti del paese. Il punto è che il dopo-Troika per
l’Irlanda è tutt’altra musica. Lo sviluppo basato sulla finanza, sul boom immobiliare, sul
lavoro flessibile, sulla mini-corporate tax che fa dacalamitaallemultinazionalidi Internet,
non può più andare. E allora anche gli Irlandesi, come fa Nicholas Gratis, dell’Università di
Warwich, recitano il mantra dell’innovazione, delle piccole imprese, dell’accesso al credito e
degli skill delle classifiche Pisa-Ocse. La verità è che le multinazionali in questo paese
rappresentano il 25 per cento del Pil e che le esportazioni provengono da industrie di
proprietà irlandese solo per il 10 per cento. Ne è consapevole il governo che in documento,
pubblicato sabato dall’Irish Times, lancia l’allarme: Bruxelles non consentirà più a Dublino
di mantenere al 12,51a tassa sulle società, quella che pagano Google, Facebook e Microsoft.
Il rischio è che abbandonino il paese. Le cose non vanno bene, anche se la sperànza è
l’ultima a morire, e anche se irlandesi sono un popolo con le spalle forti. Nonostante tutto
un vero e proprio partito anti-euro, non è nato: «1178 per cento degli irlandesi è ottimista
sul futuro», testimonia Barbara Nolan, capo della rappresentanza della Commissione a
Dublino. Ma fino ad un certo punto: quando, nell’ottobre scorso, il governo ha tentato di
avere il via libera con un referendum all’abolizione del Senato, è stato sonoramente battuto.
La scommessa dell’Irlanda non è ancora vinta.
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Crolla deficit ma i ragazzi in famiglie senza lavoro sono saliti ora a un
quinto
Il possibile rialzo delle tasse fa paura alle società estere: da loro il 25% del
Pil. Colpita la casa
M
Maarrccoo PPaannaarraa
2014, ripresa senza credito
tre mosse per vincere la sfida
LA STRETTA CONTINUERÀ PER TUTTO L’ANNO. FONDI DI GARANZIA, OBBLIGAZIONI
E CARTOLARIZZAZIONE DELLE SOFFERENZE BANCARIE SONO GLI STRUMENTI MESSI
IN CAMPO PER NON RICADERE IN RECESSIONE
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Nel 2014 l’economia italiana crescerà. Dell’ l per cento dice il governo, dello 0,7 dicono Banca
d’Italia, Fmi e Unione Europea, dello 0,5 Moody’s e Bloomberg. La domanda è: si può crescere senza
credito? Perché la situazione è che le banche stanno finanziando sempre meno le imprese (meno 6
per cento nei dodici mesi allo scorso novembre) e questo trend è destinato a continuare almeno per
i primi sei mesi del 2014 e forse per l’anno intero. Acrob aticamente, per raggiungere i risultati
previsti, dovremo inerpicarci non solo lungo le pareti impervie di una jobless recovery (una ripresa
senza nuovi posti di lavoro, visto che tutte le previsioni danno ancora per il 2014 la disoccupazione
in aumento) ma anche di una creditless recovery (una ripresa senza credito). Gli economisti della
Banca d’Italia in studi sulle recessioni passate hanno constatato che una creditless recoveiy è
possibile, resta però aperta la questione da dove possano arrivare le risorse se non dal credito. In un
sistema bancocentrico come quello italiano il denaro passa tutto per le banche o perlo Stato, dal
mercato ne arriva poco. Dallo Stato italiano possiamo aspettarci poco o nulla, visto il debito e i limiti
al deficit. E dalle banche? Anche lì la situazione non è rosea, semmai grigia tendente allo scuro G li
impieghi delle banche italiane sono pari al 115 per cento della raccolta diretta, (era oltre il 121 per
cento nel 2011), e colmano questa differenza con i soldi messi a disposizione dalla Bce, che però
entro il 2015 dovranno restituire. In più ci sono decine di miliardi di obbligazioni in scadenza che
dovranno essere rinnovati. In realtà le risorse le banche le hanno, ma sono investite in Bot e Btp, che
dovranno essere ceduti per rimborsare la Bce o per coprire la quota di obbligazioni in scadenza che
per qualche ragione (ce ne sono molte possibili) non dovessero essere rinnovate. Insomma un
problema di liquidità per il sistema bancario non c’è, ma c’è per il mercato del credito, in quanto
quella liquidità serve ad altro. E questo è il primo motivo per il quale le banche non prestano a
famiglie e imprese. Il secondo, non in ordine di importanza, ma assai rilevante, sono le regole. In
vista dell’implementazione dell’Unione Bancaria, la Banca Centrale Europea manderà quest’anno i
suoi ispettori a controllare l’attivo delle banche, ovvero a controllare la qualità dei loro prestiti e dei
titoli che hanno in portafoglio. In vista della visita degli uomini di Francoforte il consiglio che i
banchieri ricevono (e che si danno anche da soli) è di tenere stretti i cordoni della borsa e impegnare
il meno possibile. Il rischio è infatti che gli ispettori trovino che quell’attivo è più debole di quanto
sembra e quindi ci vuole maggiore capitale. La Banca d’Italia si dice convinta che l’esito saràper il
grosso delle banche italiane l’opposto, ovvero il riconoscimento di una credibile solidità, ma i
banchieri sono iperprudenti lo stesso. Anche perché dopo la valutazione della qualità dell’attivo
arriverà anche una nuova ondata di stress test: gli esami insomma non finiscono mai. Ma la terza e
definitiva ragione per la quale le banche non prestano soldi è che questi troppo spesso non tornano
indietro. La montagna di sofferenze e incagli accumulati è pari ormai a 150 miliardi, il 7,7 per cento
dei prestiti, il che vuol dire che per ogni 12 euro prestati uno non torna a casa. Questa montagna
inoltre continua a crescere (del 22,8 per cento nei dodici mesi a fine novembre 2013). Le sofferenze
hanno due effetti principali: il primo è che quando l’ammontare è troppo alto blocca l’attivo della
banca (i soldi non girano); il secondo è che, con tassi bassi come quelli attuali e visto il costo elevato
del rischio, prestare non conviene, ci si guadagna troppo poco quando i soldi tornano indietro, ci si
perde molto quando -troppo spesso - non tornano. Un grafico pubblicato dalla Banca d’Italia
dimostra che la redditività dell’investimento in titoli è nettamente superiore a quellasui prestiti,
senza aggiungere che la gestione dei secondi è assai più costosa di quella dei primi. Alla fine il
finanziamento illimitato della Bce attraverso i due LTRO, nato per fornire liquidità ad un sistema
inaridito, non solo ha svolto questo compito fondamentale, ma è stata una sorta di gigantesca
riedizione su scala europea della Legge Sindona (1974), che consentiva alle banche disastrate di
ricostruire il loro patrimonio prendendo denaro all’ 1 per cento dalla Banca d’Italia e investendolo
nei più remunerativi titoli di stato. La differenza consentiva di fare cassa e ricostruire i mezzi
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propri. Peccato che le banche italiane (non solo loro), a causa delle recessione, abbiano dovuto usare
quel differenziale tra il tasso di raccolta presso la Bce e quello dei Btp acquistati per coprire i buchi
scavati nei loro bilanci dalle sofferenze crescenti e tenere così in piedi il conto economico. La
conclusione è che, a bocce ferme, di credito bancario continuerà ad essercene meno ancora per
parecchi mesi. Il probléma a questo punto è cosa fare per evitare che la ripresa venga soffocata dalla
mancanza di ossigeno finanziario. Si può e si deve lavorare su tre fronti: fondi di garanzia per
ridurre il costo del rischio e quindi rendere più conveniente per le banche prestare soldi a tassi
ragionevoli; spingere verso fonti alternative al credito bancario, ovvero l’accesso di un maggior
numero di imprese al mercato obbligazionario e del capitale di rischio; cartolarizzazioni o bad bank
per liberare le banche almeno di una parte dei crediti in sofferenza per togliere il gesso che blocca i
loro bilanci. Sul primo fronte nel 2013 il Fondo Centrale di Garanzia presso il Ministero dello
Sviluppo ha autorizzato 77 mila domande, attivando prestiti per 11 miliardi, oltre metà dei quali
garantiti. La legge di Stabilità ha destinato al Fondo altri 2,2 miliardi che potrebbero attivare
finanziamenti per circa 30 miliardi, allargando anche un po’ le maglie (il Decreto del Mise è alla
firma al Ministero dell’Economia e dovrebbe essere varato a breve) consentendo l’accesso al Fondo
ad un maggior numero di soggetti. Si conta poi di rafforzare ulteriormente questi strumenti con
l’utilizzo di fondi europei. Ilmeccanismo quindi funzionae, disponibilità delle banche ad erogare
permettendo, potrebbe dare sollievo a imprese che sono sane ma hanno problemi di tensione
finanziaria. Sul secondo fronte qualcosa sta accadendo. Nei primi nove mesi del 2013 le grandi
imprese hanno raccolto sul mercato obbligazionario 28 miliardi e, secondo i dati dellaBanca d’Italia,
su un campione di 260 gruppi industriali di maggiore dimensione, i 23 che hanno emesso titoli nel
primo semestre dello scorso anno hanno ridotto l’esposizione con le banche del 13 per cento
mentre le restanti l’hanno aumentata dell’I per cento. La strada quindi è questa, si tratta ora di
capire perché non siano più numerose le imprese che non vanno direttamente sul mercato e
spingerle a farlo. Una disintermediazione del credito farebbe bene alle imprese perché le
costringerebbe ad essere più rigorose e trasparenti, alle banche, perché incasserebbero commissioni
senza assumere rischi e impegnare capitale, e al sistema tutto perché nei bilanci delle banche si
libererebbero margini per prestare denaro alle imprese minori. Anche per queste ultime peraltro si è
aperto il mercato con i minibond, che con il Decreto del Fare e la Legge di Stabilità hanno avuto
nuovi spazi fiscali e di mercato (possono comprarli anche assicurazioni e fondi pensione) e che già
dal loro debutto a fine 2012 hanno consentito di raccogliere 5 miliardi. La parte più interessante è
che si stanno affacciando anche imprese molto piccole. Dalla primaminioperazione da 3 milioni di
euro varata da Crr nel giugno scorso conlaconsulenzadiAdb, si è arrivati a fine anno a una decina di
operazioni e molte sono in pipeline per i primi mesi del 2014. Già 15 fondi specializzati sono stati
avviati e alcuni sono pienamente operativi. Ci sono quindi le premesse per un aumento significativo
dei volumi che vanno seguite con attenzione. Ad oggi, approvvigionarsi di credito sul mercato
invece che dalle banche è la soluzione più solidamente percorribile dalle aziende sane che le banche
stesse dovrebbero spingere al massimo. Infine lapulizia dei bilanci delle banche. E’ indispensabile se
non vogliamo sprofondare nella sindrome giapponese degli anni ‘90 e primo decennio del 2000. Il
ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni ha fatto un tour promozionale in America per
rilanciare le cartolarizzazioni, e qualche effetto già si vede: Unicredit a fine 2013 ha chiuso con il
fondo Cerberus la cessione di 950 milioni di crediti in sofferenza, 22 banche di credito cooperativo
e casse rurali hanno fatto lo stesso con il fondo (anch’ esso americano) CRC per 150 milioni, sono
attese nuove operazioni di Mps e Banco Popolareil mercato delle cartolarizzazioni sembra quindi sia
pure timidamente ripartito. Per avere un impatto significativo dovrà trovare forza, ma
probabilmente non basterà. La prossima tappa potrebbe essere la creazione di una bad bank,
accompagnata da qualche aiuto fiscale (come già avvenuto in passato). Dovremo però aspettare un
po’: finché la situazione non si stabilizza è assai difficile dare unvalore che sia accettabile per
ilvenditore e per il compratore ai crediti in sofferenza, e nessuno vuole svendere né pagare troppo.
Se ne parlerà probabilmente ne12015. E i soldi, allora, per alimentare la ripresa, da dove verranno?
Un po’ probabilmente dal mercato obbligazionario, un po’ per le piccole e medie dall’utilizzo dei
fondi di garanzia. Ma alla fine di tutto, l’uscita dallarecessione e questo tenue avvio di ripresa lo
dobbiamo soprattutto ad una cosa: il pagamento dei debiti commerciali della pub - blica
amministrazione. Sono tre miliardi al mese che vengono ormai abbastanza stabilmente immessi nel
sistema, sono l’ossigeno nell’incubatrice della ripresa. Quando però uscirà dall’incubatrice e dovrà
camminare sulle sue gambe, perché continui e si rafforzi avrà bisogno delle banche: la ripresa può
forse partire senza credito, ma poi, senza credito, muore.
La Fiba-Cisl
Vi augura di trascorrere
una giornata felice
Arrivederci a
domani, 14 Gennaio
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Rassegna Stampa del giorno 13 Gennaio 2014
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
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per una nuova rassegna stampa!